CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA GIORNATA MONDIALE DELLA PACE 2008 Alle 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI per la 41a Giornata Mondiale della Pace, che si celebra il 1° gennaio 2008 sul tema "Famiglia umana, comunità di pace".
Partecipano: l’Em.mo Card. Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.
Pubblichiamo di seguito l’intervento dell’Em.mo Card. Renato Raffaele Martino:
● INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. RENATO RAFFAELE MARTINO
1. Sono lieto di trovarmi con voi, per la presentazione del Messaggio di Sua Santità Benedetto XVI per la Giornata Mondiale della Pace 2008. Per questa circostanza, il Santo Padre ha scelto e proposto come tema di riflessione La famiglia umana, considerata come comunità di pace. Il tema proposto dal Santo Padre trova la sua ispirazione in un brano della Costituzione pastorale Gaudium et spes, che viene citato al n. 1 del Messaggio papale: "Tutti i popoli formano una sola comunità, hanno un’unica origine, perché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra (cfr At 17,26), ed hanno anche un solo fine, Dio". Al n. 1, inoltre, il Santo Padre ci dice che intende trattare il tema Famiglia umana, comunità di pace, prendendo spunti e facendo tesoro della visione cristiana della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. La dimensione familiare, tanto fondamentale nella vita delle persone, diventa il punto di partenza per allargare lo sguardo a tutta l’umanità, vista e compresa come una famiglia: "Anche i popoli della terra sono chiamati ad instaurare tra loro rapporti di solidarietà e di collaborazione, quali s’addicono a membri dell’unica famiglia umana" (n. 1). In tutto il Messaggio il Santo Padre Benedetto XVI ci fa vedere come la famiglia e la pace si richiamano costantemente in una feconda circolarità che costituisce uno dei presupposti più stimolanti per dare corpo ad un adeguato approccio culturale, sociale e politico delle complesse tematiche relative alla realizzazione della pace nel nostro tempo.
2. Il Messaggio papale si presenta strutturato in due parti, in ognuna della quali il tema della famiglia, nella sua dimensione micro e in quella macro, viene progressivamente trattato in relazione ai vari aspetti della promozione della pace. Nella prima parte si evidenzia il senso e il valore della connessione tra nucleo familiare e pace; nella seconda, la famiglia umana è messa in relazione con una serie di problematiche attinenti la pace.
2.1 La trattazione della prima parte del Messaggio è contenuta nei numeri che vanno dal 2 al 5, e si apre con alcuni elementi descrittivi della visione cristiana della famiglia. Al n. 2 vi si afferma che "la famiglia naturale, quale intima comunione di vita e d’amore coniugale, fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna1, costituisce «il luogo primario della "umanizzazione" della persona e della società»2, la «culla della vita e dell’amore»3". Come precisa il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, essa è la prima società naturale, «un’istituzione divina che sta a fondamento della vita delle persone, come prototipo di ogni ordinamento sociale»4. A partire da tale visione, il Santo Padre illustra come la famiglia sia la prima e insostituibile educatrice alla pace. Nella vita familiare, infatti, si fa esperienza di tutti gli ingredienti fondamentali della pace: la giustizia nei rapporti tra fratelli e sorelle, l’importanza della legge e dell’autorità dei genitori, il potere vissuto come servizio ai più deboli che, in famiglia, diventano il principale centro di interesse quando sono in difficoltà, l’aiuto vicendevole nelle necessità della vita, la disponibilità ad accogliere, a fare delle rinunce, a perdonare. La famiglia educa alla pace perché il lessico familiare è un lessico di pace. Nell’inflazione dei linguaggi, la società non può perdere questo lessico e questa grammatica che ogni bimbo apprende prima che dalle parole della mamma e del papà, dai loro gesti e dai loro sguardi.
Al n. 4, il Santo Padre sottolinea la titolarità della famiglia di specifici diritti, richiamando, a questo proposito, due significativi documenti: il primo è l’articolo 16/3 della Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo, che rappresenta un’acquisizione di civiltà giuridica universale, il secondo è il Preambolo, A della Carta dei diritti della famiglia, pubblicata dalla Santa Sede. Come si legge nel Preambolo: «i diritti della persona, anche se espressi come diritti dell’individuo, hanno una fondamentale dimensione sociale, che trova nella famiglia la sua nativa e vitale espressione»5. I diritti enunciati nella Carta sono espressione della legge naturale e universale, presente nelle menti e nei cuori di tutti gli esseri umani. La restrizione o la negazione dei diritti della famiglia, oscurando la verità dell’uomo, minaccia gli stessi fondamenti della pace.
