Alle 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 42a Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2009 sul tema "Combattere la povertà, costruire la pace".
Partecipano: l’Em.mo Card. Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.
Pubblichiamo di seguito l’intervento dell’Em.mo Card. Renato Raffaele Martino:
● INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. RENATO RAFFAELE MARTINO
1. Sono lieto di trovarmi con voi, per la presentazione del Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2009. Per questa circostanza, il Santo Padre ha scelto come tema di riflessione Combattere la povertà, costruire la pace. Questo riprende e sviluppa quello del Messaggio di Giovanni Paolo II per la Giornata mondiale della Pace del 1993, che illustrava le connessioni e i reciprochi condizionamenti tra povertà e pace. Scriveva il Servo di Dio: "S’afferma… e diventa sempre più grave nel mondo un’altra seria minaccia per la pace: molte persone, anzi, intere popolazioni vivono oggi in condizioni di estrema povertà. La disparità tra ricchi e poveri s’è fatta più evidente, anche nelle nazioni economicamente più sviluppate. Si tratta di un problema che s’impone alla coscienza dell'umanità, giacché le condizioni in cui versa un gran numero di persone sono tali da offenderne la nativa dignità e da compromettere, conseguentemente, l’autentico ed armonico progresso della comunità mondiale". Anche il Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI ci va vedere come la lotta alla povertà e la pace si richiamino costantemente in una feconda circolarità che costituisce uno dei presupposti più stimolanti per dare corpo ad un adeguato approccio culturale, sociale e politico delle complesse tematiche relative alla realizzazione della pace nel nostro tempo, segnato dal fenomeno della globalizzazione. Tale fenomeno viene approfondito dal Santo Padre che ne evidenzia il significato metodologico e contenutistico, consentendo, in questo modo, un approccio ampio e articolato al tema della lotta alla povertà. Il n. 2 del Messaggio, infatti, si sofferma a lungo su questi aspetti nell’intento di dare un profilo ai volti, molteplici e complementari, della povertà odierna. Il Papa considera soprattutto il ruolo delle scienze sociali nella misurazione dei fenomeni di povertà. Esse permettono di acquisire dati soprattutto di tipo quantitativo, e se la povertà fosse solo di tipo materiale e quantitativo, le scienze sociali sarebbero sufficienti ad illuminarne le principali caratteristiche. Sappiamo, però, che così non è. Esistono povertà immateriali che non sono una diretta e automatica conseguenza delle povertà materiali. Due esempi possono essere sufficienti a provarlo.
Nelle società cosiddette ricche e progredite esistono ampi fenomeni di povertà relazionale, morale e spirituale; molte persone sono alienate e vivono forme di disagio nonostante il generale benessere economico. Si tratta del «sottosviluppo morale»1 e delle conseguenze negative del «supersviluppo»2.
Nelle società cosiddette «povere» la crescita economica è spesso frenata da impedimenti culturali, che non permettono un adeguato uso delle risorse. La povertà materiale non spiega mai, da sola, le povertà immateriali, mentre è vero piuttosto il contrario. Il Messaggio papale si presenta strutturato in due parti, in ognuna della quali il tema della lotta alla povertà, nel contesto della globalizzazione, viene progressivamente trattato in relazione ai vari aspetti della promozione della pace. Nella prima parte si evidenziano le implicazioni morali collegate alla povertà; nella seconda, la lotta alla povertà è messa in relazione con l’esigenza di una maggiore solidarietà globale.
2. La trattazione della prima parte del Messaggio è sviluppata nei numeri che vanno dal 3 al 7, e affronta, in maniera esemplificativa ed emblematica, alcuni drammatici nodi delle povertà odierne.
2.1 Il primo nodo che viene affrontato è quello che individua nello sviluppo demografico la causa della povertà. Il Santo Padre denuncia tale posizione, che apre allo "sterminio di milioni di bambini non nati, in nome della lotta alla povertà", determinando l’eliminazione dei più poveri tra gli esseri umani. Occorre rilevare, tuttavia, che alcuni Paesi che di recente si sono affacciati sulla scena dello sviluppo, hanno potuto farlo anche per la rilevanza numerica della loro popolazione e tra i Paesi maggiormente sviluppati quelli con gli indici di natalità maggiori godono di un vantaggio di potenzialità di sviluppo. "In altri termini – afferma il Messaggio - la popolazione sta confermandosi come una ricchezza e non come un fattore di povertà".
