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SANTA MESSA CELEBRATA DAL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO TARCISIO BERTONE NELLA NUOVA CHIESA CATTOLICA DI BAKU (AZERBAIGIAN) - 09 MARZO 2008, 09.03.2008


SANTA MESSA CELEBRATA DAL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO TARCISIO BERTONE NELLA NUOVA CHIESA CATTOLICA DI BAKU (AZERBAIGIAN) - 09 MARZO 2008

Questa mattina, il Segretario di Stato di Sua Santità, l’Em.mo Card. Tarcisio Bertone ha presieduto la Celebrazione Eucaristica nella nuova chiesa cattolica di Baku, in Azerbaigian.
Di seguito pubblichiamo il testo dell’omelia che il Porporato ha tenuto nel corso della Santa Messa:

● OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Fratelli e sorelle carissimi,

"anch’io sono stato conquistato da Cristo". Con queste parole l’apostolo Paolo sintetizza la storia della sua vita. Veramente un "conquistato", lui che aveva perseguitato la Chiesa. Eppure Cristo lo raggiunge, all’improvviso, come una folgore. Da quel momento stare con Cristo diventerà per Paolo non solo una scelta personale, ma una necessità. Non potrà più vivere senza di Lui. Egli scrive: questo perché io possa conoscere Cristo, la potenza della sua risurrezione, la partecipazione alle sue sofferenze, e gli diventi conforme nella morte, con la speranza di giungere alla risurrezione dai morti. Il resto, non conta più nulla. Anche il passato, la propria storia, la propria appartenenza, le care e amate tradizioni. Se tutto questo lo separa da Cristo, non vale più niente. Afferma ancora: "Tutto io reputo una perdita di fronte alla sublimità della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale ho lasciato perdere tutte queste cose e le considero come spazzatura, al fine di guadagnare Cristo". Eppure la sua vita di fariseo, la sua appartenenza a un popolo, a una famiglia, il gusto delle origini, tutto questo rimane dolce al palato di Paolo. Ma è come la piccola luce di una candela di fronte al sole, che è Cristo. Gli capita proprio quanto era stato annunciato dal profeta Isaia: "Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova: proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?".

Queste parole sono rivolte oggi a noi, cari fratelli e sorelle della comunità cattolica di Baku: incontrare Cristo, stare con Lui, amarlo come Signore e Maestro, come Redentore della nostra vita, è essere cristiani. Senza di Lui, la nostra fede sarebbe un castello di sabbia, una serie di precetti e di regole che non convertono il cuore. Cristo ci chiede di lasciarci conquistare da Lui, dal suo amore.

Questo amore ha un nome speciale. Per noi cristiani si identifica con la natura stessa di Dio: misericordia. Noi siamo dei perdonati perché Dio ci ama. Non importa quanto grande sia il nostro peccato, perché l’amore di Dio è più grande del nostro peccato. Guardate la donna del Vangelo: aveva compiuto un grave peccato, e si decide di lapidarla, secondo la legge mosaica. Ma prima si vuol mettere alla prova Gesù: "Cosa dirà?", si chiedono i presenti, "oserà negare la legge di Dio?". La risposta di Gesù non è sullo stesso piano. Egli non discute di teorie e neppure nega la legittimità della norma. Invita ciascuno a guardare dentro di sé, per vedere se anch’egli non sia come quella donna, un peccatore, un traditore dell’amore di Dio. Gli astanti comprendono e lasciano cadere il sasso che stavano per lanciare contro la donna. Se ne vanno tutti, uno dopo l’altro. La donna resta sola. E a lei Gesù svela il volto del Padre. "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?". "Nessuno, Signore". "Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più". Come è forte quell’"io"! "Neanch’io ti condanno!". Questo "io" è Dio, la sua voce, il suo cuore.

I veri cristiani, i santi sono persone che si sono sentite infinitamente amate e perdonate dal Signore. La loro vita esemplare, tutto l’amore che hanno seminato, nasce da questo: dall’amore infinito ricevuto da Dio.

Fratelli e sorelle, non è facile per voi seguire Cristo. Non è facile per nessuno. Vi possono essere resistenze di mentalità, di ambiente, di pressione sociale. Vi possono essere vecchie abitudini interiori, che faticano a lasciarsi convertire e ci fanno ricadere in stili di vita che Dio non può accettare. Si può sentire intorno il rifiuto della gente, il senso della nostra piccolezza, perché siamo un gruppo esiguo fra tanti che sono diversi da noi. Tutto questo senza Gesù Cristo pare insopportabile e spesso le nostre forze vengono meno. Ma ecco il segreto per non cedere alla tentazione: vivere con Gesù, vivere di Gesù, lasciarsi amare e perdonare da Lui. Sentire che ogni giornata è come una creazione nuova fatta per noi, perché Lui ci ama. Il resto conta poco. San Paolo dice che vale come spazzatura.

