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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 96ma GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (17 GENNAIO 2010), 27.11.2009


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 96ma GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (17 GENNAIO 2010)

INTERVENTO DI S.E. MONS. ANTONIO MARIA VEGLIÒ

INTERVENTO DI S.E. MONS. AGOSTINO MARCHETTO

INTERVENTO DI MONS. NOVATUS RUGAMBWA  

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre per la 96 Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (17 gennaio 2010) sul tema: "I migranti e i rifugiati minorenni".

Intervengono alla Conferenza Stampa: S.E. Mons. Antonio Maria Vegliò, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, S.E. Mons. Agostino Marchetto, Segretario del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, e Mons. Novatus Rugambwa, Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

INTERVENTO DI S.E. MONS. ANTONIO MARIA VEGLIÒ

"Sono testimone della straziante condizione di milioni di bambini in ogni continente. Essi sono i più vulnerabili perché sono i meno capaci di far sentire la loro voce". Così scriveva Giovanni Paolo II in una lettera al Segretario Generale delle Nazioni Unite in occasione del Vertice Mondiale per i Bambini nel 1990, citata da Benedetto XVI nel suo Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2010, che oggi presentiamo.

Se gli immigrati in genere sono vulnerabili perché si trovano in un Paese che non è il loro e nel quale la protezione può non essere garantita, molto più lo sono gli immigrati minorenni, soprattutto se non accompagnati, e dunque privi di rappresentanti legali o di tutori. E che dire quando non sono in possesso di documenti adeguati?

Qualcuno potrebbe avere la tentazione di considerarli persone dotate di minori diritti rispetto agli adulti. Ma il Papa richiama nel Suo Messaggio la Convenzione dei Diritti del Bambino, che "afferma con chiarezza che va sempre salvaguardato l’interesse del minore (cfr. art. 3), al quale vanno riconosciuti i diritti fondamentali della persona al pari dell’adulto", anche se Egli costata con amarezza che "purtroppo nella realtà questo non sempre avviene". Giovanni Paolo II stesso affermava che "ogni individuo, non importa quanto piccolo o quanto apparentemente insignificante [sia] in termini utilitaristici, porta l’impronta dell’immagine e la somiglianza del Creatore (cf. Gen 1, 26)" (op. cit.).

Ci sono vari tipi, diciamo così, di migranti minorenni: coloro che emigrano con migranti adulti, generalmente i genitori, o li raggiungono, coloro che nascono da genitori immigrati e coloro che emigrano non accompagnati. Le difficoltà che questi minori incontrano sono simili, per alcuni aspetti, ma anche diverse per altri. È comunque sicuramente giusto impegnarsi per favorire il benessere di ciascuno di loro. Purtroppo, afferma ancora Benedetto XVI nel suo Messaggio, "mentre cresce nell’opinione pubblica la consapevolezza della necessità di un’azione puntuale e incisiva a protezione dei minori, di fatto tanti sono lasciati in abbandono e, in vari modi, si ritrovano a rischio di sfruttamento".

I motivi per cui i minorenni lasciano la terra ove sono nati sono simili a quelli degli adulti: conflitti armati, etnici o religiosi, crisi economiche e sociali, assenza di prospettive per un futuro nel loro Paese di origine. Ci sono però ragioni più specifiche per i minorenni, come per esempio nel caso di difficoltà, o impossibilità, di accedere al Paese di destinazione desiderato. Ciò spinge i minorenni, o i loro genitori, a tentare l’immigrazione irregolare. Si sa, infatti, che un minore non accompagnato non può essere rimpatriato, anche se purtroppo tale diritto, come molti altri, non è sempre rispettato. In questi casi, i genitori, a volte l’intera famiglia, pongono tutte le loro speranze nella riuscita del minore che emigra, il che si trasforma in un forte peso psicologico per il ragazzo che non vuole deluderli. Perciò egli è pronto a subire ingiustizie, violenze e maltrattamenti pur di ottenere il permesso di soggiorno, forse una formazione scolastica, e soprattutto un lavoro per poter aiutare la famiglia di origine, che tanto ha "investito" su di lui.