2.2 Il secondo nodo, rilevante sul piano morale, che il Santo Padre affronta è quello del rapporto tra malattie pandemiche, soprattutto l’AIDS, e la povertà. Anche in questo caso, il Messaggio papale richiama l’esigenza di una maggiore e più puntuale considerazione delle intrinseche implicazioni morali che tale rapporto comporta, se si intende veramente lottare contro la povertà e costruire la pace. Il Santo Padre richiama, da un lato, alla necessità di mettere a disposizione anche dei popoli poveri le medicine e le cure necessarie, riconsiderando il sistema dei brevetti mediante una assunzione di responsabilità della comunità internazionale nel garantire a tutti gli uomini le necessarie cure sanitarie di base e, dall’altro, all’urgenza di approntare campagne di educazione a una sessualità pienamente rispondente alla dignità della persona. Iniziative promosse in questa direzione hanno già dato frutti significativi. Faccio notare che nel contesto della globalizzazione, anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità è chiamata a giocare un ruolo fondamentale ai fini della sicurezza internazionale, oggi basata sul paradigma della "sicurezza umana". Ad esempio nel World Health Report 2007 l’obiettivo della sanità pubblica globale è perseguito come elemento della sicurezza internazionale (who, World Health Report 2007 – A safer Future: Global Public Health Security in the 21st Century, Geneva, 2007).
2.3 Il terzo nodo affrontato dal Santo Padre è quello della povertà dei bambini, individuati come le vittime più vulnerabili, perché sono coloro che in maggior numero sono ascritti nella fascia della cosiddetta povertà assoluta. Preoccuparsi dei bambini è preoccuparsi del futuro e guardare alla povertà dalla prospettiva dei bambini porta a considerare come prioritari obiettivi quali la salvaguardia dell’ambiente, l’educazione, l’accesso ai vaccini e alle cure mediche, l’accesso all’acqua potabile, l’educazione e la cura delle madri, e soprattutto le relazioni all’interno delle famiglie e delle comunità. Quanto indebolisce la famiglia produce danni che si scaricano sui bambini; dove non è promossa la dignità della donna e della mamma, anche i bambini ne risentono.
2.4 Il quarto nodo affrontato fa riferimento alla relazione esistente tra disarmo e sviluppo: anche questo è ricco di implicazioni morali. Il Santo Padre aveva già sottolineato in un suo precedente Messaggio che "le ingenti risorse materiali e umane impiegate per le spese militari e per gli armamenti vengono di fatto distolte dai progetti di sviluppo dei popoli, specialmente di quelli più poveri e bisognosi di aiuto. E questo va contro quanto afferma la stessa Carta delle Nazioni Unite, che impegna la comunità internazionale, e gli Stati in particolare, a "promuovere lo stabilimento ed il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale col minimo dispendio delle risorse umane ed economiche mondiali per gli armamenti" (art. 26)"3. Il Santo Padre invita gli Stati a fare una sincera autocritica. Richiesta molto fondata, perché la spesa militare mondiale del 2007 è stata pari a 1.339 miliardi di dollari, con un aumento del 6% rispetto al 2006 (1.204 miliardi di dollari) e del 45 per cento nel decennio 1998-2007. La spesa corrisponde al 2.5% del prodotto lordo mondiale e a 202 dollari pro-capite rispetto alla popolazione mondiale. Nel 2007 sono stati registrati 14 conflitti di media intensità che coinvolgono diverse aree del mondo4. Nel 2008 si devono purtroppo segnalare il conflitto tra Federazione Russa e Georgia per l’indipendenza dell’Ossezia del sud e dell’Abkhazia e il grave conflitto nella Repubblica Democratica del Congo. Ci sono state 61 operazioni internazionali di pace, 2 in più rispetto al 2006; il numero più alto dal 1999. In totale sono impegnate 169.467 persone, di cui 150.651 militari e 18.816 civili. Il 41% è impiegato in Africa; il 27 per cento in Asia, in particolare in Afghanistan sono impegnate 41.741 persone nella International Security Assistance Force (ISAF).
