Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


L’UDIENZA GENERALE, 25.05.2011


L’UDIENZA GENERALE

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE  

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE 

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Papa, continuando il ciclo di catechesi sulla preghiera, ha incentrato la sua meditazione sulla figura di Giacobbe, nel Libro della Genesi.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Santo Padre ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

L’Udienza Generale si è conclusa con la recita del Pater Noster e la Benedizione Apostolica.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA  

Cari fratelli e sorelle,

Oggi vorrei riflettere con voi su un testo del Libro della Genesi che narra un episodio abbastanza particolare della storia del Patriarca Giacobbe. È un brano di non facile interpretazione, ma importante per la nostra vita di fede e di preghiera; si tratta del racconto della lotta con Dio al guado dello Yabboq, del quale abbiamo sentito un brano.

Come ricorderete, Giacobbe aveva sottratto al suo gemello Esaù la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie e aveva poi carpito con l’inganno la benedizione del padre Isacco, ormai molto anziano, approfittando della sua cecità. Sfuggito all’ira di Esaù, si era rifugiato presso un parente, Labano; si era sposato, si era arricchito e ora stava tornando nella terra natale, pronto ad affrontare il fratello dopo aver messo in opera alcuni prudenti accorgimenti. Ma quando è tutto pronto per questo incontro, dopo aver fatto attraversare a coloro che erano con lui il guado del torrente che delimitava il territorio di Esaù, Giacobbe, rimasto solo, viene aggredito improvvisamente da uno sconosciuto con il quale lotta per tutta una notte. Proprio questo combattimento corpo a corpo - che troviamo nel capitolo 32 del Libro della Genesi - diventa per lui una singolare esperienza di Dio.

La notte è il tempo favorevole per agire nel nascondimento, il tempo, dunque, migliore per Giacobbe, per entrare nel territorio del fratello senza essere visto e forse con l’illusione di prendere Esaù alla sprovvista. Ma è invece lui che viene sorpreso da un attacco imprevisto, per il quale non era preparato. Aveva usato la sua astuzia per tentare di sottrarsi a una situazione pericolosa, pensava di riuscire ad avere tutto sotto controllo, e invece si trova ora ad affrontare una lotta misteriosa che lo coglie nella solitudine e senza dargli la possibilità di organizzare una difesa adeguata. Inerme, nella notte, il Patriarca Giacobbe combatte con qualcuno. Il testo non specifica l’identità dell’aggressore; usa un termine ebraico che indica "un uomo" in modo generico, "uno, qualcuno"; si tratta, quindi, di una definizione vaga, indeterminata, che volutamente mantiene l’assalitore nel mistero. È buio, Giacobbe non riesce a vedere distintamente il suo contendente e anche per il lettore, per noi, esso rimane ignoto; qualcuno sta opponendosi al Patriarca, è questo l’unico dato certo fornito dal narratore. Solo alla fine, quando la lotta sarà ormai terminata e quel "qualcuno" sarà sparito, solo allora Giacobbe lo nominerà e potrà dire di aver lottato con Dio.

L’episodio si svolge dunque nell’oscurità ed è difficile percepire non solo l’identità dell’assalitore di Giacobbe, ma anche quale sia l’andamento della lotta. Leggendo il brano, risulta difficoltoso stabilire chi dei due contendenti riesca ad avere la meglio; i verbi utilizzati sono spesso senza soggetto esplicito, e le azioni si svolgono in modo quasi contraddittorio, così che quando si pensa che sia uno dei due a prevalere, l’azione successiva subito smentisce e presenta l’altro come vincitore. All’inizio, infatti, Giacobbe sembra essere il più forte, e l’avversario – dice il testo – «non riusciva a vincerlo» (v. 26); eppure colpisce Giacobbe all’articolazione del femore, provocandone la slogatura. Si dovrebbe allora pensare che Giacobbe debba soccombere, ma invece è l’altro a chiedergli di lasciarlo andare; e il Patriarca rifiuta, ponendo una condizione: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto» (v. 27). Colui che con l’inganno aveva defraudato il fratello della benedizione del primogenito, ora la pretende dallo sconosciuto, di cui forse comincia a intravedere i connotati divini, ma senza poterlo ancora veramente riconoscere.

