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MESSAGGIO PASQUALE DEL SANTO PADRE E BENEDIZIONE "URBI ET ORBI", 12.04.2009


Alle ore 12, dal sagrato della Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI rivolge ai fedeli presenti in Piazza San Pietro ed a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione il Messaggio che riportiamo di seguito:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle di Roma e del mondo intero!

Formulo di cuore a voi tutti l’augurio pasquale con le parole di sant’Agostino: "Resurrectio Domini, spes nostra – la risurrezione del Signore è la nostra speranza" (Agostino, Sermo 261, 1). Con questa affermazione, il grande Vescovo spiegava ai suoi fedeli che Gesù è risorto perché noi, pur destinati alla morte, non disperassimo, pensando che con la morte la vita sia totalmente finita; Cristo è risorto per darci la speranza (cfr ibid.).

In effetti, una delle domande che più angustiano l’esistenza dell’uomo è proprio questa: che cosa c’è dopo la morte? A quest’enigma la solennità odierna ci permette di rispondere che la morte non ha l’ultima parola, perché a trionfare alla fine è la Vita. E questa nostra certezza non si fonda su semplici ragionamenti umani, bensì su uno storico dato di fede: Gesù Cristo, crocifisso e sepolto, è risorto con il suo corpo glorioso. Gesù è risorto perché anche noi, credendo in Lui, possiamo avere la vita eterna. Quest’annuncio sta nel cuore del messaggio evangelico. Lo dichiara con vigore san Paolo: "Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede". E aggiunge: "Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini" (1 Cor 15,14.19). Dall’alba di Pasqua una nuova primavera di speranza investe il mondo; da quel giorno la nostra risurrezione è già cominciata, perché la Pasqua non segna semplicemente un momento della storia, ma l’avvio di una nuova condizione: Gesù è risorto non perché la sua memoria resti viva nel cuore dei suoi discepoli, bensì perché Egli stesso viva in noi e in Lui possiamo già gustare la gioia della vita eterna.

La risurrezione pertanto non è una teoria, ma una realtà storica rivelata dall’Uomo Gesù Cristo mediante la sua "pasqua", il suo "passaggio", che ha aperto una "nuova via" tra la terra e il Cielo (cfr Eb 10,20). Non è un mito né un sogno, non è una visione né un’utopia, non è una favola, ma un evento unico ed irripetibile: Gesù di Nazaret, figlio di Maria, che al tramonto del Venerdì è stato deposto dalla croce e sepolto, ha lasciato vittorioso la tomba. Infatti all’alba del primo giorno dopo il sabato, Pietro e Giovanni hanno trovato la tomba vuota. Maddalena e le altre donne hanno incontrato Gesù risorto; lo hanno riconosciuto anche i due discepoli di Emmaus allo spezzare il pane; il Risorto è apparso agli Apostoli la sera nel Cenacolo e quindi a molti altri discepoli in Galilea.

L’annuncio della risurrezione del Signore illumina le zone buie del mondo in cui viviamo. Mi riferisco particolarmente al materialismo e al nichilismo, a quella visione del mondo che non sa trascendere ciò che è sperimentalmente constatabile, e ripiega sconsolata in un sentimento del nulla che sarebbe il definitivo approdo dell’esistenza umana. È un fatto che se Cristo non fosse risorto, il "vuoto" sarebbe destinato ad avere il sopravvento. Se togliamo Cristo e la sua risurrezione, non c’è scampo per l’uomo e ogni sua speranza rimane un’illusione. Ma proprio oggi prorompe con vigore l’annuncio della risurrezione del Signore, ed è risposta alla ricorrente domanda degli scettici, riportata anche dal libro di Qoèlet: "C’è forse qualcosa di cui si possa dire: / Ecco, questa è una novità?" (Qo 1,10). Sì, rispondiamo: nel mattino di Pasqua tutto si è rinnovato. "Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello: il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa" (Sequenza pasquale). Questa è la novità! Una novità che cambia l’esistenza di chi l’accoglie, come avvenne nei santi. Così, ad esempio, è accaduto per san Paolo.

Più volte, nel contesto dell’Anno Paolino, abbiamo avuto modo di meditare sull’esperienza del grande Apostolo. Saulo di Tarso, l’accanito persecutore dei cristiani, sulla via di Damasco incontrò Cristo risorto e fu da Lui "conquistato". Il resto ci è noto. Avvenne in Paolo quel che più tardi egli scriverà ai cristiani di Corinto: "Se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove" (2 Cor 5,17). Guardiamo a questo grande evangelizzatore, che con l’entusiasmo audace della sua azione apostolica, ha recato il Vangelo a tante popolazioni del mondo di allora. Il suo insegnamento e il suo esempio ci stimolano a ricercare il Signore Gesù. Ci incoraggiano a fidarci di Lui, perché ormai il senso del nulla, che tende ad intossicare l’umanità, è stato sopraffatto dalla luce e dalla speranza che promanano dalla risurrezione. Ormai sono vere e reali le parole del Salmo: "Nemmeno le tenebre per te sono tenebre / e la notte è luminosa come il giorno" (139[138],12). Non è più il nulla che avvolge ogni cosa, ma la presenza amorosa di Dio. Addirittura il regno stesso della morte è stato liberato, perché anche negli "inferi" è arrivato il Verbo della vita, sospinto dal soffio dello Spirito (v. 8).

Se è vero che la morte non ha più potere sull’uomo e sul mondo, tuttavia rimangono ancora tanti, troppi segni del suo vecchio dominio. Se mediante la Pasqua, Cristo ha estirpato la radice del male, ha però bisogno di uomini e di donne che in ogni tempo e luogo lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi: le armi della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore. E’ questo il messaggio che, in occasione del recente viaggio apostolico in Camerun e in Angola, ho inteso portare a tutto il Continente africano, che mi ha accolto con grande entusiasmo e disponibilità all’ascolto. L’Africa, infatti, soffre in modo smisurato per i crudeli e interminabili conflitti – spesso dimenticati – che lacerano e insanguinano diverse sue Nazioni e per il numero crescente di suoi figli e figlie che finiscono preda della fame, della povertà, della malattia. Il medesimo messaggio ripeterò con forza in Terrasanta, ove avrò la gioia di recarmi fra qualche settimana. La difficile ma indispensabile riconciliazione, che è premessa per un futuro di sicurezza comune e di pacifica convivenza, non potrà diventare realtà che grazie agli sforzi rinnovati, perseveranti e sinceri, per la composizione del conflitto israelo-palestinese. Dalla Terrasanta, poi, lo sguardo si allargherà sui Paesi limitrofi, sul Medio Oriente, sul mondo intero. In un tempo di globale scarsità di cibo, di scompiglio finanziario, di povertà antiche e nuove, di cambiamenti climatici preoccupanti, di violenze e miseria che costringono molti a lasciare la propria terra in cerca di una meno incerta sopravvivenza, di terrorismo sempre minaccioso, di paure crescenti di fronte all’incertezza del domani, è urgente riscoprire prospettive capaci di ridare speranza. Nessuno si tiri indietro in questa pacifica battaglia iniziata dalla Pasqua di Cristo, il Quale – lo ripeto – cerca uomini e donne che lo aiutino ad affermare la sua vittoria con le sue stesse armi, quelle della giustizia e della verità, della misericordia, del perdono e dell’amore.

