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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL XXIII CONGRESSO MONDIALE DELL'APOSTOLATO DEL MARE (AULA NUOVA DEL SINODO, 19-23 NOVEMBRE 2012), 08.11.2012


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL XXIII CONGRESSO MONDIALE DELL'APOSTOLATO DEL MARE (AULA NUOVA DEL SINODO, 19-23 NOVEMBRE 2012)

INTERVENTO DEL CARD. ANTONIO MARIA VEGLIÒ

INTERVENTO DI P. GABRIELE FERDINANDO BENTOGLIO

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede ha luogo la Conferenza stampa di presentazione del XXIII Congresso mondiale dell'Apostolato del mare sul tema "Nuova evangelizzazione nel mondo marittimo", che si terrà nell'Aula Nuova del Sinodo (Città del Vaticano), dal 19 al 23 novembre 2012.
Intervengono: l’Em.mo Card. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e il Rev.do P. Gabriele Ferdinando Bentoglio, C.S., Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio; Rev.do P. Bruno Ciceri, C.S., Officiale del medesimo Pontificio Consiglio.
Pubblichiamo di seguito gli interventi del Card. Antonio Maria Vegliò e di P. Gabriele Ferdinando Bentoglio:

INTERVENTO DEL CARD. ANTONIO MARIA VEGLIÒ

L’Apostolato del Mare affonda le sue radici nella seconda metà del XIX secolo. All’epoca esistevano diverse organizzazioni di ispirazione cattolica che offrivano assistenza saltuaria ai marittimi, tra cui la Società di San Vincenzo de’ Paoli, che aprì centri per i marittimi a Dublino, a Londra, a New Orleans, a Filadelfia, nel Quebec e a Sydney. In Italia, il Vescovo di Piacenza, Mons. Giovanni Battista Scalabrini, oltre ad assegnare cappellani nei porti di Genova e New York, inviò i suoi missionari a bordo delle navi per accompagnare le migliaia di migranti europei che partivano in cerca di un avvenire migliore soprattutto nelle Americhe.

A partire dal 1890, il movimento dell’Apostolato della Preghiera cominciò ad invitare i propri membri a pregare per i marittimi cattolici e ad inviare loro libri e riviste, ma soltanto dopo la prima Guerra Mondiale lanciò l’idea di coinvolgere gli stessi marittimi nell’Apostolato e a visitare le navi nei porti inglesi, prendendo contatto con i lavoratori del mare.

Di fatto, però, la data del 4 ottobre 1920 segna una svolta importante, perché in quel giorno si riunirono a Glasgow alcuni volontari, appartenenti a diverse denominazioni cristiane, per unificare i loro sforzi in un’unica opera. Ispirandosi al movimento dell’Apostolato della Preghiera, la chiamarono Apostolato del Mare, introducendo la dimensione dell’assistenza ai marittimi accanto all’aspetto religioso. E questo divenne l’obiettivo dell’Apostolato del Mare, enunciato più tardi nelle prime Costituzioni con queste parole: "promuovere lo sviluppo spirituale, morale e sociale dei marittimi". Lo slogan della nuova opera era quello di "rivelare Cristo a coloro che navigano a bordo delle navi, e che lavorano in acque profonde, allo scopo di condurli ad una maggiore conoscenza di Cristo e della sua Chiesa". Il logo, che ancor oggi si mantiene, era un’ancora intrecciata con un salvagente e, al centro, il Sacro Cuore di Gesù.

Nel 1922 l’Arcivescovo di Glasgow chiese alla Santa Sede l’approvazione delle Costituzioni e il Santo Padre Pio XI concesse la sua benedizione all’"opera" di assistenza religiosa alla gente di mare, auspicando che l’iniziativa potesse estendersi sempre più lungo le coste dei due emisferi.

In quell’epoca, nel mondo esistevano soltanto una dozzina di centri cattolici, senza alcun collegamento tra di loro. Da allora, questo apostolato si è notevolmente sviluppato e attualmente può contare, a livello mondiale, su 110 centri chiamati "Stella Maris", dove centinaia di sacerdoti, religiosi, diaconi e, soprattutto, laici volontari assicurano assistenza immediata alle necessità materiali e vicinanza spirituale a marittimi e pescatori di ogni nazionalità o religione. Teniamo conto che oggi si contano circa 1 milione e duecentomila marittimi, che trasportano via mare il 90% delle merci che circolano sul pianeta, mentre si stima che nella pesca, a livello industriale e artigianale, lavorino circa 36 milioni di persone. Non dobbiamo dimenticare, poi, le famiglie di questi lavoratori che, proprio a motivo dell’attività marittima dei loro cari, sperimentano i disagi e le vulnerabilità legate ai rischi del mestiere e alla lontananza, che spesso si protrae anche per diversi mesi.

