Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA XLV GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI, 22.02.2008


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA XLV GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA

Il 13 aprile 2008, IV Domenica di Pasqua, si celebra la 45ma Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni sul tema: "Le vocazioni al servizio della Chiesa-missione".

Pubblichiamo di seguito il Messaggio che il Santo Padre Benedetto XVI invia per l’occasione ai Vescovi ed ai fedeli di tutto il mondo:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

Cari fratelli e sorelle!

1. Per la Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, che sarà celebrata il 13 aprile 2008, ho scelto il tema: Le vocazioni al servizio della Chiesa-missione. Agli Apostoli Gesù risorto affidò il mandato: "Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo" (Mt 28,19), assicurando: "Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). La Chiesa è missionaria nel suo insieme e in ogni suo membro. Se in forza dei sacramenti del Battesimo e della Confermazione ogni cristiano è chiamato a testimoniare e ad annunciare il Vangelo, la dimensione missionaria è specialmente e intimamente legata alla vocazione sacerdotale. Nell’alleanza con Israele, Dio affidò a uomini prescelti, chiamati da Lui ed inviati al popolo in suo nome, la missione di essere profeti e sacerdoti. Così fece, ad esempio, con Mosè: "Ora va’! - gli disse Jahvé - Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo ... quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto, servirete Dio su questo monte" (Es 3,10.12). Ugualmente avvenne con i profeti.

2. Le promesse fatte ai padri si realizzarono appieno in Gesù Cristo. Afferma in proposito il Concilio Vaticano II: "È venuto quindi il Figlio, mandato dal Padre, il quale in Lui prima della fondazione del mondo ci ha eletti e ci ha predestinati ad essere adottati come figli ... Perciò Cristo, per adempiere la volontà del Padre, ha inaugurato in terra il regno dei cieli e ce ne ha rivelato il mistero, e con la sua obbedienza ha operato la redenzione" (Cost. dogm. Lumen gentium, 3). E Gesù si scelse, come stretti collaboratori nel ministero messianico, dei discepoli già nella vita pubblica, durante la predicazione in Galilea. Ad esempio, in occasione della moltiplicazione dei pani, quando disse agli Apostoli: "Date loro voi stessi da mangiare" (Mt 14,16), stimolandoli così a farsi carico del bisogno delle folle, a cui voleva offrire il cibo per sfamarsi, ma anche rivelare il cibo "che dura per la vita eterna" (Gv 6,27). Era mosso a compassione verso la gente, perché mentre percorreva le città ed i villaggi, incontrava folle stanche e sfinite, "come pecore senza pastore" (cfr Mt 9,36). Da questo sguardo di amore sgorgava il suo invito ai discepoli: "Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe" (Mt 9,38), e inviò i Dodici prima "alle pecore perdute della casa d’Israele", con precise istruzioni. Se ci soffermiamo a meditare questa pagina del Vangelo di Matteo, che viene solitamente chiamata "discorso missionario", notiamo tutti quegli aspetti che caratterizzano l’attività missionaria di una comunità cristiana, che voglia restare fedele all’esempio e all’insegnamento di Gesù. Corrispondere alla chiamata del Signore comporta affrontare con prudenza e semplicità ogni pericolo e persino le persecuzioni, giacché "un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone" (Mt 10,24). Diventati una cosa sola con il Maestro, i discepoli non sono più soli ad annunciare il Regno dei cieli, ma è lo stesso Gesù ad agire in essi: "Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato" (Mt 10,40). Ed inoltre, come veri testimoni, "rivestiti di potenza dall’alto" (Lc 24,49), essi predicano "la conversione e il perdono dei peccati" (Lc 24,47) a tutte le genti.

3. Proprio perché inviati dal Signore, i Dodici prendono il nome di "apostoli", destinati a percorrere le vie del mondo annunciando il Vangelo come testimoni della morte e risurrezione di Cristo. Scrive san Paolo ai cristiani di Corinto: "Noi – cioè gli Apostoli – predichiamo Cristo crocifisso" (1 Cor 1,23). Il Libro degli Atti degli Apostoli attribuisce un ruolo molto importante, in questo processo di evangelizzazione, anche ad altri discepoli, la cui vocazione missionaria scaturisce da circostanze provvidenziali, talvolta dolorose, come l’espulsione dalla propria terra in quanto seguaci di Gesù (cfr 8,1-4). Lo Spirito Santo permette di trasformare questa prova in occasione di grazia, e di trarne spunto perché il nome del Signore sia annunciato ad altre genti e si allarghi in tal modo il cerchio della Comunità cristiana. Si tratta di uomini e donne che, come scrive Luca nel Libro degli Atti, "hanno votato la loro vita al nome del Signore nostro Gesù Cristo" (15,26). Primo tra tutti, chiamato dal Signore stesso sì da essere un vero Apostolo, è senza dubbio Paolo di Tarso. La storia di Paolo, il più grande missionario di tutti i tempi, fa emergere, sotto molti punti di vista, quale sia il nesso tra vocazione e missione. Accusato dai suoi avversari di non essere autorizzato all’apostolato, egli fa appello ripetutamente proprio alla vocazione ricevuta direttamente dal Signore (cfr Rm 1,1; Gal 1,11-12.15-17).

4. All’inizio, come in seguito, a "spingere" gli Apostoli (cfr 2 Cor 5,14) è sempre "l’amore di Cristo". Quali fedeli servitori della Chiesa, docili all’azione dello Spirito Santo, innumerevoli missionari, nel corso dei secoli, hanno seguito le orme dei primi discepoli. Osserva il Concilio Vaticano II: "Benché l'impegno di diffondere la fede cada su qualsiasi discepolo di Cristo in proporzione delle sue possibilità, Cristo Signore chiama sempre dalla moltitudine dei suoi discepoli quelli che egli vuole, perché siano con lui e per inviarli a predicare alle genti (cfr Mc 3,13-15)" (Decr. Ad gentes, 23). L’amore di Cristo, infatti, va comunicato ai fratelli con gli esempi e le parole; con tutta la vita. "La vocazione speciale dei missionari ad vitam – ebbe a scrivere il mio venerato Predecessore Giovanni Paolo II - conserva tutta la sua validità: essa rappresenta il paradigma dell'impegno missionario della Chiesa, che ha sempre bisogno di donazioni radicali e totali, di impulsi nuovi e arditi" (Enc. Redemptoris missio, 66).

5. Tra le persone che si dedicano totalmente al servizio del Vangelo vi sono in particolar modo sacerdoti chiamati a dispensare la Parola di Dio, amministrare i sacramenti, specialmente l’Eucaristia e la Riconciliazione, votati al servizio dei più piccoli, dei malati, dei sofferenti, dei poveri e di quanti attraversano momenti difficili in regioni della terra dove vi sono, talora, moltitudini che ancora oggi non hanno avuto un vero incontro con Gesù Cristo. Ad esse i missionari recano il primo annuncio del suo amore redentivo. Le statistiche testimoniano che il numero dei battezzati aumenta ogni anno grazie all’azione pastorale di questi sacerdoti, interamente consacrati alla salvezza dei fratelli. In questo contesto, speciale riconoscenza va data "ai presbiteri fidei donum, che con competenza e generosa dedizione edificano la comunità annunciandole la Parola di Dio e spezzando il Pane della vita, senza risparmiare energie nel servizio alla missione della Chiesa. Occorre ringraziare Dio per i tanti sacerdoti che hanno sofferto fino al sacrificio della vita per servire Cristo … Si tratta di testimonianze commoventi che possono ispirare tanti giovani a seguire a loro volta Cristo e a spendere la loro vita per gli altri, trovando proprio così la vita vera" (Esort. ap. Sacramentum caritatis, 26). Attraverso i suoi sacerdoti, Gesù dunque si rende presente fra gli uomini di oggi, sino agli angoli più remoti della terra.

6. Da sempre nella Chiesa ci sono poi non pochi uomini e donne che, mossi dall'azione dello Spirito Santo, scelgono di vivere il Vangelo in modo radicale, professando i voti di castità, povertà ed obbedienza. Questa schiera di religiosi e di religiose, appartenenti a innumerevoli Istituti di vita contemplativa ed attiva, ha "tuttora una parte importantissima nell’evangelizzazione del mondo" (Decr. Ad gentes, 40). Con la loro preghiera continua e comunitaria, i religiosi di vita contemplativa intercedono incessantemente per tutta l’umanità; quelli di vita attiva, con la loro multiforme azione caritativa, recano a tutti la testimonianza viva dell’amore e della misericordia di Dio. Quanto a questi apostoli del nostro tempo, il Servo di Dio Paolo VI ebbe a dire: "Grazie alla loro consacrazione religiosa, essi sono per eccellenza volontari e liberi per lasciare tutto e per andare ad annunziare il Vangelo fino ai confini del mondo. Essi sono intraprendenti, e il loro apostolato è spesso contrassegnato da una originalità, una genialità che costringono all’ammirazione. Sono generosi: li si trova spesso agli avamposti della missione, ed assumono i più grandi rischi per la loro salute e per la loro stessa vita. Sì, veramente, la Chiesa deve molto a loro" (Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 69).

7. Inoltre, perché la Chiesa possa continuare a svolgere la missione affidatale da Cristo e non manchino gli evangelizzatori di cui il mondo ha bisogno, è necessario che nelle comunità cristiane non venga mai meno una costante educazione alla fede dei fanciulli e degli adulti; è necessario mantenere vivo nei fedeli un attivo senso di responsabilità missionaria e di partecipazione solidale con i popoli della terra. Il dono della fede chiama tutti i cristiani a cooperare all’evangelizzazione. Questa consapevolezza va alimentata attraverso la predicazione e la catechesi, la liturgia e una costante formazione alla preghiera; va incrementata con l’esercizio dell’accoglienza, della carità, dell’accompagnamento spirituale, della riflessione e del discernimento, come pure con una progettazione pastorale, di cui parte integrante sia l’attenzione alle vocazioni.

