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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE "BIOLOGICAL EVOLUTION: FACTS AND THEORIES. A CRITICAL APPRAISAL 150 YEARS AFTER ‘THE ORIGIN OF SPECIES’"(3-7 MARZO 2009), 10.02.2009


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA CONFERENZA INTERNAZIONALE "BIOLOGICAL EVOLUTION: FACTS AND THEORIES. A CRITICAL APPRAISAL 150 YEARS AFTER ‘THE ORIGIN OF SPECIES’"(3-7 MARZO 2009)

INTERVENTO DEL PROF. P. MARC LECLERC, S.J.

INTERVENTO DEL PROF. D. GIUSEPPE TANZELLA-NITTI

INTERVENTO DEL PROF. SAVERIO FORESTIERO

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo una conferenza stampa di presentazione della Conferenza Internazionale "Biological Evolution: Facts and Theories. A critical appraisal 150 years after ‘The origin of species’"(Roma - Pontificia Università Gregoriana, 3-7 marzo 2009).

La Conferenza è organizzata dalla Pontificia Università Gregoriana in collaborazione con l’Università Notre Dame (Indiana, USA), sotto il patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura, nell’ambito del Progetto STOQ (Science, Theology and the Ontological Quest).

Intervengono alla Conferenza Stampa: S.E. Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e Presidente del Comitato d’Onore del Convegno; il Prof. P. Marc Leclerc, S.J., Ordinario di Filosofia della Natura, Pontificia Università Gregoriana, e Direttore del Convegno; il Prof. Don Giuseppe Tanzella-Nitti, Ordinario di Teologia Fondamentale, Pontificia Università della Santa Croce; il Prof. Saverio Forestiero, Professore di Zoologia, Università di Roma Tor Vergata, Membro del Comitato organizzatore.

Pubblichiamo di seguito gli interventi del Prof. P. Marc Leclerc, del Prof. Don Giuseppe Tanzella-Nitti e del Prof. Saverio Forestiero:

INTERVENTO DEL PROF. P. MARC LECLERC, S.J.

Dopodomani, 12 febbraio 2009, il mondo scientifico ricorderà il bicentenario della nascita di Charles Darwin. In questo stesso anno, a novembre, ricorrerà il 150° della sua opera su L’Origine delle Specie. Nessun universitario, che sia cattolico o meno, può rimanere indifferente a queste ricorrenze. Non si tratta qui, minimamente, di "celebrazione" in onore dello scienziato inglese; ma si tratta semplicemente di prendere la misura dell’evento, che ha segnato per sempre la storia della scienza e ha influito sul modo di comprendere la nostra stessa umanità.

Poche teorie scientifiche sono state così aspramente discusse, né hanno determinato un tale cambiamento di paradigma nella comune interpretazione dell’intera realtà, uomo compreso. L’ora di un’attenta valutazione critica, rigorosa e oggettiva sotto i vari piani implicati, pare ormai venuta. Sembra più che mai necessario discutere scientificamente, con i migliori specialisti attuali, i vari aspetti scientifici della teoria dell’evoluzione, con tutte le aggiunte, sfumature e continue modifiche che essa ha ricevuto dal tempo di Darwin fino ad oggi, e che tuttora riceve ogni giorno.

D’altra parte, se le discussioni sono così aspre, non è solo perché alcuni elementi della teoria sono sempre discutibili dal punto di vista scientifico – cosa del tutto normale nell’ordine della scienza –, ma perché proprio la novità del paradigma ha spinto parecchi seguaci di Darwin ad oltrepassare i confini della scienza per ergere qualche elemento della sua teoria, o della sintesi moderna realizzata nel corso del XX secolo, a "Philosophia universalis", secondo la giusta espressione dell’allora Cardinal Ratzinger, chiave d’interpretazione universale di una realtà in perpetuo divenire. "Il caso e la necessità", come riassunto dal titolo della nota opera di Jacques Monod, riprendendo le parole di Democrito in ambito evoluzionista.

Lungo questa scia si sono diretti troppo spesso gli stessi avversari del darwinismo, confondendo la teoria scientifica dell’evoluzione con l’ideologia onnicomprensiva che la snaturava, per rigettarlo del tutto in quanto totalmente incompatibile con una visione religiosa della realtà. Tale situazione potrebbe spiegare il ritorno di concezioni "creazioniste" o di ciò che si presenta a volte come una teoria alternativa, il così detto "intelligent design". A questo livello siamo lontani dalle discussioni scientifiche, ma bisogna pure prendere la misura di questo stato di fatti, sia sul piano filosofico che teologico.

