Alle ore 12 di oggi, Solennità del Natale del Signore, dalla Loggia della Benedizione il Santo Padre Benedetto XVI rivolge il tradizionale Messaggio natalizio ai fedeli presenti in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione.
Questo il testo del Messaggio del Santo Padre per il Natale 2011:
● MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero!
Cristo è nato per noi! Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama. A tutti giunga l’eco dell’annuncio di Betlemme, che la Chiesa Cattolica fa risuonare in tutti i continenti, al di là di ogni confine di nazionalità, di lingua e di cultura. Il Figlio di Maria Vergine è nato per tutti, è il Salvatore di tutti.
Così lo invoca un’antica antifona liturgica: "O Emmanuele, nostro re e legislatore, speranza e salvezza dei popoli: vieni a salvarci, o Signore nostro Dio". Veni ad salvandum nos! Vieni a salvarci! Questo è il grido dell’uomo di ogni tempo, che sente di non farcela da solo a superare difficoltà e pericoli. Ha bisogno di mettere la sua mano in una mano più grande e più forte, una mano che dall’alto si tenda verso di lui. Cari fratelli e sorelle, questa mano è Cristo, nato a Betlemme dalla Vergine Maria. Lui è la mano che Dio ha teso all’umanità, per farla uscire dalle sabbie mobili del peccato e metterla in piedi sulla roccia, la salda roccia della sua Verità e del suo Amore (cfr Sal 40,3).
Sì, questo significa il nome di quel Bambino, il nome che, per volere di Dio, gli hanno dato Maria e Giuseppe: si chiama Gesù, che significa "Salvatore" (cfr Mt 1,21; Lc 1,31). Egli è stato inviato da Dio Padre per salvarci soprattutto dal male profondo, radicato nell’uomo e nella storia: quel male che è la separazione da Dio, l’orgoglio presuntuoso di fare da sé, di mettersi in concorrenza con Dio e sostituirsi a Lui, di decidere che cosa è bene e che cosa è male, di essere il padrone della vita e della morte (cfr Gen 3,1-7). Questo è il grande male, il grande peccato, da cui noi uomini non possiamo salvarci se non affidandoci all’aiuto di Dio, se non gridando a Lui: "Veni ad salvandum nos! - Vieni a salvarci!".
Il fatto stesso di elevare al Cielo questa invocazione, ci pone già nella giusta condizione, ci mette nella verità di noi stessi: noi infatti siamo coloro che hanno gridato a Dio e sono stati salvati (cfr Est [greco] 10,3f). Dio è il Salvatore, noi quelli che si trovano nel pericolo. Lui è il medico, noi i malati. Riconoscerlo, è il primo passo verso la salvezza, verso l’uscita dal labirinto in cui noi stessi ci chiudiamo con il nostro orgoglio. Alzare gli occhi al Cielo, protendere le mani e invocare aiuto è la via di uscita, a patto che ci sia Qualcuno che ascolta, e che può venire in nostro soccorso.
Gesù Cristo è la prova che Dio ha ascoltato il nostro grido. Non solo! Dio nutre per noi un amore così forte, da non poter rimanere in Se stesso, da uscire da Se stesso e venire in noi, condividendo fino in fondo la nostra condizione (cfr Es 3,7-12). La risposta che Dio ha dato in Gesù al grido dell’uomo supera infinitamente la nostra attesa, giungendo ad una solidarietà tale che non può essere soltanto umana, ma divina. Solo il Dio che è amore e l’amore che è Dio poteva scegliere di salvarci attraverso questa via, che è certamente la più lunga, ma è quella che rispetta la verità sua e nostra: la via della riconciliazione, del dialogo, della collaborazione.
Perciò, cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero, in questo Natale 2011, rivolgiamoci al Bambino di Betlemme, al Figlio della Vergine Maria, e diciamo: "Vieni a salvarci!". Lo ripetiamo in unione spirituale con tante persone che vivono situazioni particolarmente difficili, e facendoci voce di chi non ha voce.
Insieme invochiamo il divino soccorso per le popolazioni del Corno d’Africa, che soffrono a causa della fame e delle carestie, talvolta aggravate da un persistente stato di insicurezza. La Comunità internazionale non faccia mancare il suo aiuto ai numerosi profughi provenienti da tale Regione, duramente provati nella loro dignità.
Il Signore doni conforto alle popolazioni del Sud-Est asiatico, particolarmente della Thailandia e delle Filippine, che sono ancora in gravi situazioni di disagio a causa delle recenti inondazioni.
Il Signore soccorra l’umanità ferita dai tanti conflitti, che ancora oggi insanguinano il Pianeta. Egli, che è il Principe della Pace, doni pace e stabilità alla Terra che ha scelto per venire nel mondo, incoraggiando la ripresa del dialogo tra Israeliani e Palestinesi. Faccia cessare le violenze in Siria, dove tanto sangue è già stato versato. Favorisca la piena riconciliazione e la stabilità in Iraq ed in Afghanistan. Doni un rinnovato vigore nell’edificazione del bene comune a tutte le componenti della società nei Paesi nord africani e mediorientali.
