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VIAGGIO APOSTOLICO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI IN BENIN (18-20 NOVEMBRE 2011) (II), 18.11.2011


CERIMONIA DI BENVENUTO ALL’AEROPORTO INTERNAZIONALE "CARDINALE BERNARDIN GANTIN" DI COTONOU (BENIN)

 DISCORSO DEL SANTO PADRE

 TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

 TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

 TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

 TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

 TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

All’arrivo all’aeroporto internazionale "Cardinale Bernardin Gantin" di Cotonou, alle ore 15.00, il Santo Padre Benedetto XVI è accolto dal Presidente della Repubblica del Benin, S.E. il Sig. Thomas Boni Yayi; dal Nunzio Apostolico S.E. Mons. Blume Michael A., S.V.D. e dall’Arcivescovo Metropolita di Cotonou e Presidente della Conferenza Episcopale, S.E. Mons. Antoine Ganyé. Sono presenti inoltre alcune Autorità politiche e civili, il Corpo Diplomatico, i Vescovi del Benin e una rappresentanza di fedeli.
Nel corso della cerimonia di benvenuto, dopo il saluto del Presidente della Repubblica, S.E. il Sig. Thomas Boni Yayi, il Papa pronuncia il discorso che riportiamo di seguito:

 DISCORSO DEL SANTO PADRE

Monsieur le Président de la République,

Messieurs les Cardinaux,

Monsieur le Président de la Conférence Épiscopale du Bénin,

Autorités civiles, ecclésiales et religieuses présentes,

Chers amis,

Je vous remercie, Monsieur le Président, pour vos chaleureuses paroles d’accueil. Vous savez l’affection que je porte à votre continent et à votre pays. Je désirais revenir en Afrique, et une triple motivation m’a été fournie pour réaliser ce voyage apostolique. Il y a tout d’abord, Monsieur le Président, votre aimable invitation à visiter votre pays. Votre initiative est allée de pair avec celle de la Conférence épiscopale du Bénin. Elles sont heureuses, car elles se situent dans l’année où le Bénin célèbre le 40ème anniversaire de l’établissement de ses relations diplomatiques avec le Saint-Siège, ainsi que le 150ème anniversaire de son évangélisation. Étant parmi vous, j’aurai l’occasion de faire d’innombrables rencontres. Je m’en réjouis. Elles seront toutes différentes et elles culmineront dans l’Eucharistie que je célébrerai avant mon départ.

Se réalise également mon désir de remettre sur le sol africain l’Exhortation apostolique post-synodale Africae munus. Ses réflexions guideront l’action pastorale de nombreuses communautés chrétiennes durant les prochaines années. Ce document pourra y germer, y grandir et y porter du fruit « à raison de cent, ou soixante, ou trente pour un », comme le dit l'Évangile de Notre Seigneur Jésus-Christ (Mt 13, 23).

Enfin, il existe une troisième raison qui est plus personnelle ou plus sentimentale. J’ai toujours tenu en haute estime un fils de ce pays, le Cardinal Bernardin Gantin. Durant d’innombrables années, nous avons tous les deux œuvré, chacun selon ses compétences propres, au service de la même Vigne. Nous avons aidé au mieux mon prédécesseur, le bienheureux Jean-Paul II, à exercer son ministère pétrinien. Nous avons eu l’occasion de nous rencontrer bien des fois, de discuter profondément et de prier ensemble. Le Cardinal Gantin s’était gagné le respect et l’affection de beaucoup. Il m’a donc semblé juste de venir dans son pays natal pour prier sur sa tombe et pour remercier le Bénin d’avoir donné à l’Église ce fils éminent.

Le Bénin est une terre d’anciennes et de nobles traditions. Son histoire est prestigieuse. Je voudrais profiter de cette occasion pour saluer les Chefs traditionnels. Leur contribution est importante pour construire le futur de ce pays. Je désire les encourager à contribuer par leur sagesse et leur intelligence des coutumes, au délicat passage qui s’opère actuellement entre la tradition et la modernité.

