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VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A LORETO NELL’ANNIVERSARIO DEI 50 ANNI DEL VIAGGIO DI GIOVANNI XXIII NELLA CITTÀ MARIANA, 04.10.2012


VISITA PASTORALE DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI A LORETO NELL’ANNIVERSARIO DEI 50 ANNI DEL VIAGGIO DI GIOVANNI XXIII NELLA CITTÀ MARIANA

VISITA ALLA SANTA CASA DI LORETO

CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA PIAZZA DELLA MADONNA A LORETO

VISITA ALLA SANTA CASA DI LORETO

Alle ore 9 di questa mattina, il Santo Padre Benedetto XVI parte in elicottero dall’eliporto del Vaticano per recarsi in visita a Loreto, nel 50° anniversario dello storico pellegrinaggio in treno di Papa Giovanni XXIII a Loreto ed Assisi (4 ottobre 1962) e per affidare all’intercessione della Vergine Maria i lavori del Sinodo dei Vescovi (La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, 7 - 28 ottobre 2012) e l’Anno della fede (11 ottobre 2012 - 24 novembre 2013).

Alle ore 10, al Suo atterraggio presso il Centro Giovanni Paolo II in località Montorso, il Santo Padre è accolto dall’Arcivescovo Prelato di Loreto e Delegato Pontificio per il Santuario lauretano, S.E. Mons. Giovanni Tonucci, dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Dott. Antonio Catricalà, in rappresentanza del Governo Italiano, dal Presidente della Regione Marche, On. Gian Mario Spacca, dall’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede, S.E. il Sig. Francesco Maria Greco, dal Nunzio Apostolico in Italia, S.E. Mons. Adriano Bernardini, dal Prefetto di Ancona, Dott. Paolo Orrei, dal Sindaco di Loreto, Dott. Paolo Niccoletti, dal Commissario della Provincia di Ancona, Dott. Patrizia Casagrande, e dal Direttore del Centro Giovanni Paolo II, don Francesco Pierpaoli.

Il Papa si trasferisce subito in auto al Santuario lauretano e sul sagrato riceve il saluto di benvenuto da parte del Sindaco di Loreto, Dott. Paolo Niccoletti, e dell’Arcivescovo Prelato, S.E. Mons. Giovanni Tonucci.

Al termine dei saluti, il Papa entra nel Santuario dove è accolto dal Ministro Generale dell’Ordine Francescano dei Frati Minori Cappuccini, P. Mauro Jöhri, e dalla Comunità dei Cappuccini del Santuario e dai Parroci di Loreto. Quindi entra nella Santa Casa per l’adorazione del Santissimo Sacramento e per la preghiera alla Vergine di Loreto.

[01267-01.01]

CELEBRAZIONE EUCARISTICA NELLA PIAZZA DELLA MADONNA A LORETO

  OMELIA DEL SANTO PADRE

  TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

  TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

  TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

  TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA  

  TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

  TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA

Alle ore 10.30, nella piazza antistante il Santuario, il Santo Padre Benedetto XVI presiede la Celebrazione Eucaristica in onore della Beata Vergine Maria di Loreto. Concelebrano con il Papa: l’Em.mo Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, S.E. Mons. Giovanni Tonucci, Arcivescovo Prelato di Loreto, S.E. Mons. Salvatore Fisichella, Presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, e S.E. Mons. Nikola Eterović, Segretario Generale del Sinodo dei Vescovi.
Dopo la proclamazione del Santo Vangelo, il Papa pronuncia l’omelia che riportiamo di seguito:

  OMELIA DEL SANTO PADRE

Signori Cardinali,
Venerati Fratelli nell’episcopato,
cari fratelli e sorelle!

Il 4 ottobre del 1962, il Beato Giovanni XXIII venne in pellegrinaggio a questo Santuario per affidare alla Vergine Maria il Concilio Ecumenico Vaticano II, che si sarebbe inaugurato una settimana dopo. In quella occasione, egli, che nutriva una filiale e profonda devozione alla Madonna, si rivolse a lei con queste parole: «Oggi, ancora una volta, ed in nome di tutto l’episcopato, a Voi, dolcissima Madre, che siete salutata Auxilium Episcoporum, chiediamo per Noi, Vescovo di Roma e per tutti i Vescovi dell’universo di ottenerci la grazia di entrare nell’aula conciliare della Basilica di San Pietro come entrarono nel Cenacolo gli Apostoli e i primi discepoli di Gesù: un cuor solo, un palpito solo di amore a Cristo e alle anime, un proposito solo di vivere e di immolarci per la salvezza dei singoli e dei popoli. Così, per la vostra materna intercessione, negli anni e nei secoli futuri, si possa dire che la grazia di Dio ha prevenuto, accompagnato e coronato il ventunesimo Concilio Ecumenico, infondendo nei figli tutti della Santa Chiesa nuovo fervore, slancio di generosità, fermezza di propositi» (AAS 54 [1962], 727).

A distanza di cinquant’anni, dopo essere stato chiamato dalla divina Provvidenza a succedere sulla cattedra di Pietro a quel Papa indimenticabile, anch’io sono venuto qui pellegrino per affidare alla Madre di Dio due importanti iniziative ecclesiali: l’Anno della fede, che avrà inizio tra una settimana, l’11 ottobre, nel cinquantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, da me convocata nel mese di ottobre sul tema «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana». Cari amici! A voi tutti porgo il mio più cordiale saluto. Ringrazio l’Arcivescovo di Loreto, Mons. Giovanni Tonucci, per le calorose espressioni di benvenuto. Saluto gli altri Vescovi presenti, i Sacerdoti, i Padri Cappuccini, ai quali è affidata la cura pastorale del santuario, e le Religiose. Rivolgo un deferente pensiero al Sindaco, Dott. Paolo Niccoletti, che pure ringrazio per le sue cortesi parole, al Rappresentante del Governo ed alle Autorità civili e militari presenti. E la mia riconoscenza va a tutti coloro che hanno generosamente offerto la loro collaborazione per la realizzazione di questo mio Pellegrinaggio.

Come ricordavo nella Lettera Apostolica di indizione, attraverso l’Anno della fede «intendo invitare i Confratelli Vescovi di tutto l’orbe perché si uniscano al Successore di Pietro, nel tempo di grazia spirituale che il Signore ci offre, per fare memoria del dono prezioso della fede» (Porta fidei, 8). E proprio qui a Loreto abbiamo l’opportunità di metterci alla scuola di Maria, di lei che è stata proclamata «beata» perché «ha creduto» (Lc 1,45). Questo Santuario, costruito attorno alla sua casa terrena, custodisce la memoria del momento in cui l’Angelo del Signore venne da Maria con il grande annuncio dell’Incarnazione, ed ella diede la sua risposta. Questa umile abitazione è una testimonianza concreta e tangibile dell’avvenimento più grande della nostra storia: l’Incarnazione; il Verbo si è fatto carne, e Maria, la serva del Signore, è il canale privilegiato attraverso il quale Dio è venuto ad abitare in mezzo a noi (cfr Gv 1,14). Maria ha offerto la propria carne, ha messo tutta se stessa a disposizione della volontà di Dio, diventando «luogo» della sua presenza, «luogo» in cui dimora il Figlio di Dio. Qui possiamo richiamare le parole del Salmo con le quali, secondo la Lettera agli Ebrei, Cristo ha iniziato la sua vita terrena dicendo al Padre: «Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato…Allora ho detto: "Ecco, io vengo per fare, o Dio, la tua volontà"» (10,5.7). Maria dice parole simili di fronte all’Angelo che le rivela il piano di Dio su di lei: «Ecco la serva del Signore; avvenga per me secondo la tua parola» (Lc 1,38). La volontà di Maria coincide con la volontà del Figlio nell’unico progetto di amore del Padre e in lei si uniscono cielo e terra, Dio creatore e la sua creatura. Dio diventa uomo, Maria si fa «casa vivente» del Signore, tempio dove abita l’Altissimo. Il Beato Giovanni XXIII cinquant’anni fa, qui a Loreto, invitava a contemplare questo mistero, a «riflettere su quel congiungimento del cielo con la terra, che è lo scopo dell’Incarnazione e della Redenzione», e continuava affermando che lo stesso Concilio aveva come scopo di estendere sempre più il raggio benefico dell’Incarnazione e Redenzione di Cristo in tutte le forme della vita sociale (cfr AAS 54 [1962], 724). E’ un invito che risuona oggi con particolare forza. Nella crisi attuale che interessa non solo l’economia, ma vari settori della società, l’Incarnazione del Figlio di Dio ci dice quanto l’uomo sia importante per Dio e Dio per l’uomo. Senza Dio l’uomo finisce per far prevalere il proprio egoismo sulla solidarietà e sull’amore, le cose materiali sui valori, l’avere sull’essere. Bisogna ritornare a Dio perché l’uomo ritorni ad essere uomo. Con Dio anche nei momenti difficili, di crisi, non viene meno l’orizzonte della speranza: l’Incarnazione ci dice che non siamo mai soli, Dio è entrato nella nostra umanità e ci accompagna.

