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CONCISTORO ORDINARIO PUBBLICO PER LA CREAZIONE DI VENTIDUE NUOVI CARDINALI E PER IL VOTO SU ALCUNE CAUSE DI CANONIZZAZIONE, 18.02.2012


Alle ore 10.30 di questa mattina, nella Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI tiene un Concistoro Ordinario Pubblico per la creazione di 22 nuovi Cardinali e per il voto su alcune Cause di Canonizzazione.
In apertura di Concistoro, dopo il saluto, l’orazione e la proclamazione del Vangelo (Mc 10, 32-45) il Papa tiene la sua allocuzione.
Quindi il Santo Padre legge la formula di creazione e proclama solennemente i nomi dei nuovi Cardinali, annunciandone l’Ordine presbiterale o diaconale.
Il Rito prosegue con la professione di fede dei nuovi Cardinali davanti al popolo di Dio e il giuramento di fedeltà e obbedienza al Papa e ai Suoi successori.
I nuovi Cardinali, secondo l’ordine di creazione, si inginocchiano poi dinanzi al Santo Padre che impone loro la Berretta cardinalizia, consegna l’anello e assegna a ciascuno una chiesa di Roma quale segno di partecipazione alla sollecitudine pastorale del Santo Padre nell’Urbe. Dopo la consegna della Bolla di creazione cardinalizia e di assegnazione del Titolo o della Diaconia, il Santo Padre Benedetto XVI scambia con ciascun neo Cardinale l’abbraccio di pace.
Al termine del rito il Santo Padre Benedetto XVI tiene Concistoro Ordinario Pubblico per la Canonizzazione di sette Beati.
Di seguito riportiamo l’allocuzione che il Santo Padre pronuncia nel corso del Concistoro:

ALLOCUZIONE DEL SANTO PADRE

«Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam»

Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!

Con queste parole il canto d’ingresso ci ha introdotto nel solenne e suggestivo rito del Concistoro ordinario pubblico per la creazione dei nuovi Cardinali, l’imposizione della berretta, la consegna dell’anello e l’assegnazione del titolo. Sono le parole efficaci con le quali Gesù ha costituito Pietro quale saldo fondamento della Chiesa. Di tale fondamento la fede rappresenta il fattore qualificativo: infatti Simone diventa Pietro – roccia – in quanto ha professato la sua fede in Gesù Messia e Figlio di Dio. Nell’annuncio di Cristo la Chiesa viene legata a Pietro e Pietro viene posto nella Chiesa come roccia; ma colui che edifica la Chiesa è Cristo stesso, Pietro deve essere un elemento particolare della costruzione. Deve esserlo mediante la fedeltà alla sua confessione fatta presso Cesarea di Filippo, in forza dell’affermazione: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».

Le parole rivolte da Gesù a Pietro mettono bene in risalto il carattere ecclesiale dell’odierno evento. I nuovi Cardinali, infatti, tramite l’assegnazione del titolo di una chiesa di questa Città o di una Diocesi suburbicaria, vengono inseriti a tutti gli effetti nella Chiesa di Roma guidata dal Successore di Pietro, per cooperare strettamente con lui nel governo della Chiesa universale. Questi cari Confratelli, che fra poco entreranno a far parte del Collegio Cardinalizio, si uniranno con nuovi e più forti legami non solo al Romano Pontefice ma anche all’intera comunità dei fedeli sparsa in tutto il mondo. Nello svolgimento del loro particolare servizio a sostegno del ministero petrino, i neo-porporati saranno infatti chiamati a considerare e valutare le vicende, i problemi e i criteri pastorali che toccano la missione di tutta la Chiesa. In questo delicato compito sarà loro di esempio e di aiuto la testimonianza di fede resa con la vita e con la morte dal Principe degli Apostoli, il quale, per amore di Cristo, ha donato tutto se stesso fino all’estremo sacrificio.

E’ con questo significato che è da intendere anche l’imposizione della berretta rossa. Ai nuovi Cardinali è affidato il servizio dell’amore: amore per Dio, amore per la sua Chiesa, amore per i fratelli con una dedizione assoluta e incondizionata, fino all’effusione del sangue, se necessario, come recita la formula di imposizione della berretta e come indica il colore rosso degli abiti indossati. A loro, inoltre, è chiesto di servire la Chiesa con amore e vigore, con la limpidezza e la sapienza dei maestri, con l’energia e la fortezza dei pastori, con la fedeltà e il coraggio dei martiri. Si tratta di essere eminenti servitori della Chiesa che trova in Pietro il visibile fondamento dell’unità.

Nel brano evangelico poc’anzi proclamato, Gesù si presenta come servo, offrendosi quale modello da imitare e da seguire. Dallo sfondo del terzo annuncio della passione, morte e risurrezione del Figlio dell’uomo, si stacca con stridente contrasto la scena dei due figli di Zebedeo, Giacomo e Giovanni, che inseguono ancora sogni di gloria accanto a Gesù. Essi gli chiesero: «Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra» (Mc 10,37). Folgorante è la replica di Gesù e inatteso il suo interrogativo: «Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo?» (v. 38). L’allusione è chiarissima: il calice è quello della passione, che Gesù accetta per attuare la volontà del Padre. Il servizio a Dio e ai fratelli, il dono di sé: questa è la logica che la fede autentica imprime e sviluppa nel nostro vissuto quotidiano e che non è invece lo stile mondano del potere e della gloria.

Giacomo e Giovanni con la loro richiesta mostrano di non comprendere la logica di vita che Gesù testimonia, quella logica che - secondo il Maestro - deve caratterizzare il discepolo, nel suo spirito e nelle sue azioni. E la logica errata non abita solo nei due figli di Zebedeo perché, secondo l’evangelista, contagia anche «gli altri dieci» apostoli che «cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni» (v. 41). Si indignano, perché non è facile entrare nella logica del Vangelo e lasciare quella del potere e della gloria. San Giovanni Crisostomo afferma che tutti gli apostoli erano ancora imperfetti, sia i due che vogliono innalzarsi sopra i dieci, sia gli altri che hanno invidia di loro (cfr Commento a Matteo, 65, 4: PG 58, 622). E commentando i passi paralleli nel Vangelo secondo Luca, san Cirillo di Alessandria aggiunge: «I discepoli erano caduti nella debolezza umana e stavano discutendo l’un l’altro su chi fosse il capo e superiore agli altri… Questo è accaduto e ci è stato raccontato per il nostro vantaggio… Quanto è accaduto ai santi Apostoli può rivelarsi per noi un incentivo all’umiltà» (Commento a Luca, 12, 5, 24: PG 72, 912). Questo episodio dà modo a Gesù di rivolgersi a tutti i discepoli e «chiamarli a sé», quasi per stringerli a sé, a formare come un corpo unico e indivisibile con Lui e indicare qual è la strada per giungere alla vera gloria, quella di Dio: «Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti» (Mc 10,42-44).

Dominio e servizio, egoismo e altruismo, possesso e dono, interesse e gratuità: queste logiche profondamente contrastanti si confrontano in ogni tempo e in ogni luogo. Non c’è alcun dubbio sulla strada scelta da Gesù: Egli non si limita a indicarla con le parole ai discepoli di allora e di oggi, ma la vive nella sua stessa carne. Spiega infatti: «Anche il Figlio dell’uomo non è venuto a farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto di molti» (v. 45). Queste parole illuminano con singolare intensità l’odierno Concistoro pubblico. Esse risuonano nel profondo dell’anima e rappresentano un invito e un richiamo, una consegna e un incoraggiamento specialmente per voi, cari e venerati Fratelli che state per essere annoverati nel Collegio Cardinalizio.

Secondo la tradizione biblica, il Figlio dell’uomo è colui che riceve il potere e il dominio da Dio (cfr Dn 7,13s). Gesù interpreta la sua missione sulla terra sovrapponendo alla figura del Figlio dell’uomo quella del Servo sofferente, descritto da Isaia (cfr Is 53,1-12). Egli riceve il potere e la gloria solo in quanto «servo»; ma è servo in quanto accoglie su di sé il destino di dolore e di peccato di tutta l’umanità. Il suo servizio si attua nella fedeltà totale e nella responsabilità piena verso gli uomini. Per questo la libera accettazione della sua morte violenta diventa il prezzo di liberazione per molti, diventa l’inizio e il fondamento della redenzione di ciascun uomo e dell’intero genere umano.