La nascita del Salvatore sostenga le prospettive di dialogo e di collaborazione in Myanmar, nella ricerca di soluzioni condivise. Il Natale del Redentore garantisca stabilità politica ai Paesi della Regione africana dei Grandi Laghi ed assista l’impegno degli abitanti del Sud Sudan per la tutela dei diritti di tutti i cittadini.
Cari fratelli e sorelle, rivolgiamo lo sguardo alla Grotta di Betlemme: il Bambino che contempliamo è la nostra salvezza! Lui ha portato al mondo un messaggio universale di riconciliazione e di pace. Apriamogli il nostro cuore, accogliamolo nella nostra vita. Ripetiamogli con fiducia e speranza: "Veni ad salvandum nos!".
[01852-01.01]
● TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE
Chers frères et sœurs de Rome et du monde entier !
Le Christ est né pour nous ! Gloire à Dieu au plus haut des cieux et paix sur la terre aux hommes qu’Il aime. Qu’à tous parvienne l’écho de l’annonce de Bethleem, que l’Église Catholique fait retentir dans tous les continents, au-delà de toute frontière de nationalité, de langue et de culture. Le Fils de la Vierge Marie est né pour tous, il est le Sauveur de tous.
Une antique antienne liturgique l’invoque ainsi : « O Emmanuel, notre Législateur et notre Roi, espérance et salut des nations, viens, Seigneur, viens nous sauver ! » Veni ad salvandum nos ! Viens nous sauver ! C’est le cri de l’homme de tous les temps, qui se sent incapable de surmonter tout seul difficultés et périls. Il a besoin de mettre sa main dans une main plus grande et plus forte, une main qui de là-haut se tende vers lui. Chers frères et sœurs, cette main c’est le Christ, né à Bethléem de la Vierge Marie. Il est la main que Dieu a tendue à l’humanité, pour la faire sortir des sables mouvants du péché et la faire reprendre pied sur le roc, le roc solide de sa Vérité et de son Amour (cf. Ps 39 [40], 3).
Oui, voici le sens du nom de cet Enfant, le nom que, par volonté de Dieu, lui ont donné Marie et Joseph : il s’appelle Jésus, c'est-à-dire « Le-Seigneur-sauve » (cf. Mt 1, 21 ; Lc 1, 31). Il a été envoyé par Dieu le Père pour nous sauver surtout du mal profond, enraciné dans l’homme et dans l’histoire : ce mal qui est la séparation d’avec Dieu, l’orgueil et la présomption d’agir par soi-même, de se mettre en concurrence avec Dieu et de se substituer à Lui, de décider ce qui est bien et ce qui est mal, d’être le maître de la vie et de la mort (cf. Gn 3, 1-7). C’est le grand mal, le grand péché, dont nous les hommes, nous ne pouvons pas nous sauver si nous ne nous en remettons pas à l’aide de Dieu, si nous ne crions pas vers Lui : « Veni ad salvandum nos ! – Viens nous sauver ! »
Le fait même d’élever vers le Ciel cette invocation, nous met déjà dans la juste condition, nous met dans la vérité de nous-mêmes : en effet, nous sommes ceux qui ont crié vers Dieu et qui ont été sauvés (cf. Est [grec] 10, 3f). Dieu est le Sauveur, nous sommes ceux qui sont en danger. Il est le médecin, nous sommes les malades. Le reconnaître est le premier pas vers le salut, vers la sortie du labyrinthe dans lequel nous nous enfermons nous-mêmes par notre orgueil. Lever les yeux vers le Ciel, tendre les mains et demander de l’aide c’est la voie de sortie, pourvu qu’il y ait Quelqu’un qui écoute, et qui peut venir à notre secours.
Jésus Christ est la preuve que Dieu a écouté notre cri. Pas seulement ! Dieu nourrit pour nous un amour si fort qu’Il ne peut pas rester en Lui-même, qu’Il sort de Lui-même et vient en nous, partageant au plus profond notre condition (cf. Ex 3, 7-12). La réponse que Dieu a donnée en Jésus au cri de l’homme dépasse infiniment notre attente, atteignant une solidarité telle qu’elle ne peut être seulement humaine, mais divine. Seul le Dieu qui est amour et l’amour qui est Dieu pouvait choisir de nous sauver par cette voie, qui est certainement la plus longue, mais qui est celle qui respecte sa vérité et la nôtre : la voie de la réconciliation, du dialogue, de la collaboration.
C’est pourquoi, chers frères et sœurs de Rome et du monde entier, en ce Noël 2011, tournons-nous vers l’Enfant de Bethléem, vers le Fils de la Vierge Marie, et disons : « Viens nous sauver ! ». Nous le répétons en union spirituelle avec tant de personnes qui vivent des situations particulièrement difficiles, et en nous faisant la voix de celui qui n’a pas de voix.
Ensemble, invoquons l’aide divine pour les populations de la Corne de l’Afrique qui souffrent de la faim et de la famine, souvent aggravées par une situation persistante d’insécurité. Que la Communauté internationale ne prive pas de son aide les nombreux réfugiés provenant de cette Région, durement éprouvés dans leur dignité.
