Alle ore 12 di oggi, Solennità del Natale del Signore, dalla Loggia della Benedizione, il Santo Padre Benedetto XVI rivolge il tradizionale Messaggio natalizio ai fedeli presenti in Piazza San Pietro e a quanti lo ascoltano attraverso la radio e la televisione.
Questo il testo del Messaggio del Santo Padre per il Natale 2006:
● MESSAGGIO DEL SANTO PADRE
"Salvator noster natus est in mundo" (Missale Romanum).
"È nato nel mondo il nostro Salvatore"! Questa notte, ancora una volta, abbiamo riascoltato nelle nostre Chiese quest’annuncio che, nonostante il trascorrere dei secoli, conserva inalterata la sua freschezza. È annuncio celeste che invita a non temere perché è sbocciata "una gioia grande che sarà di tutto il popolo" (Lc 2,10). È annuncio di speranza perché rende noto che, in quella notte di oltre duemila anni fa, "è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore" (Lc 2,11). Allora ai pastori accampati sulla collina di Betlemme; oggi a noi, abitanti tutti di questo nostro mondo, l’Angelo del Natale ripete: "È nato il Salvatore; è nato per voi! Venite, venite ad adorarlo!".
Ma ha ancora valore e significato un "Salvatore" per l’uomo del terzo millennio? È ancora necessario un "Salvatore" per l’uomo che ha raggiunto la Luna e Marte e si dispone a conquistare l’universo; per l’uomo che esplora senza limiti i segreti della natura e riesce a decifrare persino i codici meravigliosi del genoma umano? Ha bisogno di un Salvatore l’uomo che ha inventato la comunicazione interattiva, che naviga nell’oceano virtuale di internet e, grazie alle più moderne ed avanzate tecnologie massmediali, ha ormai reso la Terra, questa grande casa comune, un piccolo villaggio globale? Si presenta come sicuro ed autosufficiente artefice del proprio destino, fabbricatore entusiasta di indiscussi successi quest’uomo del secolo ventunesimo.
Sembra, ma così non è. Si muore ancora di fame e di sete, di malattia e di povertà in questo tempo di abbondanza e di consumismo sfrenato. C’è ancora chi è schiavo, sfruttato e offeso nella sua dignità; chi è vittima dell’odio razziale e religioso, ed è impedito da intolleranze e discriminazioni, da ingerenze politiche e coercizioni fisiche o morali, nella libera professione della propria fede. C’è chi vede il proprio corpo e quello dei propri cari, specialmente bambini, martoriato dall’uso delle armi, dal terrorismo e da ogni genere di violenza in un’epoca in cui tutti invocano e proclamano il progresso, la solidarietà e la pace per tutti. E che dire di chi, privo di speranza, è costretto a lasciare la propria casa e la propria patria per cercare altrove condizioni di vita degne dell’uomo? Che fare per aiutare chi è ingannato da facili profeti di felicità, chi è fragile nelle relazioni e incapace di assumere stabili responsabilità per il proprio presente e per il proprio futuro, si trova a camminare nel tunnel della solitudine e finisce spesso schiavo dell’alcool o della droga? Che pensare di chi sceglie la morte credendo di inneggiare alla vita?
Come non sentire che proprio dal fondo di questa umanità gaudente e disperata si leva un’invocazione straziante di aiuto? È Natale: oggi entra nel mondo "la luce vera, quella che illumina ogni uomo" (Gv 1,9). "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (ibid., 1,14), proclama l’evangelista Giovanni. Oggi, proprio oggi, Cristo viene nuovamente "fra la sua gente" e a chi l’accoglie dà "il potere di diventare figlio di Dio"; offre cioè l’opportunità di vedere la gloria divina e di condividere la gioia dell’Amore, che a Betlemme si è fatto carne per noi. Oggi, anche oggi, "il nostro Salvatore è nato nel mondo", perché sa che abbiamo bisogno di Lui. Malgrado le tante forme di progresso, l’essere umano è rimasto quello di sempre: una libertà tesa tra bene e male, tra vita e morte. È proprio lì, nel suo intimo, in quello che la Bibbia chiama il "cuore", che egli ha sempre necessità di essere "salvato". E nell’attuale epoca post moderna ha forse ancora più bisogno di un Salvatore, perché più complessa è diventata la società in cui vive e più insidiose si sono fatte le minacce per la sua integrità personale e morale. Chi può difenderlo se non Colui che lo ama al punto da sacrificare sulla croce il suo unigenito Figlio come Salvatore del mondo?
