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VIA CRUCIS AL COLOSSEO PRESIEDUTA DAL SANTO PADRE, 10.04.2009


Questa sera, alle ore 21, il Santo Padre Benedetto XVI presiede al Colosseo il pio esercizio della Via Crucis, trasmesso in mondovisione.

I testi delle meditazioni e delle preghiere proposte quest’anno per le stazioni della Via Crucis sono stati composti da S.E. Mons. Thomas Menamparampil, S.D.B., Arcivescovo di Guwahati (India).

Al termine della Via Crucis, il Papa rivolge ai presenti e a quanti lo seguono attraverso la radio e la televisione, le parole che riportiamo di seguito:

PAROLE DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

Al termine del drammatico racconto della Passione, l’evangelista san Marco annota: " Il centurione, che si trovava di fronte a lui avendolo visto spirare in quel modo disse: "Davvero quest’uomo era Figlio di Dio !" (Mc 15, 39). Non può non sorprenderci la professione di fede di questo soldato romano, che aveva assistito al succedersi delle varie fasi della crocifissione. Quando le tenebre della notte si apprestavano a scendere su quel Venerdì unico nella storia, quando ormai il sacrificio della Croce si era consumato e i presenti si affrettavano per poter celebrare regolarmente la Pasqua ebraica, le poche parole, carpite dalle labbra di un anonimo comandante della truppa romana, risuonarono nel silenzio dinanzi a quella morte molto singolare. Questo ufficiale della truppa romana, che aveva assistito all’esecuzione di uno dei tanti condannati alla pena capitale, seppe riconoscere in quell’Uomo crocifisso il Figlio di Dio, spirato nel più umiliante abbandono. La sua fine ignominiosa avrebbe dovuto segnare il trionfo definitivo dell’odio e della morte sull’amore e sulla vita. Ma così non fu! Sul Golgota si ergeva la Croce da cui pendeva un uomo ormai morto, ma quell’Uomo era il "Figlio di Dio", come ebbe a confessare il centurione - "vedendolo morire così", precisa l’evangelista.

La professione di fede di questo soldato ci viene riproposta ogni volta che riascoltiamo il racconto della Passione secondo san Marco. Questa sera anche noi, come lui, ci soffermiamo a fissare il volto esanime del Crocifisso, al termine di questa tradizionale Via Crucis, che ha riunito, grazie ai collegamenti radiotelevisivi, molta gente da ogni parte del mondo. Abbiamo rivissuto la vicenda tragica di un Uomo unico nella storia di tutti i tempi, che ha cambiato il mondo non uccidendo gli altri, ma lasciandosi uccidere appeso ad una croce. Quest’Uomo, apparentemente uno di noi, che mentre viene ucciso perdona i suoi carnefici, è il "Figlio di Dio", che - come ci ricorda l’apostolo Paolo - " non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo… umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce" (Fil 2,6-8).

La dolorosa passione del Signore Gesù non può non muovere a pietà anche i cuori più duri, poiché costituisce l’apice della rivelazione dell’amore di Dio per ciascuno di noi. Osserva san Giovanni: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna" (Gv 3,16). E’ per amore nostro che Cristo muore in croce! Lungo il corso dei millenni, schiere di uomini e donne si sono lasciati affascinare da questo mistero e hanno seguito Lui, facendo a loro volta, come Lui e grazie al suo aiuto, della propria vita un dono ai fratelli. Sono i santi ed i martiri, molti dei quali restano a noi sconosciuti. Anche in questo nostro tempo, quante persone, nel silenzio della loro quotidiana esistenza, uniscono i loro patimenti a quelli del Crocifisso e diventano apostoli di un vero rinnovamento spirituale e sociale! Cosa sarebbe l’uomo senza Cristo? Osserva sant’Agostino: "Ti saresti trovato sempre in uno stato di miseria, se Lui non ti avesse usato misericordia. Non saresti ritornato a vivere, se Lui non avesse condiviso la tua morte. Saresti venuto meno, se Lui non fosse venuto in tuo aiuto. Ti saresti perduto, se Lui non fosse arrivato" ( Discorso 185,1). Perché allora non accoglierLo nella nostra vita?

Fermiamoci questa sera a contemplare il Suo volto sfigurato: è il volto dell’Uomo dei dolori, che si è fatto carico di tutte le nostre angosce mortali. Il suo volto si riflette in quello di ogni persona umiliata ed offesa, ammalata e sofferente, sola, abbandonata e disprezzata. Versando il suo sangue, Egli ci ha riscattati dalla schiavitù della morte, ha spezzato la solitudine delle nostre lacrime, è entrato in ogni nostra pena ed in ogni nostro affanno.