Puisse le Seigneur donner du réconfort aux populations de l’Asie du sud-est, particulièrement de la Thaïlande et des Philippines, qui sont encore dans de graves situations de souffrance à cause des récentes inondations.
Puisse le Seigneur secourir l’humanité blessée par de nombreux conflits qui, aujourd’hui encore, ensanglantent la planète. Lui, qui est le Prince de la Paix, qu’il donne paix et stabilité à la Terre qu’il a choisie pour venir dans le monde, encourageant la reprise du dialogue entre Israéliens et Palestiniens. Qu’il fasse cesser les violences en Syrie, où beaucoup de sang a déjà été versé. Qu’il favorise la pleine réconciliation et la stabilité en Irak et en Afghanistan. Qu’il donne une vigueur renouvelée, pour l’édification du bien commun, à toutes les composantes de la société dans les Pays de l’Afrique du Nord et du Moyen-Orient.
Puisse la naissance du Sauveur soutenir les perspectives de dialogue et de collaboration au Myanmar, pour la recherche de solutions partagées. Que la Nativité du Rédempteur garantisse la stabilité politique aux Pays africains de la Région des Grands Lacs et accompagne l’engagement des habitants du Sud-Soudan pour la sauvegarde des droits de tous les citoyens.
Chers frères et sœurs, tournons notre regard vers la Grotte de Bethléem : l’Enfant que nous contemplons est notre salut ! Il a apporté au monde un message universel de réconciliation et de paix. Ouvrons-lui notre cœur, accueillons-le dans notre vie. Répétons-lui avec confiance et espérance : « Vieni ad salvandum nos ! ».
[01852-03.01]
● TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
Dear Brothers and Sisters in Rome and throughout the world!
Christ is born for us! Glory to God in the highest and peace on earth to the men and women whom he loves. May all people hear an echo of the message of Bethlehem which the Catholic Church repeats in every continent, beyond the confines of every nation, language and culture. The Son of the Virgin Mary is born for everyone; he is the Saviour of all.
This is how Christ is invoked in an ancient liturgical antiphon: "O Emmanuel, our king and lawgiver, hope and salvation of the peoples: come to save us, O Lord our God". Veni ad salvandum nos! Come to save us! This is the cry raised by men and women in every age, who sense that by themselves they cannot prevail over difficulties and dangers. They need to put their hands in a greater and stronger hand, a hand which reaches out to them from on high. Dear brothers and sisters, this hand is Christ, born in Bethlehem of the Virgin Mary. He is the hand that God extends to humanity, to draw us out of the mire of sin and to set us firmly on rock, the secure rock of his Truth and his Love (cf. Ps 40:2).
This is the meaning of the Child’s name, the name which, by God’s will, Mary and Joseph gave him: he is named Jesus, which means "Saviour" (cf. Mt 1:21; Lk 1:31). He was sent by God the Father to save us above all from the evil deeply rooted in man and in history: the evil of separation from God, the prideful presumption of being self-sufficient, of trying to compete with God and to take his place, to decide what is good and evil, to be the master of life and death (cf. Gen 3:1-7). This is the great evil, the great sin, from which we human beings cannot save ourselves unless we rely on God’s help, unless we cry out to him: "Veni ad salvandum nos! – Come to save us!"
The very fact that we cry to heaven in this way already sets us aright; it makes us true to ourselves: we are in fact those who cried out to God and were saved (cf. Esth [LXX] 10:3ff.). God is the Saviour; we are those who are in peril. He is the physician; we are the infirm. To realize this is the first step towards salvation, towards emerging from the maze in which we have been locked by our pride. To lift our eyes to heaven, to stretch out our hands and call for help is our means of escape, provided that there is Someone who hears us and can come to our assistance.
Jesus Christ is the proof that God has heard our cry. And not only this! God’s love for us is so strong that he cannot remain aloof; he comes out of himself to enter into our midst and to share fully in our human condition (cf. Ex 3:7-12). The answer to our cry which God gave in Jesus infinitely transcends our expectations, achieving a solidarity which cannot be human alone, but divine. Only the God who is love, and the love which is God, could choose to save us in this way, which is certainly the lengthiest way, yet the way which respects the truth about him and about us: the way of reconciliation, dialogue and cooperation.
Dear brothers and sisters in Rome and throughout the world, on this Christmas 2011, let us then turn to the Child of Bethlehem, to the Son of the Virgin Mary, and say: "Come to save us!" Let us repeat these words in spiritual union with the many people who experience particularly difficult situations; let us speak out for those who have no voice.
Together let us ask God’s help for the peoples of the Horn of Africa, who suffer from hunger and food shortages, aggravated at times by a persistent state of insecurity. May the international community not fail to offer assistance to the many displaced persons coming from that region and whose dignity has been sorely tried.
May the Lord grant comfort to the peoples of South-East Asia, particularly Thailand and the Philippines, who are still enduring grave hardships as a result of the recent floods.