8. Solo in un terreno spiritualmente ben coltivato fioriscono le vocazioni al sacerdozio ministeriale ed alla vita consacrata. Infatti, le comunità cristiane, che vivono intensamente la dimensione missionaria del mistero della Chiesa, mai saranno portate a ripiegarsi su se stesse. La missione, come testimonianza dell’amore divino, diviene particolarmente efficace quando è condivisa in modo comunitario, "perché il mondo creda" (cfr Gv 17,21). Quello delle vocazioni è il dono che la Chiesa invoca ogni giorno dallo Spirito Santo. Come ai suoi inizi, raccolta attorno alla Vergine Maria, Regina degli Apostoli, la Comunità ecclesiale apprende da lei ad implorare dal Signore la fioritura di nuovi apostoli che sappiano vivere in sé quella fede e quell’amore che sono necessari per la missione.

9. Mentre affido questa riflessione a tutte le Comunità ecclesiali, affinché le facciano proprie e soprattutto ne traggano spunto per la preghiera, incoraggio l’impegno di quanti operano con fede e generosità al servizio delle vocazioni e di cuore invio ai formatori, ai catechisti e a tutti, specialmente ai giovani in cammino vocazionale, una speciale Benedizione Apostolica.

Dal Vaticano, 3 dicembre 2007

BENEDICTUS PP. XVI

[00267-01.01] [Testo originale: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE

Chers frères et sœurs !

1. Pour la Journée mondiale de prière pour les vocations, qui sera célébrée le 13 avril 2008, j'ai choisi pour thème : Les vocations au service de l'Église-mission. Jésus ressuscité a confié aux Apôtres le mandat : «Allez donc ! De toutes les nations faites des disciples, baptisez-les au nom du Père, et du Fils, et du Saint-Esprit» (Mt 28, 19), en leur promettant : «Et moi, je suis avec vous tous les jours jusqu'à la fin du monde» (Mt 28, 20). L'Église est missionnaire dans sa totalité et en chacun de ses membres. Si, en vertu des sacrements du Baptême et de la Confirmation, tout chrétien est appelé à témoigner et à annoncer l'Évangile, la dimension missionnaire est spécialement et intimement liée à la vocation sacerdotale. Dans l'alliance avec Israël, Dieu confia à des hommes, choisis par avance, appelés par Lui et envoyés au peuple en son nom, la mission d'être prophètes et prêtres. Il fit ainsi, par exemple, avec Moïse : «Maintenant, va ! – lui dit le Seigneur – Je t'envoie chez Pharaon : tu feras sortir d'Égypte mon peuple… quand tu auras fait sortir d'Égypte mon peuple, vous rendrez un culte à Dieu sur cette montagne» (Ex 3, 10.12). Il en fut de même avec les prophètes.

2. Les promesses faites à nos Pères se réalisèrent pleinement en Jésus Christ. À ce sujet, le Concile Vatican II affirme : «Le Fils est donc venu, envoyé par le Père qui nous a élus en lui avant la création du monde et nous a prédestinés à l’adoption filiale… C'est pourquoi le Christ, pour accomplir la volonté du Père, a inauguré sur terre le Royaume des cieux, et nous a révélé son mystère et, par son obéissance, a effectué la Rédemption» (Const. dogm. Lumen gentium, n. 3). Et, comme proches collaborateurs dans son ministère messianique, Jésus se choisit des disciples, dès sa vie publique, pendant sa prédication en Galilée. Par exemple, lors de la multiplication des pains, quand il dit à ses Apôtres : «Donnez-leur vous-même à manger» (Mt 14, 16), les incitant ainsi à prendre en charge les besoins des foules, auxquelles il voulait offrir la nourriture pour les rassasier, mais aussi pour leur révéler la nourriture «qui se garde jusque dans la vie éternelle» (Jn 6, 27). Il était saisi de compassion pour les hommes, parce qu'en parcourant les villes et les villages, il rencontrait des foules fatiguées et abattues, «comme des brebis sans berger» (cf. Mt 9, 36). De ce regard d'amour jaillissait son invitation aux disciples : «Priez donc le maître de la moisson d'envoyer des ouvriers pour sa moisson» (Mt 9, 38), et il envoya les Douze d'abord «aux brebis perdues de la maison d'Israël», avec des instructions précises. Si nous nous arrêtons pour méditer cette page de l'Évangile de Matthieu, que l'on appelle habituellement «le discours missionnaire», nous relevons tous les aspects qui caractérisent l'activité missionnaire d'une communauté chrétienne qui veut rester fidèle à l'exemple et à l'enseignement de Jésus. Correspondre à l'appel du Seigneur nécessite d'affronter, avec prudence et simplicité, tout danger et même les persécutions, puisque «le disciple n'est pas au-dessus de son maître, ni le serviteur au-dessus de son seigneur» (Mt 10, 24). Devenus un avec le Maître, les disciples ne sont plus seuls à annoncer le Royaume des cieux, mais c'est Jésus lui-même qui agit en eux : «Qui vous accueille m'accueille, et qui m'accueille accueille Celui qui m'a envoyé» (Mt 10, 40). Et en outre, comme véritables témoins, «revêtus d'une force venue d'en-haut» (Lc 24, 49), ils prêchent «la conversion et le pardon des péchés» (Lc 24, 47) à toutes les nations.

3. C’est précisément parce qu'ils sont envoyés par le Seigneur que les Douze prennent le nom d'"apôtres", destinés à parcourir les routes du monde en annonçant l'Évangile comme témoins de la mort et de la résurrection du Christ. Saint Paul écrit aux chrétiens de Corinthe : «Nous – c'est-à-dire les Apôtres – nous proclamons un Messie crucifié» (1 Co 1, 23). Dans ce processus d'évangélisation, le livre des Actes des Apôtres attribue aussi un rôle très important à d'autres disciples, dont la vocation missionnaire provient de circonstances providentielles, parfois douloureuses, comme l'expulsion de leur terre en tant qu'adeptes de Jésus (cf. 8, 1-4). L'Esprit Saint permet de transformer cette épreuve en occasion de grâce et d’en tirer profit pour que le nom du Seigneur soit annoncé à d'autres peuples et qu'ainsi s'élargisse le cercle de la Communauté chrétienne. Il s'agit d'hommes et de femmes qui, comme l'écrit Luc dans le livre des Actes, «ont consacré leur vie à la cause de notre Seigneur Jésus Christ» (15, 26). Le premier de tous, appelé par le Seigneur lui-même à être un véritable Apôtre, est certainement Paul de Tarse. L'histoire de Paul, le plus grand missionnaire de tous les temps, fait émerger, sous de multiples points de vue, le lien entre vocation et mission. Accusé par ses adversaires de ne pas être autorisé à l'apostolat, il fait maintes fois appel à la vocation qu'il a reçue directement du Seigneur (cf. Rm 1, 1 ; Ga 1, 11-12.15-17).

4. Au début, comme par la suite, c'est toujours «l'amour du Christ» qui «pousse» les Apôtres (cf. 2Co5, 14). En fidèles serviteurs de l'Église, dociles à l'action de l'Esprit Saint, d'innombrables missionnaires ont suivi les traces des premiers disciples au long des siècles. Le Concile Vatican II fait remarquer : «Bien qu'à tout disciple du Christ incombe pour sa part la charge de répandre la foi, le Christ Seigneur ne cesse cependant d’appeler parmi ses disciples ceux qu'il veut pour qu'ils soient avec lui et pour les envoyer prêcher aux peuples païens (cf. Mc 3, 13-15)» (Décr. Ad gentes, n. 23). En effet, l'amour du Christ est communiqué à nos frères par l’exemple et par la parole, et par toute l’existence. «La vocation spéciale des missionnaires ad vitam – selon les paroles de mon vénéré Prédécesseur Jean-Paul II – conserve toute sa valeur : elle est le paradigme de l'engagement missionnaire de l'Église, qui a toujours besoin que certains se donnent radicalement et totalement, qui a toujours besoin d'élans nouveaux et audacieux» (Enc. Redemptoris missio, n. 66).

5. Parmi les personnes qui se dévouent totalement au service de l'Évangile, on trouve en particulier les prêtres. Ils sont appelés à dispenser la Parole de Dieu, à administrer les sacrements, spécialement l'Eucharistie et la Réconciliation, dévoués au service des plus petits, des malades, des pauvres, des personnes qui souffrent et de celles qui traversent des moments difficiles dans des régions de la terre où il y a parfois des multitudes qui, aujourd'hui encore, n'ont pas véritablement rencontré Jésus Christ. Les missionnaires leur apportent la première annonce de son amour rédempteur. Les statistiques montrent que le nombre des baptisés augmente chaque année grâce à l'activité pastorale de ces prêtres, entièrement consacrés au salut de leurs frères. Dans cet esprit, il faut remercier tout spécialement les «prêtres fidei donum, qui, avec compétence et généreux dévouement, construisent la communauté en lui annonçant la Parole de Dieu et en lui partageant le Pain de la vie, sans épargner leurs forces dans le service de la mission de l'Église. Il faut remercier Dieu pour les nombreux prêtres qui ont souffert jusqu'au sacrifice de leur vie pour servir le Christ… Il s'agit de témoignages émouvants qui peuvent inspirer beaucoup de jeunes à suivre à leur tour le Christ et à donner leur vie pour les autres, trouvant ainsi la vie véritable» (Exhort. ap. Sacramentum caritatis, n. 26). À travers ses prêtres, Jésus se rend donc présent parmi les hommes d'aujourd'hui, jusque dans les lieux les plus reculés de la terre.