"Salvator noster", Cristo è il Salvatore anche dell’uomo di oggi. Chi farà risuonare in ogni angolo della Terra, in maniera credibile, questo messaggio di speranza? Chi si adopererà perché sia riconosciuto, tutelato e promosso il bene integrale della persona umana, quale condizione della pace, rispettando ogni uomo e ogni donna nella propria dignità? Chi aiuterà a comprendere che con buona volontà, ragionevolezza e moderazione è possibile evitare che i contenziosi si inaspriscano e condurli, anzi, a soluzioni eque? Con viva apprensione penso, in questo giorno di festa, alla regione del Medio Oriente, segnata da innumerevoli e gravi crisi e conflitti, ed auspico che si apra a prospettive di pace giusta e duratura, nel rispetto degli inalienabili diritti dei popoli che la compongono. Metto nelle mani del divino Bambino di Betlemme i segnali di ripresa del dialogo tra Israeliani e Palestinesi, di cui siamo stati testimoni in questi giorni, e la speranza di ulteriori confortanti sviluppi. Confido che, dopo tante vittime, distruzioni e incertezze, sopravviva e progredisca un Libano democratico, aperto agli altri, in dialogo con le culture e le religioni. Faccio appello a quanti hanno in mano i destini dell'Iraq, perché cessi l'efferata violenza che insanguina il Paese e sia assicurata ad ogni suo abitante un'esistenza normale. Invoco Dio perché nello Sri Lanka trovi ascolto, nelle parti in lotta, l'anelito delle popolazioni per un avvenire di fraternità e di solidarietà; perché nel Darfur e dovunque in Africa si ponga fine ai conflitti fratricidi e vengano presto rimarginate le ferite aperte nella carne di quel Continente, si consolidino i processi di riconciliazione, di democrazia e di sviluppo. Conceda il divino Bambino, Principe della pace, che si estinguano quei focolai di tensione che rendono incerto il futuro di altre parti del mondo, in Europa come in America Latina.
"Salvator noster": questa è la nostra speranza; questo è l’annuncio che la Chiesa fa risuonare anche nell’odierno Natale. Con l’Incarnazione, ricorda il Concilio Vaticano II, il Figlio di Dio si è unito in un certo modo ad ogni uomo (cfr Gaudium et spes, 22). Perciò il Natale del Capo è anche il natale del corpo, come notava il Pontefice san Leone Magno. A Betlemme è nato il popolo cristiano, corpo mistico di Cristo nel quale ogni membro è intimamente unito all’altro in una totale solidarietà. Il nostro Salvatore è nato per tutti. Dobbiamo proclamarlo non solo con le parole, ma anche con l’intera nostra vita, dando al mondo la testimonianza di comunità unite ed aperte, nelle quali regna la fraternità e il perdono, l’accoglienza e il servizio reciproco, la verità, la giustizia e l’amore.
Comunità salvata da Cristo. Questa è la vera natura della Chiesa, che si nutre della sua Parola e del suo Corpo eucaristico. Solo riscoprendo il dono ricevuto la Chiesa può testimoniare a tutti Cristo Salvatore; lo fa con entusiasmo e passione, nel pieno rispetto di ogni tradizione culturale e religiosa; lo fa con gioia sapendo che Colui che annuncia non toglie nulla di ciò che è autenticamente umano, ma lo porta al suo compimento. In verità, Cristo viene a distruggere soltanto il male, solo il peccato; il resto, tutto il resto Egli eleva e perfeziona. Cristo non ci salva dalla nostra umanità, ma attraverso di essa; non ci salva dal mondo, ma è venuto nel mondo perché il mondo si salvi per mezzo di Lui (cfr Gv 3,17).
Cari fratelli e sorelle, dovunque voi siate, vi giunga questo messaggio di gioia e di speranza: Dio si è fatto uomo in Gesù Cristo, è nato da Maria Vergine e rinasce oggi nella Chiesa. È Lui a portare a tutti l’amore del Padre celeste. È Lui il Salvatore del mondo! Non temete, apritegli il cuore, accoglietelo, perché il suo Regno di amore e di pace diventi comune eredità di tutti. Buon Natale!
[01892-01.01] [Testo originale: Italiano]
● TRADUZIONE IN LINGUA FRANCESE
«Salvator noster natus est in mundo» (Missel romain).
«Dans le monde un enfant est né: Dieu, notre Sauveur !» Cette nuit, une fois encore, nous avons entendu dans nos églises cette annonce qui, malgré la suite des siècles, conserve intacte sa fraîcheur. C’est une annonce venue du ciel, qui invite à ne pas craindre parce qu’a jailli «une grande joie pour tout le peuple» (Lc 2, 10). C’est une annonce d’espérance parce qu’elle fait savoir que, une nuit, il y a plus de deux mille ans, «est né un Sauveur, dans la ville de David. Il est le Messie, le Seigneur» (Lc 2, 11). Aux bergers qui se trouvaient alors sur la colline de Bethléem, comme à nous aujourd’hui, habitants de notre terre, l’Ange de Noël répète: «Le Sauveur est né; il est né pour vous ! Venez, venez l’adorer» !
