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L’UDIENZA GENERALE, 05.11.2008


L’UDIENZA GENERALE

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE

L’Udienza Generale di questa mattina si è svolta alle ore 10.30 in Piazza San Pietro dove il Santo Padre Benedetto XVI ha incontrato gruppi di pellegrini e fedeli giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo.

Nel discorso in lingua italiana, il Santo Padre, continuando il ciclo di catechesi su San Paolo Apostolo, si è soffermato sulla sua predicazione riguardo alla Resurrezione di Cristo.

Dopo aver riassunto la Sua catechesi in diverse lingue, il Papa ha rivolto particolari espressioni di saluto ai gruppi di fedeli presenti.

L’Udienza Generale si è conclusa con il canto del Pater Noster e la Benedizione Apostolica impartita insieme ai Vescovi presenti.

CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

Cari fratelli e sorelle,

"Se Cristo non è risorto, vuota allora è la nostra predicazione, vuota anche la vostra fede... e voi siete ancora nei vostri peccati" (1 Cor 15,14.17). Con queste forti parole della prima Lettera ai Corinzi, san Paolo fa capire quale decisiva importanza egli attribuisse alla risurrezione di Gesù. In tale evento infatti sta la soluzione del problema posto dal dramma della Croce. Da sola la Croce non potrebbe spiegare la fede cristiana, anzi rimarrebbe una tragedia, indicazione dell’assurdità dell’essere. Il mistero pasquale consiste nel fatto che quel Crocifisso "è risorto il terzo giorno secondo le Scritture" (1 Cor 15,4) - così attesta la tradizione protocristiana. Sta qui la chiave di volta della cristologia paolina: tutto ruota attorno a questo centro gravitazionale. L'intero insegnamento dell’apostolo Paolo parte dal e arriva sempre al mistero di Colui che il Padre ha risuscitato da morte. La risurrezione è un dato fondamentale, quasi un assioma previo (cfr 1 Cor 15,12), in base al quale Paolo può formulare il suo annuncio (kerygma) sintetico: Colui che è stato crocifisso, e che ha così manifestato l’immenso amore di Dio per l’uomo, è risorto ed è vivo in mezzo a noi.

E’ importante cogliere il legame tra l’annuncio della risurrezione, così come Paolo lo formula, e quello in uso nelle prime comunità cristiane prepaoline. Qui davvero si può vedere l'importanza della tradizione che precede l’Apostolo e che egli, con grande rispetto e attenzione, vuole a sua volta consegnare. Il testo sulla risurrezione, contenuto nel cap. 15,1-11 della prima Lettera ai Corinzi, pone bene in risalto il nesso tra "ricevere" e "trasmettere". San Paolo attribuisce molta importanza alla formulazione letterale della tradizione; al termine del passo in esame sottolinea: "Sia io che loro così predichiamo" (1 Cor 15,11), mettendo con ciò in luce l'unità del kerigma, dell’annuncio per tutti i credenti e per tutti coloro che annunceranno la risurrezione di Cristo. La tradizione a cui si ricollega è la fonte alla quale attingere. L’originalità della sua cristologia non va mai a discapito della fedeltà alla tradizione. Il kerigma degli Apostoli presiede sempre alla personale rielaborazione di Paolo; ogni sua argomentazione muove dalla tradizione comune, in cui s’esprime la fede condivisa da tutte le Chiese, che sono una sola Chiesa. E così san Paolo offre un modello per tutti i tempi sul come fare teologia e come predicare. Il teologo, il predicatore non crea nuove visioni del mondo e della vita, ma è al servizio della verità trasmessa, al servizio del fatto reale di Cristo, della Croce, della risurrezione. Il suo compito è aiutarci a comprendere oggi, dietro le antiche parole, la realtà del "Dio con noi", quindi la realtà della vera vita.

