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CAPPELLA PAPALE PER LA PROCLAMAZIONE A "DOTTORI DELLA CHIESA" DEI SANTI GIOVANNI D’AVILA E ILDEGARDA DI BINGEN E PER L’APERTURA DELLA XIII ASSEMBLEA GENERALE ORDINARIA DEL SINODO DEI VESCOVI, 07.10.2012


Alle ore 9.30 di questa mattina, XXVII Domenica del Tempo Ordinario, sul Sagrato della Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI proclama "Dottori della Chiesa" San Giovanni d’Avila, sacerdote diocesano, e Santa Ildegarda di Bingen, monaca professa dell’Ordine di San Benedetto; e presiede la Celebrazione Eucaristica in occasione dell’Apertura della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema: "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". Concelebrano con il Santo Padre i Padri Sinodali e i Vescovi delle Conferenze episcopali spagnola e tedesca.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che il Santo Padre pronuncia dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

OMELIA DEL SANTO PADRE

Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!

Con questa solenne concelebrazione inauguriamo la XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che ha per tema: La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. Questa tematica risponde ad un orientamento programmatico per la vita della Chiesa, di tutti i suoi membri, delle famiglie, delle comunità, delle sue istituzioni. E tale prospettiva viene rafforzata dalla coincidenza con l’inizio dell’Anno della fede, che avverrà giovedì prossimo 11 ottobre, nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Rivolgo il mio cordiale e riconoscente benvenuto a voi, che siete venuti a formare questa Assemblea sinodale, in particolare al Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi e ai suoi collaboratori. Estendo il mio saluto ai Delegati fraterni delle altre Chiese e Comunità Ecclesiali e a tutti i presenti, invitandoli ad accompagnare nella preghiera quotidiana i lavori che svolgeremo nelle prossime tre settimane.

Le Letture bibliche che formano la Liturgia della Parola di questa domenica ci offrono due principali spunti di riflessione: il primo sul matrimonio, che vorrei toccare più avanti; il secondo su Gesù Cristo, che riprendo subito. Non abbiamo il tempo per commentare questo passo della Lettera agli Ebrei, ma dobbiamo, all’inizio di questa Assemblea sinodale, accogliere l’invito a fissare lo sguardo sul Signore Gesù, «coronato di gloria e di onore a causa della morte che ha sofferto» (Eb 2,9). La Parola di Dio ci pone dinanzi al Crocifisso glorioso, così che tutta la nostra vita, e in particolare l’impegno di questa Assise sinodale, si svolgano al cospetto di Lui e nella luce del suo mistero. L’evangelizzazione, in ogni tempo e luogo, ha sempre come punto centrale e terminale Gesù, il Cristo, il Figlio di Dio (cfr Mc 1,1); e il Crocifisso è per eccellenza il segno distintivo di chi annuncia il Vangelo: segno di amore e di pace, appello alla conversione e alla riconciliazione. Noi per primi, venerati Fratelli, teniamo rivolto a Lui lo sguardo del cuore e lasciamoci purificare dalla sua grazia.

Ora vorrei brevemente riflettere sulla «nuova evangelizzazione», rapportandola con l’evangelizzazione ordinaria e con la missione ad gentes. La Chiesa esiste per evangelizzare. Fedeli al comando del Signore Gesù Cristo, i suoi discepoli sono andati nel mondo intero per annunciare la Buona Notizia, fondando dappertutto le comunità cristiane. Col tempo, esse sono diventate Chiese ben organizzate con numerosi fedeli. In determinati periodi storici, la divina Provvidenza ha suscitato un rinnovato dinamismo dell’attività evangelizzatrice della Chiesa. Basti pensare all’evangelizzazione dei popoli anglosassoni e di quelli slavi, o alla trasmissione del Vangelo nel continente americano, e poi alle stagioni missionarie verso i popoli dell’Africa, dell’Asia e dell’Oceania. Su questo sfondo dinamico mi piace anche guardare alle due luminose figure che poc’anzi ho proclamato Dottori della Chiesa: San Giovanni d’Avila e Santa Ildegarda di Bingen. Anche nei nostri tempi lo Spirito Santo ha suscitato nella Chiesa un nuovo slancio per annunciare la Buona Notizia, un dinamismo spirituale e pastorale che ha trovato la sua espressione più universale e il suo impulso più autorevole nel Concilio Ecumenico Vaticano II. Tale rinnovato dinamismo dell’evangelizzazione produce un benefico influsso sui due «rami» specifici che da essa si sviluppano, vale a dire, da una parte, la missio ad gentes, cioè l’annuncio del Vangelo a coloro che ancora non conoscono Gesù Cristo e il suo messaggio di salvezza; e, dall’altra parte, la nuova evangelizzazione, orientata principalmente alle persone che, pur essendo battezzate, si sono allontanate dalla Chiesa, e vivono senza fare riferimento alla prassi cristiana. L’Assemblea sinodale che oggi si apre è dedicata a questa nuova evangelizzazione, per favorire in queste persone un nuovo incontro con il Signore, che solo riempie di significato profondo e di pace la nostra esistenza; per favorire la riscoperta della fede, sorgente di Grazia che porta gioia e speranza nella vita personale, familiare e sociale. Ovviamente, tale orientamento particolare non deve diminuire né lo slancio missionario in senso proprio, né l’attività ordinaria di evangelizzazione nelle nostre comunità cristiane. In effetti, i tre aspetti dell’unica realtà di evangelizzazione si completano e fecondano a vicenda.

Il tema del matrimonio, propostoci dal Vangelo e dalla prima Lettura, merita a questo proposito un’attenzione speciale. Il messaggio della Parola di Dio si può riassumere nell’espressione contenuta nel Libro della Genesi e ripresa da Gesù stesso: «Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Gen 2,24; Mc 10,7-8). Che cosa dice oggi a noi questa Parola? Mi sembra che ci inviti a renderci più consapevoli di una realtà già nota ma forse non pienamente valorizzata: che cioè il matrimonio, costituisce in se stesso un Vangelo, una Buona Notizia per il mondo di oggi, in particolare per il mondo scristianizzato. L’unione dell’uomo e della donna, il loro diventare «un’unica carne» nella carità, nell’amore fecondo e indissolubile, è segno che parla di Dio con forza, con una eloquenza che ai nostri giorni è diventata maggiore, perché purtroppo, per diverse cause, il matrimonio, proprio nelle regioni di antica evangelizzazione, sta attraversando una crisi profonda. E non è un caso. Il matrimonio è legato alla fede, non in senso generico. Il matrimonio, come unione d’amore fedele e indissolubile, si fonda sulla grazia che viene dal Dio Uno e Trino, che in Cristo ci ha amati d’amore fedele fino alla Croce. Oggi siamo in grado di cogliere tutta la verità di questa affermazione, per contrasto con la dolorosa realtà di tanti matrimoni che purtroppo finiscono male. C’è un’evidente corrispondenza tra la crisi della fede e la crisi del matrimonio. E, come la Chiesa afferma e testimonia da tempo, il matrimonio è chiamato ad essere non solo oggetto, ma soggetto della nuova evangelizzazione. Questo si verifica già in molte esperienze, legate a comunità e movimenti, ma si sta realizzando sempre più anche nel tessuto delle diocesi e delle parrocchie, come ha dimostrato il recente Incontro Mondiale delle Famiglie.

Una delle idee portanti del rinnovato impulso che il Concilio Vaticano II ha dato all’evangelizzazione è quella della chiamata universale alla santità, che in quanto tale riguarda tutti i cristiani (cfr Cost. Lumen gentium, 39-42). I santi sono i veri protagonisti dell’evangelizzazione in tutte le sue espressioni. Essi sono, in particolare, anche i pionieri e i trascinatori della nuova evangelizzazione: con la loro intercessione e con l’esempio della loro vita, attenta alla fantasia dello Spirito Santo, essi mostrano alle persone indifferenti o addirittura ostili la bellezza del Vangelo e della comunione in Cristo, e invitano i credenti, per così dire, tiepidi, a vivere con gioia di fede, speranza e carità, a riscoprire il «gusto» della Parola di Dio e dei Sacramenti, in particolare del Pane di vita, l’Eucaristia. Santi e sante fioriscono tra i generosi missionari che annunciano la Buona Notizia ai non cristiani, tradizionalmente nei paesi di missione e attualmente in tutti i luoghi dove vivono persone non cristiane. La santità non conosce barriere culturali, sociali, politiche, religiose. Il suo linguaggio – quello dell’amore e della verità – è comprensibile per tutti gli uomini di buona volontà e li avvicina a Gesù Cristo, fonte inesauribile di vita nuova.

A questo punto, soffermiamoci un momento ad ammirare i due Santi che oggi sono stati aggregati alla eletta schiera dei Dottori della Chiesa. San Giovanni di Avila visse nel secolo XVI. Profondo conoscitore delle Sacre Scritture, era dotato di ardente spirito missionario. Seppe penetrare con singolare profondità i misteri della Redenzione operata da Cristo per l’umanità. Uomo di Dio, univa la preghiera costante all’azione apostolica. Si dedicò alla predicazione e all’incremento della pratica dei Sacramenti, concentrando il suo impegno nel migliorare la formazione dei candidati al sacerdozio, dei religiosi e dei laici, in vista di una feconda riforma della Chiesa.