Ma il dimorare del Figlio di Dio nella «casa vivente», nel tempio, che è Maria, ci porta ad un altro pensiero: dove abita Dio, dobbiamo riconoscere che tutti siamo «a casa»; dove abita Cristo, i suoi fratelli e le sue sorelle non sono più stranieri. Maria, che è madre di Cristo è anche nostra madre, ci apre la porta della sua Casa, ci guida ad entrare nella volontà del suo Figlio. È la fede, allora, che ci dà una casa in questo mondo, che ci riunisce in un’unica famiglia e che ci rende tutti fratelli e sorelle. Contemplando Maria, dobbiamo domandarci se anche noi vogliamo essere aperti al Signore, se vogliamo offrire la nostra vita perché sia una dimora per Lui; oppure se abbiamo paura che la presenza del Signore possa essere un limite alla nostra libertà, e se vogliamo riservarci una parte della nostra vita, in modo che possa appartenere solo a noi. Ma è proprio Dio che libera la nostra libertà, la libera dalla chiusura in se stessa, dalla sete di potere, di possesso, di dominio, e la rende capace di aprirsi alla dimensione che la realizza in senso pieno: quella del dono di sé, dell’amore, che si fa servizio e condivisione.

La fede ci fa abitare, dimorare, ma ci fa anche camminare nella via della vita. Anche a questo proposito, la Santa Casa di Loreto conserva un insegnamento importante. Come sappiamo, essa fu collocata sopra una strada. La cosa potrebbe apparire piuttosto strana: dal nostro punto di vista, infatti, la casa e la strada sembrano escludersi. In realtà, proprio in questo particolare aspetto, è custodito un messaggio singolare di questa Casa. Essa non è una casa privata, non appartiene a una persona o a una famiglia, ma è un’abitazione aperta a tutti, che sta, per così dire, sulla strada di tutti noi. Allora, qui a Loreto, troviamo una casa che ci fa rimanere, abitare, e che nello stesso tempo ci fa camminare, ci ricorda che siamo tutti pellegrini, che dobbiamo essere sempre in cammino verso un’altra abitazione, verso la casa definitiva, verso la Città eterna, la dimora di Dio con l’umanità redenta (cfr Ap 21,3).

C’è ancora un punto importante del racconto evangelico dell’Annunciazione che vorrei sottolineare, un aspetto che non finisce mai di stupirci: Dio domanda il «sì» dell’uomo, ha creato un interlocutore libero, chiede che la sua creatura Gli risponda con piena libertà. San Bernardo di Chiaravalle, in uno dei suoi Sermoni più celebri, quasi «rappresenta» l’attesa da parte di Dio e dell’umanità del «sì» di Maria, rivolgendosi a lei con una supplica: «L’angelo attende la tua risposta, perché è ormai tempo di ritornare a colui che lo ha inviato… O Signora, da’ quella risposta, che la terra, che gli inferi, anzi, che i cieli attendono. Come il Re e Signore di tutti desiderava vedere la tua bellezza, così egli desidera ardentemente la tua risposta affermativa… Alzati, corri, apri! Alzati con la fede, affrettati con la tua offerta, apri con la tua adesione!» (In laudibus Virginis Matris, Hom. IV, 8: Opera omnia, Edit. Cisterc. 4, 1966, p. 53s). Dio chiede la libera adesione di Maria per diventare uomo. Certo, il «sì» della Vergine è frutto della Grazia divina. Ma la grazia non elimina la libertà, al contrario, la crea e la sostiene. La fede non toglie nulla alla creatura umana, ma ne permette la piena e definitiva realizzazione.

Cari fratelli e sorelle, in questo pellegrinaggio che ripercorre quello del Beato Giovanni XXIII - e che avviene, provvidenzialmente, nel giorno in cui si fa memoria di san Francesco di Assisi, vero «Vangelo vivente» - vorrei affidare alla Santissima Madre di Dio tutte le difficoltà che vive il nostro mondo alla ricerca di serenità e di pace, i problemi di tante famiglie che guardano al futuro con preoccupazione, i desideri dei giovani che si aprono alla vita, le sofferenze di chi attende gesti e scelte di solidarietà e di amore. Vorrei affidare alla Madre di Dio anche questo speciale tempo di grazia per la Chiesa, che si apre davanti a noi. Tu, Madre del «sì», che hai ascoltato Gesù, parlaci di Lui, raccontaci il tuo cammino per seguirlo sulla via della fede, aiutaci ad annunciarlo perché ogni uomo possa accoglierlo e diventare dimora di Dio. Amen!

[01267-01.02] [Testo originale: Italiano]

  TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Messieurs les Cardinaux,
Vénérés frères dans l’épiscopat,
Chers frères et sœurs !

Le 4 octobre 1962, le bienheureux Jean XXIII est venu en pèlerinage dans ce sanctuaire pour confier à la Vierge Marie le Concile Œcuménique Vatican II, qui devait être inauguré une semaine plus tard. Lui qui nourrissait une dévotion filiale et profonde à la Vierge s’est tourné vers elle avec ces mots : « Aujourd’hui encore une fois, et au nom de tout l’épiscopat, à Vous, très douce mère, que l’on salue du titre de « Auxilium Episcoporum », Nous demandons pour Nous, évêque de Rome et pour tous les évêques du monde entier de Nous obtenir la grâce d’entrer dans la salle conciliaire de la basilique Saint-Pierre comme sont entrés les Apôtres et premiers disciples de Jésus dans le Cénacle : avec un seul cœur, un seul battement d’amour envers le Christ et les âmes, un seul but de vivre et de se sacrifier pour le salut des individus et des peuples. Ainsi, que par votre intercession maternelle, dans les années et les siècles à venir, on puisse dire que la grâce de Dieu a préparé, accompagné et couronné le vingtième Concile Œcuménique, en donnant à tous les fils de la Sainte Eglise une nouvelle ferveur, un nouvel élan de générosité et de fermes résolutions » (AAS 54 (1962), 727).

A cinquante ans de distance, après avoir été appelé par la divine Providence à succéder au siège de Pierre à ce Pape inoubliable, je suis venu ici moi aussi en pèlerin pour confier à la Mère de Dieu deux importantes initiatives ecclésiales : l’Année de la Foi, qui s’ouvrira dans une semaine, le 11 octobre, à l’occasion du cinquantième anniversaire de l’ouverture du Concile Vatican II, et l’Assemblée Générale ordinaire du Synode des Evêques que j’ai convoquée au mois d’octobre sur le thème « La nouvelle évangélisation pour la transmission de la foi chrétienne ». Chers amis ! A vous tous j’adresse mon plus cordial salut. Je remercie l’archevêque de Lorette, Mgr Giovanni Tonnuci, pour ses chaleureuses paroles d’accueil. Je salue les autres évêques présents, les prêtres, les pères Capucins, qui ont la charge pastorale du sanctuaire, et les religieuses. J’adresse une pensée respectueuse au maire, Mr Paolo Nicoletti, que je remercie pour ses paroles courtoises, au représentant du gouvernement et aux autorités civiles et militaires présentes. Ma reconnaissance va aussi à tous ceux qui ont offert généreusement leur collaboration pour la réalisation de mon pèlerinage ici.

Comme je le rappelais dans la Lettre Apostolique de promulgation de l’Année de la Foi, « j’entends inviter les confrères Évêques du monde entier à s’unir au Successeur de Pierre, en ce temps de grâce spirituelle que le Seigneur nous offre, pour faire mémoire du don précieux de la foi. » (Porta Fidei, 8). Et justement ici à Lorette, nous avons l’opportunité de nous mettre à l’école de Marie, de celle qui a été proclamée bienheureuse parce qu’elle a cru (Lc 1, 45).Ce sanctuaire, construit autour de sa maison terrestre, abrite la mémoire du moment où l’Ange du Seigneur est venu à Marie avec la grande annonce de l’Incarnation, et où elle a donné sa réponse. Cette humble habitation est un témoignage concret et tangible du plus grand évènement de notre histoire : l’Incarnation, le Verbe qui se fait chair, et Marie, la servante du Seigneur est la voie privilégiée par laquelle Dieu est venu habiter parmi nous (cf Jn 1, 14). Marie a offert sa propre chair, s’est mise tout entière à disposition de la volonté de Dieu, devenant un « lieu » de sa présence, « lieu » dans lequel demeure le Fils de Dieu. Ici, nous pouvons rappeler la parole du Psaume par laquelle, d’après la Lettre aux Hébreux, le Christ a commencé sa vie terrestre en disant au Père : « Tu n'as voulu ni sacrifice ni offrande, Mais tu m'as formé un corps… Alors j'ai dit: Voici, je viens pour faire, ô Dieu, ta volonté » (10, 5.7). Marie prononce des paroles similaires devant l’Ange qui lui révèle le plan de Dieu sur elle : «  Je suis la servante du Seigneur, qu’il me soit fait selon ta parole » (Lc 1, 38). La volonté de Marie coïncide avec la volonté du Fils dans l’unique projet d’amour du Père, et en elle, s’unissent le ciel et la terre, le Dieu créateur et sa créature. Dieu devient homme, et Marie se fait « maison vivante » du Seigneur, temple où habite le Très-Haut. Ici à Lorette, il y a cinquante ans, le Bienheureux Jean XXIII invitait à contempler ce mystère, à « réfléchir sur ce lien entre le ciel et la terre, qui est l’objectif de l’Incarnation et de la Rédemption », et il continuait en affirmant que le Concile avait pour but d’étendre toujours plus les bienfaits de l’Incarnation et la Rédemption du Christ à toutes les formes de la vie sociale  (cf. AAS 54, (1962), 724). C’est une invitation qui résonne encore aujourd’hui avec une force particulière. Dans la crise actuelle, qui ne concerne pas seulement l’économie, mais plusieurs secteurs de la société. L’Incarnation du Fils de Dieu nous dit combien l’homme est important pour Dieu et Dieu pour l’homme. Sans Dieu, l’homme finit par faire prévaloir son propre égoïsme sur la solidarité et sur l’amour, les choses matérielles sur les valeurs, l’avoir sur l’être. Il faut revenir à Dieu pour que l’homme redevienne homme. Avec Dieu, même dans les moments difficiles, de crise, apparait un horizon d’espérance : l’Incarnation nous dit que nous ne sommes jamais seuls, que Dieu entre dans notre humanité et nous accompagne.