E’ qui opportuno precisare: san Paolo, nell’annunciare la risurrezione, non si preoccupa di presentarne un’esposizione dottrinale organica - non vuol scrivere quasi un manuale di teologia - ma affronta il tema rispondendo a dubbi e domande concrete che gli venivano proposte dai fedeli; un discorso occasionale dunque, ma pieno di fede e di teologia vissuta. Vi si riscontra una concentrazione sull’essenziale: noi siamo stati "giustificati", cioè resi giusti, salvati, dal Cristo morto e risorto per noi. Emerge innanzitutto il fatto della risurrezione, senza il quale la vita cristiana sarebbe semplicemente assurda. In quel mattino di Pasqua avvenne qualcosa di straordinario, di nuovo e, al tempo stesso, di molto concreto, contrassegnato da segni ben precisi, registrati da numerosi testimoni. Anche per Paolo, come per gli altri autori del Nuovo Testamento, la risurrezione è legata alla testimonianza di chi ha fatto un’esperienza diretta del Risorto. Si tratta di vedere e di sentire non solo con gli occhi o con i sensi, ma anche con una luce interiore che spinge a riconoscere ciò che i sensi esterni attestano come dato oggettivo. Paolo dà perciò - come i quattro Vangeli – fondamentale rilevanza al tema delle apparizioni, le quali sono condizione fondamentale per la fede nel Risorto che ha lasciato la tomba vuota. Questi due fatti sono importanti: la tomba è vuota e Gesù è apparso realmente. Si costituisce così quella catena della tradizione che, attraverso la testimonianza degli Apostoli e dei primi discepoli, giungerà alle generazioni successive, fino a noi. La prima conseguenza, o il primo modo di esprimere questa testimonianza, è di predicare la risurrezione di Cristo come sintesi dell'annuncio evangelico e come punto culminante di un itinerario salvifico. Tutto questo Paolo lo fa in diverse occasioni: si possono consultare le Lettere e gli Atti degli Apostoli dove si vede sempre che il punto essenziale per lui è essere testimone della risurrezione. Vorrei citare solo un testo: Paolo, arrestato a Gerusalemme, sta davanti al Sinedrio come accusato. In questa circostanza nella quale è in gioco per lui la morte o la vita, egli indica quale è il senso e il contenuto di tutta la sua predicazione: "Io sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti" (At 23,6). Questo stesso ritornello Paolo ripete continuamente nelle sue Lettere (cfr 1 Ts 1,9s; 4,13-18; 5,10), nelle quali fa appello anche alla sua personale esperienza, al suo personale incontro con Cristo risorto (cfr Gal 1,15-16; 1 Cor 9,1).

Ma possiamo domandarci: qual è, per san Paolo, il senso profondo dell'evento della risurrezione di Gesù? Che cosa dice a noi a distanza di duemila anni? L’affermazione "Cristo è risorto" è attuale anche per noi? Perché la risurrezione è per lui e per noi oggi un tema così determinante? Paolo dà solennemente risposta a questa domanda all'inizio della Lettera ai Romani, ove esordisce riferendosi al "Vangelo di Dio … che riguarda il Figlio suo, nato dal seme di Davide secondo la carne, costituito Figlio di Dio con potenza secondo lo Spirito di santità in virtù della risurrezione dei morti" (Rm 1,3-4). Paolo sa bene e lo dice molte volte che Gesù era Figlio di Dio sempre, dal momento della sua incarnazione. La novità della risurrezione consiste nel fatto che Gesù, elevato dall’umiltà della sua esistenza terrena, viene costituito Figlio di Dio "con potenza". Il Gesù umiliato fino alla morte di croce può dire adesso agli Undici: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra" (Mt 28, 18). E’ realizzato quanto dice il Salmo 2, 8: "Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra". Perciò con la risurrezione comincia l’annuncio del Vangelo di Cristo a tutti i popoli – comincia il Regno di Cristo, questo nuovo Regno che non conosce altro potere che quello della verità e dell’amore. La risurrezione svela quindi definitivamente qual è l’autentica identità e la straordinaria statura del Crocifisso. Una dignità incomparabile e altissima: Gesù è Dio! Per san Paolo la segreta identità di Gesù, più ancora che nell'incarnazione, si rivela nel mistero della risurrezione. Mentre il titolo di Cristo, cioè di ‘Messia’, ‘Unto’, in san Paolo tende a diventare il nome proprio di Gesù e quello di Signore specifica il suo rapporto personale con i credenti, ora il titolo di Figlio di Dio viene ad illustrare l'intimo rapporto di Gesù con Dio, un rapporto che si rivela pienamente nell’evento pasquale. Si può dire, pertanto, che Gesù è risuscitato per essere il Signore dei morti e dei vivi (cfr Rm 14,9; e 2 Cor 5,15) o, in altri termini, il nostro Salvatore (cfr Rm 4,25).