Santa Ildegarda di Bingen, importante figura femminile del secolo XII, ha offerto il suo prezioso contributo per la crescita della Chiesa del suo tempo, valorizzando i doni ricevuti da Dio e mostrandosi donna di vivace intelligenza, profonda sensibilità e riconosciuta autorità spirituale. Il Signore la dotò di spirito profetico e di fervida capacità di discernere i segni dei tempi. Ildegarda nutrì uno spiccato amore per il creato, coltivò la medicina, la poesia e la musica. Soprattutto conservò sempre un grande e fedele amore per Cristo e per la sua Chiesa.

Lo sguardo sull’ideale della vita cristiana, espresso nella chiamata alla santità, ci spinge a guardare con umiltà la fragilità di tanti cristiani, anzi il loro peccato, personale e comunitario, che rappresenta un grande ostacolo all’evangelizzazione, e a riconoscere la forza di Dio che, nella fede, incontra la debolezza umana. Pertanto, non si può parlare della nuova evangelizzazione senza una disposizione sincera di conversione. Lasciarsi riconciliare con Dio e con il prossimo (cfr 2 Cor 5,20) è la via maestra della nuova evangelizzazione. Solamente purificati, i cristiani possono ritrovare il legittimo orgoglio della loro dignità di figli di Dio, creati a sua immagine e redenti con il sangue prezioso di Gesù Cristo, e possono sperimentare la sua gioia per condividerla con tutti, con i vicini e con i lontani.

Cari fratelli e sorelle, affidiamo a Dio i lavori dell’Assise sinodale nel sentimento vivo della comunione dei Santi, invocando in particolare l’intercessione dei grandi evangelizzatori, tra i quali vogliamo con grande affetto annoverare il Beato Papa Giovanni Paolo II, il cui lungo pontificato è stato anche esempio di nuova evangelizzazione. Ci poniamo sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Stella della nuova evangelizzazione. Con lei invochiamo una speciale effusione dello Spirito Santo, che illumini dall’alto l’Assemblea sinodale e la renda fruttuosa per il cammino della Chiesa oggi, nel nostro tempo. Amen.

[01288-01.03] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Vénérés Frères,
Chers frères et sœurs,

Avec cette concélébration solennelle, nous inaugurons la XIII° Assemblée générale ordinaire du Synode des Évêques, qui a pour thème : La nouvelle évangélisation pour la transmission de la foi chrétienne. Ce thème répond à une orientation programmatique pour la vie de l’Église, de tous ses membres, des familles, des communautés, et de ses institutions. Et cette perspective est renforcée par la coïncidence avec le début de l’Année de la foi, qui aura lieu jeudi prochain, 11 octobre, à l’occasion du 50° anniversaire de l’ouverture du Concile Œcuménique Vatican II. Je vous adresse ma cordiale et reconnaissante bienvenue à vous, qui êtes venus former cette Assemblée synodale, particulièrement au Secrétaire Général du Synode des Évêques et à ses collaborateurs. J’étends mon salut aux Délégués fraternels des autres Églises et Communautés ecclésiales et à tous ceux qui sont ici présents, en les invitant à accompagner par la prière quotidienne les travaux qui se dérouleront dans les trois prochaines semaines.

Les lectures bibliques qui forment la Liturgie de la Parole de ce dimanche nous offrent deux principaux points de réflexion : le premier sur le mariage, que j’aimerais aborder plus loin ; le second sur Jésus Christ, que je reprends immédiatement. Nous n’avons pas le temps pour commenter le passage de la Lettre aux Hébreux, mais au début de cette Assemblée synodale, nous devons accueillir l’invitation à fixer le regard sur le Seigneur Jésus, « couronné de gloire et d’honneur à cause de sa Passion et de sa mort » (He 2, 9). La Parole de Dieu nous place devant le Crucifié glorieux, de sorte que toute notre vie, et particulièrement les travaux de cette Assise synodale, se déroulent en sa présence et dans la lumière de son mystère. L’évangélisation, en tout temps et en tout lieu, a toujours comme point central et d’arrivée Jésus, le Christ, le Fils de Dieu (cf. Mc 1, 1) ; et le Crucifié est le signe distinctif par excellence de celui qui annonce l’Évangile : signe d’amour et de paix, appel à la conversion et à la réconciliation. Nous, les premiers, vénérés Frères, gardons le regard du cœur tourné vers Lui et laissons-nous purifier par sa grâce.

Maintenant, je voudrais réfléchir brièvement sur la « nouvelle évangélisation », en la mettant en rapport avec l’évangélisation ordinaire et avec la mission ad gentes. L’Église existe pour évangéliser. Fidèles au commandement du Seigneur Jésus Christ, ses disciples sont allés dans le monde entier pour annoncer la Bonne Nouvelle, en fondant partout les communautés chrétiennes. Avec le temps, elles sont devenues des Églises bien organisées avec de nombreux fidèles. À des périodes historiques déterminées, la divine Providence a suscité un dynamisme renouvelé de l’activité évangélisatrice de l’Église. Il suffit de penser à l’évangélisation des peuples anglo-saxons et des peuples slaves, ou à la transmission de l’Évangile sur le continent américain, et ensuite aux époques missionnaires vers les populations de l’Afrique, de l’Asie et de l’Océanie. Sur cet arrière-plan dynamique, il me plaît aussi de regarder les deux figures lumineuses que je viens de proclamer Docteurs de l’Église : Saint Jean d’Avila et Sainte Hildegarde de Bingen. Dans notre temps, l’Esprit Saint a aussi suscité dans l’Église un nouvel élan pour annoncer la Bonne Nouvelle, un dynamisme spirituel et pastoral qui a trouvé son expression la plus universelle et son impulsion la plus autorisée dans le Concile Vatican II. Ce nouveau dynamisme de l’évangélisation produit une influence bénéfique sur deux « branches » spécifiques qui se développent à partir d’elle, à savoir, d’une part, la missio ad gentes, c’est-à-dire l’annonce de l’Évangile à ceux qui ne connaissent pas encore Jésus Christ et son message de salut ; et, d’autre part, la nouvelle évangélisation, orientée principalement vers les personnes qui, tout en étant baptisées, se sont éloignées de l’Église, et vivent sans se référer à la pratique chrétienne. L’Assemblée synodale qui s’ouvre aujourd’hui est consacrée à cette nouvelle évangélisation, pour favoriser chez ces personnes, une nouvelle rencontre avec le Seigneur, qui seul remplit notre existence de sens profond et de paix ; pour favoriser la redécouverte de la foi, source de grâce qui apporte la joie et l’espérance dans la vie personnelle, familiale et sociale. Évidemment, cette orientation particulière ne doit diminuer ni l’élan missionnaire au sens propre, ni l’activité ordinaire d’évangélisation dans nos communautés chrétiennes. En effet, les trois aspects de l’unique réalité de l’évangélisation se complètent et se fécondent réciproquement.

Le thème du mariage, qui nous est proposé par l’Évangile et la première Lecture, mérite à ce propos une attention spéciale. On peut résumer le message de la Parole de Dieu dans l’expression contenue dans le Livre de la Genèse et reprise par Jésus lui-même : « à cause de cela, l’homme quittera son père et sa mère, il s’attachera à sa femme, et tous deux ne feront qu’une seule chair » (Gn 2, 24 ; Mc 10, 7-8). Qu’est-ce que cette Parole nous dit aujourd’hui ? Il me semble qu’elle nous invite à être plus conscients d’une réalité déjà connue mais peut-être pas valorisée pleinement : c’est-à-dire que le mariage en lui-même est un Évangile, une Bonne Nouvelle pour le monde d’aujourd’hui, particulièrement pour le monde déchristianisé. L’union de l’homme et de la femme, le fait de devenir « une seule chair » dans la charité, dans l’amour fécond et indissoluble, est un signe qui parle de Dieu avec force, avec une éloquence devenue plus grande de nos jours, car, malheureusement, pour diverses raisons, le mariage traverse une crise profonde justement dans les régions d’ancienne évangélisation. Et ce n’est pas un hasard. Le mariage est lié à la foi, non pas dans un sens générique. Le mariage, comme union d’amour fidèle et indissoluble, se fonde sur la grâce qui vient de Dieu, Un et Trine, qui, dans le Christ, nous a aimés d’un amour fidèle jusqu’à la Croix. Aujourd’hui, nous sommes en mesure de saisir toute la vérité de cette affirmation, en contraste avec la douloureuse réalité de beaucoup de mariages qui malheureusement finissent mal. Il y a une correspondance évidente entre la crise de la foi et la crise du mariage. Et, comme l’Église l’affirme et en témoigne depuis longtemps, le mariage est appelé à être non seulement objet, mais sujet de la nouvelle évangélisation. Cela se vérifie déjà dans de nombreuses expériences, liées à des communautés et mouvements, mais se réalise aussi de plus en plus dans le tissu des diocèses et des paroisses, comme l’a montré la récente Rencontre Mondiale des Familles.

Une des idées fondamentales de la nouvelle impulsion que le Concile Vatican II a donnée à l’évangélisation est celle de l’appel universel à la sainteté, qui, comme tel, concerne tous les chrétiens (cf. Const. Lumen gentium, nn. 39-42). Les saints sont les vrais protagonistes de l’évangélisation dans toutes ses expressions. Ils sont aussi, d’une manière particulière, les pionniers et les meneurs de la nouvelle évangélisation : par leur intercession et par l’exemple de leur vie, attentive à la créativité de l’Esprit Saint, ils montrent aux personnes indifférentes et même hostiles, la beauté de l’Évangile et de la communion dans le Christ, et ils invitent les croyants tièdes, pour ainsi dire, à vivre dans la joie de la foi, de l’espérance et de la charité, à redécouvrir le « goût » de la Parole de Dieu et des Sacrements, particulièrement du Pain de vie, l’Eucharistie. Les saints et les saintes fleurissent parmi les missionnaires généreux qui annoncent la Bonne Nouvelle aux non-chrétiens, traditionnellement dans les pays de mission et actuellement en tout lieu où vivent des personnes non chrétiennes. La sainteté ne connaît pas de barrières culturelles, sociales, politiques, religieuses. Son langage – celui de l’amour et de la vérité – est compréhensible par tous les hommes de bonne volonté et les rapproche de Jésus Christ, source intarissable de vie nouvelle.