Mais la demeure du Fils de Dieu dans la « maison vivante », dans le temple qu’est Marie nous amène à une autre réflexion : là où habite Dieu, nous devons reconnaitre que nous sommes tous « à la maison » : là où habite le Christ, ses frères et sœurs ne sont plus des étrangers. Marie, qui est la mère du Christ et aussi notre mère, nous ouvre la porte de sa maison, nous aide à entrer dans la volonté de son Fils. C’est la foi, ainsi, qui nous donne une maison en ce monde, qui nous unit en une seule famille et qui nous rend tous frères et sœurs. En contemplant Marie, nous devons nous demander si nous aussi nous voulons être ouverts au Seigneur, si nous voulons offrir notre vie pour qu’elle soit une demeure pour Lui ; ou si nous avons peur que la présence du Seigneur puisse être une limite à notre liberté, et si nous voulons nous réserver une part de notre vie qui n’appartienne qu’à nous-mêmes. Mais c’est précisément Dieu qui libère notre liberté, la libère du repli sur elle-même, de la soif du pouvoir, de la possession, de la domination, et la rend capable de s’ouvrir à la dimension qui lui donne tout son sens : celle du don de soi, de l’amour, qui se fait service et partage.

La foi nous fait habiter, demeurer, mais nous fait aussi marcher sur le chemin de la vie. À ce propos aussi, la Sainte Maison de Lorette nous donne un enseignement important. Comme nous le savons, elle était située sur une route. La chose pourrait apparaître plutôt étrange : de notre point de vue en effet, la maison et la route semblent s’exclure. En réalité, justement sur cet aspect particulier, un message singulier est gardé dans cette maison. Elle n’est pas une maison privée, elle n’appartient pas à une personne ou à une famille, mais elle est au contraire une habitation ouverte à tous, qui est, pourrait-on dire, sur notre chemin à tous. Ainsi, nous trouvons ici à Lorette, une maison qui nous fait demeurer, habiter et qui en même temps nous fait cheminer, nous rappelle que nous sommes tous pèlerins, que nous devons toujours être en chemin vers une autre maison, vers la maison définitive, celle de la Cité éternelle, la demeure de Dieu avec l’humanité rachetée. (cf. Ap 21, 3).

Il y a encore un point important du récit évangélique de l’Annonciation que je voudrais souligner, un aspect qui ne finit pas de nous étonner : Dieu demande le « oui » de l’homme, il a crée un interlocuteur libre, il demande que sa créature Lui réponde en toute liberté. Saint Bernard de Clairvaux, dans un de ses sermons les plus célèbres, « représente » l’attente de la part de Dieu et de l’humanité du « oui » de Marie, en se tournant vers elle avec une supplique : « L’ange attend ta réponse, parce qu’il est déjà temps pour lui de retourner vers Dieu qui l'a envoyé. Donne ta réponse, ô Vierge, hâte-toi, ô Souveraine, donne cette réponse que la terre, que les enfers, que les cieux aussi attendent. Autant il a convoité ta beauté, autant il désire à cette heure le « oui » de ta réponse, ce oui par lequel il a résolu de sauver le monde. Lève-toi, cours, ouvre ! Lève-toi par la foi, cours par la ferveur, ouvre-lui par ton consentement (In laudibus Virginis Matris, Hom. IV, 8). Dieu demande la libre adhésion de Marie pour devenir homme. Certes, le « oui » de Marie est le fruit de la grâce divine. Mais la grâce n’élimine pas la liberté, au contraire elle la crée et la soutient. La foi n’enlève rien à la créature humaine, mais ne permet pas la pleine et définitive réalisation.

Chers frères et sœurs, en ce pèlerinage, qui parcourt à nouveau celui du Bienheureux Jean XXIII – et qui a lieu de manière providentielle, le jour de la fête de Saint François d’Assise, véritable « évangile vivant » –, je voudrais confier à la très Sainte Mère de Dieu toutes les difficultés que vit notre monde à la recherche de la sérénité et de la paix, les problèmes de tant de familles qui regardent l’avenir avec préoccupation, les désirs des jeunes qui s’ouvrent à la vie, les souffrances de ceux qui attendent des gestes et des choix de solidarité et d’amour. Je voudrais confier aussi à la Mère de Dieu ce temps spécial de grâce pour l’Église, qui s’ouvre devant nous. Toi, Mère du « oui », qui a écouté Jésus, parle-nous de Lui, raconte-nous ton chemin pour le suivre sur la voie de la foi, aide-nous à l’annoncer pour que tout homme puisse l’accueillir et devenir demeure de Dieu. Amen !

[01267-03.01] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Your Eminences,
Dear Brother Bishops,
Dear Brothers and Sisters,

On 4 October 1962, Blessed John XXIII came as a pilgrim to this Shrine to entrust to the Virgin Mary the Second Vatican Ecumenical Council, due to begin a week later. On that occasion, with deep filial devotion to the Mother of God, he addressed her in these words: "Again today, and in the name of the entire episcopate, I ask you, sweetest Mother, as Help of Bishops, to intercede for me as Bishop of Rome and for all the bishops of the world, to obtain for us the grace to enter the Council Hall of Saint Peter’s Basilica, as the Apostles and the first disciples of Jesus entered the Upper Room: with one heart, one heartbeat of love for Christ and for souls, with one purpose only, to live and to sacrifice ourselves for the salvation of individuals and peoples. Thus, by your maternal intercession, in the years and the centuries to come, may it be said that the grace of God prepared, accompanied and crowned the twenty-first Ecumenical Council, filling all the children of the holy Church with a new fervour, a new impulse to generosity, and a renewed firmness of purpose" (AAS 54 [1962], 727).

Fifty years on, having been called by divine Providence to succeed that unforgettable Pope to the See of Peter, I too have come on pilgrimage to entrust to the Mother of God two important ecclesial initiatives: the Year of Faith, which will begin in a week, on 11 October, on the fiftieth anniversary of the opening of the Second Vatican Council, and the Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops, which I have convened this October with the theme "The New Evangelization for the Transmission of the Christian Faith". Dear friends, to all of you I offer my most cordial greetings. I thank the Most Reverend Giovanni Tonucci, Archbishop of Loreto, for his warm words of welcome. I greet the other bishops present, the priests, the Capuchin Fathers, to whom the pastoral care of this shrine is entrusted, and the religious sisters. I also salute Dr Paolo Niccoletti, Mayor of Loreto, thanking him for his courteous words, and I greet the representativesof the government and the civil and military authorities here present. My thanks also go to those who have generously offered their assistance to make my pilgrimage possible.

As I said in my Apostolic Letter announcing the Year of Faith, "I wish to invite my brother bishops from all over the world to join the Successor of Peter, during this time of spiritual grace that the Lord offers us, in recalling the precious gift of faith" (Porta Fidei, 8). It is precisely here at Loreto that we have the opportunity to attend the school of Mary who was called "blessed" because she "believed" (Lk 1:45). This Shrine, built around her earthly home, preserves the memory of the moment when the angel of Lord came to Mary with the great announcement of the Incarnation, and she gave her reply. This humble home is a physical, tangible witness to the greatest event in our history, the Incarnation; the Word became flesh and Mary, the handmaid of the Lord, is the privileged channel through which God came to dwell among us (cf. Jn 1:14). Mary offered her very body; she placed her entire being at the disposal of God’s will, becoming the "place" of his presence, a "place" of dwelling for the Son of God. We are reminded here of the words of the Psalm with which, according to the Letter to the Hebrews, Christ began his earthly life, saying to the Father, "Sacrifices and offering you have not desired, but you have prepared a body for me… Behold, I have come to do your will, O God" (10:5,7). To the Angel who reveals God’s plan for her, Mary replies in similar words: "Behold, I am the handmaid of the Lord; let it be done to me according to your word" (Lk 1:38). The will of Mary coincides with the will of the Son in the Father’s unique project of love and, in her, heaven and earth are united, God the Creator is united to his creature. God becomes man, and Mary becomes a "living house" for the Lord, a temple where the Most High dwells. Here at Loreto fifty years ago, Blessed John XXIII issued an invitation to contemplate this mystery, to "reflect on that union of heaven and earth, which is the purpose of the Incarnation and Redemption", and he went on to affirm that the aim of the Council itself was to spread ever wider the beneficent impact of the Incarnation and Redemption on all spheres of life (cf. AAS 54 [1962], 724). This invitation resounds today with particular urgency. In the present crisis affecting not only the economy but also many sectors of society, the Incarnation of the Son of God speaks to us of how important man is to God, and God to man. Without God, man ultimately chooses selfishness over solidarity and love, material things over values, having over being. We must return to God, so that man may return to being man. With God, even in difficult times or moments of crisis, there is always a horizon of hope: the Incarnation tells us that we are never alone, that God has come to humanity and that he accompanies us.

