Alle 11.10 di questa mattina, nella Sala dei Papi del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i Superiori e gli Alunni della Pontificia Accademia Ecclesiastica e rivolge loro il discorso che riportiamo di seguito:
● DISCORSO DEL SANTO PADRE
Venerato Fratello nell’Episcopato,
Cari Sacerdoti,
ringrazio anzitutto Mons. Beniamino Stella per le cortesi parole che mi ha rivolto a nome di tutti i presenti, come pure per il prezioso servizio che svolge. Saluto con grande affetto l’intera comunità della Pontificia Accademia Ecclesiastica. Sono lieto di accogliervi anche quest’anno, nel momento in cui si concludono i corsi di studi e, per alcuni di voi, si avvicina il giorno della partenza per il servizio nelle Rappresentanze Pontificie sparse in tutto il mondo. Il Papa conta anche su di voi, per essere assistito nello svolgimento del suo universale ministero. Vi invito a non avere timore, preparandovi con diligenza e impegno alla missione che vi attende, confidando nella fedeltà di Colui che da sempre vi conosce e vi ha chiamato alla comunione con il Figlio suo Gesù Cristo (cfr 1 Cor 1,9).
La fedeltà di Dio è la chiave e la sorgente della nostra fedeltà. Oggi vorrei richiamare la vostra attenzione proprio su questa virtù, che bene esprime il legame tutto particolare che si stabilisce tra il Papa e i suoi diretti collaboratori, tanto nella Curia Romana come nelle Rappresentanze Pontificie: un legame che per molti si radica nel carattere sacerdotale del quale sono investititi, e si specifica poi nella peculiare missione affidata a ciascuno a servizio del Successore di Pietro.
Nel contesto biblico la fedeltà è anzitutto un attributo divino: Dio si fa conoscere come colui che è fedele per sempre all’alleanza che ha stretto con il suo popolo, nonostante l’infedeltà di questo. In quanto fedele, Dio garantisce di condurre a termine il suo disegno di amore, e per questo Egli è anche degno di fede e veritiero. È questo atteggiamento divino a creare nell’uomo la possibilità di essere, a sua volta, fedele. Applicata all’uomo, la virtù della fedeltà è profondamente legata al dono soprannaturale della fede, divenendo espressione di quella solidità propria di chi ha fondato in Dio tutta la vita. Nella fede troviamo infatti l’unica garanzia della nostra stabilità (cfr Is 7,9b), e solo a partire da essa possiamo a nostra volta essere veramente fedeli: anzitutto a Dio, quindi alla sua famiglia, la Chiesa che è madre e maestra, e in essa alla nostra vocazione, alla storia in cui il Signore ci ha inseriti.
Cari amici, in questa ottica vi incoraggio a vivere il legame personale con il Vicario di Cristo come parte della vostra spiritualità. Si tratta, certamente, di un elemento proprio di ogni cattolico, ancor più di ogni sacerdote. Tuttavia, per quanti operano presso la Santa Sede esso assume un carattere particolare, dal momento che essi pongono al servizio del Successore di Pietro buona parte delle proprie energie, del proprio tempo e del proprio ministero quotidiano. Si tratta di una grave responsabilità, ma anche di un dono speciale, che con il passare del tempo va sviluppando un legame affettivo con il Papa, di interiore confidenza, un naturale idem sentire, che è ben espresso proprio dalla parola «fedeltà».
E dalla fedeltà a Pietro, che vi invia, deriva anche una particolare fedeltà verso coloro ai quali siete inviati: si richiede infatti ai Rappresentanti del Romano Pontefice, e ai loro collaboratori, di farsi interpreti della sua sollecitudine per tutte le Chiese, come anche della partecipazione e dell’affetto con cui egli segue il cammino di ogni popolo. Dovrete pertanto alimentare un rapporto di profonda stima e benevolenza, direi di vera amicizia, verso le Chiese e le comunità alle quali sarete inviati. Anche rispetto ad esse avete un dovere di fedeltà, che si concretizza nell’assidua dedizione al lavoro quotidiano, nella presenza in mezzo ad esse nei momenti lieti e tristi, talora persino drammatici della loro storia, nell’acquisizione di una conoscenza approfondita della loro cultura, del cammino ecclesiale, nel saper apprezzare quanto la grazia divina è andata operando in ogni popolo e nazione.
Si tratta di un prezioso aiuto per il ministero petrino, a riguardo del quale così si esprimeva il Servo di Dio Paolo VI: «Con l’affidare al suo Vicario la potestà delle chiavi e con il costituirlo pietra e fondamento della sua Chiesa, il Pastore eterno gli attribuì pure il mandato di "confermare i propri fratelli": ciò si avvera non solo col guidarli e tenerli uniti nel suo nome, ma anche col sostenerli e confortarli, certamente con la sua parola, ma in qualche modo anche con la sua presenza» (Lett. ap. Sollicitudo omnium ecclesiarum, 24 giugno 1969: AAS 61 (1969) 473-474).
In questo modo incoraggerete e stimolerete anche le Chiese particolari a crescere nella fedeltà al Romano Pontefice, e a trovare nel principio di comunione con la Chiesa universale un sicuro orientamento per il proprio pellegrinaggio nella storia. E, non da ultimo, aiuterete lo stesso Successore di Pietro ad essere fedele alla missione ricevuta da Cristo, consentendogli di conoscere più da vicino il gregge a lui affidato e di raggiungerlo più efficacemente con la sua parola, la sua vicinanza, il suo affetto. Penso in questo momento con gratitudine all’aiuto che ricevo quotidianamente dai molti collaboratori della Curia romana e delle Rappresentanze Pontificie, come anche al sostegno che mi viene dalla preghiera di innumerevoli fratelli e sorelle di tutto il mondo.