Il rivale, che sembra trattenuto e dunque sconfitto da Giacobbe, invece di piegarsi alla richiesta del Patriarca, gli chiede il nome: "Come ti chiami?". E il Patriarca risponde: "Giacobbe" (v. 28). Qui la lotta subisce una svolta importante. Conoscere il nome di qualcuno, infatti, implica una sorta di potere sulla persona, perché il nome, nella mentalità biblica, contiene la realtà più profonda dell’individuo, ne svela il segreto e il destino. Conoscere il nome vuol dire allora conoscere la verità dell’altro e questo consente di poterlo dominare. Quando dunque, alla richiesta dello sconosciuto, Giacobbe rivela il proprio nome, si sta mettendo nelle mani del suo oppositore, è una forma di resa, di consegna totale di sé all’altro.

Ma in questo gesto di arrendersi anche Giacobbe paradossalmente risulta vincitore, perché riceve un nome nuovo, insieme al riconoscimento di vittoria da parte dell’avversario, che gli dice: «Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto» (v. 29). "Giacobbe" era un nome che richiamava l’origine problematica del Patriarca; in ebraico, infatti, ricorda il termine "calcagno", e rimanda il lettore al momento della nascita di Giacobbe, quando, uscendo dal grembo materno, teneva con la mano il calcagno del fratello gemello (cfr Gen 25,26), quasi prefigurando lo scavalcamento ai danni del fratello che avrebbe consumato in età adulta; ma il nome Giacobbe richiama anche il verbo "ingannare, soppiantare". Ebbene, ora, nella lotta, il Patriarca rivela al suo oppositore, in un gesto di consegna e di resa, la propria realtà di ingannatore, di soppiantatore; ma l’altro, che è Dio, trasforma questa realtà negativa in positiva: Giacobbe l’ingannatore diventa Israele, gli viene dato un nome nuovo che segna una nuova identità. Ma anche qui, il racconto mantiene la sua voluta duplicità, perché il significato più probabile del nome Israele è "Dio è forte, Dio vince".

Dunque Giacobbe ha prevalso, ha vinto - è l’avversario stesso ad affermarlo - ma la sua nuova identità, ricevuta dallo stesso avversario, afferma e testimonia la vittoria di Dio. E quando Giacobbe chiederà a sua volta il nome al suo contendente, questi rifiuterà di dirlo, ma si rivelerà in un gesto inequivocabile, donando la benedizione. Quella benedizione che il Patriarca aveva chiesto all’inizio della lotta gli viene ora concessa. E non è la benedizione ghermita con inganno, ma quella gratuitamente donata da Dio, che Giacobbe può ricevere perché ormai solo, senza protezione, senza astuzie e raggiri, si consegna inerme, accetta di arrendersi e confessa la verità su se stesso. Così, al termine della lotta, ricevuta la benedizione, il Patriarca può finalmente riconoscere l’altro, il Dio della benedizione: «Davvero – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva» (v. 31), e può ora attraversare il guado, portatore di un nome nuovo ma "vinto" da Dio e segnato per sempre, zoppicante per la ferita ricevuta.

Le spiegazioni che l’esegesi biblica può dare riguardo a questo brano sono molteplici; in particolare, gli studiosi riconoscono in esso intenti e componenti letterari di vario genere, come pure riferimenti a qualche racconto popolare. Ma quando questi elementi vengono assunti dagli autori sacri e inglobati nel racconto biblico, essi cambiano di significato e il testo si apre a dimensioni più ampie. L’episodio della lotta allo Yabboq si offre così al credente come testo paradigmatico in cui il popolo di Israele parla della propria origine e delinea i tratti di una particolare relazione tra Dio e l’uomo. Per questo, come affermato anche nel Catechismo della Chiesa Cattolica, «la tradizione spirituale della Chiesa ha visto in questo racconto il simbolo della preghiera come combattimento della fede e vittoria della perseveranza» (n. 2573). Il testo biblico ci parla della lunga notte della ricerca di Dio, della lotta per conoscerne il nome e vederne il volto; è la notte della preghiera che con tenacia e perseveranza chiede a Dio la benedizione e un nome nuovo, una nuova realtà frutto di conversione e di perdono.

