MESSAGGIO PASQUALE DEL SANTO PADRE E BENEDIZIONE "URBI ET ORBI", 23.03.2008
Alle ore 12, dal sagrato della Basilica Vaticana, il Santo Padre Benedetto XVI rivolge ai fedeli presenti in Piazza San Pietro ed a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione il Messaggio pasquale che riportiamo di seguito: ● MESSAGGIO DEL SANTO PADRE Cari fratelli e sorelle, “Resurrexi, et adhuc tecum sum. Alleluia! - Sono risorto, sono sempre con te. Alleluia!”. Cari fratelli e sorelle, Gesù crocifisso e risorto ci ripete oggi quest'annuncio di gioia: è l'annuncio pasquale. Accogliamolo con intimo stupore e gratitudine! Anche sotto la pioggia rimane vero: il Signore è risorto e ci dona la sua gioia. Preghiamo che la gioia sia presente tra di noi anche in queste circostanze! “Resurrexi et adhuc tecum sum - Sono risorto e sono ancora e sempre con te”. Queste parole, tratte da un'antica traduzione latina, la Vulgata, del Salmo 138 (v. 18b), risuonano all'inizio dell'odierna Santa Messa. In esse, al sorgere del sole di Pasqua - è così, se anche non è visibile - la Chiesa riconosce la voce stessa di Gesù che, risorgendo da morte, si rivolge al Padre colmo di felicità e d'amore ed esclama: Padre mio, eccomi! Sono risorto, sono ancora con te e lo sarò per sempre; il tuo Spirito non mi ha mai abbandonato. Possiamo così comprendere in modo nuovo anche altre espressioni del Salmo: “Se salgo in cielo, là tu sei, / se scendo negli inferi, eccoti. / ... / Nemmeno le tenebre per te sono oscure, / e la notte è chiara come il giorno; / per te le tenebre sono come luce” (Sal 138, 8.12). Anche per noi oggi queste tenebre, nel giorno della risurrezione, sono come luce. È vero: nella solenne veglia di Pasqua le tenebre diventano luce, la notte cede il passo al giorno che non conosce tramonto. La morte e risurrezione del Verbo di Dio incarnato è un evento di amore insuperabile, è la vittoria dell'Amore che ci ha liberati dalla schiavitù del peccato e della morte. Ha cambiato il corso della storia, infondendo un indelebile e rinnovato senso e valore alla vita dell'uomo. “Sono risorto e sono ancora e sempre con te”. Queste parole ci invitano a contemplare Cristo risorto, facendone risuonare nel nostro cuore la voce. Con il suo sacrificio redentore Gesù di Nazareth ci ha resi figli adottivi di Dio, così che ora possiamo inserirci anche noi nel dialogo misterioso tra Lui e il Padre. Ritorna alla mente quanto un giorno Egli ebbe a dire ai suoi ascoltatori: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11,27). In questa prospettiva, avvertiamo che l'affermazione rivolta oggi da Gesù risorto al Padre, - “Sono ancora e sempre con te” - riguarda anche noi, “figli di Dio e coeredi di Cristo, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare alla sua gloria” (cfr Rm 8,17). Grazie alla morte e risurrezione il Signore dice anche a noi: “sono risorto e sono sempre con te”. Entriamo così nella profondità del mistero pasquale. L'evento sorprendente della risurrezione di Gesù è essenzialmente un evento d'amore: amore del Padre che consegna il Figlio per la salvezza del mondo; amore del Figlio che si abbandona al volere del Padre per tutti noi; amore dello Spirito che risuscita Gesù dai morti nel suo corpo trasfigurato. Ed ancora: amore del Padre che “riabbraccia” il Figlio avvolgendolo nella sua gloria; amore del Figlio che con la forza dello Spirito ritorna al Padre rivestito della nostra umanità trasfigurata. Dall'odierna solennità, che ci fa rivivere l'esperienza assoluta e singolare della risurrezione di Gesù, ci viene dunque un appello a convertirci all'Amore; ci viene un invito a vivere rifiutando l'odio e l'egoismo e a seguire docilmente le orme dell'Agnello immolato per la nostra salvezza, a imitare il Redentore “mite e umile di cuore”, che è “ristoro per le nostre anime” (cfr Mt 11,29). Fratelli e sorelle cristiani di ogni parte del mondo, uomini e donne di animo sinceramente aperto alla verità! Che nessuno chiuda il cuore all'onnipotenza di questo amore che redime! Gesù Cristo è morto e risorto per tutti: Egli è la nostra speranza! Oggi, come fece con i suoi discepoli in Galilea prima di tornare al Padre, Gesù risorto invia anche noi dappertutto come testimoni della speranza e ci rassicura: Io sono con voi sempre, tutti i giorni, fino alla fine del mondo (cfr Mt 28,20). Fissando lo sguardo dell'animo nelle piaghe gloriose del suo corpo trasfigurato, possiamo capire il senso e il valore della sofferenza, possiamo lenire le tante ferite che continuano ad insanguinare l'umanità anche ai nostri giorni. Nelle sue piaghe gloriose riconosciamo i segni indelebili della misericordia infinita del Dio di cui parla il profeta: Egli è colui che risana le ferite dei cuori spezzati, che difende i deboli e proclama la libertà degli schiavi, che consola tutti gli afflitti e dispensa loro olio di letizia invece dell'abito da lutto, un canto di lode invece di un cuore mesto (cfr Is 61,1.2.3). Se con umile confidenza ci accostiamo a Lui, incontriamo nel suo sguardo la risposta all'anelito più profondo del nostro cuore: conoscere Dio e stringere con Lui una relazione vitale, che colmi del suo stesso amore la nostra esistenza e le nostre relazioni interpersonali e sociali. Per questo l'umanità ha bisogno di Cristo: in Lui, nostra speranza, “noi siamo stati salvati” (cfr Rm 8,24). Quante volte le relazioni tra persona e persona, tra gruppo e gruppo, tra popolo e popolo, invece che dall'amore, sono segnate dall'egoismo, dall'ingiustizia, dall'odio, dalla violenza! Sono le piaghe dell'umanità, aperte e doloranti in ogni angolo del pianeta, anche se spesso ignorate e talvolta volutamente nascoste; piaghe che straziano anime e corpi di innumerevoli nostri fratelli e sorelle. Queste piaghe attendono di essere lenite e guarite dalle piaghe gloriose del Signore risorto (cfr 1 Pt 2,24-25) e dalla solidarietà di quanti, sulle sue orme e in suo nome, pongono gesti d'amore, si impegnano fattivamente per la giustizia e spargono intorno a sé segni luminosi di speranza nei luoghi insanguinati dai conflitti e dovunque la dignità della persona umana continua ad essere vilipesa e conculcata. L’auspicio è che proprio là si moltiplichino le testimonianze di mitezza e di perdono! Cari fratelli e sorelle, lasciamoci illuminare dalla luce sfolgorante di Cristo; apriamoci con sincera fiducia a Cristo risorto, perché la forza rinnovatrice del Mistero pasquale si manifesti in ciascuno di noi, nelle nostre famiglie, nelle nostre