6. Dans l'Église, il y a aussi depuis toujours beaucoup d'hommes et de femmes qui, poussés par l'action de l'Esprit Saint, choisissent de vivre l'Évangile d'une manière radicale, professant les vœux de chasteté, de pauvreté et d'obéissance. Cette multitude de religieux et de religieuses, appartenant à d'innombrables Instituts de vie contemplative et active, a encore «une très grande part dans l'évangélisation du monde» (Décr. Ad gentes, n. 40). Par leur prière permanente et communautaire, les religieux de vie contemplative intercèdent sans cesse pour toute l'humanité ; les religieux de vie active, par leurs multiples formes d'action caritative, apportent à tous le témoignage vivant de l'amour et de la miséricorde de Dieu. À propos de ces apôtres de notre temps, le Serviteur de Dieu Paul VI tint à dire : «Grâce à leur consécration religieuse, ils sont par excellence volontaires et libres pour tout quitter et aller annoncer l'Évangile jusqu’aux confins du monde. Ils sont entreprenants, et leur apostolat est marqué souvent par une originalité, un génie qui forcent l’admiration. Ils sont généreux : on les trouve souvent aux avant-postes de la mission, et ils prennent les plus grands risques pour leur santé et leur propre vie. Oui, vraiment, l'Église leur doit beaucoup» (Exhort. ap. Evangelii nuntiandi, n. 69).

7. De plus, pour que l'Église puisse continuer à accomplir la mission qui lui a été confiée par le Christ et qu’il y ait toujours les évangélisateurs dont le monde a besoin, il est nécessaire que l’on ne néglige jamais dans les communautés chrétiennes une constante éducation à la foi des enfants et des adultes ; il est nécessaire de maintenir vivant chez les fidèles un sens actif de la responsabilité missionnaire et de la participation solidaire avec les peuples de la terre. Le don de la foi appelle tous les chrétiens à coopérer à l'évangélisation. Cette conscience est nourrie par la prédication et la catéchèse, la liturgie et une continuelle formation à la prière ; elle grandit par l'exercice de l'accueil, de la charité, de l'accompagnement spirituel, de la réflexion et du discernement, ainsi que par un projet pastoral dont le souci des vocations fait intégralement partie.

8. C'est seulement dans un terrain spirituellement bien cultivé que fleurissent les vocations au sacerdoce ministériel et à la vie consacrée. En effet, les communautés chrétiennes, qui vivent intensément la dimension missionnaire du mystère de l'Église, ne seront jamais portées à se replier sur elles-mêmes. La mission, comme témoignage de l'amour divin, devient particulièrement efficace quand elle est partagée d'une manière communautaire, «afin que le monde croie» (cf. Jn 17, 21). Ce don des vocations, l'Église le demande chaque jour à l'Esprit Saint. Comme à ses débuts, recueillie autour de la Vierge Marie, Reine des Apôtres, la Communauté ecclésiale apprend d'elle à implorer du Seigneur la floraison de nouveaux apôtres qui sachent vivre en eux la foi et l’amour qui sont nécessaires pour la mission.

9. Alors que je confie ces réflexions à toutes les Communautés ecclésiales, afin qu'elles se les approprient et surtout qu'elles s'en inspirent pour la prière, j'encourage l'engagement de tous ceux qui agissent avec foi et générosité au service des vocations et de grand cœur j'adresse aux formateurs, aux catéchistes et à tous, spécialement aux jeunes en chemin vocationnel, une particulière Bénédiction Apostolique.

Du Vatican, le 3 décembre 2007.

BENEDICTUS PP. XVI

[00267-03.01] [Texte original: Italien]

TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

Dear brothers and sisters,

1. For the World Day of Prayer for Vocations, to be celebrated on 13 April 2008, I have chosen the theme: Vocations at the service of the Church on mission. The Risen Jesus gave to the Apostles this command: "Go therefore and make disciples of all nations, baptizing them in the name of the Father and of the Son and of the Holy Spirit" (Mt 28:19), assuring them: "I am with you always, to the close of the age" (Mt 28: 20). The Church is missionary in herself and in each one of her members. Through the sacraments of Baptism and Confirmation, every Christian is called to bear witness and to announce the Gospel, but this missionary dimension is associated in a special and intimate way with the priestly vocation. In the covenant with Israel, God entrusted to certain men, called by him and sent to the people in his name, a mission as prophets and priests. He did so, for example, with Moses: "Come, - God told him - I will send you to Pharaoh, that you may bring forth my people … out of Egypt …when you have brought forth the people out of Egypt, you will serve God upon this mountain" (Ex 3: 10 and 12). The same happened with the prophets.

2. The promises made to our fathers were fulfilled entirely in Jesus Christ. In this regard, the Second Vatican Council says: "The Son, therefore, came, sent by the Father. It was in him, before the foundation of the world, that the Father chose us and predestined us to become adopted sons … To carry out the will of the Father, Christ inaugurated the kingdom of heaven on earth and revealed to us the mystery of that kingdom. By his obedience he brought about redemption" (Dogmatic Constitution Lumen Gentium, 3). And Jesus already in his public life, while preaching in Galilee, chose some disciples to be his close collaborators in the messianic ministry. For example, on the occasion of the multiplication of the loaves, he said to the Apostles: "You give them something to eat" (Mt 14: 16), encouraging them to assume the needs of the crowds to whom he wished to offer nourishment, but also to reveal the food "which endures to eternal life" (Jn 6: 27). He was moved to compassion for the people, because while visiting cities and villages, he found the crowds weary and helpless, like sheep without a shepherd (cf. Mt 9: 36). From this gaze of love came the invitation to his disciples: "Pray therefore the Lord of the harvest to send out labourers into his harvest" (Mt 9: 38), and he sent the Twelve initially "to the lost sheep of the house of Israel" with precise instructions. If we pause to meditate on this passage of Matthew’s Gospel, commonly called the "missionary discourse", we may take note of those aspects which distinguish the missionary activity of a Christian community, eager to remain faithful to the example and teaching of Jesus. To respond to the Lord’s call means facing in prudence and simplicity every danger and even persecutions, since "a disciple is not above his teacher, nor a servant above his master" (Mt 10: 24). Having become one with their Master, the disciples are no longer alone as they announce the Kingdom of heaven; Jesus himself is acting in them: "He who receives you receives me, and he who receives me receives him who sent me" (Mt 10: 40). Furthermore, as true witnesses, "clothed with power from on high" (Lk 24: 49), they preach "repentance and the forgiveness of sins" (Lk 24: 47) to all peoples.

3. Precisely because they have been sent by the Lord, the Twelve are called "Apostles", destined to walk the roads of the world announcing the Gospel as witnesses to the death and resurrection of Christ. Saint Paul, writing to the Christians of Corinth, says: "We – the Apostles – preach Christ crucified" (1 Cor 1: 23). The Book of the Acts of the Apostles also assigns a very important role in this task of evangelization to other disciples whose missionary vocation arises from providential, sometimes painful, circumstances such as expulsion from their own lands for being followers of Jesus (cf. 8,1-4). The Holy Spirit transforms this trial into an occasion of grace, using it so that the name of the Lord can be preached to other peoples, stretching in this way the horizons of the Christian community. These are men and women who, as Luke writes in the Acts of the Apostles, "have risked their lives for the sake of our Lord Jesus Christ" (15: 26). First among them is undoubtedly Paul of Tarsus, called by the Lord himself, hence a true Apostle. The story of Paul, the greatest missionary of all times, brings out in many ways the link between vocation and mission. Accused by his opponents of not being authorized for the apostolate, he makes repeated appeals precisely to the call which he received directly from the Lord (cf. Rom 1: 1; Gal 1: 11-12 and 15-17).

4. In the beginning, and thereafter, what "impels" the Apostles (cf. 2 Cor 5: 14) is always "the love of Christ". Innumerable missionaries, throughout the centuries, as faithful servants of the Church, docile to the action of the Holy Spirit, have followed in the footsteps of the first disciples. The Second Vatican Council notes: "Although every disciple of Christ, as far in him lies, has the duty of spreading the faith, Christ the Lord always calls whomever he will from among the number of his disciples, to be with him and to be sent by him to preach to the nations [cf. Mk 3: 13-15]" (Decree Ad Gentes, 23). In fact, the love of Christ must be communicated to the brothers by example and words, with all one’s life. My venerable predecessor John Paul II wrote: "The special vocation of missionaries ‘for life’ retains all its validity: it is the model of the Church's missionary commitment, which always stands in need of radical and total self-giving, of new and bold endeavours". (Encyclical Redemptoris Missio, 66)

5. Among those totally dedicated to the service of the Gospel, are priests, called to preach the word of God, administer the sacraments, especially the Eucharist and Reconciliation, committed to helping the lowly, the sick, the suffering, the poor, and those who experience hardship in areas of the world where there are, at times, many who still have not had a real encounter with Jesus Christ. Missionaries announce for the first time to these people Christ’s redemptive love. Statistics show that the number of baptized persons increases every year thanks to the pastoral work of these priests, who are wholly consecrated to the salvation of their brothers and sisters. In this context, a special word of thanks must be expressed "to the fidei donum priests who work faithfully and generously at building up the community by proclaiming the word of God and breaking the Bread of Life, devoting all their energy to serving the mission of the Church. Let us thank God for all the priests who have suffered even to the sacrifice of their lives in order to serve Christ ... Theirs is a moving witness that can inspire many young people to follow Christ and to expend their lives for others, and thus to discover true life" (Apostolic Exhortation Sacramentum Caritatis, 26).

6. There have always been in the Church many men and women who, prompted by the action of the Holy Spirit, choose to live the Gospel in a radical way, professing the vows of chastity, poverty and obedience. This multitude of men and women religious, belonging to innumerable Institutes of contemplative and active life, still plays "the main role in the evangelisation of the world" (Ad Gentes, 40). With their continual and community prayer, contemplatives intercede without ceasing for all humanity. Religious of the active life, with their many charitable activities, bring to all a living witness of the love and mercy of God. The Servant of God Paul VI concerning these apostles of our times said: "Thanks to their consecration they are eminently willing and free to leave everything and to go and proclaim the Gospel even to the ends of the earth. They are enterprising and their apostolate is often marked by an originality, by a genius that demands admiration. They are generous: often they are found at the outposts of the mission, and they take the greatest of risks for their health and their very lives. Truly the Church owes them much" (Apostolic Exhortation Evangelii Nuntiandi, 69).