Cari amici, nella misura in cui sarete fedeli, sarete anche degni di fede. Sappiamo del resto che la fedeltà che si vive nella Chiesa e nella Santa Sede non è una lealtà «cieca», poiché essa è illuminata dalla fede in Colui che ha detto: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Impegnamoci tutti in questo cammino affinché possiamo sentirci rivolgere, un giorno, le parole della parabola evangelica: «Servo buono e fedele, prendi parte alla gioia del tuo padrone» (cfr Mt 25,21).
Con questi sentimenti, rinnovo a Mons. Presidente, ai suoi Collaboratori, alle Suore Francescane Missionarie di Gesù Bambino e alla comunità tutta della Pontificia Accademia Ecclesiastica il mio saluto, mentre di cuore vi benedico.
[00807-01.01] [Testo originale: Italiano]
● TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
Dear Brother Bishop,
Dear Priests,
First of all, I thank Archbishop Beniamino Stella for the courteous words which he has addressed to me in the name of all present, and for the valued work that he carries out. With great affection I greet the entire community of the Pontifical Ecclesiastical Academy. I am pleased to receive you once again this year, as the academic year draws to a close and as, for some of you, the day is approaching when you will depart for service in Papal Representations throughout the world. The Pope also counts on you for assistance in fulfilling his universal ministry. I encourage you to be confident and to prepare diligently for the mission which awaits you, trusting in the faithfulness of the One who has known you from the beginning and has called you into communion with his Son, Jesus Christ (cf. 1 Cor 1:9).
God’s faithfulness is the key to, and the source of, our own faithfulness. I would like today to remind you of precisely this virtue, which well expresses the unique bond existing between the Pope and his direct collaborators, both in the Roman Curia and in the Papal Representations: for many, it is a bond grounded in the priestly character that they have received, which is then specified in the particular mission entrusted to each in the service of the Successor of Peter.
In the Bible, faithfulness is above all a divine attribute: God reveals himself as the one who remains ever faithful to his Covenant with his people, despite their unfaithfulness. As the Faithful One, God sees to the fulfilment of his loving plan; thus, he is trustworthy and true. His way of acting makes it possible in turn for men and women to be faithful. In our case, the virtue of faithfulness is profoundly linked to the supernatural gift of faith; it becomes the expression of that steadfastness proper to those who have made God the foundation of their entire lives. In faith we find the sole guarantee of our standing firm (cf. Is 7:9b); only on this foundation can we in turn be truly faithful: first to God, then to his family, the Church our Mother and Teacher, and within the Church to our own vocation, to the history in which the Lord has set us.
Dear friends, with this in mind, I encourage you to cultivate a personal bond with the Vicar of Christ as a part of your spirituality. Certainly, this is something which ought to apply to every Catholic, and even more to every priest. Yet for those who work in the Holy See, it is of particular importance, since they spend much of their energy, their time and their daily ministry in the service of the Successor of Peter. This entails a serious responsibility, but also a special gift which as time goes on should make you grow in closeness to the Pope, a closeness marked by interior trust, a natural idem sentire, which is exactly expressed by the word "faithfulness".
Faithfulness to Peter, who sends you forth, also gives rise to a special faithfulness towards those to whom you are sent. The Representatives of the Roman Pontiff and their collaborators are called upon to interpret his solicitude for all the Churches, as well as the affectionate concern with which he follows the journey of each people. You should therefore cultivate a relationship of profound esteem and benevolence, and indeed true friendship, towards the Churches and the communities to which you will be sent. You are also bound to faithfulness in their regard, a faithfulness concretely manifested each day by your diligence and devotion to your work, by your presence among them at moments of joy, sadness and even tragedy, by your coming to know their culture, their journey as a Church, and by your appreciation of all that God’s grace has accomplished in every people and nation.
This represents a valuable contribution to the Petrine ministry, about which the Servant of God Paul VI once said: "By entrusting to his Vicar the power of the keys and by making him the rock and foundation of his Church, the Eternal Pastor also gave him the mandate to ‘confirm his brethren’: he does this not only by leading them and keeping them united in his name, but also by supporting and comforting them, certainly by his words, but also in some way by his presence" (Apostolic Letter Sollicitudo Omnium Ecclesiarum, 24 June 1969: AAS 61 (1969), 473-474).
Thus you will also encourage and help the particular Churches to grow in faithfulness to the Roman Pontiff and to find in the principle of communion with the universal Church a sure direction for their own pilgrimage through history. Not least, you will also help the Successor of Peter to be faithful to the mission he has received from Christ, enabling him to know better the flock entrusted to his care and to be present to it more effectively by his words, his closeness, his affection. Here I can only mention with gratitude the assistance that I receive every day from my many collaborators in the Roman Curia and in Papal Representations, as well as the support that comes to me from the prayers of countless brothers and sisters worldwide.
Dear friends, to the extent that you are faithful, you will also be worthy of faith. We know too that the faithfulness proper to the Church and to the Holy See is no "blind" loyalty, for it is enlightened by our faith in the One who said: "You are Peter, and on on this rock I will build my Church" (Mt 16:18). Let us all be committed to following this path, so that one day we may hear the words of the Gospel parable: "Good and faithful servant, enter into the joy of your master" (cf. Mt 25:21).
With these sentiments, I renew my greeting to Archbishop Stella and his collaborators, to the Franciscan Missionary Sisters of the Child Jesus, and to the entire community of the Pontifical Ecclesiastical Academy, and I cordially impart my blessing.