città e nelle nostre Nazioni. Si manifesti in ogni parte del mondo. Come non pensare in questo momento, in particolare, ad alcune regioni africane, quali il Darfur e la Somalia, al martoriato Medioriente, e specialmente alla Terrasanta, all'Iraq, al Libano, e infine al Tibet, regioni per le quali incoraggio la ricerca di soluzioni che salvaguardino il bene e la pace! Invochiamo la pienezza dei doni pasquali, per intercessione di Maria che, dopo aver condiviso le sofferenze della passione e crocifissione del suo Figlio innocente, ha sperimentato anche la gioia inesprimibile della sua risurrezione. Associata alla gloria di Cristo, sia Lei a proteggerci e a guidarci sulla via della fraterna solidarietà e della pace. Sono questi i miei auguri pasquali, che rivolgo a voi qui presenti e agli uomini e alle donne di ogni nazione e continente a noi uniti attraverso la radio e la televisione. Buona Pasqua! [00468-01.02] [Testo originale: Italiano] ● TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE Resurrexi, et adhuc tecum sum. Alleluia ! – Je suis ressuscité, je suis toujours avec toi. Alleluia ! Chers frères et sœurs, Jésus crucifié et ressuscité nous répète aujourd’hui cette joyeuse annonce : l’annonce pascale. Accueillons-la avec un profond émerveillement et avec une grande gratitude ! « Resurrexi et adhuc tecum sum » – « Je suis ressuscité et je suis encore et toujours avec toi ». Ces paroles, tirées d’une ancienne version du psaume 138 (v. 18b), retentissent au commencement de la messe de ce jour. Dans ces paroles, à l’aube de Pâques, l’Église reconnaît la voix même de Jésus qui, ressuscitant de la mort, s’adresse au Père, débordant de bonheur et d’amour, et s’écrie : mon Père, me voici ! Je suis ressuscité, je suis encore avec toi et je le serai pour toujours ; ton Esprit ne m’a jamais abandonné. Nous pouvons ainsi comprendre de façon nouvelle d’autres expressions du psaume : « Je gravis les cieux : tu es là ; je descends chez les morts : te voici. […] Même les ténèbres pour toi ne sont pas ténèbres, et la nuit comme le jour est lumière » (Ps 138, 8.12). C’est vrai : dans la veillée solennelle de Pâques, les ténèbres deviennent lumière, la nuit cède le pas au jour qui ne connaît pas de couchant. La mort et la résurrection du Verbe de Dieu incarné constituent un événement d’amour insurpassable, c’est la victoire de l’Amour qui nous a libérés de l’esclavage du péché et de la mort. Il a changé le cours de l’histoire, donnant à la vie de l’homme un sens indélébile et renouvelé, ainsi que toute sa valeur. « Je suis ressuscité et je suis encore et toujours avec toi ». Ces paroles nous invitent à contempler le Christ ressuscité, en en faisant résonner la voix dans notre cœur. Par son sacrifice rédempteur, Jésus de Nazareth nous a rendus fils adoptifs de Dieu, de sorte que maintenant nous pouvons, nous aussi, nous insérer dans le dialogue mystérieux entre Lui et le Père. Nous avons en mémoire ce qu’un jour il a dit à ses auditeurs : « Tout m’a été confié par mon Père ; personne ne connaît le Fils, sinon le Père, et personne ne connaît le Père, sinon le Fils, et celui à qui le Fils veut le révéler » (Mt 11, 27). Dans cette perspective, nous percevons que l’affirmation adressée aujourd’hui par Jésus ressuscité à son Père – « Je suis encore et toujours avec toi » – nous concerne aussi comme par ricochet, nous, « fils de Dieu, héritiers avec le Christ, si nous souffrons avec lui pour être avec lui dans la gloire » (cf. Rm 8, 17). Grâce à la mort et à la résurrection du Christ, nous aussi aujourd’hui, nous ressuscitons à une vie nouvelle et, unissant notre voix à la sienne, nous proclamons que nous voulons demeurer pour toujours avec Dieu, notre Père infiniment bon et miséricordieux. Nous entrons ainsi dans la profondeur du mystère pascal. L’événement surprenant de la résurrection de Jésus est essentiellement un événement d’amour : amour du Père qui livre son Fils pour le salut du monde ; amour du Fils qui s’abandonne à la volonté du Père pour nous tous ; amour de l’Esprit qui ressuscite Jésus d’entre les morts dans son corps transfiguré. Et encore : amour du Père qui « embrasse de nouveau » le Fils, l’enveloppant dans sa gloire ; amour du Fils qui, par la force de l’Esprit, retourne au Père, revêtu de notre humanité transfigurée. De la solennité d’aujourd’hui, qui nous fait revivre l’expérience absolue et particulière de la résurrection de Jésus, nous vient donc un appel à nous convertir à l’Amour ; nous vient une invitation à vivre en refusant la haine et l’égoïsme, et à suivre docilement les traces de l’Agneau immolé pour notre salut, à imiter le Rédempteur « doux et humble de cœur », qui est «repos pour nos âmes » (cf. Mt 11, 29). Frères et sœurs chrétiens de toutes les parties du monde, hommes et femmes à l’esprit sincèrement ouvert à la vérité ! Que personne ne ferme son cœur à la toute-puissance de cet amour qui rachète ! Jésus Christ est mort et ressuscité pour tous : il est notre espérance ! Espérance véritable pour tout être humain. Aujourd’hui, comme il fit avec ses disciples en Galilée avant de retourner au Père, Jésus ressuscité nous envoie aussi partout comme témoins de son espérance et il nous rassure : Je suis avec vous toujours, tous les jours, jusqu’à la fin du monde (cf. Mt 28, 20). Fixant le regard de notre esprit sur les plaies glorieuses de son corps transfiguré, nous pouvons comprendre le sens et la valeur de la souffrance, nous pouvons soulager les nombreuses blessures qui, de nos jours, continuent encore à ensanglanter l’humanité. Dans ses plaies glorieuses nous reconnaissons les signes indélébiles de la miséricorde infinie du Dieu dont parle le prophète : il est celui qui guérit les blessures des cœurs brisés, qui défend les faibles et qui annonce la liberté aux captifs, qui console tous les affligés et leur dispense une huile de joie au lieu du vêtement de deuil, un chant de louange au lieu d’un cœur triste (cf. Is 61, 1.2.3). Si avec une humble familiarité nous nous approchons de Lui, nous rencontrons dans son regard la réponse à la soif la plus profonde de notre cœur : connaître Dieu et créer avec Lui une relation vitale, dans une authentique communion d’amour qui remplit de son amour même notre existence et nos relations interpersonnelles et sociales. Par conséquent l’humanité a besoin du Christ : en Lui, notre espérance, « nous avons été sauvés » (cf. Rm 8, 24). Que de fois les relations de personne à personne, de groupe à groupe, de