Tutto questo è gravido di importanti conseguenze per la nostra vita di fede: noi siamo chiamati a partecipare fin nell'intimo del nostro essere a tutta la vicenda della morte e della risurrezione di Cristo. Dice l’Apostolo: siamo "morti con Cristo" e crediamo che "vivremo con lui, sapendo che Cristo risorto dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui" (Rm 6,8-9). Ciò si traduce in una condivisione delle sofferenze di Cristo, che prelude a quella piena configurazione con Lui mediante la risurrezione a cui miriamo nella speranza. E’ ciò che è avvenuto anche a san Paolo, la cui personale esperienza è descritta nelle Lettere con toni tanto accorati quanto realistici: "Perché io possa conoscere Lui, la potenza della sua risurrezione, la comunione alle sue sofferenze, facendomi conforme alla sua morte, nella speranza di giungere alla risurrezione dai morti" (Fil 3,10-11; cfr 2 Tm 2,8-12). La teologia della Croce non è una teoria – è la realtà della vita cristiana. Vivere nella fede in Gesù Cristo, vivere la verità e l’amore implica rinunce ogni giorno, implica sofferenze. Il cristianesimo non è la via della comodità, è piuttosto una scalata esigente, illuminata però dalla luce di Cristo e dalla grande speranza che nasce da Lui. Sant’Agostino dice: Ai cristiani non è risparmiata la sofferenza, anzi a loro ne tocca un po’ di più, perché vivere la fede esprime il coraggio di affrontare la vita e la storia più in profondità. Tuttavia solo così, sperimentando la sofferenza, conosciamo la vita nella sua profondità, nella sua bellezza, nella grande speranza suscitata da Cristo crocifisso e risorto. Il credente si trova perciò collocato tra due poli: da un lato, la risurrezione che in qualche modo è già presente e operante in noi (cfr Col 3,1-4; Ef 2,6); dall'altro, l’urgenza di inserirsi in quel processo che conduce tutti e tutto verso la pienezza, descritta nella Lettera ai Romani con un’ardita immagine: come tutta la creazione geme e soffre quasi le doglie del parto, così anche noi gemiamo nell'attesa della redenzione del nostro corpo, della nostra redenzione e risurrezione (cfr Rm 8,18-23).

In sintesi, possiamo dire con Paolo che il vero credente ottiene la salvezza professando con la sua bocca che Gesù è il Signore e credendo con il suo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti (cfr Rm 10,9). Importante è innanzitutto il cuore che crede in Cristo e nella fede "tocca" il Risorto; ma non basta portare nel cuore la fede, dobbiamo confessarla e testimoniarla con la bocca, con la nostra vita, rendendo così presente la verità della croce e della risurrezione nella nostra storia In questo modo infatti il cristiano si inserisce in quel processo grazie al quale il primo Adamo, terrestre e soggetto alla corruzione e alla morte, va trasformandosi nell'ultimo Adamo, quello celeste e incorruttibile (cfr 1 Cor 15,20-22.42-49). Tale processo è stato avviato con la risurrezione di Cristo, nella quale pertanto si fonda la speranza di potere un giorno entrare anche noi con Cristo nella vera nostra patria che sta nei Cieli. Sorretti da questa speranza proseguiamo con coraggio e con gioia.