[00807-02.01] [Original text: Italian]
● TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE
Chers frères dans l’Épiscopat,
Chers prêtres,
Je remercie avant tout Monseigneur Beniamino Stella pour les paroles courtoises qu’il m’a adressées au nom de vous tous qui êtes présents, comme aussi pour le précieux service qu’il accomplit. Je salue avec grande affection la communauté tout entière de l’Académie pontificale ecclésiastique. Je suis heureux de vous accueillir cette année aussi, au moment où se terminent les cours et où, pour quelques-uns, approche le jour du départ pour le service dans les Représentations pontificales présentes dans le monde entier. Le Pape compte aussi sur vous, pour être assisté dans la réalisation de son ministère universel. Je vous invite à ne pas avoir peur, vous préparant avec application et engagement à la mission qui vous attend, confiant dans la fidélité de Celui qui vous connaît depuis toujours et vous a appelés à la communion avec son Fils, Jésus-Christ (cf. 1 Co1, 9). La fidélité de Dieu est la clef et la source de notre fidélité. Je voudrais aujourd’hui attirer votre attention sur cette vertu, qui exprime bien le lien très particulier qui s’établit entre le Pape et ses collaborateurs directs, aussi bien dans la Curie romaine que dans les Représentations pontificales : un lien qui, pour beaucoup, s’enracine dans le caractère sacerdotal dont vous êtes investis, et se spécifie ensuite dans la mission particulière confiée à chacun au service du Successeur de Pierre.
Dans le contexte biblique, la fidélité est surtout un attribut divin : Dieu se fait connaître comme celui qui est fidèle pour toujours à l’alliance qu’il a conclue avec son peuple, malgré l’infidélité de celui-ci. Étant fidèle, Dieu garantit de conduire au terme son dessein d’amour, et pour cela Il est aussi digne de foi et véridique. C’est cette attitude divine qui crée dans l’homme la possibilité d’être, à son tour, fidèle. Appliquée à l’homme, la vertu de la fidélité est profondément liée au don surnaturel de la foi, devenant l’expression de cette solidité de celui qui a fondé en Dieu toute sa vie. Dans la foi, nous trouvons en effet l’unique garantie de notre stabilité (cf.
Is7, 9b), et seulement à partir d’elle nous pouvons à notre tour être vraiment fidèles : d’abord à Dieu, donc à sa famille, l’Église qui est mère et édicatrice, et en elle à notre vocation, à l’histoire dans laquelle le Seigneur nous a insérés.
Chers amis, dans cette optique je vous encourage à vivre le lien personnel avec le Vicaire du Christ comme une part de votre spiritualité. Il s’agit assurément d’un élément propre à chaque catholique, encore plus à chaque prêtre. Toutefois, pour ceux qui travaillent près le Saint-Siège, il assume un caractère particulier, du moment qu’ils mettent au service du Successeur de Pierre une bonne partie de leurs énergies, de leur temps et de leur ministère quotidien. Il s’agit d’une grave responsabilité, mais aussi d’un don spécial, qui, avec le temps, développe un lien affectif avec le Pape, de confiance intérieure, un sentir avecnaturel, qui est bien exprimé par la parole « fidélité ».
Et de la fidélité à Pierre, qui vous envoie, dérive aussi une fidélité particulière envers ceux auxquels vous êtes envoyés : on demande en effet aux Représentants du Pontife romain, et à leurs collaborateurs, de se faire les interprètes de sa sollicitude pour toutes les Églises, comme aussi de la participation et de l’affection avec laquelle il suit le chemin de chaque peuple. Par conséquent, vous devrez nourrir un rapport de profonde estime et de bienveillance, je dirais d’amitié vraie, envers les Églises et les communautés auxquelles vous serez envoyés. Par rapport à elles aussi, vous avez un devoir de fidélité, qui se concrétise dans le dévouement assidu au travail quotidien, dans la présence parmi elles dans les moments joyeux et tristes, parfois même dramatiques de leur histoire, dans l’acquisition d’une connaissance approfondie de leur culture, du chemin ecclésial, dans le fait de savoir apprécier combien la grâce divine est à l’œuvre dans chaque peuple et nation.
Il s’agit d’une aide précieuse pour le ministère pétrinien, au sujet duquel le Serviteur de Dieu Paul VI disait : « En transmettant à son Vicaire les clefs du Royaume des cieux et en l’instituant pierre et fondement de son Église (cf. Mt16, 18), le Pasteur éternel lui a donné mission de "affermir ses frères" (cf.Lc22, 32), c’est-à-dire de les gouverner et, en son nom, de les rassembler dans l’unité, mais aussi de leur apporter aide et consolation, par sa parole et par sa présence même, d’une certaine manière » (Lett. Apost. Sollicitudo omnium ecclesiarum, 24 juin 1969 : AAS 61 (1969) 473-474).
De cette façon, vous encouragerez et vous stimulerez aussi les Églises particulières à grandir dans la fidélité au Pontife romain, et à trouver dans le principe de communion avec l’Église universelle une orientation sûre pour leur pèlerinage dans l’histoire. Et enfin, vous aiderez le Successeur de Pierre lui-même à être fidèle à la mission reçue du Christ, en lui permettant de connaître au plus près le troupeau qui lui est confié et de le rejoindre plus efficacement avec sa parole, sa proximité, son affection. Je pense en ce moment avec gratitude à l’aide que je reçois quotidiennement des nombreux collaborateurs de la Curie romaine et des Représentants pontificaux, comme aussi au soutien qui me vient de la prière des innombrables frères et sœurs du monde entier.