The idea of the Son of God dwelling in the "living house", the temple which is Mary, leads us to another thought: we must recognize that where God dwells, all are "at home"; wherever Christ dwells, his brothers and sisters are no longer strangers. Mary, who is the Mother of Christ, is also our mother, and she open to us the door to her home, she helps us enter into the will of her Son. So it is faith which gives us a home in this world, which brings us together in one family and which makes all of us brothers and sisters. As we contemplate Mary, we must ask if we too wish to be open to the Lord, if we wish to offer our life as his dwelling place; or if we are afraid that the presence of God may somehow place limits on our freedom, if we wish to set aside a part of our life in such a way that it belongs only to us. Yet it is precisely God who liberates our liberty, he frees it from being closed in on itself, from the thirst for power, possessions, and domination; he opens it up to the dimension which completely fulfils it: the gift of self, of love, which in turn becomes service and sharing.

Faith lets us reside, or dwell, but it also lets us walk on the path of life. The Holy House of Loreto contains an important teaching in this respect as well. Its location on a street is well known. At first this might seem strange: after all, a house and a street appear mutually exclusive. In reality, it is precisely here that an unusual message about this House has been preserved. It is not a private house, nor does it belong to a single person or a single family, rather it is an abode open to everyone placed, as it were, on our street. So here in Loreto we find a house which lets us stay, or dwell, and which at the same time lets us continue, or journey, and reminds us that we are pilgrims, that we must always be on the way to another dwelling, towards our final home, the Eternal City, the dwelling place of God and the people he has redeemed (cf. Rev 21:3).

There is one more important point in the Gospel account of the Annunciation which I would like to underline, one which never fails to strike us: God asks for mankind’s "yes"; he has created a free partner in dialogue, from whom he requests a reply in complete liberty. In one of his most celebrated sermons, Saint Bernard of Clairvaux "recreates", as it were, the scene where God and humanity wait for Mary to say "yes". Turning to her he begs: "The angel awaits your response, as he must now return to the One who sent him… O Lady, give that reply which the earth, the underworld and the very heavens await. Just as the King and Lord of all wished to behold your beauty, in the same way he earnestly desires your word of consent… Arise, run, open up! Arise with faith, run with your devotion, open up with your consent!" (In laudibus Virginis Matris, Hom. IV,8: Opera omnia, Edit. Cisterc. 4, 1966, p.53f). God asks for Mary’s free consent that he may become man. To be sure, the "yes" of the Virgin is the fruit of divine grace. But grace does not eliminate freedom; on the contrary it creates and sustains it. Faith removes nothing from the human creature, rather it permits his full and final realization.

Dear brothers and sisters, on this pilgrimage in the footsteps of Blessed John XXIII – and which comes, providentially, on the day in which the Church remembers Saint Francis of Assisi, a veritable "living Gospel" – I wish to entrust to the Most Holy Mother of God all the difficulties affecting our world as it seeks serenity and peace, the problems of the many families who look anxiously to the future, the aspirations of young people at the start of their lives, the suffering of those awaiting signs or decisions of solidarity and love. I also wish to place in the hands of the Mother of God this special time of grace for the Church, now opening up before us. Mother of the "yes", you who heard Jesus, speak to us of him; tell us of your journey, that we may follow him on the path of faith; help us to proclaim him, that each person may welcome him and become the dwelling place of God. Amen!

[01267-02.01] [Original text: Italian]

  TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Meine Herren Kardinäle,
verehrte Mitbrüder im bischöflichen Amt,
liebe Brüder und Schwestern!

Am 4. Oktober 1962 unternahm der selige Johannes XXIII. eine Pilgerreise zu diesem Wallfahrtsort, um der Jungfrau Maria das Zweite Vatikanische Konzil anzuvertrauen, das eine Woche später eröffnet werden sollte. Bei dieser Gelegenheit richtete er, der eine tiefe, kindliche Verehrung für die Gottesmutter hegte, diese Worte an sie: „Im Namen des gesamten Episkopates bitten Wir Euch, allerliebste Mutter, die Ihr als Auxilium Episcoporum angerufen werdet, heute noch einmal für Uns, den Bischof von Rom, und für alle Bischöfe des Erdkreises: Erwirke uns die Gnade, so in die Konzilsaula des Petersdoms einzuziehen, wie die Apostel und die ersten Jünger Jesu in den Abendmahlssaal einzogen – in der Einheit der Herzen, bewegt von der einmütigen Liebe zu Christus und den Menschen, in dem einen Vorsatz, uns für das Heil der Einzelnen und der Völker aufzuopfern. Möge man so dank Eurer mütterlichen Fürsprache in den kommenden Jahren und Jahrhunderten sagen können, daß die Gnade Gottes dem einundzwanzigsten Ökumenischen Konzil vorausgegangen ist, es begleitet und es gekrönt hat, indem sie alle Söhne der Heiligen Kirche mit neuem Eifer, mit einer Welle von Großherzigkeit und mit festen Absichten erfüllt hat" (AAS 54 [1962], 727).

In einem Abstand von fünfzig Jahren bin nun auch ich, nachdem ich von der göttlichen Vorsehung berufen wurde, jenem unvergeßlichen Papst auf dem Stuhl Petri nachzufolgen, als Pilger hierher gekommen, um der Muttergottes zwei wichtige kirchliche Initiativen anzuvertrauen: das Jahr des Glaubens, das in einer Woche, am 11. Oktober – dem fünfzigsten Jahrestag der Eröffnung des Zweiten Vatikanischen Konzils – beginnen wird, und die Ordentliche Generalversammlung der Bischofssynode, die von mir für den Monat Oktober einberufen wurde und unter dem Thema „Die Neuevangelisierung für die Weitergabe des christlichen Glaubens" steht. Liebe Freunde! Euch alle begrüße ich aufs herzlichste. Ich danke dem Erzbischof von Loreto, Giovanni Tonucci, für die herzlichen Worte, mit denen er mich willkommen geheißen hat. Ich begrüße die anderen anwesenden Bischöfe, die Priester, die Kapuzinerpatres, denen die Seelsorge des Wallfahrtsortes übertragen ist, und die Ordensfrauen. Meinen achtungsvollen Gruß richte ich überdies an den Bürgermeister, Dr. Paolo Niccoletti, dem ich ebenfalls danke für seine freundlichen Worte, an den Vertreter der Regierung sowie an die anwesenden Repräsentanten des öffentlichen Lebens und des Militärs. Und mein Dank geht an alle, die durch ihre großherzige Mitarbeit zur Verwirklichung dieser meiner Pilgerreise beigetragen haben.

Wie ich in dem Apostolischen Ankündigungs-Schreiben betonte, möchte ich durch das Jahr des Glaubens „die Mitbrüder im Bischofsamt auf dem ganzen Erdkreis einladen, sich in dieser Zeit der geistlichen Gnade, die der Herr uns anbietet, dem Nachfolger Petri anzuschließen, um des kostbaren Geschenks des Glaubens zu gedenken" (Porta fidei, 8). Und gerade hier in Loreto haben wir die Gelegenheit, uns in die Schule Marias zu begeben, die „selig" gepriesen wurde, weil sie „geglaubt hat" (Lk 1,45). Dieses Heiligtum, das um ihr irdisches Haus herum erbaut wurde, hütet die Erinnerung an den Augenblick, in dem der Engel des Herrn mit der großen Ankündigung der Inkarnation zu Maria kam und sie ihre Antwort gab. Diese bescheidene Wohnstatt ist ein konkretes und greifbares Zeugnis des größten Ereignisses unserer Geschichte: der Inkarnation – das Wort ist Fleisch geworden, und Maria, die Magd des Herrn, ist der bevorzugte „Kanal", durch den Gott gekommen ist, um unter uns zu wohnen (vgl. Joh 1,14). Maria hat ihren eigenen Leib hingegeben, hat sich ganz und gar dem Willen Gottes zur Verfügung gestellt und ist so zum „Ort" seiner Gegenwart geworden, zum „Ort", an dem der Sohn Gottes wohnt. Hier können wir an die Worte des Psalms erinnern, mit denen Christus – nach der Interpretation des Hebräerbriefes – sein Erdenleben begonnen hat, indem er zum Vater sagte: „Schlacht- und Speiseopfer hast du nicht gefordert, doch einen Leib hast du mir geschaffen … Da sagte ich: ,Ja, ich komme … um deinen Willen, Gott, zu tun‘ "(10,5.7). Ganz ähnliche Worte sagt Maria zu dem Engel, der ihr den Plan Gottes für sie offenbart: „Ich bin die Magd des Herrn; mir geschehe, wie du es gesagt hast" (Lk 1,38). Der Wille Marias stimmt mit dem Willen des Sohnes in dem einzigartigen Plan der Liebe des Vaters überein, und in ihr vereinen sich Himmel und Erde, der Schöpfergott und sein Geschöpf. Gott wird Mensch, Maria wird zum „lebendigen Haus" des Herrn, zum Tempel, in dem der Höchste wohnt. Der selige Johannes XXIII. hat vor fünfzig Jahren hier in Loreto dazu eingeladen, dieses Geheimnis zu betrachten, „über diese Vereinigung von Himmel und Erde nachzudenken, die das Ziel der Inkarnation und der Erlösung ist", und er sagte weiter, das Konzil selbst habe das Ziel, die Reichweite des Segens der Inkarnation Christi und seines Erlösungswerkes immer mehr auf alle Formen des gesellschaftlichen Lebens auszudehnen (vgl. AAS 54 [1962], 724). Das ist eine Einladung, die heute mit besonderem Nachdruck erklingt. In der augenblicklichen Krise, die nicht nur die Wirtschaft, sondern verschiedene Gesellschaftsbereiche betrifft, sagt uns die Inkarnation des Sohnes Gottes, wie wichtig der Mensch für Gott und Gott für den Menschen ist. Ohne Gott gibt der Mensch schließlich seinem Egoismus den Vorrang gegenüber der Solidarität und der Liebe, zieht er das Materielle den Werten vor, das Haben dem Sein. Es ist notwendig, zu Gott zurückzukehren, damit der Mensch wieder Mensch ist. Mit Gott schwindet auch in schwierigen Momenten, in Krisenzeiten, der Horizont der Hoffnung nicht. Die Inkarnation sagt uns, daß wir nie allein sind: Gott ist in unsere Menschheit eingetreten und begleitet uns.