Tutto questo giustifica ampiamente l’organizzazione del prossimo Convegno internazionale alla Pontificia Università Gregoriana, in quanto terzo convegno della serie STOQ, sotto l’alto patrocinio del Pontificio Consiglio della Cultura e con l’attiva partecipazione dell’Università di Notre Dame (Indiana), nonché di altre università pontificie implicate nello stesso progetto. Tale convegno non intende celebrare Darwin, nemmeno studiarlo specificamente, ma invece studiare da vicino i vari aspetti della teoria dell’evoluzione, con l’occasione delle presenti ricorrenze che ci impongono di essere attivamente presenti nel dibattito scientifico, filosofico e teologico che essa suscita.

La struttura del Convegno vuole riflettere adeguatamente la complessità dei problemi coinvolti, nella necessaria distinzione dei piani come nella loro giusta articolazione razionale, esercizio difficile ed esigente di una vera interdisciplinarietà. Le sue nove sessioni, ripartite su cinque giorni, seguiranno la linea critica necessaria per chiarificare al massimo le questioni complesse implicate dall’evoluzione biologica.

Per cominciare, nella prima sessione saranno esposti i fatti essenziali su cui pone la teoria: fatti legati alla paleontologia, alla sistematica e alla biologia molecolare. Poi due sessioni saranno consacrate allo studio scientifico dei meccanismi dell’evoluzione, essenziali per ogni teoria interpretativa che voglia rendere ragione dei fatti osservati. A quel punto dovremo studiare, nella quarta sessione, ciò che ci dice la scienza sull’origine dell’uomo. Ma la questione di detta origine non è della sola competenza delle scienze positive; consacreremo quindi una quinta sessione, centrale, ad incrociare gli sguardi di varie discipline, in una prospettiva esplicitamente interdisciplinare, sulle grandi questioni antropologiche legate all’evoluzione. In seguito verranno due sessioni filosofiche, per studiare le implicazioni razionali della teoria, sia in campo epistemologico, sia in campo metafisico o della filosofia della natura. Questo studio filosofico permette anche un’articolazione senza confusione tra il piano scientifico considerato per prima, e le questioni legate alla fede o alla religione. Per finire, due sessioni teologiche studieranno l’evoluzione dal punto di vista della fede cristiana, partendo da una corretta esegesi dei testi della Bibbia che trattano della creazione, nonché della ricezione della teoria da parte della Chiesa.

[00237-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DEL PROF. D. GIUSEPPE TANZELLA-NITTI

È mio compito offrire alcuni commenti sull’interesse della comunità teologica verso il Convegno Biological Evolution: Facts and Theories, ovvero, per essere più espliciti, perché la teologia prende sul serio il pensiero scientifico in merito a questioni circa l’origine della vita e dell’uomo, come questa viene interpretata dalle diverse teorie dell’evoluzione. In linea generale, che la teologia sia interessata al rapporto fra fede e ragione è fuori di dubbio. Ed è anche fuori di dubbio che la teologia cristiana e il pensiero scientifico — al di là di singoli episodi, inevitabili in una storia lunga 20 secoli — abbiano sempre avuto feconde interazioni e reciproci sviluppi, di cui la storia ci presenta testimonianze numerose ed eloquenti. Tuttavia, il tema su cui oggi si chiede un commento è più specifico di quanto non dicano questi rapporti, importanti ma generali, ed è per certi versi più delicato.

La gente comune, infatti, per la quale il racconto biblico della creazione rappresenta ancora in larga parte l’orizzonte di comprensione dell’origine naturale del mondo e della vita, uomo compreso, desidera capire se e in quale misura l’idea di una evoluzione biologica sia compatibile con la visione trasmessa dalla Sacra Scrittura. Personalmente vedo con molto favore che si parli di questi temi perché essi riportano al centro dell’attenzione del grande pubblico i grandi temi dell’esistenza, le domande sull’origine e sul fine, domande che non possono non appassionare tutti, tanto lo studioso come l’uomo della strada.