Chers amis, dans la mesure où vous serez fidèles, vous serez aussi dignes de foi. Nous savons d’ailleurs, que la fidélité qui se vit dans l’Église et au Saint-Siège n’est pas une loyauté « aveugle », puisqu’elle est illuminée par la foi de Celui qui a dit : « Tu es Pierre, et sur cette pierre, je bâtirai mon Église » (Mt 16, 18). Engageons-nous tous sur ce chemin pour qu’un jour, nous puissions nous entendre appliquer les paroles de la parabole évangélique : « Serviteur bon et fidèle, entre dans la joie de ton seigneur » (cf. Mt 25, 21).
Avec ces sentiments, je renouvelle à Monseigneur le Président, à ses collaborateurs, aux Sœur Franciscaines Missionnaires de Gesù Bambino et à toute la communauté de l’Académie ecclésiastique pontificale mon salut, alors que je vous bénis de grand cœur.
[00807-03.01] [Texte original: Italien]
● TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA
Lieber Mitbruder im Bischofsamt,
liebe Priester,
zunächst einmal danke ich Erzbischof Beniamino Stella für die freundlichen Worte, die er im Namen aller Anwesenden an mich gerichtet hat, wie auch für den wertvollen Dienst, den er ausübt. Ganz herzlich begrüße ich die ganze Gemeinschaft der Päpstlichen Diplomatenakademie. Ich freue mich, euch auch in diesem Jahr zu empfangen, zu dem Moment, wo die Studiengänge zum Abschluß kommen und für einige von euch der Tag der Abreise zum Einsatz in den Päpstlichen Vertretungen in aller Welt herannaht. Der Papst rechnet auch mit eurer Hilfe bei der Erfüllung seines weltweiten Dienstes. Ich bitte euch: Seid unbesorgt! Bereitet euch fleißig und engagiert auf die Sendung vor, die euch erwartet, und vertraut auf die Treue dessen, der euch seit jeher kennt und euch zur Gemeinschaft mit seinem Sohn Jesus Christus berufen hat (vgl. 1 Kor 1,9).
Die Treue Gottes ist der Schlüssel und die Quelle unserer Treue. Heute möchte ich eure Aufmerksamkeit gerade auf diese Tugend lenken, die gut die ganz besondere Verbindung zum Ausdruck bringt, die sich zwischen dem Papst und seinen unmittelbaren Mitarbeitern bildet, sowohl in der Römischen Kurie als auch in den Päpstlichen Vertretungen – eine Verbindung, die für viele in der Natur des Priestertums wurzelt, das ihnen übertragen wurde, und die sich dann genauer bestimmt in der spezifischen Sendung, die jedem einzelnen im Dienst des Nachfolgers Petri anvertraut ist.
Im biblischen Zusammenhang ist die Treue vor allem eine göttliche Eigenschaft: Gott gibt sich als derjenige zu erkennen, der dem Bund, den er mit seinem Volk geschlossen hat, trotz der Untreue dieses Volkes auf ewig treu ist. Weil er treu ist, verbürgt sich Gott dafür, seinen Plan der Liebe zum Ziel zu führen, und darum ist er auch glaubwürdig und wahrhaftig. Dieses Verhalten Gottes schafft im Menschen die Möglichkeit, seinerseits treu zu sein. Auf den Menschen bezogen, ist die Tugend der Treue zutiefst an die übernatürliche Gabe des Glaubens gebunden und wird so ein Ausdruck jener Zuverlässigkeit, die dem eigen ist, der sein ganzes Leben in Gott verankert hat. Im Glauben finden wir nämlich die einzige Gewähr für unsere Standfestigkeit (vgl. Jes 7,9b), und nur von ihm her können wir unsererseits wirklich treu sein – vor allem gegenüber Gott, dann gegenüber seiner Familie, der Kirche, die Mutter und Lehrmeisterin ist, und – in ihr – gegenüber unserer Berufung sowie gegenüber der Geschichte, in die der Herr uns hineingestellt hat.
Liebe Freunde, aus dieser Sicht fordere ich euch auf, die persönliche Verbindung mit dem Stellvertreter Christi als Teil eurer Spiritualität zu leben. Gewiß handelt es sich dabei um ein Element, das zu jedem Katholiken und noch mehr zu jedem Priester gehört. Doch für die beim Heiligen Stuhl Beschäftigten nimmt es einen besonderen Charakter an, da sie einen Großteil ihrer Energie, ihrer Zeit und ihres täglichen Einsatzes in den Dienst des Nachfolgers Petri stellen. Das ist eine schwerwiegende Verantwortung, aber auch ein besonderes Geschenk, aus dem sich im Laufe der Zeit eine gefühlsmäßige Bindung innerer Vertrautheit mit dem Papst entwickelt, ein natürliches idem sentire, das gerade in dem Wort „Treue" gut zum Ausdruck kommt.
Und aus der Treue zu Petrus, der euch sendet, leitet sich auch eine besondere Treue gegenüber denen ab, zu denen ihr gesandt seid: Von den Repräsentanten des Papstes und ihren Mitarbeitern wird nämlich erwartet, daß sie seine Fürsorge für alle Kirchen zum Ausdruck bringen wie auch die Zuneigung, mit dem er den Weg eines jeden Volkes verfolgt. Ihr müßt also eine Beziehung großer Achtung und tiefen Wohlwollens, ich würde sagen: einer echten Freundschaft mit den Kirchen und Gemeinschaften pflegen, zu denen ihr gesandt werdet. Auch ihnen gegenüber habt ihr eine Pflicht zur Treue, die konkret wird in einer ausdauernden Hingabe an die tägliche Arbeit, in einer Anwesenheit in ihrer Mitte in frohen und traurigen, mitunter sogar dramatischen Momenten ihrer Geschichte, in der Aneignung einer gründlichen Kenntnis ihrer Kultur und ihres kirchlichen Weges sowie in der Fähigkeit, das zu würdigen, was die göttliche Gnade in jedem Volk und jeder Nation gewirkt hat.
