L’UDIENZA GENERALE ● CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA
● SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE
● SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE
L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.
Nel discorso in lingua italiana, il Santo Padre, continuando il ciclo di catechesi su San Paolo Apostolo, si è soffermato sulla sua predicazione riguardo alla seconda venuta del Signore.
Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Papa ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.
L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.
● CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA
Cari fratelli e sorelle,
il tema della risurrezione, sul quale ci siamo soffermati la scorsa settimana, apre una nuova prospettiva, quella dell'attesa del ritorno del Signore, e perciò ci porta a riflettere sul rapporto tra il tempo presente, tempo della Chiesa e del Regno di Cristo, e il futuro (éschaton) che ci attende, quando Cristo consegnerà il Regno al Padre (cfr 1 Cor 15,24). Ogni discorso cristiano sulle cose ultime, chiamato escatologia, parte sempre dall’evento della risurrezione: in questo avvenimento le cose ultime sono già incominciate e, in un certo senso, già presenti.
Probabilmente nell’anno 52 san Paolo ha scritto la prima delle sue lettere, la prima Lettera ai Tessalonicesi, dove parla di questo ritorno di Gesù, chiamato parusia, avvento, nuova e definitiva e manifesta presenza (cfr 4,13-18). Ai Tessalonicesi, che hanno i loro dubbi e i loro problemi, l'Apostolo scrive così: "Se infatti crediamo che Gesù è morto ed è risorto, così anche Dio, per mezzo di Gesù, radunerà con lui coloro che sono morti" (4,14). E continua: "Prima risorgeranno i morti in Cristo, quindi noi, che viviamo e che saremo ancora in vita, verremo rapiti insieme con loro nelle nubi, per andare incontro al Signore in alto, e così saremo sempre con il Signore" (4,16-17). Paolo descrive la parusia di Cristo con accenti quanto mai vivi e con immagini simboliche, che trasmettono però un messaggio semplice e profondo: alla fine saremo sempre con il Signore. E’ questo, al di là delle immagini, il messaggio essenziale: il nostro futuro è "essere con il Signore"; in quanto credenti, nella nostra vita noi siamo già con il Signore; il nostro futuro, la vità eterna, è già cominciata.
Nella seconda Lettera ai Tessalonicesi Paolo cambia la prospettiva; parla di eventi negativi, che dovranno precedere quello finale e conclusivo. Non bisogna lasciarsi ingannare – dice – come se il giorno del Signore fosse davvero imminente, secondo un calcolo cronologico: "Riguardo alla venuta del Signore nostro Gesù Cristo e al nostro radunarci con lui, vi preghiamo, fratelli, di non lasciarvi troppo presto confondere la mente e allarmare né da ispirazioni né da discorsi, né da qualche lettera fatta passare come nostra, quasi che il giorno del Signore sia già presente. Nessuno vi inganni in alcun modo!" (2,1-3). Il prosieguo di questo testo annuncia che prima dell’arrivo del Signore vi sarà l'apostasia e dovrà essere rivelato un non meglio identificato ‘uomo iniquo’, il ‘figlio della perdizione’ (2,3), che la tradizione chiamerà poi l’Anticristo. Ma l’intenzione di questa Lettera di san Paolo è innanzitutto pratica; egli scrive: "Quando eravamo presso di voi, vi abbiamo sempre dato questa regola: chi non vuol lavorare, neppure mangi. Sentiamo infatti che alcuni tra di voi vivono una vita disordina, senza fare nulla e sempre in agitazione. A questi tali, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, ordiniamo di guadagnarsi il pane lavorando con tranquillità" (3, 10-12). In altre parole, l’attesa della parusia di Gesù non dispensa dall’impegno in questo mondo, ma al contrario crea responsabilità davanti al Giudice divino circa il nostro agire in questo mondo. Proprio così cresce la nostra responsabilità di lavorare in e per questo mondo. Vedremo la stessa cosa domenica prossima nel Vangelo dei talenti, dove il Signore ci dice che ha affidato talenti a tutti e il Giudice chiederà conto di essi dicendo: Avete portato frutto? Quindi l’attesa del ritorno implica responsabilità per questo mondo.