Maintenant, arrêtons-nous un instant pour admirer les deux Saints qui ont été associés aujourd’hui au noble rang des Docteurs de l’Église. Saint Jean d’Avila a vécu au XVI° siècle. Grand connaisseur des Saintes Écritures, il était doté d’un ardent esprit missionnaire. Il a su pénétrer avec une profondeur singulière les mystères de la Rédemption opérée par le Christ pour l’humanité. Homme de Dieu, il unissait la prière constante à l’action apostolique. Il s’est consacré à la prédication et au développement de la pratique des sacrements, en concentrant sa mission sur l’amélioration de la formation des candidats au sacerdoce, des religieux et des laïcs, en vue d’une réforme féconde de l’Église.

Importante figure féminine du XII° siècle, Sainte Hildegarde de Bingen a offert sa précieuse contribution pour la croissance de l’Église de son temps, en valorisant les dons reçus de Dieu et en se montrant comme une femme d’une intelligence vivace, d’une sensibilité profonde et d’une autorité spirituelle reconnue. Le Seigneur l’a dotée d’un esprit prophétique et d’une fervente capacité à discerner les signes des temps. Hildegarde a nourri un amour prononcé pour la création ; elle a pratiqué la médecine, la poésie et la musique. Et surtout, elle a toujours conservé un amour grand et fidèle pour le Christ et pour son Église.

Le regard sur l’idéal de la vie chrétienne, exprimé dans l’appel à la sainteté, nous pousse à considérer avec humilité la fragilité de tant de chrétiens, ou plutôt leur péché – personnel et communautaire – qui représente un grand obstacle pour l’évangélisation, et à reconnaître la force de Dieu qui, dans la foi, rencontre la faiblesse humaine. Par conséquent, on ne peut pas parler de la nouvelle évangélisation sans une disposition sincère de conversion. Se laisser réconcilier avec Dieu et avec le prochain (cf. 2 Co 5, 20) est la voie royale pour la nouvelle évangélisation. C’est seulement purifiés que les chrétiens peuvent retrouver la fierté légitime de leur dignité d’enfants de Dieu, créés à son image et sauvés par le sang précieux de Jésus Christ, et peuvent expérimenter sa joie afin de la partager avec tous, avec ceux qui sont proches et avec ceux qui sont loin.

Chers frères et sœurs, confions à Dieu les travaux de l’Assise synodale, dans le vif sentiment de la communion des Saints, en invoquant particulièrement l’intercession des grands évangélisateurs, au nombre desquels nous voulons compter le Bienheureux Pape Jean-Paul II, dont le long pontificat a été aussi un exemple de nouvelle évangélisation. Nous nous mettons sous la protection de la Bienheureuse Vierge Marie, Etoile de la nouvelle évangélisation. Avec elle, invoquons une effusion spéciale de l’Esprit Saint ; que d’en-haut il illumine l’Assemblée synodale et la rende fructueuse pour la marche de l’Église aujourd’hui, dans notre temps. Amen.

[01288-03.02] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Dear Brother Bishops,
Dear brothers and sisters,

With this solemn concelebration we open the thirteenth Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops on the theme The New Evangelization for the Transmission of the Christian Faith. This theme reflects a programmatic direction for the life of the Church, its members, families, its communities and institutions. And this outline is reinforced by the fact that it coincides with the beginning of the Year of Faith, starting on 11 October, on the fiftieth anniversary of the opening of the Second Vatican Ecumenical Council. I give a cordial and grateful welcome to you who have come to be part of the Synodal Assembly, in particular to the Secretary-General of the Synod of Bishops, and to his colleagues. I salute the fraternal delegates of the other churches and ecclesial communities as well as all present, inviting them to accompany in daily prayer the deliberations which will take place over the next three weeks.

The readings for this Sunday’s Liturgy of the Word propose to us two principal points of reflection: the first on matrimony, which I will touch shortly; and the second on Jesus Christ, which I will discuss now. We do not have time to comment upon the passage from the Letter to the Hebrews but, at the beginning of this Synodal Assembly, we ought to welcome the invitation to fix our gaze upon the Lord Jesus, "crowned with glory and honour, because of the suffering of death" (2:9). The word of God places us before the glorious One who was crucified, so that our whole lives, and in particular the commitment of this Synodal session, will take place in the sight of him and in the light of his mystery. In every time and place, evangelization always has as its starting and finishing points Jesus Christ, the Son of God (cf. Mk 1:1); and the Crucifix is the supremely distinctive sign of him who announces the Gospel: a sign of love and peace, a call to conversion and reconciliation. My dear Brother Bishops, starting with ourselves, let us fix our gaze upon him and let us be purified by his grace.

I would now like briefly to examine the new evangelization, and its relation to ordinary evangelization and the mission ad Gentes. The Church exists to evangelize. Faithful to the Lord Jesus Christ’s command, his disciples went out to the whole world to announce the Good News, spreading Christian communities everywhere. With time, these became well-organized churches with many faithful. At various times in history, divine providence has given birth to a renewed dynamism in the Church’s evangelizing activity. We need only think of the evangelization of the Anglo-Saxon peoples or the Slavs, or the transmission of the faith on the continent of America, or the missionary undertakings among the peoples of Africa, Asia and Oceania. It is against this dynamic background that I like to look at the two radiant figures that I have just proclaimed Doctors of the Church, Saint John of Avila and Saint Hildegard of Bingen. Even in our own times, the Holy Spirit has nurtured in the Church a new effort to announce the Good News, a pastoral and spiritual dynamism which found a more universal expression and its most authoritative impulse in the Second Vatican Ecumenical Council. Such renewed evangelical dynamism produces a beneficent influence on the two specific "branches" developed by it, that is, on the one hand the Missio ad Gentes or announcement of the Gospel to those who do not yet know Jesus Christ and his message of salvation, and on the other the New Evangelization, directed principally at those who, though baptized, have drifted away from the Church and live without reference to the Christian life. The Synodal Assembly which opens today is dedicated to this new evangelization, to help these people encounter the Lord, who alone who fills our existence with deep meaning and peace; and to favour the rediscovery of the faith, that source of grace which brings joy and hope to personal, family and social life. Obviously, such a special focus must not diminish either missionary efforts in the strict sense or the ordinary activity of evangelization in our Christian communities, as these are three aspects of the one reality of evangelization which complement and enrich each other.

The theme of marriage, found in the Gospel and the first reading, deserves special attention. The message of the word of God may be summed up in the expression found in the Book of Genesis and taken up by Jesus himself: "Therefore a man leaves his father and his mother and cleaves to his wife, and they become one flesh" (Gen 2:24; Mk 10:7-8). What does this word say to us today? It seems to me that it invites us to be more aware of a reality, already well known but not fully appreciated: that matrimony is a Gospel in itself, a Good News for the world of today, especially the dechristianized world. The union of a man and a woman, their becoming "one flesh" in charity, in fruitful and indissoluble love, is a sign that speaks of God with a force and an eloquence which in our days has become greater because unfortunately, for various reasons, marriage, in precisely the oldest regions evangelized, is going through a profound crisis. And it is not by chance. Marriage is linked to faith, but not in a general way. Marriage, as a union of faithful and indissoluble love, is based upon the grace that comes from the triune God, who in Christ loved us with a faithful love, even to the Cross. Today we ought to grasp the full truth of this statement, in contrast to the painful reality of many marriages which, unhappily, end badly. There is a clear link between the crisis in faith and the crisis in marriage. And, as the Church has said and witnessed for a long time now, marriage is called to be not only an object but a subject of the new evangelization. This is already being seen in the many experiences of communities and movements, but its realization is also growing in dioceses and parishes, as shown in the recent World Meeting of Families.

One of the important ideas of the renewed impulse that the Second Vatican Council gave to evangelization is that of the universal call to holiness, which in itself concerns all Christians (cf. Lumen Gentium, 39-42). The saints are the true actors in evangelization in all its expressions. In a special way they are even pioneers and bringers of the new evangelization: with their intercession and the example of lives attentive to the inspiration of the Holy Spirit, they show the beauty of the Gospel to those who are indifferent or even hostile, and they invite, as it were tepid believers, to live with the joy of faith, hope and charity, to rediscover the taste for the word of God and for the sacraments, especially for the bread of life, the Eucharist. Holy men and women bloom among the generous missionaries who announce the Good News to non-Christians, in the past in mission countries and now in any place where there are non-Christians. Holiness is not confined by cultural, social, political or religious barriers. Its language, that of love and truth, is understandable to all people of good will and it draws them to Jesus Christ, the inexhaustible source of new life.

At this point, let us pause for a moment to appreciate the two saints who today have been added to the elect number of Doctors of the Church. Saint John of Avila lived in the sixteenth century. A profound expert on the sacred Scriptures, he was gifted with an ardent missionary spirit. He knew how to penetrate in a uniquely profound way the mysteries of the redemption worked by Christ for humanity. A man of God, he united constant prayer to apostolic action. He dedicated himself to preaching and to the more frequent practice of the sacraments, concentrating his commitment on improving the formation of candidates for the priesthood, of religious and of lay people, with a view to a fruitful reform of the Church.