Mais, pour l’homme du troisième millénaire, un «Sauveur» a-t-il encore une valeur et un sens ? Un «Sauveur» est-il encore nécessaire pour l’homme qui a rejoint la Lune et Mars, et qui se prépare à conquérir l’univers; pour l’homme qui recherche sans limites les secrets de la nature et qui réussit même à déchiffrer les codes prodigieux du génome humain ? A-t-il besoin d’un Sauveur l’homme qui a inventé la communication interactive, qui navigue sur l’océan virtuel d’internet et qui, grâce aux technologies les plus modernes et les plus avancées des mass média, a fait désormais de la terre, cette grande maison commune, un petit village global ? L’homme du vingt et unième siècle se présente comme l’artisan de son destin, sûr de lui et autosuffisant, comme l’auteur enthousiaste d’indiscutables succès.
Cela semble être ainsi, mais ce n’est pas le cas. En ce temps d’abondance et de consommation effrénée, on meurt encore de faim et de soif, de maladie et de pauvreté. Il y a aussi l’être humain réduit en esclavage, exploité et offensé dans sa dignité; celui qui est victime de la haine raciale et religieuse, et qui, dans la libre profession de sa foi, est entravé par des intolérances et des discriminations, par des ingérences politiques et des pressions physiques ou morales. Il y a celui qui voit son corps et le corps de ses proches, tout particulièrement des enfants, mutilés par l’utilisation des armes, par le terrorisme et par toute sorte de violence, à une époque où tous invoquent et revendiquent le progrès, la solidarité et la paix pour tous. Et que dire de la personne qui, privée d’espérance, est contrainte de laisser sa maison et sa patrie, pour chercher ailleurs des conditions de vie dignes de l’homme ? Que faire pour aider la personne qui, trompée par des prophètes de bonheur facile, celle qui, fragile sur le plan relationnel et incapable d’assumer des responsabilités stables pour sa vie présente et pour son avenir, en arrive à marcher dans le tunnel de la solitude et finit souvent esclave de l’alcool ou de la drogue? Que penser de celle qui choisit la mort en croyant chanter un hymne à la vie ?
Comment ne pas voir que c’est justement du fond de l’humanité avide de jouissance et désespérée que s’élève un cri déchirant d’appel à l’aide ? C’est Noël: aujourd’hui dans notre monde entre «la vraie Lumière, qui éclaire tout homme» (Jn 1, 9). «Le Verbe s’est fait chair, il a habité parmi nous» (1, 14), proclame l’évangéliste Jean. Aujourd’hui, oui aujourd’hui, le Christ vient à nouveau «chez les siens» et, à celui qui l’accueille, il donne «le pouvoir de devenir enfant de Dieu»; il nous est ainsi donné de voir la gloire divine et de partager la joie de l’Amour, qui s’est fait chair pour nous à Bethléem. Aujourd’hui, encore aujourd’hui, «notre Sauveur est né dans le monde», parce qu’il sait que nous avons besoin de lui. Malgré les nombreuses formes de progrès, l’être humain est resté ce qu’il est depuis toujours : une liberté tendue entre bien et mal, entre vie et mort. C’est précisément là, au plus intime de lui-même, dans ce que la Bible nomme le «cœur», qu’il a toujours besoin d’être «sauvé». Et, à notre époque post moderne, il a peut-être encore plus besoin d’un Sauveur, parce que la société dans laquelle il vit est devenue plus complexe et que les menaces qui pèsent sur son intégrité personnelle et morale sont devenues plus insidieuses. Qui peut le défendre sinon Celui qui l’aime au point de sacrifier son Fils unique sur la croix comme Sauveur du monde ?