Cari Fratelli che state per essere annoverati nel Collegio Cardinalizio! Il dono totale di sé offerto da Cristo sulla croce sia per voi principio, stimolo e forza per una fede che opera nella carità. La vostra missione nella Chiesa e nel mondo sia sempre e solo «in Cristo», risponda alla sua logica e non a quella del mondo, sia illuminata dalla fede e animata dalla carità che provengono a noi dalla Croce gloriosa del Signore. Sull’anello che tra poco vi consegnerò, sono raffigurati i santi Pietro e Paolo, con al centro una stella che evoca la Madonna. Portando questo anello, voi siete richiamati quotidianamente a ricordare la testimonianza che i due Apostoli hanno dato a Cristo fino alla morte per martirio qui a Roma, fecondando così la Chiesa con il loro sangue. Mentre il richiamo alla Vergine Maria, sarà sempre per voi un invito a seguire colei che fu salda nella fede e umile serva del Signore.

Concludendo questa breve riflessione, vorrei rivolgere il mio cordiale saluto e ringraziamento a tutti voi presenti, in particolare alle Delegazioni ufficiali di vari Paesi e alle Rappresentanze di numerose Diocesi. I nuovi Cardinali, nel loro servizio, sono chiamati a rimanere sempre fedeli a Cristo, lasciandosi guidare unicamente dal suo Vangelo. Cari fratelli e sorelle, pregate perché in essi possa rispecchiarsi al vivo il nostro unico Pastore e Maestro, il Signore Gesù, fonte di ogni sapienza, che indica la strada a tutti. E pregate anche per me, affinché possa sempre offrire al Popolo di Dio la testimonianza della dottrina sicura e reggere con mite fermezza il timone della santa Chiesa. Amen!

[00232-01.01] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

«Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam»

Venerable Brothers,
Dear Brothers and Sisters,

With these words the entrance hymn has led us into the solemn and evocative ritual of the ordinary public Consistory for the creation of new Cardinals, with the placing of the biretta, the handing over of the ring and the assigning of a titular church. They are the efficacious words with which Jesus constituted Peter as the solid foundation of the Church. On such a foundation the faith represents the qualitative factor: Simon becomes Peter – the Rock – in as much as he professed his faith in Jesus as Messiah and Son of God. In the proclamation of Christ the Church is bound to Peter and Peter is placed in the Church as a rock; although it is Christ himself who builds up the Church, Peter must always be a constitutive element of that upbuilding. He will always be such through faithfulness to his confession made at Caesarea Philippi, in virtue of the affirmation, "You are the Christ, the Son of the living God".

The words Jesus addressed to Peter highlight well the ecclesial character of today’s event. The new Cardinals, in receiving the title of a church in this city or of a suburban Diocese, are fully inserted in the Church of Rome led by the Successor of Peter, in order to cooperate closely with him in governing the universal Church. These beloved Brothers, who in a few minutes’ time will enter and become part of the College of Cardinals, will be united with new and stronger bonds not only to the Roman Pontiff but also to the entire community of the faithful spread throughout the world. In carrying out their particular service in support of the Petrine ministry, the new Cardinals will be called to consider and evaluate the events, the problems and the pastoral criteria which concern the mission of the entire Church. In this delicate task, the life and the death of the Prince of the Apostles, who for love of Christ gave himself even unto the ultimate sacrifice, will be an example and a helpful witness of faith for the new Cardinals.

It is with this meaning that the placing of the red biretta is also to be understood. The new Cardinals are entrusted with the service of love: love for God, love for his Church, an absolute and unconditional love for his brothers and sisters, even unto shedding their blood, if necessary, as expressed in the words of placing the biretta and as indicated by the colour of their robes. Furthermore, they are asked to serve the Church with love and vigour, with the transparency and wisdom of teachers, with the energy and strength of shepherds, with the fidelity and courage of martyrs. They are to be eminent servants of the Church that finds in Peter the visible foundation of unity.

In the Gospel we have just heard proclaimed there is offered a model to imitate and to follow. Against the background of the third prediction of the Passion, death and resurrection of the Son of Man, and in profound contrast to it, is placed the scene of the two sons of Zebedee, James and John, who are still pursuing dreams of glory beside Jesus. They ask him, "Grant us to sit, one at your right hand and one at your left, in your glory" (Mk 10:37). The response of Jesus is striking, and he asks an unexpected question: "You do not know what you are asking. Are you able to drink the cup that I drink?" (Mk 10:38). The allusion is crystal clear: the chalice is that of the Passion, which Jesus accepts as the will of God. Serving God and others, self-giving: this is the logic which authentic faith imparts and develops in our daily lives and which is not the type of power and glory which belongs to this world.

By their request, James and John demonstrate that they do not understand the logic of the life to which Jesus witnesses, that logic which – according to the Master – must characterize the disciple in his spirit and in his actions. The erroneous logic is not the sole preserve of the two sons of Zebedee because, as the evangelist narrates, it also spreads to "the other ten" apostles who "began to be indignant at James and John" (Mk 10:41). They were indignant, because it is not easy to enter into the logic of the Gospel and to let go of power and glory. Saint John Chrysostom affirms that all of the apostles were imperfect, whether it was the two who wished to lift themselves above the other ten, or whether it was the ten who were jealous of them ("Commentary on Matthew", 65, 4: PG 58, 619-622). Commenting on the parallel passages in the Gospel of Luke, Saint Cyril of Alexandria adds, "The disciples had fallen into human weakness and were discussing among themselves which one would be the leader and superior to the others… This happened and is recounted for our advantage… What happened to the holy Apostles can be understood by us as an incentive to humility" ("Commentary on Luke", 12, 5, 24: PG 72, 912). This episode gives Jesus a way to address each of the disciples and "to call them to himself", almost to pull them in, to form them into one indivisible body with him, and to indicate which is the path to real glory, that of God: "You know that those who are supposed to rule over the Gentiles lord it over them, and their great men exercise authority over them. But it shall not be so among you; but whoever would be great among you must be your servant, and whoever would be first among you must be slave of all" (Mk 10:42-44).

Dominion and service, egoism and altruism, possession and gift, self-interest and gratuitousness: these profoundly contrasting approaches confront each other in every age and place. There is no doubt about the path chosen by Jesus: he does not merely indicate it with words to the disciples of then and of today, but he lives it in his own flesh. He explains, in fact, "For the Son of man also came not to be served but to serve, and to give his life as a ransom for many" (Mk 10:45). These words shed light upon today’s public Consistory with a particular intensity. They resound in the depths of the soul and represent an invitation and a reminder, a commission and an encouragement especially for you, dear and venerable Brothers who are about to be enrolled in the College of Cardinals.

According to biblical tradition, the Son of man is the one who receives power and dominion from God (cf. Dan 7:13f). Jesus interprets his mission on earth by combining the figure of the Son of man with that of the suffering Servant, described in Isaiah (cf. 53:1-12). He receives power and the glory only inasmuch as he is "servant"; but he is servant inasmuch as he welcomes within himself the fate of the suffering and the sin of all humanity. His service is realized in total faithfulness and complete responsibility towards mankind. In this way the free acceptance of his violent death becomes the price of freedom for many, it becomes the beginning and the foundation of the redemption of each person and of the entire human race.

Dear Brothers who are to be enrolled in the College of Cardinals, may Christ’s total gift of self on the Cross be for you the foundation, stimulus and strength of a faith operative in charity. May your mission in the Church and the world always be "in Christ" alone, responding to his logic and not that of the world, and may it be illumined by faith and animated by charity which comes to us from the glorious Cross of the Lord. On the ring which I will soon place on your finger, are represented Saints Peter and Paul, and in the middle a star which evokes the Mother of God. Wearing this ring, you are reminded each day to remember the witness which these two Apostles gave to Christ even unto martyrdom here in Rome, their blood making the Church fruitful. The example of the Virgin Mother will always be for you an invitation to follow her who was strong in faith and a humble servant of the Lord.