La modernité ne doit pas faire peur, mais elle ne peut se construire sur l’oubli du passé. Elle doit être accompagnée avec prudence pour le bien de tous en évitant les écueils qui existent sur le continent africain et ailleurs, par exemple la soumission inconditionnelle aux lois du marché ou de la finance, le nationalisme ou le tribalisme exacerbé et stérile qui peuvent devenir meurtriers, la politisation extrême des tensions interreligieuses au détriment du bien commun, ou enfin l’effritement des valeurs humaines, culturelles, éthiques et religieuses. Le passage à la modernité doit être guidé par des critères sûrs qui se basent sur des vertus reconnues, celles qu’énumère votre devise nationale, mais également celles qui s’ancrent dans la dignité de la personne, la grandeur de la famille et le respect de la vie. Toutes ces valeurs sont en vue du bien commun qui seul doit primer, et qui seul doit constituer la préoccupation majeure de tout responsable. Dieu fait confiance à l’homme et il désire son bien. C’est à nous de Lui répondre avec honnêteté et justice à la hauteur de sa confiance.

L’Église, pour sa part, apporte sa contribution spécifique. Par sa présence, sa prière et ses différentes œuvres de miséricorde, spécialement dans le domaine éducatif et sanitaire, elle souhaite donner ce qu’elle a de meilleur. Elle veut se montrer proche de celui qui est dans le besoin, de celui qui cherche Dieu. Elle désire faire comprendre que Dieu n’est pas inexistant ou inutile comme on cherche à le faire croire, mais qu’Il est l’ami de l’homme. C’est dans cet esprit d’amitié et de fraternité que je viens dans votre pays, Monsieur le Président.

(En fon) ACe MAWU T]N NI K]N DO BENIN TO ] BI JI (Que Dieu bénisse le Bénin !)

[01623-03.01] [Texte original: Français]

 TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

Signor Presidente della Repubblica,

Signori Cardinali,

Signor Presidente della Conferenza Episcopale del Benin,

Autorità civili, ecclesiali e religiose presenti,

Cari amici!

La ringrazio, Signor Presidente, per le Sue cordiali parole di accoglienza. Lei conosce l’affetto che nutro per il vostro Continente e il vostro Paese. Desideravo ritornare in Africa, e una triplice motivazione mi è stata offerta per realizzare questo Viaggio apostolico. Anzitutto, Signor Presidente, c’è il Suo cordiale invito a visitare il vostro Paese. La Sua iniziativa è andata di pari passo con quella della Conferenza Episcopale del Benin. Esse sono fortunate perché si collocano nell’anno in cui il Benin celebra il 40° anniversario dello stabilimento delle sue relazioni diplomatiche con la Santa Sede, così come il 150° anniversario della sua evangelizzazione. Trovandomi tra di voi, avrò l’occasione di fare numerosissimi incontri. Me ne rallegro. Essi saranno tutti diversi e culmineranno nell’Eucaristia che celebrerò prima della mia partenza.

Si realizza anche il mio desiderio di consegnare in terra africana l’Esortazione apostolica post-sinodale Africae munus. Le sue riflessioni guideranno l’azione pastorale di numerose comunità cristiane nei prossimi anni. Questo documento potrà germinarvi, crescervi e fruttificarvi "il cento, il sessanta, il trenta per uno", come dice il Vangelo di Nostro Signore Gesù Cristo (Mt 13,23).

Infine, esiste una terza ragione che è più personale o più affettiva. Ho sempre avuto grande stima per un figlio di questo Paese, il Cardinale Bernardin Gantin. Per molti anni abbiamo entrambi lavorato, ciascuno secondo le proprie competenze, al servizio della stessa Vigna. Abbiamo aiutato al meglio il mio Predecessore, il beato Giovanni Paolo II, ad esercitare il suo ministero petrino. Abbiamo avuto l’occasione di incontrarci parecchie volte, di discutere in modo profondo e di pregare insieme. Il Cardinale Gantin si era guadagnato il rispetto e l’affetto di molti. Mi è parso dunque giusto venire nel suo Paese natale per pregare sulla sua tomba e ringraziare il Benin di avere dato alla Chiesa questo figlio eminente.