Resurrectio Domini, spes nostra! La risurrezione di Cristo è la nostra speranza! Questo la Chiesa proclama oggi con gioia: annuncia la speranza, che Dio ha reso salda e invincibile risuscitando Gesù Cristo dai morti; comunica la speranza, che essa porta nel cuore e vuole condividere con tutti, in ogni luogo, specialmente là dove i cristiani soffrono persecuzione a causa della loro fede e del loro impegno per la giustizia e la pace; invoca la speranza capace di suscitare il coraggio del bene anche e soprattutto quando costa. Oggi la Chiesa canta "il giorno che ha fatto il Signore" ed invita alla gioia. Oggi la Chiesa prega, invoca Maria, Stella della Speranza, perché guidi l’umanità verso il porto sicuro della salvezza che è il cuore di Cristo, la Vittima pasquale, l’Agnello che "ha redento il mondo", l’Innocente che "ha riconciliato noi peccatori col Padre". A Lui, Re vittorioso, a Lui crocifisso e risorto, noi gridiamo con gioia il nostro Alleluia !

[00565-01.02] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Chers Frères et Sœurs de Rome et du monde entier !

De tout cœur, je forme pour vous tous des vœux de Pâques avec les mots de saint Augustin : « Resurrectio Domini, spes nostra – la résurrection du Seigneur est notre espérance » (Sermon 261, 1). Par cette affirmation, le grand Évêque expliquait à ses fidèles que Jésus est ressuscité afin que nous-mêmes, pourtant destinés à mourir, nous ne désespérions pas en pensant qu’avec la mort la vie est totalement finie ; le Christ est ressuscité pour nous donner l’espérance (cf. ibid.).

En effet, une des questions qui cause le plus d’angoisse dans l’existence de l’homme est précisément celle-ci : qu’y-a-t-il après la mort ? À cette énigme, la solennité de ce jour nous permet de répondre que la mort n’a pas le dernier mot, parce que, à la fin, c’est la Vie qui triomphe. Et cette certitude qui est nôtre ne s’appuie pas sur de simples raisonnements humains, mais bien sur un fait historique de foi : Jésus Christ, crucifié et enseveli, est ressuscité avec son corps glorieux. Jésus est ressuscité pour que nous aussi, en croyant en Lui, nous puissions avoir la vie éternelle. Cette annonce est au cœur du message évangélique. Saint Paul le déclare avec force : « Si le Christ n’est pas ressuscité, notre message est sans objet, et votre foi est sans objet ». Et il ajoute : « Si nous avons mis notre espoir dans le Christ pour cette vie seulement, nous sommes les plus à plaindre de tous les hommes » (1 Co 15, 14.19). Depuis l’aube de Pâques, un nouveau printemps d’espérance envahit le monde ; depuis ce jour, notre résurrection est déjà commencée, parce que Pâques n’indique pas simplement un moment de l’histoire, mais le début d’une condition nouvelle : Jésus est ressuscité non pas pour que sa mémoire reste vivante dans le cœur de ses disciples, mais bien pour que Lui-même vive en nous et qu’en Lui nous puissions déjà goûter la joie de la vie éternelle.

La résurrection n’est donc pas une théorie, mais une réalité historique révélée par l’Homme Jésus Christ à travers sa « pâque », son « passage » qui a ouvert une « voie nouvelle » entre la terre et le Ciel (cf. He 10, 20). Ce n’est ni un mythe, ni un rêve, ce n’est ni une vision, ni une utopie, ce n’est pas une fable, mais un événement unique et définitif : Jésus de Nazareth, fils de Marie, qui au soir du Vendredi saint a été descendu de la Croix et mis au tombeau, est sorti victorieux de la tombe. En effet, à l’aube du premier jour après le sabbat, Pierre et Jean ont trouvé le tombeau vide. Madeleine et les autres femmes ont rencontré Jésus ressuscité ; il a été reconnu aussi par les deux disciples d’Emmaüs à la fraction du pain ; le Ressuscité est apparu aux Apôtres le soir venu dans le Cénacle et ensuite à beaucoup d’autres disciples en Galilée.

L’annonce de la résurrection du Seigneur illumine les zones d’ombre du monde dans lequel nous vivons. Je pense particulièrement au matérialisme et au nihilisme, à une vision du monde qui ne sait pas dépasser ce qui est expérimentalement constatable, et qui se retrouve inconsolée dans la conscience du néant qui serait le point d’arrivée ultime de l’existence humaine. C’est un fait que si le Christ n’était pas ressuscité, le « néant » serait destiné à l’emporter. Si nous retirons le Christ et sa résurrection, il n’y a pas d’issue pour l’homme et toute espérance demeure une illusion. Mais précisément aujourd'hui, éclate avec force l’annonce de la résurrection du Seigneur, et elle est la réponse à la question incessante des sceptiques, rapportée aussi par le livre de Qohélet: « Y a-t-il une seule chose dont on dise : "voilà enfin du nouveau" ? » (Qo 1, 10). Oui, répondons-nous, le matin de Pâques tout a été renouvelé. « La mort et la vie s’affrontèrent / en un duel prodigieux : / le Prince de la vie mourut ; / vivant, il règne » (Séquence pascale). Voilà la nouveauté ! C’est une nouveauté qui change l’existence de celui qui l’accueille, comme on le voit chez les saints. C’est ce qui est arrivé, par exemple, à saint Paul.

