CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL VENTENNALE DELLA PONTIFICIA COMMISSIONE PER I BENI CULTURALI DELLA CHIESA Alle ore 11.30 di oggi, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del ventennale della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa.
Intervengono S.E. Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa; il Rev.mo P. Ab. Michael John Zielinski, O.S.B. Oliv, Vice-Presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e il Prof. Francesco Buranelli, Segretario della medesima Pontificia Commissione.
Di seguito ripotiamo il testo dell’intervento del Prof. Francesco Buranelli:
● INTERVENTO DEL PROF. FRANCESCO BURANELLI
Custodiri et conservari oportet...competentibus curatoribus committantur...
Dovranno essere custoditi e conservati...affidati a competenti curatori...
1989 – 2009. Vent’anni, più che uno scarto generazionale e – come accade in queste felici circostanze – si tirano le somme del lavoro svolto, si focalizzano gli obiettivi raggiunti, si ricordano i successi ottenuti, ma soprattutto si analizzano le problematiche che i nuovi tempi impongono e si individuano le soluzioni da mettere in atto per continuare nel cammino segnato da Chi, appunto vent’anni or sono, ebbe la lungimirante visione culturale di istituire una struttura cui affidare la protezione dei tesori della Chiesa nel mondo.
Sono questa lungimiranza e i successivi anni di appassionato lavoro e confronto, che la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa intende celebrare, oggi in occasione del suo primo ventennale di attività, in un dibattito aperto e costruttivo.
Dopo il saluto introduttivo del Cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, i lavori – presieduti dall’arcivescovo Gianfranco Ravasi, Presidente della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa – verranno svolti da due eminenti studiosi. Il vescovo di Würzburg, Mons. Friedhelm Hofmann (già membro della Pontificia Commissione) e il Direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa, prof. Salvatore Settis, i quali presenteranno – dal punto di vista dell’esperienza ecclesiastica e laica – un primo bilancio sull’attività svolta dalla Pontificia Commissione nella tutela, nella conservazione e nella valorizzazione dell’incommensurabile patrimonio dei beni culturali della Chiesa, nonché sull’impatto dell’azione di promozione nell’ambito della cultura contemporanea.
Fu Giovanni Paolo II con la Costituzione apostolica sulla Curia Romana Pastor Bonus del 28 giugno 1988, ad avere la felice intuizione di istituire la "Pontificia Commissione per la Conservazione del Patrimonio Artistico e Storico della Chiesa", che di fatto l’anno successivo avviò la propria attività. Dopo pochi anni, il 25 marzo 1993, col motu proprio Inde a Pontificatus, lo stesso pontefice la rinominò Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa e le confermò il fondamentale e complesso «compito di presiedere alla tutela del patrimonio storico ed artistico di tutta Chiesa», intendendo per tale non solo «tutte le opere di qualsiasi arte del passato, che dovranno essere custodite e conservate con la massima diligenza», ma anche il patrimonio storico e «tutti i documenti e strumenti giuridici che riguardano ed attestano la vita e la cura pastorale» riconoscendo alla Pontificia Commissione un’azione universale, culturale e religiosa, come universale è il ruolo della Chiesa nel mondo.
È proprio il valore dell’universalità a sottolineare l’eccezionalità della Pontificia Commissione che, con una caratteristica che la accomuna ai grandi organismi internazionali (quali ad es., l’UNESCO), non è un Dicastero di tutela legato a limiti territoriali o statali, ma assolve alla vocazione propria della Chiesa, di conservare, proteggere e valorizzare ogni bene culturale riconosciuto come patrimonio identitario della cristianità.
La Chiesa di Roma, come sottolineato dal Concilio Vaticano II, «è stata sempre amica delle arti liberali ed ha sempre ricercato il loro nobile servizio, specialmente perché le cose appartenenti al culto sacro fossero veramente degne, decorose e belle» (Sacrosanctum Concilium 122) e si è sempre preoccupata di tutelare e valorizzare il proprio patrimonio culturale attraverso istituzioni a livello universale e locale intese a curarlo e promuoverlo in relazione alle finalità pastorali.
Questa sensibilità e consapevolezza della Chiesa ha avuto la necessità, nei secoli recenti di essere "calata" nella diversificata realtà di popoli, culture e situazioni che nelle più varie aree geografiche e contesti sociali, non partecipavano alla tradizione culturale, tutta "romana", della tutela.
