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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL CONGRESSO "LE NUOVE FRONTIERE DELLA GENETICA E IL RISCHIO DELL’EUGENETICA" (VATICANO, 20-21 FEBBRAIO 2009), 17.02.2009


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL CONGRESSO "LE NUOVE FRONTIERE DELLA GENETICA E IL RISCHIO DELL’EUGENETICA" (VATICANO, 20-21 FEBBRAIO 2009)

INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

INTERVENTO DI MONS. IGNACIO CARRASCO DE PAULA

INTERVENTO DEL PROF. BRUNO DALLAPICCOLA

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Congresso Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell’eugenetica, che si terrà nei giorni 22 e 21 febbraio presso l’Aula nuova del Sinodo in Vaticano, promosso dalla Pontificia Accademia per la Vita in occasione della XV Assemblea Generale.

Intervengono alla Conferenza Stampa: S.E. Mons. Rino Fisichella, Presidente della Pontificia Accademia per la Vita; Mons. Ignacio Carrasco de Paula, Cancelliere della medesima Pontificia Accademia; il Prof. Bruno Dallapiccola, Docente di Genetica Medica presso l’Università "La Sapienza" di Roma.

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

INTERVENTO DI S.E. MONS. RINO FISICHELLA

Ogni anno l'attività della Pontificia Accademia per la vita si confronta su un tema di particolare importanza scientifico. La scelta del Congresso Internazionale che si svolgerà i prossimi 20-21 febbraio è caduta sul tema: Le nuove frontiere della genetica e il rischio dell'eugenetica. Saranno relatori del Convegno scienziati provenienti da diverse Università e tratteranno il tema sotto differenti prospettive: da quella prettamente biomedica a quella legale, dalla riflessione filosofica e teologica a quella sociologica. A nessuno, infatti, sfuggirà che una simile tematica rappresenta sempre più spesso un riferimento costante della medicina; soprattutto dopo la scoperta del genoma e la conseguente conoscenza di gran parte delle caratteristiche peculiari del patrimonio genetico di ognuno di noi. Grazie al grande lavoro svolto nell'ultimo decennio soprattutto sotto la direzione di F. Collins circa lo Human Genome Data Base è possibile la mappatura di migliaia di geni che permettono la conoscenza di diverse tipologie di malattie e viene offerta spesso la concreta possibilità di superare la patologia ereditaria. Le conquiste genetiche appartengono al costante e spesso frenetico progresso tecnologico che sembra non avere più confini. Ci sono, evidentemente delle finalità proprie alla ricerca genetica: la prima e basilare si compie nella diagnostica ed è aumentata enormemente la gamma delle sue nuove applicazioni; a livello prematrimoniale e preconcezionale ha una sua applicazione per verificare il rischio di essere portatori sani di patologie. La stessa applicazione, comunque, viene compiuta oggi anche a livello prenatale e porta con sé –come si può immaginare- problematiche di ordine etico differenti. La genetica, inoltre, possiede finalità terapeutiche che possono trovare riscontro su cellule somatiche o sull'embrione precoce. Non si può dimenticare, infine, la finalità produttiva che trova soprattutto nell'ambito farmacologico ampio riscontro.

