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MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI PER LA CELEBRAZIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1° GENNAIO 2012), 16.12.2011


Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre per la 45a Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2012 sul tema: "Educare i giovani alla giustizia e alla pace":

TESTO IN LINGUA ITALIANA

EDUCARE I GIOVANI
ALLA GIUSTIZIA E ALLA PACE

1. L’inizio di un nuovo Anno, dono di Dio all’umanità, mi invita a rivolgere a tutti, con grande fiducia e affetto, uno speciale augurio per questo tempo che ci sta dinanzi, perché sia concretamente segnato dalla giustizia e dalla pace.

Con quale atteggiamento guardare al nuovo anno? Nel Salmo 130 troviamo una bellissima immagine. Il Salmista dice che l’uomo di fede attende il Signore « più che le sentinelle l’aurora » (v. 6), lo attende con ferma speranza, perché sa che porterà luce, misericordia, salvezza. Tale attesa nasce dall’esperienza del popolo eletto, il quale riconosce di essere educato da Dio a guardare il mondo nella sua verità e a non lasciarsi abbattere dalle tribolazioni. Vi invito a guardare il 2012 con questo atteggiamento fiducioso. È vero che nell’anno che termina è cresciuto il senso di frustrazione per la crisi che sta assillando la società, il mondo del lavoro e l’economia; una crisi le cui radici sono anzitutto culturali e antropologiche. Sembra quasi che una coltre di oscurità sia scesa sul nostro tempo e non permetta di vedere con chiarezza la luce del giorno.

In questa oscurità il cuore dell’uomo non cessa tuttavia di attendere l’aurora di cui parla il Salmista. Tale attesa è particolarmente viva e visibile nei giovani, ed è per questo che il mio pensiero si rivolge a loro considerando il contributo che possono e debbono offrire alla società. Vorrei dunque presentare il Messaggio per la XLV Giornata Mondiale della Pace in una prospettiva educativa: « Educare i giovani alla giustizia e alla pace », nella convinzione che essi, con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possono offrire una nuova speranza al mondo.

Il mio Messaggio si rivolge anche ai genitori, alle famiglie, a tutte le componenti educative, formative, come pure ai responsabili nei vari ambiti della vita religiosa, sociale, politica, economica, culturale e della comunicazione. Essere attenti al mondo giovanile, saperlo ascoltare e valorizzare, non è solamente un’opportunità, ma un dovere primario di tutta la società, per la costruzione di un futuro di giustizia e di pace.

Si tratta di comunicare ai giovani l’apprezzamento per il valore positivo della vita, suscitando in essi il desiderio di spenderla al servizio del Bene. È un compito, questo, in cui tutti siamo impegnati in prima persona.

Le preoccupazioni manifestate da molti giovani in questi ultimi tempi, in varie Regioni del mondo, esprimono il desiderio di poter guardare con speranza fondata verso il futuro. Nel momento presente sono molti gli aspetti che essi vivono con apprensione: il desiderio di ricevere una formazione che li prepari in modo più profondo ad affrontare la realtà, la difficoltà a formare una famiglia e a trovare un posto stabile di lavoro, l’effettiva capacità di contribuire al mondo della politica, della cultura e dell’economia per la costruzione di una società dal volto più umano e solidale.

È importante che questi fermenti e la spinta ideale che contengono trovino la dovuta attenzione in tutte le componenti della società. La Chiesa guarda ai giovani con speranza, ha fiducia in loro e li incoraggia a ricercare la verità, a difendere il bene comune, ad avere prospettive aperte sul mondo e occhi capaci di vedere « cose nuove » (Is 42,9; 48,6)!

I responsabili dell’educazione

2. L’educazione è l’avventura più affascinante e difficile della vita. Educare – dal latino educere – significa condurre fuori da se stessi per introdurre alla realtà, verso una pienezza che fa crescere la persona. Tale processo si nutre dell’incontro di due libertà, quella dell’adulto e quella del giovane. Esso richiede la responsabilità del discepolo, che deve essere aperto a lasciarsi guidare alla conoscenza della realtà, e quella dell’educatore, che deve essere disposto a donare se stesso. Per questo sono più che mai necessari autentici testimoni, e non meri dispensatori di regole e di informazioni; testimoni che sappiano vedere più lontano degli altri, perché la loro vita abbraccia spazi più ampi. Il testimone è colui che vive per primo il cammino che propone.