La Santa Sede ha riconosciuto la valenza pastorale ed ecclesiale dell’opera dell’Apostolato del Mare, nata come laica e indipendente. Essa fu inizialmente inclusa tra le attività della Chiesa, poi fu posta sotto "l’alta direzione" del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e, infine, con il Motu Proprio Stella Maris di Giovanni Paolo II1, fu dotata di propri orientamenti per un lavoro fruttuoso tra la gente di mare. Il Motu Proprio, tra l’altro, stabilisce che la missione dell’Apostolato del Mare è di "venire incontro alle esigenze della peculiare assistenza religiosa di cui hanno bisogno i marittimi del commercio e della pesca, le loro famiglie, il personale dei porti e tutti coloro che intraprendono un viaggio per mare".

Di fatto, il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti organizza, a cadenza quinquennale, un Congresso Mondiale dell’Apostolato del Mare per verificarne le dinamiche pastorali. I Congressi più recenti si sono tenuti in Brasile, nel 2002, e in Polonia, nel 2007. Quello che oggi vogliamo presentarvi è il XXIII. Il primo, infatti, si tenne in Normandia, a Port-en-Bassin, nel 1927.

Vi sono alcuni aspetti che oggi minacciano con particolare violenza la vita della gente di mare e il Congresso che si aprirà tra pochi giorni non mancherà di affrontarli, mettendo in luce la preoccupazione della Chiesa e di tutte le persone che hanno a cuore i marittimi, i pescatori e le loro famiglie. Tra questi, voglio anzitutto menzionare il fatto che la moderna tecnologia ha permesso il varo di navi sempre più veloci e altamente computerizzate, incrementando l’apporto meccanico per il carico e lo scarico delle merci nei porti e favorendo un rapido avvicendamento delle navi. A questi fattori positivi, però, non sempre corrisponde un uguale miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dei marittimi, soprattutto di coloro che accettano contratti d’impiego che li portano a vivere per lunghi mesi lontani dalla famiglia e dalla loro comunità cristiana e civile. A ciò si aggiungono, in anni recenti, l’abbandono delle navi, con i loro equipaggi, in porti stranieri senza cibo e senza risorse, misure sempre più restrittive che impediscono ai marittimi di scendere a terra, abusi e sfruttamento.

Questa dura realtà è stata oggetto di attenzione da parte della Comunità internazionale che ha adottato, con nostra soddisfazione, tramite l’agenzia delle Nazioni Unite per il lavoro (ILO), la Convenzione sul Lavoro Marittimo (denominata Maritime Labour Convention 2006) che stabilisce i requisiti minimi per tutti gli aspetti delle condizioni di lavoro dei marittimi imbarcati sui mercantili. Sono regolamentati lo spazio nelle cabine, l’accesso alle comunicazioni e l’intrattenimento, le ore di lavoro e di riposo, il contratto di lavoro, il pagamento dei contributi, la previdenza sociale e la pensione, l’assicurazione sanitaria, la qualità e la quantità del cibo e la segnalazione di agenzie di collocamento autorizzate. Insomma, si tratta di un importante strumento normativo per la protezione degli standard sindacali della gente di mare e la tutela degli armatori onesti dalla concorrenza sleale di chi specula al ribasso sui diritti umani. La Convenzione entrerà in vigore nel mese di agosto del prossimo anno, avendo ricevuto la ratifica numero 30 da parte delle Filippine. A giusto titolo, essa è considerata "la carta dei diritti della gente di mare" e il "quarto pilastro" del corpus normativo internazionale sulla vita e il lavoro nel mare definito dall’Organizzazione marittima internazionale (IMO), poiché affianca e integra le tre precedenti convenzioni: Solas, sulla salvaguardia della vita in mare, Stcw, sulle norme relative alla formazione della gente di mare, al rilascio dei brevetti e ai servizi di guardia e Marpol, sulla prevenzione dell’inquinamento ad opera delle navi.

Un discorso a parte merita la pirateria, che causa traumi psicologici a lungo termine non solamente al marittimo, ma anche alla sua famiglia.