Fratelli e sorelle! Mentre svetta la Croce sul Golgota, lo sguardo della nostra fede si proietta verso l’alba del Giorno nuovo ed assaporiamo già la gioia e il fulgore della Pasqua. "Se siamo morti con Cristo, - scrive san Paolo - crediamo che anche vivremo con Lui" (Rm 6,8). Con questa certezza, continuiamo il nostro cammino. Domani, Sabato Santo, veglieremo in preghiera. Ma fin d’ora preghiamo insieme con Maria, la Vergine Addolorata, preghiamo con tutti gli addolorati, preghiamo soprattutto con tutti i sofferenti della zona terremotata dell’Aquila: preghiamo perché anche a loro in questa notte oscura appaia la stella della speranza, la luce del Signore risorto.

Fin d’ora auguro a tutti: Buona Pasqua nella luce del Signore risorto!

[00560-01.02] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Dear Brothers and Sisters,

At the end of his dramatic Passion narrative, the Evangelist Saint Mark tells us: "The centurion, who stood facing him, saw that he thus breathed his last, and said: ‘Truly this man was the Son of God!’" (Mk 15:39). We cannot fail to be surprised by the profession of faith of this Roman soldier, who had been present throughout the various phases of the Crucifixion. When the darkness of night was falling on that Friday so unlike any other in history, when the sacrifice of the Cross was already consummated and the bystanders were making haste to celebrate the Jewish Passover in the usual way, these few words, wrung from the lips of a nameless commander in the Roman army, resounded through the silence that surrounded that most singular death. This Roman army officer, having witnessed the execution of one of countless condemned prisoners, was able to recognize in this crucified man the Son of God, who had perished in the most humiliating abandonment. His shameful end ought to have marked the definitive triumph of hatred and death over love and life. But it was not so! Hanging from the Cross on Golgotha was a man who was already dead, but that man was acknowledged to be the "Son of God" by the centurion, "on seeing that he thus breathed his last", as the Evangelist specifies.

We are reminded of this soldier’s profession of faith every time we listen anew to the Passion according to Saint Mark. This evening, like the centurion, we pause to gaze on the lifeless face of the Crucified One at the conclusion of this traditional Via Crucis which, through the radio and television coverage, has brought many people together from every part of the world. We have re-lived the tragic event of a man unique in the history of all times, who changed the world not by killing others but by letting himself be killed as he hung from a cross. This man, seemingly one of us, who while he was being killed forgave his executioners, is the "Son of God", who, as the Apostle Paul reminds us, "did not count equality with God a thing to be grasped, but emptied himself, taking the form of a servant … he humbled himself, and became obedient unto death, even death on a cross" (Phil 2:7-8).

The anguish of the Passion of the Lord Jesus cannot fail to move to pity even the most hardened hearts, as it constitutes the climax of the revelation of God’s love for each of us. Saint John observes: "God so loved the world that he gave his only Son, that whoever believes in him should not perish, but have eternal life" (Jn 3:16). It is for love of us that Christ dies on the cross! Throughout the course of the millennia, a great multitude of men and women have been drawn deeply into this mystery and they have followed him, making in their turn, like him and with his help, a gift to others of their own lives. They are the saints and the martyrs, many of whom remain unknown to us. Even in our own time, how many people, in the silence of their daily lives, unite their sufferings with those of the Crucified One and become apostles of a true spiritual and social renewal! What would man be without Christ? Saint Augustine observes: "You would still be in a state of wretchedness, had He not shown you mercy. You would not have returned to life, had He not shared your death. You would have passed away had He not come to your aid. You would be lost, had He not come" (Discourse 185:1). So why not welcome him into our lives?

Let us pause this evening to contemplate his disfigured face: it is the face of the Man of sorrows, who took upon himself the burden of all our mortal anguish. His face is reflected in that of every person who is humiliated and offended, sick and suffering, alone, abandoned and despised. Pouring out his blood, he has rescued us from the slavery of death, he has broken the solitude of our tears, he has entered into our every grief and our every anxiety.

