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VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA DI PASQUA, 07.04.2012


Alle ore 21 il Santo Padre Benedetto XVI presiede, nella Basilica Vaticana, la solenne Veglia nella Notte Santa di Pasqua.
Il Rito ha inizio nell’atrio della Basilica di San Pietro con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale. Alla processione verso l’Altare con il cero pasquale acceso e il canto dell’Exsultet, fanno seguito la Liturgia della Parola, la Liturgia Battesimale e la Liturgia Eucaristica, concelebrata con i Cardinali.
Nel corso della Veglia pasquale il Papa amministra i Sacramenti dell’iniziazione cristiana (Battesimo, Cresima e Prima Comunione) a 8 neofiti, provenienti da: Italia, Albania, Slovacchia, Germania, Turkmenistan, Camerun e Stati Uniti d’America.
Pubblichiamo di seguito l’omelia che Benedetto XVI pronuncia dopo la proclamazione del Santo Vangelo: 

OMELIA DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Pasqua è la festa della nuova creazione. Gesù è risorto e non muore più. Ha sfondato la porta verso una nuova vita che non conosce più né malattia né morte. Ha assunto l’uomo in Dio stesso. "Carne e sangue non possono ereditare il regno di Dio", aveva detto Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi (15,50). Lo scrittore ecclesiastico Tertulliano, nel secolo III, in riferimento alla risurrezione di Cristo e alla nostra risurrezione aveva l’audacia di scrivere: "Abbiate fiducia, carne e sangue, grazie a Cristo avete acquistato un posto nel Cielo e nel regno di Dio" (CCL II 994). Si è aperta una nuova dimensione per l’uomo. La creazione è diventata più grande e più vasta. La Pasqua è il giorno di una nuova creazione, ma proprio per questo la Chiesa comincia in tale giorno la liturgia con l’antica creazione, affinché impariamo a capire bene quella nuova. Perciò all’inizio della Liturgia della Parola nella Veglia pasquale c’è il racconto della creazione del mondo. In relazione a questo, due cose sono particolarmente importanti nel contesto della liturgia di questo giorno. In primo luogo, la creazione viene presentata come una totalità della quale fa parte il fenomeno del tempo. I sette giorni sono un’immagine di una totalità che si sviluppa nel tempo. Sono ordinati in vista del settimo giorno, il giorno della libertà di tutte le creature per Dio e delle une per le altre. La creazione è quindi orientata verso la comunione tra Dio e creatura; essa esiste affinché ci sia uno spazio di risposta alla grande gloria di Dio, un incontro di amore e di libertà. In secondo luogo, del racconto della creazione la Chiesa, nella Veglia pasquale, ascolta soprattutto la prima frase: "Dio disse: «Sia la luce!» (Gen 1,3). Il racconto della creazione, in modo simbolico, inizia con la creazione della luce. Il sole e la luna vengono creati solo nel quarto giorno. Il racconto della creazione li chiama fonti di luce, che Dio ha posto nel firmamento del cielo. Con ciò toglie consapevolmente ad esse il carattere divino che le grandi religioni avevano loro attribuito. No, non sono affatto dei. Sono corpi luminosi, creati dall’unico Dio. Sono però preceduti dalla luce, mediante la quale la gloria di Dio si riflette nella natura dell’essere che è creato.

Che cosa intende dire con ciò il racconto della creazione? La luce rende possibile la vita. Rende possibile l’incontro. Rende possibile la comunicazione. Rende possibile la conoscenza, l’accesso alla realtà, alla verità. E rendendo possibile la conoscenza, rende possibile la libertà e il progresso. Il male si nasconde. La luce pertanto è anche espressione del bene che è luminosità e crea luminosità. È giorno in cui possiamo operare. Il fatto che Dio abbia creato la luce significa che Dio ha creato il mondo come spazio di conoscenza e di verità, spazio di incontro e di libertà, spazio del bene e dell’amore. La materia prima del mondo è buona, l’essere stesso è buono. E il male non proviene dall’essere che è creato da Dio, ma esiste solo in virtù della negazione. È il "no".

A Pasqua, al mattino del primo giorno della settimana, Dio ha detto nuovamente: "Sia la luce!". Prima erano venute la notte del Monte degli Ulivi, l’eclissi solare della passione e morte di Gesù, la notte del sepolcro. Ma ora è di nuovo il primo giorno – la creazione ricomincia tutta nuova. "Sia la luce!", dice Dio, "e la luce fu". Gesù risorge dal sepolcro. La vita è più forte della morte. Il bene è più forte del male. L’amore è più forte dell’odio. La verità è più forte della menzogna. Il buio dei giorni passati è dissipato nel momento in cui Gesù risorge dal sepolcro e diventa, Egli stesso, pura luce di Dio. Questo, però, non si riferisce soltanto a Lui e non si riferisce solo al buio di quei giorni. Con la risurrezione di Gesù, la luce stessa è creata nuovamente. Egli ci attira tutti dietro di sé nella nuova vita della risurrezione e vince ogni forma di buio. Egli è il nuovo giorno di Dio, che vale per tutti noi.

Ma come può avvenire questo? Come può tutto questo giungere fino a noi così che non rimanga solo parola, ma diventi una realtà in cui siamo coinvolti? Mediante il Sacramento del battesimo e la professione della fede, il Signore ha costruito un ponte verso di noi, attraverso il quale il nuovo giorno viene a noi. Nel Battesimo, il Signore dice a colui che lo riceve: Fiat lux – sia la luce. Il nuovo giorno, il giorno della vita indistruttibile viene anche a noi. Cristo ti prende per mano. D’ora in poi sarai sostenuto da Lui e entrerai così nella luce, nella vita vera. Per questo, la Chiesa antica ha chiamato il Battesimo "photismos" – illuminazione.

Perché? Il buio veramente minaccioso per l’uomo è il fatto che egli, in verità, è capace di vedere ed indagare le cose tangibili, materiali, ma non vede dove vada il mondo e da dove venga. Dove vada la stessa nostra vita. Che cosa sia il bene e che cosa sia il male. Il buio su Dio e il buio sui valori sono la vera minaccia per la nostra esistenza e per il mondo in generale. Se Dio e i valori, la differenza tra il bene e il male restano nel buio, allora tutte le altre illuminazioni, che ci danno un potere così incredibile, non sono solo progressi, ma al contempo sono anche minacce che mettono in pericolo noi e il mondo. Oggi possiamo illuminare le nostre città in modo così abbagliante che le stelle del cielo non sono più visibili. Non è questa forse un’immagine della problematica del nostro essere illuminati? Nelle cose materiali sappiamo e possiamo incredibilmente tanto, ma ciò che va al di là di questo, Dio e il bene, non lo riusciamo più ad individuare. Per questo è la fede, che ci mostra la luce di Dio, la vera illuminazione, essa è un’irruzione della luce di Dio nel nostro mondo, un’apertura dei nostri occhi per la vera luce.