peuple à peuple, au lieu d’être marquées par l’amour le sont par l’égoïsme, par l’injustice, par la haine, par la violence ! Ce sont les plaies de l’humanité, ouvertes et douloureuses en tout coin de la planète, même si elles sont souvent ignorées et parfois volontairement cachées ; plaies qui écorchent les âmes et les corps de tant de nos frères et de nos sœurs. Elles attendent d’être soulagées et guéries par les plaies glorieuses du Seigneur ressuscité (cf. 1 P 2, 24-25) et par la solidarité de tous les hommes qui, sur ses pas et en son nom, posent des gestes d’amour, s’engagent concrètement pour la justice et répandent autour d’eux des signes lumineux d’espérance dans les lieux ensanglantés par les conflits et partout où la dignité de la personne humaine continue à être outragée et foulée aux pieds. Il est à souhaiter que là précisément se multiplient les témoignages de douceur et de pardon ! Chers frères et sœurs ! Laissons-nous illuminer par la lumière éclatante de ce Jour solennel ; ouvrons-nous avec une sincère confiance au Christ ressuscité, pour que la force de renouveau du Mystère pascal se manifeste en chacun de nous, dans nos familles, dans nos villes et dans nos Nations. Qu’elle se manifeste en toutes les parties du monde. Comment ne pas penser en ce moment, en particulier, à certaines régions africaines, telles que le Darfour et la Somalie, au Moyen-Orient tourmenté, et spécialement à la Terre Sainte, à l’Irak, au Liban, et enfin au Tibet, régions pour lesquelles j’encourage la recherche de solutions qui sauvegardent le bien et la paix ! Invoquons la plénitude des dons de Pâques, par l’intercession de Marie qui, après avoir partagé les souffrances de la passion et de la crucifixion de son Fils innocent, a aussi fait l’expérience de la joie inexprimable de sa résurrection. Associée à la gloire du Christ, qu’elle nous protège et nous guide sur le chemin de la solidarité fraternelle et de la paix. Tels sont mes vœux de Pâques, que je vous adresse à vous ici présents ainsi qu’aux hommes et aux femmes de toutes les nations et de tous les continents qui nous sont unis par la radio et la télévision. Bonne fête de Pâques ! [00468-03.01] [Texte original: Italien] ● TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE Resurrexi, et adhuc tecum sum. Alleluia! - I have risen, I am still with you. Alleluia! Dear brothers and sisters, Jesus, crucified and risen, repeats this joyful proclamation to us today: the Easter proclamation. Let us welcome it with deep wonder and gratitude! Resurrexi et adhuc tecum sum – I have risen, I am still with you, for ever. These words, taken from an ancient version of Psalm 138 (v. 18b), were sung at the beginning of today’s Mass. In them, at the rising of the Easter sun, the Church recognizes the voice of Jesus himself who, on rising from death, turns to the Father filled with gladness and love, and exclaims: My Father, here I am! I have risen, I am still with you, and so I shall be for ever; your Spirit never abandoned me. In this way we can also come to a new understanding of other passages from the psalm: "If I climb the heavens, you are there; if I descend into the underworld, you are there … Even darkness is not dark for you, and the night is as clear as day; for you, darkness is like light" (Ps 138:8,12). It is true: in the solemn Easter vigil, darkness becomes light, night gives way to the day that knows no sunset. The death and resurrection of the Word of God incarnate is an event of invincible love, it is the victory of that Love which has delivered us from the slavery of sin and death. It has changed the course of history, giving to human life an indestructible and renewed meaning and value. "I have risen and I am still with you, for ever." These words invite us to contemplate the risen Christ, letting his voice resound in our heart. With his redeeming sacrifice, Jesus of Nazareth has made us adopted children of God, so that we too can now take our place in the mysterious dialogue between him and the Father. We are reminded of what he once said to those who were listening: "All things have been delivered to me by my Father; and no one knows the Father except the Son and any one to whom the Son chooses to reveal him" (Mt 11:27). In this perspective, we note that the words addressed by the risen Jesus to the Father on this day – "I am still with you, for ever" – apply indirectly to us as well, "children of God and fellow heirs with Christ, provided we suffer with him in order that we may also be glorified with him" (cf. Rom 8:17). Through the death and resurrection of Christ, we too rise to new life today, and uniting our voice with his, we proclaim that we wish to remain for ever with God, our infinitely good and merciful Father. In this way we enter the depths of the Paschal mystery. The astonishing event of the resurrection of Jesus is essentially an event of love: the Father’s love in handing over his Son for the salvation of the world; the Son’s love in abandoning himself to the Father’s will for us all; the Spirit’s love in raising Jesus from the dead in his transfigured body. And there is more: the Father’s love which "newly embraces" the Son, enfolding him in glory; the Son’s love returning to the Father in the power of the Spirit, robed in our transfigured humanity. From today’s solemnity, in which we relive the absolute, once-and-for-all experience of Jesus’s resurrection, we receive an appeal to be converted to Love; we receive an invitation to live by rejecting hatred and selfishness, and to follow with docility in the footsteps of the Lamb that was slain for our salvation, to imitate the Redeemer who is "gentle and lowly in heart", who is "rest for our souls" (cf. Mt 11:29). Dear Christian brothers and sisters in every part of the world, dear men and women whose spirit is sincerely open to the truth, let no heart be closed to the omnipotence of this redeeming love! Jesus Christ died and rose for all; he is our hope – true hope for every human being. Today, just as he did with his disciples in Galilee before returning to the Father, the risen Jesus now sends us everywhere as witnesses of his hope, and he reassures us: I am with you always, all days, until the end of the world (cf. Mt 28:20). Fixing the gaze of our spirit on the glorious wounds of his transfigured body, we can understand the meaning and value of suffering, we can tend the many wounds that continue to disfigure humanity in our own