Brothers and Sisters! As the Cross rises up on Golgotha, the eyes of our faith are already turned towards the dawning of the new Day, and we begin to taste the joy and splendour of Easter. "If we have died with Christ", writes Saint Paul, "we believe that we shall also live with Him" (Rom 6:8). In this certainty, let us continue our journey. Tomorrow, on Holy Saturday, we will watch and pray. And now, let us pray together with Mary, the Sorrowful Virgin, let us pray with all who are sorrowful, and especially with all the suffering people from the earthquake zone in L’Aquila: let us pray that in this dark night, the star of hope will appear also to them, the light of the Risen Lord.

I wish all of you, even now, a Happy Easter in the light of the Risen Lord!

[00560-02.02] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Chers frères et sœurs !

Au terme du récit dramatique de la Passion, l’évangéliste saint Marc relève : « Le centurion qui était là en face de Jésus, voyant comment il avait expiré, s’écria : ‘Vraiment, cet homme était le Fils de Dieu !’ » (Mc 15, 39). La profession de foi de ce soldat romain, qui avait assisté au déroulement des différentes étapes de la crucifixion, ne peut pas ne pas nous surprendre. Quand les ténèbres de la nuit s’apprêtaient à descendre sur ce Vendredi unique dans l’Histoire, quand désormais le sacrifice de la Croix était consommé et que les personnes présentes se hâtaient pour pouvoir célébrer régulièrement la Pâque juive, les quelques paroles, tombées des lèvres d’un commandant anonyme de la troupe romaine, résonnèrent dans le silence face à cette mort très singulière. Cet officier de la troupe romaine, qui avait assisté à l’exécution de l’un des nombreux condamnés à la peine capitale, sût reconnaître en cet homme crucifié le Fils de Dieu, ayant expiré dans l’abandon le plus humiliant. Sa fin ignominieuse aurait dû marquer le triomphe définitif de la haine et de la mort sur l’amour et sur la vie. Mais il n’en fut pas ainsi ! Sur le Golgotha, se dressait la Croix sur laquelle était suspendu un homme désormais mort, mais cet homme était « le Fils de Dieu », comme devait le confesser le centurion - « en le voyant mourir ainsi », précise l’évangéliste.

La profession de foi de ce soldat nous est proposée de nouveau chaque fois que nous réentendons le récit de la Passion selon saint Marc. Ce soir, nous aussi, comme lui, nous nous arrêtons pour fixer le visage inanimé du Crucifié, au terme de cette traditionnelle Via Crucis, qui a réuni, grâce aux liaisons radiotélévisées, beaucoup de gens de toutes les parties du monde. Nous avons revécu l’histoire tragique d’un Homme unique dans l’histoire de tous les temps, qui a changé le monde sans tuer les autres, mais en se laissant mettre à mort, suspendu sur une croix. Cet Homme, apparemment l’un d’entre nous, qui, alors qu’il est assassiné, pardonne à ses bourreaux, est le « Fils de Dieu », qui – comme nous le rappelle l’Apôtre Paul - « n’a pas jugé bon de revendiquer son droit d’être traité à l’égal de Dieu ; mais au contraire, il se dépouilla lui-même en prenant la condition de serviteur (…) il s’est abaissé lui-même en devenant obéissant jusqu’à mourir, et à mourir sur une croix » (Ph 2, 6-8).

La douloureuse Passion du Seigneur Jésus ne peut pas ne pas porter à la pitié même les cœurs les plus endurcis, parce qu’elle constitue le sommet de la révélation de l’amour de Dieu pour chacun de nous. Saint Jean observe : « Dieu a tant aimé le monde qu’il a donné son Fils unique : ainsi tout homme qui croit en lui ne périra pas, mais il obtiendra la vie éternelle » (Jn 3, 16). C’est par amour pour nous que le Christ meurt sur la croix ! Au long des millénaires, des foules d’hommes et de femmes se sont laissés fasciner par ce mystère et l’ont suivi, faisant à leur tour, comme Lui et avec son aide, de leur propre vie un don à leurs frères. Ce sont les saints et les martyrs, dont beaucoup demeurent inconnus de nous. Encore à notre époque, combien de personnes, dans le silence de leur existence quotidienne, unissent leurs souffrances à celles du Crucifié et deviennent les apôtres d’un véritable renouveau spirituel et social ! Que serait l’homme sans le Christ ? Saint Augustin observe : « Tu serais toujours dans un état de misère, s’Il ne t’avait fait miséricorde. Tu n’aurais pas retrouvé la vie, s’Il n’avait partagé ta mort. Tu manquerais, s’Il n’était venu à ton aide. Tu serais perdu, s’Il n’était arrivé » (Discours 185, 1). Pourquoi alors ne pas l’accueillir dans notre vie ?