Esiste una tradizione teologica piuttosto consolidata in grado di comporre la nozione di creazione con l’idea di un mondo che si sviluppi nel tempo e nella storia, un mondo dove sono possibili eventi che noi chiamiamo casuali, ma dove avvengono anche catastrofi, estinzioni, ed esiste un certo antagonismo fra le specie. Le prime riflessioni finalizzate a spiegare questa compatibilità cominciano già con sant’Agostino. Il Vescovo di Ippona non conosceva il termine evoluzione, ma sapeva che il pesce grande mangia il pesce più piccolo e che le forme della vita erano andate incontro a lente trasformazioni nel tempo. Con lui altri Padri della Chiesa, e poi autori come san Tommaso d’Aquino, John Henry Newman, o in epoca a noi prossima Pio XII e Giovanni Paolo II, hanno già fornito chiarimenti teologici significativi, ciascuno con il linguaggio proprio del suo tempo. Dalla prospettiva della teologia cristiana, evoluzione biologica e creazione non si escludono affatto: potremmo infatti affermare — considerando il termine evoluzione nel suo significato più ampio, senza riferimento ad uno o più specifici meccanismi evolutivi, ma inteso come progressiva diversificazione, organizzazione e complessificazione della morfologia dei viventi — che l'evoluzione è in fondo il modo con cui Dio crea.

Affermare che il rapporto fra creazione ed evoluzione sia stato già composto dalla teologia, in particolare da quella di tradizione cattolica, non vuol dire però che questo argomento sia privo di interesse. Tutt’altro. Al teologo serve infatti una conoscenza dei dati scientifici recenti per saper distinguere, nel dibattito culturale contemporaneo, quali visioni della vita e dell’uomo rispondono a risultati acquisiti e quali, invece, possono essere facilmente preda di estrapolazioni o perfino di ideologie, che usano le scienze in modo strumentale e riduttivo, spesso contro il comune sentire di buona parte della stessa comunità scientifica. Proprio in merito alla prospettiva evolutiva, un simile impiego delle scienze è avvenuto in passato con il materialismo storico, che volle fondare una dialettica della natura su una visione del mondo fisico e della vita non rispondente ai dati scientifici, ma in linea con le proprie finalità di propaganda. Non v’è dubbio che un convegno come quello che viene oggi presentato, Biological Evolution: Facts and Theories, offrirà alla teologia, e non solo alla teologia, dati e risultati importanti per operare questo discernimento.

La teologia è anche interessata ai possibili meccanismi che hanno determinato l’evoluzione. Se è vero che l’evoluzione biologica è certamente un fatto, gli aspetti da chiarire riguardano le cause che l’hanno determinata. È dovuta unicamente alla selezione naturale (sopravvivenza del più adatto) oppure dipende dall’esplicarsi di funzioni e di processi interni ai viventi? Dipende solo da errori di trascrizione nella trasmissione del DNA oppure dall’attivazione di porzioni del codice genetico che fino a poco tempo fa i biologi ritenevano ridondanti? Quale ruolo ha nell’evoluzione il progressivo strutturarsi morfologico dei viventi per ottimizzare la loro nutrizione o l’adattamento all’ambiente? Per la sopravvivenza e il ricco diversificarsi della vita è fondamentale solo la competizione o gioca un ruolo importante anche la reciproca cooperazione fra le specie? Non di rado alcuni meccanismi, piuttosto che altri, sono stati impiegati per contrastare la visione di un mondo in cui agiscono finalismo e progettualità, come è certamente quella di un mondo voluto e creato da Dio. Conoscerli meglio aiuta la teologia a capire cosa, a partire da essi, si potrebbe dedurre sul piano filosofico, e può suggerirle quali strategie oggi impiegare per continuare a comporre creazione ed evoluzione nel contesto della scienza del nostro tempo.

L’interesse della teologia per l’evoluzione biologica cresce, evidentemente, quando si ha a che fare con le origini dell’uomo. Se la lenta trasformazione della vita a partire da forme semplici ed elementari verso forme sempre più complesse e funzionalmente più progredite, grazie alla paziente opera dell’evoluzione biologica lungo i millenni, è un fatto, non va dimenticato che è anche un fatto che l’essere umano si trovi alla sommità di questo lungo sviluppo, quasi ad indicare che la nostra specie, proprio come ci insegna la Rivelazione biblica, giunge a coronare uno scopo inteso fin dall’inizio. Per quanto simpatici e incantevoli ci risultino gli altri animali, con i quali condividiamo la maggior parte della nostra morfologia e, nel caso degli scimpanzé, oltre il 97% del nostro patrimonio genetico, noi esseri umani restiamo unici sul panorama biologico del nostro pianeta. La posizione eretta, il linguaggio, e soprattutto la consapevolezza di sé, la cultura e il progresso tecnico-scientifico restano prerogative riscontrate solo nel genere umano. Come lo è anche la sua religiosità… Ricostruire questa storia grazie al contributo delle scienze è un’impresa appassionante, perché è la ricostruzione della nostra storia. Per la teologia conoscere questa storia è importante perché le consente di interpretare meglio la Scrittura e di individuare le linee di sviluppo del dogma. Essa propone così al Magistero della Chiesa nuove sintesi che, come avvenuto in passato, possono rendere l’insegnamento dogmatico della Chiesa più intelligibile agli uomini e alla cultura del suo tempo (cfr. Concilio Vaticano II: Gaudium et spes, n. 62).