As I bring these brief reflections to a close, I would like to extend warm greetings and thanks to all present, especially to the official Delegations from various countries and to the various diocesan groups. The new Cardinals, in their service, are called to remain faithful to Christ at all times, letting themselves be guided only by his Gospel. Dear brothers and sisters, pray that their lives will always reflect the Lord Jesus, our sole shepherd and teacher, source of every hope, who points out the path to everyone. And pray also for me, that I may continually offer to the People of God the witness of sound doctrine and guide holy Church with a firm and humble hand.

[00232-02.01] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

«Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam»

Vénérés Frères,
Chers frères et sœurs,

C’est en ces termes que le chant d’entrée nous a introduits dans le rite solennel et suggestif du Consistoire ordinaire public pour la création des nouveaux Cardinaux, l’imposition de la barrette, la remise de l’anneau et l’attribution du titre. C’est par ces paroles efficaces que Jésus a constitué Pierre comme fondement solide de l’Église. De ce fondement, la foi représente le facteur qualificatif : en effet, Simon devient Pierre – roc – car il a professé sa foi en Jésus Messie et Fils de Dieu. En annonçant le Christ, l’Église est liée à Pierre et Pierre est établi dans l’Église comme roc ; cependant celui qui édifie l’Église, c’est le Christ lui-même, Pierre doit être un élément particulier de la construction. Il doit l’être à travers sa fidélité à la confession faite à Césarée de Philippe, en vertu de l’affirmation : « Tu es le Christ, le Fils du Dieu vivant ».

Les paroles que Jésus adresse à Pierre mettent bien en évidence le caractère ecclésial de l’événement d’aujourd’hui. Les nouveaux Cardinaux, en effet, par l’attribution du titre d’une église de cette ville ou d’un diocèse suburbicaire, sont insérés à tous les effets dans l’Église de Rome, guidée par le Successeur de Pierre, pour coopérer étroitement avec lui au gouvernement de l’Église universelle. Ces chers confrères qui dans quelques instants feront partie du Collège cardinalice, s’uniront par des liens nouveaux et plus forts non seulement au Pontife Romain, mais aussi à la communauté des fidèles tout entière, disséminée dans le monde entier. En accomplissent leur service propre comme soutien au ministère pétrinien, les nouveaux cardinaux seront en effet appelés à considérer et à apprécier les situations, les problèmes et les critères pastoraux qui touchent la mission de toute l’Église. Dans cette tâche délicate, le témoignage de foi donné à travers sa vie et sa mort par le Prince des Apôtres, qui, par amour du Christ, s’est donné totalement lui-même jusqu’au sacrifice ultime, sera pour eux un exemple et une aide.

C’est en ce sens qu’il faut comprendre aussi l’imposition de la barrette rouge. Aux nouveaux Cardinaux est confiée le service de l’amour : amour pour Dieu, amour pour son Église, amour pour le prochain avec un dévouement absolu et sans condition, jusqu’à l’effusion du sang, si nécessaire, comme le dit la formule de l’imposition de la barrette et comme l’indique la couleur rouge des habits revêtus. En outre, il leur est demandé de servir l’Église avec amour et vigueur, avec la clarté et la sagesse des maîtres, avec l’énergie et la force morale des pasteurs, avec la fidélité et le courage des martyrs. Il s’agit d’être d’éminents serviteurs de l’Église qui trouve en Pierre le fondement visible de l’unité.

Dans le passage de l’Évangile proclamé il y a quelques minutes, Jésus se présente comme serviteur, s’offrant comme modèle à imiter et à suivre. Sur le fond de la troisième annonce de la passion, mort et résurrection du Fils de l’homme, se détache avec un contraste criant la scène des deux fils de Zébédée, Jacques et Jean, qui poursuivent encore des rêves de gloire auprès de Jésus. Ils lui demandèrent : « Accorde-nous […] de siéger, l'un à ta droite et l'autre à ta gauche, dans ta gloire. » (Mc 10, 37). La réponse de Jésus est immédiate et sa question inattendue : « Vous ne savez pas ce que vous demandez. Pouvez-vous boire la coupe que je vais boire ? » (v. 38). L’allusion est très claire : le calice est celui de la passion, que Jésus accepte pour réaliser la volonté du Père. Le service de Dieu et des frères, le don de soi : c’est là la logique que la foi authentique imprime et développe dans notre vécu quotidien et qui, par contre, n’est pas le style mondain du pouvoir et de la gloire.

Par leur requête, Jacques et Jean montrent qu’ils ne comprennent pas la logique de vie dont Jésus témoigne, logique, qui – selon le Maître – doit caractériser le disciple, dans son esprit et dans ses actes. Cette logique erronée n’habite pas seulement les deux fils de Zébédée car, selon l’évangéliste, elle contamine aussi « les dix autres » apôtres qui « se mirent à s'indigner contre Jacques et Jean » (v. 41). Ils s’indignent parce qu’il n’est pas facile d’entrer dans la logique de l’Évangile et de laisser celle du pouvoir et de la gloire. Saint Jean Chrysostome affirme que tous les apôtres étaient encore imparfaits, aussi bien les deux qui veulent s’élever au-dessus des dix, que les autres qui sont jaloux d’eux (cf. Commentaire sur Matthieu, 65, 4 : PG 58). Et, en commentant les passages parallèles dans l’Évangile selon Luc, saint Cyrille d’Alexandrie ajoute : « Les disciples étaient tombés dans la faiblesse humaine et discutaient entre eux sur qui était le chef et supérieur aux autres […]. Cela est arrivé et nous a été raconté à notre profit […]. Ce qui est arrivé aux saints Apôtres peut nous servir d’encouragement à l’humilité » (Commentaire sur Luc, 12, 5, 24 : PG 72, 912). Cet épisode permet à Jésus de s’adresser à tous les disciples et de « les appeler à lui », presque pour les serrer contre lui, pour former comme un corps unique et indivisible avec Lui et indiquer quelle est la voie pour parvenir à la vraie gloire, celle de Dieu : « Vous savez que ceux qu'on regarde comme les chefs des nations dominent sur elles en maîtres et que les grands leur font sentir leur pouvoir. Il ne doit pas en être ainsi parmi vous : au contraire, celui qui voudra devenir grand parmi vous, sera votre serviteur, et celui qui voudra être le premier parmi vous, sera l'esclave de tous. » (Mc 10, 42-44).

Domination et service, égoïsme et altruisme, possession et don, intérêt et gratuité : ces logiques profondément opposées se confrontent à toute époque et en tout lieu. Il n’y a aucun doute sur la voie choisie par Jésus : il ne se limite pas à l’indiquer par ses paroles aux disciples de l’époque et d’aujourd’hui, il la vit aussi dans sa propre chair. Il explique en effet : « Aussi bien, le Fils de l'homme lui-même n'est pas venu pour être servi, mais pour servir et donner sa vie en rançon pour une multitude » (v. 45). Ces paroles éclairent d’une intensité particulière le Consistoire public d’aujourd’hui. Elles résonnent au plus profond de l’âme et sont une invitation et un appel, une consigne et un encouragement spécialement pour vous, chers et vénérés Frères, qui allez devenir membres du Collège cardinalice.

Selon la tradition biblique, le Fils de l’homme est celui qui reçoit le pouvoir et la souveraineté de Dieu (cf. Dn 7, 13s). Jésus interprète sa mission sur la terre en superposant à la figure du Fils de l’homme celle du Serviteur souffrant, décrit par Isaïe (cf. Is 53, 1-12). Il reçoit le pouvoir et la gloire uniquement en tant que « serviteur » ; mais il est serviteur dans la mesure où il prend sur lui le destin de souffrance et de péché de toute l’humanité. Son service s’accomplit dans la totale fidélité et dans la pleine responsabilité envers les hommes. C’est pourquoi la libre acceptation de sa mort violente devient le prix de la libération pour la multitude, devient le commencement et le fondement de la rédemption de chaque homme et du genre humain tout entier.