Cari amici, vorrei aggiungere, infine, ancora un pensiero sulla luce e sull’illuminazione. Nella Veglia pasquale, la notte della nuova creazione, la Chiesa presenta il mistero della luce con un simbolo del tutto particolare e molto umile: con il cero pasquale. Questa è una luce che vive in virtù del sacrificio. La candela illumina consumando se stessa. Dà luce dando se stessa. Così rappresenta in modo meraviglioso il mistero pasquale di Cristo che dona se stesso e così dona la grande luce. Come seconda cosa possiamo riflettere sul fatto che la luce della candela è fuoco. Il fuoco è forza che plasma il mondo, potere che trasforma. E il fuoco dona calore. Anche qui si rende nuovamente visibile il mistero di Cristo. Cristo, la luce, è fuoco, è fiamma che brucia il male trasformando così il mondo e noi stessi. "Chi è vicino a me è vicino al fuoco", suona una parola di Gesù trasmessa a noi da Origene. E questo fuoco è al tempo stesso calore, non una luce fredda, ma una luce in cui ci vengono incontro il calore e la bontà di Dio.

Il grande inno dell’Exsultet, che il diacono canta all’inizio della liturgia pasquale, ci fa notare in modo molto sommesso un altro aspetto ancora. Richiama alla memoria che questo prodotto, il cero, è dovuto in primo luogo al lavoro delle api. Così entra in gioco l’intera creazione. Nel cero, la creazione diventa portatrice di luce. Ma, secondo il pensiero dei Padri, c’è anche un implicito accenno alla Chiesa. La cooperazione della comunità viva dei fedeli nella Chiesa è quasi come l’operare delle api. Costruisce la comunità della luce. Possiamo così vedere nel cero anche un richiamo a noi stessi e alla nostra comunione nella comunità della Chiesa, che esiste affinché la luce di Cristo possa illuminare il mondo.

Preghiamo il Signore in quest’ora di farci sperimentare la gioia della sua luce, e preghiamoLo, affinché noi stessi diventiamo portatori della sua luce, affinché attraverso la Chiesa lo splendore del volto di Cristo entri nel mondo (cfr LG 1). Amen.

[00467-01.02] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Chers frères et sœurs !

Pâques est la fête de la nouvelle création. Jésus est ressuscité et ne meurt plus. Il a enfoncé la porte vers une vie nouvelle qui ne connaît plus ni maladie ni mort. Il a pris l’homme en Dieu lui-même. « La chair et le sang ne peuvent hériter du royaume de Dieu » avait dit Paul dans la Première Lettre aux Corinthiens (15, 50). L’écrivain ecclésiastique Tertullien, au IIIe siècle, en référence à la résurrection du Christ et à notre résurrection avait l’audace d’écrire : « Ayez confiance, chair et sang, grâce au Christ vous avez acquis une place dans le Ciel et dans le royaume de Dieu » (CCL II 994). Une nouvelle dimension s’est ouverte pour l’homme. La création est devenue plus grande et plus vaste. Pâques est le jour d’une nouvelle création, c’est la raison pour laquelle en ce jour l’Église commence la liturgie par l’ancienne création, afin que nous apprenions à bien comprendre la nouvelle. C’est pourquoi, au début de la Liturgie de la Parole durant la Vigile pascale, il y a le récit de la création du monde. En relation à cela, deux choses sont particulièrement importantes dans le contexte de la liturgie de ce jour. En premier lieu, la création est présentée comme un tout dont fait partie le phénomène du temps. Les sept jours sont une image d’une totalité qui se déroule dans le temps. Ils sont ordonnés en vue du septième jour, le jour de la liberté de toutes les créatures pour Dieu et des unes pour les autres. La création est donc orientée vers la communion entre Dieu et la créature ; elle existe afin qu’il y ait un espace de réponse à la grande gloire de Dieu, une rencontre d’amour et de liberté. En second lieu, durant la Vigile pascale, du récit de la création, l’Église écoute surtout la première phrase : « Dieu dit : ‘Que la lumière soit’ ! » (Gen 1, 3). Le récit de la création, d’une façon symbolique, commence par la création de la lumière. Le soleil et la lune sont créés seulement le quatrième jour. Le récit de la création les appelle sources de lumière, que Dieu a placées dans le firmament du ciel. Ainsi il leur ôte consciemment le caractère divin que les grandes religions leur avaient attribué. Non, ce ne sont en rien des dieux. Ce sont des corps lumineux, créés par l’unique Dieu. Ils sont en revanche précédés de la lumière par laquelle la gloire de Dieu se reflète dans la nature de l’être qui est créé.

Qu’entend par là le récit de la création ? La lumière rend possible la vie. Elle rend possible la rencontre. Elle rend possible la communication. Elle rend possible la connaissance, l’accès à la réalité, à la vérité. Et en rendant possible la connaissance, elle rend possible la liberté et le progrès. Le mal se cache. La lumière par conséquent est aussi une expression du bien qui est luminosité et créé la luminosité. C’est le jour dans lequel nous pouvons œuvrer. Le fait que Dieu ait créé la lumière signifie que Dieu a créé le monde comme lieu de connaissance et de vérité, lieu de rencontre et de liberté, lieu du bien et de l’amour. La matière première du monde est bonne, l’être même est bon. Et le mal ne provient pas de l’être qui est créé par Dieu, mais existe seulement en vertu de la négation. C’est le « non ».

A Pâques, au matin du premier jour de la semaine, Dieu a dit de nouveau : « Que la lumière soit ! ». Auparavant il y avait eu la nuit du Mont des Oliviers, l’éclipse solaire de la passion et de la mort de Jésus, la nuit du sépulcre. Mais désormais c’est de nouveau le premier jour - la création recommence entièrement nouvelle. « Que la lumière soit ! », dit Dieu, « et la lumière fut ». Jésus se lève du tombeau. La vie est plus forte que la mort. Le bien est plus fort que le mal. L’amour est plus fort que la haine. La vérité est plus forte que le mensonge. L’obscurité des jours passés est dissipée au moment où Jésus ressuscite du tombeau et devient, lui-même, pure lumière de Dieu. Ceci, toutefois, ne se réfère pas seulement à lui ni à l’obscurité de ces jours. Avec la résurrection de Jésus, la lumière elle-même est créée de façon nouvelle. Il nous attire tous derrière lui dans la nouvelle vie de la résurrection et vainc toute forme d’obscurité. Il est le nouveau jour de Dieu, qui vaut pour nous tous.

Mais comment cela peut-il arriver ? Comment tout cela peut-il parvenir jusqu’à nous de façon que cela ne reste pas seulement parole, mais devienne une réalité dans laquelle nous sommes impliqués ? Par le sacrement du Baptême et la profession de foi, le Seigneur a construit un pont vers nous, par lequel le nouveau jour vient à nous. Dans le Baptême, le Seigneur dit à celui qui le reçoit : Fiat lux - que la lumière soit. Le nouveau jour, le jour de la vie indestructible vient aussi à nous. Le Christ te prend par la main. Désormais tu seras soutenu par lui et tu entreras ainsi dans la lumière, dans la vraie vie. Pour cette raison, l’Église primitive a appelé le Baptême « photismos » - illumination.