La stessa cosa e lo stesso nesso tra parusia – ritorno del Giudice/Salvatore – e impegno nostro nella nostra vita appare in un altro contesto e con nuovi aspetti nella Lettera ai Filippesi. Paolo è in carcere e aspetta la sentenza che può essere di condanna a morte. In questa situazione pensa al suo futuro essere con il Signore, ma pensa anche alla comunità di Filippi che ha bisogno del proprio padre, di Paolo, e scrive: "Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno. Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa scegliere. Sono stretto infatti tra queste due cose: ho il desiderio di lasciare questa vita per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio; ma per voi è più necessario che io rimanga nel corpo. Persuaso di questo, so che rimarrò e continuerò a rimanere in mezzo a voi tutti, per il progresso e la gioia della vostra fede, affinchè il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo Gesù, con il mio ritorno tra voi" (1, 21-26).
Paolo non ha paura della morte, al contrario: essa indica infatti il completo essere con Cristo. Ma Paolo partecipa anche dei sentimenti di Cristo, il quale non ha vissuto per se, ma per noi. Vivere per gli altri diventa il programma della sua vita e perciò dimostra la sua perfetta disponibilità alla volontà di Dio, a quel che Dio deciderà. È disponibile soprattutto, anche in futuro, a vivere su questa terra per gli altri, a vivere per Cristo, a vivere per la sua viva presenza e così per il rinnovamento del mondo. Vediamo che questo suo essere con Cristo crea una grande libertà interiore: libertà davanti alla minaccia della morte, ma libertà anche davanti a tutti gli impegni e le sofferenze della vita. È semplicemente disponibile per Dio e realmente libero.
E passiamo adesso, dopo avere esaminato i diversi aspetti dell'attesa della parusia del Cristo, a domandarci: quali sono gli atteggiamenti fondamentali del cristiano riguardo alla cose ultime: la morte, la fine del mondo? Il primo atteggiamento è la certezza che Gesù è risorto, è col Padre, e proprio così è con noi, per sempre. E nessuno è più forte di Cristo, perché Egli è col Padre, è con noi. Siamo perciò sicuri, liberati dalla paura. Questo era un effetto essenziale della predicazione cristiana. La paura degli spiriti, delle divinità era diffusa in tutto il mondo antico. E anche oggi i missionari, insieme con tanti elementi buoni delle religioni naturali, trovano la paura degli spiriti, dei poteri nefasti che ci minacciano. Cristo vive, ha vinto la morte e ha vinto tutti questi poteri. In questa certezza, in questa libertà, in questa gioia viviamo. Questo è il primo aspetto del nostro vivere riguardo al futuro.
In secondo luogo, la certezza che Cristo è con me. E come in Cristo il mondo futuro è già cominciato, questo dà anche certezza della speranza. Il futuro non è un buio nel quale nessuno si orienta. Non è così. Senza Cristo, anche oggi per il mondo il futuro è buio, c'è tanta paura del futuro. Il cristiano sa che la luce di Cristo è più forte e perciò vive in una speranza non vaga, in una speranza che dà certezza e dà coraggio per affrontare il futuro.
Infine, il terzo atteggiamento. Il Giudice che ritorna — è giudice e salvatore insieme — ci ha lasciato l’impegno di vivere in questo mondo secondo il suo modo di vivere. Ci ha consegnato i suoi talenti. Perciò il nostro terzo atteggiamento è: responsabilità per il mondo, per i fratelli davanti a Cristo, e nello stesso tempo anche certezza della sua misericordia. Ambedue le cose sono importanti. Non viviamo come se il bene e il male fossero uguali, perché Dio può essere solo misericordioso. Questo sarebbe un inganno. In realtà, viviamo in una grande responsabilità. Abbiamo i talenti, siamo incaricati di lavorare perché questo mondo si apra a Cristo, sia rinnovato. Ma pur lavorando e sapendo nella nostra responsabilità che Dio è giudice vero, siamo anche sicuri che questo giudice è buono, conosciamo il suo volto, il volto del Cristo risorto, del Cristo crocifisso per noi. Perciò possiamo essere sicuri della sua bontà e andare avanti con grande coraggio.