Quali sono i luoghi dove matura una vera educazione alla pace e alla giustizia? Anzitutto la famiglia, poiché i genitori sono i primi educatori. La famiglia è cellula originaria della società. « È nella famiglia che i figli apprendono i valori umani e cristiani che consentono una convivenza costruttiva e pacifica. È nella famiglia che essi imparano la solidarietà fra le generazioni, il rispetto delle regole, il perdono e l’accoglienza dell’altro ».1 Essa è la prima scuola dove si viene educati alla giustizia e alla pace.

Viviamo in un mondo in cui la famiglia, e anche la vita stessa, sono costantemente minacciate e, non di rado, frammentate. Condizioni di lavoro spesso poco armonizzabili con le responsabilità familiari, preoccupazioni per il futuro, ritmi di vita frenetici, migrazioni in cerca di un adeguato sostentamento, se non della semplice sopravvivenza, finiscono per rendere difficile la possibilità di assicurare ai figli uno dei beni più preziosi: la presenza dei genitori; presenza che permetta una sempre più profonda condivisione del cammino, per poter trasmettere quell’esperienza e quelle certezze acquisite con gli anni, che solo con il tempo trascorso insieme si possono comunicare. Ai genitori desidero dire di non perdersi d’animo! Con l’esempio della loro vita esortino i figli a porre la speranza anzitutto in Dio, da cui solo sorgono giustizia e pace autentiche.

Vorrei rivolgermi anche ai responsabili delle istituzioni che hanno compiti educativi: veglino con grande senso di responsabilità affinché la dignità di ogni persona sia rispettata e valorizzata in ogni circostanza. Abbiano cura che ogni giovane possa scoprire la propria vocazione, accompagnandolo nel far fruttificare i doni che il Signore gli ha accordato. Assicurino alle famiglie che i loro figli possano avere un cammino formativo non in contrasto con la loro coscienza e i loro principi religiosi.

Ogni ambiente educativo possa essere luogo di apertura al trascendente e agli altri; luogo di dialogo, di coesione e di ascolto, in cui il giovane si senta valorizzato nelle proprie potenzialità e ricchezze interiori, e impari ad apprezzare i fratelli. Possa insegnare a gustare la gioia che scaturisce dal vivere giorno per giorno la carità e la compassione verso il prossimo e dal partecipare attivamente alla costruzione di una società più umana e fraterna.

Mi rivolgo poi ai responsabili politici, chiedendo loro di aiutare concretamente le famiglie e le istituzioni educative ad esercitare il loro diritto-dovere di educare. Non deve mai mancare un adeguato supporto alla maternità e alla paternità. Facciano in modo che a nessuno sia negato l’accesso all’istruzione e che le famiglie possano scegliere liberamente le strutture educative ritenute più idonee per il bene dei propri figli. Si impegnino a favorire il ricongiungimento di quelle famiglie che sono divise dalla necessità di trovare mezzi di sussistenza. Offrano ai giovani un’immagine limpida della politica, come vero servizio per il bene di tutti.

Non posso, inoltre, non appellarmi al mondo dei media affinché dia il suo contributo educativo. Nell’odierna società, i mezzi di comunicazione di massa hanno un ruolo particolare: non solo informano, ma anche formano lo spirito dei loro destinatari e quindi possono dare un apporto notevole all’educazione dei giovani. È importante tenere presente che il legame tra educazione e comunicazione è strettissimo: l’educazione avviene infatti per mezzo della comunicazione, che influisce, positivamente o negativamente, sulla formazione della persona.

Anche i giovani devono avere il coraggio di vivere prima di tutto essi stessi ciò che chiedono a coloro che li circondano. È una grande responsabilità quella che li riguarda: abbiano la forza di fare un uso buono e consapevole della libertà. Anch’essi sono responsabili della propria educazione e formazione alla giustizia e alla pace!