Pourquoi ? L’obscurité vraiment menaçante pour l’homme est le fait que lui, en vérité, est capable de voir et de rechercher les choses tangibles, matérielles, mais il ne voit pas où va le monde et d’où il vient. Où va notre vie elle-même. Ce qu’est le bien et ce qu’est le mal. L’obscurité sur Dieu et sur les valeurs sont la vraie menace pour notre existence et pour le monde en général. Si Dieu et les valeurs, la différence entre le bien et le mal restent dans l’obscurité, alors toutes les autres illuminations, qui nous donnent un pouvoir aussi incroyable, ne sont pas seulement des progrès, mais en même temps elles sont aussi des menaces qui mettent en péril nous et le monde. Aujourd’hui nous pouvons illuminer nos villes d’une façon tellement éblouissante que les étoiles du ciel ne sont plus visibles. N’est-ce pas une image de la problématique du fait que nous soyons illuminés ? Sur les choses matérielles nous savons et nous pouvons incroyablement beaucoup, mais ce qui va au-delà de cela, Dieu et le bien, nous ne réussissons plus à l’identifier. C’est pourquoi, c’est la foi qui nous montre la lumière de Dieu, la véritable illumination, elle est une irruption de la lumière de Dieu dans notre monde, une ouverture de nos yeux à la vraie lumière

Chers amis, je voudrais enfin ajouter encore une pensée sur la lumière et sur l’illumination. Durant la Vigile pascale, la nuit de la nouvelle création, l’Église présente le mystère de la lumière avec un symbole tout à fait particulier et très humble : le cierge pascal. C’est une lumière qui vit en vertu du sacrifice. Le cierge illumine en se consumant lui-même. Il donne la lumière en se donnant lui-même. Ainsi il représente d’une façon merveilleuse le mystère pascal du Christ qui se donne lui-même et ainsi donne la grande lumière. En second lieu, nous pouvons réfléchir sur le fait que la lumière du cierge est du feu. Le feu est une force qui modèle le monde, un pouvoir qui transforme. Et le feu donne la chaleur. Là encore le mystère du Christ se rend à nouveau visible. Le Christ, la lumière est feu, il est la flamme qui brûle le mal transformant ainsi le monde et nous-mêmes. « Qui est près de moi est près du feu », exprime une parole de Jésus transmise par Origène. Et ce feu est en même temps chaleur, non une lumière froide, mais une lumière dans laquelle se rencontrent la chaleur et la bonté de Dieu.

Le grand hymne de l’Exultet, que le diacre chante au début de la liturgie pascale, nous fait encore remarquer d’une façon très discrète un autre aspect. Il rappelle que ce produit, la cire, est du en premier lieu au travail des abeilles. Ainsi entre en jeu la création tout entière. Dans la cire, la création devient porteuse de lumière. Mais, selon la pensée des Pères, il y a aussi une allusion implicite à l’Église. La coopération de la communauté vivante des fidèles dans l’Église est presque semblable à l’œuvre des abeilles. Elle construit la communauté de la lumière. Nous pouvons ainsi voir dans la cire un rappel fait à nous-mêmes et à notre communion dans la communauté de l’Église, qu’elle existe afin que la lumière du Christ puisse illuminer le monde.

Prions le Seigneur à présent de nous faire expérimenter la joie de sa lumière, et prions-le, afin que nous-mêmes nous devenions des porteurs de sa lumière, pour qu’à travers l’Église la splendeur du visage du Christ entre dans le monde (cf. LG 1). Amen.

[00467-03.02] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Dear Brothers and Sisters,

Easter is the feast of the new creation. Jesus is risen and dies no more. He has opened the door to a new life, one that no longer knows illness and death. He has taken mankind up into God himself. "Flesh and blood cannot inherit the kingdom of God", as Saint Paul says in the First Letter to the Corinthians (15:50). On the subject of Christ’s resurrection and our resurrection, the Church writer Tertullian in the third century was bold enough to write: "Rest assured, flesh and blood, through Christ you have gained your place in heaven and in the Kingdom of God" (CCL II, 994). A new dimension has opened up for mankind. Creation has become greater and broader. Easter Day ushers in a new creation, but that is precisely why the Church starts the liturgy on this day with the old creation, so that we can learn to understand the new one aright. At the beginning of the Liturgy of the Word on Easter night, then, comes the account of the creation of the world. Two things are particularly important here in connection with this liturgy. On the one hand, creation is presented as a whole that includes the phenomenon of time. The seven days are an image of completeness, unfolding in time. They are ordered towards the seventh day, the day of the freedom of all creatures for God and for one another. Creation is therefore directed towards the coming together of God and his creatures; it exists so as to open up a space for the response to God’s great glory, an encounter between love and freedom. On the other hand, what the Church hears on Easter night is above all the first element of the creation account: "God said, ‘let there be light!’" (Gen 1:3). The creation account begins symbolically with the creation of light. The sun and the moon are created only on the fourth day. The creation account calls them lights, set by God in the firmament of heaven. In this way he deliberately takes away the divine character that the great religions had assigned to them. No, they are not gods. They are shining bodies created by the one God. But they are preceded by the light through which God’s glory is reflected in the essence of the created being.

What is the creation account saying here? Light makes life possible. It makes encounter possible. It makes communication possible. It makes knowledge, access to reality and to truth, possible. And insofar as it makes knowledge possible, it makes freedom and progress possible. Evil hides. Light, then, is also an expression of the good that both is and creates brightness. It is daylight, which makes it possible for us to act. To say that God created light means that God created the world as a space for knowledge and truth, as a space for encounter and freedom, as a space for good and for love. Matter is fundamentally good, being itself is good. And evil does not come from God-made being, rather, it comes into existence only through denial. It is a "no".

At Easter, on the morning of the first day of the week, God said once again: "Let there be light". The night on the Mount of Olives, the solar eclipse of Jesus’ passion and death, the night of the grave had all passed. Now it is the first day once again – creation is beginning anew. "Let there be light", says God, "and there was light": Jesus rises from the grave. Life is stronger than death. Good is stronger than evil. Love is stronger than hate. Truth is stronger than lies. The darkness of the previous days is driven away the moment Jesus rises from the grave and himself becomes God’s pure light. But this applies not only to him, not only to the darkness of those days. With the resurrection of Jesus, light itself is created anew. He draws all of us after him into the new light of the resurrection and he conquers all darkness. He is God’s new day, new for all of us.

But how is this to come about? How does all this affect us so that instead of remaining word it becomes a reality that draws us in? Through the sacrament of baptism and the profession of faith, the Lord has built a bridge across to us, through which the new day reaches us. The Lord says to the newly-baptized: Fiat lux – let there be light. God’s new day – the day of indestructible life, comes also to us. Christ takes you by the hand. From now on you are held by him and walk with him into the light, into real life. For this reason the early Church called baptism photismos – illumination.

Why was this? The darkness that poses a real threat to mankind, after all, is the fact that he can see and investigate tangible material things, but cannot see where the world is going or whence it comes, where our own life is going, what is good and what is evil. The darkness enshrouding God and obscuring values is the real threat to our existence and to the world in general. If God and moral values, the difference between good and evil, remain in darkness, then all other "lights", that put such incredible technical feats within our reach, are not only progress but also dangers that put us and the world at risk. Today we can illuminate our cities so brightly that the stars of the sky are no longer visible. Is this not an image of the problems caused by our version of enlightenment? With regard to material things, our knowledge and our technical accomplishments are legion, but what reaches beyond, the things of God and the question of good, we can no longer identify. Faith, then, which reveals God’s light to us, is the true enlightenment, enabling God’s light to break into our world, opening our eyes to the true light.