May the Lord come to the aid of our world torn by so many conflicts which even today stain the earth with blood. May the Prince of Peace grant peace and stability to that Land where he chose to come into the world, and encourage the resumption of dialogue between Israelis and Palestinians. May he bring an end to the violence in Syria, where so much blood has already been shed. May he foster full reconciliation and stability in Iraq and Afghanistan. May he grant renewed vigour to all elements of society in the countries of North Africa and the Middle East as they strive to advance the common good.
May the birth of the Saviour support the prospects of dialogue and cooperation in Myanmar, in the pursuit of shared solutions. May the Nativity of the Redeemer ensure political stability to the countries of the Great Lakes Region of Africa, and assist the people of South Sudan in their commitment to safeguarding the rights of all citizens.
Dear Brothers and Sisters, let us turn our gaze anew to the grotto of Bethlehem. The Child whom we contemplate is our salvation! He has brought to the world a universal message of reconciliation and peace. Let us open our hearts to him; let us receive him into our lives. Once more let us say to him, with joy and confidence: "Veni ad salvandum nos!"
[01852-02.01]
● TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA
Liebe Brüder und Schwestern aus Rom und der ganzen Welt!
Christus ist uns geboren! Ehre sei Gott in der Höhe und Friede auf Erden den Menschen seiner Gnade. Zu allen gelange die Verkündigung von Bethlehem, welche die Katholische Kirche in allen Kontinenten über alle Grenzen der Nationalität, der Sprache und der Kultur hinweg erschallen läßt. Der Sohn der Jungfrau Maria ist für alle geboren, er ist der Retter aller.
So ruft ihn eine alte liturgische Antiphon an: „ O Immanuel, unser König und Lehrer, Sehnsucht der Völker und ihr Erlöser: Komm und errette uns, Herr, unser Gott!" Veni ad salvandum nos! Komm und errette uns! Das ist zu allen Zeiten der Ruf des Menschen, der spürt, daß er alleine nicht fähig ist, Schwierigkeiten und Gefahren zu überwinden. Er ist darauf angewiesen, seine Hand in eine größere und stärkere Hand zu legen, in eine Hand, die sich von oben her ihm entgegenstreckt. Liebe Brüder und Schwestern, diese Hand ist Christus, der in Bethlehem von der Jungfrau Maria geboren wurde. Er ist die Hand, die Gott der Menschheit gereicht hat, um sie aus dem Fließsand der Sünde herauszuholen und sie auf den Felsen zu stellen, auf den sicheren Fels seiner Wahrheit und seiner Liebe (vgl. Ps 40,3).
Ja, das bedeutet der Name jenes Kindes, der Name, den Joseph und Maria ihm nach Gottes Willen gegeben haben: Er heißt Jesus, was „Retter" bedeutet (vgl. Mt 1,21; Lk 1,31). Er ist von Gottvater gesandt worden, um uns vor allem von jenem tiefsitzenden, im Menschen und in der Geschichte verwurzelten Übel zu erretten, das die Trennung von Gott ist, der anmaßende Stolz, von sich aus zu handeln, sich in Konkurrenz zu Gott und an seine Stelle zu setzen, zu entscheiden, was gut und was böse ist, Herr über Leben und Tod zu sein (vgl. Gen 3,1-7). Das ist das große Übel, die große Sünde, aus der wir Menschen uns nicht erretten können, wenn wir uns nicht der Hilfe Gottes anvertrauen, wenn wir nicht zu ihm rufen: „Veni ad salvandum nos! – Komm und errette uns!"
Schon die Tatsache selbst, diesen Ruf zum Himmel zu erheben, versetzt uns in die rechte Lage, stellt uns in die Wahrheit über uns selbst: Wir sind es ja, die zu Gott geschrieen haben und die von ihm erlöst worden sind (vgl. Est [LXX] 10,3f). Gott ist der Retter, und wir sind die, die sich in Gefahr befinden. Er ist der Arzt, wir sind die Kranken. Das anzuerkennen ist der erste Schritt zum Heil, zum Auszug aus dem Labyrinth, in das wir selbst uns mit unserem Stolz einschließen. Die Augen zum Himmel zu erheben, die Hände auszustrecken und um Hilfe zu rufen, ist der Ausweg, vorausgesetzt, daß dort Jemand ist, der zuhört und uns zu Hilfe kommen kann.
Jesus Christus ist der Beweis, daß Gott unseren Schrei erhört hat. Und nicht nur das! Gott hegt eine so starke Liebe zu uns, daß er nicht in sich selbst bleiben kann, sondern aus sich selbst herausgeht und zu uns hereintritt, unsere Lage bis zum Äußersten teilt (vgl. Ex 3,7-12). Die Antwort, die Gott in Jesus auf den Schrei des Menschen gegeben hat, übertrifft unendlich unsere Erwartung, indem sie zu einer solchen Solidarität gelangt, daß sie nicht nur menschlich sein kann, sondern göttlich. Allein der Gott, der die Liebe ist, und die Liebe, die Gott ist, konnte die Wahl treffen, uns auf diesem Weg zu retten, der sicher der längste ist, aber auch der, welcher seine und unsere Wahrheit berücksichtigt: der Weg der Versöhnung, des Dialogs, der Zusammenarbeit.