Arrêtons-nous ce soir à contempler son visage défiguré : c’est le visage de l’Homme des douleurs, qui s’est chargé de toutes nos angoisses mortelles. Son visage se reflète sur celui de toute personne humiliée et offensée, malade et souffrante, seule, abandonnée et méprisée. En versant son sang, il nous a rachetés de l’esclavage de la mort, il a brisé la solitude de nos larmes, il est entré dans toutes nos peines et dans tous nos soucis.

Frères et sœurs ! Alors que pointe la Croix sur le Golgotha, le regard de notre foi se projette vers l’aube du Jour nouveau et nous goûtons déjà la joie et l’éclat de Pâques. « Si nous sommes passés par la mort avec le Christ, - écrit saint Paul – nous croyons que nous vivrons aussi avec lui » (Rm 6, 8). Avec cette certitude, poursuivons notre chemin. Demain, Samedi Saint, nous veillerons en priant. Mais dors et déjà, nous prions ensemble avec Marie, la Vierge des Douleurs ; nous prions avec tous ceux qui sont éprouvés ; nous prions surtout avec tous ceux qui souffrent dans la région sinistrée de L’Aquila : nous prions pour que, dans cette nuit obscure, à eux aussi apparaisse l’étoile de l’espérance, la lumière du Christ ressuscité.

Dès maintenant, je souhaite à tous une Bonne Pâque dans la lumière du Seigneur ressuscité !

[00560-03.02] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Liebe Brüder und Schwestern!

Am Ende des dramatischen Berichts der Passion vermerkt der Evangelist Markus: „Als der Hauptmann, der Jesus gegenüberstand, ihn auf diese Weise sterben sah, sagte er: Wahrhaftig, dieser Mensch war Gottes Sohn" (Mk 15, 39). Das Bekenntnis des Glaubens dieses römischen Soldaten, der bei den verschiedenen aufeinanderfolgenden Phasen der Kreuzigung zugegen war, muß uns überraschen. Als die Dunkelheit der Nacht über diesen in der Geschichte einmaligen Freitag hereinzubrechen begann, als das Opfer des Kreuzes schon vollzogen war und die Anwesenden sich beeilten, um das jüdische Pascha planmäßig feiern zu können, da erklangen in der Stille angesichts jenes ganz einzigartigen Todes die wenigen Worte aus dem Munde eines namenlosen Hauptmanns der römischen Truppe. Dieser Offizier der römischen Truppe, der der Hinrichtung eines von vielen zum Tode Verurteilten beigewohnt hatte, konnte in jenem Gekreuzigten den Sohn Gottes erkennen, der in ganz erniedrigender Verlassenheit verstorben war. Sein schändliches Ende hätte den endgültigen Triumph des Hasses und des Todes über die Liebe und das Leben bedeuten sollen. Aber so war es nicht! Auf Golgatha erhob sich das Kreuz, an dem ein bereits toter Mann hing, aber der Mann dort war der „Sohn Gottes", wie der Hauptmann bekannte – „als er ihn auf diese Weise sterben sah", präzisiert der Evangelist.

Das Glaubensbekenntnis dieses Soldaten wird uns jedesmal, wenn wir die Leidensgeschichte nach Markus hören, wieder vorgelegt. Heute abend, am Ende dieses traditionellen Kreuzwegs, der dank der Verbindungen via Rundfunk und Fernsehen viele Menschen aus allen Teilen der Welt vereinigt hat, verweilen auch wir wie er, um das leblose Antlitz des Gekreuzigten anzuschauen. Wir haben wieder die tragische Geschichte eines Mannes nachempfunden, der einzig ist in der Geschichte aller Zeiten und der die Welt verändert hat, indem er nicht andere tötete, sondern sich selbst ans Kreuz gehängt töten ließ. Dieser Mensch, der scheinbar einer von uns ist und der bei seinem Tod seinen Henkern vergibt, ist der „Sohn Gottes", der – wie der Apostel Paulus uns erinnert – „nicht daran festhielt, wie Gott zu sein, sondern sich entäußerte und wie ein Sklave wurde … sich erniedrigte und gehorsam war bis zum Tod, bis zum Tod am Kreuz" (vgl. Phil 2, 6-8).