Dear friends, as I conclude, I would like to add one more thought about light and illumination. On Easter night, the night of the new creation, the Church presents the mystery of light using a unique and very humble symbol: the Paschal candle. This is a light that lives from sacrifice. The candle shines inasmuch as it is burnt up. It gives light, inasmuch as it gives itself. Thus the Church presents most beautifully the paschal mystery of Christ, who gives himself and so bestows the great light. Secondly, we should remember that the light of the candle is a fire. Fire is the power that shapes the world, the force of transformation. And fire gives warmth. Here too the mystery of Christ is made newly visible. Christ, the light, is fire, flame, burning up evil and so reshaping both the world and ourselves. "Whoever is close to me is close to the fire," as Jesus is reported by Origen to have said. And this fire is both heat and light: not a cold light, but one through which God’s warmth and goodness reach down to us.

The great hymn of the Exsultet, which the deacon sings at the beginning of the Easter liturgy, points us quite gently towards a further aspect. It reminds us that this object, the candle, has its origin in the work of bees. So the whole of creation plays its part. In the candle, creation becomes a bearer of light. But in the mind of the Fathers, the candle also in some sense contains a silent reference to the Church,. The cooperation of the living community of believers in the Church in some way resembles the activity of bees. It builds up the community of light. So the candle serves as a summons to us to become involved in the community of the Church, whose raison d’être is to let the light of Christ shine upon the world.

Let us pray to the Lord at this time that he may grant us to experience the joy of his light; let us pray that we ourselves may become bearers of his light, and that through the Church, Christ’s radiant face may enter our world (cf. LG 1). Amen.

[00467-02.02] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Liebe Schwestern und Brüder!

Ostern ist Fest der Neuschöpfung. Jesus ist auferstanden und stirbt nicht mehr. Er hat die Tür zu einem neuen Leben aufgestoßen, das keine Krankheit und keinen Tod mehr kennt. Er hat den Menschen in Gott selbst hineingenommen. „Fleisch und Blut können das Reich Gottes nicht erben", hatte Paulus im 1. Korinther-Brief gesagt (15, 50). Der Kirchenschriftsteller Tertullian hatte im 3. Jahrhundert im Hinblick auf die Auferstehung Christi und unsere Auferstehung die Kühnheit zu schreiben: „Seid nur getrost, Fleisch und Blut, durch Christus habt ihr Platz gewonnen im Himmel und im Reich Gottes" (CCL II 994). Eine neue Dimension hat sich für den Menschen aufgetan. Die Schöpfung ist größer und weiter geworden. Ostern ist der Tag einer Neuschöpfung, aber eben deshalb beginnt die Kirche an diesem Tag die Liturgie mit der alten Schöpfung, damit wir die neue recht zu verstehen lernen. Deshalb steht am Anfang des Wortgottesdienstes der Osternacht der Bericht von der Erschaffung der Welt. Zwei Dinge sind daran im Zusammenhang der Liturgie dieses Tages besonders wichtig. Zum einen: Die Schöpfung wird als eine Ganzheit dargestellt, zu der das Phänomen der Zeit gehört. Die sieben Tage sind ein Bild für eine Ganzheit, die sich in der Zeit entfaltet. Sie sind hingeordnet auf den siebten Tag, den Tag der Freiheit aller Geschöpfe für Gott und füreinander. Schöpfung ist also ausgerichtet auf das Miteinander von Gott und Geschöpf; sie ist da, damit ein Raum der Antwort auf Gottes große Herrlichkeit sei, eine Begegnung der Liebe und der Freiheit. Zum anderen hört die Kirche in der Osternacht vom Schöpfungsbericht vor allem den ersten Satz: „Gott sprach: Es werde Licht" (Gen 1, 3). Der Schöpfungsbericht beginnt zeichenhaft mit der Schöpfung des Lichts. Sonne und Mond werden erst am vierten Tag erschaffen. Der Schöpfungsbericht nennt sie Lampen, die Gott am Himmelsgewölbe aufgehängt hat. Er nimmt ihnen damit bewußt den göttlichen Charakter, den ihnen die großen Religionen beigelegt hatten. Nein, sie sind keine Götter. Sie sind leuchtende Körper, die der eine Gott geschaffen hat. Ihnen voraus aber geht das Licht, durch das Gottes Herrlichkeit sich im Wesen des geschöpflichen Seins widerspiegelt.

Was will der Schöpfungsbericht damit sagen? Licht ermöglicht Leben. Es ermöglicht Begegnung. Es ermöglicht Kommunikation. Es ermöglicht Erkenntnis, Zugang zur Wirklichkeit, zur Wahrheit. Und indem es Erkenntnis ermöglicht, ermöglicht es Freiheit und Fortschritt. Das Böse verbirgt sich. Licht ist daher auch Ausdruck für das Gute, das Helligkeit ist und schafft. Es ist Tag, an dem wir zu wirken vermögen. Daß Gott das Licht geschaffen hat, bedeutet: Gott hat die Welt als einen Raum der Erkenntnis und der Wahrheit, als einen Raum der Begegnung und der Freiheit, als Raum des Guten und der Liebe geschaffen. Der Grundstoff der Welt ist gut, das Sein selber ist gut. Und das Böse kommt nicht aus dem von Gott geschaffenen Sein, sondern es existiert nur aufgrund der Verneinung. Es ist das Nein.

Zu Ostern, am Morgen des ersten Wochentages hat Gott von neuem gesagt: „Es werde Licht." Die Nacht am Ölberg war vorausgegangen. Die Sonnenfinsternis der Passion und des Todes Jesu, die Nacht des Grabes. Aber nun ist wieder der erste Tag – die Schöpfung beginnt ganz neu. „Es werde Licht", sagt Gott, „und es wurde Licht": Jesus steht aus dem Grabe auf. Das Leben ist stärker als der Tod. Das Gute ist stärker als das Böse. Die Liebe ist stärker als der Haß. Die Wahrheit ist stärker als die Lüge. Das Dunkel der vergangenen Tage ist vertrieben in dem Augenblick, in dem Jesus aus dem Grab aufersteht und selbst reines Licht Gottes wird. Dies aber bezieht sich nicht nur auf ihn allein und bezieht sich nicht nur auf die Finsternis jener Tage. Mit der Auferstehung Jesu ist das Licht selbst neu geschaffen. Er zieht uns alle nach in das neue Leben der Auferstehung hinein und besiegt alles Dunkel. Er ist der neue Tag Gottes, der uns allen gilt.

Aber wie soll das geschehen? Wie soll all dies bis zu uns kommen, so daß es nicht nur Wort bleibt, sondern Wirklichkeit wird, in die wir einbezogen sind? Durch das Sakrament der Taufe und das Bekenntnis des Glaubens hat der Herr eine Brücke zu uns herübergebaut, durch die der neue Tag zu uns kommt. In der Taufe sagt der Herr zu demjenigen, der sie empfängt: Fiat lux – Es werde Licht. Der neue Tag Gottes – der Tag des unzerstörbaren Lebens kommt auch zu uns. Christus nimmt dich bei der Hand. Du wirst von nun an von ihm gehalten und gehst so in das Licht, in das wirkliche Leben hinein. Deshalb hat die alte Kirche die Taufe Photismos genannt – Erleuchtung.