Il Benin è una terra di antiche e nobili tradizioni. La sua storia è prestigiosa. Vorrei approfittare di questa occasione per salutare i Capi tradizionali. Il loro contributo è importante per costruire il futuro di questo Paese. Desidero incoraggiarli a contribuire, con la loro saggezza e la loro conoscenza dei costumi, al delicato passaggio che attualmente si va operando tra la tradizione e la modernità.

La modernità non deve fare paura, ma essa non può costruirsi sull’oblio del passato. Deve essere accompagnata con prudenza per il bene di tutti evitando gli scogli che esistono sul Continente africano e altrove, per esempio la sottomissione incondizionata alle leggi del mercato o della finanza, il nazionalismo o il tribalismo esacerbato e sterile che possono diventare micidiali, la politicizzazione estrema delle tensioni interreligiose a scapito del bene comune, o infine la disgregazione dei valori umani, culturali, etici e religiosi. Il passaggio alla modernità deve essere guidato da criteri sicuri che si basano su virtù riconosciute, quelle che enumera il vostro motto nazionale, ma anche quelle che si radicano nella dignità della persona, nella grandezza della famiglia e nel rispetto della vita. Tutti questi valori sono in vista del bene comune, l’unico che deve primeggiare e costituire la preoccupazione maggiore di ogni responsabile. Dio si fida dell’uomo e desidera il suo bene. Sta a noi rispondergli con onestà e giustizia all’altezza della sua fiducia.

La Chiesa, da parte sua, dà il suo specifico contributo. Con la sua presenza, la sua preghiera e le sue diverse opere di misericordia, specialmente nel campo educativo e sanitario, essa desidera offrire ciò che ha di meglio. Vuole manifestarsi vicina a colui che si trova nel bisogno, a colui che cerca Dio. Desidera far comprendere che Dio non è inesistente o inutile come si cerca di far credere, ma che Egli è l’amico dell’uomo. E’ in questo spirito d’amicizia e di fraternità che vengo nel vostro Paese, Signor Presidente.

(In lingua fon) Dio benedica il Benin!

[01623-01.01] [Testo originale: Francese]

 TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Mr President,

Your Eminence,

Dear President of the Episcopal Conference of Benin,

Civil, Ecclesiastical and Religious Authorities,

Dear Friends,

I thank you, Mr President, for the warm words of welcome. You know well the affection which I have for your continent and for your country. I was eager to return to Africa, and a threefold motivation has provided the occasion for this Apostolic Journey. First and foremost, Mr President, is your kind invitation to visit your country. Your initiative was received along with that of the Episcopal Conference of Benin. These are auspicious, since they come during the year in which Benin celebrates the fortieth anniversary of the establishment of diplomatic relations with the Holy See, as well the one hundred and fiftieth anniversary of her evangelization. While among you, I will have the occasion to meet many people, and I look forward to it. Each of these experiences will be different, and will culminate in the Eucharist which I will celebrate before I leave.

This Apostolic Journey also fulfils my desire to bring back to African soil the Post-Synodal Apostolic Exhortation Africae Munus. Its reflections will guide the pastoral activities of numerous Christian communities in the coming years. May this document fall into the ground and take root, grow and bear much fruit "in one case a hundredfold, in another sixty, and in another thirty", as we hear in the Gospel of our Lord Jesus Christ (Mt 13:23).