Un ulteriore dato dell’insegnamento paolino riguardo all'escatologia è quello dell’universalità della chiamata alla fede, che riunisce Giudei e Gentili, cioè i pagani, come segno e anticipazione della realtà futura, per cui possiamo dire che noi sediamo già nei cieli con Gesù Cristo, ma per mostrare nei secoli futuri la ricchezza della grazia (cfr Ef 2,6s): il dopo diventa un prima per rendere evidente lo stato di incipiente realizzazione in cui viviamo. Ciò rende tollerabili le sofferenze del momento presente, che non sono comunque paragonabili alla gloria futura (cfr Rm 8,18). Si cammina nella fede e non in visione, e se anche sarebbe preferibile andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore, quel che conta in definitiva, dimorando nel corpo o esulando da esso, è che si sia graditi a Lui (cfr 2 Cor 5,7-9).
Infine, un ultimo punto che forse appare un po' difficile per noi. San Paolo alla conclusione della sua seconda Lettera ai Corinzi ripete e mette in bocca anche ai Corinzi una preghiera nata nelle prime comunità cristiane dell'area palestinese: Maranà, thà! che letteralmente significa "Signore nostro, vieni!" (16,22). Era la preghiera della prima cristianità, e anche l'ultimo libro del Nuovo Testamento, l'Apocalisse, si chiude con questa preghiera: "Signore, vieni!". Possiamo pregare anche noi così? Mi sembra che per noi oggi, nella nostra vita, nel nostro mondo, sia difficile pregare sinceramente perché perisca questo mondo, perché venga la nuova Gerusalemme, perchè venga il giudizio ultimo e il giudice, Cristo. Penso che se sinceramente non osiamo pregare così per molti motivi, tuttavia in un modo giusto e corretto anche noi possiamo dire, con la prima cristianità: "Vieni, Signore Gesù!". Certo, non vogliamo che adesso venga la fine del mondo. Ma, d'altra parte, vogliamo anche che finisca questo mondo ingiusto. Vogliamo anche noi che il mondo sia fondamentalmente cambiato, che incominci la civiltà dell'amore, che arrivi un mondo di giustizia, di pace, senza violenza, senza fame. Tutto questo vogliamo: e come potrebbe succedere senza la presenza di Cristo? Senza la presenza di Cristo non arriverà mai un mondo realmente giusto e rinnovato. E anche se in un altro modo, totalmente e in profondità, possiamo e dobbiamo dire anche noi, con grande urgenza e nelle circostanze del nostro tempo: Vieni, Signore! Vieni nel tuo modo, nei modi che tu conosci. Vieni dove c'è ingiustizia e violenza. Vieni nei campi di profughi, nel Darfur, nel Nord Kivu, in tanti parti del mondo. Vieni dove domina la droga. Vieni anche tra quei ricchi che ti hanno dimenticato, che vivono solo per se stessi. Vieni dove tu sei sconosciuto. Vieni nel modo tuo e rinnova il mondo di oggi. Vieni anche nei nostri cuori, vieni e rinnova il nostro vivere, vieni nel nostro cuore perché noi stessi possiamo divenire luce di Dio, presenza tua. In questo senso preghiamo con san Paolo: Maranà, thà! "Vieni, Signore Gesù!", e preghiamo perché Cristo sia realmente presente oggi nel nostro mondo e lo rinnovi.
[01742-01.01] [Testo originale: Italiano]
● SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE
○ Sintesi della catechesi in lingua francese
○ Sintesi della catechesi in lingua inglese
○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca
○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola
○ Sintesi della catechesi in lingua francese
Chers frères et sœurs,
Je vous invite à méditer, ce matin, sur la relation entre le temps présent, qui a trouvé son accomplissement dans l’incarnation et dans l’événement pascal, et l’avenir qui nous attend dans la rencontre finale lorsque le Christ remettra le Royaume à son Père. Nous pouvons dégager quelques points de l’enseignement de saint Paul sur le thème de l’attente de la parousie, du retour du Seigneur. D’abord, l’Apôtre affirme que le Christ existe avant toute créature et qu’il est le premier-né de ceux qui ressuscitent d’entre les morts. Et nous, nous attendons une demeure éternelle, aspirant à être revêtus d’un corps céleste. Dans le temps présent, nous sommes dans l’attente de comparaître devant le Seigneur pour recevoir la récompense. Notre vraie patrie demeure toujours celle des cieux. Dans son enseignement concernant l’eschatologie, Paul souligne aussi l’universalité de l’appel à la foi, qui réunit Juifs et Gentils, comme signe et anticipation de la réalité future.