L’Apostolato del Mare, attraverso i suoi cappellani e volontari, ha sempre avuto un occhio di riguardo anche per i pescatori e le loro famiglie. Non esistono statistiche precise riguardo a incidenti che colpiscono le persone che vivono in questo settore lavorativo, ma molte organizzazioni internazionali ritengono che la pesca sia una delle professioni più pericolose al mondo. Accanto a quella regolamentata, poi, non dobbiamo trascurare che esiste il fenomeno della pesca illegale, non dichiarata e non disciplinata (illegal, unreported and unregulated fishing – IUU), che non di rado è connessa con il traffico di persone e con il lavoro forzato. Nel 2007, l’Organizzazione internazionale per il lavoro (ILO) ha siglato la Convenzione sul Lavoro nel settore della Pesca n°188, che diventerà effettiva dopo essere stata ratificata da dieci (incluse 8 nazioni costiere) dei 180 Stati membri dell’Organizzazione internazionale per il lavoro (ILO). Questo nuovo strumento legislativo assicura per i lavoratori dell’industria della pesca un miglioramento delle condizioni di lavoro, cure mediche e di salute mentre sono in mare, possibilità di cure a terra per i pescatori ammalati o infortunati e intervalli di riposo per garantire salute e sicurezza sul lavoro. Questa convenzione, tra l’altro, prevede che grandi navi da pesca impegnate in lunghi viaggi possano essere soggette a ispezioni nei porti d’attracco all’estero, per assicurare che i pescatori a bordo non lavorino in condizioni dannose per la salute o pericolose per la sicurezza. Si tratta di una norma che vuole eliminare dall’industria della pesca quei pescherecci che costringono i marittimi in condizioni lavorative inaccettabili e lesive della dignità della persona umana.

Il Sinodo dei Vescovi sulla Nuova Evangelizzazione, appena terminato, e l’Anno della fede, che il Santo Padre Benedetto XVI ha aperto lo scorso 11 ottobre, sono una sfida per i cappellani e i volontari dell’Apostolato del Mare, che si ritroveranno in questo Congresso per cercare "risposte pastorali adeguate ai problemi della gente di mare", come si è espresso il Santo Padre al termine dell’Udienza settimanale del 16 febbraio dello scorso anno, raccomandandoci di rinnovare l’impegno a portare la Buona Novella nei porti e sulle "passerelle" di tutte le navi che fanno scalo nei diversi porti del mondo.

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1 GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica Motu Proprio "Stella Maris", AAS 89 (1997).

[01463-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI P. GABRIELE FERDINANDO BENTOGLIO

Venendo ai dettagli del XXIII Congresso dell’Apostolato del Mare, esso si svolgerà nell’Aula nuova del Sinodo dei Vescovi, in Vaticano, e durerà cinque giorni, dal 19 al 23 novembre. Vi partecipano 410 persone, provenienti da 71 Paesi dei cinque continenti (da 19 Paesi dell’Africa, da 14 Paesi delle Americhe, da 15 Paesi Asiatici, da 15 Paesi Europei, da 2 Paesi dell’Oceania e da 2 Paesi del Medio Oriente).

Ogni giornata sarà dedicata a un tema particolare tra le questioni che oggi maggiormente toccano l’area di competenza di questo settore e ad esse richiamerò l’attenzione in questo mio intervento.

1. La nuova evangelizzazione

L’argomento che aprirà i lavori del Congresso è il tema generale, cioè la nuova evangelizzazione nel mondo marittimo. In effetti, la risorsa prioritaria dell’Apostolato del Mare è costituita dalle persone stesse, che il Motu Proprio Stella Maris elenca in queste categorie: "i naviganti, cioè coloro che al momento si trovano su navi mercantili o della pesca e coloro che hanno intrapreso per qualsiasi motivo un viaggio in nave. I marittimi, cioè coloro che in ragione del loro mestiere si trovano abitualmente sulle navi, coloro che lavorano sulle piattaforme petrolifere, i pensionati (…), gli allievi degli istituti nautici, coloro che lavorano nei porti. Infine, il coniuge, i figli minorenni e tutte le persone che abitano nella stessa casa di un marittimo anche se attualmente non sia navigante, e coloro che collaborano stabilmente con l’Apostolato marittimo" (II, § 1).

In particolare, i partecipanti rifletteranno sulla proclamazione del Vangelo ad un numero crescente di marittimi appartenenti ai riti orientali della Chiesa cattolica e ai cristiani ortodossi o di altra denominazione, senza dimenticare l’assistenza ai marittimi che fanno scalo nei porti dei Paesi musulmani. Questo aprirà la porta anche all’interrogativo su come intensificare il dialogo con i marittimi provenienti dal continente Asiatico, culla di importanti tradizioni religiose e di profonde esperienze spirituali.