Darum, liebe Brüder und Schwestern aus Rom und der ganzen Welt, wenden wir uns an diesem Weihnachten 2011 an das Kind von Bethlehem, den Sohn der Jungfrau Maria, und sagen wir: „Komm und errette uns!" Wir wiederholen es im Geist vereint mit den vielen Menschen, die in besonders schwierigen Situationen leben, und machen uns zum Sprecher derer, die keine Stimme haben.
Gemeinsam rufen wir die göttliche Hilfe für die Bevölkerungen am Horn von Afrika an, die unter Hunger und Not leiden, manchmal noch verschlimmert durch einen anhaltenden Zustand der Unsicherheit. Die Internationale Gemeinschaft lasse es nicht an ihrer Hilfe für die zahlreichen Flüchtlinge aus jener Region fehlen, die in ihrer Würde hart auf die Probe gestellt sind.
Der Herr schenke den Bevölkerungen von Süd-Ost-Asien Trost, besonders denen aus Thailand und den Philippinen, die sich aufgrund der jüngsten Überflutungen noch in schweren Situationen der Entbehrung und Mühsal befinden.
Der Herr eile der Menschheit zu Hilfe, die durch so viele Konflikte verwundet ist, die noch heute die Erde mit Blut beflecken. Er, der der Friedensfürst ist, schenke dem Land, das er erwählt hat, um zur Welt zu kommen, Frieden und Stabilität, indem er zur Wiederaufnahme des Dialogs zwischen Israeliten du Palästinensern ermutige. Er lasse die Gewalttätigkeiten in Syrien aufhören, wo schon so viel Blut vergossen worden ist. Er begünstige volle Versöhnung und Stabilität im Irak und in Afghanistan. Er schenke allen Teilen der Gesellschaft in den Ländern Nordafrikas und des Vorderen Orients neue Kraft beim Aufbau des Allgemeinwohls.
Die Geburt des Retters unterstütze die Aussichten auf Dialog und Zusammenarbeit in Myanmar, auf der Suche nach gemeinsam angenommenen Lösungen. Das Geburtsfest des Erlösers möge den Ländern der Region der Großen Afrikanischen Seen politische Stabilität garantieren und unterstütze den Einsatz der Bewohner Süd-Sudans für die Wahrung der Rechte aller Bürger.
Liebe Brüder und Schwestern, richten wir unseren Blick auf die Grotte von Bethlehem: Das Kind, das wir betrachten, ist unser Heil! Er hat der Welt eine allumfassende Botschaft der Versöhnung und des Friedens gebracht. Öffnen wir ihm unser Herz, nehmen wir ihn in unser Leben auf. Wiederholen wir ihm voll Vertrauen und Hoffnung: „Veni ad salvandum nos!"
[01852-05.01]
● TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA
Queridos hermanos y hermanas de Roma y del mundo entero
Cristo nos ha nacido. Gloria a Dios en el cielo, y paz a los hombres que él ama. Que llegue a todos el eco del anuncio de Belén, que la Iglesia católica hace resonar en todos los continentes, más allá de todo confín de nacionalidad, lengua y cultura. El Hijo de la Virgen María ha nacido para todos, es el Salvador de todos.
Así lo invoca una antigua antífona litúrgica: «Oh Emmanuel, rey y legislador nuestro, esperanza de las naciones y salvador de los pueblos, ven a salvarnos, Señor Dios nuestro». Veni ad salvandum nos. Este es el clamor del hombre de todos los tiempos, que siente no saber superar por sí solo las dificultades y peligros. Que necesita poner su mano en otra más grande y fuerte, una mano tendida hacia él desde lo alto. Queridos hermanos y hermanas, esta mano es Cristo, nacido en Belén de la Virgen María. Él es la mano que Dios ha tendido a la humanidad, para hacerla salir de las arenas movedizas del pecado y ponerla en pie sobre la roca, la roca firme de su verdad y de su amor (cf. Sal 40,3).
Sí, esto significa el nombre de aquel niño, el nombre que, por voluntad de Dios, le dieron María y José: se llama Jesús, que significa «Salvador» (cf. Mt 1,21; Lc 1,31). Él fue enviado por Dios Padre para salvarnos sobre todo del mal profundo arraigado en el hombre y en la historia: ese mal de la separación de Dios, del orgullo presuntuoso de actuar por sí solo, del ponerse en concurrencia con Dios y ocupar su puesto, del decidir lo que es bueno y es malo, del ser el dueño de la vida y de la muerte (cf. Gn 3,1-7). Este es el gran mal, el gran pecado, del cual nosotros los hombres no podemos salvarnos si no es encomendándonos a la ayuda de Dios, si no es implorándole: «Veni ad salvandum nos - Ven a salvarnos».
Ya el mero hecho de esta súplica al cielo nos pone en la posición justa, nos adentra en la verdad de nosotros mismos: nosotros, en efecto, somos los que clamaron a Dios y han sido salvados (cf. Est 10,3f [griego]). Dios es el Salvador, nosotros, los que estamos en peligro. Él es el médico, nosotros, los enfermos. Reconocerlo es el primer paso hacia la salvación, hacia la salida del laberinto en el que nosotros mismos nos encerramos con nuestro orgullo. Levantar los ojos al cielo, extender las manos e invocar ayuda, es la vía de salida, siempre y cuando haya Alguien que escucha, y que pueda venir en nuestro auxilio.