Additionally, there exists a third reason which is more personal and more emotive. I have long held in high esteem a son of this country, His Eminence Cardinal Bernardin Gantin. For many years, we both worked, each according to his proper competence, labouring in the same vineyard. We both happily assisted my predecessor, Blessed John Paul II, in the exercise of his Petrine ministry. We had many occasions to meet, to engage in profound discussions and to pray together. Cardinal Gantin won the respect and the affection of many. So it seemed right that I should come to his country of origin, to pray before his tomb, and to thank Benin for having given the Church such a distinguished son.

Benin is a country of ancient and noble traditions. Her history is significant. I am pleased to take this opportunity to greet the traditional Chiefs. Their contribution is important in the construction of the country’s future. I would like to encourage them to contribute, with their wisdom and understanding of local customs, in the delicate transition currently under way from tradition to modernity.

Modernity need not provoke fear, but neither can it be constructed by neglecting the past. It needs to be accompanied by prudence for the good of all in order to avoid the pitfalls which exist on the African continent and elsewhere, such as unconditional surrender to the law of the market or that of finance, nationalism or exaggerated and sterile tribalism which can become destructive, a politicization of interreligious tensions to the detriment of the common good, or finally the erosion of human, cultural, ethical and religious values. The transition to modernity must be guided by sure criteria based on recognized virtues, which are listed in your national motto, but equally which are firmly rooted in the dignity of the person, the importance of the family and respect for life. All of these values exist in view of the common good which must take first place, and which must constitute the primary concern of all in positions of responsibility. God trusts in man and desires his good. It is our task to respond, in honesty and justice, to his high expectations.

The Church, for her part, offers her own specific contribution. By her presence, her prayer and her various works of mercy, especially in education and health care, she wishes to give her best to everyone. She wants to be close to those who are in need, near to those who search for God. She wants to make it understood that God is neither absent nor irrelevant as some would have us believe but that he is the friend of man. It is in this spirit of friendship and of fraternity that I come to your country, Mr President.

(In Fon) May God bless Benin!

[01623-02.01] [Original text: French]

 TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Excelentíssimo Senhor Presidente da República,

Venerados Cardeais,

Amado Presidente da Conferência Episcopal do Benim,

Ilustres Autoridades civis, eclesiais e religiosas,

Queridos amigos!

Agradeço-lhe, Senhor Presidente, as cordiais palavras de boas-vindas que me dirigiu. Vossa Excelência conhece o afecto que sinto por este continente e pelo seu país; tinha desejo de voltar à África, sendo esta viagem apostólica motivada por uma tríplice razão. Antes de mais nada, o amável convite que me fez o Senhor Presidente para visitar o país e que foi acompanhado por igual iniciativa da Conferência Episcopal do Benim; iniciativas estas, que caíram num momento propício, ou seja, no ano em que o Benim celebra o quadragésimo aniversário do estabelecimento das suas relações diplomáticas com a Santa Sé, bem como o sesquicentenário da sua evangelização. A minha estada convosco proporciona-me a feliz ocasião para inúmeros encontros, culminando na Eucaristia que celebrarei antes do meu regresso.

Depois, com esta viagem, cumpre-se o meu desejo de entregar, em terra africana, a Exortação apostólica pós-sinodal Africae munus, cujas reflexões hão-de guiar a acção pastoral das numerosas comunidades cristãs nos próximos anos. Nestas, este texto terá possibilidade de germinar, crescer e frutificar «ora cem, ora sessenta, ora trinta por um», como diz o Evangelho de Nosso Senhor Jesus Cristo (Mt 13, 23).

E há ainda uma terceira razão, que é de ordem mais pessoal ou afectiva. Sempre tive grande estima por um filho desta Nação, o Cardeal Bernardin Gantin. Durante muitos anos, trabalhamos ambos, cada qual nas próprias atribuições, ao serviço da mesma Vinha: ajudámos, o melhor que pudemos, o meu predecessor, o Beato João Paulo II, a exercer o seu ministério petrino. Tivemos oportunidade de nos encontrar muitas vezes, dialogar profundamente e rezar juntos. O Cardeal Gantin conquistara o respeito e a estima de muitos. Por isso, pareceu-me justo vir ao seu país natal, rezar junto da sua sepultura e agradecer ao Benim este filho ilustre que deu à Igreja.