Non è tutto oro, comunque, ciò che appare. Ogni conquista scientifica porta sempre con sé inevitabilmente quello sguardo del Giano bifronte che mostra la bellezza e insieme la tragicità. Il rischio di una deriva della genetica non è solo un richiamo teorico che viene fatto; appartiene, purtroppo, a una mentalità che tende lentamente ma inesorabilmente a diffondersi. Il termine di "eugenetica" sembra relegato al passato e il solo richiamo terminologico fa inorridire. Come spesso succede, tuttavia, un sottile formalismo linguistico unito a una buona pubblicità sostenuta da grandi interessi economici fa perdere di vista i veri pericoli sottesi e tende a creare una mentalità non più in grado di riconoscere l'oggettivo male presente e formulare un giudizio etico corrispondente. Avviene così che mentre sembra non esserci più posto nelle nostre società democratiche, rispettose per principio della persona, l'eugenetica messa al bando nell'uso terminologico ricompaia nella pratica in tutta buona coscienza. Scopo del Congresso sarà quello di verificare se all'interno della sperimentazione genetica sono presenti aspetti che tendono e attuano di fatto un'azione eugenetica. Essa mostra il volto consolatorio di chi vorrebbe migliorare fisicamente la specie umana. Si esprime in diversi progetti di ordine scientifico, biologico, medico, sociale e politico; tutti più o meno collegati tra di loro. Tali progetti comportano un giudizio etico soprattutto quando si vuole sostenere che si attua una simile azione eugenetica in nome di una "normalità" di vita da offrire agli individui. Normalità che rimane tutta da definire e che spinge in maniera incontrovertibile e stabilire chi mai possa arrogarsi l'autorità per stabilire le regole e le finalità del vivere "normale" di una persona. In ogni caso, questa mentalità certamente riduttiva, ma presente, tende a considerare che ci siano persone che hanno meno valore di altre, sia a causa della loro condizione di vita quali la povertà o la mancanza di educazione, sia a causa della loro condizione fisica ad esempio i disabili, i malati psichici, le persone in cosiddetto "stato vegetativo", le persone anziane con gravi patologie.

Come si può osservare, i temi di questo Congresso sono di una grande attualità. Comportano il necessario confronto tra le diverse istanze e solo nella complementarità delle posizioni sarà possibile cercare di comporre una sintesi che sia capace di mostrare un percorso comune e condiviso da percorrere. Non sempre le istanze della scienza medica trovano l'accordo del filosofo o del teologo. Se da una parte, la tentazione di considerare il corpo come materia è spesso facile da riscontrare in alcuni, dall'altra, la preoccupazione perché mai si dimentichi l'unità fondamentale di ogni persona, che non è mai riducile alla sola sfera materiale perché possiede in sé quell'autoconsapevolezza che la porta a esprimere un senso per la propria esistenza, è una istanza che non può essere emarginata né sottaciuta. Ci si avvia verso un futuro carico di incertezze da questa prospettiva. Certo può crescere e deve progredire la ricerca per poter dare sollievo a ogni persona, ma nello stesso tempo si è chiamati a far crescere e progredire la coscienza etica senza della quale ogni conquista rimarrebbe sempre e solo parziale, mai destinata pienamente ad ogni persona nel suo desiderio di una vita pienamente umana e proprio per questo aperta e sempre tesa verso una trascendenza che la sorpassa e avvolge.

[00281-01.02] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI MONS. IGNACIO CARRASCO DE PAULA

Etica e genetica, un’alleanza auspicabile

Tra le grandi scoperte di questi inizi di un nuovo millennio, il Progetto del Genoma Umano (HGP) occupa un posto di assoluta rilevanza. Infatti, iniziatosi nel non molto lontano 1990, portò in soli tredici anni alla mappatura dell’intero patrimonio genetico dell’uomo. Si apriva così una promettente e affascinante prospettiva per le scienze biomediche e in particolare per la medicina preventiva.

Meno conosciuto risulta invece, almeno in Europa, un altro progetto di ricerca partito in contemporanea nello stesso anno 1990 e intitolato ELSI, un acronimo che sta a indicare lo studio delle implicazioni etiche, legali e sociali correlate alle scoperte ed eventuali applicazioni derivate dal HGP. Questo progetto è tuttora in corso e gode di un sostanzioso sostegno finanziario coperto con fondi federali (finora intorno ai 200 milioni di dollari).

Se per la medicina, e non solo per essa, la conoscenza del genoma umano è assolutamente essenziale, altrettanta importanza riveste l’individuazione delle conseguenze etiche, legali e sociali. Un documento preparato da una Commissione presidenziale americana nel 1982, conosciuto come Splicing life, avvertiva già degli enormi benefici di natura terapeutica ma anche dei potenziali pericoli, come p. e. l’utilizzo in ambito lavorativo (selezione del personale), assicurativo, bancario (crediti), la protezioni dei dati da conservare nelle banche genetiche, e soprattutto il possibile cattivo uso discriminatorio di informazioni genetiche, in particolare nell’ambito della eugenetica.