Saint Hildegard of Bingen, an important female figure of the twelfth century, offered her precious contribution to the growth of the Church of her time, employing the gifts received from God and showing herself to be a woman of brilliant intelligence, deep sensitivity and recognized spiritual authority. The Lord granted her a prophetic spirit and fervent capacity to discern the signs of the times. Hildegard nurtured an evident love of creation, and was learned in medicine, poetry and music. Above all, she maintained a great and faithful love for Christ and his Church.

This summary of the ideal in Christian life, expressed in the call to holiness, draws us to look with humility at the fragility, even sin, of many Christians, as individuals and communities, which is a great obstacle to evangelization and to recognizing the force of God that, in faith, meets human weakness. Thus, we cannot speak about the new evangelization without a sincere desire for conversion. The best path to the new evangelization is to let ourselves be reconciled with God and with each other (cf. 2 Cor 5:20). Solemnly purified, Christians can regain a legitimate pride in their dignity as children of God, created in his image and redeemed by the precious blood of Jesus Christ, and they can experience his joy in order to share it with everyone, both near and far.

Dear brothers and sisters, let us entrust the work of the Synod meeting to God, sustained by the communion of saints, invoking in particular the intercession of great evangelizers, among whom, with much affection, we ought to number Blessed Pope John Paul II, whose long pontificate was an example of the new evangelization. Let us place ourselves under the protection of the Blessed Virgin Mary, Star of the New Evangelization. With her let us invoke a new outpouring of the Holy Spirit, that from on high he may illumine the Synodal Assembly and make it fruitful for the Church’s journey today, in our time. Amen.

[01288-02.02] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Verehrte Mitbrüder,
liebe Brüder und Schwestern!

Mit dieser feierlichen Konzelebration eröffnen wir die XIII. Ordentliche Vollversammlung der Bischofssynode, die unter dem Thema steht: Die neue Evangelisierung für die Weitergabe des christlichen Glaubens. Diese Thematik entspricht einer programmatischen Orientierung für das Leben der Kirche, aller ihrer Glieder, der Familien, der Gemeinschaften und ihrer Institutionen. Und diese Perspektive wird noch verstärkt durch das Zusammentreffen mit dem Beginn des Jahres des Glaubens am kommenden Donnerstag, dem 11. Oktober, dem fünfzigsten Jahrestag der Eröffnung des Zweiten Vatikanischen Konzils. Dankbar und herzlich heiße ich Sie willkommen, die Sie zur Synodenversammlung gekommen sind, besonders den Generalsekretär der Bischofssynode und seine Mitarbeiter. Darüber hinaus richte ich meinen Gruß an die brüderlichen Delegierten der anderen Kirchen und kirchlichen Gemeinschaften sowie an alle Anwesenden und lade sie ein, die Arbeiten, die wir in den kommenden drei Wochen tun werden, in ihrem täglichen Gebet zu begleiten.

Die biblischen Lesungen, die den Wortgottesdienst dieses Sonntags prägen, bieten uns zwei grundsätzliche Denkanstöße: Der erste, auf den ich später eingehen möchte, betrifft die Ehe; der zweite, den ich sofort aufnehme, betrifft Jesus Christus. Wir haben nicht die Zeit, diesen Abschnitt aus dem Hebräerbrief zu kommentieren, doch müssen wir zu Beginn dieser Synodenversammlung der Einladung folgen, unseren Blick fest auf Jesus, den Herrn, zu richten, der „um seines Todesleidens willen mit Herrlichkeit und Ehre gekrönt" ist (Hebr 2,9). Das Wort Gottes stellt uns vor den verherrlichten Gekreuzigten, so daß unser ganzes Leben – und im besonderen die Bemühungen dieser Synodenversammlung – sich vor seinem Angesicht und im Licht seines Mysteriums abspielen. Zu jeder Zeit und an jedem Ort ist die Mitte und das Ziel der Evangelisierung immer Jesus, der Christus, der Sohn Gottes (vgl. Mk 1,1); und das Kreuz ist schlechthin das Erkennungszeichen dessen, der das Evangelium verkündet: ein Zeichen der Liebe und des Friedens, ein Aufruf zur Umkehr und zur Versöhnung. Als erste wollen wir selber, verehrte Mitbrüder, den Blick des Herzens auf ihn gerichtet halten und uns von seiner Gnade läutern lassen.

Nun möchte ich kurz über die „neue Evangelisierung" nachdenken, indem ich sie mit der gewöhnlichen Evangelisierung und mit der Sendung ad gentes vergleiche. Die Kirche existiert, um zu evangelisieren. In Treue zu dem Befehl Jesu Christi, des Herrn, sind seine Jünger in die ganze Welt hinausgegangen, um die Frohe Botschaft zu verkünden, und haben überall christliche Gemeinden gegründet. Im Laufe der Zeit sind daraus gut organisierte Kirchen mit zahlreichen Gläubigen geworden. In bestimmten Abschnitten der Geschichte hat die göttliche Vorsehung eine erneute Dynamik in der Verkündigungstätigkeit der Kirche wachgerufen. Man denke nur an die Evangelisierung der angelsächsischen und der slawischen Völker oder an die Überbringung des Evangeliums in den amerikanischen Kontinent und dann an die Zeiten der Mission unter den Völkern Afrikas, Asiens und Ozeaniens. Vor diesem dynamischen Hintergrund sehe ich gerne auch die zwei strahlenden Gestalten, die ich soeben zu Kirchenlehrern erhoben habe: den heiligen Johannes von Avila und die heilige Hildegard von Bingen. Auch in unserer Zeit hat der Heilige Geist in der Kirche einen neuen Elan, die Frohe Botschaft zu verkündigen, erzeugt – eine geistliche und pastorale Dynamik, die ihren umfassendsten Ausdruck und ihren maßgeblichsten Impuls im Zweiten Vatikanischen Konzil gefunden hat. Diese erneuerte Dynamik der Evangelisierung übt einen segensreichen Einfluß auf die beiden spezifischen „Zweige" aus, die aus ihr hervorgehen, nämlich einerseits auf die missio ad gentes, das heißt auf die Verkündigung des Evangeliums an diejenigen, die Jesus Christus und seine Heilsbotschaft noch nicht kennen, und andererseits auf die neue Evangelisierung, die sich hauptsächlich an die Menschen richtet, die zwar getauft sind, sich aber von der Kirche entfernt haben und in ihrem Leben keine Beziehung zur christlichen Praxis haben. Die Synodenversammlung, die heute eröffnet wird, ist dieser neuen Evangelisierung gewidmet, um in jenen Menschen eine neue Begegnung mit dem Herrn zu begünstigen, der allein unser Leben einen tiefen Sinn verleiht und es mit Frieden erfüllt; um die Wiederentdeckung des Glaubens zu fördern, der eine Quelle der Gnade ist, die Freude und Hoffnung in das persönliche, familiäre und gesellschaftliche Leben trägt. Natürlich darf diese besondere Ausrichtung weder den missionarischen Schwung im eigentlichen Sinn noch die gewöhnliche Arbeit der Evangelisierung in unseren christlichen Gemeinden beeinträchtigen. In der Tat ergänzen und befruchten sich die drei Aspekte der einen Wirklichkeit der Evangelisierung gegenseitig.

In diesem Zusammenhang verdient das Thema der Ehe, das uns vom Evangelium und von der ersten Lesung vorgeschlagen wird, eine spezielle Aufmerksamkeit. Die Botschaft des Wortes Gottes kann man in dem Satz zusammenfassen, der im Buch Genesis steht und den Jesus selbst aufgreift: „Darum verläßt der Mann Vater und Mutter und bindet sich an seine Frau, und sie werden ein Fleisch (Gen 2,24; Mk 10,7-8). Was sagt uns dieses Wort heute? Mir scheint, es lädt uns ein, uns eine bereits bekannte, aber vielleicht nicht voll zur Geltung gebrachte Wahrheit deutlicher ins Bewußtsein zu rufen, daß nämlich die Ehe in sich ein Evangelium, eine Frohe Botschaft für die Welt von heute und besonders für die entchristlichte Welt darstellt. Die Vereinigung von Mann und Frau, durch die sie „ein Fleisch" werden in der Liebe, in der fruchtbaren und unauflösbaren Liebe, ist ein Zeichen, das mit Nachdruck von Gott spricht, mit einer Beredsamkeit, die in unseren Tagen noch gewichtiger geworden ist, weil die Ehe leider gerade in den seit alten Zeiten evangelisierten Gebieten jetzt aus verschiedenen Gründen eine tiefe Krise durchmacht. Und das ist kein Zufall. Die Ehe ist an den Glauben gebunden, nicht in oberflächlich-allgemeinem Sinn. Als eine Verbindung treuer und unauflösbarer Liebe gründet sich die Ehe auf die Gnade, die von dem einen und dreifaltigen Gott kommt, der uns in Christus mit einer bis hin zum Kreuz treuen Liebe geliebt hat. Heute können wir im Kontrast zu der schmerzlichen Wirklichkeit so vieler Ehen, die leider schlecht ausgehen, die ganze Wahrheit dieser Aussage erfassen. Es besteht eine offenkundige Entsprechung zwischen der Krise des Glaubens und der Krise der Ehe. Und wie die Kirche seit langem behauptet und bezeugt, ist die Ehe berufen, nicht nur Objekt, sondern auch Subjekt der neuen Evangelisierung zu sein. Das bewahrheitet sich bereits in vielen, an religiöse Gemeinschaften und Bewegungen gebundenen Erfahrungen, verwirklicht sich aber in zunehmendem Maße auch im Gefüge der Diözesen und der Pfarreien, wie das jüngste Welttreffen der Familien bewiesen hat.