Jesucristo es la prueba de que Dios ha escuchado nuestro clamor. Y, no sólo. Dios tiene un amor tan fuerte por nosotros, que no puede permanecer en sí mismo, que sale de sí mismo y viene entre nosotros, compartiendo nuestra condición hasta el final (cf. Ex 3,7-12). La respuesta que Dios ha dado en Jesús al clamor del hombre supera infinitamente nuestras expectativas, llegando a una solidaridad tal, que no puede ser sólo humana, sino divina. Sólo el Dios que es amor y el amor que es Dios podía optar por salvarnos por esta vía, que es sin duda la más larga, pero es la que respeta su verdad y la nuestra: la vía de la reconciliación, el diálogo y la colaboración.
Por tanto, queridos hermanos y hermanas de Roma y de todo el mundo, dirijámonos en esta Navidad 2011 al Niño de Belén, al Hijo de la Virgen María, y digamos: «Ven a salvarnos». Lo reiteramos unidos espiritualmente tantas personas que viven situaciones difíciles, y haciéndonos voz de los que no tienen voz.
Invoquemos juntos el auxilio divino para los pueblos del Cuerno de África, que sufren a causa del hambre y la carestía, a veces agravada por un persistente estado de inseguridad. Que la comunidad internacional no haga faltar su ayuda a los muchos prófugos de esta región, duramente probados en su dignidad.
Que el Señor conceda consuelo a la población del sureste asiático, especialmente de Tailandia y Filipinas, que se encuentran aún en grave situación de dificultad a causa de las recientes inundaciones.
Y que socorra a la humanidad afligida por tantos conflictos que todavía hoy ensangrientan el planeta. Él, que es el Príncipe de la paz, conceda la paz y la estabilidad a la Tierra en la que ha decidido entrar en el mundo, alentando a la reanudación del diálogo entre israelíes y palestinos. Que haga cesar la violencia en Siria, donde ya se ha derramado tanta sangre. Que favorezca la plena reconciliación y la estabilidad en Irak y Afganistán. Que dé un renovado vigor a la construcción del bien común en todos los sectores de la sociedad en los países del norte de África y Oriente Medio.
Que el nacimiento del Salvador afiance las perspectivas de diálogo y la colaboración en Myanmar, en la búsqueda de soluciones compartidas. Que nacimiento del Redentor asegure estabilidad política en los países de la región africana de los Grandes Lagos y fortaleza el compromiso de los habitantes de Sudán del Sur para proteger los derechos de todos los ciudadanos
Queridos hermanos y hermanas, volvamos la vista a la gruta de Belén: el niño que contemplamos es nuestra salvación. Él ha traído al mundo un mensaje universal de reconciliación y de paz. Abrámosle nuestros corazones, démosle la bienvenida en nuestras vidas. Repitámosle con confianza y esperanza: «Veni ad salvandum nos».
[01852-04.01]
● TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE
Amados irmãos e irmãs de Roma e do mundo inteiro!
Cristo nasceu para nós! Glória a Deus nas alturas e paz na terra aos homens do seu agrado: a todos chegue o eco deste anúncio de Belém, que a Igreja Católica faz ressoar por todos os continentes, sem olhar a fronteiras nacionais, linguísticas e culturais. O Filho de Maria Virgem nasceu para todos; é o Salvador de todos.
Numa antífona litúrgica antiga, Ele é invocado assim: «Ó Emanuel, nosso rei e legislador, esperança e salvação dos povos! Vinde salvar-nos, Senhor nosso Deus». Veni ad salvandum nos! Vinde salvar-nos! Tal é o grito do homem de todo e qualquer tempo que, sozinho, se sente incapaz de superar dificuldades e perigos. Precisa de colocar a sua mão numa mão maior e mais forte, uma mão do Alto que se estenda para ele. Amados irmãos e irmãs, esta mão é Cristo, nascido em Belém da Virgem Maria. Ele é a mão que Deus estendeu à humanidade, para fazê-la sair das areias movediças do pecado e segurá-la de pé sobre a rocha, a rocha firme da sua Verdade e do seu Amor (cf. Sal 40, 3).
E é isto mesmo o que significa o nome daquele Menino (o nome que, por vontade de Deus, Lhe deram Maria e José): chama-se Jesus, que significa «Salvador» (cf. Mt 1, 21; Lc 1, 31). Ele foi enviado por Deus Pai, para nos salvar sobretudo do mal mais profundo que está radicado no homem e na história: o mal que é a separação de Deus, o orgulho presunçoso do homem fazer como lhe apetece, de fazer concorrência a Deus e substituir-se a Ele, de decidir o que é bem e o que é mal, de ser o senhor da vida e da morte (cf. Gn 3, 1-7). Este é o grande mal, o grande pecado, do qual nós, homens, não nos podemos salvar senão confiando-nos à ajuda de Deus, senão gritando por Ele: «Veni ad salvadum nos – Vinde salvar-nos!»