La notte di Giacobbe al guado dello Yabboq diventa così per il credente un punto di riferimento per capire la relazione con Dio che nella preghiera trova la sua massima espressione. La preghiera richiede fiducia, vicinanza, quasi in un corpo a corpo simbolico non con un Dio nemico, avversario, ma con un Signore benedicente che rimane sempre misterioso, che appare irraggiungibile. Per questo l’autore sacro utilizza il simbolo della lotta, che implica forza d’animo, perseveranza, tenacia nel raggiungere ciò che si desidera. E se l’oggetto del desiderio è il rapporto con Dio, la sua benedizione e il suo amore, allora la lotta non potrà che culminare nel dono di se stessi a Dio, nel riconoscere la propria debolezza, che vince proprio quando giunge a consegnarsi nelle mani misericordiose di Dio.

Cari fratelli e sorelle, tutta la nostra vita è come questa lunga notte di lotta e di preghiera, da consumare nel desiderio e nella richiesta di una benedizione di Dio che non può essere strappata o vinta contando sulle nostre forze, ma deve essere ricevuta con umiltà da Lui, come dono gratuito che permette, infine, di riconoscere il volto del Signore. E quando questo avviene, tutta la nostra realtà cambia, riceviamo un nome nuovo e la benedizione di Dio. E ancora di più: Giacobbe, che riceve un nome nuovo, diventa Israele, dà un nome nuovo anche al luogo in cui ha lottato con Dio, lo ha pregato; lo rinomina Penuel, che significa "Volto di Dio". Con questo nome riconosce quel luogo colmo della presenza del Signore, rende sacra quella terra imprimendovi quasi la memoria di quel misterioso incontro con Dio. Colui che si lascia benedire da Dio, si abbandona a Lui, si lascia trasformare da Lui, rende benedetto il mondo. Che il Signore ci aiuti a combattere la buona battaglia della fede (cfr 1Tm 6,12; 2Tm 4,7) e a chiedere, nella nostra preghiera, la sua benedizione, perché ci rinnovi nell’attesa di vedere il suo Volto. Grazie.

[00793-01.01] [Testo originale: Italiano]

SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE  

Sintesi della catechesi in lingua francese

Sintesi della catechesi in lingua inglese  

Sintesi della catechesi in lingua tedesca  

Sintesi della catechesi in lingua spagnola  

Sintesi della catechesi in lingua portoghese  

Sintesi della catechesi in lingua francese  

Chers frères et sœurs, dans ma réflexion sur la prière, je m’arrête aujourd’hui sur l’expérience particulière de Jacob avec Dieu, relatée par le livre de la Genèse. Seul dans la nuit, le Patriarche est assailli à l’improviste par quelqu’un de mystérieux qu’il n’arrive pas à identifier à cause de l’obscurité. Jacob se défend vaillamment et demande le nom de son rival qui répond par la même question. En donnant son nom, Jacob se rend et devient paradoxalement vainqueur. L’être mystérieux lui donne alors un nouveau nom : Israël qui signifie : Dieu est fort, Dieu triomphe. Cette nouvelle identité témoigne de la victoire de Dieu, qui donne gratuitement la bénédiction à Jacob. La tradition spirituelle de l’Église a retenu de ce récit le symbole de la prière comme combat de la foi et victoire de la persévérance. C’est la longue nuit de la recherche de Dieu, de la lutte comme en un corps à corps symbolique, pour connaître son nom et voir son visage. Nuit de la prière et du désir de Dieu, qui culmine dans un abandon de soi à sa miséricorde. Chers amis, toute notre vie est comme cette longue nuit de combat et de prière, habitée par le désir de la bénédiction divine, qui, reçue avec humilité, nous change réellement et nous donne une nouvelle identité.