7. Furthermore, so that the Church may continue to fulfil the mission entrusted to her by Christ, and not lack promoters of the Gospel so badly needed by the world, Christian communities must never fail to provide both children and adults with constant education in the faith. It is necessary to keep alive in the faithful a committed sense of missionary responsibility and active solidarity with the peoples of the world. The gift of faith calls all Christians to co-operate in the work of evangelization. This awareness must be nourished by preaching and catechesis, by the liturgy, and by constant formation in prayer. It must grow through the practice of welcoming others, with charity and spiritual companionship, through reflection and discernment, as well as pastoral planning, of which attention to vocations must be an integral part.

8. Vocations to the ministerial priesthood and to the consecrated life can only flourish in a spiritual soil that is well cultivated. Christian communities that live the missionary dimension of the mystery of the Church in a profound way will never be inward looking. Mission, as a witness of divine love, becomes particularly effective when it is shared in a community, "so that the world may believe" (cf. Jn 17: 21). The Church prays everyday to the Holy Spirit for the gift of vocations. Gathered around the Virgin Mary, Queen of the Apostles, as in the beginning, the ecclesial community learns from her how to implore the Lord for a flowering of new apostles, alive with the faith and love that are necessary for the mission.

9. While I entrust this reflection to all the ecclesial communities so that they may make it their own, and draw from it inspiration for prayer, and as I encourage those who are committed to work with faith and generosity in the service of vocations, I wholeheartedly send to educators, catechists and to all, particularly to young people on their vocational journey, a special Apostolic Blessing.

From the Vatican, 3 December 2007

BENEDICTUS PP. XVI

[00267-02.01] [Original text: Italian]

TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA

Liebe Brüder und Schwestern!

1. Für den Weltgebetstag um geistliche Berufungen, der am 13. April 2008 abgehalten werden wird, habe ich folgendes Thema gewählt: Die Berufungen im Dienst der Kirche in ihrer Sendung. Den Aposteln vertraute der auferstandene Jesus den Auftrag an: „Darum geht zu allen Völkern, und macht alle Menschen zu meinen Jüngern; tauft sie auf den Namen des Vaters und des Sohnes und des Heiligen Geistes" (Mt 28,19). Und er versicherte ihnen: „Ich bin bei euch alle Tage bis zum Ende der Welt" (Mt 28,20). Die Kirche ist als ganze und in jedem ihrer Glieder missionarisch. Wenn kraft der Sakramente der Taufe und der Firmung jeder Christ berufen ist, das Evangelium zu bezeugen und zu verkünden, so ist die missionarische Dimension besonders und sehr eng mit der priesterlichen Berufung verbunden. Im Bund mit Israel vertraute Gott auserwählten Männern, die von ihm berufen und in seinem Namen zum Volk gesandt wurden, die Sendung an, Propheten und Priester zu sein. So tat er es zum Beispiel mit Mose. Jahwe sagte zu ihm: „Und jetzt geh! Ich sende dich zum Pharao. Führe mein Volk aus Ägypten heraus! … Wenn du das Volk aus Ägypten herausgeführt hast, werdet ihr Gott an diesem Berg verehren" (Ex 3,10.12). Ebenso geschah es mit den Propheten.

2. Die Verheißungen, die den Vätern gemacht wurden, haben sich in Jesus Christus gänzlich erfüllt. Das Zweite Vatikanische Konzil sagt in diesem Zusammenhang: „Es kam also der Sohn, gesandt vom Vater, der uns in ihm vor Grundlegung der Welt erwählt und zur Sohnschaft vorherbestimmt hat … Um den Willen des Vaters zu erfüllen, hat Christus das Himmelreich auf Erden begründet, uns sein Geheimnis offenbart und durch seinen Gehorsam die Erlösung gewirkt" (Dogm. Konst. Lumen gentium, 3). Und Jesus erwählte sich bereits in seinem öffentlichen Leben während der Verkündigung in Galiläa Jünger als enge Mitarbeiter im messianischen Dienst; zum Beispiel bei der Brotvermehrung, als er zu den Aposteln sagte: „Gebt ihr ihnen zu essen!" (Mt 14,16), und sie so anspornte, sich um die Not der vielen Menschen zu kümmern, denen er Speise geben wollte, um ihren Hunger zu stillen, aber auch um die Speise zu offenbaren, „die für das ewige Leben bleibt" (Joh 6,27). Er hatte Mitleid mit den Menschen, denn als er durch die Städte und Dörfer zog, traf er viele, die müde und erschöpft waren „wie Schafe, die keinen Hirten haben" (vgl. Mt 9,36). Diesem Blick der Liebe entsprang seine Einladung an die Apostel: „Bittet also den Herrn der Ernte, Arbeiter für seine Ernte auszusenden" (Mt 9,38), und er sandte die Zwölf zuerst „zu den verlorenen Schafen des Hauses Israel", mit genauen Anweisungen. Wenn wir innehalten und diesen Abschnitt des Matthäusevangeliums betrachten, der gewöhnlich „Aussendungsrede" genannt wird, dann bemerken wir all jene Aspekte, die die missionarische Tätigkeit einer christlichen Gemeinschaft, die dem Vorbild und der Lehre Jesu treu bleiben will, kennzeichnen. Wer dem Ruf Jesu entsprechen will, muß mit Klugheit und Arglosigkeit jeder Gefahr und sogar den Verfolgungen gegenübertreten, denn „ein Jünger steht nicht über seinem Meister und ein Sklave nicht über seinem Herrn" (Mt 10,24). Eins geworden mit dem Meister, sind die Jünger nicht mehr allein bei der Verkündigung des Himmelreiches, sondern Jesus selbst wirkt in ihnen: „Wer euch aufnimmt, der nimmt mich auf, und wer mich aufnimmt, nimmt den auf, der mich gesandt hat" (Mt 10,40). Darüber hinaus verkündigen sie als wahre Zeugen, „mit der Kraft aus der Höhe erfüllt" (Lk 24,49), allen Völkern, „sie sollen umkehren, damit ihre Sünden vergeben werden" (Lk 24,47).

3. Eben weil sie vom Herrn gesandt sind, erhalten die Zwölf den Namen „Apostel". Sie sind dazu bestimmt, durch die Straßen der Welt zu ziehen und als Zeugen des Todes und der Auferstehung Christi das Evangelium zu verkünden. Der hl. Paulus schreibt an die Christen von Korinth: „Wir" – also die Apostel – „verkündigen Christus als den Gekreuzigten" (1 Kor 1,23). Die Apostelgeschichte weist in diesem Evangelisierungsprozeß auch anderen Jüngern eine sehr wichtige Rolle zu, deren missionarische Berufung Umständen entspringt, die von der Vorsehung bestimmt und manchmal schmerzhaft sind, wie die Vertreibung aus dem eigenen Land als Jünger Christi (vgl. 8,1-4). Der Heilige Geist macht es möglich, diese Prüfung in eine Gelegenheit der Gnade umzuwandeln und sie zum Anstoß werden zu lassen, damit der Name des Herrn anderen Völkern verkündigt werde und sich auf diese Weise der Kreis der christlichen Gemeinde erweitere. Es handelt sich um Männer und Frauen, die, wie Lukas in der Apostelgeschichte schreibt, „für den Namen Jesu Christi, unseres Herrn, ihr Leben eingesetzt haben" (15,26). Der erste von allen, der vom Herrn selbst berufen wurde und damit ein wahrer Apostel ist, ist zweifellos Paulus von Tarsus. Die Geschichte des Paulus, des größten Missionars aller Zeiten, macht unter vielen Gesichtspunkten die Verbindung zwischen Berufung und Sendung deutlich. Von seinen Gegnern angeklagt, nicht zum Aposteldienst ermächtigt zu sein, beruft er sich immer wieder genau auf die Berufung, die er unmittelbar vom Herrn empfangen hat (vgl. Röm 1,1; Gal 1,11-12.15-17).

4. Am Anfang, wie auch späterhin, ist es stets „die Liebe Christi", die die Apostel „drängt" (vgl. 2 Kor 5,14). Als treue Diener der Kirche, fügsam gegenüber dem Wirken des Heiligen Geistes, sind unzählige Missionare im Laufe der Jahrhunderte den Spuren der ersten Jünger gefolgt. Das Zweite Vatikanische Konzil sagt: „Obwohl jedem Jünger Christi die Pflicht obliegt, nach seinem Teil den Glauben auszusäen, beruft Christus der Herr aus der Schar der Jünger immer wieder solche, die er selbst will, damit sie bei ihm seien und er sie zur Verkündigung bei den Völkern aussende (vgl. Mk 3,13-15)" (Dekr. Ad gentes, 23). Die Liebe Christi muß nämlich den Brüdern durch das Beispiel und mit Worten, mit dem ganzen Leben vermittelt werden. Mein verehrter Vorgänger Johannes Paul II. schrieb: „Die besondere Berufung der Missionare auf Lebenszeit behält ihre volle Gültigkeit: Sie verkörpert das Beispiel des missionarischen Einsatzes der Kirche, die immer auf die radikale und ganzheitliche Hingabe angewiesen ist, auf neue und kühne Impulse" (Enzykl. Redemptoris missio, 66).

5. Unter den Personen, die sich ganz dem Dienst am Evangelium hingeben, sind insbesondere Priester, die berufen sind, das Wort Gottes weiterzugeben, die Sakramente zu spenden, besonders die Eucharistie und die Versöhnung, die sich dem Dienst an den Geringsten widmen, an den Kranken, den Leidenden, den Armen und an denen, die schwere Zeiten durchmachen in Regionen der Erde, wo es manchmal viele Menschen gibt, die noch heute keine wirkliche Begegnung mit Jesus Christus hatten. Zu ihnen tragen die Missionare die erste Verkündigung seiner erlösenden Liebe. Die Statistiken bezeugen, daß die Zahl der Getauften jedes Jahr zunimmt dank der Seelsorgetätigkeit dieser Priester, die ganz dem Heil der Brüder und Schwestern geweiht sind. In diesem Zusammenhang gebührt besondere Anerkennung den „Fidei-donum-Priestern, die im Dienst der Mission der Kirche mit Kompetenz und großherziger Hingabe die Gemeinde aufbauen, indem sie ihr das Wort Gottes verkünden und das Brot des Lebens brechen, ohne ihre Kräfte zu schonen. Man muß Gott danken für die vielen Priester, die Leiden bis zum Opfer des eigenen Lebens ertragen haben, um Christus zu dienen. … Es handelt sich um erschütternde Zeugnisse, die viele junge Menschen anregen können, ihrerseits Christus nachzufolgen, ihr Leben für die anderen hinzugeben und gerade so das wahre Leben zu finden" (Apost. Schreiben Sacramentum caritatis, 26). Durch seine Priester macht Christus sich also unter den Menschen von heute gegenwärtig, bis in die entferntesten Winkel der Erde.