En résumé, nous pouvons dire que saint Paul a la préoccupation d’annoncer que notre salut est lié à l’événement pascal et à l’avenir eschatologique. Il a réuni ces deux aspects dans une heureuse expression de sa Lettre aux Romains : « Dans l’espérance nous avons été sauvés » (8, 24). En effet, notre espérance se fonde non pas sur une utopie, mais sur une ‘nouveauté de vie’, qui est réelle et qui est en croissance. Avec saint Paul, disons nous aussi Maranà thà ! Notre Seigneur, viens !
Je suis heureux d’accueillir les pèlerins de langue française. À tous je souhaite de prendre une conscience renouvelée que la foi chrétienne est aussi pour nous aujourd’hui une espérance qui transforme et soutient notre vie. Avec ma Bénédiction apostolique.
[01743-03.01[Texte original: Français]
○ Sintesi della catechesi in lingua inglese
Dear Brothers and Sisters,
In our continuing catechesis on Saint Paul, we now turn from his proclamation of Christ’s death and resurrection to his teaching on the Lord’s second coming. For Paul, the Lord’s return at the end of time will be accompanied by the resurrection of the dead and the consummation of his Kingdom, when all those who believed in him and trusted in his promises "will be with him for ever" in glory (cf. 1 Thess 4:17). Christ’s victorious reign has in fact already begun. Yet we, who have received the Spirit as the first fruits of our redemption, patiently await the fulfilment of that plan in our lives. Our life in this world, marked by trials and tribulations, must be inspired by the hope of heaven and the expectation of our resurrection to glory. Paul’s rich eschatology, linking the "already" of Christ’s resurrection to the "not yet" of our life in this world, is reflected in his statement that "in hope we were saved" (Rom 8:24). This same joyful expectation of the Lord’s return and the fulfilment of the Father’s saving plan is seen in the ancient Christian prayer with which he concludes his first Letter to the Corinthians: Maranà, thà! Come, Lord Jesus!
I offer a warm welcome to all the English-speaking visitors present at today’s Audience, particularly priests from the Missionary Society of Saint Paul the Apostle, members of the Corpus Christi Movement for Priests, participants in the International Catholic Conference of Scouting, and pilgrims from the Philippines, England, Nigeria, and the United States of America. Upon you and your families I cordially invoke God’s blessings of joy and peace.
[01744-02.01] [Original text: English]
○ Sintesi della catechesi in lingua tedesca
Liebe Brüder und Schwestern!
In der Katechesenreihe über die Lehre des Apostels Paulus haben wir in den vergangenen Wochen die Themen der Menschwerdung, des Todes und der Auferstehung Christi behandelt. Heute folgt ein weiterer Schritt, denn mit Paulus erwarten wir die Wiederkunft des Herrn und das ewige Leben. Die Paulusbriefe spiegeln diesbezüglich die verschiedenen Haltungen unter den ersten Christen wieder: Für manche stand die Parusie, das Kommen Christi in Herrlichkeit, unmittelbar bevor, andere waren überzeugt, daß dazu zunächst eine Reihe von tragischen Ereignissen auftreten mußte. Durch diese unterschiedlichen Interpretationen wollen wir uns aber nicht zu kalendarischen Voraussagen verleiten lassen, die am Wesentlichen, das heißt, an Christus und seinem Heilswerk in uns, vorbeigehen. Vielmehr sollen wir erkennen, daß wir in einer „Zwischenzeit" leben, in der die durch das Kreuz und die Auferstehung Christi bewirkte Erlösung bereits erfolgt ist, aber unser neues Leben in Christus erst zur Vollkommenheit gelangen muß. Das verleiht der Existenz der Christen eine Spannung auf die Zukunft, auf die Ewigkeit hin. Unser Leben geht nicht ins Leere. Das Ziel vor Augen, strecken wir uns vielmehr voll Hoffnung nach dem Siegespreis aus, den Gott uns in Jesus Christus schenkt (vgl. Phil 3,14).