Per questo la gestione dei beni culturali ecclesiastici si è organizzata secondo la struttura gerarchica della Chiesa: a livello di Chiesa universale è competente questa Pontificia Commissione; le Conferenze Episcopali sono a loro volta invitate a istituire un Ufficio Nazionale per i Beni Culturali della Chiesa, o altro organismo analogo, allo scopo di fornire il necessario supporto logistico alle Diocesi. Per parte loro, i Vescovi devono mettere in atto, attraverso un apposito Ufficio Diocesano per i Beni Culturali, le azioni necessarie alla tutela, alla conservazione, alla valorizzazione pastorale dei beni.
Si tratta di una attività quotidiana e serrata che, attraverso i rapporti con le Conferenze episcopali, le Associazioni di settore (archivisti, bibliotecari, conservatori di musei ecclesiastici, ecc.) e i singoli Ordinari diocesani costituisce il principale impegno della Pontificia Commissione. Particolare rilevanza è stata data alla preparazione di documenti di indirizzo e di orientamento, nei quali al pensiero teorico ed allo sviluppo di metodologie si sono affiancati suggerimenti operativi.
Ricordo, solo a titolo di esempio, i testi sulla Formazione dei futuri presbiteri all'attenzione verso i beni culturali della Chiesa (15 ottobre 1992); Le biblioteche ecclesiastiche nella missione della Chiesa (19 marzo 1994); I beni culturali degli Istituti religiosi (10 aprile 1994); La funzione pastorale degli archivi ecclesiastici (2 febbraio 1997); La Necessità e urgenza dell'inventariazione e catalogazione dei beni culturali della Chiesa (8 dicembre 1999), La funzione pastorale dei musei ecclesiastici (29 giugno 2001). e infine L’inventariazione dei beni culturali degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica: alcuni orientamenti pratici (15 settembre 2006).
Particolare cura è stata poi prestata nei contatti con gli Organismi internazionali al fine di provvedere sia alla conservazione dei beni culturali della Chiesa sia alla loro valorizzazione. L’obiettivo principale che caratterizza la partecipazione della Santa Sede agli Organismi internazionali (UNESCO, Consiglio d’Europa, ICCROM, ICOMOS, ecc.) consiste nel diffondere una sempre maggiore consapevolezza del ruolo e del valore specifico del patrimonio culturale religioso, particolarmente di quello cristiano, all’interno del patrimonio culturale di ogni nazione e di conseguenza nel patrimonio mondiale dell’umanità.
Ad essa spetta infine, ed è dichiarazione di grande momento, di «impegnarsi perché il Popolo di Dio diventi sempre più consapevole dell’importanza e della necessità di conservare il patrimonio storico e artistico della Chiesa».
L’azione dei due primi Presidenti della Pontificia Commissione, l’ispiratore cardinale Francesco Marchisano (in carica dalla fondazione al 2003) e il suo successore mons. Mauro Piacenza (dal 2003 al 2007), rivoltasi dapprima al disegno della struttura ed alle attribuzioni di competenze, si è poi concretizzata nella fondamentale opera di formazione del personale religioso, nonché nella promozione delle attività propedeutiche alla tutela quali la catalogazione e l’inventariazione del patrimonio e l’istituzione di musei, archivi e biblioteche diocesane.
Grazie a questa straordinaria mole di lavoro svolta negli anni passati, oggi, sotto la vigorosa guida dell’attuale presidente, mons. Gianfranco Ravasi, ci troviamo nell’entusiasmante situazione di poter proseguire sia nella conservazione di quanto ci è stato tramandato nei secoli e, contemporaneamente, di volgere di nuovo l’attenzione al futuro dell’arte.
La stampa e l’opinione pubblica internazionale, negli ultimi tempi, hanno prestato molta attenzione alla annunciata partecipazione, nel 2011, della Santa Sede alla LIV Biennale d’Arte Contemporanea di Venezia con un Padiglione promosso dalla Pontificia Commissione; le opinioni più diverse, a favore o contro l’iniziativa, sono già state espresse apertamente o fatte velatamente trapelare, ma sostanzialmente la notizia è stata accolta con grande favore: è sembrato, infatti, comune sentire che fosse ormai maturo il momento per la Chiesa di assumere nuovamente, con coraggio, il ruolo di ispirazione e committenza che ne ha per secoli caratterizzato l’opera evangelizzatrice.
