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PELLEGRINAGGIO DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI IN TERRA SANTA (8-15 MAGGIO 2009) (XIV), 11.05.2009


VISITA AL MEMORIALE DI "YAD VASHEM" DI JERUSALEM 

 DISCORSO DEL SANTO PADRE

 TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

 Lasciato il Palazzo Presidenziale di Jerusalem, il Santo Padre Benedetto XVI si reca in auto al Memoriale di "Yad Vashem", monumento alla Memoria dell’Olocausto, contenente alcune urne con le ceneri di vittime dei vari campi di concentramento.

Al Suo arrivo - alle ore 17.45 - il Santo Padre è accolto dal Presidente e dal Direttore del Centro, quindi percorre a piedi il perimetro del Memoriale per raggiungere la Sala della Rimembranza.

Qui, alla Presenza del Presidente dello Stato di Israele, Shimon Peres, dello Speaker del Knesset, Reuven Rivlin, e del Presidente del Consiglio di "Yad Vashem", Rabbino Israel Meir Lau, ha luogo la Memorial Ceremony, nel corso della quale il Papa accende la fiamma perpetua e depone una corona di fiori.

Subito dopo il Santo Padre incontra 6 sopravvissuti all’Olocausto, quindi - prima di concludere la visita con la Firma sul Libro d’Onore del Memoriale di "Yad Vashem" - rivolge ai presenti il discorso che pubblichiamo di seguito:

 DISCORSO DEL SANTO PADRE

"I will give in my house and within my walls a memorial and a name … I will give them an everlasting name which shall not be cut off" (Is 56:5).

This passage from the Book of the prophet Isaiah furnishes the two simple words which solemnly express the profound significance of this revered place: yad – "memorial"; shem – "name". I have come to stand in silence before this monument, erected to honor the memory of the millions of Jews killed in the horrific tragedy of the Shoah. They lost their lives, but they will never lose their names: these are indelibly etched in the hearts of their loved ones, their surviving fellow prisoners, and all those determined never to allow such an atrocity to disgrace mankind again. Most of all, their names are forever fixed in the memory of Almighty God.

One can rob a neighbor of possessions, opportunity or freedom. One can weave an insidious web of lies to convince others that certain groups are undeserving of respect. Yet, try as one might, one can never take away the name of a fellow human being.

Sacred Scripture teaches us the importance of names in conferring upon someone a unique mission or a special gift. God called Abram "Abraham" because he was to become the "father of many nations" (Gen 17:5). Jacob was called "Israel" because he had "contended with God and man and prevailed" (Gen 32:29). The names enshrined in this hallowed monument will forever hold a sacred place among the countless descendants of Abraham. Like his, their faith was tested. Like Jacob, they were immersed in the struggle to discern the designs of the Almighty. May the names of these victims never perish! May their suffering never be denied, belittled or forgotten! And may all people of goodwill remain vigilant in rooting out from the heart of man anything that could lead to tragedies such as this!

The Catholic Church, committed to the teachings of Jesus and intent on imitating his love for all people, feels deep compassion for the victims remembered here. Similarly, she draws close to all those who today are subjected to persecution on account of race, color, condition of life or religion – their sufferings are hers, and hers is their hope for justice. As Bishop of Rome and Successor of the Apostle Peter, I reaffirm – like my predecessors – that the Church is committed to praying and working tirelessly to ensure that hatred will never reign in the hearts of men again. The God of Abraham, Isaac and Jacob is the God of peace (cf. Ps 85:9).

The Scriptures teach that it is our task to remind the world that this God lives, even though we sometimes find it difficult to grasp his mysterious and inscrutable ways. He has revealed himself and continues to work in human history. He alone governs the world with righteousness and judges all peoples with fairness (cf. Ps 9:9).

Gazing upon the faces reflected in the pool that lies in stillness within this memorial, one cannot help but recall how each of them bears a name. I can only imagine the joyful expectation of their parents as they anxiously awaited the birth of their children. What name shall we give this child? What is to become of him or her? Who could have imagined that they would be condemned to such a deplorable fate!

As we stand here in silence, their cry still echoes in our hearts. It is a cry raised against every act of injustice and violence. It is a perpetual reproach against the spilling of innocent blood. It is the cry of Abel rising from the earth to the Almighty. Professing our steadfast trust in God, we give voice to that cry using words from the Book of Lamentations which are full of significance for both Jews and Christians:

"The favors of the Lord are not exhausted, his mercies are not spent;
They are renewed each morning, so great is his faithfulness.
My portion is the Lord, says my soul; therefore will I hope in him.
Good is the Lord to the one who waits for him, to the soul that seeks him;
It is good to hope in silence for the saving help of the Lord"
(Lam 3:22-26).

My dear friends, I am deeply grateful to God and to you for the opportunity to stand here in silence: a silence to remember, a silence to pray, a silence to hope.

* * *

Frase per la firma sul libro d’onore:

"‘His mercies are not spent.’
(The Book of Lamentations 3:22)
Benedictus PP. XVI".