Chers Frères qui allez être devenir membres du Collège cardinalice ! Que le don total de soi, offert par le Christ sur la croix, soit pour vous la norme, le stimulant et la force d’une foi qui opère dans la charité. Que votre mission dans l’Église et dans le monde soit toujours et uniquement « dans le Christ », qu’elle réponde à sa logique et non à celle du monde, qu’elle soit éclairée par la foi et animée par la charité qui nous viennent de la Croix glorieuse du Seigneur. Sur l’anneau que je vais vous remettre dans quelques instants, sont représentés les saints Pierre et Paul, avec au centre une étoile qui évoque la Vierge Marie. En portant cet anneau, vous êtes appelés chaque jour à vous souvenir du témoignage que les deux Apôtres ont donné au Christ jusqu’à la mort par le martyre, ici, à rome, fécondant ainsi l’Église de leur sang. Tandis que le rappel de la Vierge Marie sera toujours pour vous une invitation à suivre celle qui fut solide dans sa foi et humble servante du Seigneur.

En concluant cette brève réflexion, je voudrais adresser mon cordial salut et mes remerciements à vous tous qui êtes présents, en particulier aux Délégations officielles des différents pays et aux représentants de nombreux diocèses. Dans leur service, les nouveaux Cardinaux sont appelés à rester toujours fidèles au Christ, en se laissant guider uniquement par son Évangile. Chers frères et sœurs, priez pour qu’en eux puisse se refléter sur le vif notre unique Pasteur et Maître, le Seigneur Jésus, source de toute sagesse, qui indique la route à tous. Priez aussi pour moi, afin que je puisse toujours offrir au Peuple de Dieu le témoignage de la doctrine sûre et tenir avec une humble fermeté la barre de la sainte Église.

[00232-03.01] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

«Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam»

Verehrte Mitbrüder,
liebe Brüder und Schwestern!

Mit diesen Worten hat uns der Eingangsgesang in den feierlichen und eindrucksvollen Ritus des Öffentlichen Ordentlichen Konsistoriums zur Kreierung neuer Kardinäle mit der Überreichung des Biretts, der Übergabe des Ringes und der Zuweisung der Titelkirche eingeführt. Es sind die eindringlichen Worte, mit denen Jesus den Petrus als festes Fundament der Kirche eingesetzt hat. Der Glaube ist dabei der bezeichnende Faktor dieses Fundamentes: Simon wird ja Petrus – Fels –, weil er seinen Glauben an Jesus, den Messias und Sohn Gottes, bekannt hat. In der Zusage Christi wird die Kirche an Petrus gebunden, und Petrus wird in der Kirche als Fels eingesetzt; aber der Erbauer der Kirche ist Christus selber, Petrus muß ein besonderes Element des Baus sein. Und er muß dies sein durch die Treue zu seinem bei Cäsarea Philippi abgelegten Bekenntnis, kraft seiner Aussage: „Du bist der Messias, der Sohn des lebendigen Gottes".

Die an Petrus gerichteten Worte Jesu heben deutlich den kirchlichen Charakter des heutigen Ereignisses hervor. Die neuen Kardinäle werden nämlich durch die Zuweisung des Titels einer Kirche dieser Stadt oder einer suburbikarischen Diözese in jeder Hinsicht in die vom Nachfolger Petri geführte Kirche Roms eingegliedert, um in der Leitung der Weltkirche eng mit ihm zusammenzuarbeiten. Diese lieben Mitbrüder, die in kürze zum Kardinalskollegium gehören werden, schließen sich mit neuen und stärkeren Bindungen nicht nur mit dem Römischen Pontifex zusammen, sondern auch mit der gesamten Gemeinschaft der Gläubigen in aller Welt. In der Erfüllung ihres besonderen Dienstes zur Unterstützung des Petrusamtes sind die neuen Purpurträger nämlich aufgerufen, die Angelegenheiten, Probleme und pastoralen Kriterien, die die Sendung der gesamten Kirche betreffen, in Betracht zu ziehen und zu beurteilen. In dieser heiklen Aufgabe wird ihnen das im Leben und im Sterben abgelegte Glaubenszeugnis des Apostelfürsten Vorbild und Hilfe sein, der sich aus Liebe zu Christus ganz hingegeben hat bis zum äußersten Opfer.

In diesem Sinn ist auch die Überreichung des roten Biretts zu verstehen. Den neuen Kardinälen ist der Dienst der Liebe aufgetragen: Liebe zu Gott, Liebe zu seiner Kirche, Liebe zu den Brüdern und Schwestern mit einer absoluten und bedingungslosen Hingabe, nötigenfalls bis zum Blutvergießen, wie es die Formel zur Überreichung des Biretts ausdrückt und wie es die rote Farbe der Talare, die sie tragen, anzeigt. Außerdem wird von ihnen verlangt, der Kirche mit Liebe und Kraft zu dienen, mit der Klarheit und der Weisheit der Lehrmeister, mit der Energie und der Stärke der Hirten, mit der Treue und dem Mut der Märtyrer. Es geht darum, herausragende Diener der Kirche zu sein, die in Petrus das sichtbare Fundament der Einheit findet.

In dem eben vorgetragenen Evangelium zeigt Jesus sich als Diener und bietet sich als Vorbild an, das man nachahmen und dem man folgen soll. Vor dem Hintergrund der dritten Ankündigung von Leiden, Tod und Auferstehung des Menschensohns hebt sich als krasser Gegensatz die Szene der beiden Söhne des Zebedäus, Jakobus und Johannes, ab, die noch Träume von einer Herrlichkeit an Jesu Seite verfolgen. Sie baten ihn: „Laß in deinem Reich einen von uns rechts und den andern links neben dir sitzen" (Mk 10,37). Die Antwort Jesu ist wie ein Blitzschlag, und unerwartet ist seine Frage: „Ihr wißt nicht, um was ihr bittet. Könnt ihr den Kelch trinken, den ich trinke?" (V. 38). Die Anspielung ist ganz klar: Der Kelch ist der Kelch des Leidens, den Jesus annimmt, um den Willen des Vaters auszuführen. Der Dienst für Gott und die Mitmenschen, die Selbsthingabe – das ist die Logik, die der echte Glaube unserem Alltagsleben aufprägt und darin entwickelt, nicht der weltliche Stil der Macht und der Herrlichkeit.

Jakobus und Johannes zeigen mit ihrer Bitte, daß sie die Lebenslogik, die Jesus bezeugt, nicht verstehen, jene Logik, die nach dem Meister den Jünger in seinem Denken und Handeln prägen muß. Und die irrige Logik ist nicht nur in den beiden Söhnen des Zebedäus vorhanden, sondern steckt auch „die zehn anderen Jünger" an, die „sehr ärgerlich über Jakobus und Johannes" werden (V. 41). Sie empören sich, weil es nicht leicht ist, in die Logik des Evangeliums einzutreten und die der Macht und der Herrlichkeit zu verlassen. Der heilige Johannes Chrysostomus sagt, daß alle Apostel noch unvollkommen waren, sowohl die beiden, die sich über die zehn erheben wollten, als auch die anderen, die sie beneideten (vgl. Kommentar zum Matthäus-Evangelium, 65,4: PG 58,622). Und der heilige Cyrill von Alexandrien fügt in seinem Kommentar über die Parallelstelle im Lukasevangelium hinzu: „Die Jünger waren der menschlichen Schwäche verfallen und diskutierten miteinander darüber, wer der Anführer und den anderen überlegen sei … Das ist zu unserem Nutzen geschehen und uns erzählt … Was den heiligen Aposteln passiert ist, kann für uns ein Ansporn zur Demut sein" (Kommentar zum Lukas-Evangelium, 12,5,24: PG 72,912). Dieser Vorfall gibt Jesus die Gelegenheit, sich an alle Jünger zu wenden und sie „zu sich zu rufen", um sie gleichsam fest an sich zu ziehen, so daß sie gemeinsam mit ihm einen einzigen, untrennbaren Leib bilden und er ihnen zeigen kann, welches der Weg ist, um zur wahren Herrlichkeit, zur Herrlichkeit Gottes zu gelangen: „Ihr wißt, daß die, die als Herrscher gelten, ihre Völker unterdrücken und die Mächtigen ihre Macht über die Menschen mißbrauchen. Bei euch aber soll es nicht so sein, sondern wer bei euch groß sein will, der soll euer Diener sein, und wer bei euch der Erste sein will, soll der Sklave aller sein" (Mk 10,42-44).