Das ist eine wertvolle Hilfe für das Petrusamt, über das der Diener Gottes Paul VI. gesagt hat: „Indem der ewige Hirte seinem Stellvertreter die Schlüsselgewalt anvertraute und ihn zum Grundstein und Fundament seiner Kirche machte, hat er ihm auch die Aufgabe übertragen, „seine Brüder zu stärken": Das geschieht nicht nur, indem er sie führt und in seinem Namen beisammenhält, sondern auch indem er sie unterstützt und ermutigt, sicherlich mit seinem Wort, in gewisser Weise aber auch mit seiner Anwesenheit" (Apostolisches Schreiben Sollicitudo omnium Ecclesiarum, 24. Juni 1969: AAS 61 [1969] 473-474).
Auf diese Weise werdet ihr auch die Teilkirchen ermutigen und antreiben, in ihrer Treue gegenüber dem Papst zu wachsen und in dem Prinzip der Gemeinschaft mit der Weltkirche eine sichere Orientierung für den eigenen Weg in der Geschichte zu finden. Und nicht zuletzt werdet ihr dem Nachfolger Petri selbst helfen, der von Christus empfangenen Sendung treu zu sein, indem ihr ihm ermöglicht, die ihm anvertraute Herde näher kennenzulernen und sie mit seinem Wort, seiner Nähe und seiner Liebe wirksamer zu erreichen. Ich denke in diesem Augenblick dankbar an die Hilfe, die ich täglich von den vielen Mitarbeitern der Römischen Kurie und der Päpstlichen Vertretungen erhalte, wie auch an die Unterstützung, die mir aus dem Gebet unzähliger Brüder und Schwestern in der ganzen Welt erwächst.
Liebe Freunde, in dem Maß, in dem ihr treu seid, seid ihr auch glaubwürdig. Im übrigen wissen wir, daß die in der Kirche und beim Heiligen Stuhl gelebte Treue keine „blinde" Gefolgschaft ist, denn sie ist von dem Glauben an den erhellt, der gesagt hat: „Du bist Petrus, und auf diesen Felsen werde ich meine Kirche bauen" (Mt 16,18). Setzen wir uns alle ein auf diesem Weg, damit die Worte aus dem Gleichnis einst uns selber zugesprochen werden: „Du tüchtiger und treuer Diener, komm, nimm teil an der Freude deines Herrn!" (vgl. Mt 25,21).
In diesem Sinne richte ich erneut meinen herzlichen Gruß an den Präsidenten, an seine Mitarbeiter, an die Missionsfranziskanerinnen vom Kinde Jesu sowie an die ganze Gemeinschaft der Päpstlichen Diplomatenakademie und segne euch von Herzen.
[00807-05.01] [Originalsprache: Italienisch]
● TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA
Venerado Hermano en el Episcopado,
queridos Sacerdotes:
Doy las gracias, antes de nada, a Monseñor Beniamino Stella por las amables palabras que me ha dirigido en nombre de todos, así como también por el precioso servicio que realiza. Saludo con gran afecto a toda la comunidad de la Pontificia Academia Eclesiástica. Me complace recibiros también este año, en el momento en que se concluyen las clases y, para algunos de vosotros, se acerca el día de partir para el servicio en las Representaciones Pontificias esparcidas por todo el mundo. El Papa cuenta con vosotros, para ayudarle en el desarrollo de su ministerio universal. Os invito a no tener temor, preparándoos con diligencia y seriedad a la misión que os espera, confiando en la fidelidad de Aquél que desde siempre os conoce y os ha llamado a la comunión con su Hijo Jesucristo (cf. 1 Co 1,9).
La fidelidad de Dios es la clave y la fuente de nuestra fidelidad. Hoy quisiera llamar vuestra atención precisamente sobre esta virtud, que expresa muy bien el vínculo especial entre el Papa y sus directos colaboradores, tanto en la Curia Romana como en las Representaciones Pontificias: un vínculo que para muchos tiene su raíz en el carácter sacerdotal del que están investidos, y se especifica después en la peculiar misión confiada a cada uno en el servicio al Sucesor de Pedro.
En el contexto bíblico, la fidelidad es sobre todo un atributo divino: Dios se nos da a conocer como Aquél que es fiel para siempre a la alianza que ha establecido con su pueblo, no obstante la infidelidad de éste. En su fidelidad, Dios garantiza el cumplimiento de su plan de amor, y por esto es también digno de fe y veraz. Es esta actitud divina la que crea en el hombre la posibilidad de ser, a su vez, fiel. Aplicada al hombre, la virtud de la fidelidad está profundamente unida al don sobrenatural de la fe, llegando a ser expresión de la solidez que caracteriza a quien ha puesto en Dios el fundamento de toda su vida. En la fe encontramos de hecho la única garantía de nuestra estabilidad (cf. Is 7,9b), y sólo a partir de ella podemos también nosotros ser verdaderamente fieles: en primer lugar con respecto a Dios, después hacia su familia, la Iglesia, que es madre y maestra, y en ella a nuestra vocación, a la historia en la que el Señor nos ha injertado.