Einen frohen Gruß richte ich an die deutschsprachigen Pilger und Besucher. Besonders begrüße ich das Domkapitel und die Dechantenkonferenz der Diözese Augsburg in Begleitung von Bischof Dr. Walter Mixa sowie die Mädchenrealschule St. Ursula aus Donauwörth. Christus, dessen Kommen wir erwarten, stärke in uns die Hoffnung auf das ewige Leben, die all unserem irdischen Tun und Streben eine neue, entscheidende Perspektive verleiht. Der Herr segne und behüte euch und eure Lieben!
[01745-05.01] [Originalsprache: Deutsch]
○ Sintesi della catechesi in lingua spagnola
Queridos hermanos y hermanas:
San Pablo enseña que el evento escatológico se ha realizado ya en Cristo, con su muerte y resurrección, aunque su cumplimiento definitivo tendrá lugar al final de los tiempos. Por eso vivimos en el presente esperando la completa redención. Además, mientras la morada terrena del cuerpo se deshace, el cristiano espera de Dios una mansión en el cielo, nuestra verdadera patria. Con su doctrina sobre la espera de la parusía, o segunda venida de Cristo, san Pablo proclama la conexión de la salvación con el acontecimiento pascual y el futuro escatológico. Estos dos aspectos, la pascua y el futuro que nos aguarda, aparecen unidos en una expresión de la carta a los Romanos: "en esperanza fuimos salvados" (8, 24). Relacionada íntimamente con la fe, nuestra esperanza no se funda en una utopía, sino en una novedad de vida real y en crecimiento. La fe cristiana es una esperanza que transforma y sostiene nuestra vida (cf. Spes salvi, 10). Con la expresión Maranà, thà!, Ven, Señor nuestro (1 Co 16, 22), se expresa la conciencia de la salvación ya realizada en la Pascua y la esperanza gozosa del creyente que, sostenido por esta esperanza, se dirige al encuentro de su Señor.
Saludo cordialmente a los fieles de lengua española. En particular, a los peregrinos y grupos venidos de Chile, España, Guatemala, México, Paraguay y de otros países latinoamericanos. Que la enseñanza y el ejemplo de san Pablo ayude a todos a orientar nuestra vida hacia el encuentro definitivo con el Salvador. Con ocasión de su inauguración, saludo también al Canal de la Iglesia Católica en Colombia "Cristovisión", deseando que esta iniciativa contribuya a difundir los valores del evangelio en ese amado País. Que Dios os bendiga.
[01746-04.01] [Texto original: Español]
● SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE
○ Saluto in lingua portoghese
○ Saluto in lingua polacca
○ Saluto in lingua ungherese
○ Saluto in lingua slovacca
○ Saluto in lingua italiana
○ Saluto in lingua portoghese
Saúdo cordialmente os peregrinos de língua portuguesa, a todos desejando felicidades, em Jesus Cristo: em particular, desejo saudar muito cordialmente aos grupos vindos de Portugal e do Brasil. Que a vinda a Roma vos fortaleça na fé e avive no vosso ânimo a coragem para testemunhar a grandeza do Redentor dos homens, vencedor do mal e ressuscitado para ser a nossa esperança e a nossa paz. Que o Senhor vos abençoe!
[01747-06.01] [Texto original: Português]
○ Saluto in lingua polacca
Pozdrawiam serdecznie uczestniczących w audiencji Polaków. Święty Paweł mówiąc o dniu paruzji zachęca nas do wytrwania w wierze i troski o życie duchowe. Wiara budzi nadzieję, przemienia i podtrzymuje życie wierzących. Niech całe nasze życie – w duchu tej nadziei – będzie drogą na radosne spotkanie z Bogiem. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.
[Saluto cordialmente tutti i Polacchi che partecipano a quest’Udienza. San Paolo, parlando della parusia, ci incoraggia a perseverare nella fede e ad irrobustire la nostra vita spirituale. La fede risveglia la speranza, trasforma e infonde la vita dei credenti. Che tutta la nostra vita – nello spirito di questa speranza – sia la via al festoso incontro con Dio. Sia lodato Gesù Cristo.]