Educare alla verità e alla libertà

3. Sant’Agostino si domandava: « Quid enim fortius desiderat anima quam veritatem? – Che cosa desidera l’uomo più fortemente della verità? ».2 Il volto umano di una società dipende molto dal contributo dell’educazione a mantenere viva tale insopprimibile domanda. L’educazione, infatti, riguarda la formazione integrale della persona, inclusa la dimensione morale e spirituale dell’essere, in vista del suo fine ultimo e del bene della società di cui è membro. Perciò, per educare alla verità occorre innanzitutto sapere chi è la persona umana, conoscerne la natura. Contemplando la realtà che lo circonda, il Salmista riflette: « Quando vedo i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai fissato, che cosa è mai l’uomo perché di lui ti ricordi, il figlio dell’uomo, perché te ne curi? » (Sal 8,4-5). È questa la domanda fondamentale da porsi: chi è l’uomo? L’uomo è un essere che porta nel cuore una sete di infinito, una sete di verità – non parziale, ma capace di spiegare il senso della vita – perché è stato creato a immagine e somiglianza di Dio. Riconoscere allora con gratitudine la vita come dono inestimabile, conduce a scoprire la propria dignità profonda e l’inviolabilità di ogni persona. Perciò, la prima educazione consiste nell’imparare a riconoscere nell’uomo l’immagine del Creatore e, di conseguenza, ad avere un profondo rispetto per ogni essere umano e aiutare gli altri a realizzare una vita conforme a questa altissima dignità. Non bisogna dimenticare mai che « l’autentico sviluppo dell’uomo riguarda unitariamente la totalità della persona in ogni sua dimensione »,3 inclusa quella trascendente, e che non si può sacrificare la persona per raggiungere un bene particolare, sia esso economico o sociale, individuale o collettivo.

Solo nella relazione con Dio l’uomo comprende anche il significato della propria libertà. Ed è compito dell’educazione quello di formare all’autentica libertà. Questa non è l’assenza di vincoli o il dominio del libero arbitrio, non è l’assolutismo dell’io. L’uomo che crede di essere assoluto, di non dipendere da niente e da nessuno, di poter fare tutto ciò che vuole, finisce per contraddire la verità del proprio essere e per perdere la sua libertà. L’uomo, invece, è un essere relazionale, che vive in rapporto con gli altri e, soprattutto, con Dio. L’autentica libertà non può mai essere raggiunta nell’allontanamento da Lui.

La libertà è un valore prezioso, ma delicato; può essere fraintesa e usata male. « Oggi un ostacolo particolarmente insidioso all’opera educativa è costituito dalla massiccia presenza, nella nostra società e cultura, di quel relativismo che, non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie, e sotto l’apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione, perché separa l’uno dall’altro, riducendo ciascuno a ritrovarsi chiuso dentro il proprio "io". Dentro ad un tale orizzonte relativistico non è possibile, quindi, una vera educazione: senza la luce della verità prima o poi ogni persona è infatti condannata a dubitare della bontà della stessa vita e dei rapporti che la costituiscono, della validità del suo impegno per costruire con gli altri qualcosa in comune ».4

Per esercitare la sua libertà, l’uomo deve dunque superare l’orizzonte relativistico e conoscere la verità su se stesso e la verità circa il bene e il male. Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce lo chiama ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, ad assumere la responsabilità del bene compiuto e del male commesso.5 Per questo, l’esercizio della libertà è intimamente connesso alla legge morale naturale, che ha carattere universale, esprime la dignità di ogni persona, pone la base dei suoi diritti e doveri fondamentali, e dunque, in ultima analisi, della convivenza giusta e pacifica fra le persone.

Il retto uso della libertà è dunque centrale nella promozione della giustizia e della pace, che richiedono il rispetto per se stessi e per l’altro, anche se lontano dal proprio modo di essere e di vivere. Da tale atteggiamento scaturiscono gli elementi senza i quali pace e giustizia rimangono parole prive di contenuto: la fiducia reciproca, la capacità di tessere un dialogo costruttivo, la possibilità del perdono, che tante volte si vorrebbe ottenere ma che si fa fatica a concedere, la carità reciproca, la compassione nei confronti dei più deboli, come pure la disponibilità al sacrificio.