Herrschaft und Dienst, Egoismus und Altruismus, Besitz und Gabe, Interesse und Unentgeltlichkeit – diese zutiefst gegensätzlichen Logiken stehen zu allen Zeiten und an allen Orten einander gegenüber. Über den von Jesus gewählten Weg besteht kein Zweifel: Er beschränkt sich nicht darauf, ihn den damaligen und den heutigen Jüngern mit Worten anzuzeigen, sondern verwirklicht ihn in seinem eigenen Leben. Er erklärt nämlich: „Auch der Menschensohn ist nicht gekommen, um sich dienen zu lassen, sondern um zu dienen und sein Leben hinzugeben als Lösegeld für viele" (V. 45). Diese Worte werfen ein ganz besonders intensives Licht auf das heutige Öffentliche Konsistorium. Sie klingen im Innersten der Seele nach und sind eine Einladung und ein Aufruf, ein Auftrag und eine Ermutigung speziell für euch, liebe, verehrte Mitbrüder, die ihr nun in das Kardinalskollegium aufgenommen werdet.

Nach der biblischen Überlieferung ist der Menschensohn derjenige, der die Macht und die Herrschaft von Gott erhält (vgl. Dan 7,13f). Jesus deutet seine Sendung auf Erden, indem er die Gestalt des Menschensohns und jene des leidenden Gottesknechts, wie sie von Jesaja beschrieben wird, übereinander legt (vgl. Jes 53,1-12). Er empfängt die Macht und die Herrlichkeit nur als „Knecht"; aber Knecht ist er, insofern er das Schicksal von Leid und Sünde der ganzen Menschheit auf sich nimmt. Sein Dienst verwirklicht sich in der gänzlichen Treue und in der vollen Verantwortung gegenüber den Menschen. Darum wird die freiwillige Annahme seines gewaltsamen Todes der Preis für die Befreiung vieler, der Anfang und das Fundament der Erlösung jedes Menschen und des gesamten Menschengeschlechts.

Liebe Mitbrüder, die ihr jetzt in das Kardinalskollegium aufgenommen werdet! Die völlige Selbsthingabe Christi am Kreuz sei euch Ursprung, Ansporn und Kraft für einen Glauben, der in der Liebe wirksam wird. Eure Sendung in der Kirche und in der Welt erfülle sich immer und einzig „in Christus"; möge sie seiner Logik und nicht der der Welt entsprechen, erleuchtet sein vom Glauben und beseelt von der Liebe, die vom ruhmreichen Kreuz des Herrn her zu uns kommt. Auf dem Ring, den ich euch gleich übergeben werde, sind die heiligen Petrus und Paulus dargestellt, mit einem Stern in der Mitte, der an die Muttergottes erinnert. Wenn ihr diesen Ring tragt, seid ihr täglich dazu ermahnt, euch das Zeugnis ins Gedächtnis zu rufen, das die beiden Apostel für Christus bis hin zum Martertod hier in Rom gegeben haben, die so die Kirche mit ihrem Blut fruchtbar gemacht haben. Der Hinweis auf die Jungfrau Maria sei hingegen stets eine Einladung an euch, derjenigen zu folgen, die fest im Glauben stand und eine demütige Magd es Herrn war.

Am Schluß dieser kurzen Überlegungen möchte ich meinen herzlichen Gruß und Dank an euch alle richten, die ihr hier zugegen seid, besonders an die offiziellen Delegationen der verschiedenen Länder und an die Vertretungen zahlreicher Diözesen. Die neuen Kardinäle sind in ihrem Dienst dazu aufgerufen, immer Christus treu zu bleiben und sich einzig von seinem Evangelium leiten zu lassen. Liebe Brüder und Schwestern, betet, daß sie ein lebendiges Spiegelbild unseres einzigen Hirten und Lehrers seien, des Herrn Jesus, der Quelle aller Weisheit, der allen den Weg weist. Und betet auch für mich, daß ich dem Volk Gottes immer das Zeugnis der sicheren Lehre geben und mit milder Festigkeit das Steuer der heiligen Kirche führen kann.

[00232-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

«Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam»

Venerados Hermanos,
Queridos hermanos y hermanas

Estas palabras del canto de entrada nos introducen en el solemne y sugestivo rito del Consistorio ordinario público para la creación de nuevos cardenales, la imposición de la birreta, la entrega del anillo y la asignación del título. Son las palabras eficaces con las que Jesús constituyó a Pedro como fundamento firme de la Iglesia. La fe es el elemento característico de ese fundamento: en efecto, Simón pasa a convertirse en Pedro —roca— al profesar su fe en Jesús, Mesías e Hijo de Dios. En el anuncio de Cristo, la Iglesia aparece unida a Pedro, y Pedro es puesto en la Iglesia como roca; pero el que edifica la Iglesia es el mismo Cristo, Pedro es un elemento particular de la construcción. Ha de serlo mediante la fidelidad a la confesión que hizo en Cesarea de Filipo, en virtud de la afirmación: «Tú eres el Cristo, el Hijo de Dios vivo».

Las palabras que Jesús dirige a Pedro ponen de relieve claramente el carácter eclesial del acontecimiento de hoy. Los nuevos cardenales, en efecto, mediante la asignación del título de una iglesia de esta Ciudad o de una diócesis suburbicaria, son insertados con todo derecho en la Iglesia de Roma, guiada por el Sucesor de Pedro, para cooperar estrechamente con él en el gobierno de la Iglesia universal. Estos queridos hermanos, que dentro de poco entrarán a formar parte del Colegio cardenalicio, se unirán con un nuevo y más fuerte vínculo no sólo al Romano Pontífice, sino también a toda la comunidad de fieles extendida por todo el mundo. En el cumplimiento de su peculiar servicio de ayuda al ministerio petrino, los nuevos purpurados estarán llamados a considerar y valorar los acontecimientos, los problemas y criterios pastorales que atañen a la misión de toda la Iglesia. En esta delicada tarea, les servirá de ejemplo y ayuda, el testimonio de fe que el Príncipe de los Apóstoles dio con su vida y su muerte y que, por amor de Cristo, se dio por entero hasta el sacrificio extremo.

La imposición de la birreta roja ha de ser entendida también con este mismo significado. A los nuevos cardenales se les confía el servicio del amor: amor por Dios, amor por su Iglesia, amor por los hermanos con una entrega absoluta e incondicionada, hasta derramar su sangre si fuera preciso, como reza la fórmula de la imposición de la birreta e indica el color rojo de las vestiduras. Además, se les pide que sirvan a la Iglesia con amor y vigor, con la transparencia y sabiduría de los maestros, con la energía y fortaleza de los pastores, con la fidelidad y el valor de los mártires. Se trata de ser servidores eminentes de la Iglesia que tiene en Pedro el fundamento visible de la unidad.

En el pasaje evangélico que antes se ha proclamado, Jesús se presenta como siervo, ofreciéndose como modelo a imitar y seguir. Del trasfondo del tercer anuncio de la pasión, muerte y resurrección del Hijo del hombre, se aparta con llamativo contraste la escena de los dos hijos de Zebedeo, Santiago y Juan, que persiguen todavía sueños de gloria junto a Jesús. Le pidieron: «Concédenos sentarnos en tu gloria uno a tu derecha y otro a tu izquierda» (Mc 10,37). La respuesta de Jesús fue fulminante, y su interpelación inesperada: «No sabéis lo que pedís, ¿sois capaces de beber el cáliz que yo he de beber? (v. 38). La alusión es muy clara: el cáliz es el de la pasión, que Jesús acepta para cumplir la voluntad del Padre. El servicio a Dios y a los hermanos, el don de sí: esta es la lógica que la fe auténtica imprime y desarrolla en nuestra vida cotidiana y que no es en cambio el estilo mundano del poder y la gloria.