Eine der tragenden Ideen des erneuerten Impulses, den das Zweite Vatikanische Konzil der Evangelisierung gegeben hat, ist die der allgemeinen Berufung zur Heiligkeit, die als solche alle Christen betrifft (vgl. Lumen gentium, 39-42). Die Heiligen sind die wahren Protagonisten der Evangelisierung in all ihren Ausdrucksformen. Sie sind im besonderen auch die mitreißenden Pioniere der neuen Evangelisierung: Durch ihre Fürsprache und das Beispiel ihres für die Fantasie des Heiligen Geistes offenen Lebens zeigen sie den gleichgültigen oder sogar feindlich gesinnten Menschen die Schönheit des Evangeliums und der Gemeinschaft mit Christus und laden die „lauen" Gläubigen ein, in der Freude von Glaube, Hoffnung und Liebe zu leben und den „Geschmack" am Wort Gottes und an den Sakramenten – besonders am Brot des Lebens, der Eucharistie – wiederzuentdecken. Unter den großherzigen Missionaren, die den Nichtchristen die Frohe Botschaft verkünden – traditionsgemäß in den Missionsländern und gegenwärtig an allen Orten, wo solche leben – gibt es viele heilige Männer und Frauen. Die Heiligkeit kennt keine kulturellen, gesellschaftlichen, politischen oder religiösen Schranken. Ihre Sprache – die der Liebe und der Wahrheit – ist allen Menschen guten Willens verständlich und bringt sie Jesus Christus, der unerschöpflichen Quelle neuen Lebens, näher.

An dieser Stelle wollen wir einen Moment innehalten, um die beiden Heiligen zu würdigen, die heute in die erlesene Schar der Kirchenlehrer eingereiht worden sind. Der heilige Johannes von Avila lebte im 16. Jahrhundert. Er verfügte über eine gründliche Kenntnis der Heiligen Schrift und war von einem brennenden missionarischen Geist erfüllt. In einzigartiger Tiefe vermochte er die Geheimnisse der von Christus für die Menschheit erwirkten Erlösung zu durchdringen. Als ein wahrer Gottesmann verband er das ständige Gebet mit der apostolischen Tätigkeit. Er widmete sich der Predigt sowie der Förderung der sakramentalen Praxis und konzentrierte seine Bemühungen auf die Verbesserung der Ausbildung der Priesteramtskandidaten, der Ordensleute und der Laien, im Hinblick auf eine fruchtbare Reform der Kirche.

Die heilige Hildegard von Bingen, eine bedeutende weibliche Gestalt des 12. Jahrhunderts, hat ihren wertvollen Beitrag zur Entwicklung der Kirche ihrer Zeit geleistet, indem sie ihre von Gott erhaltenen Gaben zur Geltung brachte, wobei sie sich als eine Frau von lebhafter Intelligenz, tiefer Sensibilität und anerkannter geistlicher Autorität erwies. Der Herr schenkte ihr einen prophetischen Geist und eine leidenschaftliche Fähigkeit, die Zeichen der Zeit zu unterscheiden. Hildegard besaß eine ausgeprägte Liebe zur Schöpfung und beschäftigte sich mit Medizin, Dichtung und Musik. Vor allem bewahrte sie immer eine große und treue Liebe zu Christus und seiner Kirche.

Der Blick auf das Ideal des christlichen Lebens, das in der Berufung zur Heiligkeit zum Ausdruck kommt, drängt uns, demütig auf die Schwäche so vieler Christen, ja, auf ihre persönliche wie gemeinschaftliche Sünde zu schauen, die ein großes Hindernis für die Evangelisierung darstellt, und die Kraft Gottes zu erkennen, die im Glauben der menschlichen Schwäche entgegenkommt. Daher kann man nicht von der neuen Evangelisierung sprechen ohne eine aufrichtige Bereitschaft zur Umkehr. Sich mit Gott und dem Nächsten versöhnen zu lassen (vgl. 2 Kor 5,20), ist der beste Weg der Neuevangelisierung. Nur wenn sie geläutert sind, können die Christen den berechtigten Stolz auf ihre Würde als Kinder Gottes, die nach seinem Bild erschaffen und mit dem kostbaren Blut Jesu Christi erlöst sind, wiederfinden und sich darüber freuen, um diese Freude mit allen – den Nahen wie den Fernen – zu teilen.

Liebe Brüder und Schwestern, vertrauen wir Gott die Arbeiten der Synodenversammlung an, mit einem lebendigen Gespür für die Gemeinschaft der Heiligen. Im besonderen wollen wir dabei die Fürsprache der großen Evangelisierer erbitten, zu denen wir mit herzlicher Zuneigung den seligen Papst Johannes Paul II. rechnen möchten – sein langes Pontifikat war auch ein Beispiel neuer Evangelisierung. Wir stellen uns unter den Schutz der Seligen Jungfrau Maria, des Sterns der Neuevangelisierung. Mit ihr erbitten wir eine besondere Ausgießung des Heiligen Geistes, damit er die Synodenversammlung aus der Höhe erleuchte und sie fruchtbar mache für den Weg der Kirche heute, in unserer Zeit. Amen.

[01288-05.02] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Venerables hermanos,
queridos hermanos y hermanas

Con esta solemne concelebración inauguramos la XIII Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos, que tiene como tema: La nueva evangelización para la transmisión de la fe cristiana. Esta temática responde a una orientación programática para la vida de la Iglesia, la de todos sus miembros, las familias, las comunidades, la de sus instituciones. Dicha perspectiva se refuerza por la coincidencia con el comienzo del Año de la fe, que tendrá lugar el próximo jueves 11 de octubre, en el 50 aniversario de la apertura del Concilio Ecuménico Vaticano II. Doy mi cordial bienvenida, llena de reconocimiento, a los que habéis venido a formar parte de esta Asamblea sinodal, en particular al Secretario general del Sínodo de los Obispos y a sus colaboradores. Hago extensivo mi saludo a los delegados fraternos de otras Iglesias y Comunidades Eclesiales, y a todos los presentes, invitándolos a acompañar con la oración cotidiana los trabajos que desarrollaremos en las próximas tres semanas.

Las lecturas bíblicas de la Liturgia de la Palabra de este domingo nos ofrecen dos puntos principales de reflexión: el primero sobre el matrimonio, que retomaré más adelante; el segundo sobre Jesucristo, que abordo a continuación. No tenemos el tiempo para comentar el pasaje de la carta a los Hebreos, pero debemos, al comienzo de esta Asamblea sinodal, acoger la invitación a fijar los ojos en el Señor Jesús, «coronado de gloria y honor por su pasión y muerte» (Hb 2,9). La Palabra de Dios nos pone ante el crucificado glorioso, de modo que toda nuestra vida, y en concreto la tarea de esta asamblea sinodal, se lleve a cabo en su presencia y a la luz de su misterio. La evangelización, en todo tiempo y lugar, tiene siempre como punto central y último a Jesús, el Cristo, el Hijo de Dios (cf. Mc 1,1); y el crucifijo es por excelencia el signo distintivo de quien anuncia el Evangelio: signo de amor y de paz, llamada a la conversión y a la reconciliación. Que nosotros venerados hermanos seamos los primeros en tener la mirada del corazón puesta en él, dejándonos purificar por su gracia.

Quisiera ahora reflexionar brevemente sobre la «nueva evangelización», relacionándola con la evangelización ordinaria y con la misión ad gentes. La Iglesia existe para evangelizar. Fieles al mandato del Señor Jesucristo, sus discípulos fueron por el mundo entero para anunciar la Buena Noticia, fundando por todas partes las comunidades cristianas. Con el tiempo, estas han llegado a ser Iglesias bien organizadas con numerosos fieles. En determinados periodos históricos, la divina Providencia ha suscitado un renovado dinamismo de la actividad evangelizadora de la Iglesia. Basta pensar en la evangelización de los pueblos anglosajones y eslavos, o en la transmisión del Evangelio en el continente americano, y más tarde los distintos periodos misioneros en los pueblos de África, Asía y Oceanía. Sobre este trasfondo dinámico, me agrada mirar también a las dos figuras luminosas que acabo de proclamar Doctores de la Iglesia: san Juan de Ávila y santa Hildegarda de Bingen. También en nuestro tiempo el Espíritu Santo ha suscitado en la Iglesia un nuevo impulso para anunciar la Buena Noticia, un dinamismo espiritual y pastoral que ha encontrado su expresión más universal y su impulso más autorizado en el Concilio Ecuménico Vaticano II. Este renovado dinamismo de evangelización produce un influjo beneficioso sobre las dos «ramas» especificas que se desarrollan a partir de ella, es decir, por una parte, la missio ad gentes, esto es el anuncio del Evangelio a aquellos que aun no conocen a Jesucristo y su mensaje de salvación; y, por otra parte, la nueva evangelización, orientada principalmente a las personas que, aun estando bautizadas, se han alejado de la Iglesia, y viven sin tener en cuenta la praxis cristiana. La Asamblea sinodal que hoy se abre esta dedicada a esta nueva evangelización, para favorecer en estas personas un nuevo encuentro con el Señor, el único que llena de significado profundo y de paz nuestra existencia; para favorecer el redescubrimiento de la fe, fuente de gracia que trae alegría y esperanza a la vida personal, familiar y social. Obviamente, esa orientación particular no debe disminuir el impulso misionero, en sentido propio, ni la actividad ordinaria de evangelización en nuestras comunidades cristianas. En efecto, los tres aspectos de la única realidad de evangelización se completan y fecundan mutuamente.