6. Seit jeher gibt es in der Kirche nicht wenige Männer und Frauen, die, vom Wirken des Heiligen Geistes bewegt, sich entschließen, das Evangelium radikal zu leben, indem sie die Gelübde der Keuschheit, der Armut und des Gehorsams ablegen. Diese Schar von Ordensmännern und Ordensfrauen, die zahllosen Instituten des kontemplativen und aktiven Lebens angehören, hat „bisher den größten Anteil an der Evangelisierung der Welt" (Dekr. Ad gentes, 40). Mit ihrem beständigen und gemeinschaftlichen Gebet halten die Ordensleute des kontemplativen Lebens unablässig Fürbitte für die ganze Menschheit; diejenigen des aktiven Lebens bringen durch ihr vielgestaltiges karitatives Handeln allen das lebendige Zeugnis der Liebe und der Barmherzigkeit Gottes. In bezug auf diese Apostel unserer Zeit sagte der Diener Gottes Paul VI.: „Durch ihre Ganzhingabe im Ordensstand sind sie im Höchstmaß frei und willens, alles zu verlassen und hinzugehen, um das Evangelium zu verkünden bis an die Grenzen der Erde. Sie sind voll Unternehmungsgeist, und ihr Apostolat ist oft von einer Originalität, von einer Genialität gekennzeichnet, die Bewunderung abnötigen. Sie geben sich ganz an ihre Sendung hin: Man findet sie oft an der vordersten Missionsfront, und sie nehmen größte Risiken für Gesundheit und Leben auf sich. Ja, wahrhaftig, die Kirche schuldet diesen Ordensleuten viel" (Apost. Schreiben Evangelii nuntiandi, 69).

7. Damit die Kirche auch weiterhin die ihr von Christus anvertraute Sendung ausüben kann und es nicht fehlen möge an Verkündern des Evangeliums, derer die Welt bedarf, ist es außerdem notwendig, daß in den christlichen Gemeinden die ständige Erziehung der Kinder und Erwachsenen zum Glauben niemals nachläßt und in den Gläubigen ein aktiver Sinn für die missionarische Verantwortung und die solidarische Gemeinschaft mit den Völkern der Erde aufrechterhalten wird. Durch das Geschenk des Glaubens sind alle Christen berufen, an der Evangelisierung mitzuarbeiten. Dieses Bewußtsein muß genährt werden durch die Verkündigung und die Katechese, durch die Liturgie und eine ständige Hinführung zum Gebet; es muß verstärkt werden durch die Übung der Annahme, der Nächstenliebe, der geistlichen Begleitung, der Reflexion und der Entscheidungsfindung, ebenso wie durch eine pastorale Planung, deren fester Bestandteil die Aufmerksamkeit gegenüber den Berufungen sein muß.

8. Nur in einem geistlich gut bestellten Acker gedeihen die Berufungen zum Priesteramt und zum geweihten Leben. In der Tat werden die christlichen Gemeinden, die die missionarische Dimension des Geheimnisses der Kirche in der Tiefe leben, niemals die Tendenz haben, sich in sich selbst zurückzuziehen. Die Sendung als Zeugnis der göttlichen Liebe wird besonders wirkmächtig, wenn sie in Gemeinschaft geteilt wird, „damit die Welt glaubt" (Joh 17,21). Das Geschenk der Berufungen ist das Geschenk, das die Kirche jeden Tag vom Heiligen Geist erbittet. Wie in ihren Anfängen versammelt sich die kirchliche Gemeinschaft um die Jungfrau Maria, Königin der Apostel, und lernt von ihr, den Herrn um eine Blüte neuer Apostel zu bitten, die es verstehen, selbst den Glauben und die Liebe zu leben, die für die Sendung notwendig sind.

9. Während ich diese Überlegungen allen kirchlichen Gemeinschaften anvertraue, auf daß diese sie sich zu eigen machen und sie vor allem als Ansporn zum Gebet nehmen, ermutige ich den Einsatz derjenigen, die mit Glauben und Großherzigkeit im Dienste an den Berufungen tätig sind. Von Herzen erteile ich den Ausbildern, den Katecheten und allen, insbesondere den jungen Menschen auf dem Berufungsweg, von Herzen einen besonderen Apostolischen Segen.

Aus dem Vatikan, am 3. Dezember 2007

BENEDICTUS PP. XVI

[00267-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA

Queridos hermanos y hermanas:

1. Para la Jornada Mundial de Oración por las Vocaciones, que se celebrará el 13 de abril de 2008, he escogido como tema: Las vocaciones al servicio de la Iglesia–misión. Jesús Resucitado confió a los Apóstoles el mensaje: «Id y haced discípulos de todos los pueblos, bautizándolos en el nombre del Padre, y del Hijo, y del Espíritu Santo» (Mt 28, 19), garantizándoles: «Y sabed que yo estoy con vosotros todos los días, hasta el fin del mundo» (Mt 28, 20). La Iglesia es misionera en su conjunto y en cada uno de sus miembros. Si por los sacramentos del Bautismo y de la Confirmación cada cristiano está llamado a dar testimonio y a anunciar el Evangelio, la dimensión misionera está especial e íntimamente unida a la vocación sacerdotal. En la alianza con Israel, Dios confió a hombres escogidos, llamados por Él y enviados al pueblo en su nombre, la misión profética y sacerdotal. Así lo hizo, por ejemplo, con Moisés: «Ve, pues, –le dijo el Señor– yo te envío al faraón para que saques de Egipto a mi pueblo… cuando hayas sacado al pueblo de Egipto, me daréis culto en este monte» (Ex 3, 10.12). Y lo mismo hizo con los profetas.

2. Las promesas hechas a los padres se realizaron plenamente en Jesucristo. A este respecto, el Concilio Vaticano II dice: «Vino, pues, el Hijo, enviado por el Padre, que nos eligió en Él antes de la creación del mundo, y nos predestinó a ser sus hijos adoptivos... Cristo, por tanto, para hacer la voluntad del Padre, inauguró en la tierra el reino de los cielos, nos reveló su misterio, y nos redimió con su obediencia» (Const. dogm. Lumen gentium, 3). Y Jesús escogió como estrechos colaboradores suyos en el ministerio mesiánico a unos discípulos, ya en su vida pública, durante la predicación en Galilea. Por ejemplo, cuando en la multiplicación de los panes, dijo a los Apóstoles: «Dadles vosotros de comer» (Mt 14, 16), impulsándolos así a hacerse cargo de las necesidades del gentío, al que quería ofrecer pan que lo saciara, pero también revelar el pan «que perdura, dando vida eterna» (Jn 6, 27). Al ver a la gente, sintió compasión de ellos, porque mientras recorría pueblos y ciudades, los encontraba cansados y abatidos «como ovejas que no tienen pastor» (cf. Mt 9, 36). De aquella mirada de amor brotaba la invitación a los discípulos: «Rogad, pues, al dueño de la mies que envíe obreros a su mies» (Mt 9, 38), y envió a los Doce «a la ovejas perdidas de Israel», con instrucciones precisas. Si nos detenemos a meditar el pasaje del Evangelio de Mateo denominado «discurso misionero», descubrimos todos los aspectos que caracterizan la actividad misionera de una comunidad cristiana que quiera permanecer fiel al ejemplo y a las enseñanzas de Jesús. Corresponder a la llamada del Señor comporta afrontar con prudencia y sencillez cualquier peligro e incluso persecuciones, ya que «un discípulo no es más que su maestro, ni un esclavo más que su amo» (Mt 10, 24). Al hacerse una sola cosa con el Maestro, los discípulos ya no están solos para anunciar el Reino de los cielos, sino que el mismo Jesús es quien actúa en ellos: «El que os recibe a vosotros, me recibe a mí, y el que me recibe, recibe al que me ha enviado» (Mt 10, 40). Y además, como verdaderos testigos, «revestidos de la fuerza que viene de lo alto» (cf. Lc 24, 49), predican «la conversión y el perdón de los pecados» (Lc 24, 47) a todo el mundo.

3. Precisamente porque el Señor los envía, los Doce son llamados «apóstoles», destinados a recorrer los caminos del mundo anunciando el Evangelio como testigos de la muerte y resurrección de Cristo. San Pablo escribe a los cristianos de Corinto: «Nosotros –es decir, los Apóstoles– predicamos a Cristo crucificado» (1 Co 1, 23). En ese proceso de evangelización, el libro de los Hechos de los Apóstoles atribuye un papel muy importante también a otros discípulos, cuya vocación misionera brota de circunstancias providenciales, incluso dolorosas, como el ser expulsados de la propia tierra por ser seguidores de Jesús (cf. 8, 1-4). El Espíritu Santo permite que esta prueba se transforme en ocasión de gracia, y se convierta en oportunidad para que el nombre del Señor sea anunciado a otras gentes y se ensanche así el círculo de la comunidad cristiana. Se trata de hombres y mujeres que, como escribe Lucas en el libro de los Hechos, «han dedicado su vida a la causa de nuestro Señor Jesucristo» (15, 26). El primero de todos, llamado por el mismo Señor a ser un verdadero Apóstol, es sin duda alguna Pablo de Tarso. La historia de Pablo, el mayor misionero de todos los tiempos, lleva a descubrir, bajo muchos puntos de vista, el vínculo que existe entre vocación y misión. Acusado por sus adversarios de no estar autorizado para el apostolado, recurre repetidas veces precisamente a la vocación recibida directamente del Señor (cf. Rm 1, 1; Ga 1, 11-12.15-17).