Doch das Wohnen des Gottessohnes in dem „lebendigen Haus", in dem Tempel, der Maria ist, führt uns zu einem weiteren Gedanken: Wir müssen erkennen, daß dort, wo Gott wohnt, wir alle „zu Hause" sind; wo Christus wohnt, sind seine Brüder und Schwestern keine Fremden mehr. Maria, die Mutter Christi, ist auch unsere Mutter, öffnet uns die Tür ihres Hauses, führt uns dazu, in den Willen ihres Sohnes einzugehen. So ist es also der Glaube, der uns in dieser Welt ein Zuhause gibt, der uns in einer einzigen Familie vereint und uns alle zu Brüdern und Schwestern werden läßt. Wenn wir Maria betrachten, müssen wir uns fragen, ob auch wir offen sein wollen für den Herrn, ob wir unser Leben darbieten wollen, damit es ihm Wohnstatt sei; oder ob wir fürchten, die Gegenwart des Herrn könne unsere Freiheit einschränken, und uns einen Teil unseres Lebens vorbehalten wollen, so daß er uns allein gehören kann. Doch gerade Gott ist es, der unsere Freiheit befreit, sie aus der Verschlossenheit in sich selbst herausholt, aus dem Durst nach Macht, nach Besitz, nach Herrschaft, und sie befähigt, sich der Dimension zu öffnen, die sie im eigentlichen Sinn verwirklicht: der Dimension der Selbsthingabe, der Liebe, die sich im Dienen und im Miteinander-teilen äußert.

Der Glaube läßt uns wohnen, bietet uns eine Bleibe, aber er läßt uns auch vorangehen auf dem Weg des Lebens. Auch in diesem Zusammenhang birgt das Heilige Haus von Loreto eine wichtige Lehre in sich. Bekanntlich wurde es auf eine Straße gestellt. Das könnte eher merkwürdig anmuten: Aus unserer Sicht scheinen ja Haus und Straße sich gegenseitig auszuschließen. In Wirklichkeit liegt gerade in diesem besonderen Aspekt eine einzigartige Botschaft dieses Hauses. Es ist nicht ein Privathaus, es gehört nicht einer Person oder einer Familie, sondern ist eine Wohnung, die allen offensteht, sozusagen auf unser aller Weg steht. So finden wir hier in Loreto ein Haus, das uns bleiben, das uns wohnen läßt und das uns zugleich auf den Weg bringt, uns daran erinnert, daß wir alle Pilger sind, daß wir immer unterwegs sein müssen zu einer anderen Wohnung, zu dem endgültigen Haus, zur ewigen Stadt, zu der Wohnung Gottes mit der erlösten Menschheit (vgl. Offb 21,3).

Es gibt in dem Bericht des Evangeliums von der Verkündigung noch einen weiteren wichtigen Punkt, den ich unterstreichen möchte, einen Aspekt, der niemals aufhört, uns in Erstaunen zu versetzen: Gott erbittet das Ja des Menschen; er hat einen freien Gesprächspartner erschaffen und bittet, daß sein Geschöpf ihm in voller Freiheit antworte. In einer seiner berühmtesten Predigten „inszeniert" der heilige Bernhard von Clairvaux gleichsam das Warten Gottes und der Menschheit auf Marias Ja, indem er sich mit einer flehenden Bitte an sie wendet: „Der Engel erwartet deine Antwort, denn es ist Zeit, zu dem zurückzukehren, der ihn gesandt hat … O Herrin, antworte das Wort, das die Erde, das die Hölle, ja, das die Himmel erwarten. Wie der König und Herr aller nach deiner Schönheit verlangte, so sehr ersehnt er deine zustimmende Antwort … Steh auf, eile, öffne! Steh auf durch den Glauben, eile durch deine Hingabe, öffne durch deine Zustimmung!" (In laudibus Virginis Matris, Hom. IV, 8: Opera omnia, Edit. Cisterc. 4, 1966, S. 53f). Um Mensch zu werden, erbittet Gott die freie Zustimmung Marias. Freilich, das Ja der Jungfrau ist Frucht der göttlichen Gnade. Doch die Gnade hebt die Freiheit nicht auf, im Gegenteil: sie schafft und unterstützt sie. Der Glaube entzieht dem Geschöpf Mensch nichts, sondern ermöglicht ihm seine volle und endgültige Verwirklichung.

Liebe Brüder und Schwestern, auf dieser Pilgerreise, welche die des seligen Johannes XXIII. nachvollzieht – und die durch eine Fügung auf den Tag fällt, an dem des heiligen Franz von Assisi gedacht wird, der ein wahres „lebendes Evangelium" war –, möchte ich der Allerseligsten Gottesmutter alle Schwierigkeiten anheimgeben, die unsere Welt auf der Suche nach entspannter Ruhe und nach Frieden erlebt, die Probleme so vieler Familien, die besorgt in die Zukunft blicken, die Wünsche der jungen Menschen, die sich dem Leben öffnen, die Leiden aller, die auf Gesten und Entscheidungen der Solidarität und der Liebe warten. Und ich möchte der Muttergottes auch diese besondere Zeit der Gnade für die Kirche anvertrauen, die sich vor uns auftut. Mutter des Ja, die du Jesus zugehört hast, sprich uns von ihm, erzähle uns, wie du ihm auf dem Weg des Glaubens nachgefolgt bist, hilf uns, ihn zu verkündigen, damit jeder Mensch ihn aufnehmen und Wohnung Gottes werden kann. Amen!

[01267-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

  TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Señores cardenales,
venerados hermanos en el episcopado,
queridos hermanos y hermanas.

El cuatro de octubre de 1962, el beato Juan XXIII vino en peregrinación a este Santuario para encomendar a la Virgen María el Concilio Ecuménico Vaticano II, que se inauguró una semana después. En aquella ocasión, él, que tenía una profunda y filial devoción por la Santísima Virgen, se dirigió a ella con estas palabras: « Hoy, una vez más, y en nombre de todo el Episcopado, a Vos, dulcísima Madre, que sois llamada Auxilium Episcoporum, pedimos para Nos, obispo de Roma y para todos los obispos del universo, que nos obtengáis la gracia de entrar en el aula conciliar de la Basílica de San Pedro como entraron, en el Cenáculo, los Apóstoles y los primeros discípulos de Jesús: un corazón solo, una sola palpitación de amor a Cristo y a las almas, un solo propósito de vivir y de inmolarnos por la salvación de los individuos y de los pueblos. Así, por vuestra maternal intercesión, en los años y en los siglos futuros, se pueda decir que la gracia de Dios ha precedido, acompañado y coronado el XXI Concilio Ecuménico, infundiendo en los hijos todos de la Santa Iglesia nuevo fervor, arranque de generosidad, firmeza de propósitos» (AAS 54 [1962], 727).

Hace cincuenta años, después de haber sido llamado por la divina Providencia a suceder en la cátedra de Pedro a ese Papa inolvidable, también yo he venido aquí peregrino para encomendar a la Madre de Dios dos importantes iniciativas eclesiales: El Año de la fe, que comenzará dentro de una semana, el 11 de octubre, en el cincuenta aniversario de la apertura del Concilio Vaticano II, y la Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos, que he convocado para este mes de octubre con el tema «La nueva evangelización para la trasmisión de la fe cristiana». Queridos amigos, a todos vosotros dirijo mi más cordial saludo. Agradezco a Mons. Giovanni Tonucci, Arzobispo de Loreto, su cálida bienvenida. Saludo a los demás obispos presentes, a los sacerdotes, a los padres capuchinos, a quienes ha sido encomendado el cuidado pastoral del santuario, y a las religiosas. Dirijo un deferente saludo al alcalde, Doctor Paolo Niccoletti, al que agradezco sus corteses palabras, al representante del Gobierno y a las autoridades civiles y militares aquí presentes. Y mi agradecimiento se dirige a todos los que han ofrecido su colaboración generosa para hacer posible mi peregrinación.