El tema del matrimonio, que nos propone el Evangelio y la primera lectura, merece en este sentido una atención especial. El mensaje de la Palabra de Dios se puede resumir en la expresión que se encuentra en el libro del Génesis y que el mismo Jesús retoma: «Por eso abandonará el varón a su padre y a su madre, se unirá a su mujer y serán una sola carne» (Gn 1,24, Mc 10,7-8). ¿Qué nos dice hoy esta palabra? Pienso que nos invita a ser más conscientes de una realidad ya conocida pero tal vez no del todo valorizada: que el matrimonio constituye en sí mismo un evangelio, una Buena Noticia para el mundo actual, en particular para el mundo secularizado. La unión del hombre y la mujer, su ser «una sola carne» en la caridad, en el amor fecundo e indisoluble, es un signo que habla de Dios con fuerza, con una elocuencia que en nuestros días llega a ser mayor, porque, lamentablemente y por varias causas, el matrimonio, precisamente en las regiones de antigua evangelización, atraviesa una profunda crisis. Y no es casual. El matrimonio está unido a la fe, no en un sentido genérico. El matrimonio, como unión de amor fiel e indisoluble, se funda en la gracia que viene de Dios Uno y Trino, que en Cristo nos ha amado con un amor fiel hasta la cruz. Hoy podemos percibir toda la verdad de esta afirmación, contrastándola con la dolorosa realidad de tantos matrimonios que desgraciadamente terminan mal. Hay una evidente correspondencia entre la crisis de la fe y la crisis del matrimonio. Y, como la Iglesia afirma y testimonia desde hace tiempo, el matrimonio está llamado a ser no sólo objeto, sino sujeto de la nueva evangelización. Esto se realiza ya en muchas experiencias, vinculadas a comunidades y movimientos, pero se está realizando cada vez más también en el tejido de las diócesis y de las parroquias, como ha demostrado el reciente Encuentro Mundial de las Familias.

Una de las ideas clave del renovado impulso que el Concilio Vaticano II ha dado a la evangelización es la de la llamada universal a la santidad, que como tal concierne a todos los cristianos (cf. Const. Lumen gentium, 39-42). Los santos son los verdaderos protagonistas de la evangelización en todas sus expresiones. Ellos son, también de forma particular, los pioneros y los que impulsan la nueva evangelización: con su intercesión y el ejemplo de sus vidas, abierta a la fantasía del Espíritu Santo, muestran la belleza del Evangelio y de la comunión con Cristo a las personas indiferentes o incluso hostiles, e invitan a los creyentes tibios, por decirlo así, a que con alegría vivan de fe, esperanza y caridad, a que descubran el «gusto» por la Palabra de Dios y los sacramentos, en particular por el pan de vida, la eucaristía. Santos y santas florecen entre los generosos misioneros que anuncian la buena noticia a los no cristianos, tradicionalmente en los países de misión y actualmente en todos los lugares donde viven personas no cristianas. La santidad no conoce barreras culturales, sociales, políticas, religiosas. Su lenguaje – el del amor y la verdad – es comprensible a todos los hombres de buena voluntad y los acerca a Jesucristo, fuente inagotable de vida nueva.

A este respecto, nos paramos un momento para admirar a los dos santos que hoy han sido agregados al grupo escogido de los doctores de la Iglesia. San Juan de Ávila vivió en el siglo XVI. Profundo conocedor de las Sagradas Escrituras, estaba dotado de un ardiente espíritu misionero. Supo penetrar con singular profundidad en los misterios de la redención obrada por Cristo para la humanidad. Hombre de Dios, unía la oración constante con la acción apostólica. Se dedicó a la predicación y al incremento de la práctica de los sacramentos, concentrando sus esfuerzos en mejorar la formación de los candidatos al sacerdocio, de los religiosos y los laicos, con vistas a una fecunda reforma de la Iglesia.

Santa Hildegarda de Bilden, importante figura femenina del siglo XII, ofreció una preciosa contribución al crecimiento de la Iglesia de su tiempo, valorizando los dones recibidos de Dios y mostrándose una mujer de viva inteligencia, profunda sensibilidad y reconocida autoridad espiritual. El Señor la dotó de espíritu profético y de intensa capacidad para discernir los signos de los tiempos. Hildegarda alimentaba un gran amor por la creación, cultivó la medicina, la poesía y la música. Sobre todo conservó siempre un amor grande y fiel por Cristo y su Iglesia.

La mirada sobre el ideal de la vida cristiana, expresado en la llamada a la santidad, nos impulsa a mirar con humildad la fragilidad de tantos cristianos, más aun, su pecado, personal y comunitario, que representa un gran obstáculo para la evangelización, y a reconocer la fuerza de Dios que, en la fe, viene al encuentro de la debilidad humana. Por tanto, no se puede hablar de la nueva evangelización sin una disposición sincera de conversión. Dejarse reconciliar con Dios y con el prójimo (cf. 2 Cor 5,20) es la vía maestra de la nueva evangelización. Unicamente purificados, los cristianos podrán encontrar el legítimo orgullo de su dignidad de hijos de Dios, creados a su imagen y redimidos con la sangre preciosa de Jesucristo, y experimentar su alegría para compartirla con todos, con los de cerca y los de lejos.

Queridos hermanos y hermanas, encomendemos a Dios los trabajos de la Asamblea sinodal con el sentimiento vivo de la comunión de los santos, invocando la particular intercesión de los grandes evangelizadores, entre los cuales queremos contar con gran afecto al beato Papa Juan Pablo II, cuyo largo pontificado ha sido también ejemplo de nueva evangelización. Nos ponemos bajo la protección de la bienaventurada Virgen María, Estrella de la nueva evangelización. Con ella invocamos una especial efusión del Espíritu Santo, que ilumine desde lo alto la Asamblea sinodal y la haga fructífera para el camino de la Iglesia hoy, en nuestro tiempo. Amen.

[01288-04.02] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Veneráveis Irmãos,
Queridos irmãos e irmãs,

Com esta solene concelebração inauguramos a XIII Assembléia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos, que tem como tema: A Nova Evangelização para a transmissão da fé cristã. Esta temática responde a uma orientação programática para a vida da Igreja, de todos os seus membros, das famílias, comunidades, e das suas instituições. Tal perspectiva se reforça pela coincidência com o início do Ano da Fé, que terá lugar na próxima quinta-feira, dia 11 de outubro, no 50º aniversário da abertura do Concílio Ecumênico Vaticano II. Dirijo a minha cordial saudação de boas-vindas, cheia de gratidão, a vós que viestes formar parte nesta Assembléia sinodal, em especial, ao Secretário-Geral do Sínodo dos Bispos e aos seus colaboradores. Estendo a minha saudação aos delegados fraternos de outras Igrejas e Comunidades Eclesiais, e a todos os presentes, convidando-os a acompanhar com a sua oração diária, os trabalhos que realizaremos nas próximas três semanas.

As leituras bíblicas, que compõem a Liturgia da Palavra deste domingo, nos oferecem dois pontos principais de reflexão: o primeiro sobre o matrimônio, que tratarei adiante; e o segundo sobre Jesus Cristo, que abordarei em seguida. Não temos tempo para comentar esta passagem da Carta aos Hebreus, mas devemos, no início desta Assembléia sinodal, aceitar o convite para fixar o olhar no Senhor Jesus, «coroado de glória e honra, por ter sofrido a morte» (Hb 2,9). A Palavra de Deus nos coloca diante do crucificado glorioso, de modo que toda a nossa vida e, em particular, o compromisso desta assembléia sinodal, se desenrole presença d’Ele e à luz do seu mistério. A evangelização, em todo tempo e lugar, teve sempre como ponto central e último Jesus, o Cristo, o Filho de Deus (cf. Mc 1,1); e o Crucificado é por excelência o sinal distintivo de quem anuncia o Evangelho: sinal de amor e de paz, chamada à conversão e à reconciliação. Sejamos nós, Venerados Irmãos, os primeiros a ter o olhar do coração dirigido a Ele, deixando-nos purificar pela sua graça.