È in questo contesto che si colloca il Congresso organizzato dalla PAV.

Nel 1997 l'UNESCO proponeva la sua Dichiarazione universale sul genoma umano e sui diritti umani che è stata successivamente approvata dalla Assemblea generale dell'ONU il 9 dicembre 1998. Nel 1º articolo si afferma: Il genoma umano sottende l’unità fondamentale di tutti i membri della famiglia umana, come pure il riconoscimento della loro intrinseca dignità e della loro diversità. L’articolo 6º ne trae un’importante conseguenza: Nessuno deve essere oggetto di discriminazione basate sulle proprie caratteristiche genetiche, che abbiano per oggetto o per effetto quello di ledere i diritti individuali, le libertà fondamentali ed il riconoscimento della propria dignità.

L’eugenetica rappresenta oggi la principale strumentalizzazione discriminatoria delle scoperte della scienze genetica. È questo il punto che il Congresso si propone di esplorare. Ovviamente l’obiettivo principiale è richiamare l’attenzione di tutti sui notevoli benefici che possiamo ottenere dalla ricerca genetica se, come sembra corretto e auspicabile, vengono indirizzati verso di essa sia l’impegno dei ricercatori che gli investimenti pubblici e privati, superando la tentazione delle apparenti scorciatoie proposte dalla eugenetica.

[00284-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DEL PROF. BRUNO DALLAPICCOLA

Oltre il sequenziamento del genoma umano

Il sequenziamento del genoma umano ha accelerato il processo di "genetizzazione" e ha chiarito in parte "determinismo genetico", con il quale viene enfatizzata la dipendenza della maggior parte delle caratteristiche individuali dal patrimonio ereditario. Questo concetto si è affermato in Medicina a partire dagli anni ’90, quando ha trovato largo consenso l’idea che quasi tutte le malattie abbiano una componente genetica. Lungo questa linea, qualcuno aveva ritenuto che quando si fosse riusciti a sequenziare il genoma di ogni persona, l’analisi di quella sequenza avrebbe avuto il significato di una vera e propria cartella clinica. Questa provocazione sta trovando oggi un fondamento, e la possibilità di analizzare il genoma al costo di 1.000 dollari appare alla portata nei prossimi anni. Se da un lato non si può non essere affascinati da questo progresso scientifico, dall’altro lato si deve prendere coscienza che la società è impreparata ad affrontare e a governare la mole delle informazioni prodotte e non sembra pronta a renderle fruibili a beneficio dell’uomo, avendone compreso e valutato tutto l’impatto a livello del singolo e della popolazione.

Nonostante questi limiti, molte conoscenze mediate dalla genetica, prima di essere sufficientemente sperimentate e validate, vengono trasferite al mercato della salute e sono proposte agli utenti al di fuori dei protocolli e delle cautele con i quali la Medicina dovrebbe avvicinarsi alle innovazioni diagnostiche e tecnologiche. Attraverso internet è possibile oggi entrare in contatto con numerose organizzazioni che vendono analisi genomiche, che si preannunciano in grado di predire malattie più o meno comuni, accertare l’idoneità fisica a diventare degli atleti, ottimizzazione l’alimentazione e il peso, scegliere la cura di bellezza più appropriata, o altro ancora. Si tratta di proposte che non hanno alcun fondamento scientifico e che relegano la genetica e l’analisi genomica in quel ruolo che un tempo era solo di competenza dei lettori della mano o dei tarocchi.