Con su petición, Santiago y Juan ponen de manifiesto que no comprenden la lógica de vida de la que Jesús da testimonio, la lógica que, según el Maestro, ha de caracterizar al discípulo, en su espíritu y en sus acciones. La lógica errónea no se encuentra sólo en los dos hijos de Zebedeo ya que, según el evangelista, contagia también «a los otros diez» apóstoles que «se indignaron contra Santiago y Juan» (v. 41). Se indignaron porque no es fácil entrar en la lógica del Evangelio y abandonar la del poder y la gloria. San Juan Crisóstomo dice que todos los apóstoles eran todavía imperfectos, tanto los dos que quieren ponerse por encima de los diez, como los otros que tienen envidia de ellos (cf. Comentario a Mateo, 65, 4: PG 58, 622). San Cirilo de Alejandría, comentando los textos paralelos del Evangelio de san Lucas, añade: «Los discípulos habían caído en la debilidad humana y estaban discutiendo entre sí sobre quién era el jefe y superior a los demás… Esto sucedió y ha sido narrado para nuestro provecho… Lo que les pasó a los santos apóstoles se puede revelar para nosotros un incentivo para la humildad» (Comentario a Lucas, 12,5,15: PG 72,912). Este episodio ofrece a Jesús la ocasión de dirigirse a todos los discípulos y «llamarlos hacia sí», casi para estrecharlos consigo, para formar como un cuerpo único e indivisible con él y señalar cuál es el camino para llegar a la gloria verdadera, la de Dios: «Sabéis que los que son reconocidos como jefes de los pueblos los tiranizan, y que los grandes los oprimen. No será así entre vosotros: el que quiera ser grande entre vosotros, que sea vuestro servidor; y el que quiera ser primero, sea esclavo de todos» (Mc 10,42-44).

Dominio y servicio, egoísmo y altruismo, posesión y don, interés y gratuidad: estas lógicas profundamente contrarias se enfrentan en todo tiempo y lugar. No hay ninguna duda sobre el camino escogido por Jesús: Él no se limita a señalarlo con palabras a los discípulos de entonces y de hoy, sino que lo vive en su misma carne. En efecto, explica: «Porque el Hijo del hombre no ha venido a ser servido, sino a servir y dar su vida en rescate por la multitud» (v.45). Estas palabras iluminan con singular intensidad el Consistorio público de hoy. Resuenan en lo más profundo del alma y representan una invitación y un llamamiento, un encargo y un impulso especialmente para vosotros, queridos y venerados Hermanos que estáis a punto de ser incorporados al Colegio cardenalicio.

Según la tradición bíblica, el Hijo del hombre es el que recibe el poder y el dominio de parte de Dios (cf. Dn 7,13s). Jesús interpreta su misión en la tierra sobreponiendo a la figura del Hijo del hombre la del Siervo sufriente, descrito por Isaías (cf. Is 53,1-12). Él recibe el poder y la gloria sólo en cuanto «siervo»; pero es siervo en cuanto que acoge en sí el destino de dolor y pecado de toda la humanidad. Su servicio se cumple en la fidelidad total y en la responsabilidad plena por los hombres. Por eso la aceptación libre de su muerte violenta es el precio de la liberación para muchos, es el inicio y el fundamento de la redención de cada hombre y de todo el género humano.

Queridos Hermanos que vais a ser incluidos en el Colegio cardenalicio. Que el don total de sí ofrecido por Cristo sobre la cruz sea para vosotros principio, estímulo y fuerza, gracias a una fe que actúa en la caridad. Que vuestra misión en la Iglesia y en el mundo sea siempre y sólo «en Cristo», que responda a su lógica y no a la del mundo, que esté iluminada por la fe y animada por la caridad que llegan hasta nosotros por la Cruz gloriosa del Señor. En el anillo que en unos instantes os entregaré, están representados los santos Pedro y Pablo, con una estrella en el centro que evoca a la Virgen. Llevando este anillo, estáis llamados cada día a recordar el testimonio de Cristo hasta la muerte que los dos Apóstoles han dado con su martirio aquí en Roma, fecundando con su sangre la Iglesia. Al mismo tiempo, el reclamo a la Virgen María será siempre para vosotros una invitación a seguir a aquella que fue firme en la fe y humilde sierva del Señor.

Al concluir esta breve reflexión, quisiera dirigir un cordial saludo, junto con mi gratitud, a todos los presentes, en particular a las Delegaciones oficiales de diversos países y a las representaciones de numerosas diócesis. Los nuevos cardenales están llamados en su servicio a permanecer siempre fieles a Cristo, dejándose guiar únicamente por su Evangelio. Queridos hermanos y hermanas, rezad para que en ellos se refleje de modo vivo nuestro único Pastor y Maestro, el Señor Jesús, fuente de toda sabiduría, que indica a todos el camino. Y pedid también por mí, para que pueda ofrecer siempre al Pueblo de Dios el testimonio de la doctrina segura y regir con humilde firmeza el timón de la santa Iglesia.

[00232-04.01] [Texto original: Italiano]

 TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

«Tu es Petrus, et super hanc petram ædificabo Ecclesiam meam»

Venerados Irmãos,
Amados irmãos e irmãs!

Com estas palavras do cântico de entrada, teve início o rito solene e sugestivo do Consistório Ordinário Público para a criação dos novos Cardeais, que inclui a imposição do barrete cardinalício, a entrega do anel e a atribuição do título. Trata-se das palavras com que Jesus constituiu, eficazmente, Pedro como firme alicerce da Igreja. E o factor qualificativo deste alicerce é a fé: realmente Simão torna-se Pedro – rocha – por ter professado a sua fé em Jesus, Messias e Filho de Deus. Quando anuncia Cristo, a Igreja está ligada a Pedro, e Pedro permanece colocado na Igreja como rocha; mas, quem edifica a Igreja, é o próprio Cristo, sendo Pedro um elemento particular da construção. E deve sê-lo por meio da fidelidade à sua confissão feita junto de Cesareia de Filipe, ou seja, em virtude da afirmação: «Tu és Cristo, o Filho de Deus vivo».

As palavras, que Jesus dirige a Pedro, põem claramente em destaque o carácter eclesial da celebração de hoje. De facto, através da atribuição do título duma igreja desta Cidade [de Roma] ou duma diocese suburbicária, os novos Cardeais ficam, para todos os efeitos, inseridos na Igreja de Roma guiada pelo Sucessor de Pedro, para cooperar estreitamente com ele no governo da Igreja universal. Estes dilectos Irmãos, que dentro de momentos começarão a fazer parte do Colégio Cardinalício, unir-se-ão, por vínculos novos e mais fortes, não só com o Pontífice Romano mas também com toda a comunidade dos fiéis espalhada pelo mundo inteiro. Com efeito, no desempenho do seu peculiar serviço de apoio ao ministério petrino, os neo-purpurados serão chamados a analisar e avaliar os casos, os problemas e os critérios pastorais que dizem respeito à missão da Igreja inteira. Nesta delicada tarefa, servir-lhes-á de exemplo e ajuda o testemunho de fé prestado pelo Príncipe dos Apóstolos, com a sua vida e morte, pois, por amor de Cristo, deu-se inteiramente até ao sacrifício extremo.

É com este significado que se deve entender também a imposição do barrete vermelho. Aos novos Cardeais, é confiado o serviço do amor: amor a Deus, amor à sua Igreja, amor aos irmãos com dedicação absoluta e incondicional – se for necessário – até ao derramamento do sangue, como diz a fórmula para a imposição do barrete cardinalício e como indica a cor vermelha das vestes que trazem. Além disso, é-lhes pedido que sirvam a Igreja com amor e vigor, com a clareza e a sabedoria dos mestres, com a energia e a fortaleza dos pastores, com a fidelidade e a coragem dos mártires. Trata-se de ser servidores eminentes da Igreja, que encontra em Pedro o fundamento visível da unidade.