Coloro invece che hanno la fortuna di trovarsi insieme ai genitori in terra di immigrazione, anche tra disagi di vario genere, hanno tuttavia un punto di riferimento e di appoggio nel contesto di quella solidarietà che rende tutti responsabili di tutti (cf. Giovani Paolo II, op. cit.). Questi minorenni hanno inoltre una caratteristica, quella di far "parte di due culture con i vantaggi e le problematiche connesse alla loro duplice appartenenza", che però può anche "offrire l’opportunità di sperimentare la ricchezza dell’incontro tra differenti tradizioni culturali" (dal Messaggio del Santo Padre che presentiamo). Tale processo, se prolungato, potrà un giorno "formare società e culture, rendendole sempre più riflesso dei multiformi doni di Dio agli uomini". Da parte sua, il migrante "è impegnato a compiere i passi necessari all’inclusione sociale, quali l’apprendimento della lingua nazionale e il proprio adeguamento alle leggi e alle esigenze del lavoro, così da evitare il crearsi di una differenziazione esasperata" (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2005). È dunque importante facilitare l’integrazione sociale dei migranti minorenni attraverso "opportune strutture formative e sociali", dando ad essi l’indispensabile "possibilità della frequenza scolastica e del successivo inserimento nel mondo del lavoro" (dal Messaggio che presentiamo). In effetti la scolarizzazione è un diritto dei minorenni.

È commovente l’appello che Benedetto XVI rivolge oggi a tutti i cristiani dopo aver ringraziato le parrocchie e le associazioni cattoliche per quanto operano per i migranti. Il Santo Padre scrive: "Vorrei invitare tutti i cristiani a prendere consapevolezza della sfida sociale e pastorale che pone la condizione dei minori migranti e rifugiati. Risuonano nel nostro cuore le parole di Gesù: ‘Ero forestiero e mi avete ospitato’ (Mt 25,35)".

* * *

Alcune statistiche

tratte dal Rapporto dell’UNICEF

"Children in Immigrant Families in Eight Affluent Countries"

Un recente rapporto (agosto 2009) del Centro ricerca Innocenti dell’UNICEF, intitolato "Children in Immigrant Families in Eight Affluent Countries" (I bambini di famiglie immigrate in otto paesi ricchi), analizza la presenza dei bambini immigrati negli Stati Uniti, in Australia e in sei Paesi europei. Vi si afferma che i bambini nati da almeno un genitore immigrato costituiscono una parte significativa del numero complessivo dei bambini che abitano in questi Paesi. In Svizzera sono il 39%, in Australia il 33% e in Germania il 26%, mentre negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi costituiscono il 22%. In Francia tali bambini sono il 17%, nel Regno Unito il 16%, mentre in Italia sono appena il 10%.

Essi provengono, da una parte, dai Paesi ricchi dell’occidente, come il Canada, gli Stati Uniti o anche altri Paesi dell’Europa occidentale. In questi casi, i bambini immigrati hanno una cultura europea che assomiglia a quella dei bambini locali. D’altra parte, però, possono arrivare anche dai Paesi di medio o basso reddito dell’Africa o dell’Asia e persino dell’Europa orientale. In Svizzera, per esempio, il 29% (79.417) dei bambini immigrati provengono dalla Repubblica Federale Iugoslava e l’undici percento (31.261) dalla Turchia. Così negli Stati Uniti il 71% (73.592) di questi bambini provengono dall’America Latina o dai Caraibi (dal Messico: 5.216.718, da El Salvador: 391.677 e dalla Repubblica Dominicana: 334.072) e il 15% dalla regione Asia e Pacifico (dalle Filippine: 562.787, dal Vietnam: 395.031 e dall’India: 331.153), mentre in Australia il 10% (47.311) arrivano dalle Filippine e il 14% (62.909) dal Vietnam. In Germania il 31% (107.100) dei minorenni immigrati sono cittadini della Federazione Russa e il 19% (66.700) provengono dalla Turchia, mentre in Italia il 10% (49.956) di questi minorenni arrivano dall’Albania e il 12% (59.300) dal Marocco.