4. Al principio, como también después, lo que «apremia» a los Apóstoles (cf. 2 Co 5, 14) es siempre «el amor de Cristo». Fieles servidores de la Iglesia, dóciles a la acción del Espíritu Santo, innumerables misioneros han seguido a lo largo de los siglos las huellas de los primeros apóstoles. El Concilio Vaticano II hace notar que «aunque la tarea de propagar la fe incumbe a todo discípulo de Cristo según su condición, Cristo Señor llama siempre de entre sus discípulos a los que quiere para que estén con Él y para enviarlos a predicar a las gentes (cf. Mc 3, 13–15)» (Decr. Ad gentes, 23). El amor de Cristo, de hecho, viene comunicado a los hermanos con ejemplos y palabras; con toda la vida. «La vocación especial de los misioneros ad vitam –escribió mi venerado predecesor Juan Pablo II– conserva toda su validez: representa el paradigma del compromiso misionero de la Iglesia, que siempre necesita donaciones radicales y totales, impulsos nuevos y valientes» (Encl. Redemptoris missio, 66).

5. Entre las personas dedicadas totalmente al servicio del Evangelio se encuentran de modo particular los sacerdotes llamados a proclamar la Palabra de Dios, administrar los sacramentos, especialmente la Eucaristía y la Reconciliación, entregados al servicio de los más pequeños, de los enfermos, de los que sufren, de los pobres y de cuantos pasan por momentos difíciles en regiones de la tierra donde hay tal vez multitudes que aún hoy no han tenido un verdadero encuentro con Jesucristo. A ellos, los misioneros llevan el primer anuncio de su amor redentor. Las estadísticas indican que el número de bautizados aumenta cada año gracias a la acción pastoral de esos sacerdotes, totalmente consagrados a la salvación de los hermanos. En ese contexto, se expresa un agradecimiento especial «a los presbíteros fidei donum, que con competencia y generosa dedicación, sin escatimar energías en el servicio a la misión de la Iglesia, edifican la comunidad anunciando la Palabra de Dios y partiendo el Pan de Vida. Hay que dar gracias a Dios por tantos sacerdotes que han sufrido hasta el sacrificio de la propia vida por servir a Cristo… Se trata de testimonios conmovedores que pueden impulsar a muchos jóvenes a seguir a Cristo y a dar su vida por los demás, encontrando así la vida verdadera» (Exhort. apost. Sacramentum caritatis, 26). A través de sus sacerdotes, Jesús se hace presente entre los hombres de hoy hasta los confines últimos de la tierra.

6. Siempre ha habido en la Iglesia muchos hombres y mujeres que, movidos por la acción del Espíritu Santo, han escogido vivir el Evangelio con radicalidad, haciendo profesión de los votos de castidad, pobreza y obediencia. Esas pléyades de religiosos y religiosas, pertenecientes a innumerables Institutos de vida contemplativa y activa, «han tenido hasta ahora y siguen teniendo gran participación en la evangelización del mundo» (Decr. Ad gentes, 40). Con su oración continua y comunitaria, los religiosos de vida contemplativa interceden incesantemente por toda la humanidad; los de vida activa, con su multiforme acción caritativa, dan a todos el testimonio vivo del amor y de la misericordia de Dios. Refiriéndose a estos apóstoles de nuestro tiempo, el Siervo de Dios Pablo VI escribió: «Gracias a su consagración religiosa, ellos son, por excelencia, voluntarios y libres para abandonar todo y lanzarse a anunciar el Evangelio hasta los confines de la tierra. Ellos son emprendedores y su apostolado está frecuentemente marcado por una originalidad y una imaginación que suscitan admiración. Son generosos: se les encuentra no raras veces en la vanguardia de la misión y afrontando los más grandes riesgos para su santidad y su propia vida. Sí, en verdad, la Iglesia les debe muchísimo» (Exhort. apost. Evangelii nuntiandi, 69).

7. Además, para que la Iglesia pueda continuar y desarrollar la misión que Cristo le confió, y no falten los evangelizadores que el mundo tanto necesita, es preciso que nunca deje de haber en las comunidades cristianas una constante educación en la fe de los niños y de los adultos; es necesario mantener vivo en los fieles un sentido activo de responsabilidad misional y una participación solidaria con los pueblos de toda la tierra. El don de la fe llama a todos los cristianos a cooperar en la evangelización. Esta toma de conciencia se alimenta por medio de la predicación y la catequesis, la liturgia y una constante formación en la oración; se incrementa con el ejercicio de la acogida, de la caridad, del acompañamiento espiritual, de la reflexión y del discernimiento, así como de la planificación pastoral, una de cuyas partes integrantes es la atención vocacional.

8. Las vocaciones al sacerdocio ministerial y a la vida consagrada sólo florecen en un terreno espiritualmente bien cultivado. De hecho, las comunidades cristianas que viven intensamente la dimensión misionera del ministerio de la Iglesia nunca se cerrarán en sí mismas. La misión, como testimonio del amor divino, resulta especialmente eficaz cuando se comparte «para que el mundo crea» (cf. Jn 17, 21). El don de la vocación es un don que la Iglesia implora cada día al Espíritu Santo. Como en los comienzos, reunida en torno a la Virgen María, Reina de los Apóstoles, la comunidad eclesial aprende de ella a pedir al Señor que florezcan nuevos apóstoles que sepan vivir la fe y el amor necesarios para la misión.

9. Mientras confío esta reflexión a todas las Comunidades eclesiales, para que la hagán suya y, sobre todo, les sirva de inspiración para la oración, aliento el esfuerzo de cuantos trabajan con fe y generosidad en favor de las vocaciones, y envío de corazón a los educadores, a los catequistas y a todos, especialmente a los jóvenes en etapa vocacional, una especial Bendición Apostólica.

Vaticano, 3 diciembre 2007

BENEDICTUS PP. XVI

[00267-04.01] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE

Caros irmãos e irmãs!

1. Tendo em vista o Dia Mundial de Orações pelas Vocações, que será celebrado em 13 de abril de 2008, escolhi o tema: As vocações a serviço da Igreja- missão. Aos Apóstolos Jesus ressuscitado confiou o mandato: "Ide, pois, fazei discípulos meus entre todas as nações, batizando-os em nome do Pai, do Filho e do Espírito Santo" (Mt 28,19) e assegurando: "Eis que estarei convosco todos os dias, até o fim do mundo" (Mt 28,20). A Igreja é missionária no seu conjunto e em cada um dos seus membros. Se, graças aos sacramentos do Batismo e da Confirmação, cada cristão é chamado a testemunhar e a anunciar o Evangelho, a dimensão missionária é especialmente e intimamente ligada à vocação sacerdotal. Na aliança com Israel, Deus confiou a homens selecionados, chamados por Ele e enviados ao povo em seu nome, a missão de serem profetas e sacerdotes. Assim fez, por exemplo, com Moisés: "E agora, vai! – lhe disse Javé – Eu te envio ao Faraó [...] para que libertes meu povo, [...] quando tiveres tirado o povo do Egito, servireis a Deus sobre esta montanha". (Ex 3,10. 12). Igualmente acontece com os profetas.

2. As promessas feitas aos pais se realizaram plenamente em Jesus Cristo. A este respeito, afirma o Concílio Vaticano II: "Veio pois o Filho, enviado pelo Pai, que n’Ele nos escolheu antes de criar o mundo, e nos predestinou para sermos filhos adotivos [...] Por isso, Cristo para cumprir a vontade do Pai, inaugurou na terra o Reino dos Céus e revelou-nos o seu mistério, realizando-o, com a própria obediência, a redenção" (Const. Dogm. Lumen Gentium,3). Durante a pregação na Galiléia, na vida pública, Jesus escolheu os discípulos como seus diretos colaboradores no ministério messiânico. Por exemplo, na multiplicação dos pães, quando disse aos Apóstolos: "Dai-lhes vós mesmo de comer" (Mt14,16), animando-os assim, a assumir o peso das necessidades das multidões, às quais queria oferecer o alimento para saciar-lhes a fome, mas também revelar o alimento "que dura para a vida eterna" (Jo6,27). Movia-se de compaixão pelo povo, porque, ao percorrer cidades e aldeias, via multidões cansadas e abatidas, "como ovelhas sem pastor" (cfMt9,36). Do seu olhar de amor brotava o convite aos discípulos: "Pedí ao Senhor da messe, que mande operários para sua messe" (Mt9,38), enviando antes os Doze, com precisas instruções, "às velhas perdidas da casa de Israel". Se nos detemos a meditar esta página do Evangelho de Mateus, conhecida comumente como "discurso missionário", observamos todos aqueles aspectos que caracterizam a atividade missionária de uma comunidade cristã, que deseja ser fiel ao exemplo e ao ensinamento de Jesus. Corresponder ao chamado do Senhor supõe enfrentar cada perigo com prudência e simplicidade, e inclusive as perseguições, pois "um discípulo não é mais que seu mestre, nem um servo mais que o seu patrão" (Mt10,24). Feitos uma coisa só com o Mestre, os discípulos não ficam sós para anunciar o Reino dos Céus, mas é o mesmo Jesus que age neles: "Quem vos acolhe, a mim acolhe; e quem me acolhe, acolhe aquele que me enviou" (Mt10, 40). Além disso, como verdadeiras testemunhas, "revestidos da força do alto" (Lc24,49), estes pregam "a conversão e o perdão dos pecados" (Lc 24,47) a todos os povos.