Queridos amigos, en esta óptica os animo a vivir el vínculo personal con el Vicario de Cristo como parte de vuestra espiritualidad. Se trata, ciertamente, de un elemento característico de todo católico, y más aún de todo sacerdote. Sin embargo, para los que trabajan en la Santa Sede adquiere un carácter particular, desde el momento que ellos ponen al servicio del Sucesor de Pedro buena parte de sus propias energías, su tiempo y su ministerio cotidiano. Se trata de una grave responsabilidad, pero también de un don especial, que con el tiempo va desarrollando un vínculo afectivo con el Papa, de confianza interior, un idem sentire natural, que se expresa justamente con la palabra «fidelidad».
Y desde la fidelidad a Pedro, que os envía, deriva también una especial fidelidad hacia aquellos a los cuales sois enviados: de hecho, se pide a los Representantes del Romano Pontífice, y a sus colaboradores, de hacerse intérpretes de su solicitud por todas las Iglesias, así como de la cercanía y afecto con el que sigue el camino de cada pueblo. Debéis, por tanto, alimentar una relación de profunda estima y benevolencia, incluso diría de verdadera amistad, hacia las Iglesias y las comunidades a las cuales seréis enviados. También hacia ellas tenéis un deber de fidelidad, que se concreta en la dedicación asidua al trabajo cotidiano, en la presencia en medio de ellas en los momentos alegres y tristes, a veces incluso dramáticos de su historia, en la adquisición de un conocimiento profundo de su cultura, del camino eclesial, en el saber apreciar todo lo que la gracia divina ha obrado en cada pueblo y nación.
Se trata de una preciosa ayuda para el ministerio petrino, sobre el que el siervo de Dios Pablo VI decía lo siguiente: «El Pastor Eterno, al confiar a su Vicario la potestad de las llaves y constituirlo piedra y fundamento de su Iglesia, le confió también el mandato de "confirmar a los hermanos": esto no se verifica solamente cuando los guía o los mantiene unidos en su nombre, sino también cuando los sostiene y conforta, ciertamente con su palabra, pero de alguna manera también con su presencia» (Carta apos. Sollicitudo omnium ecclesiarum, 24 junio 1969: AAS 61 (1969) 473-474).
De esta forma, animaréis y estimularéis también a las Iglesias particulares a crecer en fidelidad al Romano Pontífice, y a encontrar en el principio de comunión con la Iglesia universal una orientación segura para su propia peregrinación en la historia. Y, no por último, ayudaréis al Sucesor de Pedro a ser fiel a la misión recibida de Cristo, permitiéndole conocer más de cerca la grey que se le ha confiado y hacerse presente en ella por medio de su palabra, su cercanía y su afecto. Pienso en este momento con gratitud en la ayuda que recibo cotidianamente de muchos colaboradores de la Curia Romana y de las Representaciones Pontificias, como también en el apoyo que me llega de la oración de innumerables hermanos y hermanas de todo el mundo.
Queridos amigos, en la medida en que seáis fieles, seréis también dignos de fe. Sabemos por otra parte que la fidelidad que se vive en la Iglesia y en la Santa Sede no es una lealtad «ciega», porque está iluminada por la fe en Aquél que ha dicho: «Tú eres Pedro, y sobre esta piedra edificaré mi Iglesia» (Mt 16,18). Comprometámonos todos en este camino, para que un día escuchemos las palabras de la parábola evangélica dirigidas a nosotros: «Siervo bueno y fiel, entra en el gozo de tu señor» (cf. Mt 25,21).
Con estos sentimientos, renuevo a Monseñor Presidente, a sus colaboradores, a las Hermanas Franciscanas Misioneras del Niño Jesús y a la toda la comunidad de la Pontificia Academia Eclesiástica mi saludo, al mismo tiempo que os bendigo de corazón.
[00807-04.01] [Texto original: Italiano]
● TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE
Venerado Irmão no Episcopado,
Amados Sacerdotes,
Agradeço, antes de mais nada, a D. Beniamino Stella as amáveis palavras que me dirigiu em nome de todos os presentes, bem como o precioso serviço que realiza. Com grande afecto, saúdo toda a comunidade da Pontifícia Academia Eclesiástica. Com alegria, vos acolho este ano também, no momento em que terminam os cursos de estudos e, para alguns de vós, se aproxima o dia da partir para o serviço nas Representações Pontifícias espalhadas por todo o mundo. O Papa conta convosco também, para ser assistido no cumprimento do seu ministério universal. Convido-vos a não ter medo, preparando-vos com diligência e solicitude para a missão que vos espera, confiando na fidelidade d’Aquele que desde sempre vos conhece e chamou à comunhão com o seu Filho Jesus Cristo (cf. 1 Cor 1, 9).
A fidelidade de Deus é a chave e a fonte da nossa fidelidade. Hoje queria chamar a vossa atenção precisamente para esta virtude, que bem exprime o vínculo muito especial que se cria entre o Papa e os seus colaboradores imediatos, tanto na Cúria Romana como nas Representações Pontifícias: um vínculo que, para muitos, se radica no carácter sacerdotal de que estão investidos e se especifica depois na missão peculiar, que é confiada a cada um, ao serviço do Sucessor de Pedro.