2. Relazioni efficaci con l’industria marittima

La seconda giornata si avvierà con l’intervento del Segretario Generale dell’International Transport Workers Federation (ITF), che raggruppa 708 sindacati in rappresentanza di oltre 5 milioni di lavoratori di tutti i settori del trasporto e che raccoglie oltre la metà dei marittimi di tutto il mondo. Sebbene con metodologie proprie, l’Apostolato del Mare e l’International Transport Workers Federation hanno tre obiettivi comuni: migliorare la vita della gente di mare, garantire servizi di primaria assistenza e rispondere alle necessità spirituali e materiali dei marittimi.

Qui sarà data particolare attenzione alle buone pratiche, cioè alle esperienze positive nel favorire il benessere dei marittimi, con la verifica del programma di welfare del Sud-Est asiatico, la presentazione delle attività messe in opera nei porti della Tailandia e la presentazione del Comitato di welfare di Ravenna, che ha trasformato il porto in un luogo di attenzione e amicizia ai marittimi.

Solo per fare un esempio, teniamo conto che ogni anno, negli oltre 60 porti d’Italia, transitano circa cinque milioni di marittimi, mentre aumentano le segnalazioni di possibili sequestri o abbandoni di navi ed equipaggi. Accanto a loro operano le Associazioni "Stella Maris", con circa 30 centri e oltre 300 volontari.

3. I pescatori

Il 21 novembre di ogni anno, le comunità di pescatori di tutto il mondo celebrano la Giornata Mondiale della Pesca per sensibilizzare la Comunità internazionale sulla promozione della pesca sostenibile. La felice coincidenza di questa ricorrenza con la terza giornata del Congresso faciliterà l’attenzione specifica ai pescatori e alle loro famiglie, calcolando che questo ambito coinvolge circa 36 milioni di persone. Qui l’Apostolato del Mare avrà l’opportunità di incoraggiare la ratifica della Convenzione sul Lavoro nel settore della Pesca, di cui ha parlato poc’anzi Sua Eminenza.

Segnalo soltanto che anche per questo argomento sarà dato spazio alla presentazione di good practices, in particolare con l’intervento del cappellano dei pescatori del Belgio, che è funzionario del Ministero nazionale dell’Agricoltura, della Pesca e dei Trasporti, che metterà in luce l’importanza della presenza della Chiesa nelle comunità di pescatori locali, al quale faranno seguito analoghe presentazioni che riguardano l’Apostolato del Mare in Asia, in Africa e in America Latina, realtà geograficamente distanti tra loro, ma molto vicine per quanto riguarda disagi e vulnerabilità dei pescatori e delle loro comunità.

4. La pirateria marittima

Tema di bruciante attualità è quello della pirateria marittima, al quale sarà dedicata la quarta giornata del Congresso, che inizierà con la presentazione della Maritime Labour Convention 2006, che concerne la tutela dei diritti e la protezione sul luogo di lavoro per oltre un milione e duecentomila marittimi. In essa, la Regola IV, comma 4, è particolarmente importante perché garantisce che "i marittimi in servizio a bordo di una nave abbiano accesso a strutture e servizi a terra per salvaguardare il loro stato di salute e benessere".

Questo introdurrà l’argomento della pirateria, che oggi colpisce in profondità la vita dei marittimi e delle loro famiglie, procurando tensione, paura e altri effetti traumatici anche a lungo termine.

Secondo il Rapporto della Camera di commercio internazionale (ICC) e dell’International maritime bureau (IMB), nel 2010 la pirateria marittima, in tutto il mondo, ha rapito 1.181 marinai e ha sequestrato 53 navi, delle quali ben 49 nelle acque al largo della Somalia, che rimane il nodo più difficile da sciogliere. Nelle mani dei pirati somali ci sono tuttora oltre una decina di navi e circa 200 membri di equipaggi di varie nazionalità. Nell’arco del 2010 sono stati segnalati 445 attacchi, con un incremento del 10% rispetto al 2009.

Le aree in cui si verifica la maggior parte degli attacchi dei pirati sono l’Oceano Indiano e le acque adiacenti il Corno d’Africa. Nello specifico, l’aumento esponenziale in questi ultimi anni si è verificato in Somalia, in Nigeria, nel golfo di Aden e nel Capo di Buona Speranza, ma anche lo stretto di Malacca, tra Sumatra e la penisola della Malesia, rappresenta uno dei passaggi più insidiosi per le navi mercantili. Attività piratesche, comunque, si registrano anche nelle acque al largo dell’Africa Occidentale, in Sud America e nei Carabi, dove non esiste un’efficace presenza di polizia marittima.