day. In his glorious wounds we recognize the indestructible signs of the infinite mercy of the God of whom the prophet says: it is he who heals the wounds of broken hearts, who defends the weak and proclaims the freedom of slaves, who consoles all the afflicted and bestows upon them the oil of gladness instead of a mourning robe, a song of praise instead of a sorrowful heart (cf. Is 61:1,2,3). If with humble trust we draw near to him, we encounter in his gaze the response to the deepest longings of our heart: to know God and to establish with him a living relationship in an authentic communion of love, which can fill our lives, our interpersonal and social relations with that same love. For this reason, humanity needs Christ: in him, our hope, "we have been saved" (cf. Rom 8:24). How often relations between individuals, between groups and between peoples are marked not by love but by selfishness, injustice, hatred and violence! These are the scourges of humanity, open and festering in every corner of the planet, although they are often ignored and sometimes deliberately concealed; wounds that torture the souls and bodies of countless of our brothers and sisters. They are waiting to be tended and healed by the glorious wounds of our Risen Lord (cf. 1 Pet 2:24-25) and by the solidarity of people who, following in his footsteps, perform deeds of charity in his name, make an active commitment to justice, and spread luminous signs of hope in areas bloodied by conflict and wherever the dignity of the human person continues to be scorned and trampled. It is hoped that these are precisely the places where gestures of moderation and forgiveness will increase! Dear brothers and sisters! Let us allow the light that streams forth from this solemn day to enlighten us; let us open ourselves in sincere trust to the risen Christ, so that his victory over evil and death may also triumph in each one of us, in our families, in our cities and in our nations. Let it shine forth in every part of the world. In particular, how can we fail to remember certain African regions, such as Dafur and Somalia, the tormented Middle East, especially the Holy Land, Iraq, Lebanon, and finally Tibet, all of whom I encourage to seek solutions that will safeguard peace and the common good! Let us invoke the fullness of his Paschal gifts, through the intercession of Mary who, after sharing the sufferings of the passion and crucifixion of her innocent Son, also experienced the inexpressible joy of his resurrection. Sharing in the glory of Christ, may she be the one to protect us and guide us along the path of fraternal solidarity and peace. These are my Easter greetings, which I address to all who are present here, and to men and women of every nation and continent united with us through radio and television. Happy Easter! [00468-02.01] [Original text: Italian] ● TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA Resurrexi, et adhuc tecum sum. Alleluia! – Ich bin erstanden und bin immer bei dir. Halleluja! Liebe Brüder und Schwestern, der gekreuzigte und auferstandene Jesus ruft uns heute von neuem diese Nachricht der Freude zu: es ist die Osterbotschaft. Nehmen wir sie mit innerem Staunen und mit Dankbarkeit an. Resurrexi et adhuc tecum sum. – „Ich bin erstanden und bin noch und immer bei dir." Diese Worte, die einer alten Version des Psalms 139 [138] (Vers 18b) entnommen sind, erklingen am Beginn der heutigen heiligen Messe. In diesen Worten erkennt die Kirche beim Aufgang der Ostersonne die Stimme Jesu selbst, der bei der Auferstehung vom Tod sich voller glückseliger Liebe an den Vater wendet und ausruft: Mein Vater, hier bin ich! Ich bin erstanden, ich bin noch bei dir und werde es für immer sein; dein Geist hat mich niemals verlassen. So können wir auch andere Aussagen des Psalms in neuer Weise verstehen: „Steige ich hinauf in den Himmel, so bist du dort; bette ich mich in der Unterwelt, bist du zugegen. … Auch die Finsternis wäre für dich nicht finster, die Nacht würde leuchten wie der Tag, die Finsternis wäre wie Licht" (Ps 139 [138], 8.12). Es ist wahr: In der feierlichen Osternacht wird die Finsternis Licht, die Nacht weicht dem Tag, der keinen Untergang kennt. Der Tod und die Auferstehung des menschgewordenen Wortes Gottes sind ein Ereignis unübertrefflicher Liebe, der Sieg der Liebe, die uns von der Knechtschaft der Sünde und des Todes befreit hat. Es hat den Lauf der Geschichte verändert, indem es dem Leben des Menschen einen unauslöschlichen und erneuerten Sinn und Wert eingegossen hat. „Ich bin erstanden und bin noch und immer bei dir." Diese Worte laden uns ein, den auferstandenen Christus zu betrachten, indem wir seine Stimme in unserem Herz widerhallen lassen. Mit seinem Erlösungsopfer hat Jesus von Nazareth uns zu Kindern Gottes gemacht, so daß nun auch wir uns in den geheimnisvollen Dialog zwischen Ihm und dem Vater einbringen können. Es kommt uns wieder in den Sinn, was er eines Tages seinen Zuhörern sagte: „Mir ist von meinem Vater alles übergeben worden; niemand kennt den Sohn, nur der Vater, und niemand kennt den Vater, nur der Sohn und der, dem es der Sohn offenbaren will" (Mt 11, 27). In dieser Sicht merken wir, daß die Aussage, die der auferstandene Jesus heute an den Vater richtet – „Ich bin noch und immer bei dir" –, unwillkürlich auch uns betrifft, die wir „Kinder Gottes sind und Miterben Christi, wenn wir mit ihm leiden, um mit ihm auch verherrlicht zu werden" (vgl. Röm 8, 17). Dank des Todes und der Auferstehung Christi erstehen auch wir heute zu neuem Leben; wir vereinen unsere Stimme mit der seinen und verkünden, immer bei Gott bleiben zu wollen, unserem Vater, der unendlich gut und barmherzig ist. Treten wir so in das Innerste des Ostergeheimnisses ein. Das erstaunliche Ereignis der Auferstehung Jesu ist im wesentlichen ein Ereignis der Liebe: Liebe des Vaters, der den Sohn zum Heil der Welt hingibt; Liebe des Sohnes, der sich dem Willen des Vaters für uns alle überläßt; Liebe des Geistes, der Jesus in seinem verklärten Leib von den Toten erweckt. Und weiter: Liebe des Vaters, der den Sohn „wieder umarmt", indem er ihn in seine Herrlichkeit hüllt; Liebe des Sohnes, der in der Kraft des Geistes mit unserer verklärten Menschengestalt zum Vater zurückkehrt. Vom heutigen Festtag, der uns die unbedingte und einzigartige Erfahrung der Auferstehung Jesu neu erleben läßt, ergeht also an uns ein Aufruf, daß wir uns zu der Liebe bekehren; eine Einladung, den Haß und