O próprio facto de elevarmos ao Céu esta imploração já nos coloca na justa condição, já nos coloca na verdade do que somos nós mesmos: realmente nós somos aqueles que gritaram por Deus e foram salvos (cf. Est (em grego) 10, 3f). Deus é o Salvador, nós aqueles que se encontram em perigo. Ele é o médico, nós os doentes. O facto de reconhecer isto mesmo é o primeiro passo para a salvação, para a saída do labirinto onde nós mesmos, com o nosso orgulho, nos encerramos. Levantar os olhos para o Céu, estender as mãos e implorar ajuda é o caminho de saída, contanto que haja Alguém que escute e possa vir em nosso socorro.
Jesus Cristo é a prova de que Deus escutou o nosso grito. E não só! Deus nutre por nós um amor tão forte que não pôde permanecer em Si mesmo, mas teve de sair de Si mesmo e vir ter connosco, partilhando até ao fundo a nossa condição (cf. Ex 3, 7-12). A resposta que Deus deu, em Cristo, ao grito do homem, supera infinitamente as nossas expectativas, chegando a uma solidariedade tal que não pode ser simplesmente humana, mas divina. Só o Deus que é amor e o amor que é Deus podia escolher salvar-nos através deste caminho, que é certamente o mais longo, mas é aquele que respeita a verdade d’Ele e nossa: o caminho da reconciliação, do diálogo e da colaboração.
Por isso, amados irmãos e irmãs de Roma e do mundo inteiro, neste Natal de 2011, dirijamo-nos ao Menino de Belém, ao Filho da Virgem Maria e digamos: «Vinde salvar-nos»! Repitamo-lo em união espiritual com tantas pessoas que atravessam situações particularmente difíceis, fazendo-nos voz de quem a não tem.
Juntos, invoquemos o socorro divino para as populações do Nordeste da África, que padecem fome por causa das carestias, por vezes ainda agravadas por um estado persistente de insegurança. A comunidade internacional não deixe faltar a sua ajuda aos numerosos refugiados vindos daquela Região, duramente provados na sua dignidade.
O Senhor dê conforto às populações do Sudeste asiático, particularmente da Tailândia e das Filipinas, que se encontram ainda em graves situações de emergência devido às recentes inundações.
O Senhor socorra a humanidade ferida por tantos conflitos, que ainda hoje ensanguentam o Planeta. Ele, que é o Príncipe da Paz, dê paz e estabilidade à Terra onde escolheu vir ao mundo, encorajando a retoma do diálogo entre israelitas e palestinianos. Faça cessar as violências na Síria, onde já foi derramado tanto sangue. Favoreça a plena reconciliação e a estabilidade no Iraque e no Afeganistão. Dê um renovado vigor, na edificação do bem comum, a todos os componentes da sociedade nos países do Norte da África e do Médio Oriente.
O nascimento do Salvador sustente as perspectivas de diálogo e colaboração no Myanmar à procura de soluções compartilhadas. O Natal do Redentor garanta a estabilidade política nos países da região africana dos Grande Lagos e assista o empenho dos habitantes do Sudão do Sul na tutela dos direitos de todos os cidadãos.
Amados irmãos e irmãs, dirijamos o olhar para a Gruta de Belém: o Menino que contemplamos é a nossa salvação. Ele trouxe ao mundo uma mensagem universal de reconciliação e de paz. Abramos- Lhe o nosso coração, acolhamo-Lo na nossa vida. Repitamos-Lhe com confiada esperança: «Veni ad salvandum nos».
[01852-06.01]
● TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA
Drodzy bracia i siostry z Rzymu i całego świata!
Chrystus nam się narodził! Chwała Bogu na wysokościach, a na ziemi pokój ludziom Jego upodobania. Do wszystkich dociera echo wieści z Betlejem, którą Kościół katolicki głosi na wszystkich kontynentach, przekraczając wszelkie granice narodowości, języka i kultury. Syn Maryi Dziewicy narodził się dla wszystkich, jest Zbawicielem wszystkich.
Starożytna antyfona liturgiczna przyzywa Go następującymi słowy: "O Emmanuelu, królu nasz i Prawodawco, nadziejo i ratunku narodów; przyjdź nas wybawić, nasz Panie i Boże". Veni ad salvandum nos! Przyjdź nas wybawić! Jest to wołanie człowieka każdego czasu, który czuje, że sam nie jest w stanie przezwyciężyć trudności i niebezpieczeństw. Odczuwa potrzebę złożenia swej dłoni w dłoń większą i silniejszą, w dłoń, która z wysoka wyciąga się ku niemu. Drodzy bracia i siostry, tą dłonią jest Chrystus, narodzony w Betlejem z Dziewicy Maryi. On jest ręką, jaką Bóg wyciągnął ku ludzkości, by ją wyprowadzić z ruchomych piasków grzechu i postawić ją na nogi na skale, mocnej skale Swojej prawdy i Swojej miłości (por. Ps 40,3).