Nel n. 5, il Santo Padre presenta alcune sue preoccupazioni, affermando che ogni forma di indebolimento della famiglia nella nostra società rende fragile la pace nell’intera comunità, nazionale e internazionale, perché la principale agenzia di pace, la famiglia, non è in grado di svolgere fino in fondo il proprio lavoro. Di fatto, lavorano contro la pace molti interventi legislativi che indeboliscono la famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e una donna o che costringono le famiglie, direttamente o indirettamente, a non essere disponibili verso un’accoglienza della vita moralmente responsabile, oppure che non riconoscono il diritto della famiglia a essere la prima responsabile dell’educazione dei figli. La famiglia ha bisogno della casa, del lavoro per i genitori, della scuola per i figli, dell’assistenza sanitaria di base. Quando la società e la politica non riescono o non vogliono aiutare la famiglia in questi campi, si privano di un’essenziale risorsa di pace. Soprattutto, quando la famiglia viene ridicolizzata, come spesso accade nei mezzi di comunicazione sociale, e non se ne promuove più la bontà e la bellezza presso le nuove generazioni, si intacca e si corrode la fondamentale struttura di pace di cui dispone la società.
2.2 Dal n. 6 al n.14, il Santo Padre passa ad approfondire il legame tra famiglia umana e pace. Il numero di passaggio, ma anche di legame tra la prima e la seconda parte del Messaggio è proprio il n. 6, dove il Santo Padre, utilizzando il concetto di vocazione, descrive le feconde connessioni tra la dimensione vocazionale del nucleo familiare e la famiglia umana. Leggiamo questo bellissimo passo del Messaggio papale: "…la famiglia nasce dal si responsabile e definitivo di un uomo e di una donna e vive del si consapevole dei figli che vengono via via a farne parte. La comunità familiare per prosperare ha bisogno del consenso generoso di tutti i suoi membri. È necessario che questa consapevolezza diventi convinzione condivisa anche di quanti sono chiamati a formare la comune famiglia umana. Occorre saper dire il proprio si a questa vocazione che Dio ha iscritto nella stessa nostra natura. Non viviamo gli uni accanto agli altri per caso; stiamo tutti percorrendo uno stesso cammino come uomini e quindi come fratelli e sorelle". Questo cammino è garantito dal riferimento a un Fondamento trascendente che è Dio stesso. Afferma il Santo Padre: "Senza questo Fondamento trascendente, la società è solo un’aggregazione di vicini, non una comunità di fratelli e sorelle, chiamati a formare una grande famiglia". In questa densa e stimolante prospettiva teologica e spirituale, il Santo Padre si sofferma a considerare alcune esigenze particolari della famiglia umana.
A) La prima esigenza che il Santo Padre prende in considerazione è il rapporto tra famiglia umana e ambiente. La famiglia ha bisogno di una casa, di un ambiente a sua misura in cui intessere le proprie relazioni. Per la famiglia umana, questa casa è la terra, l’ambiente che Dio Creatore ha dato perché sia abitato con creatività e responsabilità. Il Santo Padre invita ad avere cura dell’ambiente, perché la terra va coltivata e, in essa, l’uomo è chiamato a trasferire la sua libertà responsabile e la sua intelligenza, finalizzandole al bene di tutti. Contro le forme ideologiche tipiche del biocentrismo, il Santo Padre richiama l’insegnamento cristiano che la persona umana ha un primato di valore su tutto il creato. Rispettare l’ambiente non vuol dire considerare la natura materiale o animale più importante dell’uomo. Invece, contro forme di sfruttamento incontrollato, il Santo Padre ricorda l’insegnamento cristiano che la natura materiale o animale non va considerata egoisticamente e scriteriatamente a nostra completa disposizione, perché anche le future generazioni hanno il diritto di coltivarla, ossia di esprimere in essa la stessa libertà creativa espressa da noi; né vanno dimenticati i poveri, già esclusi, in molti casi, dalla destinazione universale dei beni del creato (cf n. 7).