3. Precisamente por terem sido enviados pelo Senhor, os Doze receberam o nome de "apóstolos", chamados a percorrer os caminhos do mundo anunciando o Evangelho, como testemunhas da morte e ressurreição de Cristo. Escreve São Paulo aos cristãos de Corinto: "Nós – isto é os Apóstolos – anunciamos Cristo crucificado" (1Cor1,23). Neste processo de evangelização, o Livro dosAtos dos Apóstolosconsidera também muito importante o papel de outros discípulos, cuja vocação missionária surge através circunstânciasprovindenciais, às vezes dolorosas, como a expulsão da própria terra enquanto seguidores de Jesus (cf. 8,1-4). O Espírito Santo permite transformar esta prova em ocasião de graça, fazendo com que o nome do Senhor seja anunciado a outros povos, ampliando assim o círculo da comunidade cristã. Trata-se de homens e de mulheres que, como escreve Lucas no livro dosAtos, "arriscaram a vida pelo nome de nosso Senhor Jesus Cristo" (15,26). O primeiro entre todos, chamado pelo Senhor mesmo para ser um verdadeiro Apóstolo, é, sem dúvida, Paulo de Tarso. A história de Paulo, o maior missionário de todos os tempos, descreve, em muitos aspectos, qual seja o nexo entre a vocação e a missão. Acusado pelos seus adversários de não ter sido autorizado para o apostolado, ele mesmo, repetidas vezes, apela ao chamado recebido diretamente pelo Senhor (cf. Rm 1,1; Gal 1,11-12.15-17).

4. O que "impeliu" os Apóstolos no início, e no decorrer dos tempos, foi sempre "o amor de Cristo" (cf. 2Cor 5,14). Como fiéis servidores da Igreja, dóceis à ação do Espírito Santo, muitos missionários, ao longo dos séculos, seguiram as pegadas dos primeiros discípulos. Observa o Concílio Vaticano II: "Embora todo discípulo de Cristo incumba-se da obrigação de difundir a fé conforme as suas possibilidades, Cristo Senhor chama sempre dentre os discípulos os que ele quer para estarem com ele e os enviarem a evangelizar os povos (cfr Mc3,13-15)" (Decr.Ad gentes, 23). De fato, o amor de Cristo foi comunicado aos irmãos, com exemplos e palavras - com toda a vida. "A vocação especial dos missionários ad vitam – escreveu o meu venerável Predecessor João Paulo II - conserva toda a sua validade: representa o paradigma do compromisso missionário da Igreja, que sempre tem necessidade de doações radicais e totais, de ímpulsos novos e corajosos" (Enc. Redemptoris missio, 66).

5. Entre as pessoas que se dedicam totalmente a serviço do Evangelho estão, de modo particular, muitos sacerdotes chamados para anunciar a Palavra de Deus, administrar os sacramentos, especialmente a Eucaristia e a Reconciliação, dedicados ao serviço dos mais débeis, dos doentes, dos sofredores, dos pobres e dos que passam por momentos difíceis, em regiões da terra onde ainda hoje existem multidões que não tiveram um verdadeiro encontro com Cristo. Para estes, os missionários levam o primeiro anúncio do seu amor redentor. As estatísticas testemunham que o número dos batizados aumenta cada ano, graças à ação pastoral destes sacerdotes, inteiramente consagrados à salvação dos irmãos. Neste contexto, seja dado um especial reconhecimento "aos presbíteros fidei donum que edificam a comunidade, com competência e generosa dedicação, anunciando-lhe a palavra de Deus e repartindo o pão da vida, sem pouparem as suas energias ao serviço da missão da Igreja. Por fim, é preciso agradecer a Deus pelos numerosos sacerdotes que tiveram de sofrer até ao sacrifício da vida por servir a Cristo [...]. Trata-se de comoventes testemunhos que poderão inspirar muitos jovens a seguirem por sua vez a Cristo e gastarem a sua vida pelos outros, encontrando precisamente assim a vida verdadeira." (Exort. ap. Sacramentum caritatis, 26). Desta forma Jesus, através dos seus sacerdotes, se faz presente entre os homens de hoje, até às mais distantes extremidades da terra.

6. Não são poucos os homens e as mulheres que, desde sempre na Igreja, movidos pela ação do Espírito Santo, escolheram de viver radicalmente o Evangelho, professando os votos de castidade, pobreza e obediência. Esta multidão de religiosos e de religiosas, pertencentes a numerosos Institutos de vida contemplativa e ativa, tem tido "até agora uma parte importantissima na evangelização do mundo" (Decr. Ad gentes, 40). Com a oração perseverante e comunitária, os religiosos de vida contemplativa intercedem incessantemente pela inteira humanidade; os de vida ativa, com suas múltiplas formas de ação caritativa, levam a todos o testemunho vivo do amor e da misericórdia de Deus. Diante destes apóstolos do nosso tempo, o Servo de Deus Paulo VI, pôde dizer: "Graças à sua consagração religiosa, eles são por excelência voluntários e livres para deixar tudo e ir anunciar o Evangelho até as extremidades da terra. Eles são empreendedores, e o seu apostolado é muitas vezes marcado por uma originalidade e por uma feição própria, que forçosamente lhes granjeiam admiração. Depois, eles são generosos: encontram-se com freqüência nos postos de vanguarda da missão e a arrostar com os maiores perigos para a sua saúde e para a sua própria vida. Sim, verdadeiramente a Igreja deve-lhes muito" (Exort. ap. Evangelii nuntiandi, 69).

7. Além disso, para que a Igreja possa continuar a missão que lhe foi confiada por Cristo e não faltem os evangelizadores que o mundo necessita, será oportuno que nas comunidades cristãs, nunca falte uma constante educação na fé das crianças e dos adultos; é necessário manter vivo nos fiéis um sentido ativo de responsabilidade missionária e de participação solidária com os povos da terra. O dom da fé chama todos os cristãos a cooperarem na evangelização. Esta consciência seja alimentada através da pregação e da catequese, pela liturgia e por uma constante formação na oração; seja incrementada com o exercício da acolhida, da caridade, do acompanhamento espiritual, da reflexão e do discernimento, como também com a elaboração de um plano de pastoral, do qual faça parte integrante o cuidado das vocações.

8. Somente num terreno espiritualmente bem cultivado brotam as vocações para o sacerdócio ministerial e para a vida consagrada. De fato, as comunidades cristãs, que vivem intensamente a dimensão missionária do mistério da Igreja, jamais serão levadas a fechar-se em si mesmas. A missão, como testemunho do amor divino, se torna particularmente eficaz quando é partilhada comunitariamente, "para que o mundo creia" (cfr Jo 17,21). A graça das vocações é o dom que a Igreja invoca diariamente ao Espírito Santo. Desde o seu início a comunidade eclesial, recolhida em torno à Virgem Maria, Rainha dos Apóstolos, d’Ela aprende a implorar do Senhor o florescimento de novos apóstolos, que saibam viver no seu íntimo aquela fé e aquele amor necessários para a missão.

9. Ao confiar esta reflexão a todas as comunidades eclesiais para que a façam suas e, sobretudo, para suscitar subsídios de oração, encorajo o empenho de todos que trabalham com fé e generosidade ao serviço das vocações e, de coração, envio aos formadores, aos catequistas e a todos, especialmente aos jovens na caminhada vocacional, uma especial Benção Apostólica.

Vaticano, 3 de dezembro de 2007

BENEDICTUS PP. XVI

[00267-06.01] [Texto original: Italiano]

TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA

Drodzy bracia i siostry!

1. Na Światowy Dzień Modlitw o Powołania, który będziemy celebrować 13 kwietnia 2008 roku, wybrałem temat: Powołania w służbie Kościoła misyjnego. Po swoim zmartwychwstaniu Jezus zlecił Apostołom następującą misję: „Idźcie więc i nauczajcie wszystkie narody, udzielając im chrztu w imię Ojca i Syna, i Ducha Świętego" (Mt 28, 19), zapewniając ich: „Oto Ja jestem z wami przez wszystkie dni aż do skończenia świata" (Mt 28, 20). Kościół jest misyjny jako całość i w każdym ze swoich członków. Chociaż na mocy sakramentu chrztu i bierzmowania każdy chrześcijanin jest powołany do dawania świadectwa i do głoszenia Ewangelii, to jednak w sposób szczególny wymiar misyjny jest wewnętrznie związany z powołaniem kapłańskim. W czasach przymierza z Izraelem, Bóg powierzał misję prorocką i kapłańską wybranym i powołanym przez siebie osobom, które posyłał do ludu w swoim imieniu. Tak postąpił w przypadku Mojżesza, do którego skierował polecenie: „Idź przeto teraz – powiedział do niego Jahwe – oto posyłam cię do faraona, i wyprowadź mój lud, Izraelitów, z Egiptu… Po wyprowadzeniu tego ludu z Egiptu oddacie cześć Bogu na tej górze" (Wj 3, 10.12). W podobny sposób przekazywanie misji dokonywało się w przypadku proroków.

2. Obietnice uczynione ojcom zrealizowały się w pełni w Chrystusie. Nawiązuje do tego Sobór Watykański II w słowach: „Przyszedł zatem Syn zesłany przez Ojca, który wybrał nas w Nim przed założeniem świata i przeznaczył do przybrania za synów… Aby wypełnić wolę Ojca, Chrystus zapoczątkował Królestwo niebieskie na ziemi i objawił nam misterium Ojca, a przez swoje posłuszeństwo dokonał odkupienia (Konstytucja dogmatyczna o Kościele, Lumen gentium, 3). Jezus wybrał sobie uczniów jako bliskich współpracowników do działalności mesjańskiej już w życiu publicznym, podczas nauczania w Galilei. Wyraził to w kontekście cudu rozmnożenia chleba, kiedy zwrócił się do Apostołów słowami: „Wy dajcie im jeść" (Mt 14, 16). W ten sposób zachęcił ich do troski o potrzeby ludu, któremu chciał dać pokarm do jedzenia, ale też wskazać na ten pokarm, „który trwa na życie wieczne" (J 6, 27). Jezus wzruszył się sytuacją ludu, gdyż podczas swej wędrówki poprzez miasta i wsie spotykał gromady ludzi zmęczonych i wyczerpanych, którzy byli „jak owce nie mające pasterza" (por Mt 9, 36). Z tego spojrzenia miłości wypływało zaproszenie skierowane do uczniów: „Proście więc Pana żniwa, żeby wyprawił robotników na żniwo swoje" (Mt 9, 38). Jezus posłał Dwunastu najpierw „do zagubionych owiec z domu Izraela", dając im precyzyjne wskazania. Jeżeli zatrzymamy się, aby uważnie medytować tę kartę z Ewangelii św. Mateusza nazywaną często „mową misyjną", to odnotujemy wszystkie aspekty, które cechują aktywność misyjną wspólnoty chrześcijańskiej, pragnącej pozostać wierną przykładowi i nauczaniu Jezusa. Odpowiedź na powołanie Pana pociąga za sobą rozsądne i bezkompromisowe zmierzenie się nie tylko z każdym niebezpieczeństwem, ale nawet więcej, z prześladowaniami, gdyż „uczeń nie przewyższa nauczyciela, ani sługa swego pana" (Mt 10, 24). Stając się kimś jednym z Mistrzem, uczniowie nie są już osamotnieni w głoszeniu Królestwa niebieskiego, lecz to sam Chrystus działa w nich: „Kto was przyjmuje, Mnie przyjmuje, a kto Mnie przyjmuje, przyjmuje Tego, który Mnie posłał" (Mt 10, 40). Jako prawdziwi świadkowie, „przyobleczeni w moc z wysoka" (Łk 24, 49), apostołowie głoszą wszystkim narodom „nawrócenie i odpuszczenie grzechów" (Łk 24, 47).