Bien souvent, dans le cadre de l’Année paulinienne, nous avons eu l’occasion de méditer sur l’expérience du grand Apôtre. Saul de Tarse, le persécuteur acharné des chrétiens, a rencontré le Christ ressuscité sur le chemin de Damas et il a été « conquis » par Lui. Le reste nous est bien connu. Il s’est produit chez Paul ce qu’il écrira plus tard aux chrétiens de Corinthe : « Si quelqu’un est en Jésus Christ, il est une créature nouvelle. Le monde ancien s’en est allé, un monde nouveau est déjà né » (2 Co 5, 17). Tournons notre regard vers ce grand évangélisateur qui, avec l’enthousiasme et l’audace de son action apostolique, a porté l’Évangile à tant de populations du monde d’alors. Son enseignement et son exemple nous stimulent à rechercher le Seigneur Jésus. Ils nous encouragent à mettre notre confiance en Lui, car désormais la conscience du néant qui tend à intoxiquer l’humanité a été submergé dans la lumière et l’espérance qui proviennent de la résurrection. Désormais, elles sont vraies et bien réelles les paroles du Psaume : « Même la ténèbre pour toi n’est pas ténèbre, et la nuit comme le jour est lumière ! » (138 (139), 12). Ce n’est plus le néant qui enveloppe toutes choses, mais la présence amoureuse de Dieu. Le règne de la mort a même été anéanti, parce que dans les « enfers » aussi le Verbe de vie, poussé par le souffle de l’Esprit, est arrivé (cf. v. 8).

S’il est vrai que la mort n’a plus aucun pouvoir sur l’homme et sur le monde, il subsiste cependant encore beaucoup, trop de signe de son antique domination. Si par la Pâque, le Christ a extirpé la racine du mal, il a toutefois besoin d’hommes et de femmes qui dans tous les temps et lieux l’aident à affirmer sa victoire avec les mêmes armes que lui : les armes de la justice et de la vérité, de la miséricorde, du pardon et de l’amour. C’est le message qu’à l’occasion de mon récent voyage apostolique au Cameroun et en Angola, j’ai voulu porter à tout le continent africain, qui m’a accueilli avec un grand enthousiasme et une grande disponibilité d’écoute. L’Afrique, en effet, souffre de façon démesurée des conflits interminables et cruels – souvent oubliés – qui déchirent et ensanglantent plusieurs pays ainsi que du nombre croissant de ses fils et de ses filles qui deviennent la proie de la faim, de la pauvreté, de la maladie. Je répéterai ce même message en Terre Sainte, où j’aurai la joie de me rendre dans quelques semaines. La difficile mais indispensable réconciliation, qui est la condition première en vue d’un avenir de sécurité commun et d’une cohabitation pacifique, ne pourra devenir réalité que moyennant des efforts renouvelés, persévérants et sincères, pour le règlement du conflit-israélo-palestinien. Depuis la Terre Sainte, mon regard s’étendra aux pays voisins, au Moyen-Orient, au monde entier. En un temps d’insuffisance globale de la nourriture, de trouble financier, de pauvretés anciennes et nouvelles, de changement climatique préoccupant, de violence et de misère qui contraignent de nombreuses personnes à quitter leur terre à la recherche d’une survie moins incertaine, d’un terrorisme toujours menaçant, de peurs grandissantes face à l’incertitude du lendemain, il est urgent de redécouvrir des perspectives capables de redonner l’espérance. Que personne ne se mette en retrait dans cette bataille pacifique inaugurée par la Pâques du Christ, Lequel – je le répète – cherche des hommes et des femmes qui l’aident à affirmer sa victoire avec les mêmes armes, celles de la justice et de la vérité, de la miséricorde, du pardon et de l’amour.

Resurrection Domini, spes nostra ! La résurrection du Christ est notre espérance ! Cela, l’Église le proclame avec joie : elle annonce l’espérance, que Dieu a rendu ferme et invincible en ressuscitant Jésus Christ d’entre les morts ; elle communique l’espérance, qu’elle porte dans le cœur et veut partager avec tous, et partout, spécialement là où les chrétiens souffrent la persécution à cause de leur foi et de leur engagement pour la justice et pour la paix ; elle invoque l’espérance capable de susciter le courage pour le bien aussi et surtout quand il est coûteux. Aujourd’hui, l’Église chante « le jour que le Seigneur a fait » et elle invite à la joie. Aujourd’hui l’Église prie, invoque Marie, Étoile de l’espérance, pour qu’elle guide l’humanité vers le port sûr du salut qui est le Cœur du Christ, la Victime pascale, l’Agneau qui « a racheté le monde », l’Innocent qui « nous a réconcilié, nous pécheurs, avec le Père ». À lui, le Roi vainqueur, à Lui le Crucifié et le Ressuscité, nous crions avec joie notre Alléluia !

[00565-03.02] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Dear Brothers and Sisters in Rome and throughout the world,

From the depths of my heart, I wish all of you a blessed Easter. To quote Saint Augustine, "Resurrectio Domini, spes nostra – the resurrection of the Lord is our hope" (Sermon 261:1). With these words, the great Bishop explained to the faithful that Jesus rose again so that we, though destined to die, should not despair, worrying that with death life is completely finished; Christ is risen to give us hope (cf. ibid.).

Indeed, one of the questions that most preoccupies men and women is this: what is there after death? To this mystery today’s solemnity allows us to respond that death does not have the last word, because Life will be victorious at the end. This certainty of ours is based not on simple human reasoning, but on a historical fact of faith: Jesus Christ, crucified and buried, is risen with his glorified body. Jesus is risen so that we too, believing in him, may have eternal life. This proclamation is at the heart of the Gospel message. As Saint Paul vigorously declares: "If Christ has not been raised, our preaching is in vain and your faith is in vain." He goes on to say: "If for this life only we have hoped in Christ, we are of all men most to be pitied" (1 Cor 15:14,19). Ever since the dawn of Easter a new Spring of hope has filled the world; from that day forward our resurrection has begun, because Easter does not simply signal a moment in history, but the beginning of a new condition: Jesus is risen not because his memory remains alive in the hearts of his disciples, but because he himself lives in us, and in him we can already savour the joy of eternal life.

The resurrection, then, is not a theory, but a historical reality revealed by the man Jesus Christ by means of his "Passover", his "passage", that has opened a "new way" between heaven and earth (cf. Heb 10:20). It is neither a myth nor a dream, it is not a vision or a utopia, it is not a fairy tale, but it is a singular and unrepeatable event: Jesus of Nazareth, son of Mary, who at dusk on Friday was taken down from the Cross and buried, has victoriously left the tomb. In fact, at dawn on the first day after the Sabbath, Peter and John found the tomb empty. Mary Magdalene and the other women encountered the risen Jesus. On the way to Emmaus the two disciples recognized him at the breaking of the bread. The Risen One appeared to the Apostles that evening in the Upper Room and then to many other disciples in Galilee.