C’è, sempre al n. 7 un passaggio, che mi sembra molto importante, dove il Santo Padre invita a fare valutazioni sul futuro equilibrio ecologico "con prudenza, nel dialogo tra gli esperti e i saggi, senza accelerazioni ideologiche verso conclusioni affrettate, concertando insieme un modello di sviluppo sostenibile che garantisca il benessere di tutti nel rispetto degli equilibri ecologici". Il Santo Padre riafferma, inoltre, il tradizionale insegnamento del Magistero sociale che, se la tutela dell’ambiente comporta dei costi, questi devono essere fatti pagare con giustizia, tenendo conto delle diversità di sviluppo dei vari Paesi e della solidarietà con le future generazioni. Prudenza non significa non assumersi le proprie responsabilità e rimandare le decisioni; essa è invocata proprio per raggiungere l’obiettivo di decidere con forza, ma assieme e dopo aver ponderato responsabilmente la strada da percorrere.
Per il Santo Padre, la questione ambientale è strettamente connessa con la questione della pace. La pace nella famiglia umana, infatti, ha bisogno che la terra venga sentita come la casa comune e che, per la sua gestione responsabile e a servizio di tutti, si scelga la strada del dialogo, piuttosto che quella delle scelte unilaterali. Il Santo Padre invita anche ad "aumentare, se necessario, i luoghi istituzionali a livello internazionale, per affrontare insieme il governo della nostra casa". Un ambito nel quale il Santo Padre invita ad intensificare il dialogo tra le Nazioni è quello della gestione delle risorse energetiche del pianeta. I Paesi avanzati avrebbero la possibilità di rivedere i propri standard di consumo, dovuti al loro modello di sviluppo, tramite una progressiva riduzione delle attività manifatturiere ad alto consumo energetico e investimenti nella ricerca per la riconversione delle fonti di energia. I Paesi emergenti hanno fame di energia, ma talvolta questa fame viene saziata ai danni dei Paesi poveri i quali, per l’insufficienza delle loro infrastrutture, anche tecnologiche, sono costretti a svendere le loro risorse energetiche.
B) La seconda esigenza che il Santo Padre illustra nei numeri 9 e 10 è propriamente quella economica. Questa, in sintesi, la riflessione del Santo Padre. Nella famiglia si fa esperienza di pace quando a nessuno manca il necessario e l’economia - frutto del lavoro di alcuni, del risparmio di altri e della attiva collaborazione di tutti - è bene organizzata nella solidarietà, senza eccessi o sprechi. Il Santo Padre, tra le righe del suo Messaggio, ricorda a tutti che la parola «eco-nomia» ha due significati: è economia la produzione e l’organizzazione dei beni materiali, ma anche la buona conduzione della casa sul piano delle relazioni tra le persone è economia. Una famiglia ha bisogno di ambedue le cose. Se le relazioni tra le persone sono conflittuali anche la produzione del benessere ne risentirà. Il Santo Padre insegna che anche l’umanità, come una famiglia, ha bisogno oggi di una economia per il bene comune. L’immagine della famiglia aiuta a mantenere sempre in relazione i due aspetti dell’economia: corrette e sincere relazioni tra uomini e popoli che permettano loro di collaborare su un piano di parità e giustizia e, contemporaneamente, organizzazione efficiente delle risorse per la produzione e la distribuzione della ricchezza. Soprattutto gli aiuti dati ai Paesi poveri non devono essere inefficienti, contrari alla sana logica economica, fonti di spreco o funzionali al mantenimento di costosi apparati burocratici. Il Santo Padre invita anche a tener in debito conto l’esigenza morale, che richiede all’efficacia economica di non essere disumana, ossia rispondente solo alle crude leggi del guadagno immediato.
C) La terza esigenza sottolineata dal Santo Padre è quella propriamente morale. Una famiglia vive sotto una legge comune. Essa è causa di pace perché impedisce l’individualismo egoistico e lega insieme gli appartenenti alla famiglia, favorendone la coesistenza. Questo deve valere anche per la famiglia umana. Per avere la pace c’è bisogno di una legge comune, che aiuti la libertà ad essere veramente se stessa anziché cieco arbitrio e che protegga il debole dal sopruso del più forte (cf n. 11). In questa prospettiva, il Santo Padre denuncia i comportamenti arbitrari sia dentro i singoli Stati, sia nelle relazioni degli Stati tra loro e le tante situazioni in cui il debole deve piegare la testa non davanti alle esigenze della giustizia, ma della nuda forza di chi ha più mezzi di lui. Nei numeri 12 e 13, il Santo Padre si sofferma ad illustrare il tradizionale insegnamento della Chiesa sul rapporto tra norma morale e norma giuridica, invitando a riscoprire quest’ultima come base della prima. In questa prospettiva, Benedetto XVI, dopo aver richiamato il valore della legge naturale, constata come essa, anche se in forma frammentata e non sempre coerente, sia presente negli "accordi internazionali, nelle forme di autorità universalmente riconosciute, nei principi del diritto umanitario". Afferma: "L’umanità non è «senza legge»", e invita tutti a proseguire nel dialogo su questi temi e a favorire la crescita della cultura giuridica.