den Egoismus von uns zu weisen und gelehrig der Spur des Lammes, das zu unserem Heil geopfert wurde, zu folgen, den „gütigen und von Herzen demütigen" Erlöser nachzuahmen, der „Ruhe für unsere Seelen" ist (vgl. Mt 11, 29). Christliche Brüder und Schwestern in allen Teilen der Welt, Männer und Frauen, die wirklich offen sind für die Wahrheit! Niemand möge das Herz vor der Allmacht dieser Liebe verschließen, die erlöst! Jesus Christus ist für alle gestorben und auferstanden: Er ist unsere Hoffnung! Wahre Hoffnung für jeden Menschen. Heute sendet der auferstandene Jesus, wie er es vor seiner Rückkehr zum Vater mit seinen Jünger in Galiläa tat, auch uns als Zeugen seiner Hoffnung überall hin und versichert uns: Ich bin immer bei euch, alle Tage, bis zum Ende der Welt (vgl. Mt 28, 20). Wenn wir im Geiste auf die verherrlichten Wundmale seines verklärten Leibes schauen, können wir den Sinn und den Wert des Leidens verstehen und die vielen Wunden verbinden, die auch in unseren Tagen die Menschheit weiter mit Blut überziehen. In seinen verherrlichten Wundmalen erkennen wir die unauslöschlichen Zeichen der unendlichen Barmherzigkeit Gottes, von der der Prophet spricht: Er ist es, der alle heilt, deren Herzen zerbrochen sind, der die Schwachen verteidigt und den Gefangenen die Freiheit verkündet, der alle Trauernden tröstet und ihnen Freudenöl statt Trauergewand, Jubel statt der Verzweiflung bringt (vgl. Jes 61, 1.2.3). Wenn wir uns Ihm mit demütigem Vertrauen nähern, begegnen wir in seinem Blick der Antwort auf das Verlangen tief in unserem Herzen: Gott zu erkennen und mit Ihm eine lebendige Beziehung in einer echten Gemeinschaft der Liebe zu schließen, die unser Dasein wie auch unsere zwischenmenschlichen und sozialen Beziehungen mit seiner Liebe selbst erfüllt. Darum braucht die Menschheit Christus: in Ihm, unserer Hoffnung, „sind wir gerettet" (vgl. Röm 8, 24). Wie oft aber sind die Beziehungen zwischen Mensch und Mensch, zwischen Gruppe und Gruppe, zwischen Volk und Volk nicht von Liebe, sondern von Egoismus gekennzeichnet, von Ungerechtigkeit, von Haß, von Gewalt! Es sind die Wunden der Menschheit, offen und schmerzend in jedem Winkel des Planeten, wenn auch oft unbeachtet oder zuweilen absichtlich verborgen; Wunden, die die Seelen und Leiber unzähliger unserer Brüder und Schwestern zerreißen. Sie warten darauf, durch die verherrlichten Wundmalen des auferstandenen Herrn verbunden und geheilt zu werden (vgl. 1 Petr 2, 24-25) und durch die Solidarität derer, die auf seinen Spuren und in seinem Namen Werke der Liebe vollbringen, sich tatkräftig für die Gerechtigkeit einsetzen und um sich herum leuchtende Zeichen der Hoffnung verbreiten an den von blutigen Konflikten heimgesuchten Orten und überall dort, wo die Würde der menschlichen Person weiterhin mißachtet und verletzt wird. Mein Wunsch ist, daß genau dort sich die Zeugnisse von Milde und Vergebung vervielfachen! Liebe Brüder und Schwestern, lassen wir uns vom strahlenden Licht dieses Festtages erleuchten; öffnen wir uns in aufrichtigem Vertrauen dem auferstandenen Christus, damit die erneuernde Kraft des Ostergeheimnisses sich auch in einem jeden von uns, in unseren Familien, in unseren Städten und in unseren Nationen zeigt. In allen Teilen der Welt möge sie sichtbar werden. Wie sollte man in diesem Augenblick nicht insbesondere an einige Regionen Afrikas wie Darfur und Somalia, an den gepeinigten Nahen Osten – vor allem an das Heilige Land, an den Irak und den Libanon – und schließlich an Tibet denken; für diese Regionen unterstütze ich die Suche nach Lösungen, die das Wohl und den Frieden schützen! Erflehen wir auf die Fürsprache Mariens, die nach der Teilnahme an den Leiden der Passion und der Kreuzigung ihres unschuldigen Sohnes auch die unaussprechliche Freude seiner Auferstehung erfahren hat, die Fülle der österlichen Gaben. Maria, die in die Herrlichkeit Christi aufgenommen worden ist, möge uns beschützen und auf dem Weg der brüderlichen Solidarität und des Friedens geleiten. Dies sind meine Osterwünsche an euch, die ihr hier zugegen seid, und an die Männer und Frauen jeder Nation und auf jedem Kontinent, die durch Radio und Fernsehen mit uns verbunden sind. Gesegnete, frohe Ostern! [00468-05.01] [Originalsprache: Italienisch] ● TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA Queridos hermanos y hermanas: «Resurrexi, et adhuc tecum sum. Alleluia!». «He resucitado, estoy siempre contigo». ¡Aleluya! Queridos hermanos y hermanas, Jesús, crucificado y resucitado, nos repite hoy este anuncio gozoso: es el anuncio pascual. Acojámoslo con íntimo asombro y gratitud. También bajo la lluvia sigue siendo verdad: el Señor ha resucitado y nos da su alegría. Pidamos que la alegría esté presente entre nosotros incluso en estas circunstancias. «Resurrexi et adhuc tecum sum». «He resucitado y estoy aún y siempre contigo». Estas palabras, tomadas de una antigua traducción latina —la Vulgata— del Salmo 138 (v. 18 b), resuenan al inicio de la santa misa de hoy. En ellas, al surgir el sol de la Pascua —así es, aunque no sea visible—, la Iglesia reconoce la voz misma de Jesús que, resucitando de la muerte, lleno de felicidad y amor, se dirige al Padre y exclama: Padre mío, ¡heme aquí! He resucitado, todavía estoy contigo y lo estaré siempre; tu Espíritu no me ha abandonado nunca. Así también podemos comprender de modo nuevo otras expresiones del Salmo: «Si subo al cielo, allí estás tú, si bajo al abismo, allí te encuentro... Porque ni la tiniebla es oscura para ti; la noche es clara como el día; para ti las tinieblas son como luz» (Sal 138, 8.12). También para nosotros esas tinieblas, en el día de la Resurrección, son como luz. Es verdad: en la solemne Vigilia de Pascua las tinieblas se convierten en luz, la noche cede el paso al día que no conoce ocaso. La muerte y resurrección del Verbo de Dios encarnado es un acontecimiento de amor insuperable, es la victoria del Amor que nos ha librado de la esclavitud del pecado y de la muerte. Ha cambiado el curso de la historia, infundiendo un indeleble y renovado sentido y valor a la vida del hombre. «He resucitado y estoy aún y siempre contigo». Estas palabras nos invitan a contemplar a Cristo resucitado, haciendo resonar su voz en nuestro corazón. Con su sacrificio redentor Jesús de Nazaret nos ha hecho hijos adoptivos de Dios, de modo que ahora podemos insertarnos también nosotros en el diálogo misterioso entre él y el Padre. Viene a la mente lo que dijo un día a sus