[01755-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. MONS. AGOSTINO MARCHETTO

La mobilità è un macrofenomeno del nostro tempo, che concerne anziani, adulti e ragazzi, ad un tempo, in tutto il mondo. È, come si dice con linguaggio evangelico, un "segno dei tempi". La Chiesa in modo particolare è vicina ai rifugiati e ai migranti forzati non solo con la sua presenza pastorale e con il sostegno materiale per chi ne ha bisogno, ma anche con il suo impegno a difendere la loro dignità umana: "La sollecitudine per i rifugiati deve spingersi a riaffermare e a sottolineare i diritti umani, universalmente riconosciuti, e a chiedere che anche per essi siano effettivamente realizzati"1, è parola di Papa Giovanni Paolo II.

Il Messaggio di Benedetto XVI quest’anno attira la nostra attenzione e riaccende il nostro zelo per i minorenni migranti e rifugiati.

Sono molti infatti i minorenni, cioè le persone sotto i diciotto anni di età, che, per esempio, varcano le frontiere non accompagnati, temendo per la propria sicurezza nel paese d’origine. Si tratta in fondo di una strategia di sopravvivenza. A volte essa dipende da una decisione personale, mentre in altri casi sono i genitori a spingerli a fuggire.

Un altro gruppo di minorenni da considerare, nella prospettiva della nostra presentazione, sono i bambini che vengono separati - o così si trovano ad essere - dai loro genitori o da chi tradizionalmente, nella cultura locale, se ne prende cura. In situazioni drammatiche le decisioni sono in genere prese all’improvviso o risultano frutto delle circostanze caotiche e di distruzione della guerra: i bambini scappano dalle scuole, gli agricoltori lasciano i campi, le mamme fuggono dalle loro case. I bambini e i minorenni, così dispersi, possono essere ritrovati nei propri Paesi o lungo la strada della fuga verso un’altra Nazione.

E qui vi è la differenza tra profughi e rifugiati (nel caso, cioè, si esca dal territorio nazionale). I motivi per il forzato abbandono delle proprie case sono legati a guerra, situazioni politiche avverse, uccisione di un membro della famiglia o persecuzione del bambino stesso. Ciò può creare paura di persecuzione, di violazioni dei diritti umani o di un conflitto armato. Sono, queste, motivazioni sufficienti per chiedere asilo, una situazione contemplata da una ben rodata legislazione umanitaria internazionale, almeno in linea di principio.

A questo riguardo vale richiamare la preoccupazione prioritaria riguardo ai minorenni non accompagnati e separati, emersa già nel 1981, durante l’annuale Sessione della Commissione Esecutiva dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati con l’adozione unanime di Conclusioni2 circa il modo di affrontare la loro situazione.

Si richiede cioè che i minori vivano una vita normale e stabile, che vi sia sicurezza per il loro futuro, considerato cioè il miglior interesse per il minorenne come norma per un’azione atta a promuovere, come minimo, l’accesso all’educazione, l’assistenza sanitaria, un’abitazione appropriata e cibo sufficiente. Notizie della famiglia d’origine devono essere poi ricercate al più presto. Nel contempo, un tutore sarà assegnato al minorenne per proteggerne i diritti e gli interessi, creando, se possibile, un rapporto di reciproca fiducia. Pure la dimensione sociale non è dimenticata, dovendosi creare occasioni di socializzazione fra ragazzi e con l’intera comunità.

Invece, spesso, i ragazzi richiedenti asilo o rifugiati vivono una vita isolata, dovuta in genere al fatto che essi rimangono nei campi e centri specializzati d’accoglienza, o non dispongono di sufficiente denaro. Ecco dunque lo spazio per l’aiuto degli organismi di carità e di altre associazioni che possono aiutarli a sviluppare i loro talenti e l’autostima. L’integrazione nella comunità sarà comunque incoraggiata da buone relazioni quotidiane con tante diverse persone e organizzazioni ufficiali: una rete sociale è dunque necessaria per promuovere l’integrazione nella società di accoglienza. Così i minorenni rifugiati hanno l’opportunità di crescere e diventare persone capaci di assumere responsabilità nella società che li ha benevolmente accolti.