No texto evangélico há pouco proclamado, Jesus apresenta-Se como servo, oferecendo-Se como modelo a imitar e a seguir. No cenário de fundo do terceiro anúncio da paixão, morte e ressurreição do Filho do Homem, sobressai, pelo seu clamoroso contraste, a cena dos dois filhos de Zebedeu, Tiago e João, que, ao lado de Jesus, ainda correm atrás de sonhos de glória. Pediram-Lhe: «Concede-nos que, na tua glória, nos sentemos um à tua direita e outro à tua esquerda» (Mc 10, 37). Contundente é a resposta de Jesus, e inesperada a sua pergunta: «Não sabeis o que pedis. Podeis beber o cálice que Eu bebo?» (Mc 10, 38). A alusão é claríssima: o cálice é o da paixão, que Jesus aceita para cumprir a vontade do Pai. O serviço a Deus e aos irmãos, a doação de si mesmo: esta é a lógica que a fé autêntica imprime e gera na nossa existência quotidiana, mas que está em contradição com o estilo mundano do poder e da glória.

Com o seu pedido, Tiago e João mostram que não compreendem a lógica de vida que Jesus testemunha, aquela lógica que deve – segundo o Mestre –caracterizar o discípulo no seu espírito e nas suas acções. E a lógica errada não reside só nos dois filhos de Zebedeu, mas, segundo o evangelista, contagia também «os outros dez» apóstolos, que «começaram a indignar-se contra Tiago e João» (Mc 10, 41). Indignam-se, porque não é fácil entrar na lógica do Evangelho, deixando a do poder e da glória. São João Crisóstomo afirma que ainda eram imperfeitos os apóstolos todos: tanto os dois que procuravam obter precedência sobre os outros dez, como os dez que tinham inveja dos dois (cf. Comentário a Mateus, 65, 4: PG 58, 622). E São Cirilo de Alexandria, ao comentar passagens paralelas no Evangelho de Lucas, acrescenta: «Os discípulos caíram na fraqueza humana e puseram-se a discutir uns com os outros qual deles seria o chefe, ficando superior aos outros. (…) Isto aconteceu e foi-nos narrado para nosso proveito. (…) O que sucedeu aos santos Apóstolos pode revelar-se, para nós, um estímulo à humildade» (Comentário a Lucas, 12, 5, 24: PG 72, 912). Este episódio deu ocasião a Jesus para Se dirigir a todos os discípulos e «chamá-los a Si», de certo modo para os estreitar a Si, a fim de formarem como que um corpo único e indivisível com Ele, e indicar qual é a estrada para se chegar à verdadeira glória, a de Deus: «Sabeis como aqueles que são considerados governantes das nações fazem sentir a sua autoridade sobre elas, e como os grandes exercem o seu poder. Não deve ser assim entre vós. Quem quiser ser grande entre vós, faça-se vosso servo, e quem quiser ser o primeiro entre vós, faça-se o servo de todos» (Mc 10, 42-44).

Domínio e serviço, egoísmo e altruísmo, posse e dom, lucro e gratuidade: estas lógicas, profundamente contrastantes, defrontam-se em todo o tempo e lugar. Não há dúvida alguma sobre a estrada escolhida por Jesus: e não Se limita a indicá-la por palavras aos discípulos de ontem e de hoje, mas vive-a na sua própria carne. Efectivamente explica: «Também o Filho do Homem não veio para ser servido, mas para servir e dar a sua via em resgate por muitos» (Mc 10, 45). Estas palavras iluminam, com singular intensidade, o Consistório público de hoje. Ecoam no fundo da alma e constituem um convite e um apelo, um legado e um encorajamento especialmente para vós, amados e venerados Irmãos que estais para ser incluídos no Colégio Cardinalício.

Segundo a tradição bíblica, o Filho do Homem é aquele que recebe de Deus o poder e o domínio (cf. Dn 7, 13-14). Jesus interpreta a sua missão na terra, sobrepondo à figura do Filho do Homem a imagem do Servo sofredor descrita por Isaías (cf. Is 53, 1-12). Ele recebe o poder e a glória apenas enquanto «servo»; mas é servo na medida em que assume sobre Si o destino de sofrimento e de pecado da humanidade inteira. O seu serviço realiza-se na fidelidade total e na plena responsabilidade pelos homens. Por isso, a livre aceitação da sua morte violenta torna-se o preço de libertação para muitos, torna-se o princípio e o fundamento da redenção de cada homem e de todo o género humano.

Amados Irmãos que estais para ser inscritos no Colégio Cardinalício! Que a doação total de Si mesmo, feita por Cristo na cruz, vos sirva de norma, estímulo e força para uma fé que actua na caridade. Que a vossa missão na Igreja e no mundo se situe sempre e só «em Cristo» e corresponda à sua lógica e não à do mundo, sendo iluminada pela fé e animada pela caridade que nos vem da Cruz gloriosa do Senhor. No anel que daqui a pouco vos entregarei, aparecem representados São Pedro e São Paulo e, no centro, uma estrela que evoca Nossa Senhora. Trazendo este anel, sois convidados diariamente a recordar o testemunho de Cristo que os dois Apóstolos deram até ao seu martírio aqui em Roma, tornando assim fecunda a Igreja com o seu sangue. Por sua vez a evocação da Virgem Maria constituirá para vós um convite incessante a seguir Aquela que permaneceu firme na fé e serva humilde do Senhor.

Ao concluir esta breve reflexão, quero dirigir a minha grata e cordial saudação a todos vós aqui presentes, particularmente às Delegações oficiais de diversos Países e aos Representantes de numerosas dioceses. No seu serviço, os novos Cardeais são chamados a permanecer fiéis a Cristo, deixando-se guiar unicamente pelo seu Evangelho. Amados irmãos e irmãs, rezai para que possa reflectir-se ao vivo neles o Senhor Jesus, o nosso único Pastor e Mestre e a fonte de toda a sabedoria que indica a estrada a todos. E rezai também por mim, para que sempre possa oferecer ao Povo de Deus o testemunho da doutrina segura e reger, com suave firmeza, o timão da santa Igreja.

[00232-06.01] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA

«Tu es Petrus, et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam»

Czcigodni Bracia,
Drodzy bracia i siostry!

Tymi słowami śpiew na wejście wprowadził nas w uroczysty i sugestywny obrzęd Zwyczajnego Konsystorza Publicznego dla kreowania nowych kardynałów, nałożenia biretów, przekazania pierścienia i przyznania kościoła tytularnego. Są to słowa skuteczne, którymi Jezus ustanowił Piotra mocnym fundamentem Kościoła. Czynnikiem jakościowym tego fundamentu jest wiara: doprawdy Szymon staje się Piotrem – opoką – jako ten, który wyznał swoją wiarę w Jezusa Mesjasza i Syna Bożego. Głosząc Chrystusa Kościół jest związany z Piotrem, a Piotr jest ustanowiony skałą dla Kościoła; lecz tym, który buduje Kościół jest sam Chrystus, Piotr musi być szczególnym elementem konstrukcji. Musi nim być przez wierność swemu wyznaniu dokonanemu w okolicy Cezarei Filipowej, mocą stwierdzenia „Ty jesteś Mesjasz, Syn Boga żywego" (Mt 16,16).

Słowa Jezusa skierowane do Piotra dobrze podkreślają kościelny charakter dzisiejszego wydarzenia. Nowi kardynałowie rzeczywiście poprzez przyznanie kościoła tytularnego w tym Mieście lub jednej z diecezji suburbikalnych są w pełni włączeni do Kościoła w Rzymie, któremu przewodzi Następca Piotra, aby z nim ściśle współpracować w zarządzaniu Kościołem powszechnym. Ci drodzy współbracia, którzy wkrótce staną się członkami Kolegium Kardynalskiego zjednoczą się nowymi i jeszcze mocniejszymi więzami nie tylko z Biskupem Rzymu, ale także z całą wspólnotą wiernych rozsianych po całym świecie. Wypełniając swoją szczególną służbę na rzecz wspierania posługi Piotrowej, nowi kardynałowie będą rzeczywiście wzywani, aby rozważać i oceniać fakty, problemy i kryteria duszpasterskie wpływające na misję całego Kościoła. W tym delikatnym zadaniu będą czerpać przykład i pomoc ze świadectwa wiary, jakie swoim życiem i śmiercią dał Książę Apostołów, który ze względu na miłość Chrystusa dał całego siebie, aż do najwyższej ofiary.