Tak, to oznacza imię tego Dzieciątka, imię, które z woli Boga, nadali Maryja i Józef: nazywa się Jezus, co znaczy "Zbawiciel" (por. Mt 1, 21 i Łk 1, 31). Został On posłany przez Boga Ojca, aby nas zbawić przede wszystkim od głębokiego zła, zakorzenionego w człowieku i historii: tego zła, jakim jest oddzielenie od Boga, zarozumiała pycha, by zrobić wszystko samemu, by stanąć do konkurencji z Bogiem i aby Go zastąpić, by decydować, co jest dobre, a co złe, by być panem życia i śmierci (por. Rdz 3,1-7). Jest to wielkie zło, wielki grzech, z którego my ludzie nie możemy się wybawić inaczej jak tylko powierzając się Bożej pomocy, jak tylko wołając do Niego: Veni ad salvandum nos! - Przyjdź nas wybawić!
Sam fakt wznoszenia tej modlitwy do Nieba stawia już nas we właściwej sytuacji, stawia nas w prawdzie o nas samych: rzeczywiście jesteśmy tymi, którzy wołali do Boga i zostali ocaleni (por. Est [grecki] 10, 3f). Bóg jest zbawicielem, my zaś tymi, którzy są w niebezpieczeństwie. On jest lekarzem, a my chorymi. Rozpoznanie Go jest pierwszym krokiem ku zbawieniu, ku wyjściu z labiryntu, w którym sami się zamykamy poprzez naszą pychę. Wzniesienie oczu ku Niebu, wyciągnięcie rąk i wołanie o pomoc jest drogą wyjścia, pod warunkiem, że będzie Ktoś, kto słucha i może przyjść nam z pomocą.
Jezus Chrystus jest dowodem, że Bóg wysłuchał nasze wołanie. Nie tylko! Bóg żywi ku nam miłość tak silną, że nie może pozostawać sam w Sobie, że wychodzi od Siebie i przychodzi do nas, dzieląc aż do końca naszą kondycję (por. Wj 3,7-12). Odpowiedź, jaką dał Bóg w Jezusie na wołanie człowieka, nieskończenie przekracza nasze oczekiwanie, stając się taką solidarnością, która nie może być wyłącznie ludzka, ale Boża. Tylko Bóg, który jest miłością i miłość, która jest Bogiem, mogła dokonać wyboru, że nas zbawi podejmując drogę, która jest z pewnością najdłuższą, ale jest tą, która respektuje prawdę Jego i naszą: drogę pojednania, dialogu, współpracy.
Dlatego, drodzy bracia i siostry w Rzymie i na całym świecie, w to Boże Narodzenie roku 2011 zwróćmy się do Dzieciątka z Betlejem, Syna Maryi Dziewicy, i powiedzmy: "Przyjdź nas wybawić!". Powtarzamy to w duchowej jedności z tak wieloma osobami żyjącymi w szczególnie trudnych sytuacjach i wypowiadając się w imieniu tych, którzy nie mogą się wypowiadać.
Razem prośmy o Bożą pomoc dla mieszkańców Wschodniego Rogu Afryki, cierpiących z powodu głodu i klęsk nieurodzaju, czasem pogarszanych trwałym stanem niepewności. Niech wspólnota międzynarodowa wesprze swą pomocą wielu uchodźców z tego regionu, ciężko doświadczonych w ich godności.
Niech Pan da pociechę mieszkańcom południowo-wschodniej Azji, w szczególności Tajlandii i Filipin, którzy przeżywają nadal poważne trudności z powodu ostatnich powodzi.
Niech Pan spieszy z pomocą ludzkości zranionej w wyniku tak wielu konfliktów, które także i dziś plamią naszą planetę krwią. On, który jest Księciem Pokoju, niech obdarzy pokojem i stabilnością Ziemię, którą obrał, aby przyjść na świat, pobudzając do wznowienia dialogu między Izraelczykami a Palestyńczykami. Niech położy kres przemocy w Syrii, gdzie przelano już tak wiele krwi. Niech wspomaga pełne pojednanie i stabilizację w Iraku i Afganistanie. Niech obdarzy nową energią w budowaniu dobra wspólnego wszystkie warstwy społeczne krajów Afryki Północnej i Bliskiego Wschodu.
Niech Narodziny Zbawiciela wspierają perspektywy dialogu i współpracy w Birmie, w poszukiwaniu wspólnych rozwiązań. Niech Narodziny Odkupiciela zapewnią stabilność polityczną krajom afrykańskiego regionu Wielkich Jezior i wspomagają zaangażowanie mieszkańców Południowego Sudanu na rzecz ochrony praw wszystkich obywateli.
Drodzy bracia i siostry, skierujmy spojrzenie na Grotę w Betlejem: Dzieciątko, które kontemplujemy, jest naszym zbawieniem! Ono przyniosło na świat uniwersalne przesłanie pojednania i pokoju. Otwórzmy nasze serca, zaprośmy Je do naszego życia. Powiedzmy Mu z ufnością i nadzieją: Veni ad salvandum nos!
[01852-09.01]
[B0769-XX.02]