La domanda che può sorgere qui è se noi, come società e membri della Chiesa, facciamo il possibile per far sì che tali minorenni si sentano come a casa nella società che li accoglie. A questo proposito ho un bel ricordo di una comunità presso Cividale del Friuli che ho visitato per la Santa Pasqua. Le Comunità Cristiane possono aiutare in queste situazioni con l’accompagnamento umano, l’ascolto del giovane/ragazzo per guidarlo con amore e rispetto nella sua ricerca personale di risposte anche alle più profonde domande esistenziali.

Bisogna comunque riconoscere che i minori non accompagnati e quelli separati dalle loro famiglie molto spesso vivono ancora in ambienti a rischio di abusi e di sfruttamento, come per la tratta di esseri umani o il reclutamento per fini militari.

Bisogna anche qui notare che, in tanti paesi, un divario esiste tra gli obiettivi formulati e la reale pratica quotidiana. Molti giovani rifugiati "purtroppo rimangono ancora nei campi di raccolta, o comunque a lungo limitati nell’esercizio dei loro diritti"3, mentre altri restano privi della loro libertà e sono portati in luoghi di detenzione non adatti a minorenni. Il trattenere ragazzi in centri di detenzione contraddice infatti le Conclusioni e Linee Guida dell’ACNUR e anche la Convenzione dei Diritti del Bambino, della quale la Santa Sede è firmataria. La detenzione non farà dunque che aumentare i traumi del loro passato. Alternative alla detenzione sarebbero il monitoraggio delle esigenze, la scarcerazione sotto cauzione, o i centri di accoglienza aperti.

Peraltro, bisogna riconoscere con profonda pena che i membri della società civile agiscono e reagiscono secondo stereotipi, preconcetti e pregiudizi all’arrivo dei rifugiati, mentre le politiche ufficiali guardano al miglior interesse del minorenne. Questo comportamento di discriminazione, xenofobia e finanche razzismo va affrontato con politiche4 atte a salvaguardare, rinforzare e proteggere i diritti dei rifugiati e delle persone sfollate all’interno del proprio paese. "Mi rivolgo quindi a genitori e insegnanti, affinché combattano il razzismo e la xenofobia inculcando atteggiamenti positivi fondati sulla Dottrina sociale cattolica", ebbe a scrivere Papa Giovanni Paolo II per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato del 2003 (n. 3).

Le nostre Comunità Cristiane hanno perciò il dovere "di accogliere chiunque bussi per necessità alla nostra porta"5, di dimostrare solidarietà, ospitalità e impegno pastorale rivolto ai bisogni dei minori specialmente non accompagnati e di quelli rifugiati separati. Speranza, coraggio, amore e creatività devono essere loro offerte.

Cito, per concludere, l’appello del Santo Padre nel Messaggio che oggi presentiamo, il seguente: "Vorrei invitare tutti i cristiani a prendere consapevolezza della sfida sociale e pastorale che pone la condizione dei minori migranti e rifugiati".

Grazie.

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1 GIOVANNI PAOLO II, 1990 Messaggio per la Quaresima, 3: L’Osservatore Romano, English Edition, 12 Febbraio 1990, p. 5. http://www.vatican.va/holy_father/john_paul__ii//messages/lent/documents/hf_jp ii_mes_19890908_lent-1990_it.html

2 Mentre le Conclusioni del Comitato Esecutivo circa la Protezione Internazionale del Rifugiato non sono formalmente vincolanti, quella a cui ci riferiamo qui dovrebbe essere considerata correttamente come atta a fornire elementi rilevanti circa l’interpretazione della Convenzione sui Rifugiati del 1951.

3 GIOVANNI PAOLO II, Angelus, 20 Giugno 2004: O.R., 21-22 Giugno 2004, p. 5.

4 Cfr. BENEDETTO XVI, Angelus, 24 Dicembre 2006 : O.R., 27-28 Dicembre 2006, p. 6. L’impegno corrispondente è quello di superare sempre più i preconcetti e i pregiudizi, abbattere le barriere ed eliminare i contrasti che dividono, o peggio, contrappongono gli individui e i popoli, per costruire assieme un mondo di giustizia e pace.