Je salue cordialement les pèlerins francophones, particulièrement les jeunes et les membres de la communauté de l’Arche de Grenoble ! Comme Jacob, laissez-vous bénir et transformer par Dieu pour rendre béni notre monde. Puisse le Seigneur vous aider à mener le bon combat de la foi avec humilité et dans une prière quotidienne et confiante ! Avec ma bénédiction !

[00794-03.01] [Texte original: Français]

Sintesi della catechesi in lingua inglese  

Dear Brothers and Sisters,

In our catechesis on Christian prayer, we now turn to the biblical account of the Patriarch Jacob’s struggle with God at the ford of the Jabbok (cf. Gen 32:23-33). This mysterious encounter takes place at night, when Jacob is alone and unarmed; the identity of his assailant and the winner of the contest is not at first clear. Jacob is wounded and must reveal his name to his rival, suggesting his defeat, yet he receives a new name – Israel – and is given a blessing. At daybreak Jacob recognizes that his opponent is God; limping from his wound, he now crosses the ford. The Church’s spiritual tradition has seen in this story a symbol of prayer as a faith-filled struggle which takes place at times in darkness, calls for perseverance, and is crowned by interior renewal and God’s blessing. This struggle demands our unremitting effort, yet ends by surrender to God’s mercy and gift. At daybreak, Jacob called the place of his struggle Peniel, which means "face of God", for he said: "I have seen God face to face, and yet my life is preserved" (Gen 32:30). In our prayers, let us ask the Lord to help us as we fight the good fight of faith, and to bless us as we long to see his face.

I offer a warm welcome to all the English-speaking pilgrims present at today’s Audience, especially those from England, Ireland, Denmark, Norway, Nigeria, Australia, India, Indonesia, Japan and the United States. In a special way I welcome the group of Wounded Warriors, with the promise of my solidarity in prayer. I also greet the many student groups present, and I thank the choirs for their praise of God in song. Upon all of you I invoke the joy and peace of the Risen Lord.

[00795-02.01] [Original text: English]

Sintesi della catechesi in lingua tedesca  

Liebe Brüder und Schwestern!

In der Reihe der Katechesen über das Gebet möchte ich heute über einen Abschnitt aus dem Buch Genesis zu Ihnen sprechen. Da geht es um einen Kampf, in den ein Unbekannter den Stammvater Jakob bei Nacht verwickelt, als er gerade den Fluß überschreiten will, um in die Heimat und in das Gebiet seines Bruders Esau zu gelangen. Der Rivale scheint besiegt zu sein, doch dieser fragt ihn, wie er denn heiße. Darauf gibt der Patriarch seinen Namen preis und antwortet: »Jakob«. Den Namen kennen bedeutet nach biblischer Auffassung, Macht über die Person zu haben. Indem Jakob seinen Namen nennt, gibt er sich in die Hände seines Gegners. Aber durch diese Geste der Übergabe wird Jakob paradoxerweise zum Sieger im Kampf und erhält von seinem Gegenüber einen neuen Namen: »Nicht mehr Jakob wird man dich nennen, sondern Israel (Gottesstreiter); denn mit Gott und Menschen hast du gestritten und hast gewonnen« (Gen 32,29). Der Name »Jakob«, der auch so etwas wie »Betrüger« bedeuten kann und an Episoden aus seinem bisherigen Leben erinnert, weicht einer neuen Identität. Nun zeigt sich, daß er mit Gott gerungen hat, und Gott hat in diesem Ringen das Negative aus seiner Geschichte ins Positive gewandelt. Die geistliche Überlieferung der Kirche hat in dieser schwierigen Geschichte des nächtlichen Kampfes ein Sinnbild für das Gebet gesehen, insofern es ein Ringen im Glauben ist, ein Ringen der Sehnsucht, Gott zu kennen, ein Ringen, ihm näherzukommen, ihn kennenzulernen, ihm zu begegnen, ein Ringen der Beharrlichkeit. Es geht um die Suche nach Gott, um den Kampf, seinen Namen kennenzulernen. Jakobs Streit zeigt uns die Intensität dieser Gottesbeziehung, die mit Ausdauer göttlichen Segen und eine neue Identität als Frucht von Umkehr und Vergebung erbittet. Nicht im Vertrauen auf eigene Kräfte wird der Segen Gottes gewonnen. Jakob und alle Beter empfangen ihn von Gott als ein Geschenk, das sie verwandelt. Und so will uns diese mysteriöse Geschichte einladen, auszuhalten vor dem unbekannten Gott, um ihn zu ringen, ihn nicht loszulassen, bis er uns segnet. Sie lädt uns ein, ihn durch die Kraft unserer Demut und unserer Beharrlichkeit, unserer Sehnsucht nach der Begegnung mit ihm, kennenzulernen, ihn zu sehen und von ihm gleichsam besiegt zu werden, indem er uns erneuert und verwandelt.