Como recordaba en la Carta apostólica de convocatoria, con el Año de la fe «deseo invitar a los hermanos Obispos de todo el Orbe a que se unan al Sucesor de Pedro en el tiempo de gracia espiritual que el Señor nos ofrece para rememorar el don precioso de la fe» (Porta fidei, 8). Y precisamente aquí, en Loreto, tenemos la oportunidad de ponernos a la escuela de María, de aquella que ha sido proclamada «bienaventurada» porque «ha creído» (Lc 1,45). Este santuario, construido entorno a su casa terrenal, custodia la memoria del momento en el que el ángel del Señor vino a María con el gran anuncio de la Encarnación, y ella le dio su respuesta. Esta humilde morada es un testimonio concreto y tangible del suceso más grande de nuestra historia: la Encarnación; el Verbo se ha hecho carne, y María, la sierva del Señor, es el canal privilegiado a través del cual Dios ha venido a habitar entre nosotros (cf. Jn 1,14). María ha ofrecido la propia carne, se ha puesto totalmente a disposición de la voluntad divina, convirtiéndose en «lugar» de su presencia, «lugar» en el que habita el Hijo de Dios. Aquí podemos evocar las palabras del salmo con las que Cristo, según la Carta a los Hebreos, ha iniciado su vida terrena diciendo al Padre: «Tú no quisiste sacrificios ni ofrendas, pero me formaste un cuerpo… Entonces yo dije: He aquí que vengo… para hacer, ¡oh Dios!, tu voluntad» (10, 5.7). María dice algo muy parecido al ángel que le revela el plan de Dios sobre ella: «He aquí la esclava del Señor; hágase en mí según tu palabra» (Lc 1,38). La voluntad de María coincide con la voluntad del Hijo en el único proyecto de amor del Padre y en ella se unen el cielo y la tierra, Dios creador y su criatura. Dios se hace hombre, María se hace «casa viviente» del Señor, templo donde habita el Altísimo. Hace cincuenta años, aquí en Loreto, el beato Juan XXIII invitaba a contemplar este misterio, «a reflexionar sobre aquella conjunción del cielo con la tierra que fue el objetivo de la Encarnación y de la Redención», y continuaba afirmando que el mismo Concilio tenía como objetivo concreto extender cada vez más el rayo bienhechor de la Encarnación y Redención de Cristo en todas las formas de la vida social (cf. AAS 54 [1962], 724). Ésta es una invitación que resuena hoy con particular fuerza. En la crisis actual, que afecta no sólo a la economía sino a varios sectores de la sociedad, la Encarnación del Hijo de Dios nos dice lo importante que es el hombre para Dios y Dios para el hombre. Sin Dios, el hombre termina por hacer prevalecer su propio egoísmo sobre la solidaridad y el amor, las cosas materiales sobre los valores, el tener sobre el ser. Es necesario volver a Dios para que el hombre vuelva a ser hombre. Con Dios no desaparece el horizonte de la esperanza incluso en los momentos difíciles, de crisis: la Encarnación nos dice que nunca estamos solos, Dios ha entrado en nuestra humanidad y nos acompaña.

Pero que Hijo de Dios habite en la «casa viviente», en el templo, que es María, nos lleva a otro pensamiento: donde Dios habita, reconocemos que todos estamos «en casa»; donde Cristo habita, sus hermanos y sus hermanas jamás son extraños. María, que es la madre de Cristo, es también madre nuestra, nos abre la puerta de su casa, nos guía para entrar en la voluntad de su Hijo. Así pues, es la fe la que nos proporciona una casa en este mundo, la que nos reúne en una única familia y nos hace a todos hermanos y hermanas. Contemplando a María debemos preguntarnos si también nosotros queremos estar abiertos al Señor, si queremos ofrecer nuestra vida para que sea su morada; o si, por el contrario, tenemos miedo a que la presencia del Señor sea un límite para nuestra libertad, si queremos reservarnos una parte de nuestra vida, para que nos pertenezca sólo a nosotros. Pero es Dios precisamente quien libera nuestra libertad, la libera de su cerrarse en sí misma, de la sed de poder, de poseer, de dominar, y la hace capaz de abrirse a la dimensión que la realiza en sentido pleno: la del don de sí, del amor, que se hace servicio y colaboración.

La fe nos hace habitar, vivir, pero también nos hace caminar por la senda de la vida. En este sentido, la Santa Casa de Loreto conserva también una enseñanza importante. Como sabemos, fue colocada en un camino. Esto podría parecer algo extraño: desde nuestro punto de vista, de hecho, la casa y el camino parecen excluirse mutuamente. En realidad, precisamente este aspecto singular de la casa, conserva un mensaje particular. No es una casa privada, no pertenece a una persona o a una familia, sino que es una morada abierta a todos, que está, por decirlo así, en el camino de todos nosotros. Así encontramos aquí en Loreto una casa en la que podemos quedarnos, habitar y que, al mismo tiempo, nos hace caminar, nos recuerda que todos somos peregrinos, que debemos estar siempre en camino hacia otra morada, la casa definitiva, la Ciudad eterna, la morada de Dios con la humanidad redimida (cf. Ap 21,3).

Todavía hay otro punto importante en la narración evangélica de la Anunciación que quisiera subrayar, un aspecto que no deja nunca de asombrarme: Dios solicita el «sí» del hombre, ha creado un interlocutor libre, pide que su criatura le responda con plena libertad. San Bernardo de Claraval, en uno de sus más celebres sermones, casi «representa» la expectación por parte de Dios y de la humanidad del «sí» de María, dirigiéndose a ella con una súplica: «Mira, el ángel aguarda tu respuesta, porque ya es tiempo que se vuelva al Señor que lo envió… Oh Señora, da esta respuesta que esperan la tierra, los infiernos, e incluso los cielos esperan. Así como el Rey y Señor de todos deseaba ver tu belleza, así desea ardientemente tu respuesta positiva… Levántate, corre, abre. Levántate por la fe, corre por la devoción, abre por el consentimiento» (In laudibus Virginis Matris, Homilía 4,8: Opera omnia, edición cisterciense, 4 [1966], 53-54). Dios pide la libre adhesión de María para hacerse hombre. Cierto, el «sí» de la Virgen es fruto de la gracia divina. Pero la gracia no elimina la libertad, al contrario, la crea y la sostiene. La fe no quita nada a la criatura humana, sino que permite su plena y definitiva realización.

Queridos hermanos y hermanas, en este peregrinación, que vuelve a recorrer el que realizó el beato Juan XXIII – y que tiene lugar providencialmente el día en que se recuerda a san Francisco de Asís, verdadero «Evangelio viviente» - quisiera encomendar a la Santísima Madre de Dios todas las dificultades que vive nuestro mundo en búsqueda de serenidad y de paz, los problemas de tantas familias que miran al futuro con preocupación, los deseos de los jóvenes que se abren a la vida, los sufrimientos de quien espera gestos y decisiones de solidaridad y amor. Quiero confiar también a la Madre de Dios este tiempo especial de gracia para la Iglesia, que se abre ante nosotros. Tú, Madre del «sí», que has escuchado a Jesús, háblanos de él, nárranos tu camino para seguirlo por la vía de la fe, ayúdanos a anunciarlo para que cada hombre pueda acogerlo y llegar a ser morada de Dios. Amén.

[01267-04.01] [Texto original: Italiano]

  TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Senhores Cardeais,
Venerados Irmãos no episcopado,
Queridos irmãos e irmãs!

No dia 4 de outubro de 1962, o Beato João XXIII veio em peregrinação a este Santuário para confiar à Virgem Maria o Concílio Ecumênico Vaticano II, que seria inaugurado uma semana depois. Naquela ocasião, ele, que alimentava uma filial e profunda devoção a Nossa Senhora, se dirigiu a ela com estas palavras: «Hoje, mais uma vez, e em nome de todo o episcopado, a Vós, dulcíssima Mãe, que sois invocada como Auxilium Episcoporum, pedimos por Nós, Bispo de Roma e por todos os Bispos do mundo que nos alcance a graça de entrar na sala conciliar da Basílica de São Pedro como entraram no Cenáculo os Apóstolos e os primeiros discípulos de Jesus: um só coração, uma pulsação única de amor a Cristo e pelas almas, um propósito único de viver e de nos imolarmos pela salvação de cada pessoa e dos povos. Assim, por vossa intercessão materna, nos anos e nos séculos futuros, possa se dizer que a graça de Deus precedeu, acompanhou e coroou o vigésimo primeiro Concílio Ecumênico, infundindo em todos os filhos da Santa Igreja novo fervor, ímpeto de generosidade, firmeza de propósitos» (AAS 54 [1962], 727).

À distância de cinqüenta anos, após ter sido chamado pela Divina Providência a suceder, na Cátedra de Pedro, aquele Papa inesquecível, também vim aqui em peregrinação para confiar à Mãe de Deus duas importantes iniciativas eclesiais: o Ano da Fé, que terá início daqui a uma semana, no dia 11 de outubro, no qüinquagésimo aniversário da abertura do Concílio Vaticano II, e a Assembléia Geral Ordinária do Sínodo dos Bispos, por mim convocada para o mês de outubro, com o tema «A Nova Evangelização para a transmissão da Fé Cristã». Queridos amigos! A todos vós dirijo a minha mais cordial saudação. Agradeço ao Arcebispo de Loreto, Dom Giovanni Tonucci, pelas calorosas expressões de boas-vindas. Saúdo os demais Bispos presentes, os Sacerdotes, os Padres Capuchinhos, aos quais está confiada a cura pastoral do santuário, e às Religiosas. Dirijo um deferente pensamento ao Prefeito, Dr. Paolo Niccoletti, a quem também agradeço por suas amáveis palavras, ao Representante do Governo e às Autoridades civis e militares presentes. Expresso o meu reconhecimento a todos aqueles que generosamente contribuíram com a realização desta minha Peregrinação.