[00720-02.01] [Original text: English]

 TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

"Io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome… darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato" (Is 56,5).

Questo passo tratto dal Libro del profeta Isaia offre le due semplici parole che esprimono in modo solenne il significato profondo di questo luogo venerato: yad – "memoriale"; shem – "nome". Sono giunto qui per soffermarmi in silenzio davanti a questo monumento, eretto per onorare la memoria dei milioni di ebrei uccisi nell’orrenda tragedia della Shoah. Essi persero la propria vita, ma non perderanno mai i loro nomi: questi sono stabilmente incisi nei cuori dei loro cari, dei loro compagni di prigionia, e di quanti sono decisi a non permettere mai più che un simile orrore possa disonorare ancora l’umanità. I loro nomi, in particolare e soprattutto, sono incisi in modo indelebile nella memoria di Dio Onnipotente.

Uno può derubare il vicino dei suoi possedimenti, delle occasioni favorevoli o della libertà. Si può intessere una insidiosa rete di bugie per convincere altri che certi gruppi non meritano rispetto. E tuttavia, per quanto ci si sforzi, non si può mai portar via il nome di un altro essere umano.

La Sacra Scrittura ci insegna l’importanza dei nomi quando viene affidata a qualcuno una missione unica o un dono speciale. Dio ha chiamato Abram "Abraham" perché doveva diventare il "padre di molti popoli" (Gn 17,5). Giacobbe fu chiamato "Israele" perché aveva "combattuto con Dio e con gli uomini ed aveva vinto" (cfr Gn 32,29). I nomi custoditi in questo venerato monumento avranno per sempre un sacro posto fra gli innumerevoli discendenti di Abraham.

Come avvenne per Abraham, anche la loro fede fu provata. Come per Giacobbe, anch’essi furono immersi nella lotta fra il bene e il male, mentre lottavano per discernere i disegni dell’Onnipotente. Possano i nomi di queste vittime non perire mai! Possano le loro sofferenze non essere mai negate, sminuite o dimenticate! E possa ogni persona di buona volontà vigilare per sradicare dal cuore dell’uomo qualsiasi cosa capace di portare a tragedie simili a questa!

La Chiesa Cattolica, impegnata negli insegnamenti di Gesù e protesa ad imitarne l’amore per ogni persona, prova profonda compassione per le vittime qui ricordate. Alla stessa maniera, essa si schiera accanto a quanti oggi sono soggetti a persecuzioni per causa della razza, del colore, della condizione di vita o della religione – le loro sofferenze sono le sue e sua è la loro speranza di giustizia. Come Vescovo di Roma e Successore dell’Apostolo Pietro, ribadisco – come i miei predecessori – l’impegno della Chiesa a pregare e ad operare senza stancarsi per assicurare che l’odio non regni mai più nel cuore degli uomini. Il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe è il Dio della pace (cfr Sal 85,9).

Le Scritture insegnano che è nostro dovere ricordare al mondo che questo Dio vive, anche se talvolta troviamo difficile comprendere le sue misteriose ed imperscrutabili vie. Egli ha rivelato se stesso e continua ad operare nella storia umana. Lui solo governa il mondo con giustizia e giudica con equità ogni popolo (cfr Sal 9,9).

Fissando lo sguardo sui volti riflessi nello specchio d’acqua che si stende silenzioso all’interno di questo memoriale, non si può fare a meno di ricordare come ciascuno di loro rechi un nome. Posso soltanto immaginare la gioiosa aspettativa dei loro genitori, mentre attendevano con ansia la nascita dei loro bambini. Quale nome daremo a questo figlio? Che ne sarà di lui o di lei? Chi avrebbe potuto immaginare che sarebbero stati condannati ad un così lacrimevole destino!

Mentre siamo qui in silenzio, il loro grido echeggia ancora nei nostri cuori. È un grido che si leva contro ogni atto di ingiustizia e di violenza. È una perenne condanna contro lo spargimento di sangue innocente. È il grido di Abele che sale dalla terra verso l’Onnipotente. Nel professare la nostra incrollabile fiducia in Dio, diamo voce a quel grido con le parole del Libro delle Lamentazioni, così cariche di significato sia per gli ebrei che per i cristiani:

"Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie;
Si rinnovano ogni mattina, grande è la sua fedeltà;
«Mia parte è il Signore – io esclamo –, per questo in lui spero».
Buono è il Signore con chi spera in lui, con colui che lo cerca.
È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore
" (3,22-26).

Cari Amici, sono profondamente grato a Dio e a voi per l’opportunità che mi è stata data di sostare qui in silenzio: un silenzio per ricordare, un silenzio per pregare, un silenzio per sperare.

* * *

Frase per la firma sul libro d’onore:

[‘Non sono esaurite le sue misericordie.’
(Dal Libro delle Lamentazioni 3, 22)
Benedictus PP. XVI.]

[00720-01.02] [Testo originale: Inglese]

Al termine, il Santo Padre si reca in auto al Pontificio Istituto "Notre Dame of Jerusalem Centre".

[B0322-XX.02]