Educare alla giustizia

4. Nel nostro mondo, in cui il valore della persona, della sua dignità e dei suoi diritti, al di là delle proclamazioni di intenti, è seriamente minacciato dalla diffusa tendenza a ricorrere esclusivamente ai criteri dell’utilità, del profitto e dell’avere, è importante non separare il concetto di giustizia dalle sue radici trascendenti. La giustizia, infatti, non è una semplice convenzione umana, poiché ciò che è giusto non è originariamente determinato dalla legge positiva, ma dall’identità profonda dell’essere umano. È la visione integrale dell’uomo che permette di non cadere in una concezione contrattualistica della giustizia e di aprire anche per essa l’orizzonte della solidarietà e dell’amore.6

Non possiamo ignorare che certe correnti della cultura moderna, sostenute da principi economici razionalistici e individualisti, hanno alienato il concetto di giustizia dalle sue radici trascendenti, separandolo dalla carità e dalla solidarietà: « La "città dell’uomo" non è promossa solo da rapporti di diritti e di doveri, ma ancor più e ancor prima da relazioni di gratuità, di misericordia e di comunione. La carità manifesta sempre anche nelle relazioni umane l’amore di Dio, essa dà valore teologale e salvifico a ogni impegno di giustizia nel mondo ».7

« Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati » (Mt 5,6). Saranno saziati perché hanno fame e sete di relazioni rette con Dio, con se stessi, con i loro fratelli e sorelle, e con l’intero creato.

Educare alla pace

5. « La pace non è la semplice assenza di guerra e non può ridursi ad assicurare l’equilibrio delle forze contrastanti. La pace non si può ottenere sulla terra senza la tutela dei beni delle persone, la libera comunicazione tra gli esseri umani, il rispetto della dignità delle persone e dei popoli, l’assidua pratica della fratellanza ».8 La pace è frutto della giustizia ed effetto della carità. La pace è anzitutto dono di Dio. Noi cristiani crediamo che Cristo è la nostra vera pace: in Lui, nella sua Croce, Dio ha riconciliato a Sé il mondo e ha distrutto le barriere che ci separavano gli uni dagli altri (cfr Ef 2,14-18); in Lui c’è un’unica famiglia riconciliata nell’amore.

Ma la pace non è soltanto dono da ricevere, bensì anche opera da costruire. Per essere veramente operatori di pace, dobbiamo educarci alla compassione, alla solidarietà, alla collaborazione, alla fraternità, essere attivi all’interno della comunità e vigili nel destare le coscienze sulle questioni nazionali ed internazionali e sull’importanza di ricercare adeguate modalità di ridistribuzione della ricchezza, di promozione della crescita, di cooperazione allo sviluppo e di risoluzione dei conflitti. « Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio », dice Gesù nel discorso della montagna (Mt 5,9).

La pace per tutti nasce dalla giustizia di ciascuno e nessuno può eludere questo impegno essenziale di promuovere la giustizia, secondo le proprie competenze e responsabilità. Invito in particolare i giovani, che hanno sempre viva la tensione verso gli ideali, ad avere la pazienza e la tenacia di ricercare la giustizia e la pace, di coltivare il gusto per ciò che è giusto e vero, anche quando ciò può comportare sacrificio e andare controcorrente.

Alzare gli occhi a Dio

Di fronte alla difficile sfida di percorrere le vie della giustizia e della pace possiamo essere tentati di chiederci, come il Salmista: « Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto?» (Sal 121,1).

A tutti, in particolare ai giovani, voglio dire con forza: « Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente, che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero… il volgersi senza riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto e allo stesso tempo è l’amore eterno. E che cosa mai potrebbe salvarci se non l’amore? ».9 L’amore si compiace della verità, è la forza che rende capaci di impegnarsi per la verità, per la giustizia, per la pace, perché tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (cfr 1 Cor 13,1-13).

Cari giovani, voi siete un dono prezioso per la società. Non lasciatevi prendere dallo scoraggiamento di fronte alle difficoltà e non abbandonatevi a false soluzioni, che spesso si presentano come la via più facile per superare i problemi. Non abbiate paura di impegnarvi, di affrontare la fatica e il sacrificio, di scegliere le vie che richiedono fedeltà e costanza, umiltà e dedizione. Vivete con fiducia la vostra giovinezza e quei profondi desideri che provate di felicità, di verità, di bellezza e di amore vero! Vivete intensamente questa stagione della vita così ricca e piena di entusiasmo.

Siate coscienti di essere voi stessi di esempio e di stimolo per gli adulti, e lo sarete quanto più vi sforzate di superare le ingiustizie e la corruzione, quanto più desiderate un futuro migliore e vi impegnate a costruirlo. Siate consapevoli delle vostre potenzialità e non chiudetevi mai in voi stessi, ma sappiate lavorare per un futuro più luminoso per tutti. Non siete mai soli. La Chiesa ha fiducia in voi, vi segue, vi incoraggia e desidera offrirvi quanto ha di più prezioso: la possibilità di alzare gli occhi a Dio, di incontrare Gesù Cristo, Colui che è la giustizia e la pace.