Al tempo stesso, va ricordato, con il Catechismo della Chiesa Cattolica, che «non si tratta soltanto di sapere quando e come sia sorto materialmente il cosmo, né quando sia apparso l'uomo, quanto piuttosto di scoprire quale sia il senso di tale origine» (CCC, 284). Per questo motivo, ritengo che, come tali, nessuno dei meccanismi evolutivi si oppone all’affermazione che Dio abbia voluto, cioè creato, l’uomo. Non vi si oppone nemmeno l’aleatorietà di tanti eventi accaduti lungo il lento sviluppo della vita, purché il ricorso al caso resti una semplice lettura scientifica dei fenomeni, incapace di negare la sfera dei fini. Dal punto di vista scientifico, infatti, non avrebbe senso interrogarsi se a "guidare" l’evoluzione sia stato il cieco gioco del caso o l’esistenza di un finalismo. Chi potrebbe negare, ad esempio, che anche ciò che ai nostri occhi appare come puro gioco d’azzardo non segua lo scopo nascosto di chi possiede tutte le regole del gioco, cioè di un Creatore? Solo quando l’aleatorietà o l’indeterminismo di un fenomeno naturale vengono trasformati in un apriori filosofico, sostenendo che nel mondo non c’è alcuna progettualità, né avrebbe senso cercare nell’evoluzione alcun significato voluto da un Creatore, solo allora può sorgere un apparente ma fallace contrasto fra scienza e teologia.

Concludo con due brevi e osservazioni. In primo luogo mi auguro che le scienze naturali siano impiegate sempre più dalla teologia come una risorsa positiva di conoscenze, e non viste solo come una fonte di guai. Come la teologia ha già imparato ad usare i risultati fornitigli dalla storia, dall’ermeneutica, dalla psicologia, crescendo in profondità e in rigore scientifico, così è chiamata a prendere sul serio anche i risultati certi delle scienze, giovandosene per il suo lavoro e il suo servizio alla verità. In secondo luogo, ritengo che l’idea di evoluzione stia di casa nella teologia cristiana. La Rivelazione ebraico-cristiana ci insegna infatti che la storia ha un inizio, ha un fine ed incarna un significato — e noi sappiamo che affinché il cosmo e la vita evolvano è necessaria una quantità positiva di informazione. Non credo sia possibile un’evoluzione biologica in un mondo materialista, senza informazione, senza direzione, senza progetto. In un mondo creato, il compito della teologia è proprio parlarci della natura e del senso di questa informazione, del logos, in definitiva, che, come ama ripetere Benedetto XVI, è la ragione increata fondamento di tutte le cose e della storia, logos che ci è venuto incontro nel volto di Gesù Cristo. È questa, in sostanza, l’informazione più importante, che tutti, scienziati o teologi, siamo interessati a conoscere.

[00238-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DEL PROF. SAVERIO FORESTIERO

Come sappiamo tutti, la ricerca scientifica non si esaurisce nel dominio tecnico della natura – con tutto il carico di problemi etico-politici che ne derivano – ma possiede una valenza conoscitiva enorme, dagli innegabili riflessi sul nostro modo di concepire il mondo e noi stessi.

È come dire che la scienza è e fa cultura, perché è anche immagine del mondo.

Storicamente, dall’Illuminismo in poi, l’influenza della scienza sulla cultura ha indubbiamente esercitato un’azione di "smagamento", "desacralizzazione", "secolarizzazione", determinando, prima nelle società occidentali, poi anche in larga parte del mondo globalizzato, un vero e proprio scontro fra conoscenza e fede.

Molti laici sembrano convinti che questo scontro sia inevitabile e che il progresso scientifico porterà alla progressiva erosione del fenomeno religioso, sia nella sfera privata della sensibilità e delle credenze individuali, sia nell’arena pubblica in cui operano le istituzioni religiose.