Sostenuti dalla forza di Dio possiamo resistere al male, vincere il male. Ed allora ecco la seconda parte: "Va’ e non peccare più". Occorre che si veda che siamo persone nuove, persone rinnovate dall’interno. Non basta dire: "Sono cristiano". Dico questo in particolare a voi, cari giovani, oggi così numerosi. Voi costituite un motivo speciale di consolazione e di speranza per la Chiesa. La coerenza della vostra vita cristiana richiede un grande allenamento per far morire quello che san Paolo chiama "l’uomo vecchio" che è in noi. Non vi accada che, dopo aver accolto il Signore Gesù nei suoi sacramenti, torniate alla vita di prima. In questo caso non lasciate solo un piccolo gruppo, ma Gesù Cristo. Sarebbe un dolore grande per Lui, che ha dato la sua vita per voi morendo sulla croce. Fate esperienza di Lui, conosceteLo intimamente. SeguiteLo con una vita in cui il cambiamento del cuore si manifesti in azioni concrete. Mostrate un distacco dalla sete di guadagno, un amore generoso e non egoista o possessivo per gli altri, una fedeltà nei rapporti, soprattutto nella vita familiare, un rispetto tra i coniugi e dei genitori per i figli. Siate onesti nel lavoro. Non abbiate paura della vostra fragilità! Badate solo di non staccarvi mai da Cristo, di non lasciare la casa dove Egli vi ha accolti.

La chiesa che abbiamo inaugurato è il simbolo di questa casa dove Gesù ogni giorno vi accoglie. Per la costruzione di questo bellissimo edificio voglio esprimere un ringraziamento sincero a nome del Papa Benedetto XVI a quanti vi hanno operato. Dall’architetto Paolo Ruggiero che l’ha progettata, alla Ditta che l’ha realizzata. A Mons. Peter Fidermak che ne ha seguito con pazienza umile e competente i lavori e a tutti gli operai. Questa chiesa, che il Papa ha donato, è il luogo dove i sacerdoti vi attendono. Qui vi donano Dio e la sua misericordia, soprattutto nel sacramento della Confessione. Ma questa casa siete prima di tutto voi. La Chiesa è il Corpo di Cristo, di cui ciascuno di voi è una pietra. Siate tutti e ciascuno pietre belle, levigate, che poggiano sulla pietra angolare che è Cristo.

Abbiamo inaugurato questo tempio, segno della presenza, umile e modesta ma bellissima, di Cristo nella città degli uomini. Chiesa Cattolica di Azerbaigian, questo tempio sia il segno della vostra presenza e unità. Sono venuto da Roma, mandato dal Papa, per mostrarvi quanto siete importanti per l’intera Chiesa Cattolica.

La presenza poi, con noi, del caro e venerato fratello, il Vescovo Aleksandr, conferisce a questa chiesa una bellezza speciale. Ci parla di una tradizione cristiana grande e importante, con tanti santi. Di una storia gloriosa di cultura e di martirio. La sua presenza significa il dono di tutto questo alla nostra comunità. La fraternità nello stesso Signore ci aiuta infatti ad aprire i nostri cuori. Ci impedisce di rinchiuderci in un piccolo spazio, magari gradevole perché così diverso dal mondo circostante. Ci parla di altre tradizioni, di altri modi di cantare le lodi di Dio, anch’essi bellissimi. Tutti ispirati dalla stessa fede, dallo stesso amore e dalla stessa esperienza di essere stati perdonati da Dio. Eccellenza, il Santo Padre La ringrazia per l’affetto con cui segue da sempre la nostra comunità. Le domanda di portare il suo saluto benedicente ai suoi fedeli. Il Papa li tiene nel cuore e li presenta a Dio nella sua preghiera.

E così pure voi, cari fratelli Vescovi o rappresentanti di altre comunità cattoliche. Grazie di questa presenza, che ci fa sentire, anche visibilmente, la coralità, l’universalità della Chiesa e la comunione nell’unico Signore. Grazie per questo gesto così significativo.

Cari confratelli, figli di don Bosco, non posso non rivolgermi infine a voi. Voi sapete come mi tocchi profondamente essere qui tra voi per dirvi il ringraziamento della Chiesa. Ho sentito testimonianze commoventi della vostra disponibilità verso la gente. So che il vostro cuore è aperto soprattutto ai poveri e ai giovani. "Tutto quello che avrete fatto ad uno solo di questi piccoli" l’avrete fatto al Signore, ci ricorda costantemente il Vangelo. Grazie alla Slovacchia, che vi ha generato alla fede. Grazie alla vostra Ispettoria, che vi ha messi a disposizione così numerosi per questo servizio. Grazie del gran bene che fate. Non ci saranno tante occasioni per dirvelo pubblicamente. Oggi il Signore ci offre questa opportunità. La Chiesa, il Papa vi dicono grazie, perché è difficile abbandonare la propria terra ed imparare ad amare culture diverse. Ma questa è la vocazione del cristiano ed ancor più delle persone chiamate alla perfezione evangelica. L’apostolo san Bartolomeo, il beato Vescovo Andrea, martire ucraino della fede nella persecuzione comunista, vi proteggano dal cielo. Su questo altare avete collocato le loro reliquie. Vi siano sempre vicini San Giovanni Bosco, Madre Mazzarello, San Domenico Savio, i santi della nostra Famiglia Salesiana. Vi protegga ed assista soprattutto Maria, Madre della Chiesa. A Lei affido quanti si preparano a ricevere il Battesimo nella Pasqua ormai vicina. Ad essi Papa Benedetto invia un saluto tutto speciale. Assicura la sua preghiera, perché possano seguire sempre docilmente Gesù, che ha dato la vita per la salvezza del mondo.

[00390-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0171-XX.01]