A voi tutti, uomini e donne che avete a cuore la causa della pace! La pace non è un bene già raggiunto, ma una meta a cui tutti e ciascuno dobbiamo aspirare. Guardiamo con maggiore speranza al futuro, incoraggiamoci a vicenda nel nostro cammino, lavoriamo per dare al nostro mondo un volto più umano e fraterno, e sentiamoci uniti nella responsabilità verso le giovani generazioni presenti e future, in particolare nell’educarle ad essere pacifiche e artefici di pace. È sulla base di tale consapevolezza che vi invio queste riflessioni e vi rivolgo il mio appello: uniamo le nostre forze, spirituali, morali e materiali, per « educare i giovani alla giustizia e alla pace ».

Dal Vaticano, 8 Dicembre 2011

BENEDICTUS PP XVI

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1 BENEDETTO XVI, Discorso agli Amministratori della Regione Lazio, del Comune e della Provincia di Roma (14 gennaio 2011): L’Osservatore Romano,15 gennaio 2011, p. 7.

2 Commento al Vangelo di S. Giovanni, 26,5.

3 BENEDETTO XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 11: AAS 101 (2009), 648; cfr PAOLO VI, Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), 14: AAS 59 (1967), 264.

4 BENEDETTO XVI, Discorso in occasione dell’apertura del Convegno ecclesiale diocesano nella Basilica di san Giovanni in Laterano (6 giugno 2005): AAS 97 (2005), 816.

5 Cfr CONC. ECUM. VAT. II, Cost. Gaudium et spes, 16.

6 Cfr BENEDETTO XVI, Discorso al Bundestag (Berlino, 22 settembre 2011): L’Osservatore Romano, 24 settembre 2011, p. 6-7.

7 ID., Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 6: AAS 101 (2009), 644-645.

8 Catechismo della Chiesa Cattolica, 2304.

9 BENEDETTO XVI, Veglia con i Giovani (Colonia, 20 agosto 2005): AAS 97 (2005), 885-886.

[01806-01.01] [Testo originale: Italiano]

TESTO IN LINGUA INGLESE

EDUCATING YOUNG PEOPLE
IN JUSTICE AND PEACE

1. THE BEGINNING OF A NEW YEAR, God’s gift to humanity, prompts me to extend to all, with great confidence and affection, my heartfelt good wishes that this time now before us may be marked concretely by justice and peace.

With what attitude should we look to the New Year? We fi nd a very beautiful image in Psalm 130. The Psalmist says that people of faith wait for the Lord "more than those who watch for the morning" (v. 6); they wait for him with fi rm hope because they know that he will bring light, mercy, salvation. This waiting was born of the experience of the Chosen People, who realized that God taught them to look at the world in its truth and not to be overwhelmed by tribulation. I invite you to look to 2012 with this attitude of confident trust. It is true that the year now ending has been marked by a rising sense of frustration at the crisis looming over society, the world of labour and the economy, a crisis whose roots are primarily cultural and anthropological. It seems as if a shadow has fallen over our time, preventing us from clearly seeing the light of day.

In this shadow, however, human hearts continue to wait for the dawn of which the Psalmist speaks. Because this expectation is particularly powerful and evident in young people, my thoughts turn to them and to the contribution which they can and must make to society. I would like therefore to devote this message for the XLV World Day of Peace to the theme of education: "Educating Young People in Justice and Peace", in the conviction that the young, with their enthusiasm and idealism, can offer new hope to the world.

My Message is also addressed to parents, families and all those involved in the area of education and formation, as well as to leaders in the various spheres of religious, social, political, economic and cultural life and in the media. Attentiveness to young people and their concerns, the ability to listen to them and appreciate them, is not merely something expedient; it represents a primary duty for society as a whole, for the sake of building a future of justice and peace.

It is a matter of communicating to young people an appreciation for the positive value of life and of awakening in them a desire to spend their lives in the service of the Good. This is a task which engages each of us personally.