Da qui la Chiesa dovrà partire per cimentarsi di nuovo in quel dialogo con l’arte e sull’arte che l’ha vista per secoli al centro del dibattito culturale e che è sembrato affievolirsi - fino a perdersi in rivoli di banalizzazione o dissenso - nel corso dei due secoli appena trascorsi.
Il confronto fra la Chiesa e gli artisti ha vissuto in questi ultimi decenni momenti di nuovo e intenso slancio, non a caso coinciso con il grande rinnovamento teologico e liturgico iniziato nel secondo dopoguerra, culminato nel Concilio Vaticano II, e favorito con consapevolezza e lungimiranza dagli ultimi Pontefici da Pio XII fino al recentissimo emozionante incontro di SS. Benedetto XVI con gli artisti, avvenuto lo scorso 21 novembre sotto il severo sguardo del Cristo Giudice in Cappella Sistina. Si colmava, in quell’occasione un vuoto che era la triste conseguenza dell’interruzione del vibrante e costruttivo dialogo che la Chiesa aveva instaurato con l’arte contemporanea fin dagli albori dell’arte paleocristiana. Il distacco rischiava di dilatarsi oltre misura, fino a fare di Chiesa ed arte due antagonisti; per questo i Papi del XX secolo intervennero.
Paolo VI – uomo di grande sensibilità e conoscitore approfondito di arte e musica, che sentiva personalmente e profondamente la necessità di un continuo confronto con gli artisti – riprese il dialogo interrotto; successivamente Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del 2000, approfondì nella sua "Lettera agli Artisti", pubblicata il giorno di Pasqua del 4 aprile 1999, il tema del dialogo tra l’arte ed il sacro: ancora una volta un Pontefice Romano tornava a proporre agli artisti i grandi temi di Dio, dell’Uomo, della Bellezza.
Nessuna commemorazione degli antichi fasti, nessuna dotta citazione di munifiche committenze, solo il riconoscimento di incomprensioni e la richiesta, da amico ad amico, di rinnovare un rapporto di affetto e di fiducia.
Si tratta per la Chiesa – ed è questo lo sforzo che sta compiendo oggi, facendo propri gli insegnamenti di Paolo VI, di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, la Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa – di non avere più paura di questa amicizia, di accettare ancora una volta il carattere specifico dell’arte in Occidente, scaturita anche dal suo seno, di voler cercare Dio a partire dalla propria coscienza di Uomo, nel rispetto della sensibilità e della cultura di ciascun artista.
Dove porta questo discorso? Innanzitutto a un’espansione necessaria del problema, ad un coinvolgimento ecclesiale che non si limiti all’ascolto della autorevole iniziativa dei Pontefici, ma che di essa faccia tesoro e spinga le Istituzioni religiose a operare in iniziative di formazione e di stimolo perché ciò che è stato un movimento "dall’alto", diventi operativo anche nella "base", perché dall’ispirazione delle parole del Magistero nasca una nuova stagione artistica per la Chiesa intera.
Questo significa attenzione delle Chiese particolari per gli artisti presenti nel proprio territorio, il "costituirsi" di commissioni diocesane di arte religiosa contemporanea che si affianchino alle doverose iniziative di conservazione e valorizzazione dell’arte del passato nei musei diocesani. Significa creare le condizioni perché l’artista, accompagnato, ma non prevaricato, nell’acquisizione di un linguaggio coerente ed unitario e di una sintassi intelligibile, possa approdare alla Teologia, alla conoscenza profonda dei riti e simboli cristiani, ed entrando in una chiesa sappia percepire qual è il "sacro" che la sua arte è chiamata a far vivere nel cuore dei credenti.
Solo in questo modo la committenza ecclesiastica potrà uscire dalle facili scorciatoie delle produzioni "seriali", e gli artisti si sentiranno nuovamente provocati dal tema del rapporto con l’Inesprimibile e potranno, confrontandosi con il tema forse più alto che la mente umana abbia concepito, crescere nel loro cammino d’arte.
Nell’antica tradizione, nei fatti recenti, nelle parole di grandi Pontefici, si trovano, dunque, i presupposti per comprendere il passo della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa verso la Biennale d’Arte di Venezia del 2011, un nuovo appuntamento in quel complesso e non sempre facile percorso che permetterà attraverso spunti di riflessione e di confronto tra artisti e teologi di sviluppare un tessuto connettivo di immagini e simboli che consenta alla nostra società di tornare ad essere consapevole delle proprie radici culturali e di riacquisire la capacità di vedere l’invisibile.
[01754-01.01]
[B0740-XX.01]