O Benim é uma terra de antigas e nobres tradições, com uma história prestigiosa. Quero aproveitar esta ocasião para saudar os chefes tradicionais: a sua colaboração é importante para construir o futuro deste país; encorajo-os a contribuir, com a sua sabedoria e o seu conhecimento dos costumes, para a delicada transição actualmente em curso da tradição para a modernidade.

A modernidade não deve meter medo, mas também não se pode construir sobre o esquecimento do passado. Tem de ser orientada com prudência para o bem de todos, evitando certos escolhos presentes no continente africano e noutras partes como, por exemplo, a sujeição incondicional às leis do mercado ou das finanças, o nacionalismo ou o tribalismo exacerbados e estéreis que se podem tornar letais, a politização extrema das tensões inter-religiosas em detrimento do bem comum, e ainda a erosão dos valores humanos, culturais, éticos e religiosos. A transição para a modernidade deve ser guiada por critérios seguros, que se baseiam em virtudes reconhecidas como as que aparecem no vosso lema nacional e também as virtudes que estão enraizadas na dignidade da pessoa, na grandeza da família e no respeito pela vida. Todos estes valores têm em vista o bem comum, o único que deve prevalecer, constituindo a preocupação suprema de cada responsável. Deus confia no homem e deseja o seu bem; cabe a nós responder-Lhe com uma honestidade e justiça que estejam à altura da sua confiança.

A Igreja, por seu lado, dá a contribuição que lhe é específica. Com a sua presença orante e as diversas obras de misericórdia, especialmente no âmbito educativo e sanitário, deseja oferecer o que tem de melhor: assegurar a sua proximidade àquele que passa necessidade, àquele que procura Deus; fazer compreender que Deus existe e não é inútil como às vezes se procura fazer crer, mas é o amigo do homem. É neste espírito de amizade e fraternidade, Senhor Presidente, que venho ao seu país.

(Em língua fon) Deus abençoe o Benim!

[01623-06.01] [Texto original: Francês]

 TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Señor Presidente de la República,

Señores Cardenales,

Señor Presidente de la Conferencia Episcopal de Benin,

Autoridades civiles, eclesiásticas y religiosas,

Queridos amigos

Le agradezco, Señor Presidente, sus cálidas palabras de bienvenida. Usted sabe el afecto que siento por su continente y su país. Quería volver a África, y son tres los motivos que me han inducido a emprender este viaje apostólico. En primer lugar, Señor Presidente, su amable invitación a visitar el país. Una iniciativa que ha ido a la par con la de la Conferencia Episcopal de Benin. Son iniciativas felices, pues se enmarcan en el año en que Benín celebra el 40 aniversario del establecimiento de relaciones diplomáticas con la Santa Sede y el 150 aniversario de su evangelización. Al estar entre ustedes, tendré ocasión de participar en numerosos encuentros. Me alegro por ello. Todos serán diferentes y culminarán en la Eucaristía que celebraré antes de despedirme.

También se cumple mi deseo de entregar en suelo africano la Exhortación apostólica postsinodal Africae munus. Sus reflexiones guiarán la acción pastoral de numerosas comunidades cristianas en los próximos años. Este documento podrá germinar, crecer y dar fruto, produciendo «el ciento o sesenta o treinta por uno», como dice el Evangelio de Nuestro Señor Jesucristo (Mt 13,23).

Hay, en fin, un tercer motivo más personal o de sentimiento. Siempre he tenido en alta estima a un hijo de este país, el cardenal Bernardin Gantin. Los dos hemos trabajado durante muchos años, cada uno según sus propias competencias, al servicio de la misma viña. Hemos ayudado lo mejor posible a mi Predecesor, el beato Juan Pablo II, a ejercer su ministerio petrino. Tuvimos ocasión de encontrarnos muchas veces, de conversar en profundidad y de orar juntos. El cardenal Gantin se había ganado el respeto y el afecto de muchos. Por eso me ha parecido justo venir a su país natal, para rezar ante su tumba y para agradecer a Benin el haber dado a la Iglesia a este hijo eminente.