oyentes: «Todo me lo ha entregado mi Padre, y nadie conoce al Hijo más que el Padre, y nadie conoce al Padre sino el Hijo y aquel a quien el Hijo se lo quiera revelar» (Mt 11, 27). En esta perspectiva, advertimos que la afirmación dirigida hoy por Jesús resucitado al Padre, —«Estoy aún y siempre contigo»— nos concierne también a nosotros, que somos «hijos de Dios y coherederos de Cristo, si realmente participamos en sus sufrimientos para participar en su gloria» (cf. Rm 8, 17). Gracias a la muerte y resurrección el Señor nos dice también a nosotros: he resucitado y estoy siempre contigo. Así entramos en la profundidad del misterio pascual. El acontecimiento sorprendente de la resurrección de Jesús es esencialmente un acontecimiento de amor: amor del Padre que entrega al Hijo para la salvación del mundo; amor del Hijo que se abandona en la voluntad del Padre por todos nosotros; amor del Espíritu que resucita a Jesús de entre los muertos con su cuerpo transfigurado. Y todavía más: amor del Padre que «vuelve a abrazar» al Hijo envolviéndolo en su gloria; amor del Hijo que con la fuerza del Espíritu vuelve al Padre revestido de nuestra humanidad transfigurada. Esta solemnidad, que nos hace revivir la experiencia absoluta y única de la resurrección de Jesús, es un llamamiento a convertirnos al Amor; una invitación a vivir rechazando el odio y el egoísmo, y a seguir dócilmente las huellas del Cordero inmolado por nuestra salvación, a imitar al Redentor «manso y humilde de corazón», que es «descanso para nuestras almas» (cf. Mt 11, 29). Hermanos y hermanas cristianos de todo el mundo, hombres y mujeres de espíritu sinceramente abierto a la verdad: que nadie cierre el corazón a la omnipotencia de este amor redentor. Jesucristo ha muerto y resucitado por todos: ¡Él es nuestra esperanza! Como hizo en Galilea con sus discípulos antes de volver al Padre, Jesús resucitado nos envía hoy también a nosotros a todas partes como testigos de la esperanza y nos garantiza: Yo estoy siempre con vosotros, todos los días, hasta el fin del mundo (cf. Mt 28, 20). Fijando la mirada del alma en las llagas gloriosas de su cuerpo transfigurado, podemos entender el sentido y el valor del sufrimiento, podemos aliviar las múltiples heridas que siguen ensangrentando a la humanidad, también en nuestros días. En sus llagas gloriosas reconocemos los signos indelebles de la misericordia infinita del Dios del que habla el profeta: él es quien cura las heridas de los corazones desgarrados, quien defiende a los débiles y proclama la libertad de los esclavos, quien consuela a todos los afligidos y ofrece su aceite de alegría en lugar del vestido de luto, un canto de alabanza en lugar de un corazón triste (cf. Is 61, 1.2.3). Si nos acercamos a él con humilde confianza, encontraremos en su mirada la respuesta al anhelo más profundo de nuestro corazón: conocer a Dios y entablar con él una relación vital que colme de su mismo amor nuestra existencia y nuestras relaciones interpersonales y sociales. Para esto la humanidad necesita a Cristo: en él, nuestra esperanza, «fuimos salvados» (cf. Rm 8, 24). ¡Cuántas veces las relaciones entre personas, grupos y pueblos, están marcadas por el egoísmo, la injusticia, el odio y la violencia, y no por el amor! Son las llagas de la humanidad, abiertas y dolientes en todos los rincones del planeta, aunque a veces ignoradas e intencionadamente escondidas; llagas que desgarran el alma y el cuerpo de innumerables hermanos y hermanas nuestros. Estas llagas esperan ser aliviadas y curadas por las llagas gloriosas del Señor resucitado (cf. 1 P 2, 24-25) y por la solidaridad de cuantos, siguiendo sus huellas y en su nombre, realizan gestos de amor, se comprometen activamente en favor de la justicia y difunden en su entorno signos luminosos de esperanza en los lugares ensangrentados por los conflictos y dondequiera que la dignidad de la persona humana continúe siendo denigrada y vulnerada. Es de desear que precisamente allí se multipliquen los testimonios de benignidad y de perdón. Queridos hermanos y hermanas, dejémonos iluminar por la luz deslumbrante de Cristo; abrámonos con sincera confianza a Cristo resucitado, para que la fuerza renovadora del Misterio pascual se manifieste en cada uno de nosotros, en nuestras familias, en nuestras ciudades y en nuestras naciones. Que se manifieste en todas las partes del mundo. En este momento, no podemos menos de pensar, de modo particular, en algunas regiones africanas, como Dafur y Somalia, en el martirizado Oriente Próximo, especialmente en Tierra Santa, en Irak, en Líbano y, por último, en Tibet, regiones para las cuales aliento la búsqueda de soluciones que salvaguarden el bien y la paz. Invoquemos la plenitud de los dones pascuales por intercesión de María que, tras compartir los sufrimientos de la pasión y crucifixión de su Hijo inocente, experimentó también la alegría inefable de su resurrección. Que, al estar asociada a la gloria de Cristo, sea ella quien nos proteja y nos guíe por el camino de la solidaridad fraterna y de la paz. Esta es mi felicitación pascual, que transmito a los que estáis aquí presentes y a los hombres y mujeres de todas las naciones y continentes unidos con nosotros a través de la radio y de la televisión. ¡Feliz Pascua! | [00468-04.02] [Texto original: Italiano] ● TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE Resurrexi, et adhuc tecum sum. Alleluia! – Ressuscitei, estou convosco para sempre. Aleluia! Amados irmãos e irmãs, Jesus crucificado e ressuscitado repete-nos hoje este jubiloso anúncio: é o anúncio pascal. Acolhamo-lo com íntimo enlevo e gratidão! «Resurrexi, et adhuc tecum sum – Ressuscitei e estou convosco para sempre». Estas palavras, tiradas de uma antiga versão do Salmo 138 (v. 18b), ressoam ao início da Santa Missa de hoje. Nelas, ao nascer do sol de Páscoa, a Igreja reconhece a própria voz de Jesus que, ao ressurgir da morte, Se dirige ao Pai cheio de felicidade e de amor, exclamando: Meu Pai, eis-Me aqui! Ressuscitei, estou ainda convosco e estarei para sempre; o vosso Espírito nunca Me abandonou. E assim podemos compreender de modo novo ainda outras expressões do Salmo: «Se subir aos céus, lá Vos encontro, / se descer aos infernos, igualmente. /… / Nem sequer as trevas serão bastantes escuras para Vós, / e a noite será clara como o dia; / tanto faz a luz como as trevas» (Sal 138, 8.12). É verdade! Na solene vigília de Páscoa, as trevas tornam-se luz, a noite cede o passo