Wieso? Das eigentlich bedrohliche Dunkel für den Menschen ist es doch, daß er zwar die greifbaren materiellen Dinge sehen und untersuchen kann, daß er aber nicht sieht, wohin die Welt geht und woher sie kommt. Wohin unser eigenes Leben geht. Was das Gute und was das Böse ist. Das Gottesdunkel und das Wertedunkel ist die eigentliche Bedrohung unserer Existenz und der Welt überhaupt. Wenn Gott und die Werte, der Unterschied von Gut und Böse dunkel bleiben, dann sind alle anderen Erleuchtungen, die uns ein so unglaubliches Können ermöglichen, nicht nur Fortschritte, sondern zugleich Bedrohungen, die uns und die Welt gefährden. Wir können heute unsere Städte so grell erleuchten, daß die Sterne des Himmels nicht mehr sichtbar sind. Ist das nicht ein Bild für die Problematik unserer Aufgeklärtheit? Wir wissen und können in den materiellen Dingen unerhört vieles, aber was darüber hinausgeht, Gott und das Gute, vermögen wir nicht mehr zu identifizieren. Deshalb ist der Glaube, der uns das Licht Gottes zeigt, die wahre Aufklärung, ist Einbruch von Gottes Licht in unsere Welt, Öffnung unserer Augen für das wirkliche Licht.

Liebe Freunde, noch einen Gedanken über Licht und Erleuchtung möchte ich am Ende hinzufügen. Die Kirche stellt in der Osternacht, der Nacht der neuen Schöpfung, das Geheimnis des Lichts mit einem ganz eigenen, sehr demütigen Symbol dar: mit der Osterkerze. Dies ist ein Licht, das vom Opfer lebt. Die Kerze leuchtet, indem sie sich selber verbrennt. Sie gibt Licht, indem sie sich selber gibt. So stellt sie auf wunderbare Weise das österliche Geheimnis Christi dar, der sich gibt und so das große Licht schenkt. Als zweites können wir bedenken, daß das Licht der Kerze Feuer ist. Feuer ist Kraft der Gestaltung der Welt, Macht der Verwandlung. Und Feuer gibt Wärme. Auch hier wird wieder das Geheimnis Christi sichtbar. Christus, das Licht, ist Feuer, ist Flamme, die das Böse verbrennt und so die Welt und uns selber umgestaltet. „Wer mir nahe ist, ist dem Feuer nahe", lautet ein Wort Jesu, das uns Origenes überliefert hat. Und dieses Feuer ist zugleich Wärme, nicht kaltes Licht, sondern Licht, in dem die Wärme und die Güte Gottes auf uns zukommen.

Der große Hymnus des Exsultet, den der Diakon zu Beginn der Osterliturgie singt, weist uns ganz leise noch auf einen weiteren Gesichtspunkt hin. Er erinnert daran, daß dieses Gebilde, die Kerze, zuallererst der Arbeit der Bienen zu verdanken ist. So spielt die ganze Schöpfung herein. Die Schöpfung wird in der Kerze zum Träger des Lichts. Aber irgendwie steckt darin nach dem Gedanken der Väter auch ein stiller Hinweis auf die Kirche. Das Zusammenwirken der lebendigen Gemeinschaft der Gläubigen in der Kirche ist gleichsam wie das Wirken der Bienen. Es baut die Gemeinschaft des Lichtes auf. So dürfen wir in der Kerze auch einen Anruf an uns selbst und an unser Miteinander in der Gemeinschaft der Kirche sehen, die da ist, damit das Licht Christi in die Welt hineinleuchten kann.

Bitten wir den Herrn in dieser Stunde darum, daß er uns die Freude seines Lichts erfahren läßt, und bitten wir ihn darum, daß wir selber Träger seines Lichts werden, daß das Leuchten von Christi Antlitz durch die Kirche in die Welt hereintritt (vgl. LG 1). Amen.

[00467-05.02] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Queridos hermanos y hermanas

Pascua es la fiesta de la nueva creación. Jesús ha resucitado y no morirá de nuevo. Ha descerrajado la puerta hacia una nueva vida que ya no conoce ni la enfermedad ni la muerte. Ha asumido al hombre en Dios mismo. «Ni la carne ni la sangre pueden heredar el reino de Dios», dice Pablo en la Primera Carta a los Corintios (15,50). El escritor eclesiástico Tertuliano, en el siglo III, tuvo la audacia de escribir refriéndose a la resurrección de Cristo y a nuestra resurrección: «Carne y sangre, tened confianza, gracias a Cristo habéis adquirido un lugar en el cielo y en el reino de Dios» (CCL II, 994). Se ha abierto una nueva dimensión para el hombre. La creación se ha hecho más grande y más espaciosa. La Pascua es el día de una nueva creación, pero precisamente por ello la Iglesia comienza la liturgia con la antigua creación, para que aprendamos a comprender la nueva. Así, en la Vigilia de Pascua, al principio de la Liturgia de la Palabra, se lee el relato de la creación del mundo. En el contexto de la liturgia de este día, hay dos aspectos particularmente importantes. En primer lugar, que se presenta a la creación como una totalidad, de la cual forma parte la dimensión del tiempo. Los siete días son una imagen de un conjunto que se desarrolla en el tiempo. Están ordenados con vistas al séptimo día, el día de la libertad de todas las criaturas para con Dios y de las unas para con las otras. Por tanto, la creación está orientada a la comunión entre Dios y la criatura; existe para que haya un espacio de respuesta a la gran gloria de Dios, un encuentro de amor y libertad. En segundo lugar, que en la Vigilia Pascual, la Iglesia comienza escuchando ante todo la primera frase de la historia de la creación: «Dijo Dios: "Que exista la luz"» (Gn 1,3). Como una señal, el relato de la creación inicia con la creación de la luz. El sol y la luna son creados sólo en el cuarto día. La narración de la creación los llama fuentes de luz, que Dios ha puesto en el firmamento del cielo. Con ello, los priva premeditadamente del carácter divino, que las grandes religiones les habían atribuido. No, ellos no son dioses en modo alguno. Son cuerpos luminosos, creados por el Dios único. Pero están precedidos por la luz, por la cual la gloria de Dios se refleja en la naturaleza de las criaturas.

¿Qué quiere decir con esto el relato de la creación? La luz hace posible la vida. Hace posible el encuentro. Hace posible la comunicación. Hace posible el conocimiento, el acceso a la realidad, a la verdad. Y, haciendo posible el conocimiento, hace posible la libertad y el progreso. El mal se esconde. Por tanto, la luz es también una expresión del bien, que es luminosidad y crea luminosidad. Es el día en el que podemos actuar. El que Dios haya creado la luz significa: Dios creó el mundo como un espacio de conocimiento y de verdad, espacio para el encuentro y la libertad, espacio del bien y del amor. La materia prima del mundo es buena, el ser es bueno en sí mismo. Y el mal no proviene del ser, que es creado por Dios, sino que existe sólo en virtud de la negación. Es el «no».