The proclamation of the Lord’s Resurrection lightens up the dark regions of the world in which we live. I am referring particularly to materialism and nihilism, to a vision of the world that is unable to move beyond what is scientifically verifiable, and retreats cheerlessly into a sense of emptiness which is thought to be the definitive destiny of human life. It is a fact that if Christ had not risen, the "emptiness" would be set to prevail. If we take away Christ and his resurrection, there is no escape for man, and every one of his hopes remains an illusion. Yet today is the day when the proclamation of the Lord’s resurrection vigorously bursts forth, and it is the answer to the recurring question of the sceptics, that we also find in the book of Ecclesiastes: "Is there a thing of which it is said, ‘See, this is new’?" (Ec 1:10). We answer, yes: on Easter morning, everything was renewed. "Death and life have come face to face in a tremendous duel: the Lord of life was dead, but now he lives triumphant" (Easter Sequence). This is what is new! A newness that changes the lives of those who accept it, as in the case of the saints. This, for example, is what happened to Saint Paul.

Many times, in the context of the Pauline year, we have had occasion to meditate on the experience of the great Apostle. Saul of Tarsus, the relentless persecutor of Christians, encountered the risen Christ on the road to Damascus, and was "conquered" by him. The rest we know. In Paul there occurred what he would later write about to the Christians of Corinth: "If anyone is in Christ, he is a new creation; the old has passed away, behold, the new has come" (2 Cor 5:17). Let us look at this great evangelizer, who with bold enthusiasm and apostolic zeal brought the Gospel to many different peoples in the world of that time. His teaching and example inspire us to go in search of the Lord Jesus. They encourage us to trust him, because that sense of emptiness, which tends to intoxicate humanity, has been overcome by the light and the hope that emanate from the resurrection. The words of the Psalm have truly been fulfilled: "Darkness is not darkness for you, and the night is as clear as the day" (Ps 139 [138]:12). It is no longer emptiness that envelops all things, but the loving presence of God. The very reign of death has been set free, because the Word of life has even reached the "underworld", carried by the breath of the Spirit (v. 8).

If it is true that death no longer has power over man and over the world, there still remain very many, in fact too many signs of its former dominion. Even if through Easter, Christ has destroyed the root of evil, he still wants the assistance of men and women in every time and place who help him to affirm his victory using his own weapons: the weapons of justice and truth, mercy, forgiveness and love. This is the message which, during my recent Apostolic Visit to Cameroon and Angola, I wanted to convey to the entire African continent, where I was welcomed with such great enthusiasm and readiness to listen. Africa suffers disproportionately from the cruel and unending conflicts, often forgotten, that are causing so much bloodshed and destruction in several of her nations, and from the growing number of her sons and daughters who fall prey to hunger, poverty and disease. I shall repeat the same message emphatically in the Holy Land, to which I shall have the joy of travelling in a few weeks from now. Reconciliation – difficult, but indispensable – is a precondition for a future of overall security and peaceful coexistence, and it can only be achieved through renewed, persevering and sincere efforts to resolve the Israeli-Palestinian conflict. My thoughts move outwards from the Holy Land to neighbouring countries, to the Middle East, to the whole world. At a time of world food shortage, of financial turmoil, of old and new forms of poverty, of disturbing climate change, of violence and deprivation which force many to leave their homelands in search of a less precarious form of existence, of the ever-present threat of terrorism, of growing fears over the future, it is urgent to rediscover grounds for hope. Let no one draw back from this peaceful battle that has been launched by Christ’s Resurrection. For as I said earlier, Christ is looking for men and women who will help him to affirm his victory using his own weapons: the weapons of justice and truth, mercy, forgiveness and love.

Resurrectio Domini, spes nostra! The resurrection of Christ is our hope! This the Church proclaims today with joy. She announces the hope that is now firm and invincible because God has raised Jesus Christ from the dead. She communicates the hope that she carries in her heart and wishes to share with all people in every place, especially where Christians suffer persecution because of their faith and their commitment to justice and peace. She invokes the hope that can call forth the courage to do good, even when it costs, especially when it costs. Today the Church sings "the day that the Lord has made", and she summons people to joy. Today the Church calls in prayer upon Mary, Star of Hope, asking her to guide humanity towards the safe haven of salvation which is the heart of Christ, the paschal Victim, the Lamb who has "redeemed the world", the Innocent one who has "reconciled us sinners with the Father". To him, our victorious King, to him who is crucified and risen, we sing out with joy our Alleluia!

[00565-02.02] [Original text: English]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Liebe Brüder und Schwestern aus Rom und der ganzen Welt!

Von Herzen bringe ich Euch allen meine österlichen Glückwünsche mit den Worten des heiligen Augustinus zum Ausdruck: „Resurrectio Domini, spes nostra – die Auferstehung des Herrn ist unsere Hoffnung" (Augustinus, Sermo 261, 1). Mit dieser Aussage erklärte der große Bischof seinen Gläubigen, daß Jesus für uns auferstanden ist, damit wir, obwohl wir sterben müssen, nicht verzweifeln sollten in dem Gedanken, daß mit dem Tod das Leben völlig beendet sei; Christus ist auferstanden, um uns Hoffnung zu geben (vgl. ibid.).

Tatsächlich ist eine der Fragen, die das Leben des Menschen am meisten quälen, genau diese: Was ist nach dem Tod? Das heutige Hochfest erlaubt uns, auf dieses Rätsel zu antworten, daß der Tod nicht das letzte Wort hat, denn schließlich ist es das Leben, das siegt. Und diese unsere Gewißheit gründet sich nicht auf bloße menschliche Überlegungen, sondern auf eine geschichtliche Gegebenheit des Glaubens: Jesus Christus, der gekreuzigt und begraben wurde, ist mit seinem verherrlichten Leib auferstanden. Jesus ist auferstanden, damit auch wir, wenn wir an ihn glauben, das ewige Leben haben können. Diese Verkündigung ist das Herz der evangelischen Botschaft. Das erklärt der heilige Paulus mit Nachdruck: „Ist aber Christus nicht auferweckt worden, dann ist unsere Verkündigung leer und euer Glaube sinnlos." Und er fügt hinzu: „Wenn wir unsere Hoffnung nur in diesem Leben auf Christus gesetzt haben, sind wir erbärmlicher daran als alle anderen Menschen" (1 Kor 15, 14. 19). Seit dem Morgengrauen des Ostertags erfaßt ein neuer Frühling der Hoffnung die Welt; mit jenem Tag hat unsere Auferstehung schon begonnen, denn Ostern ist nicht bloß ein Moment der Geschichte, sondern der Beginn eines neuen Zustands: Jesus ist nicht etwa auferstanden, damit die Erinnerung an ihn im Herzen seiner Jünger lebendig bleibt, sondern damit er selbst in uns lebt und wir in ihm schon die Freude des ewigen Lebens erfahren können.