2.5 L’ultimo nodo segnalato dal Santo Padre è quello che riguarda l’attuale crisi alimentare, crisi su cui era intervenuto in diverse circostanze durante quest’anno. Tale crisi è caratterizzata non da insufficienza di cibo, ma dalla mancanza di un assetto di istituzioni politiche ed economiche in grado di fronteggiare le necessità e le emergenze. Tutto questo consente al Papa di richiamare l’attenzione sul tema delle crescenti disuguaglianze, come dato caratterizzante l’attuale situazione di povertà. I dati sull’andamento della povertà relativa negli ultimi decenni, infatti, indicano tutti un aumento dei divari tra ricchi e poveri. Tra le cause principali di questo fenomeno ci sono senza dubbio il cambiamento tecnologico, i cui benefici si concentrano nella fascia più alta della distribuzione del reddito e la dinamica dei prezzi dei prodotti industriali, che crescono molto più velocemente dei prezzi dei beni e servizi prodotti dai Paesi più poveri, come materie prime e prodotti agricoli. "Capita così – afferma il Messaggio - che la maggior parte della popolazione dei Paesi più poveri soffra di una doppia marginalizzazione, in termini sia di redditi più bassi sia di prezzi più alti".
3. La seconda parte del documento pontificio si sofferma sul tema della lotta alla povertà e della solidarietà globale e occupa i numeri dal n. 8 al n.13. Si tratta di una parte assai significativa, perché contiene stimolanti riflessioni e proposte sui temi della globalizzazione, sul commercio internazionale, sulla finanza e sull’attuale crisi finanziaria, e sull’esigenza di una governance mondiale nel segno della solidarietà.
3.1 Molto stimolanti le puntualizzazioni riguardanti la globalizzazione, con il richiamo a riscoprire la legge naturale, quel codice etico comune che consente di dare senso al comune impegno di costruire la pace. La globalizzazione, afferma il Santo Padre, elimina le barriere, ma ciò non significa che non ne possa costruire di nuove. Essa avvicina i popoli, ma la vicinanza spaziale e temporale non costituisce di per sé vera comunione e autentica pace. Anche in questo, il tema della povertà acquista particolare importanza. La marginalizzazione dei poveri del pianeta e le tristi condizioni della loro esistenza possono trovare nella globalizzazione validi strumenti di riscatto solo se ogni uomo sentirà quelle ingiustizie e quelle violazioni dei diritti umani come se fossero subite da lui stesso. La Chiesa cattolica, che è «segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano»5, darà il suo contributo affinché tutti gli uomini scoprano sempre di più di essere figli dello stesso Padre, di essere uniti intimamente a Cristo che sulla Croce tutti li ha amati e di essere destinati alla stessa beatitudine eterna.
3.2 Al n. 9 il Messaggio affronta i temi riguardanti il commercio internazionale, con un’attenzione privilegiata ai Paesi poveri e al loro ruolo marginale negli scambi commerciali. L’esclusione e la marginalizzazione sul fronte del commercio sono impedimenti allo sviluppo economico dei poveri e fonte di conflitti. Mentre i Paesi industrializzati tendono a conservare ingiuste e anacronistiche misure protettive a loro vantaggio, impedendo spesso ai prodotti dei Paesi poveri di accedere ai propri mercati, negli stessi Paesi in via di sviluppo si registrano notevoli difficoltà, anche causate da retaggi culturali, a collegarsi in rete, a sviluppare una cultura della cooperazione, a operare non solo per il consumo o per il mercato locale. Su questi temi la comunità internazionale non ha ancora preso pienamente atto della distinzione tra assistenza e sviluppo.
3.3 Al n. 10 il Santo Padre si sofferma sul ruolo della finanza e sull’attuale crisi, fonte di preoccupazione diffusa e crescente. Su questi temi è recentemente intervenuto anche il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace con una Nota su Finanza e sviluppo, predisposta in vista della Conferenza Internazionale di Doha sul finanziamento allo sviluppo e pubblicata dall’Osservatore Romano il 23 di novembre. Il Messaggio, oltre a denunciare la mentalità che presiede agli scambi finanziari, tutta giocata sull’autoreferenzialità e sui brevissimi tempi, richiama l’esigenza di un forte radicamento etico dell’attività finanziaria nella prospettiva del bene comune. Il Santo Padre ci dice che l’appiattimento degli obiettivi degli operatori finanziari globali sul brevissimo termine riduce la capacità della finanza di svolgere la sua funzione importantissima di ponte tra il presente e il futuro, a sostegno della creazione di nuove occasioni di produzione e di lavoro nel più lungo periodo.