En Pascua, en la mañana del primer día de la semana, Dios vuelve a decir: «Que exista la luz». Antes había venido la noche del Monte de los Olivos, el eclipse solar de la pasión y muerte de Jesús, la noche del sepulcro. Pero ahora vuelve a ser el primer día, comienza la creación totalmente nueva. «Que exista la luz», dice Dios, «y existió la luz». Jesús resucita del sepulcro. La vida es más fuerte que la muerte. El bien es más fuerte que el mal. El amor es más fuerte que el odio. La verdad es más fuerte que la mentira. La oscuridad de los días pasados se disipa cuando Jesús resurge de la tumba y se hace él mismo luz pura de Dios. Pero esto no se refiere solamente a él, ni se refiere únicamente a la oscuridad de aquellos días. Con la resurrección de Jesús, la luz misma vuelve a ser creada. Él nos lleva a todos tras él a la vida nueva de la resurrección, y vence toda forma de oscuridad. Él es el nuevo día de Dios, que vale para todos nosotros.

Pero, ¿cómo puede suceder esto? ¿Cómo puede llegar todo esto a nosotros sin que se quede sólo en palabras sino que sea una realidad en la que estamos inmersos? Por el sacramento del bautismo y la profesión de la fe, el Señor ha construido un puente para nosotros, a través del cual el nuevo día viene a nosotros. En el bautismo, el Señor dice a aquel que lo recibe: Fiat lux, que exista la luz. El nuevo día, el día de la vida indestructible llega también para nosotros. Cristo nos toma de la mano. A partir de ahora él te apoyará y así entrarás en la luz, en la vida verdadera. Por eso, la Iglesia antigua ha llamado al bautismo photismos, iluminación.

¿Por qué? La oscuridad amenaza verdaderamente al hombre porque, sí, éste puede ver y examinar las cosas tangibles, materiales, pero no a dónde va el mundo y de dónde procede. A dónde va nuestra propia vida. Qué es el bien y qué es el mal. La oscuridad acerca de Dios y sus valores son la verdadera amenaza para nuestra existencia y para el mundo en general. Si Dios y los valores, la diferencia entre el bien y el mal, permanecen en la oscuridad, entonces todas las otras iluminaciones que nos dan un poder tan increíble, no son sólo progreso, sino que son al mismo tiempo también amenazas que nos ponen en peligro, a nosotros y al mundo. Hoy podemos iluminar nuestras ciudades de manera tan deslumbrante que ya no pueden verse las estrellas del cielo. ¿Acaso no es esta una imagen de la problemática de nuestro ser ilustrado? En las cosas materiales, sabemos y podemos tanto, pero lo que va más allá de esto, Dios y el bien, ya no lo conseguimos identificar. Por eso la fe, que nos muestra la luz de Dios, es la verdadera iluminación, es una irrupción de la luz de Dios en nuestro mundo, una apertura de nuestros ojos a la verdadera luz.

Queridos amigos, quisiera por último añadir todavía una anotación sobre la luz y la iluminación. En la Vigilia Pascual, la noche de la nueva creación, la Iglesia presenta el misterio de la luz con un símbolo del todo particular y muy humilde: el cirio pascual. Esta es una luz que vive en virtud del sacrificio. La luz de la vela ilumina consumiéndose a sí misma. Da luz dándose a sí misma. Así, representa de manera maravillosa el misterio pascual de Cristo que se entrega a sí mismo, y de este modo da mucha luz. Otro aspecto sobre el cual podemos reflexionar es que la luz de la vela es fuego. El fuego es una fuerza que forja el mundo, un poder que transforma. Y el fuego da calor. También en esto se hace nuevamente visible el misterio de Cristo. Cristo, la luz, es fuego, es llama que destruye el mal, transformando así al mundo y a nosotros mismos. Como reza una palabra de Jesús que nos ha llegado a través de Orígenes, «quien está cerca de mí, está cerca del fuego». Y este fuego es al mismo tiempo calor, no una luz fría, sino una luz en la que salen a nuestro encuentro el calor y la bondad de Dios.

El gran himno del Exsultet, que el diácono canta al comienzo de la liturgia de Pascua, nos hace notar, muy calladamente, otro detalle más. Nos recuerda que este objeto, el cirio, se debe principalmente a la labor de las abejas. Así, toda la creación entra en juego. En el cirio, la creación se convierte en portadora de luz. Pero, según los Padres, también hay una referencia implícita a la Iglesia. La cooperación de la comunidad viva de los fieles en la Iglesia es algo parecido al trabajo de las abejas. Construye la comunidad de la luz. Podemos ver así también en el cirio una referencia a nosotros y a nuestra comunión en la comunidad de la Iglesia, que existe para que la luz de Cristo pueda iluminar al mundo.

Roguemos al Señor en esta hora que nos haga experimentar la alegría de su luz, y pidámosle que nosotros mismos seamos portadores de su luz, con el fin de que, a través de la Iglesia, el esplendor del rostro de Cristo entre en el mundo (cf. Lumen gentium, 1). Amén.

[00467-04.02] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Queridos irmãos e irmãs!

A Páscoa é a festa da nova criação. Jesus ressuscitou e nunca mais morre. Arrombou a porta que dá para uma nova vida, que já não conhece doença nem morte. Assumiu o homem no próprio Deus. «A carne e o sangue não podem herdar o Reino de Deus»: dissera São Paulo na Primeira Carta aos Coríntios (15, 50). E todavia Tertuliano, escritor eclesiástico do século III, a propósito da ressurreição de Cristo e da nossa ressurreição, não temera escrever: «Tende confiança, carne e sangue! Graças a Cristo, adquiristes um lugar no Céu e no Reino de Deus» (CCL II, 994). Abriu-se uma nova dimensão para o homem. A criação tornou-se maior e mais vasta. A Páscoa é o dia duma nova criação, mas por isso mesmo, neste dia, a Igreja começa a liturgia apresentando-nos a criação antiga, para aprendermos a compreender bem a nova. E assim, na Vigília Pascal, a Liturgia da Palavra começa pela narração da criação do mundo. A propósito desta e no contexto da liturgia deste dia, são particularmente importantes duas coisas. Em primeiro lugar, a criação é apresentada como uma totalidade da qual faz parte o fenômeno do tempo. Os sete dias são imagem duma totalidade que se desenvolve no tempo, aparecendo os dias ordenados até ao sétimo, o dia da liberdade de todas as criaturas para Deus e de umas para as outras. Por conseguinte, a criação está orientada para a comunhão entre Deus e a criatura; a criação existe para que haja um espaço de resposta à glória imensa de Deus, um encontro de amor e liberdade. Em segundo lugar, na Vigília Pascal, a Igreja fixa a atenção sobretudo na primeira frase da narração da criação: «Deus disse: "Faça-se a luz"!» (Gn 1, 3). Emblem

aticamente, a narração da criação começa pela criação da luz. O sol e a lua são criados somente no quarto dia. A narração da criação designa-os como fontes de luz, que Deus colocou no firmamento do céu. Deste modo, priva-os propositalmente do caráter divino que as grandes religiões lhes tinham atribuído. Não! Não são deuses de modo algum; são corpos luminosos, criados pelo único Deus. Entretanto já os precedera a luz, pela qual a glória de Deus se reflete na natureza do ser que é criado.