Von Herzen grüße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher. Möge das Beispiel Jakobs uns Mut machen, uns ganz in die Hände Gottes zu geben, nicht Angst zu haben, daß uns dabei etwas verlorengeht, und uns von ihm umwandeln zu lassen. Der Herr helfe uns, den Kampf des Glaubens mit Ausdauer zu kämpfen und durch unsere Gebete Gottes Segen zu erlangen für uns und für die Welt. Danke.

[00796-05.01] [Originalsprache: Deutsch]

Sintesi della catechesi in lingua spagnola  

Queridos hermanos y hermanas:

Con el ejemplo del patriarca Jacob, continuamos hoy con el tema de la oración. La Biblia lo describe como un hombre astuto que ha conseguido las cosas con el engaño. A un cierto punto, se plantea volver a su tierra y enfrentarse a su hermano, al que le quitó la primogenitura. Espera la noche para pasar con seguridad un vado, pero algo imprevisible sucede; alguien le sale al encuentro, sin que él pueda prevenirse. Todo el relato nos plantea su lucha, que no tiene un vencedor claro, dejándonos al rival en el misterio. Finalmente, se revela que éste es Dios, que vence a Jacob haciéndole tomar conciencia de su realidad, de su ser más íntimo, expresado en su nombre; pero, en su derrota, Jacob vence, pues consigue de Dios su bendición, no la que robó a su padre con el engaño, sino la que se ha ganado en este combate espiritual. La bendición lleva consigo un cambio de nombre, que es, en definitiva, un cambio de realidad; ya no es aquél que engañaba, sino el que ha vencido a Dios, manifestando a todos, sin embargo, que Dios es el que vence. Ese combate es modelo de la búsqueda perseverante del rostro de Dios y de la victoria que se encuentra en la conversión y el perdón. La oración requiere cercanía, es una lucha, en la que hace falta fuerza de ánimo y tenacidad para conseguir la bendición, que sólo alcanzamos cuando reconocemos nuestra debilidad y nos abandonamos a su misericordia.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular al grupo del Movimiento Scout católico, acompañado por el Señor Obispo de Solsona, así como a los demás grupos provenientes de España, México, Guatemala, Ecuador, Venezuela, Colombia, Argentina y otros países latinoamericanos. Que el Señor nos ayude a combatir el buen combate de la fe. Muchas gracias.

[00797-04.01] [Texto original: Español]

Sintesi della catechesi in lingua portoghese  

Queridos irmãos e irmãs,

Hoje gostaria de refletir sobre um texto do Livro de Gênesis: a luta noturna do Patriarca Jacó com Deus. Jacó havia usurpado a primogenitura do seu irmão Esaú e obtivera, por meio de engano, a bênção de seu pai Isaac indo depois refugiar-se junto do seu tio Labão. Ao voltar para a sua pátria improvisamente é atacado, de noite, por um estranho. Ao cabo de uma fatigosa luta "corpo-a-corpo" com este personagem misterioso, que aos poucos vai revelando a sua natureza divina, Jacó, cujo nome derivava do verbo hebraico que significa "enganar, suplantar", recebe um novo nome que lhe vem de Deus: passa a se chamar Israel, que significa "Deus é forte, Deus vence". A Tradição espiritual da Igreja interpretou esse episódio como um símbolo da oração como combate da fé e da vitória da perseverança. Realmente, a oração exige confiança e intimidade, quase um corpo-a-corpo simbólico, não com um Deus adversário, mas com o Senhor que abençoa e que permanece misterioso. De fato, toda nossa vida é como esta longa noite de luta e de oração: para receber com humildade a bênção que nos transforma e que nos permite reconhecer a face de Deus.