Queria agora refletir, brevemente, sobre a «nova evangelização», relacionando-a com a evangelização ordinária e com a missão ad gentes. A Igreja existe para evangelizar. Fiéis ao mandamento do Senhor Jesus Cristo, seus discípulos partiram pelo mundo inteiro para anunciar a Boa Nova, fundando, por toda a parte, comunidades cristãs. Com o passar do tempo, essas comunidades tornaram-se Igrejas bem organizadas, com numerosos fiéis. Em determinados períodos da história, a Divina Providência suscitou um renovado dinamismo na ação evangelizadora na Igreja. Basta pensar na evangelização dos povos anglo-saxões e eslavos, ou na transmissão do Evangelho no continente americano, e, em seguida, nos distintos períodos missionários junto dos povos da África, Ásia e Oceania. Sobre este pano de fundo dinâmico, apraz-me também dirigir o olhar para as duas figuras luminosas que acabo de proclamar Doutores da Igreja: São João de Ávila e Santa Hildegarda de Bingen. Também nos nossos tempos, o Espírito Santo suscitou na Igreja um novo impulso para proclamar a Boa Nova, um dinamismo espiritual e pastoral que encontrou a sua expressão mais universal e o seu impulso mais autorizado no Concílio Ecumênico Vaticano II. Este renovado dinamismo de evangelização produz uma influência benéfica sobre os dois "ramos" concretos que desenvolvem a partir dela, ou seja, por um lado, a missio ad gentes, isto é, a proclamação do Evangelho para aqueles que ainda não conhecem a Jesus Cristo e a Sua mensagem de salvação; e, por outro lado, a nova evangelização, destinada principalmente às pessoas que, embora batizadas, se distanciaram da Igreja e vivem sem levar em conta prática cristã. A Assembléia sinodal que se abre hoje é dedicada a essa nova evangelização, para ajudar essas pessoas a terem um novo encontro com o Senhor, o único que dá sentido profundo e paz para a nossa existência; para favorecer a redescoberta da fé, a fonte de graça que traz alegria e esperança na vida pessoal, familiar e social. Obviamente, esta orientação particular não deve diminuir nem o impulso missionário, em sentido próprio, nem as atividades ordinárias de evangelização nas nossas comunidades cristãs. Na verdade, os três aspectos da única realidade de evangelização e completam e se fecundam mutuamente.

Neste sentido, o tema do matrimônio, que nos ofereceu o Evangelho e a primeira leitura, merece uma atenção especial. A mensagem da Palavra de Deus pode ser resumida na expressão contida no livro do Gênesis e retomada pelo próprio Jesus: «Por isso, o homem deixará seu pai e sua mãe e se unirá à sua mulher, e eles serão uma só carne» (Gn 2,24, Mc 10,7-8). O que significa hoje para nós essa palavra? Parece-me que nos convida a nos tornarmos mais conscientes de uma realidade já conhecida, mas talvez não totalmente apreciada, ou seja, que o matrimônio se constitui, em si mesmo, um Evangelho, uma Boa Nova para o mundo de hoje, em particular para o mundo descristianizado. A união do homem e da mulher, o ser «uma só carne» na caridade, no amor fecundo e indissolúvel, é um sinal que fala de Deus com força, com uma eloqüência que hoje se torna ainda maior porque, infelizmente, por diversas razões, o matrimônio, justamente nas regiões de antiga tradição cristã, está passando por uma profunda crise. Não é uma coincidência. O matrimônio está ligado à fé, não num sentido genérico. O matrimônio se fundamenta, enquanto união do amor fiel e indissolúvel, na graça que vem do Deus Uno e Trino, que em Cristo nos amou com um amor fiel até a Cruz. Hoje, somos capazes de compreender toda a verdade desta afirmação, em contraste com a dolorosa realidade de muitos matrimônios que, infelizmente, acabam mal. Há uma clara correspondência entre a crise da fé e a crise do matrimônio. E, como a Igreja afirma e testemunha há muito tempo, o matrimônio é chamado a ser não apenas objeto, mas o sujeito da nova evangelização. Isso já se vê em muitas experiências ligadas a comunidades e movimentos, mas também se observa, cada vez mais, no tecido das dioceses e paróquias, como demonstrou o recente Encontro Mundial das Famílias.

A chamada universal à santidade é uma das idéias chave do renovado impulso que o Concílio Vaticano II deu à evangelização que, como tal, aplica-se a todos os cristãos (cf. Lumen gentium, 39-42). Os santos são os verdadeiros protagonistas da evangelização em todas as suas expressões. Eles são, em particular, também os pioneiros e os impulsionadores da nova evangelização: pela sua intercessão e exemplo de vida, atentos à criatividade que vem do Espírito Santo, eles mostram às pessoas, indiferentes ou mesmo hostis, a beleza do Evangelho e da comunhão em Cristo; e convidam os fiéis, por assim dizer, tíbios, a viverem a alegria da fé, da esperança e da caridade; a redescobrirem o «gosto» da Palavra de Deus e dos Sacramentos, especialmente do Pão da Vida, a Eucaristia. Santos e santas florescem entre os missionários generosos que anunciam a Boa Nova aos não-cristãos, tradicionalmente nos países de missão e atualmente em todos os lugares onde vivem pessoas não cristãs. A santidade não conhece barreiras culturais, sociais, políticas ou religiosas. Sua linguagem - a do amor e da verdade - é entendida por todos os homens de boa vontade e lhes aproxima de Jesus Cristo, fonte inesgotável de vida nova.

Neste ponto, detenhamo-nos por um momento para admirar os dois santos que hoje foram agregados ao grupo seleto dos Doutores da Igreja. São João de Ávila viveu no século XVI. Profundo conhecedor das Sagradas Escrituras, era dotado de um ardente espírito missionário. Soube adentrar, com uma profundidade particular, nos mistérios da Redenção operada por Cristo para a humanidade. Homem de Deus, unia a oração constante à atividade apostólica. Dedicou-se à pregação e ao aumento da prática dos sacramentos, concentrando seus esforços para melhorar a formação dos futuros candidatos ao sacerdócio, dos religiosos, religiosas e dos leigos, em vista de uma fecunda reforma da Igreja.

Santa Hildegarda de Bingen, importante figura feminina do século XII, ofereceu a sua valiosa contribuição para o crescimento da Igreja do seu tempo, valorizando os dons recebidos de Deus e mostrando-se uma mulher de grande inteligência, sensibilidade profunda e de reconhecida autoridade espiritual. O Senhor dotou-a com um espírito profético e de fervorosa capacidade de discernir os sinais dos tempos. Hildegard nutria um grande amor pela a criação, cultivou a medicina, a poesia e a música. Acima de tudo, sempre manteve um amor grande e fiel a Cristo e à sua Igreja.

O olhar sobre o ideal da vida cristã, expressado na chamada à santidade, nos encoraja a ver com humildade a fragilidade de muitos cristãos, antes, o seu pecado, pessoal e comunitário, que se apresenta como um grande obstáculo para a evangelização; e nos encoraja a reconhecer a força de Deus que, na fé, vem ao encontro da fraqueza humana. Portanto, não se pode falar da nova evangelização sem uma disposição sincera de conversão. Deixar-se reconciliar com Deus e com o próximo (cf. 2 Cor 5,20) é a via mestra da nova evangelização. Só purificados, os cristãos podem encontrar o legítimo orgulho da sua dignidade de filhos de Deus, criados à Sua imagem e redimidos pelo sangue precioso de Jesus Cristo, e podem experimentar a sua alegria, para compartilhá-la com todos, com os de perto e os de longe.

Queridos irmãos e irmãs, confiamos a Deus o trabalho da Assembléia sinodal com o sentimento vivo da comunhão dos santos invocando, em particular, a intercessão dos grandes evangelizadores, dentre os quais queremos incluir com grande afeto, o Beato Papa João Paulo II, cujo longo pontificado foi também um exemplo da nova evangelização. Colocamo-nos sob a proteção da Virgem Maria, Estrela da nova evangelização. Com ela, invocamos uma especial efusão do Espírito Santo, que ilumine do alto a Assembléia sinodal e torne-a fecunda para o caminho da Igreja, hoje no nosso tempo. Amen.

[01288-06.02] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA

Czcigodni Bracia,
Drodzy Bracia i Siostry!

Wraz z tą uroczystą koncelebrowaną Eucharystią rozpoczynamy XIII Zwyczajne Zgromadzenie Ogólne Synodu Biskupów, którego temat brzmi: „Nowa ewangelizacja dla przekazu wiary chrześcijańskiej". Tematyka taka odpowiada ukierunkowaniu programowemu życia Kościoła, wszystkich jego członków, rodzin, wspólnot, jego instytucji. Perspektywę taką umacnia zbieżność z rozpoczęciem Roku Wiary, które będzie miało miejsce w najbliższy czwartek, 11 października, w pięćdziesiątą rocznicę otwarcia II Soboru Watykańskiego. Kieruję serdeczne, pełne wdzięczności powitanie do was, którzy przybyliście, aby tworzyć to Zgromadzenie Synodalne, a zwłaszcza do Sekretarza Generalnego Synodu Biskupów i jego współpracowników. Pozdrawiam również bratnich delegatów innych Kościołów i Wspólnot kościelnych i wszystkich obecnych, zachęcając ich, by towarzyszyli w codziennej modlitwie pracom, jakie będziemy prowadzili przez najbliższe trzy tygodnie.

Czytania biblijne, tworzące Liturgię Słowa dzisiejszej niedzieli przedstawiają nam dwa główne motywy do refleksji. Pierwszy dotyczy małżeństwa i chciałbym go poruszyć nieco później. Drugi natomiast dotyczy Jezusa Chrystusa i chcę go podjąć natychmiast. Nie mamy dość czasu, aby skomentować ten fragment Listu do Hebrajczyków, lecz na początku tego Zgromadzenia Synodalnego powinniśmy przyjąć zachętę, by skierować nasze spojrzenie na Pana Jezusa „chwałą i czcią ukoronowanego za cierpienia śmierci" (Hbr 2,9): Słowo Boże stawia nas przed Krzyżem chwalebnym, tak aby całe nasze życie, a zwłaszcza trud tych obrad synodalnych, odbywał się przed Jego obliczem i w świetle Jego tajemnicy. Punktem centralnym i ostatecznym ewangelizacji w każdym miejscu i czasie, jest Jezus Chrystus, Syn Boży (por. Mk 1,1), natomiast krzyż jest w pełnym tego słowa sensie znakiem wyróżniającym tego, który głosi Ewangelię: znakiem miłości i pokoju, wezwaniem do nawrócenia i pojednania. My jako pierwsi, czcigodni Bracia kierujemy ku Niemu spojrzenie serca i pozwalamy się oczyścić Jego łaską.