Que pretende a narração da criação dizer com isto? A luz torna possível a vida; torna possível o encontro; torna possível a comunicação; torna possível o conhecimento, o acesso à realidade, à verdade. E, tornando possível o conhecimento, possibilita a liberdade e o progresso. O mal esconde-se. Por conseguinte, a luz aparece também como expressão do bem, que é luminosidade e cria luminosidade. É de dia que podemos trabalhar. O fato de Deus ter criado a luz significa que Ele criou o mundo como espaço de conhecimento e de verdade, espaço de encontro e de liberdade, espaço do bem e do amor. A matéria-prima do mundo é boa; o próprio ser é bom. E o mal não vem do ser que é criado por Deus, mas existe só em virtude da sua negação. É o «não».

Na Páscoa, ao amanhecer do primeiro dia da semana, Deus disse novamente: «Faça-se a luz!». Antes tinham vindo a noite do Monte das Oliveiras, o eclipse solar da paixão e morte de Jesus, a noite do sepulcro. Mas, agora, é de novo o primeiro dia; a criação recomeça inteiramente nova. «Faça-se a luz!»: disse Deus. «E a luz foi feita». Jesus ressuscita do sepulcro. A vida é mais forte que a morte. O bem é mais forte que o mal. O amor é mais forte que o ódio. A verdade é mais forte que a mentira. A escuridão dos dias anteriores dissipou-se no momento em que Jesus ressuscita do sepulcro e Se torna, Ele mesmo, pura luz de Deus. Isto, porém, não se refere somente a Ele, nem se refere apenas à escuridão daqueles dias. Com a ressurreição de Jesus, a própria luz é novamente criada. Ele atrai-nos a todos, levando-nos atrás de Si para a nova vida da ressurreição e vence toda a forma de escuridão. Ele é o novo dia de Deus, que vale para todos nós.

Mas isto, como pode acontecer? Como é possível chegar tudo isto até nós, de tal modo que não se reduza a meras palavras, mas se torne uma realidade que nos envolve? Por meio do sacramento do Batismo e da profissão da fé, o Senhor construiu uma ponte até nós, pela qual o novo dia nos alcança. No Batismo, o Senhor diz a quem o recebe: Fiat lux – faça-se a luz. O novo dia, o dia da vida indestrutível chega também a nós. Cristo toma-te pela mão. Daqui para a frente, serás sustentado por Ele e assim entrarás na luz, na vida verdadeira. Por isso, a Igreja antiga designou o Batismo como «photismos – iluminação».

Porquê? A escuridão que verdadeiramente ameaça o homem é o fato de que ele é, na verdade, capaz de ver e investigar as coisas palpáveis, materiais, mas não vê para onde vai o mundo e donde o mesmo venha; para onde vai a sua própria vida; o que é o bem e o que é o mal. Esta escuridão acerca de Deus e a escuridão acerca dos valores são a verdadeira ameaça para a nossa existência e para o mundo em geral. Se Deus e os valores, a diferença entre o bem e o mal permanecem na escuridão, então todas as outras iluminações, que nos dão um poder verdadeiramente incrível, deixam de constituir somente progressos, mas passam a ser simultaneamente ameaças que nos põem em perigo a nós e ao mundo. Hoje podemos iluminar as nossas cidades de modo tão deslumbrante que as estrelas do céu deixam de ser visíveis. Porventura não temos aqui uma imagem da problemática que toca o nosso ser iluminado? Nas coisas materiais, sabemos e podemos incrivelmente tanto, mas naquilo que está para além disto, como Deus e o bem, já não o conseguimos individuar. Para isto serve a fé, que nos mostra a luz de Deus, a verdadeira iluminação: aquela é uma irrupção da luz de Deus no nosso mundo, uma abertura dos nossos olhos à verdadeira luz.

Por fim, queridos amigos, queria ainda acrescentar um pensamento sobre a luz e a iluminação. Na Vigília Pascal, a noite da nova criação, a Igreja apresenta o mistério da luz com um símbolo muito particular e humilde: o círio pascal. Trata-se de uma luz que vive em virtude do sacrifício: a vela ilumina, consumindo-se a si mesma; dá luz, dando-se a si mesma. Este é um modo maravilhoso de representar o mistério pascal de Cristo, que Se dá a Si mesmo e assim dá a grande luz. Uma segunda idéia, que a reflexão sobre luz da vela nos sugere, deriva do fato de a mesma ser fogo. Ora, o fogo é força que plasma o mundo, poder que transforma; e o fogo dá calor. E aqui se torna novamente visível o mistério de Cristo: Ele, a luz, é fogo; é chama que queima o mal, transformando assim o mundo e a nós mesmos. «Quem está perto de Mim, está perto do fogo»: assim reza um dito de Jesus, que nos foi transmitido por Orígenes. E este fogo é ao mesmo tempo calor: não uma luz fria, mas uma luz na qual vêm ao nosso encontro o calor e a bondade de Deus.

O Precónio, o grande hino que o diácono canta ao início da Liturgia Pascal, de modo muito discreto chama a nossa atenção ainda para outro aspecto. Lembra-nos que o material do círio se fica a dever, em primeiro lugar, ao trabalho das abelhas; e, assim, entra em cena a criação inteira. No círio, a criação torna-se portadora de luz. Mas, segundo o pensamento dos Padres, temos aí também uma alusão implícita à Igreja. Nesta, a cooperação da comunidade viva dos fiéis é parecida com o trabalho das abelhas; constrói a comunidade da luz. Assim podemos ver, no círio, também um apelo dirigido a nós mesmos e à nossa comunhão com a comunidade da Igreja, que existe para que a luz de Cristo possa iluminar o mundo.

Neste momento, peçamos ao Senhor que nos faça sentir a alegria da sua luz, de modo que nós mesmos nos tornemos portadores da sua luz, para que, através da Igreja, o esplendor do rosto de Cristo entre no mundo (cf. LG 1).

[00467-06.02] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA

Drodzy bracia i siostry!

Wielkanoc jest świętem nowego stworzenia. Jezus zmartwychwstał i już więcej nie umiera. Roztworzył bramy do nowego życia, które nie zna już więcej choroby ani śmierci. Wprowadził ludzi w Boga samego. „Ciało i krew nie mogą posiąść królestwa Bożego", powiedział Paweł w Pierwszym Liście do Koryntian (15,50). Pisarz kościelny Tertulian, w trzecim wieku, odnosząc się do zmartwychwstania Chrystusa i naszego zmartwychwstania odważył się napisać: „Ufajcie ciało i krew, dzięki Chrystusowi nabyłyście miejsce w niebie i królestwie Bożym" (CCL II 994). Dla człowieka otworzył się nowy wymiar. Stworzenie stało się większe i obszerniejsze. Wielkanoc to dzień nowego stworzenia, ale właśnie dlatego Kościół rozpoczyna liturgię tego dnia starym stworzeniem, abyśmy się nauczyli poprawnie rozumieć to nowe. Dlatego też na początku liturgii słowa Wigilii Paschalnej znajduje się opis stworzenia świata. Dwie rzeczy są szczególnie ważne w kontekście liturgii tego dnia. Po pierwsze: stworzenie jest przedstawiane jako całość, do której należy zjawisko czasu. Siedem dni jest obrazem pewnej całości, która rozwija się w czasie. Są one przyporządkowane do siódmego dnia, dnia wolności wszystkich stworzeń dla Boga i dla siebie nawzajem. Stworzenie jest więc nastawione na komunię między Bogiem a stworzeniem; istnieje ono, aby była przestrzeń odpowiedzi na wielką chwałę Bożą, spotkanie miłości i wolności. Po drugie podczas Wigilii Paschalnej Kościół w opisie stworzenia słyszy przede wszystkim pierwsze zdanie: „Niechaj się stanie światłość" (Rdz l, 3). Opis stworzenia zaczyna się symbolicznie od stworzenia światła. Słońce i księżyc są stworzone dopiero czwartego dnia. Opis stworzenia nazywa je ciałami jaśniejącymi, jakie Bóg umieścił na sklepieniu nieba. Świadomie odbiera im charakter boski, jaki przypisywały im wielkie religie. Nie, to nie są żadni bogowie. Są to ciała jaśniejące, stworzone przez jedynego Boga. Poprzedza je jednak światło, przez które Chwała Boża odzwierciedla się w istocie bytów stworzonych.