[01748-09.01] [Testo originale: Polacco]
○ Saluto in lingua ungherese
Nagy szeretettel köszöntöm a magyar híveket! Isten hozott Benneteket, különösképpen az illésházi csoport tagjait.
Életetek építsétek Krisztus sziklájára és így bátran hirdessétek az ő Igéjét korunk embereinek.
Apostoli áldásomat adom Rátok és családjaitokra.
Dicsértessék a Jézus Krisztus!
[Saluto con affetto i pellegrini di lingua ungherese, specialmente i fedeli della Parrocchia di Illésháza.
Vi incoraggio a fondare la vostra vita sulla salda roccia di Cristo, per essere coraggiosi annunciatori della sua Parola agli uomini del nostro tempo.
Con la particolare Benedizione Apostolica a voi e alle vostre famiglie! Sia lodato Gesù Cristo!]
[01749-AA.01] [Testo originale: Ungherese]
○ Saluto in lingua slovacca
Zo srdca vítam slovenských pútnikov, osobitne študentov Gymnázia svätého Michala Archanjela z Piešťan.
Milí mladí, minulú nedeľu sme slávili Výročie posviacky rímskej Lateránskej baziliky. Nech návšteva tejto katedrály biskupa Ríma posilní vašu lásku k nástupcovi svätého Petra.
Ochotne žehnám vás i vašich drahých.
Pochválený buď Ježiš Kristus!
[Do un cordiale benvenuto ai pellegrini slovacchi, particolarmente agli studenti del Ginnasio San Michele Arcangelo di Piešťany.
Cari giovani, domenica scorsa abbiamo celebrato la Dedicazione della Basilica romana Lateranense. La visita a questa Cattedrale del Vescovo di Roma rafforzi il vostro amore per il successore di San Pietro.
Volentieri benedico voi ed i vostri cari.
Sia lodato Gesù Cristo!]
[01750-AA.01] [Testo originale: Slovacco]
○ Saluto in lingua italiana
Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto il Capitolo Generale delle Suore Figlie di Maria Ausliatrice. Care sorelle mi unisco con gioia alla vostra gratitudine a Dio per i doni ricevuti in questi mesi, durante i quali avete riflettuto insieme sul presente e il futuro del vostro Istituto. Invoco una rinnovata effusione di grazia divina sulla nuova Superiora Generale e il suo Consiglio, come pure sull’intera Congregazione perché possiate proseguire con entusiasmo la vostra missione apostolica. San Giovanni Bosco, Santa Maria Mazzarello e tutti i Santi e Beati della grande Famiglia salesiana vi ottengano il dono di una sempre più feconda e lieta adesione ai consigli evangelici. Saluto i partecipanti al raduno dei Maestri del Commercio e li ringrazio per la visita. Saluto i fedeli di Carpineto Romano, qui convenuti con il loro Vescovo Mons. Lorenzo Loppa, e li affido alla materna intercessione della Vergine Immacolata, loro celeste patrona. Saluto con affetto i pellegrini dell’Arcidiocesi di Milano, guidati dal loro Pastore, il Cardinale Dionigi Tettamanzi, e i vescovi ausiliari. Cari amici, siete venuti a Roma per consegnarmi i primi due esemplari del nuovo Lezionario Ambrosiano: è questo un modo concreto per esprimere i profondi vincoli di comunione che legano la vostra Arcidiocesi al Successore di Pietro. Vi ringrazio per questo gesto così carico di significato ecclesiale e vi esorto ad accogliere il nuovo Lezionario come un grande dono per l’intera Comunità ambrosiana. Sia per voi strumento prezioso per un rinnovato impegno missionario nell’annunciare il Vangelo in ogni ambito della società.
Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. L'esempio di san Martino, di cui ieri abbiamo celebrato la festa, sia per voi, cari giovani, spinta ad una sempre generosa fedeltà evangelica; sia per voi, cari malati, incoraggiamento a confidare nel Signore che mai abbandona i suoi figli nel momento della prova; sia per voi, cari sposi novelli, stimolo a rispettare e servire con coraggio la vita umana, che è dono di Dio.
[01751-01.01] [Testo originale: Italiano]
[B0709-XX.01]