Como recordei na Carta Apostólica de sua convocação, através do Ano da Fé, "pretendo convidar os Irmãos Bispos de todo o mundo para que se unam ao Sucessor de Pedro, no tempo de graça espiritual que o Senhor nos oferece, a fim de comemorar o dom precioso da fé" (Porta fidei,8). E justamente aqui em Loreto temos a oportunidade de nos colocarmos na escola de Maria, d’ela que foi proclamada "Bem-aventurada" porque "acreditou" (Lc 1,45). Este Santuário, construído ao redor de sua casa terrena, guarda a memória do momento no qual o Anjo do Senhor veio a Maria com o grande anúncio da Encarnação, e ela lhe deu sua resposta. Esta humilde habitação é um testemunho concreto e tangível do maior acontecimento da nossa história: a Encarnação; o Verbo se fez carne, e Maria, a serva do Senhor, é o canal privilegiado através do qual Deus habitou entre nós (cf. Jo 1,14). Maria ofereceu a sua carne, colocou-se inteiramente à disposição da vontade de Deus, tornando-se "lugar" de sua presença, "lugar" no qual habita o Filho de Deus. Aqui podemos repetir as palavras do Salmo com as quais, segundo a Carta aos Hebreus, Cristo iniciou a sua vida terrena dizendo ao Pai: «Tu não quiseste vítima e oferenda, mas formaste-me um corpo... Por isso eu disse: "Eu vim, ó Deus, para fazer a tua vontade"» (10,5.7). Maria disse palavras semelhantes diante do Anjo que lhe revela o plano de Deus sobre ela: «Eis aqui a serva do Senhor; faça-se em mim segundo a tua palavra» (Lc 1,38). A vontade de Maria coincide com a vontade do Filho no único projeto de amor do Pai e nele se unem céu e terra, Deus criador e sua criatura. Deus torna-se homem, Maria se faz "casa viva" do Senhor, templo onde mora o Altíssimo. O Beato João XXIII há cinqüenta anos, aqui em Loreto, convidava a contemplar este mistério, a "refletir sobre esta união do céu com a terra, que é a finalidade da Encarnação e da Redenção", e continuava afirmando que o próprio Concílio tinha como objetivo estender sempre mais o alcance benéfico da Encarnação e Redenção de Cristo em todas as formas da vida social (cf. AAS 54 [1962], 724). É um convite que ressoa hoje com particular intensidade. Na crise atual que atinge não apenas a economia, mas vários setores da sociedade, a Encarnação do Filho de Deus nos fala de quanto o homem é importante para Deus e Deus para o homem. Sem Deus o homem acaba por deixar prevalecer o seu egoísmo sobre a solidariedade e sobre o amor, as coisas materiais sobre os valores, o ter sobre o ser. É preciso voltar para Deus para que o homem volte a ser homem. Com Deus mesmo nos momentos difíceis, de crise, o horizonte da esperança não desaparece: a Encarnação nos diz que jamais estamos sozinhos, Deus entrou em nossa humanidade e nos acompanha.

Mas o habitar do Filho de Deus na "casa viva", no templo, que é Maria, nos leva a outro pensamento: onde Deus mora, devemos reconhecer que todos estamos "em casa"; onde Cristo mora, os seus irmãos e as suas irmãs não são mais estrangeiros. Maria, que é a mãe de Cristo é também nossa mãe, nos abre a porta da sua Casa, nos guia para entrarmos na vontade de seu Filho. É a fé, então, que nos dá uma casa neste mundo, que nos reúne em uma única família e que nos faz todos irmãos e irmãs. Contemplando Maria, devemos nos perguntar se também nós queremos ser abertos ao Senhor, se queremos oferecer nossa vida para que seja uma morada para Ele; ou então, ao contrário, se tememos que a presença do Senhor possa ser um limite para nossa liberdade, e se queremos reservar para nós uma parte de nossa vida, de modo que possa pertencer apenas a nós. Mas é Deus mesmo que liberta nossa liberdade, que a liberta do fechamento em si mesma, de possuir, da sede de poder, de posse, de domínio, e a torna capaz de abrir-se à dimensão que a realiza no sentido pleno: o do dom de si, do amor, que se faz serviço e partilha.

A fé nos faz habitar, morar, mas nos faz também trilhar o caminho da vida. Também a Santa Casa de Loreto conserva um ensinamento importante. Como sabemos, ela foi colocada numa estrada. Isso poderia parecer deveras estranho: do nosso ponto de vista, de fato, a casa e a estrada parecem se excluir. Na realidade, justamente nesse aspecto particular, encontra-se uma mensagem singular desta Casa. Ela não é uma casa privada, não pertence a uma pessoa ou a uma família, mas é uma habitação aberta para todos, que está, por assim dizer, na estrada de todos nós. Então, aqui em Loreto, encontramos uma casa que nos faz permanecer, habitar, e que ao mesmo tempo nos faz caminhar: recorda-nos que somos todos peregrinos, que devemos estar sempre a caminho para outra habitação, para a casa definitiva, para a Cidade eterna, a morada de Deus com a humanidade redimida (cf. Ap 21,3).

Existe ainda um ponto importante do relato evangélico da Anunciação que quero destacar, um aspecto que jamais deixa de maravilharmos: Deus pede o "sim" do homem, criou um interlocutor livre, pede que sua criatura Lhe responda com plena liberdade. São Bernardo de Claraval, em um de seus Sermões mais célebres, quase "representa" a espera da parte de Deus e da humanidade pelo "sim" de Maria, dirigindo-se a ela com uma súplica: «O anjo espera a vossa resposta, porque chegou o tempo de voltar ao que o enviou... Ó Senhora, dai essa resposta, que a terra, os infernos, antes, que os céus esperam. Como o Rei e Senhor de todos desejava ver a vossa beleza, assim deseja ardentemente a vossa resposta afirmativa... Levantai-vos, correi, abri! Levantai-vos com a fé, apressai-vos com vossa oferta, abri com a vossa adesão!» (In laudibus Virginis Matris, Hom. IV, 8: Opera omnia, Edit. Cisterc. 4, 1966, p. 53s). Deus pede a livre adesão de Maria para se tornar homem. Certo, o "sim" da Virgem é fruto da Graça divina. Mas a graça não elimina a liberdade, ao contrário, a cria e a sustém. A fé não tolhe nada à criatura humana, mas permite a sua plena e definitiva realização.

Queridos irmãos e irmãs, nesta peregrinação que repercorre a do Beato João XXIII – e que se dá, providencialmente, no dia em que se celebra a memória de São Francisco de Assis, verdadeiro "Evangelho Vivo" – quero confiar à Santíssima Mãe de Deus todas as dificuldades que vive o nosso mundo na busca de serenidade e de paz; os problemas de tantas famílias que olham para o futuro com preocupação, os desejos dos jovens que se abrem à vida, os sofrimentos dos que esperam gestos e escolhas de solidariedade e de amor. Quero confiar à Mãe de Deus também este especial tempo de graça para a Igreja, que se abre diante de nós. Vós, Mãe do "sim", que escutastes Jesus, falai-nos d’Ele, contai-nos sobre vossa estrada para segui-Lo no caminho da fé, ajudai-nos a anunciá-lo para que cada homem possa acolhê-lo e se tornar morada de Deus. Amém!

[01267-06.01] [Texto original: Italiano]

  TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA

Księża kardynałowie
Czcigodni Bracia w biskupstwie,
Drodzy Bracia i Siostry!

4 października l962 r., błogosławiony Jan XXIII przybył w pielgrzymce do tego sanktuarium, aby zawierzyć Pannie Maryi Sobór Watykański II, który rozpoczął się tydzień później. Przy tej okazji, żywiąc synowskie i głębokie nabożeństwo do Matki Bożej, skierował on do Niej następujące słowa: „Dziś raz jeszcze oraz w imieniu całego episkopatu, Ciebie najsłodsza Matko, która jesteś nazywana Auxilium Episcoporum prosimy dla nas, biskupa Rzymu i dla wszystkich biskupów świata o wyjednanie łaski, byśmy wkraczali do auli soborowej - bazyliki św. Piotra, tak jak wchodzili do Wieczernika apostołowie i pierwsi uczniowie Jezusa: jedno serce, ten sam puls umiłowania Chrystusa i dusz, to samo postanowienie, by żyć i spalać się dla zbawienia poszczególnych osób i ludów. W ten sposób, dzięki Twemu macierzyńskiemu wstawiennictwu, w następnych latach i wiekach, będzie można powiedzieć, że łaska Boża uprzedziła, towarzyszyła i ukoronowała dwudziesty pierwszy Sobór Ekumeniczny, zaszczepiając we wszystkich dzieciach Kościoła Świętego nowy zapał, nowy poryw wielkoduszności stanowczość postanowień" (AAS 54 [1962], 727).

Z perspektywy pięćdziesięciu lat, będąc powołanym przez Bożą opatrzność, by być następcą na Stolicy Piotrowej tego niezapomnianego papieża, także i ja przybyłem tutaj jako pielgrzym, aby zawierzyć Matce Bożej dwie ważne inicjatywy kościelne – Rok Wiary, który rozpocznie się za tydzień – 11 października, w pięćdziesiątą rocznicę inauguracji II Soboru Watykańskiego i Zwyczajne Zgromadzenie Ogólne Synodu Biskupów, które zwołałem w październiku pod hasłem „Nowa ewangelizacja dla przekazu wiary chrześcijańskiej". Drodzy przyjaciele! Do was wszystkich kieruję moje najserdeczniejsze pozdrowienia. Dziękuję arcybiskupowi Loreto, abp. Giovanniemu Tonucci, za serdeczne słowa powitania. Pozdrawiam innych obecnych tu biskupów, kapłanów, ojców kapucynów, którym powierzone jest duszpasterstwo w sanktuarium oraz zakonnice. Kieruję pełne szacunku pozdrowienie do burmistrza, dr. Paolo Niccolettiego, któremu dziękuję także za uprzejme słowa, do przedstawiciela rządu i innych obecnych przedstawicieli władz cywilnych i wojskowych. Wyrażam wdzięczność wszystkim, którzy wielkodusznie wnieśli swój wkład w realizację tej mojej pielgrzymki.