[01708-01.01] [Testo originale: Italiano]

SINTESI DELLA CATECHESI NELLE DIVERSE LINGUE

Sintesi della catechesi in lingua francese

Sintesi della catechesi in lingua inglese

Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Sintesi della catechesi in lingua francese  

Chers Frères et Sœurs,

Après avoir évoqué la semaine dernière le drame de la Croix de Jésus tel que l’envisageait l’Apôtre Paul, il nous faut parler aujourd’hui du caractère central et décisif de la résurrection du Christ dans sa prédication. En effet, tout son enseignement part de cet événement et aboutit toujours au mystère du Christ que le Père a « établi dans sa puissance de Fils de Dieu » en le relevant de la mort, dévoilant par là même la véritable identité du Crucifié. Celui qui a manifesté l’indéfectible amour de Dieu pour les hommes et qui est mort sur la Croix est le Fils éternel du Père.

En ressuscitant, le Christ est devenu le Seigneur des morts et des vivants. Par lui, nous sommes justifiés, c’est-à-dire rendus justes, et nous sommes insérés dans ce processus qui conduit toute chose vers sa plénitude. La résurrection du Christ est au fondement de notre espérance, au point que, sans elle, la vie chrétienne serait absurde.

Libérés du pouvoir de la mort, nous pouvons mener une vie de rachetés en étant, à travers la participation aux propres souffrances du Christ, progressivement configurés à Lui. Notre solidarité avec le Christ ressuscité nous fait trouver en lui l’harmonie de notre condition humaine : ni évasion de l’histoire au nom de l’esprit, ni idolâtrie de la matière, du corps et des valeurs humaines au détriment de leurs liens connaturels avec l’esprit.

Je salue tous les pèlerins francophones présents aujourd’hui, en particulier les jeunes du collège Notre-Dame de Bourbourg ainsi que les pèlerins du diocèse de Montpellier. Puisse la résurrection du Christ être votre espérance et orienter tous vos choix et votre vie vers les biens que Dieu promet. Bon pèlerinage à tous !

[01709-03.01] [Texte original: Français]

Sintesi della catechesi in lingua inglese

Dear Brothers and Sisters,

In our continuing catechesis on the teaching of Saint Paul, we now turn to his proclamation of the resurrection. In preaching Jesus Christ risen from the dead, Paul was concerned to "hand on" what he himself had "received" from the Apostles (cf. 1 Cor 15:3). He proclaims not only the fact of the resurrection, but its vital significance: in Christ, who died and rose for us, we have been saved, made righteous in the sight of God. The resurrection reveals Jesus’ true identity as the eternal Son of God and Lord of the living and the dead. We, for our part, are called to become fully configured to him in the mystery of his passover from death to life. Our present sufferings thus become a sharing in Christ’s own suffering and death, while the hope of the resurrection even now draws us toward the fullness of life with all the saints in his Kingdom. Salvation, Paul tells us, comes from confessing with our lips that Jesus is Lord, and believing in our hearts that God raised him from the dead (cf. Rom 10:9). With the Apostle, then, let us strive ever more fully, in faith and hope, "to know Jesus Christ and the power of his resurrection" (cf. Phil 3:10).

I am pleased to welcome all the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s Audience. In a particular way I greet the Patrons of the Arts in the Vatican Museums from Florida. I also extend a warm welcome to the group from the Bunri Sato Educational Institute in Saitama, Japan. I greet especially the groups from England, Denmark, Finland, Sweden, Cyprus, the Philippines and the United States. Upon all of you and your families I cordially invoke God’s abundant blessings of joy and peace.