Das schmerzliche Leiden des Herrn Jesus muß selbst die härtesten Herzen zum Mitleid bewegen, denn es bildet den Gipfel der Offenbarung der Liebe Gottes zu einem jeden von uns. Der Heilige Johannes bemerkt: „Gott hat die Welt so sehr geliebt, daß er seinen einzigen Sohn hingab, damit jeder, der an ihn glaubt, nicht zugrunde geht, sondern das ewige Leben hat" (Joh 3, 16). Aus Liebe zu uns stirbt Christus am Kreuz! Im Laufe der Jahrtausende haben sich Scharen von Männern und Frauen von diesem Geheimnis anziehen lassen und sind Ihm gefolgt. Dabei haben sie ihrerseits wie Er und dank seiner Hilfe das eigene Leben zu einer Gabe für die Mitmenschen gemacht. Es sind die Heiligen und die Märtyrer, von denen viele uns unbekannt bleiben. Wie viele Menschen vereinen auch in unserer Zeit in der Stille des täglichen Lebens ihre Leiden mit denen des Gekreuzigten und werden zu Aposteln einer echten geistlichen und gesellschaftlichen Erneuerung! Was wäre der Mensch ohne Christus? Augustinus stellt fest: „Du fändest dich immerzu im Elend, wenn er dir nicht Erbarmen erwiesen hätte. Du wärst nicht wieder zum Leben gekommen, wenn er nicht mit dir den Tod geteilt hätte. Du wärst zugrunde gegangen, wenn er dir nicht zu Hilfe gekommen wäre. Du wärst verloren, wenn er nicht gekommen wäre" (Sermo 185, 1). Warum also nehmen wir Ihn nicht in unserem Leben auf?

Verweilen wir heute abend, um sein entstelltes Antlitz zu betrachten: Es ist das Antlitz des Schmerzensmannes, der all unsere tödlichen Ängste auf sich geladen hat. Sein Angesicht spiegelt sich in dem jedes gedemütigten und beleidigten, kranken und leidenden, einsamen, verlassenen und verachteten Menschen. Durch sein Blutvergießen hat er uns von der Knechtschaft des Todes befreit, hat die Einsamkeit unserer Tränen gesprengt, ist in all unser Leid und in all unsere Sorgen eingetreten.

Brüder und Schwestern! Während das Kreuz auf Golgatha emporragt, geht der Blick unseres Glaubens voraus zum Anbruch des neuen Tages, und wir kosten schon die Freude und den Glanz von Ostern. „Sind wir nun mit Christus gestorben", – schreibt der heilige Paulus – „so glauben wir, daß wir auch mit ihm leben werden" (Röm 6, 8). In dieser Gewißheit gehen wir unseren Weg weiter. Morgen, am Karsamstag, werden wir wachend im Gebet verharren. Doch schon jetzt beten wir gemeinsam mit Maria, der Schmerzhaften Mutter Gottes, wir beten mit allen Betrübten, wir beten vor allem mit allen Leidtragenden des vom Erdbeben erschütterten Gebietes von L’Aquila: wir beten, daß auch ihnen in dieser dunklen Nacht der Stern der Hoffnung, das Licht des auferstandenen Herrn erscheine.

Schon jetzt wünsche ich allen: Gesegnete Ostern im Licht des auferstandenen Herrn!

[00560-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Queridos hermanos y hermanas

Al terminar el relato dramático de la Pasión, anota el evangelista San Marcos: «El centurión que estaba enfrente, al ver cómo había expirado, dijo: "Realmente este hombre era Hijo de Dios"» (Mc 15,39). No deja de sorprendernos la profesión de fe de este soldado romano, que había asistido al desarrollo de las diferentes fases de la crucifixión. Cuando la oscuridad de la noche estaba por caer sobre aquel Viernes único de la historia, cuando el sacrificio de la cruz ya se había consumado y los que estaban allí se apresuraban para poder celebrar la Pascua judía a tenor de lo prescrito, las breves palabras oídas de labios de un comandante anónimo de la tropa romana resuenan en el silencio ante aquella muerte tan singular. Este oficial de la tropa romana, que había asistido a la ejecución de uno de tantos condenados a la pena capital, supo reconocer en aquel Hombre crucificado al Hijo de Dios, que expiraba en el más humillante abandono. Su fin ignominioso habría debido marcar el triunfo definitivo del odio y de la muerte sobre el amor y la vida. Pero no fue así. En el Gólgota se erguía la Cruz, de la que colgaba un hombre ya muerto, pero aquel Hombre era el «Hijo de Dios», como confesó el centurión «al ver cómo había expirado», en palabras del evangelista.