3. Właśnie dlatego, że byli posłani przez Chrystusa Pana, Dwunastu zostaje nazwanych „apostołami", czyli przeznaczonymi do przemierzania dróg świata, aby głosić Ewangelię jako świadkowie śmierci i zmartwychwstania Chrystusa. Święty Paweł pisze do wspólnoty chrześcijan w Koryncie: „My – to znaczy Apostołowie – głosimy Chrystusa Ukrzyżowanego" (I Kor 1, 23). Księga Dziejów Apostolskich przypisuje bardzo ważną rolę w tym procesie ewangelizacji również innym uczniom, których powołanie misyjne wypływa z opatrznościowych okoliczności, czasem bolesnych, jak wypędzenie z ich własnej ojczyzny ze względu na wyznawanie Chrystusa (por. 8, 1-4). Duch Święty umożliwia przeobrażenie tej próby w okazję do otrzymania łaski i czyni ją punktem wyjścia do tego, by imię Pana zostało oznajmione innym narodom i aby w ten sposób poszerzał się krąg chrześcijańskiej wspólnoty. Chodzi tu o mężczyzn i kobiety, którzy – jak pisze św. Łukasz w Księdze Dziejów Apostolskich – „dla imienia Pana naszego Jezusa Chrystusa, poświęcili swe życie" (15, 26). Pierwszym pośród wszystkich, powołanym przez samego Chrystusa do bycia Apostołem, jest bez wątpienia Paweł z Tarsu. Historia Pawła, największego misjonarza wszystkich czasów, ukazuje w wieloraki sposób, związek między powołaniem a misją. Oskarżony przez swoich przeciwników, że nie jest upoważniony do apostolstwa, Paweł nieustannie odwołuje się właśnie do powołania otrzymanego bezpośrednio od Chrystusa Pana (por. Rz 1, 1; Gal 1, 11- 12.15-17).

4. Od początku do końca tym, co „popycha" Apostołów (por. 2 Kor 5, 14), jest nieustannie „miłość Chrystusa". Jako wierni słudzy Kościoła, posłuszni działaniu Ducha Świętego, niezliczeni misjonarze podążali w ciągu wieków śladami pierwszych uczniów. Sobór Watykański II stwierdza, że „chociaż na każdym uczniu Chrystusa spoczywa zadanie szerzenia wiary w powierzonym mu zakresie, Chrystus Pan zawsze spośród uczniów powołuje tych, których sam chce, aby Mu towarzyszyli i aby mógł ich wysłac w celu głoszenia nauki narodom (por. Mk 3, 13-15)" (Dekret o działalności misyjnej Kościoła, Ad gentes, 23). Miłość Chrystusa należy głosić braciom czynami i słowami, całym swym życiem. „Szczególne powołanie misjonarzy na całe życie – napisał mój czcigodny Poprzednik Jan Paweł II – zachowuje w pełni swoją moc: stanowi ono przykład misyjnego zaangażowania Kościoła, który zawsze potrzebuje poświęceń radykalnych i całościowych, nowych śmiałych impulsów (Encyklika, Redemptoris missio, 66).

5. Pośród ludzi, którzy poświęcają się całkowicie na służbę Ewangelii, szczególne miejsce zajmują kapłani. Powołani są oni do głoszenia Słowa Bożego, sprawowania sakramentów, zwłaszcza Eucharystii i Pojednania, zaangażowania w służbę na rzecz małych, chorych, cierpiących, biednych oraz wszystkich tych, którzy przeżywają trudne momenty w różnych regionach świata, a także tych, którzy dotąd jeszcze nie spotkali naprawdę Jezusa Chrystusa. Do tych osób misjonarze kierują pierwsze orędzie o Jego zbawczej miłości. Statystyki potwierdzają fakt, że każdego roku wzrasta liczba osób ochrzczonych dzięki działalności duszpasterskiej tych kapłanów, którzy bezgranicznie poświęcają się trosce o zbawienie braci. W tym kontekście specjalne uznanie należy się „kapłanom z Fidei donum, którzy z kompetencją i hojnym oddaniem budują wspólnotę, głosząc jej Słowo Boże i łamiąc Chleb życia, nie szczędząc energii w służbie misji Kościoła. Należy dziękować Bogu za tak wielu kapłanów, którzy cierpieli aż do ofiary z życia, aby służyć Chrystusowi. Chodzi o wzruszające świadectwa, które mogą być dla tak wielu młodych inspiracją, by także oni poszli za Chrystusem i by ofiarowali swe życie dla bliźnich, znajdując w ten sposób prawdziwe życie" (Adhortacja Apostolska, Sacramentum caritatis, 26). Poprzez kapłanów Jezus staje się ciągle obecny pośród ludzi naszych czasów, nawet w najbardziej oddalonych zakątkach ziemi.

6. Od zawsze niemało jest w Kościele takich mężczyzn i kobiet, którzy – pociągnięci działaniem Ducha Świętego – decydują się żyć według Ewangelii w sposób radykalny, składając śluby czystości, ubóstwa i posłuszeństwa. Ta rzesza zakonników i sióstr zakonnych, przynależących do licznych Instytutów życia kontemplacyjnego i czynnego, ma „do dziś bardzo ważny udział w ewangelizowaniu świata" (Ad gentes, 40). Poprzez nieustanną wspólnotową modlitwę osoby zakonne z klasztorów kontemplacyjnych wstawiają się nieprzerwanie za całą ludzkością; natomiast osoby konsekrowane ze zgromadzeń czynnych – poprzez ich różnorodną formę aktywności charytatywnej – niosą wszystkim żywe świadectwo miłości i Bożego miłosierdzia. Na temat apostołów naszych czasów Sługa Boży Paweł VI napisał: „Ze względu na ich konsekrację zakonną, są oni jak najbardziej wolni i mogą dobrowolnie opuścić wszystko i iść aż na krańce świata, aby głosić Ewangelię. Są przedsiębiorczy, a ich apostolstwo często odznacza się pomysłowością i oryginalnością, które wzbudzają podziw. Są wielkoduszni, często znajdują się na najodleglejszych stacjach misyjnych, gdzie nierzadko ich życiu i zdrowiu grożą wielkie niebezpieczeństwa. Zaiste, Kościół zawdzięcza im bardzo dużo" (Adhortacja Apostolska, Evangelii nuntiandi, 69).

7. Aby Kościół mógł kontynuować misję powierzoną mu przez Chrystusa i aby nie zabrakło ewangelizatorów, których świat potrzebuje, konieczne jest, by we wspólnotach chrześcijańskich nie zabrakło nigdy stałego wychowania do wiary, zarówno dzieci jak i ludzi dorosłych. Konieczne jest żywe podtrzymywanie wśród wierzących aktywnego poczucia odpowiedzialności za misje oraz solidarnej więzi z narodami świata. Dar wiary wzywa wszystkich chrześcijan do współpracy w dziele ewangelizacji. Taką świadomość należy umacniać poprzez nauczanie i katechizację, poprzez liturgię i stałą formację do modlitwy. Wzrasta ona także poprzez gościnność, miłość i towarzyszenie duchowe, poprzez medytację i odkrywanie specyficznego powołania, jak również poprzez planowanie takiego duszpasterstwa, którego integralną częścią jest wrażliwość na powołania.

8. Tylko na glebie właściwie kultywowanej duchowo mogą zakwitnąć powołania do kapłaństwa służebnego i do życia konsekrowanego. Z pewnością te wspólnoty chrześcijańskie, które w intensywny sposób przeżywają wymiar misyjny tajemnicy Kościoła, nie będą nigdy zamykać się same w sobie. Działalność misyjna Kościoła jako świadectwo miłości Boga, staje się szczególnie owocna wtedy, gdy jest realizowana wspólnotowo, „aby świat uwierzył" (J 17, 21). Powołania kościelne to dar, który Kościół codziennie wyprasza u Ducha Świętego. Podobnie jak u swych początków, zebrana wokół Maryi Dziewicy, Królowej Apostołów wspólnota Kościoła uczy się od Niej wypraszać u Pana nowych apostołów, którzy będą umieli przeżywać w sobie tę wiarę i tę miłość, jaka jest konieczna w pracy misyjnej.

9. Tę refleksję powierzam wszystkim wspólnotom Kościoła, aby ją przyjęły, uczyniły swoją i potraktowały jako szczególną zachętę do modlitwy. Pragnę dodać otuchy tym wszystkim, którzy z wiarą i z poświęceniem angażują się w pracę na rzecz powołań. Wychowawcom, katechetom i wszystkim, zwłaszcza młodym i początkującym na drodze powołania, przesyłam z serca specjalne Błogosławieństwo Apostolskie.

Watykan, 3 grudnia 2007 r.

BENEDICTUS PP. XVI

[00267-09.01] [Testo originale: Italiano]

[B0110-XX.01]