Die Auferstehung ist deshalb nicht eine Theorie, sondern eine von dem Menschen Jesus Christus durch sein „Pascha", durch seinen „Übergang" offenbarte geschichtliche Realität – ein Übergang, der einen „neuen Weg" zwischen der Erde und dem Himmel eröffnet hat (vgl. Hebr 10, 20). Es ist weder ein Mythos noch ein Traum, es ist weder eine Vision noch eine Utopie, es ist kein Märchen, sondern ein einmaliges und unwiederholbares Ereignis: Jesus von Nazareth, der Sohn Marias, der am Freitag bei Sonnenuntergang vom Kreuz abgenommen und begraben worden ist, hat siegreich das Grab verlassen. Tatsächlich haben Petrus und Johannes bei Anbruch des ersten Tages nach dem Sabbat das Grab leer vorgefunden. Magdalena und die anderen Frauen sind dem auferstandenen Jesus begegnet; auch die beiden Jünger von Emmaus haben ihn erkannt, als er das Brot brach; am Abend ist der Auferstandene den Aposteln im Abendmahlssaal erschienen und danach vielen anderen Jüngern in Galiläa.

Die Verkündigung der Auferstehung des Herrn trägt Licht in die dunklen Zonen der Welt, in der wir leben. Ich beziehe mich insbesondere auf den Materialismus und den Nihilismus, auf jene Weltanschauung, die nicht über das experimentell Feststellbare hinauszublicken vermag und sich trostlos in ein Gefühl des Nichts zurückzieht, das der definitive Endpunkt der menschlichen Existenz wäre. In der Tat: Wenn Christus nicht auferstanden wäre, würde die „Leere" unweigerlich die Oberhand gewinnen. Wenn wir Christus und die Auferstehung ausblenden, gibt es für den Menschen kein Entrinnen, und jede Hoffnung bleibt eine Illusion. Doch gerade heute bricht die Botschaft von der Auferstehung des Herrn mit Macht hervor und stellt die Antwort auf die immer wiederkehrende Frage der Skeptiker dar, die auch im Buch Kohelet wiedergegeben ist: „Gibt es etwa ein Ding, von dem man sagen könnte: Sieh dir das an, das ist etwas Neues?" (vgl. Koh 1, 10). Ja, antworten wir: Am Ostermorgen ist alles neu geworden. „Tod und Leben, die kämpften unbegreiflichen Zweikampf; des Lebens Fürst, der starb, herrscht nun lebend" (Ostersequenz). Das ist das Neue! Eine Neuheit, die das Leben dessen, der sie annimmt, verändert, wie es bei den Heiligen geschah. So erging es zum Beispiel dem heiligen Paulus.

Mehrmals haben wir im Zusammenhang des Paulusjahres die Gelegenheit gehabt, über die Erfahrung des großen Apostels zu meditieren. Saulus von Tarsus, der erbitterte Christenverfolger, begegnete auf dem Weg nach Damaskus dem auferstandenen Christus und wurde von ihm „ergriffen". Alles weitere ist uns bekannt. In Paulus vollzog sich das, was er später an die Christen von Korinth schrieb: „Wenn also jemand in Christus ist, dann ist er eine neue Schöpfung: Das Alte ist vergangen, Neues ist geworden" (2 Kor 5, 17). Schauen wir auf diesen großen Missionar, der mit der kühnen Begeisterung seines apostolischen Wirkens das Evangelium zu vielen Völkern der damaligen Welt gebracht hat. Seine Lehre und sein Beispiel regen uns an, Jesus, den Herrn zu suchen. Sie ermutigen uns, ihm zu vertrauen, denn das Gefühl des Nichts, das dazu neigt, die Menschheit zu vergiften, ist überwältigt worden durch das Licht und die Hoffnung, welche von der Auferstehung ausgehen. Jetzt haben sich die Worte des Psalms bewahrheitet und sind ganz real geworden: „Auch die Finsternis ist für dich nicht finster, die Nacht leuchtet wie der Tag" (vgl. 139 [138], 12). Nicht mehr das Nichts hüllt alles ein, sondern die liebende Gegenwart Gottes. Sogar das Reich des Todes selbst ist befreit, denn getragen vom Hauch des Geistes ist das Wort des Lebens auch in der „Unterwelt" angekommen (vgl. V. 8).

So wahr es ist, daß der Tod keine Macht mehr über den Menschen und die Welt hat, bestehen doch noch viele, zu viele Zeichen seiner alten Herrschaft fort. Wenn Christus auch durch sein Pascha die Wurzel des Übels ausgerottet hat, so braucht er doch Männer und Frauen, die ihm zu jeder Zeit und an jedem Ort helfen, seinen Sieg mit seinen eigenen Waffen zu behaupten: mit den Waffen der Gerechtigkeit und der Wahrheit, mit den Waffen der Barmherzigkeit, der Vergebung und der Liebe. Das ist die Botschaft, die ich unlängst anläßlich meiner Apostolischen Reise nach Kamerun und Angola dem gesamten afrikanischen Kontinent überbringen wollte, der mich mit großer Begeisterung und hörbereitem Herzen empfangen hat. Tatsächlich leidet Afrika über alle Maßen aufgrund grausamer und endloser – oft vergessener – Konflikte, die verschiedene seiner Nationen zerreißen und mit Blut überströmen, und aufgrund der zunehmenden Anzahl seiner Söhne und Töchter, die dem Hunger, der Armut und der Krankheit zum Opfer fallen. Dieselbe Botschaft werde ich mit Nachdruck im Heiligen Land wiederholen, das ich zu meiner Freude in wenigen Wochen besuchen werde. Die schwierige, aber unerläßliche Versöhnung, welche die Vorbedingung für eine Zukunft in gemeinsamer Sicherheit und in friedlichem Zusammenleben ist, kann nur durch die erneuten, ausdauernden und aufrichtigen Bemühungen zur Beilegung des israelisch-palästinensischen Konflikts Wirklichkeit werden. Vom Heiligen Land richtet sich dann der Blick weiter auf die angrenzenden Länder, auf den Mittleren Osten, auf die ganze Welt. In einer Zeit weltweiter Lebensmittel-Knappheit, finanzieller Verworrenheit, alter und neuer Formen der Armut, besorgniserregenden Klimawandels, in einer Zeit, in der Gewalt und Elend viele zwingen, auf der Suche nach weniger unsicheren Überlebens-Chancen die eigene Heimat zu verlassen, in einer Zeit ständig bedrohlichen Terrorismus’ und wachsender Ängste angesichts der Unsicherheit der Zukunft ist es dringend notwendig, erneut Perspektiven zu eröffnen, die in der Lage sind, wieder Hoffnung zu vermitteln. Niemand sollte sich aus diesem friedlichen Kampf, der mit dem Pascha Christi begonnen hat, zurückziehen. Er – ich wiederhole es – sucht Männer und Frauen, die ihm helfen, seinen Sieg mit seinen eigenen Waffen zu behaupten: mit den Waffen der Gerechtigkeit und der Wahrheit, mit den Waffen der Barmherzigkeit, der Vergebung und der Liebe.