D) La quarta esigenza illustrata dal Santo Padre è propriamente quella riferibile al superamento dei conflitti e al rafforzamento dei processi di disarmo. Dopo aver ricordato le dolorose situazioni di conflitto presenti nel Continente africano, e nel Medio Oriente, il Santo Padre si sofferma al n. 14, soprattutto, sul tema del disarmo, invocando, da una parte, a non impiegare risorse per la produzione di armi e, dall’altra, a far progredire le trattative per uno smantellamento progressivo e concordato delle armi nucleari. Con riferimento allo stato attuale del processo di disarmo, si tenga presente che la spesa militare del 2006 è stata pari a 1.204 miliardi di dollari. Un aumento medio del 37% nel decennio 1997-2006. La spesa più alta mai registrata, anche rispetto al periodo della cosiddetta guerra fredda6. Per cogliere in tutto il suo spessore il richiamo papale alla questione del disarmo, il primo dato degno di nota è l’attuale sovrapposizione dell'economia civile con quella militare. Questo dato non è totalmente nuovo, ma diversi fenomeni, legati soprattutto al progresso tecnicoscientifico, sollecitano una nuova riflessione. Anzitutto, la questione del "dual use". L'espressione «dual use» indica la possibile duplice destinazione d'uso, civile o militare, di un bene, servizio o conoscenza, definiti anche «oggetti duali» La questione del dual use è resa più complessa dalla diffusione dei progetti congiunti militari e civili, data la necessità di grandi risorse e competenze. Questa tendenza si riscontra in diversi settori (biologico, chimico e nucleare) e in maniera crescente nel settore aerospaziale, sempre più al centro di una vera e propria "geopolitica dello spazio" degli Stati. Un secondo dato da sottolineare è un' antinomia tra la politica contro il terrorismo e la politica di sicurezza internazionale. Dopo gli attacchi terroristici contro gli Stati Uniti dell'11 settembre (2001), la comunità internazionale ha adottato misure severe contro il rischio di terrorismo; al tempo stesso, gli Stati, e in particolare le potenze nucleari hanno avviato un rinnovo degli apparati militari e degli armamenti. Su tali basi, sembra corretto affermare che l'attuale politica di sicurezza degli Stati minacci la stessa pace e sicurezza dei popoli che si intende difendere dai soggetti non statali. Il punto è ancora più chiaro se si prendono in considerazione le armi di distruzione di massa e il settore nucleare in particolare. A livello internazionale, con le Risoluzioni 1373 (2001) e 1540 (2004) del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sono state introdotte norme speciali ed è stato creato il Comitato 1540 su terrorismo e armi di distruzione di massa. Inoltre, nel 2005, è stata adottata una Convenzione internazionale contro gli atti di terrorismo nucleare. Misure queste, efficaci e coerenti allo scenario internazionale attuale, ma in qualche maniera rese meno efficaci - se non contraddette dalla politica di sicurezza delle potenze nucleari, basata sul rinnovo degli arsenali e sulla ripresa della strategia della deterrenza nelle relazioni internazionali. Questa politica ha, infatti, prodotto il fallimento della Conferenza di esame (2005) del Trattato sulla non proliferazione nucleare del 1967; la contestazione del valore giuridico dei cosiddetti 13 practical steps concordati nella Conferenza di esame del 2000; nonché la mancata entrata in vigore del Trattato sul divieto generale dei test nucleari del 1997.
3. Il Santo Padre chiude il suo Messaggio con il numero 15, ricordando tre anniversari: il 60° della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948–2008, il 25° dell’adozione da parte della Santa Sede della Carta dei diritti della famiglia (1983–2008) e del 40° della celebrazione della prima Giornata Mondiale della Pace (1968–2008). Grazie.
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1
Cfr. CONCILIO VATICANO II, Cost. past. Gaudium et spes, 48: AAS 58 (1966) 1067-1069 2
GIOVANNI PAOLO II, Esort. ap. Christifideles laici, 40 AAS 81 (1989) 469 3
Ibidem. 4
PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE, Compendio della dottrina sociale della Chiesa, n. 211 5
SANTA SEDE, Carta dei diritti della famiglia, 24 novembre 1983, Preambolo, A. 6
Fonte: SIPRI YEARBOOK 2007. [01772-01.02] [Testo originale: Italiano]
[B0659-XX.01]