Queridos peregrinos vindos de Portugal e do Brasil, nomeadamente da paróquia de Itú, agradeço a vossa presença e quanto a mesma significa de confissão de fé e amor a Deus. Procurai sempre na oração o auxílio do Senhor para combater a boa batalha da fé. De coração, a todos abençôo. Ide com Deus!

[00798-06.01] [Texto original: Português]

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE  

Saluto in lingua polacca

Saluto in lingua ungherese

Saluto in lingua croata

Saluto in lingua slovacca

Saluto in lingua ucraina

Saluto in lingua bulgara

Saluto in lingua italiana

Saluto in lingua polacca  

Serdecznie pozdrawiam polskich pielgrzymów. Modlitwa Jakuba była trudna, była zmaganiem się z Bogiem. Ostatecznie jednak Jakub poddaje się Bogu, pozwala się wewnętrznie przemienić Bożą mocą, zyskuje nowe imię i otrzymuje błogosławieństwo. Czasem nasza modlitwa może być tak samo trudna, ale możemy być pewni, że nas przemienia i jest niewyczerpanym źródłem łaski. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

[Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. La preghiera di Giacobbe era difficile, era una lotta con Dio. Tuttavia alla fine Giacobbe si abbandona a Dio, si lascia trasformare della potenza di Dio, ottiene un nome nuovo e riceve la benedizione. A volte la nostra preghiera può essere ugualmente difficile, però possiamo essere certi che ci trasforma ed è un’esauribile fonte di grazia. Sia lodato Gesù Cristo.]

[00799-09.01] [Testo originale: Polacco]

Saluto in lingua ungherese  

Isten hozta a magyar zarándokokat, különösen azokat, akik Hatvanból és az ősi Veszprém városából érkeztek. Biztosítalak benneteket imáimról, hogy egyre inkább megismerjétek és kövessétek Jézus Krisztust, a világ egyetlen Megváltóját. Elődöm, Boldog II. János Pál pápa közbenjárását kérve szívesen adom Rátok és minden családtagotokra Apostoli Áldásomat. Dicsértessék a Jézus Krisztus!

[Un saluto cordiale ai pellegrini ungheresi, specialmente a coloro che sono venuti da Hatvan e dall'antica Veszprém. Vi assicuro della mia preghiera, perché si rafforzi in voi il desiderio di conoscere e seguire Gesù Cristo, unico Salvatore del mondo. Chiedendo la intercessione del mio predecessore, Papa Beato Giovanni Paolo II, imparto volentieri a voi e a tutti i vostri familiari la Benedizione Apostolica. Sia lodato Gesù Cristo!]

[00800-AA.01] [Testo originale: Ungherese]

Saluto in lingua croata

Od srca pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a osobito članove Hrvatskog katoličkog liječničkog društva iz Zadra. Dragi prijatelji, u svakodnevnom radu nasljedujte Krista, Dobrog Samaritanca, koji s ljubavlju strpljivo liječi svaku bol i dariva život. Hvaljen Isus i Marija!

[Saluto di cuore tutti i pellegrini Croati in modo particolare i membri dell’Associazione dei medici cattolici croati di Zadar. Cari amici, nel lavoro quotidiano imitate Cristo, Buon Samaritano, che con amore e pazienza cura ogni dolore e da la vita. Siano lodati Gesù e Maria!]