5 GIOVANNI PAOLO II, 2003 Messaggio per la 89° Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato: www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/messages/migration/documents/hf_jp-ii_mes_20021202_world-migration-day-2003_it.html

[01756-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI MONS. NOVATUS RUGAMBWA

Da sempre le migrazioni internazionali e il movimento dei rifugiati riguardano anche i bambini e i ragazzi che sono rimasti nel Paese di origine o che hanno intrapreso il viaggio assieme ai genitori, oppure sono nati da genitori migranti o ancora sono emigrati per proprio conto in un altro paese.

Molti sono i problemi comuni alle famiglie dei migranti, di cui i minori condividono il peso. Parliamo di povertà, spostamenti frequenti, basse aspettative di vita, abitazioni sovraffollate, scarse strutture sanitarie e infine, ma non ultimo, il fatto di essere costretti a interrompere gli studi, quando addirittura non sono mai stati intrapresi.

Si ritiene che un buon numero degli scolari di oggi abbiano particolari necessità, mentre i bambini migranti e rifugiati mostrano problemi psicologici molto maggiori degli altri. La lingua, in particolare, è una variabile importante associata alla loro sofferenza. Poiché il lavoro è parte essenziale del processo di integrazione ed è fondamentale per la piena partecipazione dei migranti e dei rifugiati nel Paese di accoglienza, provvedere a un’istruzione adeguata è indispensabile se si vuole che il loro contributo sia riconosciuto e porti frutti. Occorre perciò mettere a loro disposizione opportunità educative adeguate, adattandole ove necessario.

Pertanto, l'orientamento professionale, l'istruzione e l'apprendimento della lingua devono essere visti come elementi atti a facilitare il processo per ottenere un lavoro adeguato. Tali elementi, però, hanno anche un ruolo da svolgere nell’auto-realizzazione dei giovani rifugiati e migranti. La formazione educativa e lo sviluppo di nuove capacità, specialmente quella di parlare la nuova lingua per comunicare adeguatamente nel Paese di ricezione, permettono di svolgere un ruolo attivo nell’integrazione e di assumere il posto che spetta loro nella società di accoglienza.

Purtroppo un gran numero di questi migranti e rifugiati trovano spesso ostacoli nel cammino dell'istruzione e del successivo orientamento professionale o dell'educazione superiore. Tra questi menzioniamo le restrizioni istituzionali che ne impediscono l’accesso, la mancanza di adeguato sostegno finanziario e di informazione sul sistema educativo e sui corsi di formazione. In particolare, molte delle persone in cerca d’asilo non sono in grado di avvalersi di opportunità educative durante il periodo in cui le loro domande sono esaminate, e questa procedura può richiedere spesso mesi, se non anni. Molti perdono anni preziosi di istruzione e opportunità di formazione e persino di lavoro. Anche coloro che rientrano nella categoria dei migranti "irregolari" e sono minori, spesso non sono in grado di avvalersi delle opportunità educative, e specialmente della possibilità di accedere a una formazione universitaria o di concluderla.

Poiché fornire servizi educativi a questi giovani favorisce non solo loro stessi ma anche la famiglia, la comunità e il Paese, spesso si rende necessario rompere il legame esistente tra svantaggi socio-economici ed educativi, e la mancanza di coordinamento tra le differenti politiche che riguardano i minori migranti e le loro famiglie. Ugualmente si avverte la necessità di impegnarsi

contro le tendenze alla segregazione scolastica,

contro l’assenza di politiche di opportunità uguali e complete,

contro il fatto che le scuole spesso non si sono ancora adattate alle esigenze dei figli dei migranti o non possono arrivare alle loro famiglie,

contro la mancanza delle necessarie abilità interculturali da parte degli insegnanti e, infine,

contro la scarsità di risorse finanziarie per risolvere queste difficoltà.

Grazie.

[01757-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0743-XX.01]