Al di là dell’uso deformato della genetica per finalità strettamente commerciali, è comunque necessario guardare alle ricadute del sequenziamento del genoma umano e del progresso della genetica in una prospettiva a breve-medio periodo. Ci offre un’occasione ghiotta per tentare qualche speculazione la pubblicazione della sequenza genomica di personaggi celebri come James Watson, uno dei padri della doppia elica del DNA, e Craig Venter, il coordinatore del progetto del sequenziamento del genoma umano con capitale privato. Venter ha pubblicato in dettaglio nei mesi scorsi le variazioni presenti nel suo DNA, compresa una serie mutazioni comuni, che lo renderebbero potenzialmente suscettibile ad una serie di patologie, come il comportamento antisociale, l’alcolismo, l’ipertensione, l’obesità, l’ictus, la malattia di Alzheimer, per citarne solo alcune. Tuttavia questi risultati non ci propongono Craig Venter come un soggetto particolarmente sfortunato, ma semplicemente come un uomo che, esattamente come tutti gli esseri della nostra specie, possiede un genoma "imperfetto". Infatti, il sequenziamento del genoma sta confermando che tutti condividiamo un numero straordinario di mutazioni: solo un piccolissimo numero di esse interessa i geni responsabili delle malattie rare (che nella maggior parte delle persone non hanno nessuna conseguenza per la salute), mentre alcuni milioni di variazioni riguardano i geni correlati alle malattie complesse, alla cui patogenesi concorrono con un piccolo effetto additivo. Nonostante questa evidente ‘imperfezione’, l’insieme dei geni non mutati di solito bilancia l’effetto delle mutazioni negative, consentendo alla maggior parte della popolazione di essere classificata come clinicamente non affetta. Il sequenziamento dei genomi di questi illustri personaggi delinea uno scenario già paventato negli anni ’90, quando era apparso chiaro che l’imminente possibilità di analizzare nella sua interezza la sequenza del DNA avrebbe avvicinato al mondo della Medicina milioni di persone non ammalate: la scoperta di mutazioni potenzialmente predisponenti alle malattie avrebbe indotto alcuni a vivere nell’attesa della comparsa di qualche sintomo, oppure ad organizzare la loro esistenza in funzione di visite mediche o di analisi periodiche di laboratorio, fino a fare sentire molte persone ammalate o a sviluppare sintomi psicosomatici.

La diffusione delle analisi genomiche è però destinata non solo a medicalizzare la vita delle persone, ma anche a trasformare la figura del medico. Lo sviluppo della medicina di laboratorio e delle indagini strumentali ha già modificato drasticamente negli ultimi 50 anni la professione del medico di famiglia, che, con il tempo, ha ridotto l’attitudine a visitare il paziente, a dialogare con lui e ad ascoltarlo, a favore di una crescente propensione alla prescrizione di indagini strumentali e di laboratorio spesso di discutibile utilità. L’era postgenomica rischia di produrre un’ulteriore involuzione della figura del medico, destinato, forse, a diventare un ‘genomicista’, cioè un addetto alla interpretazione dei dati sofisticati che escono da qualche strumento di elevata tecnologia.

Oggi che siamo all’inizio dell’era postgenomica appare chiaro che il sequenziamento del genoma umano ha rappresentato solo la tappa iniziale di un processo che necessiterà di essere integrato dalla conoscenza dei meccanismi di interazione tra i geni, e tra essi e l’ambiente, nonché dalla comprensione dei complessi meccanismi di regolazione genica, durante lo sviluppo e la vita postatale. E’ evidente che ogni tentativo di semplificazione di un progetto che, per la sua stessa natura, è molto complesso, significa fare un cattivo uso della Genetica. Non va perciò ignorato che l’uomo è la sommatoria degli effetti delle caratteristiche ereditate al momento del concepimento e dell’ambiente. Per questo, si deve essere critici tanto nei confronti dei ‘riduzionisti’, che ritengono che il sequenziamento del genoma umano sia sufficiente a chiarire il senso della vita umana, quanto nei confronti dei ‘deterministi’, che credono di riuscire a predire, solo attraverso la lettura del DNA, il destino biologico di una persona. I progressi della Genetica stanno chiarendo i meccanismi che sono alla base della variabilità tra le persone e questo, in un’epoca di disumanizzazione della Medicina, rappresenta un valore che necessita di essere apprezzato, perché è proprio il riconoscimento di quella variabilità biologica ad aiutarci a guardare ad ogni paziente non più come ad un numero, all’interno di un protocollo, e neppure come ad un semplice prodotto del codice genetico, ma come ad una persona.

[00282-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0114-XX.01]