W tym sensie należy także rozumieć nałożenie czerwonego biretu. Nowym kardynałom powierzona jest posługa miłości: miłości Boga, miłości Jego Kościoła, miłości braci z bezwzględnym i bezwarunkowym poświęceniem, w razie potrzeby aż do przelania krwi, jak mówi formuła nałożenia biretu i jak wskazuje czerwony kolor noszonych szat. Oczekuje się od nich również służby Kościołowi z miłością i mocą, z całą jasnością i mądrością nauczycieli, z energią i męstwem pasterzy, z wiernością i odwagą męczenników. Chodzi o to, by byli wybitnymi sługami Kościoła, który w Piotrze znajduje widzialny fundament jedności.

W dopiero co proklamowanym fragmencie Ewangelii Jezus ukazuje się jako sługa, dając siebie jako wzór do naśladowania. Na tle trzeciej zapowiedzi męki, śmierci i zmartwychwstania Syna Człowieczego wybija się z rażącym kontrastem scena, w której dwaj synowie Zebedeusza, Jakub i Jan jeszcze gonią za marzeniami o chwale u boku Jezusa. Prosili Go: „Daj nam, żebyśmy w Twojej chwale siedzieli jeden po prawej, drugi po lewej Twojej stronie"(Mk 10,37). Piorunująca jest replika Jezusa i jego nieoczekiwane pytanie: „Nie wiecie, o co prosicie. Czy możecie pić kielich, który Ja mam pić, albo przyjąć chrzest, którym Ja mam być ochrzczony?"(w. 38). Aluzja jest niezwykle jasna: kielich jest kielichem męki, który Jezus przyjmuje, aby wypełnić wolę Ojca. Służba Bogu i braciom, dar z samego siebie: to jest logika, jaką rozwija i wyciska na naszym codziennym życiu autentyczna wiara, która nie jest światowym stylem władzy i chwały.

Jakub i Jan poprzez swoją prośbę ukazują, że nie pojęli logiki tego życia o jakim świadczy Jezus, tej logiki, która według św. Mateusza powinna charakteryzować ucznia w jego duchowości i działaniu. A błędna logika nie jest jedynie cechą dwóch synów Zebedeusza, gdyż, według ewangelisty, zaraża także „pozostałych dziesięciu" apostołów, którzy „poczęli oburzać się na Jakuba i Jana" (w. 41). Są oburzeni, bo nie jest łatwo wejść w logikę Ewangelii i porzucić logikę władzy i chwały. Św. Jan Chryzostom stwierdza, że wszyscy apostołowie byli jeszcze niedoskonali, zarówno dwaj, którzy chcieli wywyższyć się ponad dziesięciu, jak i inni, którzy im zazdrościli (por. Homilia 65 na Ewangelię według św. Mateusza, PG 58, 619-622). A komentując fragmenty paralelne w Ewangelii św. Łukasza św. Cyryl Aleksandryjski dodaje: „Uczniowie popadli w ludzką słabość i kłócili się nawzajem o to, kto byłby zwierzchnikiem i doskonalszym od innych...Wydarzyło się to i zostało nam opowiedziane dla naszej korzyści... To, co przydarzyło się świętym apostołom może okazać się dla nas bodźcem do pokory" (Komentarz do Ewangelii św. Łukasza: PG 72, 972). Wydarzenie to daje Jezusowi sposobność, aby zwrócić się do wszystkich uczniów i „przywołać ich do siebie", jakby przyciągnąć ich ku sobie, aby tworzyć jakby jedno ciało nierozdzielne od Niego i wskazać drogę do osiągnięcia prawdziwej chwały, chwały Boga: „Wiecie, że ci, którzy uchodzą za władców narodów, uciskają je, a ich wielcy dają im odczuć swą władzę. Nie tak będzie między wami. Lecz kto by między wami chciał się stać wielkim, niech będzie sługą waszym. A kto by chciał być pierwszym między wami, niech będzie niewolnikiem wszystkich" (Mk 10, 42-44).

Panowanie i służba, egoizm i altruizm, posiadanie i dar, interesowność i bezinteresowność: te głęboko sprzeczne logiki ścierają się ze sobą w każdym czasie i w każdym miejscu. Nie ma żadnej wątpliwości co do drogi obranej przez Jezusa: nie ogranicza się On jedynie do jej wskazania uczniom ówczesnym i dzisiejszym słowami, ale żyje nią w swoim własnym ciele. Faktycznie wyjaśnia: „Bo i Syn Człowieczy nie przyszedł, aby Mu służono, lecz żeby służyć i dać swoje życie na okup za wielu" (w. 45). Słowa te oświetlają z niezwykłą intensywnością dzisiejszy konsystorz publiczny. Rozbrzmiewają one w głębi duszy i stanowią zaproszenie i przypomnienie, polecenie i zachętę szczególnie dla was, drodzy i czcigodni bracia, którzy zostajecie zaliczeni do Kolegium Kardynalskiego.

Według tradycji biblijnej Syn Człowieczy to ten, kto otrzymuje władzę i panowanie od Boga (por. Dn 7, 13n). Jezus interpretuje swoją misję na ziemi przedkładając nad postać Syna Człowieczego postać cierpiącego Sługi, opisanego przez proroka Izajasza (por. Iz 53, 1-12). Otrzymuje On moc i chwałę jedynie jako „sługa"; jest sługą jedynie na tyle na ile przyjmuje na siebie przyszłość boleści i grzechu całej ludzkości. Jego służba dokonuje się w całkowitej wierności i pełnej odpowiedzialności względem ludzi. Z tego powodu dobrowolne przyjęcie okrutnej śmierci staje się ceną wyzwolenia dla wielu, staje się początkiem i podstawą odkupienia każdego człowieka i całego rodzaju ludzkiego.

Drodzy bracia, którzy za chwilę zostaniecie włączeni do Kolegium Kardynalskiego! Całkowity dar z siebie złożony przez Chrystusa na krzyżu niech będzie dla was normą postępowania, bodźcem i siłą do takiej wiary, która działa w miłości. Wasza misja w Kościele i świecie niech zawsze będzie wyłącznie „w Chrystusie", niech odpowiada na Jego logikę, a nie logikę świata, niech będzie rozjaśniana wiarą i ożywiana miłością, które docierają do nas z chwalebnego krzyża Pana. Na pierścieniu, który wam za chwilę przekażę są przedstawieni święci Piotr i Paweł, a w środku gwiazda symbolizującą Matkę Bożą. Nosząc ten pierścień, jesteście powołani, aby każdego dnia pamiętać o świadectwie, jakie dwaj apostołowie dali o Chrystusie aż do męczeńskiej śmierci, tu w Rzymie, użyźniając w ten sposób Kościół swoją krwią. Natomiast przypomnienie Maryi Panny będzie dla was zawsze zachętą do naśladowania tej, która była mocna w wierze i która była pokorną służebnicą Pańską.

Kończąc tę krótką refleksję, chciałbym skierować do was wszystkich tu obecnych, a zwłaszcza do oficjalnych przedstawicieli różnych krajów i licznych diecezji, moje serdeczne pozdrowienie i podziękowanie. Nowi kardynałowie w swej posłudze są powołani, aby wytrwać w wierności Chrystusowi, pozwalając kierować jedynie Jego Ewangelią. Drodzy bracia i siostry, módlcie się, aby mógł się w nich odzwierciedlić w sposób żywy jedyny nasz Pasterz i Nauczyciel, Pan Jezus, źródło wszelkiej mądrości wszystkim wskazujące drogę. Módlcie się także za mnie, abym mógł zawsze dawać Ludowi Bożemu świadectwo nauki pewnej i trzymać z łagodną stanowczością ster Kościoła świętego.

[00232-09.01] [Testo originale: Polacco]

[B0100-XX.02]