The concerns expressed in recent times by many young people around the world demonstrate that they desire to look to the future with solid hope. At the present time, they are experiencing apprehension about many things: they want to receive an education which prepares them more fully to deal with the real world, they see how difficult it is to form a family and to fi nd stable employment; they wonder if they can really contribute to political, cultural and economic life in order to build a society with a more human and fraternal face.

It is important that this unease and its underlying idealism receive due attention at every level of society. The Church looks to young people with hope and confidence; she encourages them to seek truth, to defend the common good, to be open to the world around them and willing to see "new things" (Is 42:9; 48:6).

Educators

2. Education is the most interesting and difficult adventure in life. Educating – from the Latin educere – means leading young people to move beyond themselves and introducing them to reality, towards a fullness that leads to growth. This process is fostered by the encounter of two freedoms, that of adults and that of the young. It calls for responsibility on the part of the learners, who must be open to being led to the knowledge of reality, and on the part of educators, who must be ready to give of themselves. For this reason, today more than ever we need authentic witnesses, and not simply people who parcel out rules and facts; we need witnesses capable of seeing farther than others because their life is so much broader. A witness is someone who first lives the life that he proposes to others.

Where does true education in peace and justice take place? First of all, in the family, since parents are the first educators. The family is the primary cell of society; "it is in the family that children learn the human and Christian values which enable them to have a constructive and peaceful coexistence. It is in the family that they learn solidarity between the generations, respect for rules, forgiveness and how to welcome others."1 The family is the first school in which we are trained in justice and peace. We are living in a world where families, and life itself, are constantly threatened and not infrequently fragmented. Working conditions which are often incompatible with family responsibilities, worries about the future, the frenetic pace of life, the need to move frequently to ensure an adequate livelihood, to say nothing of mere survival – all this makes it hard to ensure that children receive one of the most precious of treasures: the presence of their parents. This presence makes it possible to share more deeply in the journey of life and thus to pass on experiences and convictions gained with the passing of the years, experiences and convictions which can only be communicated by spending time together. I would urge parents not to grow disheartened! May they encourage children by the example of their lives to put their hope before all else in God, the one source of authentic justice and peace.

I would also like to address a word to those in charge of educational institutions: with a great sense of responsibility may they ensure that the dignity of each person is always respected and appreciated. Let them be concerned that every young person be able to discover his or her own vocation and helped to develop his or her God-given gifts. May they reassure families that their children can receive an education that does not conflict with their consciences and their religious principles.

Every educational setting can be a place of openness to the transcendent and to others; a place of dialogue, cohesiveness and attentive listening, where young people feel appreciated for their personal abilities and inner riches, and can learn to esteem their brothers and sisters. May young people be taught to savour the joy which comes from the daily exercise of charity and compassion towards others and from taking an active part in the building of a more humane and fraternal society.

I ask political leaders to offer concrete assistance to families and educational institutions in the exercise of their right and duty to educate. Adequate support should never be lacking to parents in their task. Let them ensure that no one is ever denied access to education and that families are able freely to choose the educational structures they consider most suitable for their children. Let them be committed to reuniting families separated by the need to earn a living. Let them give young people a transparent image of politics as a genuine service to the good of all.

I cannot fail also to appeal to the world of the media to offer its own contribution to education. In today’s society the mass media have a particular role: they not only inform but also form the minds of their audiences, and so they can make a significant contribution to the education of young people. It is important never to forget that the connection between education and communication is extremely close: education takes place through communication, which influences, for better or worse, the formation of the person.

Young people too need to have the courage to live by the same high standards that they set for others. Theirs is a great responsibility: may they find the strength to make good and wise use of their freedom. They too are responsible for their education, including their education in justice and peace!