[01710-02.01] [Original text: English]

Sintesi della catechesi in lingua tedesca

Liebe Brüder und Schwestern!

„Ist aber Christus nicht auferweckt worden, dann ist unsere Verkündigung leer und euer Glaube sinnlos" (1 Kor 15, 14). Diese Worte des heiligen Paulus machen deutlich, daß das Ausschlaggebende des christlichen Glaubens die Auferstehung Jesu ist. Christus, der uns durch die Hingabe am Kreuz seine bedingungslose Liebe gezeigt hat, er ist auferstanden und lebt unter uns. Auf dieser Tatsache baut Paulus seine Verkündigung auf. Der Apostel stützt sich hierbei mit großer Ehrfurcht auf die Tradition, die ihm vorausgeht. Gerade beim Thema der Auferstehung hebt er den Zusammenhang zwischen Empfangen und Weitergeben hervor; denn die Einheit der apostolischen Überlieferung steht über der persönlichen Darstellung des Ereignisses. Der Auferstandene ist den Aposteln mehrfach erschienen und hat so ihre Zeugenschaft gefestigt. Der erste Ausdruck dieses Zeugnisses ist die Predigt von der Auferstehung als Zusammenfassung des Evangeliums und Gipfel des Heilsweges. Diese führt zu einer lebendigen Begegnung mit Christus, in der sich der Auferstandene als Sohn Gottes, als Herr über Leben und Tod zeigt. Unsere menschliche Wirklichkeit ist für das Leben geschaffen und geht in Christus insgesamt auf Gott zu; wir dürfen teilhaben an seinem Heilswerk: Wenn wir auch in dieser Welt nicht immer vom Leiden verschont bleiben, so trägt uns doch die Hoffnung, daß wir an seinem Leben in Fülle Anteil erhalten werden. Wie Paulus sagt: „Sind wir mit Christus gestorben, so glauben wir auch, daß wir mit ihm leben" (Röm 6, 8).

Ganz herzlich heiße ich alle Pilger und Besucher aus den Ländern deutscher Sprache willkommen. Heute begrüße ich besonders die Oberinnen der Schwestern von der hl. Elisabeth und die Pressesprecher der deutschen Bischöfe. Euch alle lade ich ein, stets Zeugen der Hoffnung zu sein für das wahre Leben und die Gemeinschaft mit Christus. Gottes Geist schenke euch den Frieden des Herzens.

[01711-05.01] [Originalsprache: Deutsch]

Sintesi della catechesi in lingua spagnola

Queridos hermanos y hermanas:

En su primera carta a los Corintios, san Pablo señala la importancia de la resurrección de Cristo para nuestra fe cristiana. Sólo con la Cruz, sin la resurrección de Jesús, la vida cristiana sería un absurdo. El misterio pascual consiste precisamente en el hecho de que el Crucificado resucitó. Aquel que murió y nos reveló el inmenso amor que Dios nos tiene está vivo y presente entre nosotros. Ésta es la clave de la cristología paulina, que parte siempre de ese misterio y a él tiende. Al anunciar a Jesucristo, Pablo subraya particularmente que nosotros hemos sido justificados por su muerte y resurrección. Para el Apóstol, la resurrección de Jesús fue un hecho acaecido en la historia, del cual es posible dar testimonio. Existieron signos precisos. No fue algo inventado. Más aún, a través de ella se revela definitivamente la auténtica identidad del Crucificado. En efecto, la resurrección manifiesta en plenitud su naturaleza divina, que poseía desde siempre y no sólo en el tiempo. Jesús resucitó para ser Señor de vivos y muertos. El verdadero creyente obtiene la salvación profesando que Cristo es el Señor y creyendo que Dios lo resucitó de entre lo muertos.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular, a los miembros de la Asociación valenciana de Agricultores y al Obispo de Autlán, Monseñor Gonzalo Galván Castillo, acompañado de un grupo de sacerdotes de su Diócesis. A ejemplo del Apóstol san Pablo, os invito a ser testigos creíbles y audaces de Jesucristo resucitado, del que esperamos confiados que transforme "nuestra condición humilde según el modelo de su condición gloriosa". Que Dios os bendiga.