[00801-AA.01] [Testo originale: Croato]

Saluto in lingua slovacca  

S láskou vítam slovenských pútnikov, osobitne z Farnosti svätého Martina z Lipian. Bratia a sestry, Cirkev si včera v liturgii pripomínala Pannu Máriu Pomocnicu kresťanov. Podľa príkladu svätého Jána Apoštola prijmite ju aj vy do svojich domovov a dajte jej priestor vo vašom každodennom živote. Všetkých vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Con affetto do il benvenuto ai pellegrini slovacchi, in particolare a quelli provenienti dalla Parrocchia di San Martino in Lipany. Fratelli e sorelle, la Chiesa ieri ha celebrato la memoria liturgica della Beata Maria Vergine Ausiliatrice del popolo cristiano. Sull’esempio di San Giovanni Apostolo anche voi accogliete Maria nelle vostre case e fateLe spazio nella vostra esistenza quotidiana. A tutti voi la mia benedizione. Sia lodato Gesù Cristo!]

[00802-AA.01] [Testo originale: Slovacco]

Saluto in lingua ucraina  

Щиро вітаю українських військовиків, що брали участь у військовому паломництві до Люрду. Дорогі друзі, підбадьорені цією духовною зупинкою у стіп Пречистої Діви, повертайтесь на вашу Батьківщину з бажанням ще великодушніше свідчити Христа та Його Євангеліє. Від щирого серця благословлю вас і ваші родини. Христос Воскрес!

[Rivolgo un cordiale saluto ai militari ucraini che hanno partecipato al pellegrinaggio militare a Lourdes. Cari amici, rinfrancati da questa sosta spirituale ai piedi della Madonna, ritornate nella vostra Patria con il desiderio di testimoniare ancora più generosamente Cristo e il suo Vangelo. Di cuore benedico voi e le vostre famiglie. Cristo è risorto!]

[00803-AA.01] [Testo originale: Ucraino]

Saluto in lingua bulgara  

ОТПРАВЯМ СЪРДЕЧНИ ПОЖЕЛАНИЯ КЪМ МИНИСТРАНТИТЕ ОТ ЕНОРИЯ „ПРЕСВЕТО СЪРЦЕ ИСУСОВО" ОТ ГРАД РАКОВСКИ В БЪЛГАРИЯ И ГИ ПРИКАНВАМ ДА САХРАНЯВАТ ЕДНО ДЪЛБОКО ПРИЯТЕЛСТВО С ИСУС. ТОЙ СЕ НУЖДАЕ ОТ ДЕЦА И МЛАДЕЖИ, КОИТО ОСВЕН СЛУЖЕНИЕТО НА ОЛТАРА ДА СТАНАТ СЛУЖИТЕЛИ НА ОЛТАРА. НА ВСЕКИ ЕДИН ОТ ВАС ДАВАМ МОЯ БЛАГОСЛОВ!

[Rivolgo un cordiale saluto ai ministranti della parrocchia Sacratissimo Cuore di Gesù, di Rakovski, in Bulgaria, e li invito a coltivare una profonda amicizia con Gesù. Egli ha bisogno di ragazzi e giovani che, oltre al servizio all’altare, diventino ministri dell’altare. A ciascuno la mia Benedizione!]

[00804-AA.01] [Testo originale: Bulgaro]

Saluto in lingua italiana  

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i rappresentanti dell’associazione "L’Ora di Gesù" della diocesi di Taranto, accompagnati dal loro Pastore Mons. Benigno Luigi Papa, e li incoraggio a proseguire con gioia nel loro cammino di fede, diventando sempre più testimoni coraggiosi al servizio della vita e della dignità umana. Saluto gli esponenti della comunità "Regina Pacis" di Verona, che celebrano il 25° anniversario di fondazione, e faccio voti che da questa fausta ricorrenza scaturisca un rinnovato ardore apostolico. Saluto i fedeli della parrocchia di San Pietro in Carolei e auspico che questo incontro possa apportare ricchi frutti spirituali alla comunità parrocchiale.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Ieri abbiamo celebrato la festa della Madonna venerata con il titolo di Maria Ausiliatrice. Maria aiuti voi, cari giovani, specialmente voi alunni della Scuola S. Vincenzo de’ Paoli di Reggio Calabria, a rinsaldare ogni giorno la vostra fedeltà a Cristo. Ottenga conforto e serenità per voi, cari ammalati. Incoraggi voi, cari sposi novelli, a tradurre nella vita quotidiana il comandamento dell'amore.

[00805-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0320-XX.01]