3.4 Il n. 11 è particolarmente significativo perché è tutto proiettato nel suggerire alcune soluzioni per rafforzare la cooperazione internazionale. In primo luogo, si richiede un efficace quadro giuridico per l’economia. Mercato sì, ma regolamentato da istituzioni efficienti e partecipate. In secondo luogo, si richiede di investire in educazione delle persone e sviluppare in modo integrato una specifica cultura dell’iniziativa. In terzo luogo, prestare la debita attenzione ai problemi del reddito: in un’economia moderna – si afferma – il valore della ricchezza dipende in misura determinante dalla capacità di creare reddito presente e futuro. La creazione di valore è un vincolo ineludibile di cui si deve tener conto, se si vuole lottare contro la povertà materiale in modo efficace e duraturo. La prospettiva economico-culturale delineata dal Messaggio la troviamo espressa nel primo paragrafo del n. 12, dove si delineano il ruolo e le responsabilità di tre attori: il mercato, lo Stato e la società civile. Si afferma: "Mettere i poveri al primo posto comporta, infine, che si riservi uno spazio adeguato a una corretta logica economica da parte degli attori del mercato internazionale, ad una corretta logica politica da parte degli attori istituzionali e a una corretta logica partecipativa capace di valorizzare la società civile locale e internazionale". Si tratta di un passaggio rilevante, perché viene a valorizzare al massimo il ruolo della società civile. Questa parte si chiude al n. 12, con un invito alla governance del fenomeno della globalizzazione, soprattutto attraverso un vero coinvolgimento delle persone: i problemi dello sviluppo, degli aiuti e della cooperazione internazionale spesso sono risolti senza un vero coinvolgimento delle persone, ma come questioni di predisposizione di apparati, di messa a punto di accordi tariffari, di stanziamento di anonimi finanziamenti, mentre invece la lotta alla povertà ha bisogno di uomini e di donne che vivano in profondità la fraternità, che sappiano accompagnare persone, famiglie e comunità in percorsi di sviluppo umano.
4. I nn. 14 e 15 costituiscono la pare conclusiva del Messaggio di Benedetto XVI. Nel mondo globale è sempre più evidente che si costruisce la pace se si cresce tutti: le distorsioni di sistemi ingiusti presentano, prima o poi, il conto a tutti. Con un’affermazione molto efficace, il Santo Padre afferma che "Solo la stoltezza può quindi indurre a costruire una casa dorata, ma con attorno il deserto o il degrado". La globalizzazione da sola è incapace di costruire la pace; in molti casi, anzi, produce divisioni e conflitti. La globalizzazione rivela piuttosto un bisogno: quello di essere orientata verso un obiettivo pienamente umanistico di profonda solidarietà per il bene di ognuno e di tutti. In questo contesto, si colloca l’apporto di saggezza e di sapienza che perviene dalla dottrina sociale della Chiesa. Il Messaggio sottolinea che i principi della dottrina sociale chiariscono i nessi tra povertà e globalizzazione e orientano l’azione verso la costruzione della pace. Tra di essi è il caso di ricordare in modo particolare l’«amore preferenziale per i poveri»6, inteso come primato della carità a imitazione di Cristo, testimoniato da tutta la tradizione cristiana, a cominciare da quella della Chiesa delle origini (cf. At 4,32-36; 1Cor 16,1; 2Cor 8-9; Gal 2,10). Quello che risulta particolarmente interessante è l’originalità dell’approccio alla globalizzazione stabilito dalla dottrina sociale: essa coglie l’allargamento della questione sociale alla globalità, non solo come una estensione quantitativa, quanto piuttosto come urgenza di un approfondimento qualitativo sull’uomo e sui bisogni della famiglia umana. Per questo, la Chiesa è interessata agli attuali fenomeni di globalizzazione e alla loro incidenza sulle povertà umane e indica i nuovi aspetti, non solo in estensione, ma anche in profondità, della attuale questione sociale, che è la questione dell’uomo e del suo rapporto con Dio. In questa prospettiva, il Santo Padre invita la Comunità cattolica a non far mancare il suo sostegno. Grazie!
_____________________
1
PAOLO VI, Lett. enc. Populorum progressio, 19. 2
GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 28. 3
BENEDETTO XVI, Lettera al Cardinale Renato Raffaele Martino in occasione del Seminario internazionale organizzato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sul tema "Disarmo, sviluppo e pace. Prospettive per un disarmo integrale", 10 aprile 2008. 4
Africa: Somalia; America: Colombia, Perù, Stati Uniti; Asia: Afghanistan, India (Kashmir), Myanmar, Filippine Mindanao, Sri Lanka; Europa: Cecenia; Medio Oriente: Iraq; Israele (territori Palestinesi); Turchia (Kurdistan). 5
CONCILIO VATICANO II, Cost. dogm. Lumen Gentium, 1. 6
GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Sollicitudo rei socialis, 42; cf. GIOVANNI PAOLO II, Lett. enc. Centesimus annus, 57. [01918-01.01] [Testo originale: Italiano]
[B0773-XX.01]