[01712-04.01] [Texto original: Español]

SALUTI PARTICOLARI NELLE DIVERSE LINGUE

Saluto in lingua portoghese

Saluto in lingua polacca

Saluto in lingua slovena

Saluto in lingua italiana

Saluto in lingua portoghese  

Saúdo também os peregrinos de língua portuguesa, nomeadamente o grupo do Renovamento Carismático de Setúbal e a Comunidade «Canção Nova», em festa pelo reconhecimento como associação internacional de fiéis junto do Conselho Pontifício para os Leigos. Exprimo o apreço da Igreja pelo ideal e empenho que os anima de dar inspiração cristã às linguagens do nosso mundo e à leitura dos acontecimentos da história. Sobre todos invoco os dons do Espírito Santo para serem verdadeiros discípulos e missionários de Cristo Ressuscitado, fazendo jorrar a sua Vida no meio de suas famílias e comunidades, que de coração abençoo.

[01713-06.01] [Texto original: Português]

Saluto in lingua polacca

Serdecznie witam pielgrzymów z Polski. Pozdrawiam przełożone sióstr elżbietanek, zgromadzone w Rzymie na konferencji plenarnej.

Chrystus umarł i zmartwychwstał dla naszego zbawienia. To główna prawda teologii św. Pawła i centrum naszej wiary. Niech ta prawda kształtuje naszą codzienność, abyśmy dostąpili owoców zbawienia. Niech Bóg wam błogosławi!

[Do il cordiale benvenuto ai pellegrini provenienti dalla Polonia. Saluto le superiori delle suore di S. Elisabetta radunate a Roma per la conferenza plenaria.

Cristo è morto e risorto per la nostra salvezza. Ecco la principale verità della teologia di San Paolo e il centro della nostra fede. Questa verità plasmi il nostro quotidiano, affinché siamo partecipi dei frutti della salvezza. Dio vi benedica!]

[01714-09.01] [Testo originale: Polacco]

Saluto in lingua slovena

Lepo pozdravljam vernike iz dekanije Velika Nedelja v Sloveniji! To vaše romanje v mesto, ki sta ga s svojim mučeništvom posvetila apostola Peter in Pavel, naj poživi vašo vero, upanje in krščansko ljubezen. Rad vam podelim apostolski blagoslov!

[Rivolgo un cordiale saluto ai fedeli provenienti dal Vicariato Foraneo di Velika Nedelja in Slovenia! Questo vostro pellegrinaggio nella Città consacrata con il martirio dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, ravvivi la vostra fede, la speranza e la carità cristiana. Volentieri vi imparto l’Apostolica Benedizione!]

[01715-AA.01] [Testo originale: Sloveno]

Saluto in lingua italiana

Saluto ora i pellegrini di lingua italiana e porgo a ciascuno un cordiale benvenuto. Con particolare affetto mi rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. La Chiesa ci invita in questi giorni a pregare per i nostri cari defunti e il loro ricordo ci invita a meditare sul mistero della morte e della vita eterna. Il pensiero della morte non sia per voi, cari giovani, motivo di tristezza, ma stimolo ad apprezzare e valorizzare appieno la vostra giovinezza, orientando sempre il vostro spirito ai valori spirituali che non periscono. Voi, cari ammalati, rinnovate costantemente la vostra fiducia nel Signore, sapendo che in ogni situazione siamo sempre nelle sue mani: Egli è per noi Padre buono e misericordioso. E voi, cari sposi novelli, traete dalla prospettiva della vita eterna un incoraggiamento a progettare la vostra famiglia lasciandovi guidare da Cristo e dal suo Vangelo.

[01716-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0695-XX.01]