ao dia que não conhece ocaso. A morte e ressurreição do Verbo de Deus encarnado é um acontecimento de amor insuperável, é a vitória do Amor que nos libertou da escravidão do pecado e da morte. Mudou o curso da história, infundindo um indelével e renovado sentido e valor à vida do homem. «Ressuscitei e estou convosco para sempre». Estas palavras convidam-nos a contemplar Cristo ressuscitado, fazendo ressoar no nosso coração a sua voz. Com o seu sacrifício redentor, Jesus de Nazaré tornou-nos filhos adoptivos de Deus, de tal modo que agora também nós podemos inserir-nos no diálogo misterioso entre Ele e o Pai. Assoma à mente aquilo que Ele disse um dia aos seus ouvintes: «Tudo Me foi entregue por meu Pai, e ninguém conhece o Filho senão o Pai, como ninguém conhece o Pai senão o Filho e aquele a quem o Filho O quiser revelar» (Mt 11, 27). Nesta perspectiva, sentimos que a afirmação dirigida hoje por Jesus ressuscitado ao Pai – «Estou convosco para sempre» – como que por reflexo diz respeito também a nós, «filhos de Deus e co-herdeiros de Cristo, se sofremos com Ele para sermos também glorificados com Ele» (cf. Rom 8, 17). Graças à morte e ressurreição de Cristo, também nós hoje ressurgimos para uma vida nova e, unindo a nossa voz à d’Ele, proclamamos que queremos ficar para sempre com Deus, nosso Pai infinitamente bom e misericordioso. Deste modo entramos na profundidade do mistério pascal. O facto surpreendente da ressurreição de Jesus é, essencialmente, um acontecimento de amor: amor do Pai que entrega o Filho pela salvação do mundo; amor do Filho que, por todos nós, Se abandona à vontade do Pai; amor do Espírito que ressuscita Jesus dentre os mortos com o seu corpo transfigurado. E ainda: amor do Pai que «abraça de novo» o Filho, envolvendo-O na sua glória; amor do Filho que, pela força do Espírito, volta ao Pai revestido da nossa humanidade transfigurada. E assim, da solenidade de hoje que nos faz reviver a experiência absoluta e singular da ressurreição de Jesus, vem um apelo para nos convertermos ao Amor; vem um convite para vivermos recusando o ódio e o egoísmo e seguirmos docilmente as pegadas do Cordeiro imolado pela nossa salvação, imitando o Redentor «manso e humilde de coração», que é «alívio para as nossas almas» (cf. Mt 11, 29). Irmãos e irmãs cristãos de todas as partes do mundo, homens e mulheres de ânimo sinceramente aberto à verdade! Que ninguém feche o coração à omnipotência deste amor que redime! Jesus Cristo morreu e ressuscitou por todos: Ele é a nossa esperança! Esperança verdadeira para todo o ser humano. Hoje, como fez outrora com os seus discípulos na Galileia antes de voltar para o Pai, Jesus ressuscitado envia-nos também por toda a terra como testemunhas da sua esperança e assegura-nos: Eu estarei sempre convosco até ao fim do mundo (cf. Mt 28, 20). Fixando o olhar da alma nas chagas gloriosas do seu corpo transfigurado, podemos compreender o sentido e o valor do sofrimento, podemos suavizar as muitas feridas que continuam a ensanguentar a humanidade ainda em nossos dias. Nas suas chagas gloriosas, reconhecemos os sinais indeléveis da misericórdia infinita de Deus, de que fala o profeta: Jesus é Aquele que cura as feridas dos corações despedaçados, que defende os fracos e proclama a liberdade dos escravos, que consola todos os aflitos e concede-lhes o óleo da alegria em vez do hábito de luto, um cântico de louvor em vez de um coração triste (cf. Is 61,1.2.3). Se nos abeiramos d’Ele com humilde confiança, encontramos no seu olhar a resposta ao anseio mais profundo do nosso coração: conhecer Deus e contrair com Ele uma relação vital numa autêntica comunhão de amor, que encha do seu próprio amor a nossa existência e as nossas relações interpessoais e sociais. Para isso, a humanidade precisa de Cristo: N’Ele, nossa esperança, «fomos salvos» (cf. Rom 8, 24). Quantas vezes as relações entre pessoa e pessoa, entre grupo e grupo, entre povo e povo, em vez de amor, são marcadas pelo egoísmo, pela injustiça, pelo ódio, pela violência! São as pragas de humanidade, abertas e dolorosas em todo canto do planeta, mesmo se, frequentemente, ignoradas e, às vezes, ocultadas de propósito; chagas que dilaceram almas e corpos de numerosos dos nossos irmãos e irmãs. Elas esperam ser sanadas e curadas pelas chagas gloriosas do Senhor ressuscitado (cf. 1Pd 2,24-25) e pela solidariedade dos que, sobre o seu rasto e em seu nome, põem gestos de amor, empenhando-se com factos em prol da justiça e difundem em volta de si sinais luminosos de esperança nos lugares ensanguentados pelos conflitos e sempre onde a dignidade da pessoa humana continua a ser desprezada e espezinhada . O auspício é que precisamente ali se multipliquem os testemunhos de mansidão e de perdão. Amados irmãos e irmãs! Deixemo-nos iluminar pela luz fulgurante deste Dia solene; com sincera confiança abramo-nos a Cristo ressuscitado, para que a sua vitória sobre o mal e sobre a morte triunfe também em cada um de nós, nas nossas famílias, nas nossas cidades e nas nossas Nações. Se manifeste no mundo inteiro. Como não pensar neste momento, de modo particular, em algumas regiões africanas, tais como o Darfur e a Somália; no atormentado Oriente Médio, especialmente na Terra Santa, no Iraque, no Líbano, em enfim no Tibete, regiões para as quais faço votos por que se encontrem soluções que salvaguardem o bem e a paz! Imploremos a plenitude dos dons pascais, por intercessão de Maria que, depois de ter compartilhado os sofrimentos da paixão e crucifixão do seu Filho inocente, também experimentou a alegria inefável da sua ressurreição. Associada à glória de Cristo, seja Ela a proteger-nos e a guiar-nos pelo caminho da solidariedade fraterna e da paz. São estes os votos pascais que formulo para vós aqui presentes e para os homens e mulheres de todas as nações e continentes que estão unidos connosco através da rádio e da televisão. Uma Páscoa feliz! [00468-06.01] [Texto original: Italiano] ● TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA "Resurrexi, et adhuc tecum sum. Alleluja!" – Zmartwychwstałem i zawsze jestem z Tobą. Alleluja! Drodzy Bracia i Siostry, Jezus umarły i zmartwychwstały powtarza nam dzisiaj tę radosną nowinę: to nowina paschalna. Przyjmijmy ją z głębokim zdumieniem i wdzięcznością! „Resurrexi et adhuc tecum sum – Zmartwychwstałem i zawsze jestem z Tobą". Słowa te, zaczerpnięte z dawnej wersji Psalmu 139 (wiersz 18b) brzmią na początku Mszy św. w dzisiejszym dniu. W Wielkanoc, o