Benin es un país de antiguas y nobles tradiciones. Su historia es reconocida. Quisiera aprovechar esta oportunidad para saludar a los jefes tradicionales. Su contribución es importante para construir el futuro de este país. Quiero animarlos a contribuir con su sabiduría y comprensión de las costumbres a la delicada transición que se está produciendo actualmente de la tradición a la modernidad.

No se ha de temer a la modernidad, pero tampoco se puede construir olvidando el pasado. Debe ir acompañada de la prudencia para el bien de todos, evitando los escollos que hay en África, lo mismo que en otras partes, como la sumisión incondicional a las fuerzas del mercado o las finanzas, el nacionalismo o tribalismo exacerbado y estéril, que puede llegar a ser funesto, la politización extrema de las tensiones interreligiosas en detrimento del bien común o, finalmente, la erosión de los valores humanos, culturales, éticos y religiosos. La transición a la modernidad debe estar guiada por criterios seguros basados en las virtudes reconocidas, como las citadas en vuestro lema nacional, pero también aquellas enraizadas en la dignidad, la grandeza de la familia y el respeto de la vida. Todos estos valores son para el bien común, el único que debe primar, y el único que debe ser la mayor preocupación de todo sujeto responsable. Dios confía en el hombre y desea su bien. Nos atañe a nosotros corresponder con una honestidad y justicia que esté a la altura de su confianza.

La Iglesia, por su parte, ofrece su contribución específica. Con su presencia, su oración y sus diversas obras de misericordia, especialmente en el campo de la educación y la sanidad, desea dar lo mejor que tiene. Desea mostrarse cercana de quien está en necesidad, de quien busca a Dios. Quiere hacer comprender que Dios no está ausente, ni es inútil, como se trata de hacer creer, sino que es amigo del hombre. Señor Presidente, vengo a vuestro país con este espíritu de amistad y hermandad.

(En fon)¡Dios bendiga a Benin!

[01623-04.01] [Texto original: Francés]

 TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Sehr geehrter Herr Präsident!

Meine Herren Kardinäle!

Herr Vorsitzender der Bischofskonferenz von Benin!

Sehr geehrte Vertreter des öffentlichen Lebens, der Kirche und der Religionsgemeinschaften!

Liebe Freunde!

Ich danke Ihnen, Herr Präsident, für Ihre herzlichen Worte zum Empfang. Sie kennen die Zuneigung, die ich für Ihren Kontinent und Ihr Land hege. Es war mein Wunsch, nach Afrika zurückzukehren, und es bot sich mir ein dreifacher Beweggrund, diese Apostolische Reise zu verwirklichen. Da ist zuallererst Ihre freundliche Einladung, Herr Präsident, Ihr Land zu besuchen. Ihre Initiative ging Hand in Hand mit jener der Bischofskonferenz von Benin. Es fügt sich glücklich, daß diese in das Jahr fallen, in dem Benin den vierzigsten Jahrestag der Aufnahme der diplomatischen Beziehungen mit dem Heiligen Stuhl wie auch das 150-Jahr-Jubiläum seiner Evangelisierung begeht. Hier nun bei Ihnen werde ich die Gelegenheit zu zahlreichen Begegnungen haben, und ich freue mich darüber. Sie werden alle verschieden sein und ihren Höhepunkt in der Eucharistiefeier finden, die ich vor meiner Abreise zelebrieren werde.