Resurrectio Domini, spes nostra! Christi Auferstehung ist unsere Hoffnung! Das ruft die Kirche heute mit Freude aus: Sie verkündet die Hoffnung, die Gott gefestigt und unüberwindlich gemacht hat, indem er Jesus Christus von den Toten auferweckt hat; sie verbreitet die Hoffnung, die sie im Herzen trägt und mit allen teilen möchte, an jedem Ort, besonders dort, wo die Christen wegen ihres Glaubens und ihres Einsatzes für Gerechtigkeit und Frieden Verfolgung erleiden; sie beruft sich auf die Hoffnung, die den Mut zum Guten zu erwecken vermag, auch und gerade dann, wenn das Opfer verlangt. Heute besingt die Kirche den „Tag, den der Herr gemacht hat", und lädt zur Freude ein. Heute ruft die Kirche bittend Maria, den Stern der Hoffnung an, damit sie die Menschheit zum sicheren Hafen des Heils geleite, zum Herzen Christi, des Pascha-Opfers, des Lammes, das „die Welt erlöst" hat, des Unschuldigen, der „uns Sünder mit dem Vater versöhnt" hat. Ihm, dem siegreichen König, ihm, dem Gekreuzigten und Auferstandenen, rufen wir mit Freude unser Halleluja zu!

[00565-05.02] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Queridos hermanos y hermanas de Roma y del mundo entero

A todos vosotros dirijo de corazón la felicitación pascual con las palabras de san Agustín: «Resurrectio Domini, spes nostra», «la resurrección del Señor es nuestra esperanza» (Sermón 261,1). Con esta afirmación, el gran Obispo explicaba a sus fieles que Jesús resucitó para que nosotros, aunque destinados a la muerte, no desesperáramos, pensando que con la muerte se acaba totalmente la vida; Cristo ha resucitado para darnos la esperanza (cf. ibíd.).

En efecto, una de las preguntas que más angustian la existencia del hombre es precisamente ésta: ¿qué hay después de la muerte? Esta solemnidad nos permite responder a este enigma afirmando que la muerte no tiene la última palabra, porque al final es la Vida la que triunfa. Nuestra certeza no se basa en simples razonamientos humanos, sino en un dato histórico de fe: Jesucristo, crucificado y sepultado, ha resucitado con su cuerpo glorioso. Jesús ha resucitado para que también nosotros, creyendo en Él, podamos tener la vida eterna. Este anuncio está en el corazón del mensaje evangélico. San Pablo lo afirma con fuerza: «Si Cristo no ha resucitado, nuestra predicación carece de sentido y vuestra fe lo mismo». Y añade: «Si nuestra esperanza en Cristo acaba con esta vida, somos los hombres más desgraciados» (1 Co 15,14.19). Desde la aurora de Pascua una nueva primavera de esperanza llena el mundo; desde aquel día nuestra resurrección ya ha comenzado, porque la Pascua no marca simplemente un momento de la historia, sino el inicio de una condición nueva: Jesús ha resucitado no porque su recuerdo permanezca vivo en el corazón de sus discípulos, sino porque Él mismo vive en nosotros y en Él ya podemos gustar la alegría de la vida eterna.

Por tanto, la resurrección no es una teoría, sino una realidad histórica revelada por el Hombre Jesucristo mediante su «pascua», su «paso», que ha abierto una «nueva vía» entre la tierra y el Cielo (cf. Hb 10,20). No es un mito ni un sueño, no es una visión ni una utopía, no es una fábula, sino un acontecimiento único e irrepetible: Jesús de Nazaret, hijo de María, que en el crepúsculo del Viernes fue bajado de la cruz y sepultado, ha salido vencedor de la tumba. En efecto, al amanecer del primer día después del sábado, Pedro y Juan hallaron la tumba vacía. Magdalena y las otras mujeres encontraron a Jesús resucitado; lo reconocieron también los dos discípulos de Emaús en la fracción del pan; el Resucitado se apareció a los Apóstoles aquella tarde en el Cenáculo y luego a otros muchos discípulos en Galilea.

El anuncio de la resurrección del Señor ilumina las zonas oscuras del mundo en que vivimos. Me refiero particularmente al materialismo y al nihilismo, a esa visión del mundo que no logra transcender lo que es constatable experimentalmente, y se abate desconsolada en un sentimiento de la nada, que sería la meta definitiva de la existencia humana. En efecto, si Cristo no hubiera resucitado, el «vacío» acabaría ganando. Si quitamos a Cristo y su resurrección, no hay salida para el hombre, y toda su esperanza sería ilusoria. Pero, precisamente hoy, irrumpe con fuerza el anuncio de la resurrección del Señor, que responde a la pregunta recurrente de los escépticos, referida también por el libro del Eclesiastés: «¿Acaso hay algo de lo que se pueda decir: "Mira, esto es nuevo?"» (Qo 1,10). Sí, contestamos: todo se ha renovado en la mañana de Pascua. "Lucharon vida y muerte en singular batalla y, muerto el que es Vida, triunfante se levanta" (Secuencia Pascual). Ésta es la novedad. Una novedad que cambia la existencia de quien la acoge, como sucedió a lo santos. Así, por ejemplo, le ocurrió a san Pablo.