No contexto bíblico, a fidelidade é primariamente um atributo divino: Deus dá-Se a conhecer como Aquele que é fiel para sempre à aliança concluída com o seu povo, não obstante a infidelidade deste. Fiel como é, Deus garante que levará a cumprimento o seu desígnio de amor, e por isso Ele é também credível e verdadeiro. Este comportamento divino é que cria no homem a possibilidade de, por sua vez, ser fiel. Aplicada ao homem, a virtude da fidelidade está profundamente ligada ao dom sobrenatural da fé, tornando-se expressão daquela solidez própria de quem fundou toda a sua vida em Deus. De facto, a única garantia da nossa estabilidade está na fé (cf. Is 7, 9b), e só a partir dela podemos, por nossa vez, ser verdadeiramente fiéis: primeiro a Deus, depois à sua família, a Igreja, que é mãe e mestra, e nela à nossa vocação, à história na qual o Senhor nos colocou.
Nesta perspectiva, encorajo-vos, queridos amigos, a viver o vínculo pessoal com o Vigário de Cristo como parte da vossa espiritualidade. Trata-se, sem dúvida, de um elemento próprio de todo o católico, e mais ainda de todo o sacerdote. No entanto, para aqueles que trabalham na Santa Sé, este vínculo assume um carácter particular, já que colocam ao serviço do Sucessor de Pedro boa parte das suas energias, do seu tempo e do seu ministério diário. É uma responsabilidade séria, mas também um dom especial, que, com o passar do tempo, vai desenvolvendo um vínculo afectivo com o Papa, feito de íntima confidência, um natural idem sentire, bem expresso precisamente pela palavra «fidelidade».
E da fidelidade a Pedro, que vos envia, deriva também uma fidelidade particular para com aqueles a quem sois enviados: na verdade requer-se dos Representantes do Romano Pontífice e seus colaboradores que se façam intérpretes da sua solicitude por todas as Igrejas, bem como da solidariedade e carinho com que ele segue o caminho de cada povo. Assim, tereis de cultivar uma relação de profunda estima e benevolência, – diria – de verdadeira amizade, para com as Igrejas e as comunidades às quais fordes enviados. Também relativamente a elas, tendes um dever de fidelidade, que se concretiza na perseverante dedicação ao trabalho diário, na presença junto delas nos momentos alegres e tristes, por vezes mesmo dramáticos da sua história, na aquisição de um conhecimento profundo da sua cultura, do caminho eclesial, no saber apreciar aquilo que a graça de Deus tem vindo a operar em cada povo e nação.
Esta é uma preciosa ajuda para o ministério petrino, que o Servo de Deus Paulo VI exprimia assim: «Juntamente com a entrega do poder das chaves ao seu Vigário e com a sua constituição como pedra e fundamento da sua Igreja, o Pastor eterno atribui-lhe ainda o mandato de "confirmar os seus irmãos": realiza isto não só guiando-os e mantendo-os unidos no seu nome, mas também apoiando-os e confortando-os, certamente com a sua palavra, mas de algum modo também com a sua presença» (Carta apostólica Sollicitudo omnium Ecclesiarum, 24 de Junho de 1969: AAS 61 (1969), 473-474).
Desta forma, encorajareis e estimulareis também as Igrejas particulares a crescerem na fidelidade ao Romano Pontífice e a encontrarem no princípio da comunhão com a Igreja universal uma orientação segura para a sua peregrinação na história. E, por último mas não menos importante, ajudareis o próprio Sucessor de Pedro a ser fiel à missão recebida de Cristo, permitindo-lhe conhecer mais de perto o rebanho que lhe está confiado e fazer-lhe chegar mais eficazmente a sua palavra, a sua solidariedade, o seu afecto. Neste momento, penso com gratidão na ajuda que diariamente recebo dos numerosos colaboradores da Cúria Romana e das Representações Pontifícias, bem como no apoio que recebo da oração de inumeráveis irmãos e irmãs de todo o mundo.
Queridos amigos, na medida em que fordes fiéis, sereis também credíveis. Aliás sabemos que a fidelidade que se vive na Igreja e na Santa Sé não é uma lealdade «cega», pois é iluminada pela fé n’Aquele que disse: «Tu és Pedro e sobre esta pedra edificarei a minha Igreja» (Mt 16, 18). Comprometamo-nos todos neste caminho para, um dia, podermos ouvir dirigidas a nós as palavras da parábola evangélica: «Servo bom e fiel, entra na alegria do teu Senhor» (cf. Mt 25, 21).
Com estes sentimentos, renovo ao Presidente D. Beniamino, aos seus Colaboradores, às Irmãs Franciscanas Missionárias do Menino Jesus e a toda a comunidade da Pontifícia Academia Eclesiástica a minha saudação, enquanto de coração vos abençoo.
[00807-06.01] [Texto original: Italiano]
● TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA
Czcigodni Bracia w biskupstwie,
Drodzy Księża,
Przede wszystkim dziękuję ks. abp Beniamino Stelli za uprzejme słowa, skierowane do mnie w imieniu wszystkich obecnych, a także za pełnioną przezeń cenną posługę. Z wielką miłością pozdrawiam całą wspólnotę Papieskiej Akademii Kościelnej. Z radością przyjmuję was także w tym roku, w czasie kiedy kończą się wykłady, a dla niektórych z was zbliża się dzień wyruszenia do służby w papieskich przedstawicielstwach rozproszonych po całym świecie. Papież liczy także na was, że pomożecie mu w pełnieniu jego powszechnej posługi. Zachęcam was, byście się nie lękali przygotowując się starannie i z zaangażowaniem na czekającą was misję, ufając w wierność Tego, który was zna od zawsze i powołał was do wspólnoty z Synem swoim Jezusem Chrystusem (por. 1 Kor 1,9).