Teraz chciałbym, pokrótce zastanowić się nad „nową ewangelizacją", odnosząc ją do ewangelizacji zwyczajnej i misji „ad gentes". Kościół istnieje dla ewangelizowania. Wierni poleceniu Pana Jezusa Chrystusa Jego uczniowie poszli na cały świat, aby głosić Dobrą Nowinę, zakładając wszędzie wspólnoty chrześcijańskie. Z czasem stały się one Kościołami dobrze zorganizowanymi, z wieloma wiernymi. W określonych okresach historycznych Boża Opatrzność pobudzała odnowiony dynamizm działalności ewangelizacyjnej Kościoła. Wystarczy pomyśleć o ewangelizacji ludów anglosaskich i słowiańskich, czy też o przekazie Ewangelii na kontynencie amerykańskim i następnie czasy misji skierowanych do ludów Afryki, Azji i Oceanii. Na tym dynamicznym tle chciałbym także spojrzeć na dwie wybitne postacie, które dopiero co ogłosiłem Doktorami Kościoła: św. Jana z Avila i św. Hildegardę z Bingen. Także w naszych czasach Duch Święty rozbudził w Kościele nowy powiew, by głosić Dobrą Nowinę, dynamizm duchowy i duszpasterski, który znalazł swój wyraz powszechniejszy i swój najbardziej autorytatywny impuls w II Soborze Watykańskim. Taka odnowiona dynamika ewangelizacji wywołuje korzystny wpływ na dwie szczególne „gałęzie", które się z niej rozwijają – to znaczy z jednej strony „misio ad gentes", czyli głoszenie Ewangelii tym, którzy jeszcze nie znają Jezusa Chrystusa i Jego orędzia zbawienia, z drugiej zaś strony nową ewangelizację skierowaną zasadniczo do osób, które chociaż zostały ochrzczone, oddaliły się od Kościoła i żyją bez odnoszenia się do praktyki chrześcijańskiej. Rozpoczynające się dziś zgromadzenie synodalne jest poświęcone tej nowej ewangelizacji, aby sprzyjać w przypadku tych osób nowemu spotkaniu z Panem, który sam jeden wypełnia nasze ludzkie życie głębokim sensem i pokojem; aby sprzyjać odkryciu na nowo wiary, źródła łaski, niosącej radość i nadzieję w życie osobiste, rodzinne i społeczne. Oczywiście, takie szczególne ukierunkowanie nie może zmniejszać ani aktywności misyjnej we właściwym tego słowa znaczeniu, ani też zwyczajnej działalności ewangelizacyjnej w naszych wspólnotach chrześcijańskich. W istocie trzy aspekty jednej i tej samej ewangelizacji wzajemnie się dopełniają i umacniają.

Proponowany nam przez Ewangelię i pierwsze czytanie temat małżeństwa zasługuje w związku z tym na szczególną uwagę. Przesłanie Słowa Bożego można podsumować w wyrażeniu zawartym w Księdze Rodzaju i podjętym przez samego Jezusa: „Dlatego opuści człowiek ojca swego i matkę i złączy się ze swoją żoną, i będą oboje jednym ciałem" (Rdz 2,24; Mk 10,7-8). Co nam dziś mówi to słowo? Wydaje mi się, że zachęca nas do pełniejszego uświadomienia sobie pewnej rzeczywistości znanej już, ale może nie w pełni docenionej: to znaczy, że małżeństwo samo w sobie stanowi już pewną Ewangelię, Dobrą Nowinę dla współczesnego świata, a zwłaszcza dla świata zdechrystianizowanego. Zjednoczenie mężczyzny i kobiety, ich stawanie się „jednym ciałem" w miłości i to miłości owocnej i nierozerwalnej, jest znakiem mówiącym z mocą o Bogu, z wymownością, która w naszych dniach stała się większa, ponieważ niestety z różnych powodów małżeństwo właśnie w regionach ewangelizowanych już od dawna przeżywa głęboki kryzys. Nie jest to przypadek. Małżeństwo związane jest z wiarą nie w sensie ogólnikowym. Małżeństwo jako więź miłości wiernej i nierozerwalnej, jest oparte na łasce, która pochodzi od Trójjedynego Boga, który w Chrystusie umiłował nas miłością wierną aż po krzyż. Dzisiaj jesteśmy w stanie pojąć całą prawdę tego stwierdzenia, z uwagi na kontrast z bolesną rzeczywistością wielu małżeństw, które niestety się rozpadają. Istnieje wyraźne powiązanie kryzysu wiary i kryzysu małżeństwa. Jak od dawna twierdzi i świadczy Kościół, małżeństwo jest powołane, aby było nie tylko przedmiotem, ale także podmiotem nowej ewangelizacji. Potwierdza się to już w wielu doświadczeniach powiązanych ze wspólnotami i ruchami, ale dokonuje się coraz bardziej także w obrębie diecezji i parafii, jak to ukazało niedawne Światowe Spotkanie Rodzin.

Jedną z głównych idei pobudzenia ewangelizacji, jaką dał II Sobór Watykański, jest powszechne powołanie do świętości, które jako takie dotyczy wszystkich chrześcijan (por. Konst. Lumen gentium, 39-42). Święci są prawdziwymi protagonistami ewangelizacji we wszystkich jej wyrazach. Są oni także szczególnie pionierami i animatorami nowej ewangelizacji: poprzez wstawiennictwo i przykład swego życia, wyczulonego na wyobraźnię Ducha Świętego ukazują oni osobom indyferentnym, lub wręcz wrogim, piękno Ewangelii i komunii w Chrystusie i zachęcają wiernych, że tak powiem „letnich", by żyli z radością wiarą, nadzieją i miłością, do odkrycia „smaku" Słowa Bożego i sakramentów, zwłaszcza chleba życia – Eucharystii. Jest wielu świętych między misjonarzami głoszącymi Dobrą Nowinę niechrześcijanom, tradycyjnie w krajach misyjnych i obecnie wszędzie tam, gdzie mieszkają niechrześcijanie. Świętość nie zna przeszkód kulturalnych, społecznych, politycznych, religijnych. Jej język – język miłości i prawdy – jest zrozumiały dla wszystkich ludzi dobrej woli i zbliża ich do Jezusa Chrystusa, niewyczerpalnego źródła nowego życia.

Zatrzymajmy się teraz chwilę, aby wyrazić podziw dla dwojga świętych, zaliczonych dziś do wybranej rzeszy Doktorów Kościoła. Święty Jan z Avila żył w XVI wieku. Znając głęboko Pismo Święte, obdarzony był żarliwym duchem misyjnym. Umiał przenikać ze szczególną głębią tajemnice odkupienia, jakiego Chrystus dokonał dla ludzkości. Człowiek Boży jednoczył nieustanną modlitwę z działaniem apostolskim. Poświęcił się kaznodziejstwu i rozwijaniu praktyki sakramentalnej, koncentrując swe zaangażowanie na udoskonaleniu formacji kandydatów do kapłaństwa, zakonników i świeckich, mając na względzie owocną reformę Kościoła.

Święta Hildegarda z Bingen, która była ważną postacią kobiecą XII wieku, wniosła swój cenny wkład w rozwój Kościoła swej epoki, doceniając dary otrzymane od Boga i okazując się kobietą o żywej inteligencji, głębokiej wrażliwości i uznanym autorytecie duchowym. Pan obdarzył ją duchem prorockim i wielką zdolnością do rozpoznawania znaków czasu. Hildegarda żywiła niezwykłą miłość do świata stworzonego, uprawiała medycynę, poezję i muzykę. Przede wszystkim zachowywała zawsze wielką i wierną miłość dla Chrystusa i Jego Kościoła.

Spojrzenie na ideał życia chrześcijańskiego, wyrażony w powołaniu do świętości, pobudza nas do patrzenia z pokorą na słabości wielu chrześcijan, a nawet na ich grzech osobisty i wspólnotowy, stanowiący wielką przeszkodę dla ewangelizacji i do rozpoznania mocy Boga, który w wierze spotyka ludzką słabość. Dlatego nie można mówić o nowej ewangelizacji bez szczerej gotowości do nawrócenia. Chęć pojednania z Bogiem i bliźnim (por. 2 Kor 5,20) jest najlepszą drogą nowej ewangelizacji. Chrześcijanie, jedynie będąc oczyszczeni, mogą odnaleźć uzasadnioną dumę ze swej godności dzieci Boga, stworzonych na Jego obraz i odkupionych cenną krwią Jezusa Chrystusa, mogą doświadczyć Jego radości, aby ją dzielić ze wszystkimi, bliskimi i dalekimi.

Drodzy bracia i siostry, zawierzamy Bogu prace obrad synodalnych, w żywym poczuciu komunii świętych, przyzywając szczególnie wstawiennictwa wielkich ewangelizatorów, do których pragniemy zaliczyć z wielką miłością błogosławionego Papieża Jana Pawła II, którego długi pontyfikat był także przykładem nowej ewangelizacji. Powierzamy się opiece Najświętszej Maryi Panny, Gwiazdy nowej ewangelizacji. Wraz z nią prosimy o szczególne zesłanie Ducha Świętego, aby z wysoka oświecał zgromadzenie synodalne i uczynił je owocnym dla drogi Kościoła dzisiaj, w naszych czasach. Amen.

[01288-09.02] [Testo originale: Italiano]

[B0567-XX.02]