Desgleichen geht mein Wunsch in Erfüllung, auf afrikanischem Boden das Nachsynodale Apostolische Schreiben Africae munus zu übergeben. Seine Ausführungen werden in den nächsten Jahren das pastorale Wirken zahlreicher christlicher Gemeinschaften leiten. Dieses Dokument wird bei Ihnen aufsprießen, wachsen und Frucht bringen können „hundertfach, sechzigfach, dreißigfach", wie das Evangelium unseres Herrn Jesus Christus sagt (Mt 13,23).

Schließlich gibt es einen dritten, mehr persönlichen oder gefühlsmäßigen Grund. Stets habe ich einen Sohn dieses Landes sehr geschätzt, nämlich Kardinal Bernardin Gantin. Viele Jahre haben wir beide, jeder gemäß seiner eigenen Zuständigkeiten, Dienst im gleichen Weinberg verrichtet. So gut wie möglich haben wir meinem Vorgänger, dem seligen Johannes Paul II., geholfen, seinen Petrusdienst auszuüben. Wir hatten Gelegenheit, uns oftmals zu treffen, eingehende Gespräche zu führen und zusammen zu beten. Kardinal Gantin hatte sich die Achtung und die Zuneigung vieler erworben. So schien es mir richtig, in sein Geburtsland zu kommen, um an seinem Grab zu beten und Benin dafür Dank zu sagen, daß es der Kirche diesen herausragenden Sohn geschenkt hat.

Benin ist ein Land altehrwürdiger und vornehmer Traditionen. Es hat eine bedeutende Geschichte. Ich möchte diese Gelegenheit nutzen, die traditionellen Häuptlinge zu grüßen. Ihr Beitrag ist wichtig, um die Zukunft dieses Landes zu gestalten. Es ist mein Wunsch, sie zu ermutigen, mit ihrer Weisheit und ihrer Kenntnis der Gebräuche am schwierigen Übergang von der Tradition zur Moderne, der sich gegenwärtig vollzieht, mitzuwirken.

Die Moderne darf nicht Angst machen, aber sie kann sich auch nicht auf dem Vergessen der Vergangenheit aufbauen. Sie muß begleitet sein von Bedachtsamkeit auf das Wohl aller, indem sie die Klippen meidet, die auf dem afrikanischen Kontinent und anderswo bestehen, wie zum Beispiel die unbedingte Unterwerfung unter die Gesetze des Marktes oder der Finanzwelt, den Nationalismus oder den verbitterten und unfruchtbaren Tribalismus, die mörderisch werden können, die extreme Politisierung der interreligiösen Spannungen auf Kosten des Gemeinwohls oder schließlich die Auflösung der menschlichen, kulturellen, ethischen und religiösen Werte. Der Übergang zur Moderne muß von sicheren Kriterien geleitet sein, die auf anerkannten Tugenden gründen – auf denen, die der Wahlspruch Ihres Landes anführt, aber auch auf jenen, die in der Würde der Person, in der Größe der Familie und in der Achtung des Lebens verankert sind. Alle diese Werte richten sich auf das Gemeinwohl, das allein an erster Stelle stehen und die Hauptsorge eines jeden Verantwortlichen darstellen muß. Gott hat Vertrauen in den Menschen und will sein Wohl. Es liegt an uns, ihm mit Aufrichtigkeit und Gerechtigkeit auf der Höhe seines Vertrauens zu antworten.

Die Kirche leistet ihrerseits ihren besonderen Beitrag. Durch ihre Anwesenheit, ihr Gebet und ihre verschiedenen Werke der Barmherzigkeit, besonders im Bildungs- und Gesundheitsbereich, möchte sie das Beste, was sie hat, anbieten. Sie will dem Notleidenden und dem Gottsuchenden ihre Nähe erweisen. Sie möchte zeigen, daß Gott nicht inexistent oder nutzlos ist, wie man glauben machen will, sondern daß er der Freund des Menschen ist. In diesem Geist der Freundschaft und Brüderlichkeit komme ich in Ihr Land, Herr Präsident.

(auf fon) Gott segne Benin!

[01623-05.01] [Originalsprache: Französisch]

[B0681-XX.02]