Tutto ciò coinvolge molto da vicino le scienze della vita, poiché queste ultime producendo conoscenze obiettive sulla collocazione dell’uomo nella natura, influiscono necessariamente sul nostro modo di concepire la condizione umana. Il che ben presto si traduce in interrogativi di carattere politico-morale che, com’è a tutti noto, toccano spesso questioni bioetiche.

Non è mio proposito, tantomeno rientra tra gli obiettivi del convegno, affrontare quest’ordine di problemi, né per ribadire l’insanabilità del conflitto che attualmente divide credenti e non credenti, né per auspicarne il superamento.

La speranza che ha spinto Massimo Stanzione e chi vi parla, entrambi laici e non credenti, a prender parte all’organizzazione del Convegno promosso dalla Pontificia Università Gregoriana è diversa e di natura squisitamente culturale. Stanzione e io siamo infatti convinti della necessità di accertare in modo scientifico e criticamente avvertito lo stato attuale delle conoscenze bioevolutive. Tutto ciò indipendentemente dalle conseguenze che ciascuno (che sia credente, non credente o diversamente credente) è portato a trarne sul piano degli ideali e dell’agire pratico quotidiano.

Ma, nel contempo, non voglio nasconderlo, questa nostra fiducia nel confronto critico, aperto, pubblico, nasce da una valutazione che potremmo etichettare come "politica". Giudichiamo un autentico pericolo per l’umanità il protrarsi del conflitto fra opposti fondamentalismi. Cosicché, pur essendo consapevoli che qualsiasi conoscenza obiettiva non possa bastare da sola a evitare un conflitto del genere, non vorremmo che, viceversa, esso trovasse giustificazioni di sorta sul terreno scientifico stesso.

Tradizionalmente, per opposti fondamentalismi s’intendono quelli fra religioni rivelate. Ebbene, noi vorremmo scongiurare il rischio che queste inclinazioni, che nascono dal fideismo e si nutrono d’un malinteso senso di appartenenza, portatore d’intolleranza e di atteggiamenti illiberali, possano arrivare a contagiare la mentalità laica e il libero pensiero, contraddicendo così nei fatti le migliori intenzioni di progresso umano e civile.

Tuttavia, anche se la posta in gioco è in ultima istanza politica, riteniamo che l’unico strumento a nostra disposizione per incidere sull’esito della partita sia e rimanga, lo ripetiamo, quello di natura culturale. Nello specifico, da laici abbiamo concorso a dare la massima ampiezza e il massimo spessore possibile agli interventi di questo convegno, evitando così di collocarlo sul terreno meramente celebrativo delle tante iniziative ovunque previste per il bicentenario darwiniano.

Guardando ai credenti, ci auguriamo che per quella parte del mondo cattolico più aperta alla scienza e al dialogo con i non credenti, questo convegno possa rappresentare uno strumento valido ed efficace per affrontare nel migliore dei modi il confronto con le posizioni intellettualmente più chiuse e ostili verso il sapere positivo.

Un motivo di conforto nella possibilità di progredire sulla strada del dialogo ci viene da quanto noi e gli altri organizzatori siamo riusciti a realizzare nella fase preparatoria dei lavori, durata oltre due anni. I membri del comitato, infatti, costituivano inizialmente una compagine eterogenea, in cui accanto ai rappresentanti delle istituzioni accademiche pontificie figuravano laici di varia estrazione e provenienze universitarie, credenti e non credenti, animati però dal comune intento di fare del loro meglio per garantire al programma equilibrio delle parti e ampia rappresentatività degli interventi. Indipendentemente dal successo che pure ci auguriamo, siamo certi di avere fatto del nostro meglio per garantirne la qualità scientifica e la completezza tematica.

Gli interventi sono distribuiti su nove sessioni. All’impianto delle prime sette abbiamo fattivamente potuto contribuire, sulla base delle nostre competenze e della nostra esperienza di ricerca e di contatti, interagendo liberamente con i responsabili delle università pontificie, grazie al clima di serena franchezza che col tempo si è venuto a creare, anche al di là di alcune divergenze d’opinione su scelte specifiche. Mi piace dire che nei due anni dedicati all’organizzazione, durante i nostri incontri abbiamo verificato più volte la plausibilità di una frase attribuita a Hume secondo cui la verità scaturisce dal ragionare tra amici (Truth springs from argument amongst friends).