Wierność Boga jest kluczem i źródłem naszej wierności. Chciałbym dziś zwrócić waszą uwagę właśnie na tę cnotę, która dobrze wyraża szczególną więź, która się tworzy między papieżem a jego bezpośrednimi współpracownikami, zarówno w Kurii Rzymskiej jak i w przedstawicielstwach papieskich. Jest to więź, która w wielu wypadkach jest zakorzeniona w posiadanym kapłaństwie i zaznacza się następnie w szczególnej misji powierzonej każdemu w służbie Następcy Piotra.
W kontekście biblijnym wierność jest przede wszystkim atrybutem Boga: Bóg daje się poznać jako ten, który jest na zawsze wierny przymierzu, jakie nawiązał ze swoim ludem, pomimo jego niewierności. Bóg będąc wiernym zapewnia doprowadzenie do końca swego planu miłości i dlatego jest też On godny wiary i prawdomówny. Ta postawa Boga tworzy z kolei w człowieku możliwość bycia wiernym. Cnota wierności odniesiona do człowieka jest głęboko powiązana z nadprzyrodzonym darem wiary, stając się wyrazem stałości właściwej temu, który na Bogu oparł całe swoje życie. W wierze znajdujemy w istocie całą pewność naszej stabilności (Iz 7,9b) i tylko wychodząc od niej możemy być z kolei wierni: nade wszystko Bogu, następnie Jego rodzinie – Kościołowi, który jest matką i nauczycielką, a w nim naszemu powołaniu, historii w której postawił nas Pan.
Drodzy przyjaciele, w tym kontekście zachęcam was do przeżywania więzi osobowej z Wikariuszem Chrystusa jako części waszej duchowości. Jest to oczywiście jeden z elementów właściwych każdemu katolikowi, a tym bardziej każdemu kapłanowi. Jednak dla tych, którzy pracują przy Stolicy Apostolskiej, przybiera ona szczególnego charakteru, ponieważ ofiarowują oni w służbie Następcy Piotra znaczną część swej energii, swego czasu i swojej codziennej posługi. Chodzi o poważną odpowiedzialność, ale także szczególny dar, który z biegiem czasu rozwija więź uczuciową z papieżem, więź wewnętrznego zaufania, naturalnego idem sentire, który dobrze wyraża właśnie słowo „wierność".
Z wierności Piotrowi, który was posyła, wywodzi się również szczególna wierność wobec tych, do których zostaliście posłani: od przedstawicieli Biskupa Rzymu i ich współpracowników rzeczywiście wymaga się, by wyrażali jego troskę o wszystkie Kościoły a także jego współodczuwanie i miłość, z jaką śledzi życie każdego narodu. Musicie więc żywić relację głębokiego szacunku i życzliwości, powiedziałbym prawdziwej przyjaźni względem Kościołów i wspólnot, do których zostaniecie posłani. Również względem nich macie obowiązek wierności, wyrażający się w gorliwym poświęceniu codziennej pracy, w obecności wśród nich w chwilach radosnych i smutnych, niekiedy wręcz dramatycznych ich historii, nabywając dogłębnej znajomości ich kultury, życia kościelnego, będąc w stanie docenić, co łaska Boża zdziałała w każdym narodzie i kraju.
Chodzi o cenną pomoc dla posługi Piotrowej, o której tak się wyraził Sługa Boży Paweł VI: „Wiekuisty bowiem Pasterz, przekazując swojemu Zastępcy Klucze Królestwa niebieskiego oraz ustanawiając go fundamentem Kościoła polecił mu, by «utwierdzał swoich braci», czyli kierował nimi i prowadził do jedności w jego imieniu oraz wspomagał ich i pocieszał, mianowicie słowem pewną swoją obecnością" (List ap. Sollicitudo omnium ecclesiarum, 24 czerwca 1969: AAS 61 (1969) 473-474).
W ten sposób będziecie zachęcać i pobudzać Kościoły partykularne do wzrastania w wierności wobec Biskupa Rzymu i odnalezieniu przez nie w zasadzie komunii z Kościołem powszechnym pewnych wskazówek dla ich pielgrzymowania w dziejach. I co nie mniej ważne, dopomożecie Następcy Piotra, by był wierny misji otrzymanej od Chrystusa, pozwalając mu w bliższym poznawaniu powierzonej mu owczarni i skuteczniejszym dotarciu do niej swoim słowem, bliskością i miłością. Myślę w tej chwili z wdzięcznością o pomocy jaką codziennie otrzymuję z strony wielu współpracowników Kurii Rzymskiej i przedstawicielstw papieskich, a także o wsparciu, jakim jest modlitwa niezliczonych rzesz braci i sióstr na całym świecie.
Drodzy przyjaciele, na tyle na ile będziecie wierni, będziecie także godni wiary. Wiemy zresztą, że wierność, którą żyje się w Kościele i w Stolicy Apostolskiej nie jest „ślepą" wiernością, ponieważ jest ona oświecana wiarą w Tego, który powiedział: „Ty jesteś Piotr [czyli Skała], i na tej Skale zbuduję Kościół mój" (Mt t6, 18). Podejmijmy wszyscy tę drogę, abyśmy mogli pewnego dnia usłyszeć skierowane do nas słowa ewangelicznej przypowieści: „Dobrze, sługo dobry i wierny! ... wejdź do radości twego pana!" (por. Mt 25,21).
Z tymi uczuciami ponawiam serdeczne pozdrowienia Księdzu Arcybiskupowi Rektorowi, jego współpracownikom, Siostrom Franciszkankom Misjonarkom Dzieciątka Jezus i całej wspólnocie Papieskiej Akademii Kościelnej, błogosławiąc wam z serca.
[00807-09.01] [Testo originale: Italiano]
[B0344-XX.02]