La profesión de fe de este soldado se repite cada vez que volvemos a escuchar el relato de la pasión según san Marcos. También nosotros esta noche, como él, nos detenemos a contemplar el rostro exánime del Crucificado, al final de este tradicional Via Crucis, que ha congregado, gracias a la transmisión radiotelevisiva, a mucha gente de todas partes el mundo. Hemos revivido el episodio trágico de un Hombre único en la historia de todos los tiempos, que ha cambiado el mundo no abatiendo a otros, sino dejando que lo mataran clavado en una cruz. Este Hombre, uno de nosotros, que mientras lo están asesinando perdona a sus verdugos, es el «Hijo de Dios» que, como nos recuerda el apóstol Pablo, «no hizo alarde de su categoría de Dios; al contrario, se despojó de su rango, y tomó la condición de esclavo… se rebajó hasta someterse incluso a la muerte, y una muerte de cruz» (Flp 2,6-8).

La pasión dolorosa del Señor Jesús suscita necesariamente piedad hasta en los corazones más duros, ya que es el culmen de la revelación del amor de Dios por cada uno de nosotros. Observa san Juan: «Tanto amó Dios al mundo, que entregó a su Hijo único, para que no perezca ninguno de los que creen en Él, sino que tengan vida eterna» (Jn 3,16). Cristo murió en la cruz por amor. A lo largo de los milenios, muchedumbres de hombres y mujeres han quedado seducidos por este misterio y le han seguido, haciendo al mismo tiempo de su vida un don a los hermanos, como Él y gracias a su ayuda. Son los santos y los mártires, muchos de los cuales nos son desconocidos. También en nuestro tiempo, cuántas personas, en el silencio de su existencia cotidiana, unen sus padecimientos a los del Crucificado y se convierten en apóstoles de una auténtica renovación espiritual y social. ¿Qué sería del hombre sin Cristo? San Agustín señala: «Una inacabable miseria se hubiera apoderado de ti, si no se hubiera llevado a cabo esta misericordia. Nunca hubieras vuelto a la vida, si Él no hubiera venido al encuentro de tu muerte. Te hubieras derrumbado, si Él no te hubiera ayudado. Hubieras perecido, si Él no hubiera venido» (Sermón, 185,1). Entonces, ¿por qué no acogerlo en nuestra vida?

Detengámonos esta noche contemplando su rostro desfigurado: es el rostro del Varón de dolores, que ha cargado sobre sí todas nuestras angustias mortales. Su rostro se refleja en el de cada persona humillada y ofendida, enferma o que sufre, sola, abandonada y despreciada. Al derramar su sangre, Él nos ha rescatado de la esclavitud de la muerte, roto la soledad de nuestras lágrimas, y entrado en todas nuestras penas y en todas nuestras inquietudes.

Hermanos y hermanas, mientras se yergue la Cruz sobre el Gólgota, la mirada de nuestra fe se proyecta hacia el amanecer del Día nuevo y gustamos ya el gozo y el fulgor de la Pascua. «Si hemos muerto con Cristo –escribe san Pablo–, creemos que también viviremos con Él» (Rm 6,8). Con esta certeza, continuamos nuestro camino. Mañana, Sábado Santo, velaremos en oración. Pero ya ahora oremos con María, la Virgen Dolorosa, oremos con todos los adolorados, oremos sobre todo con los afectados por el terremoto de L’Aquila: oremos para que también brille para ellos en esta noche oscura la estrella de la esperanza, la luz del Señor resucitado.

Desde ahora, deseo a todos una feliz Pascua en la luz del Señor Resucitado.

[00560-04.02] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Amados irmãos e irmãs!