Scendendo sul piano della concretezza, molto significativa, a questo proposito, mi sembra sia stata la lunga serie di approfondite discussioni che, nel comitato organizzatore, hanno portato alla scelta di come dovessimo considerare l’Intelligent Design (il cosiddetto Progetto Intelligente: l’idea secondo cui certe caratteristiche dell'universo e dei viventi sono spiegabili meglio ricorrendo a una "causa intelligente", che non a una procedura automatica come è per esempio la selezione naturale). Al termine di un’intensa fase istruttoria, il comitato nella sua interezza si è trovato concorde nel considerare l’ID un fenomeno di natura ideologico culturale, meritevole perciò di un inquadramento storico, ma certamente non da discutere sul terreno scientifico, filosofico o teologico. La decisione di trattare l’ID in termini di storia delle idee, in una sottosezione filosofica del convegno dedicata all'influsso dell'evoluzionismo darwiniano sulla società e la cultura, è per noi un punto molto, molto importante in quanto permetterà di mettere in evidenza la genesi lunga e complessa e il carattere dottrinario ibrido dell’ID. E qui è opportuno segnalare che questa nostra scelta, pur non essendo vincolante per alcuno, come del resto dimostrano iniziative prese da altre istituzioni pontificie, qualifica nettamente QUESTO convegno e lo spirito che lo caratterizza.

Nelle sessioni scientifiche sono trattati fenomeni evolutivi della massima importanza insieme ad alcuni tra i principali aspetti della teoria dell’evoluzione, i cui cantieri teorici sono perennemente aperti sin dal 1809 che, ricordiamolo, non è soltanto l’anno di nascita di Darwin, ma anche quello di pubblicazione della Filosofia zoologica, un importante scritto sull’evoluzione dei viventi del primo scienziato evoluzionista: Jean Baptiste Lamarck.

Va precisato che, consapevoli dell’enorme complessità dei sistemi viventi, gli evoluzionisti, da Darwin sino ai contemporanei, non hanno mai avanzato pretese di perfezione teorica; al contrario, il senso di provvisorietà e di relativa incompletezza hanno caratterizzato la teoria darwiniana e quella cosiddetta "sintetica" dell’evoluzione. Questa relatività della teoria, tuttavia, e tutte le regolazioni importanti e gli aggiustamenti che si sono succeduti per includervi le conseguenze di scoperte completamente nuove, come quelle collegate agli sviluppi della biologia molecolare e di cui ci parleranno relatori come Jean Gayon, Scott Gilbert e altri, non ne hanno mai intaccato il cuore. Nel processo di trasformazione dell’evoluzionismo rimangono perfettamente riconoscibili l’idea darwiniana di discendenza con modificazione e l’identità della teoria della selezione naturale elaborata da Darwin e da Wallace. Tuttavia va osservato che l’evoluzionismo attuale non può essere ridotto a puro selezionismo giacché la moderna teoria dell’evoluzione (in perfetta coerenza con quanto sostenuto da Darwin) affianca alla selezione sia altri fattori responsabili dell’evoluzione (mutazione, deriva genetica, migrazione-flusso genico, ecc.), sia nuove nozioni successive a Darwin e alla stessa teoria sintetica. La relativa fluidità della teoria evoluzionistica contemporanea è dovuta in gran parte a una serie di scoperte dell’ultimo quarto di secolo che richiedono una riconfigurazione della teoria sintetica e che potrebbero condurre a una teoria evoluzionistica di terza generazione.

Tra i temi che verranno affrontati nel corso delle prime cinque sessioni del convegno, troviamo la lettura molecolare dell’evoluzione (applicata anche all’evoluzione umana), la formazione delle specie, il ruolo della simbiosi nell’evoluzione (e della socialità nell’evoluzione umana), il peso delle modificazioni epigenetiche, la storia delle teorie evoluzionistiche e quella delle ricerche sull’origine della nostra specie, il contributo della biologia comparata, il rapporto tra prodotti e processi nell’evoluzione, la complessità e l’evoluzione biologica, la relazione tra sviluppo embrionale ed evoluzione nell’ominazione, l’estensibilità della nozione di evoluzione allo sviluppo delle culture umane, e altro ancora.

Mi pare che in sostanza il convegno rappresenti un’occasione non propagandistica né apologetica d’incontro fra scienziati, filosofi e teologi attorno ai temi fondamentali suscitati dall’evoluzione biologica, che viene assunta e discussa come un fatto, da considerarsi al di là di ogni ragionevole dubbio, per approfondirne manifestazioni e meccanismi causali, nonché per analizzare la portata e la qualità delle teorie esplicative sino a oggi proposte.

Da quanto detto, ciascuno tragga poi le conseguenze che crede.

[00239-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0097-XX.01]