En el contexto del Año Paulino, hemos tenido ocasión muchas veces de meditar sobre la experiencia del gran Apóstol. Saulo de Tarso, el perseguidor encarnizado de los cristianos, encontró a Cristo resucitado en el camino de Damasco y fue «conquistado» por Él. El resto lo sabemos. A Pablo le sucedió lo que más tarde él escribirá a los cristianos de Corinto: «El que vive con Cristo, es una criatura nueva; lo viejo ha pasado, ha llegado lo nuevo» (2 Co 5,17). Fijémonos en este gran evangelizador, que con el entusiasmo audaz de su acción apostólica, llevó el Evangelio a muchos pueblos del mundo de entonces. Su enseñanza y su ejemplo nos impulsan a buscar al Señor Jesús. Nos animan a confiar en Él, porque ahora el sentido de la nada, que tiende a intoxicar la humanidad, ha sido vencido por la luz y la esperanza que surgen de la resurrección. Ahora son verdaderas y reales las palabras del Salmo: «Ni la tiniebla es oscura para ti / la noche es clara como el día» (139[138],12). Ya no es la nada la que envuelve todo, sino la presencia amorosa de Dios. Más aún, hasta el reino mismo de la muerte ha sido liberado, porque también al «abismo» ha llegado el Verbo de la vida, aventado por el soplo del Espíritu (v. 8).

Si es verdad que la muerte ya no tiene poder sobre el hombre y el mundo, sin embargo quedan todavía muchos, demasiados signos de su antiguo dominio. Si, por la Pascua, Cristo ha extirpado la raíz del mal, necesita sin no obstante hombres y mujeres que lo ayuden siempre y en todo lugar a afianzar su victoria con sus mismas armas: las armas de la justicia y de la verdad, de la misericordia, del perdón y del amor. Éste es el mensaje que, con ocasión del reciente viaje apostólico a Camerún y Angola, he querido llevar a todo el Continente africano, que me ha recibido con gran entusiasmo y dispuesto a escuchar. En efecto, África sufre enormemente por conflictos crueles e interminables, a menudo olvidados, que laceran y ensangrientan varias de sus Naciones, y por el número cada vez mayor de sus hijos e hijas que acaban siendo víctimas del hambre, la pobreza y la enfermedad. El mismo mensaje repetiré con fuerza en Tierra Santa, donde tendré la alegría de ir dentro de algunas semanas. La difícil, pero indispensable reconciliación, que es premisa para un futuro de seguridad común y de pacífica convivencia, no se hará realidad sino por los esfuerzos renovados, perseverantes y sinceros para la solución del conflicto israelí-palestino. Luego, desde Tierra Santa, la mirada se ampliará a los Países limítrofes, al Medio Oriente, al mundo entero. En un tiempo de carestía global de alimentos, de desbarajuste financiero, de pobrezas antiguas y nuevas, de cambios climáticos preocupantes, de violencias y miserias que obligan a muchos a abandonar su tierra buscando una supervivencia menos incierta, de terrorismo siempre amenazante, de miedos crecientes ante un porvenir problemático, es urgente descubrir nuevamente perspectivas capaces de devolver la esperanza. Que nadie se arredre en esta batalla pacífica comenzada con la Pascua de Cristo, el cual, lo repito, busca hombres y mujeres que lo ayuden a afianzar su victoria con sus mismas armas, las de la justicia y la verdad, la misericordia, el perdón y el amor.

«Resurrectio Domini, spes nostra». La resurrección de Cristo es nuestra esperanza. La Iglesia proclama hoy esto con alegría: anuncia la esperanza, que Dios ha hecho firme e invencible resucitando a Jesucristo de entre los muertos; comunica la esperanza, que lleva en el corazón y quiere compartir con todos, en cualquier lugar, especialmente allí donde los cristianos sufren persecución a causa de su fe y su compromiso por la justicia y la paz; invoca la esperanza capaz de avivar el deseo del bien, también y sobre todo cuando cuesta. Hoy la Iglesia canta «el día en que actuó el Señor» e invita al gozo. Hoy la Iglesia ora, invoca a María, Estrella de la Esperanza, para que conduzca a la humanidad hacia el puerto seguro de la salvación, que es el corazón de Cristo, la Víctima pascual, el Cordero que «ha redimido al mundo», el Inocente que nos «ha reconciliado a nosotros, pecadores, con el Padre». A Él, Rey victorioso, a Él, crucificado y resucitado, gritamos con alegría nuestro Alleluia.

[00565-04.01] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Amados irmãos e irmãs de Roma e do mundo inteiro!

A todos vós formulo cordiais votos de Páscoa com as palavras de Santo Agostinho: «Resurrectio Domini, spes nostra – a ressurreição do Senhor é a nossa esperança» (Agostinho, Sermão 261, 1). Com esta afirmação, o grande Bispo explicava aos seus fiéis que Jesus ressuscitou para que nós, apesar de destinados à morte, não desesperássemos, pensando que a vida acaba totalmente com a morte; Cristo ressuscitou para nos dar a esperança (cf. ibid.).

Com efeito, uma das questões que mais angustia a existência do homem é precisamente esta: o que há depois da morte? A este enigma, a solenidade de hoje permite-nos responder que a morte não tem a última palavra, porque no fim quem triunfa é a Vida. E esta nossa certeza não se funda sobre simples raciocínios humanos, mas sobre um dado histórico de fé: Jesus Cristo, crucificado e sepultado, ressuscitou com o seu corpo glorioso. Jesus ressuscitou para que também nós, acreditando n’Ele, possamos ter a vida eterna. Este anúncio situa-se no coração da mensagem evangélica. Declara-o com vigor São Paulo: «Se Cristo não ressuscitou, é vã a nossa pregação e vã a nossa fé». E acrescenta: «Se tão somente nesta vida esperamos em Cristo, somos os mais miseráveis de todos os homens» (1 Cor 15, 14.19). Desde a alvorada de Páscoa, uma nova primavera de esperança invade o mundo; desde aquele dia, a nossa ressurreição já começou, porque a Páscoa não indica simplesmente um momento da história, mas o início duma nova condição: Jesus ressuscitou, não para que a sua memória permaneça viva no coração dos seus discípulos, mas para que Ele mesmo viva em nós, e, n’Ele, possamos já saborear a alegria da vida eterna.