Jak już wspomniałem, w ogłaszającym to wydarzenie liście apostolskim, poprzez Rok Wiary: „pragnę zachęcić współbraci biskupów na całym świecie, żeby jednoczyli się z Następcą Piotra w tym czasie duchowej łaski, który daje nam Pan, by upamiętnić cenny dar wiary" (Porta fidei, 8). I właśnie tutaj w Loreto mamy okazję, by zasiąść w szkole Maryi, tej, która została nazwana „błogosławioną" ponieważ „uwierzyła" (Łk 1, 45). To sanktuarium wzniesione wokół jej domu doczesnego przechowuje pamięć chwili, gdy Anioł Pana przybył do Maryi z wielką zapowiedzią Wcielenia, a Ona odpowiedziała. To skromne mieszkanie jest konkretnym i namacalnym świadectwem najwznioślejszego wydarzenia naszych dziejów: Wcielenia. Słowo stało się ciałem, a Maryja, służebnica Pańska, jest uprzywilejowaną drogą poprzez którą przyszedł Bóg, aby zamieszkać pośród nas (por. J 1,14). Maryja dała swoje ciało, dała całą siebie do dyspozycji woli Bożej, stając się „miejscem" obecności Boga, „miejscem" w którym zamieszkał Syn Boży. Możemy tutaj przypomnieć słowa Psalmu, którymi, według Listu do Hebrajczyków Chrystus rozpoczął swoje życie ziemskie, mówiąc do Ojca: „Ofiary ani daru nie chciałeś, aleś Mi utworzył ciało ... Wtedy rzekłem: Oto idę - w zwoju księgi napisano o Mnie - abym spełniał wolę Twoją, Boże" (10,5.7). Maryja wypowiada podobne słowa wobec Anioła, objawiającego plan Boga względem niej: „Oto Ja służebnica Pańska, niech Mi się stanie według twego słowa!" (Łk 1,38). Wola Maryi zbiega się z wolą Syna w tym samym planie miłości Ojca i w niej łączą się niebo i ziemia, Bóg stwórca i Jego stworzenie. Bóg staje się człowiekiem, Maryja staje się „żywym domem" Pana, świątynią, w której mieszka Najwyższy. Przed pięćdziesięciu laty tutaj w Loreto błogosławiony Jan XXIII zachęcał do kontemplowania tej tajemnicy, do „zastanowienia się nad tym zjednoczeniem nieba z ziemią, będącym celem Wcielenia i Odkupienia" i dalej mówił, że celem samego Soboru było coraz większe poszerzanie dobroczynnego promieniowania Wcielenia i Odkupienia Chrystusa we wszystkich formach życia społecznego (por. AAS 54 [1962], 724). Jest to zachęta, rozbrzmiewająca dziś ze szczególną siłą. W obecnym kryzysie obejmującym nie tylko gospodarkę, ale także różne sektory społeczeństwa, Wcielenie Syna Bożego mówi nam, jak bardzo człowiek jest ważny dla Boga a Bóg dla człowieka. Bez Boga człowiek dochodzi do tego, że jego egoizm przeważa nad solidarnością i miłością, rzeczy materialne nad wartościami, mieć nad być. Musimy powrócić do Boga, aby człowiek na nowo był człowiekiem. Z Bogiem, nawet w chwilach trudnych, kryzysu, nie brakuje horyzontu nadziei: Wcielenie nam mówi, że nigdy nie jesteśmy sami, Bóg wszedł w nasze człowieczeństwo i nam towarzyszy.

Jednakże zamieszkiwanie Syna Bożego w „żywym domu", w świątyni, którą jest Maryja, prowadzi nas do innej myśli: musimy uznać, że tam gdzie mieszka Bóg, wszyscy jesteśmy „u siebie"; tam, gdzie mieszka Chrystus, jego bracia i siostry nie są już obcymi. Maryja, Matka Chrystusa jest także naszą matką, otwiera nam drzwi swego domu, prowadzi nas do wejścia w wolę swego Syna. Tak więc, to wiara daje nam dom na tym świecie, która jednoczy nas w jednej rodzinie i która nas wszystkich czyni braćmi i siostrami. Kontemplując Maryję, musimy zadać sobie także pytanie, czy także i my chcemy być otwarci na Pana, czy chcemy jemu dać nasze życie, aby było mieszkaniem dla Niego; czy też lękamy się, że obecność Pana może być ograniczeniem dla naszej wolności, czy chcemy zachować dla siebie jakąś część naszego życia, aby mogło należeć tylko do nas. Ale to właśnie Bóg wyzwala naszą wolność, wyzwala ją od zamknięcia w sobie samej, od pragnienia władzy, panowania, i czyni ją zdolną do otwarcia się na wymiar, który ją realizuje w pełnym sensie: na wymiar daru z siebie, miłości, która staje się służbą i dzieleniem się z innymi.

Wiara sprawia, że możemy mieszkać, przebywać, ale sprawia również, że podążamy drogą życia. Także pod tym względem Święty Domek Loretański przechowuje ważną lekcję. Jak wiemy, był on umieszczony nad drogą. Może się to wydawać raczej dziwne: z naszego punktu widzenia, dom i droga zdają się całkowicie wykluczać. W istocie właśnie w tym szczególnym aspekcie przechowywane jest specyficzne przesłanie tego Domku. Nie jest to dom prywatny, nie należy do kogoś, czy też do jakiejś rodziny, ale jest mieszkaniem otwartym dla wszystkich, które stoi, że tak powiem na drodze nas wszystkich. Tak więc tutaj w Loreto, znajdujemy dom, który sprawia, że chcemy zostać, zamieszkać a jednocześnie, który każe nam wyruszać, który nam przypomina, że wszyscy jesteśmy pielgrzymami, że powinniśmy zawsze być w drodze do innego mieszkania, do ostatecznego domu, do Miasta Świętego, przybytku Boga z odkupioną ludzkością (por. Ap 21, 3).

Jest jeszcze ważny punkt ewangelicznej relacji o Zwiastowaniu, który chciałbym podkreślić, pewien aspekt, który nigdy nie przestaje nas zadziwiać: Bóg prosi o zgodę człowieka, stworzył wolnego partnera dialogu, prosi, aby Jego stworzenie odpowiedziało Mu w sposób całkowicie wolny. Święty Bernard z Clairvaux, w jednym ze swoich najsłynniejszych kazań, niemal „przedstawia" oczekiwanie Boga i ludzkości na „tak" Maryi, zwracając się do niej z błaganiem: „Wyczekuje anioł na odpowiedź, bo trzeba mu już było powrócić do Boga, który go posłał... O Pani, wyrzeknij słowo, którego czeka ziemia, czekają otchłanie, czekają sami nawet niebios mieszkańcy! Również i Sam Król i Pan wszystkich o ile pożądał śliczności Twojej (Ps 44, 12), o tyle też pożąda przyzwolenia Twego... Powstań, biegnij, otwórz (Pnp 3, 2; 5, 2)! Powstań przez wiarę, biegnij przez pobożność, otwórz przez wyznawanie!... (In laudibus Virginis Matris, Hom. IV, 8: Opera omnia, Edit. Cisterc. 4, 1966, s. 53n). Bóg prosi o swobodną zgodę Maryi, aby stać się człowiekiem. Oczywiście „tak" Maryi jest owocem Bożej łaski. Ale łaska nie eliminuje wolności, wręcz przeciwnie, tworzy ją i podtrzymuje. Wiara nic nie odbiera ludzkiemu stworzeniu, ale pozwala na jego pełną i definitywną realizację.

Drodzy bracia i siostry, w tej pielgrzymce śladami, błogosławionego Jana XXIII – i która ma miejsce opatrznościowo w dniu, w którym wspominamy św. Franciszka z Asyżu, prawdziwą „żywą Ewangelię" – chcę powierzyć Najświętszej Matce Boga wszystkie trudności, jakie przeżywa nasz świat w poszukiwaniu równowagi duchowej i pokoju, problemy tak wielu rodzin, które patrzą w przyszłość z niepokojem, pragnienia ludzi młodych, otwierających się na życie, cierpienia tych, którzy czekają na przejawy i decyzje solidarności i miłości. Chciałbym zawierzyć Matce Boga także ten szczególny czas łaski dla Kościoła, który się przed nami otwiera. Ty o Matko, która powiedziałaś Bogu „tak", która słuchałaś Jezusa, powiedz nam o Nim, opowiedz nam o swojej drodze, abyśmy za Nim poszli drogą wiary, pomóż nam Go głosić, aby każdy człowiek mógł Go przyjąć i stać się mieszkaniem Boga. Amen!

[01267-09.01] [Testo originale: Italiano]

Al termine della Celebrazione Eucaristica, il Santo Padre lascia il Santuario Lauretano e si reca in auto al Centro Giovanni Paolo II a Montorso, per il pranzo.

Nel pomeriggio, prima di lasciare il Centro, il Papa saluta gli Organizzatori della visita e, dopo essersi congedato dalle Autorità che lo hanno accolto al mattino, alle ore 17 parte in elicottero dal Centro Giovanni Paolo II di Montorso per rientrare in Vaticano. L’atterraggio all’eliporto vaticano è previsto per le ore 18.

[B0562-XX.02]