No termo da dramática narração da Paixão, o evangelista São Marcos escreve: «O centurião que estava em frente de Jesus, ao vê-Lo expirar daquela maneira, exclamou: "Na verdade, este homem era Filho de Deus!"» (Mc 15, 39). Não pode deixar de surpreender-nos a profissão de fé deste soldado romano, que tinha assistido às sucessivas fases da crucifixão. Quando as trevas da noite se preparavam para descer sobre aquela Sexta-feira única na história, quando já o sacrifício da Cruz se tinha consumado e os presentes se apressavam para poder celebrar regularmente a Páscoa hebraica, as poucas palavras, escapadas dos lábios de um anónimo comandante do exército romano, ressoaram no silêncio diante daquela morte muito singular. Este oficial do exército romano, que assistira à execução de um de tantos condenados à pena capital, soube reconhecer naquele Homem crucificado o Filho de Deus, que expirou no abandono mais humilhante. O seu fim ignominioso deveria ter determinado o triunfo definitivo do ódio e da morte sobre o amor e sobre a vida. Mas não foi assim! No cimo do Gólgota, erguia-se a Cruz da qual pendia um homem já morto, mas aquele homem era o «Filho de Deus», como não pôde deixar de confessar o centurião, «ao vê-Lo expirar daquela maneira» – especifica o evangelista.

A profissão de fé deste soldado é-nos proposta todas as vezes que voltamos a ouvir a narração da Paixão segundo São Marcos. Nesta noite também nós, como ele, nos detemos a fixar o rosto exânime do Crucificado, no fim da devoção habitual da Via-Sacra que reuniu, graças à rádio e à televisão, muita gente de toda a parte do mundo. Revivemos a trágica vicissitude de um Homem único na história de todos os tempos, que mudou o mundo, não matando os outros, mas deixando-Se matar pregado numa cruz. Este Homem, aparentemente um de nós e no entanto perdoa aos seus algozes que o matavam, é o «Filho de Deus», que – como nos recorda o apóstolo Paulo – «não Se valeu da sua igualdade com Deus, mas aniquilou-Se a Si próprio. Assumindo a condição de servo (…), humilhou-Se ainda mais, obedecendo até à morte e morte de cruz» (Fil 2, 6-8).

A dolorosa paixão do Senhor Jesus não pode deixar de mover à piedade mesmo os corações mais duros, porque constitui o ápice da revelação do amor de Deus por cada um de nós. Observa São João: «Deus amou de tal modo o mundo que lhe deu o seu Filho único, para que todo o que n’Ele acredita não pereça mas tenha a vida eterna» (Jo 3, 16). É por nosso amor que Cristo morre na cruz. No decurso dos milénios, falanges de homens e mulheres deixaram-se fascinar por este mistério e seguiram a Jesus, fazendo da própria vida por sua vez, como Ele e graças ao seu auxílio, um dom para os irmãos. São os santos e os mártires, muitos dos quais nos são desconhecidos. Mesmo neste nosso tempo, quantas pessoas, no silêncio da sua vida diária, unem os seus sofrimentos aos do Crucificado, tornando-se apóstolos de uma autêntica renovação espiritual e social! O que seria do homem sem Cristo? Observa Santo Agostinho: «Ficarias sempre num estado de miséria, se Ele não tivesse usado de misericórdia contigo. Não terias voltado a viver, se Ele não tivesse partilhado a tua morte. Terias desfalecido, se Ele não tivesse vindo em teu auxílio. Ter-te-ias perdido, se Ele não tivesse chegado» (Discurso 185, 1). Então porque não acolhê-Lo na nossa vida?

Nesta noite, detenhamo-nos a contemplar o seu rosto desfigurado: é o rosto do Homem das dores, que assumiu todas as nossas angústias mortais. O seu rosto reflecte-se no de cada pessoa humilhada e ofendida, doente e atribulada, só, abandonada e desprezada. Derramando o seu sangue, resgatou-nos da escravidão da morte, quebrou a solidão das nossas lágrimas, entrou em cada uma das nossas penas e aflições.

Irmãos e irmãs! Enquanto se destaca a Cruz sobre o Gólgota, o olhar da nossa fé projecta-se para alvorada do Dia novo e saboreamos já a alegria e o fulgor da Páscoa. «Se morremos com Cristo – escreve São Paulo – acreditamos que também com Ele viveremos» (Rm 6, 8). Com esta certeza, continuemos o nosso caminho. Amanhã, Sábado Santo, permaneceremos velando em oração. Mas, desde já, unimo-nos em oração com Maria, a Virgem Nossa Senhora das Dores, rezando com todos os aflitos, mormente com todos os atribulados da zona desastrada de Áquila: pedimos que nesta noite escura se levante, para eles também, a estrela da esperança, a luz do Senhor ressuscitado.

Desde já desejo a todos uma Páscoa feliz, na luz do Senhor ressuscitado.

[00560-06.02] [Texto original: Italiano]

[B0241-XX.02]