Portanto a ressurreição não é uma teoria, mas uma realidade histórica revelada pelo Homem Jesus Cristo por meio da sua «páscoa», da sua «passagem», que abriu um «caminho novo» entre a terra e o Céu (cf. Heb 10, 20). Não é um mito nem um sonho, não é uma visão nem uma utopia, não é uma fábula, mas um acontecimento único e irrepetível: Jesus de Nazaré, filho de Maria, que ao pôr do sol de Sexta-feira foi descido da cruz e sepultado, deixou vitorioso o túmulo. De facto, ao alvorecer do primeiro dia depois do Sábado, Pedro e João encontraram o túmulo vazio. Madalena e as outras mulheres encontraram Jesus ressuscitado; reconheceram-No também os dois discípulos de Emaús ao partir o pão; o Ressuscitado apareceu aos Apóstolos à noite no Cenáculo e depois a muitos outros discípulos na Galileia.

O anúncio da ressurreição do Senhor ilumina as zonas escuras do mundo em que vivemos. Refiro-me de modo particular ao materialismo e ao niilismo, àquela visão do mundo que não sabe transcender o que é experimentalmente constatável e refugia-se desconsolada num sentimento de que o nada seria a meta definitiva da existência humana. É um facto que, se Cristo não tivesse ressuscitado, o «vazio» teria levado a melhor. Se abstraímos de Cristo e da sua ressurreição, não há escapatória para o homem, e toda a sua esperança permanece uma ilusão. Mas, precisamente hoje, prorrompe com vigor o anúncio da ressurreição do Senhor, que dá resposta à pergunta frequente dos cépticos, referida nomeadamente pelo livro do Coeleth: «Há porventura qualquer coisa da qual se possa dizer: / Eis, aqui está uma coisa nova?» (Co 1, 10). Sim – respondemos –, na manhã de Páscoa, tudo se renovou. «Morte e vida defrontaram-se num prodigioso combate: O Senhor da vida estava morto; mas agora, vivo, triunfa» (Sequência Pascal). Esta é a novidade! Uma novidade que muda a vida de quem a acolhe, como sucedeu com os santos. Assim aconteceu, por exemplo, com São Paulo.

No contexto do Ano Paulino, várias vezes tivemos ocasião de meditar sobre a experiência do grande Apóstolo. Saulo de Tarso, o renhido perseguidor dos cristãos, a caminho de Damasco encontrou Cristo ressuscitado e foi por Ele «conquistado». O resto já sabemos. Aconteceu em Paulo aquilo que ele há-de escrever mais tarde aos cristãos de Corinto: «Se alguém está em Cristo, é uma nova criatura. O que era antigo passou: tudo foi renovado!» (2 Cor 5, 17). Olhemos para este grande evangelizador que, com o audaz entusiasmo da sua acção apostólica, levou o Evangelho a muitos povos do mundo de então. A sua doutrina e o seu exemplo estimulam-nos a procurar o Senhor Jesus; encorajam-nos a confiar n’Ele, porque o sentido do nada, que tende a intoxicar a humanidade, já foi vencido pela luz e a esperança que dimanam da ressurreição. Já são verdadeiras e reais as palavras do Salmo: «Nem as trevas, para Vós, têm obscuridade / e a noite brilha como o dia» (139/138, 12). Já não é o nada que envolve tudo, mas a presença amorosa de Deus. Até o próprio reino da morte foi libertado, porque também aos «infernos» chegou o Verbo da vida, impelido pelo sopro do Espírito (Sal 139/138, 8).

Se é verdade que a morte já não tem poder sobre o homem e sobre o mundo, todavia restam ainda muitos, demasiados sinais do seu antigo domínio. Se, por meio da Páscoa, Cristo já extirpou a raiz do mal, todavia precisa de homens e mulheres que, em todo o tempo e lugar, O ajudem a consolidar a sua vitória com as mesmas armas d’Ele: as armas da justiça e da verdade, da misericórdia, do perdão e do amor. Tal foi a mensagem que, por ocasião da recente viagem apostólica aos Camarões e a Angola, quis levar a todo o Continente Africano, que me acolheu com grande entusiasmo e disponibilidade de escuta. De facto, a África sofre desmedidamente com os cruéis e infindáveis conflitos – frequentemente esquecidos – que dilaceram e ensanguentam várias das suas Nações e com o número crescente dos seus filhos e filhas que acabam vítimas da fome, da pobreza, da doença. A mesma mensagem repetirei com vigor na Terra Santa, onde terei a alegria de me deslocar daqui a algumas semanas. A reconciliação difícil mas indispensável, que é premissa para um futuro de segurança comum e de pacífica convivência, não poderá tornar-se realidade senão graças aos esforços incessantes, perseverantes e sinceros em prol da composição do conflito israelita-palestiniano. Da Terra Santa, o olhar estende-se depois para os países limítrofes, o Médio Oriente, o mundo inteiro. Num tempo de global escassez de alimento, de desordem financeira, de antigas e novas pobrezas, de preocupantes alterações climáticas, de violências e miséria que constringem muitos a deixar a própria terra à procura duma sobrevivência menos incerta, de terrorismo sempre ameaçador, de temores crescentes perante a incerteza do amanhã, é urgente descobrir perspectivas capazes de devolverem a esperança. Ninguém deserte nesta pacífica batalha iniciada com a Páscoa de Cristo, o Qual – repito-o – procura homens e mulheres que O ajudem a consolidar a sua vitória com as suas próprias armas, ou seja, as armas da justiça e da verdade, da misericórdia, do perdão e do amor.

Resurrectio Domini, spes nostra – a ressurreição de Cristo é a nossa esperança! É isto que a Igreja proclama hoje com alegria: anuncia a esperança, que Deus tornou inabalável e invencível ao ressuscitar Jesus Cristo dos mortos; comunica a esperança, que ela traz no coração e quer partilhar com todos, em todo o lugar, especialmente onde os cristãos sofrem perseguição por causa da sua fé e do seu compromisso em favor da justiça e da paz; invoca a esperança capaz de suscitar a coragem do bem, mesmo e sobretudo quando custa. Hoje a Igreja canta «o dia que o Senhor fez» e convida à alegria. Hoje a Igreja suplica, invoca Maria, Estrela da Esperança, para que guie a humanidade para o porto seguro da salvação que é o coração de Cristo, a Vítima pascal, o Cordeiro que «redimiu o mundo», o Inocente que «nos reconciliou a nós, pecadores, com o Pai». A Ele, Rei vitorioso, a Ele crucificado e ressuscitado, gritamos com alegria o nosso Aleluia!

[00565-06.02] [Texto original: Italiano]

[B0245-XX.02]