Nel suo complesso, si stima che il sistema economico correlato con il trasporto delle merci via mare, la pesca e il libero uso delle acque internazionali, subisca dagli attacchi dei pirati un danno che oscilla ogni anno dai 10 ai 15 miliardi di dollari.

Si tratta di un crimine subdolo e spesso difficile da affrontare, dove preoccupano soprattutto l’incremento della violenza nella gestione degli ostaggi, il prolungamento della detenzione e la capacità di resistenza nella gestione complessiva dei sequestri. Basti pensare che da una media di 45 giorni del 2009 si è passati oggi a circa 180 giorni di detenzione per gli ostaggi, le navi sequestrate e i carichi, con la prospettiva di un ulteriore aumento e della recrudescenza delle pratiche di gestione violenta del personale navigante sequestrato.

Nei lavori del nostro Congresso, l’intervento di un avvocato marittimo descriverà la sua lunga esperienza nel condurre negoziati con i pirati somali, risolti con il rilascio di decine di navi e dei loro equipaggi. Sarà importante anche la testimonianza del comandante di una nave che per mesi ha subito il sequestro dei pirati, anche perché dirà qual è stato il ruolo della fede nel dargli forza fino al felice ritorno in libertà di tutti i membri del suo equipaggio.

Nella sollecitudine pastorale dell’Apostolato del Mare rientra anche un settore in crescita nel mondo marittimo, quello delle crociere. Le compagnie di crociera hanno adottato approcci diversi per favorire il benessere spirituale e materiale dell’equipaggio, oltre che dei turisti, tenendo conto che vi sono navi che possono ospitare fino a tremila croceristi, ai quali provvedono almeno un migliaio di persone che compongono l’equipaggio. Di nuovo, questa sarà l’occasione per condividere alcune buone pratiche, soprattutto nel constatare i benefici, sia spirituali che materiali, di cui possono godere gli equipaggi di alcune navi che hanno aderito ad uno specifico programma di benessere, sotto la responsabilità principale del cappellano di bordo. E, in effetti, sarà un cappellano di bordo a parlare dell’originale esperienza della "Chiesa che naviga".

5. L’invio in missione

La giornata conclusiva metterà a fuoco un aspetto attuale e delicato della sollecitudine pastorale dell’Apostolato del Mare, e cioè la collaborazione ecumenica con altre denominazioni cristiane in moltissimi porti del mondo, senza trascurare, là dove ciò è possibile, anche una certa cooperazione interreligiosa. Operando a livello pratico nel fornire servizi ai marittimi, in effetti, è possibile dare testimonianza di unità di intenti nel rispetto delle legittime diversità, e ciò è particolarmente apprezzato dai marittimi. Ovviamente, questo ambito esige adeguata formazione e sensibilità. Ecco perché saranno presentate tre significative esperienze di formazione realizzate in Canada, nel Regno Unito e nelle Filippine, aree del mondo distanti e diverse tra loro, ma che condividono medesimi valori e contenuti di formazione dei marittimi, dei cappellani e dei volontari.

Il Congresso, in fondo, incoraggerà anche i tanti cappellani e i moltissimi volontari che, quotidianamente, visitano gli equipaggi sulle navi o accolgono i marittimi nei Centri per dare loro una "casa lontano da casa" e offrire aiuto nella gestione delle soste brevi nei porti, dei lunghi mesi di navigazione, delle difficoltà di scendere a terra, di contattare la famiglia o di vivere la quotidianità delle proprie convinzioni religiose.

Infine, il Congresso introdurrà due importanti iniziative per la tutela della gente di mare. La prima è il Seafarers’ Rights International (SRI), un centro unico e indipendente del cluster marittimo, che coniuga le competenze dell’industria e del mondo giuridico per promuovere i diritti e la tutela legale dei marittimi. La seconda è il Maritime Humanitarian Piracy Response (MHPR), cioè il raggruppamento di diverse forze dell’industria che, in collaborazione con altri organismi dediti al welfare della gente di mare (sindacati, organizzazioni umanitarie o religiose), assiste i marittimi e le loro famiglie nell’eventualità di incidenti traumatici causati dagli attacchi dei pirati, dalla rapina a mano armata al sequestro di persona.

La conclusione del Congresso sarà un gesto di gratitudine e di affetto al Santo Padre Benedetto XVI, che riceverà i partecipanti in Udienza. Dal Santo Padre attendiamo espressioni di vicinanza e di comprensione per la gente di mare, una parola di incoraggiamento per i cappellani e per i volontari perché ciascuno, nel suo ambiente di lavoro, possa continuare ad essere attivo protagonista della nuova evangelizzazione nel mondo marittimo.

[01464-01.01]

[B0638-XX.01]