Educating in truth and freedom

3. Saint Augustine once asked: "Quid enim fortius desiderat anima quam veritatem? – What does man desire more deeply than truth?"2 The human face of a society depends very much on the contribution of education to keep this irrepressible question alive. Education, indeed, is concerned with the integral formation of the person, including the moral and spiritual dimension, focused upon man’s final end and the good of the society to which he belongs. Therefore, in order to educate in truth, it is necessary first and foremost to know who the human person is, to know human nature. Contemplating the world around him, the Psalmist reflects: "When I see the heavens, the work of your hands, the moon and the stars which you arranged, what is man that you should keep him in mind, mortal man that you care for him?" (Ps 8:4-5). This is the fundamental question that must be asked: who is man? Man is a being who bears within his heart a thirst for the infinite, a thirst for truth – a truth which is not partial but capable of explaining life’s meaning – since he was created in the image and likeness of God. The grateful recognition that life is an inestimable gift, then, leads to the discovery of one’s own profound dignity and the inviolability of every single person. Hence the first step in education is learning to recognize the Creator’s image in man, and consequently learning to have a profound respect for every human being and helping others to live a life consonant with this supreme dignity. We must never forget that "authentic human development concerns the whole of the person in every single dimension",3 including the transcendent dimension, and that the person cannot be sacrificed for the sake of attaining a particular good, whether this be economic or social, individual or collective.

Only in relation to God does man come to understand also the meaning of human freedom. It is the task of education to form people in authentic freedom. This is not the absence of constraint or the supremacy of free will, it is not the absolutism of the self. When man believes himself to be absolute, to depend on nothing and no one, to be able to do anything he wants, he ends up contradicting the truth of his own being and forfeiting his freedom. On the contrary, man is a relational being, who lives in relationship with others and especially with God. Authentic freedom can never be attained independently of God.

Freedom is a precious value, but a fragile one; it can be misunderstood and misused. "Today, a particularly insidious obstacle to the task of educating is the massive presence in our society and culture of that relativism which, recognizing nothing as definitive, leaves as the ultimate criterion only the self with its desires. And under the semblance of freedom it becomes a prison for each one, for it separates people from one another, locking each person into his or her own self. With such a relativistic horizon, therefore, real education is not possible without the light of the truth; sooner or later, every person is in fact condemned to doubting the goodness of his or her own life and the relationships of which it consists, the validity of his or her commitment to build with others something in common."4

In order to exercise his freedom, then, man must move beyond the relativistic horizon and come to know the truth about himself and the truth about good and evil. Deep within his conscience, man discovers a law that he did not lay upon himself, but which he must obey. Its voice calls him to love and to do what is good, to avoid evil and to take responsibility for the good he does and the evil he commits.5 Thus, the exercise of freedom is intimately linked to the natural moral law, which is universal in character, expresses the dignity of every person and forms the basis of fundamental human rights and duties: consequently, in the final analysis, it forms the basis for just and peaceful coexistence.

The right use of freedom, then, is central to the promotion of justice and peace, which require respect for oneself and others, including those whose way of being and living differs greatly from one’s own. This attitude engenders the elements without which peace and justice remain merely words without content: mutual trust, the capacity to hold constructive dialogue, the possibility of forgiveness, which one constantly wishes to receive but finds hard to bestow, mutual charity, compassion towards the weakest, as well as readiness to make sacrifices.

Educating in justice

4. In this world of ours, in which, despite the profession of good intentions, the value of the person, of human dignity and human rights is seriously threatened by the widespread tendency to have recourse exclusively to the criteria of utility, profit and material possessions, it is important not to detach the concept of justice from its transcendent roots. Justice, indeed, is not simply a human convention, since what is just is ultimately determined not by positive law, but by the profound identity of the human being. It is the integral vision of man that saves us from falling into a contractual conception of justice and enables us to locate justice within the horizon of solidarity and love.6

We cannot ignore the fact that some currents of modern culture, built upon rationalist and individualist economic principles, have cut off the concept of justice from its transcendent roots, detaching it from charity and solidarity: "The ‘earthly city’ is promoted not merely by relationships of rights and duties, but to an even greater and more fundamental extent by relationships of gratuitousness, mercy and communion. Charity always manifests God’s love in human relationships as well, it gives theological and salvific value to all commitment for justice in the world."7

"Blessed are those who hunger and thirst for righteousness, for they shall be satisfied" (Mt 5:6). They shall be satisfied because they hunger and thirst for right relations with God, with themselves, with their brothers and sisters, and with the whole of creation.

Educating in peace

5. "Peace is not merely the absence of war, and it is not limited to maintaining a balance of powers between adversaries. Peace cannot be attained on earth without safeguarding the goods of persons, free communication among men, respect for the dignity of persons and peoples, and the assiduous practice of fraternity."8 We Christians believe that Christ is our true peace: in him, by his Cross, God has reconciled the world to himself and has broken down the walls of division that separated us from one another (cf. Eph 2:14-18); in him, there is but one family, reconciled in love.