Co opis stworzenia chce przez to powiedzieć? Światło umożliwia życie. Umożliwia spotkanie. Umożliwia komunikację. Umożliwia poznanie, dostęp do rzeczywistości, do prawdy. Umożliwiając poznanie umożliwia też wolność i postęp. Zło się ukrywa. Dlatego też światło jest wyrazem dobra, które jest światłością i tworzy światłość. Jesteśmy w stanie działać w ciągu dnia. To, że Bóg stworzył światło oznacza więc, że Bóg stworzył świat jako przestrzeń poznania i prawdy, jako przestrzeń spotkania i wolności, przestrzeń dobra i miłości. Zasadą świata jest dobro, sam byt jest dobry. Zło nie pochodzi od bytu stworzonego przez Boga, ale istnieje na mocy zaprzeczenia. Jest ono „nie".

Na Wielkanoc, o poranku pierwszego dnia tygodnia, Bóg powiedział na nowo: „Niechaj się stanie światłość". Poranek ten poprzedziła noc na Górze Oliwnej, zaćmienie słońca męki i śmierci Jezusa, noc grobu. Ale teraz jest znowu pierwszy dzień - stworzenie zaczyna się całkiem na nowo. „Niechaj się stanie światłość" powiedział Bóg i „stała się światłość". Jezus wstaje z grobu. Życie jest silniejsze niż śmierć. Dobro jest silniejsze niż zło. Miłość jest silniejsza niż nienawiść. Prawda jest silniejsza od fałszu. Ciemność minionych dni jest rozproszona w chwili, gdy Jezus wstaje z grobu i staje się sam czystym światłem Boga. Odnosi się to jednak nie tylko do Niego samego i nie tylko do ciemności tych dni. Wraz ze Zmartwychwstaniem Jezusa samo światło jest stworzone na nowo. Przyciąga nas ono wszystkich w siebie, w nowe życie zmartwychwstania i zwycięża wszelkie ciemności. On jest nowym Dniem Boga, dla nas wszystkich.

Jak to jednak może się stać? Jak to wszystko może dotrzeć do nas, tak aby nie pozostało jedynie słowem, ale stało się rzeczywistością, w którą jesteśmy zaangażowani? Przez sakrament chrztu i wyznanie wiary Pan zbudował ku nam most, poprzez który przychodzi do nas nowy dzień. W chrzcie Bóg mówi do tego, kto go otrzymuje: Fiat lux - Niechaj się stanie światłość. Nowy Boży dzień, dzień niezniszczalnego życia przychodzi także do nas. Chrystus bierze ciebie za rękę. Od tej chwili będziesz przez Niego wspierany i w ten sposób wejdziesz w Światło, w prawdziwe życie. Dlatego Kościół pierwszych wieków nazywał Chrzest „Photismos" - oświeceniem.

Dlaczego? Ciemnością naprawdę groźną dla człowieka jest fakt, że jest on naprawdę zdolny do dostrzeżenia i zbadania rzeczy namacalnych, materialnych, ale nie wie dokąd zmierza świat i skąd pochodzi. Dokąd zmierza nasze życie. Co jest dobrem, a co złem. Zaślepienie na Boga i zaślepienie na wartości jest realnym zagrożeniem dla naszej egzystencji i świata w ogóle. Kiedy istnieje ciemność odnośnie do Boga i wartości, co do różnicy między dobrem a złem, to wszystkie inne oświecenia, które stwarzają tak niesamowite możliwości, nie tylko nie są postępem, ale równocześnie niebezpieczeństwami, które zagrażają nam i światu. Potrafimy dziś nasze miasta oświecić tak jaskrawo, że nie są już widoczne gwiazdy na niebie. Czyż nie jest to obrazem dla problematyki naszego oświecenia. W sprawach materialnych wiemy i potrafimy tak niebywale wiele, ale tego, co je przekracza, Boga i Dobra, nie potrafimy już rozpoznać. Dlatego wiara, ukazująca nam światło Boga jest prawdziwym oświeceniem, jest wdarciem się Bożego światła w nasz świat, otwarciem naszych oczu na prawdziwe Światło.

Drodzy przyjaciele, chciałbym dodać na końcu, jedną myśl o świetle i oświeceniu. Podczas Wigilii Paschalnej, w nocy nowego stworzenia Kościół przedstawia tajemnicę światła, posługując się symbolem dość specyficznym i bardzo skromnym: świecą paschalną. Jest to światło, które istnieje dzięki ofierze. Świeca daje światło, zarazem spalając się sama. Daje światło równocześnie dając siebie. W ten sposób cudownie ukazuje misterium paschalne Chrystusa, który daje siebie, i w ten sposób daje wielkie światło. Po drugie możemy zastanowić się nad faktem, że świeca jest ogniem. Ogień jest siłą, która kształtuje świat, mocą, która przemienia. Ogień daje też ciepło. Także tutaj jest ponownie widoczne misterium Chrystusa. Chrystus, światło, jest ogniem, jest płomieniem, który spala zło przemieniając w ten sposób świat i nas samych. „Kto jest blisko mnie, ten jest blisko ognia", brzmi słowo Jezusa przekazane nam przez Orygenesa. Ten ogień jest równocześnie ciepłem, nie zimnym światłem, ale światłem, w którym spotykają się ciepło i dobroć Boga.

Wielki hymn Exsultet, hymn, który diakon śpiewa na początku liturgii paschalnej wskazuje nam bardzo delikatnie jeszcze jeden aspekt. Przypomina, że ten twór świecę zawdzięczamy przede wszystkim pracy pszczół. W grę wchodzi więc całe stworzenie. W świecy stworzenie staje się nośnikiem światła. Ale, według myśli Ojców, w pewnym sensie jest tu także ukryte odniesienie do Kościoła. Współpraca żywej społeczności wiernych w Kościele jest niemal podobna do pracy pszczół. Buduje ona wspólnotę światła. Tak więc możemy w świecy widzieć także odniesienie do nas samych i do naszego współuczestnictwa we wspólnocie Kościoła, który istnieje po to, aby światło Chrystusa oświecało świat.

Módlmy się do Pana w tej godzinie, aby pozwolił nam doświadczać radości Swego światła. Módlmy się też do Niego, abyśmy sami stali się nosicielami Jego światła, aby poprzez Kościół chwała oblicza Chrystusa wkraczała w świat (por. LG 1). Amen.

[00467-09.01] [Testo originale: Italiano]

[B0207-XX.02]