wschodzie słońca, Kościół rozpoznaje głos samego Jezusa, który powstając ze śmierci zwraca się do Ojca pełnego szczęścia i miłości, i woła: „Ojcze mój, oto jestem! Zmartwychwstałem, nadal jestem z Tobą i będę zawsze; Twój Duch nigdy mnie nie opuścił". W ten nowy sposób możemy rozumieć również inne frazy Psalmu: „Gdy wstąpię do nieba, tam jesteś; jesteś przy mnie, gdy się w Szeolu położę. (...) Nawet ciemność nie będzie ciemna dla Ciebie, a noc jak dzień zajaśnieje, mrok jest dla Ciebie jak światło" (139, 8.12). Prawdziwie podczas uroczystej wigilii paschalnej ciemności stają się światłem, noc ustępuje dniowi, który nie zna zachodu. Śmierć i zmartwychwstanie wcielonego Słowa Bożego jest dziełem niezrównanej miłości, jest zwycięstwem Miłości, która uwolniła nas z niewoli grzechu i śmierci. Odmieniła bieg historii, nadając ludzkiemu życiu niezbywalny i odnowiony sens oraz wartość. „Zmartwychwstałem i jestem nadal i zawsze z Tobą". Te słowa zachęcają nas do kontemplacji zmartwychwstałego Chrystusa i pozwalają, aby w głębi naszych serc zabrzmiał Jego głos. Przez swoją odkupieńczą ofiarę Jezus z Nazaretu uczynił nas przybranymi dziećmi Boga, tak że teraz my również możemy włączyć się w tajemniczy dialog pomiędzy Nim i Ojcem. Przychodzi na myśl to, co pewnego dnia powiedział do swoich słuchaczy: „Wszystko przekazał Mi Ojciec mój. Nikt też nie zna Syna, tylko Ojciec, ani Ojca nikt nie zna, tylko Syn i ten, komu Syn zechce objawić" (Mt 11, 27). W tej perspektywie rozumiemy, że stwierdzenie, jakie zmartwychwstały Jezus kieruje do Ojca – „jestem nadal i zawsze z Tobą" – jakby przez podobieństwo odnosi się również do nas, „dzieci Boga i współdziedziców Chrystusa, skoro wspólnie z Nim cierpimy, po to by wspólnie z Nim mieć udział w chwale" (por. Rz 8, 17). Dzięki śmierci i zmartwychwstaniu Chrystusa my również zmartwychwstajemy dziś do nowego życia i jednocząc nasz głos z Jego głosem wieścimy, że chcemy pozostawać zawsze z Bogiem, naszym nieskończenie dobrym i miłosiernym Ojcem. Wchodzimy w ten sposób w głębie misterium paschalnego. Zaskakujące wydarzenie zmartwychwstania Jezusa w istocie jest wydarzeniem miłości: miłości Ojca, który oddaje Syna za zbawienie świata; miłości Syna, który z woli Ojca oddaje się za nas wszystkich; miłości Ducha, która wyprowadza Jezusa spośród umarłych w Jego przemienionym ciele. I jeszcze: jest to wydarzenie miłości Ojca, który „na nowo przyjmuje Syna w ramiona", otaczając Go swoją chwałą; miłości Syna, który w mocy Ducha powraca do Ojca odziany w nasze przemienione człowieczeństwo. Dzisiejsza uroczystość, która pozwala nam na nowo przeżyć absolutne i wyjątkowe doświadczenie zmartwychwstania, przynosi wezwanie do nawrócenia ku Miłości; przynosi zaproszenie, by żyć odrzucając nienawiść i egoizm i by z łagodnością postępować śladami Baranka ofiarowanego dla naszego zbawienia; by naśladować Zbawiciela „cichego i pokornego serca", który jest „ukojeniem dla dusz naszych" (por. Mt 11, 29). Bracia i siostry, chrześcijanie w każdej części świata, mężczyźni i kobiety uczciwie otwarci na prawdę! Niech nikt nie zamyka serca na wszechmoc miłości, która zbawia! Jezus Chrystus umarł i zmartwychwstał za wszystkich: On jest naszą nadzieją! Prawdziwą nadzieją dla każdej istoty ludzkiej. Dziś, tak jak to uczynił ze swoimi uczniami w Galilei zanim powrócił do Ojca, zmartwychwstały Jezus rozsyła we wszystkie strony także nas jako świadków Jego nadziei i zapewnia nas: „Ja jestem z wami przez wszystkie dni, aż do skończenia świata" (Mt 28, 20). Wpatrując się oczyma duszy we chwalebne rany Jego przemienionego ciała możemy zrozumieć sens i wartość cierpienia, możemy ukoić wiele ran ludzkości, jakie wciąż krwawią w naszych dniach. W Jego chwalebnych ranach rozpoznajemy niezatarte znaki nieskończonego miłosierdzia Boga, o którym mówi prorok: On jest tym, który opatruje rany serc złamanych, który broni słabych i zapowiada wyzwolenie jeńcom, który pociesza wszystkich zasmuconych i daje olejek radości zamiast szaty smutku, pieśń chwały zamiast przygnębienia na duchu (por. Iz 61, 1.2.3). Jeżeli zbliżamy się do Niego z pokorną ufnością, w Jego spojrzeniu znajdujemy odpowiedź na najgłębsze pragnienie naszego serca: znać Boga i nawiązać z Nim żywotny kontakt, który napełni Jego miłością naszą egzystencję i nasze relacje osobowe i społeczne. To dlatego ludzkość potrzebuje Chrystusa: w Nim, naszej nadziei, „jesteśmy zbawieni" (por. Rz 8, 24). Jakże często relacje pomiędzy osobami, pomiędzy grupami, pomiędzy ludami, naznaczone są nie miłością, ale egoizmem, niesprawiedliwością, nienawiścią, przemocą! Są to rany ludzkości, otwarte i bolesne w każdym zakątku świata, choć często zapoznane a czasami świadomie skrywane; rany, które rozdzierają dusze i ciała niezliczonych naszych braci i sióstr. Oczekują na ukojenie i uleczenie przez chwalebne rany zmartwychwstałego Pana (por. 1P 2, 24-25) i przez solidarność tych, którzy naśladując Go, w Jego imię pełnią dzieła miłości, angażują się czynnie na rzecz sprawiedliwości i rozsiewają wokół siebie świetlane znaki nadziei w miejscach krwawych konfliktów i wszędzie tam, gdzie godność osoby ludzkiej jest wciąż lekceważona i gwałcona. Trzeba sobie życzyć, aby właśnie tam mnożyły się świadectwa łagodności i przebaczenia. Drodzy bracia i siostry, pozwólmy się oświecić jaśniejącemu blaskowi tego uroczystego dnia; otwórzmy się ze szczerą ufnością na Chrystusa zmartwychwstałego, aby odnawiająca moc tajemnicy paschalnej objawiła się w każdym z nas, w naszych rodzinach, w naszych miastach i w naszych narodach. Niech się objawi w całym świecie. Jakże w tym momencie nie myśleć w szczególności o niektórych regionach Afryki, jak Darfur i Somalia, o umęczonym Bliskim Wschodzie, a zwłaszcza o Ziemi Świętej, o Iraku, o Libanie, a w końcu o Tybecie. Zachęcam do poszukiwania dla tych regionów rozwiązań, które stoją na straży dobra i pokoju. O pełnię paschalnych darów prośmy przez wstawiennictwo Maryi, która – po tym, jak dzieliła cierpienia męki i śmierci swego niewinnego Syna – doświadczyła również niewyrażalnej radości Jego zmartwychwstania. Zjednoczona w chwale z Chrystusem niech nas strzeże i prowadzi na drodze bratniej solidarności i pokoju. Oto moje wielkanocne życzenia, które kieruję do was tu obecnych i do mężczyzn i kobiet w każdym narodzie, na wszystkich kontynentach, którzy jednoczą się z nami poprzez radio i telewizję. Dobrych świąt! [00468-09.01] [Testo originale: Italiano] [B0203-XX.02]
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