Peace, however, is not merely a gift to be received: it is also a task to be undertaken. In order to be true peacemakers, we must educate ourselves in compassion, solidarity, working together, fraternity, in being active within the community and concerned to raise awareness about national and international issues and the importance of seeking adequate mechanisms for the redistribution of wealth, the promotion of growth, cooperation for development and conflict resolution. "Blessed are the peacemakers, for they shall be called sons of God", as Jesus says in the Sermon on the Mount (Mt 5:9).

Peace for all is the fruit of justice for all, and no one can shirk this essential task of promoting justice, according to one’s particular areas of competence and responsibility. To the young, who have such a strong attachment to ideals, I extend a particular invitation to be patient and persevering in seeking justice and peace, in cultivating the taste for what is just and true, even when it involves sacrifice and swimming against the tide.

Raising one’s eyes to God

6. Before the difficult challenge of walking the paths of justice and peace, we may be tempted to ask, in the words of the Psalmist: "I lift up my eyes to the mountains: from where shall come my help?" (Ps 121:1).

To all, and to young people in particular, I wish to say emphatically: "It is not ideologies that save the world, but only a return to the living God, our Creator, the guarantor of our freedom, the guarantor of what is really good and true … an unconditional return to God who is the measure of what is right and who at the same time is everlasting love. And what could ever save us apart from love?"9 Love takes delight in truth, it is the force that enables us to make a commitment to truth, to justice, to peace, because it bears all things, believes all things, hopes all things, endures all things (cf. 1 Cor 13:1-13).

Dear young people, you are a precious gift for society. Do not yield to discouragement in the face of difficulties and do not abandon yourselves to false solutions which often seem the easiest way to overcome problems. Do not be afraid to make a commitment, to face hard work and sacrifice, to choose the paths that demand fidelity and constancy, humility and dedication. Be confident in your youth and its profound desires for happiness, truth, beauty and genuine love! Live fully this time in your life so rich and so full of enthusiasm.

Realize that you yourselves are an example and an inspiration to adults, even more so to the extent that you seek to overcome injustice and corruption and strive to build a better future. Be aware of your potential; never become self-centred but work for a brighter future for all. You are never alone. The Church has confidence in you, follows you, encourages you and wishes to offer you the most precious gift she has: the opportunity to raise your eyes to God, to encounter Jesus Christ, who is himself justice and peace.

All you men and women throughout the world, who take to heart the cause of peace: peace is not a blessing already attained, but rather a goal to which each and all of us must aspire. Let us look with greater hope to the future; let us encourage one another on our journey; let us work together to give our world a more humane and fraternal face; and let us feel a common responsibility towards present and future generations, especially in the task of training them to be people of peace and builders of peace. With these thoughts I offer my reflections and I appeal to everyone: let us pool our spiritual, moral and material resources for the great goal of "educating young people in justice and peace".

From the Vatican, 8 December 2011

BENEDICTUS PP XVI

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1 BENEDICT XVI, Address to Administrators of Lazio Region and of the Municipality and Province of Rome (14 January 2011): L’Osservatore Romano, 15 January 2011, p. 7.

2 Commentary on the Gospel of John, 26, 5.

3 BENEDICT XVI, Encyclical Letter Caritas in Veritate (29 June 2009), 11: AAS 101 (2009), 648; cf. PAUL VI, Encyclical Letter Populorum Progressio (26 March 1967), 14: AAS 59 (1967), 264.

4 BENEDICT XVI, Address for the Opening of the Diocesan Ecclesial Meeting in the Basilica of Saint John Lateran (6 June 2005): AAS 97 (2005), 816.

5 Cf. SECOND VATICAN ECUMENICAL COUNCIL, Pastoral Constitution on the Church in the Modern World Gaudium et Spes, 16.

6 Cf. BENEDICT XVI, Address to the Bundestag (Berlin, 22 September 2011): L’Osservatore Romano, 24 September 2011, pp. 6-7.

7 ID., Encyclical Letter Caritas in Veritate, 6 (29 June 2009), 6: AAS 101 (2009), 644-645.

8 Catechism of the Catholic Church, No. 2304.

9 BENEDICT XVI, Address at Youth Vigil (Cologne, 20 August 2005): AAS 97 (2005), 885-886.

[01806-02.01] [Original text: Italian]

[B0749-XX.01]