«Salvator noster», le Christ est aussi le Sauveur de l’homme d’aujourd’hui. Qui fera entendre en tout point de la Terre, de manière crédible, ce message d’espérance? Qui s’emploiera pour que soit reconnu, protégé et promu le bien intégral de la personne humaine, qui est une condition de la paix, respectant tout homme et toute femme dans sa dignité? Qui aidera à comprendre que, avec de la bonne volonté, du bon sens et de la modération, il est possible d’éviter que les contentieux se durcissent et, qu’il est même possible de les résoudre par des solutions équitables? Avec une forte appréhension, je pense, en ce jour de fête, à la région du Moyen-Orient, marquée par d’innombrables et graves crises et conflits, et je souhaite qu’elle s’ouvre à des perspectives de paix juste et durable, dans le respect des droits inaliénables des peuples qui la composent. Je mets entre les mains de l’Enfant divin de Bethléem les signaux de reprise du dialogue entre Israéliens et Palestiniens, dont nous avons été témoins ces jours-ci, et l’espérance d’autres développements réconfortants. J’ai confiance que, après tant de victimes, de destructions et d’incertitudes, survive et progresse un Liban démocratique, ouvert aux autres, dans le dialogue entre les cultures et entre les religions. Je lance un appel à tous ceux qui ont entre les mains les destinées de l’Irak, pour que cesse la violence atroce qui ensanglante le pays et que soit assurée à chacun de ses habitants une existence normale. J’invoque Dieu pour qu’au Sri Lanka soit écouté, dans les zones en conflit, le désir des populations d’avoir un avenir de fraternité et de solidarité; pour qu’au Darfour et partout en Afrique il soit mis fin aux conflits fratricides et que soient rapidement cicatrisées les blessures ouvertes dans la chair de ce Continent, et que se consolident les processus de réconciliation, de démocratie et de développement. Que l’Enfant divin, Prince de la paix, permette que s’éteignent les foyers de tension qui rendent incertain l’avenir d’autres parties du monde, en Europe comme en Amérique latine.
«Salvator noster» : telle est notre espérance; telle est l’annonce que l’Église fait retentir aussi en ce jour de Noël. Par l’Incarnation, rappelle le Concile Vatican II, le Fils de Dieu s’est en quelque sorte uni à tout homme (cf. Gaudium et spes, n. 22). C’est pourquoi la Naissance de la Tête est aussi la naissance du corps, comme le notait le Pape saint Léon le Grand. À Bethléem est né le peuple chrétien, corps mystique du Christ dans lequel tout membre est intimement uni aux autres dans une totale solidarité. Notre Sauveur est né pour tous. Nous devons le proclamer non seulement en paroles, mais aussi par toute notre vie, donnant au monde le témoignage de communautés unies et ouvertes, dans lesquelles règnent la fraternité et le pardon, l’accueil et le service mutuel, la vérité, la justice et l’amour.
Communauté sauvée par le Christ. Telle est la vraie nature de l’Église, qui se nourrit de sa Parole et de son Corps eucharistique. C’est seulement en redécouvrant le don reçu que l’Église peut témoigner du Christ Sauveur à tous les hommes; elle le fait avec enthousiasme et passion, dans le plein respect de chaque tradition culturelle et religieuse; elle le fait avec joie, sachant que Celui qu’elle annonce n’enlève rien de ce qui est authentiquement humain, mais qu’il le porte à son accomplissement. En vérité, le Christ ne vient détruire que le mal, que le péché; le reste, tout le reste, il l’élève et le porte à la perfection. Le Christ ne nous sauve pas de notre humanité, mais il nous sauve à travers elle, il ne nous sauve pas du monde, mais il est venu dans le monde pour que le monde soit sauvé par lui (cf. Jn 3, 17).
Chers frères et sœurs, où que vous soyez, que ce message de joie et d’espérance vous rejoigne : Dieu s’est fait homme en Jésus Christ, il est né de la Vierge Marie et il renaît aujourd’hui dans l’Église. C’est lui qui porte à tous l’amour du Père céleste. C’est lui le Sauveur du monde! N’ayez pas peur, ouvrez-lui votre cœur, accueillez-le, pour que son Règne d’amour et de paix devienne l’héritage commun de tous. Joyeux Noël !
[01892-03.01] [Texte original: Italien]
● TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
"Salvator noster natus est in mundo" (Roman Missal)
"Our Saviour is born to the world!" During the night, in our Churches, we again heard this message that, notwithstanding the passage of the centuries, remains ever new. It is the heavenly message that tells us to fear not, for "a great joy" has come "to all the people" (Lk 1:10). It is a message of hope, for it tells us that, on that night over two thousand years ago, there "was born in the city of David a Saviour, who is Christ the Lord" (Lk 2:11). The Angel of Christmas announced it then to the shepherds out on the hills of Bethlehem; today the Angel repeats it to us, to all who dwell in our world: "The Saviour is born; he is born for you! Come, come, let us adore him!".
But does a "Saviour" still have any value and meaning for the men and women of the third millennium? Is a "Saviour" still needed by a humanity which has reached the moon and Mars and is prepared to conquer the universe; for a humanity which knows no limits in its pursuit of nature’s secrets and which has succeeded even in deciphering the marvellous codes of the human genome? Is a Saviour needed by a humanity which has invented interactive communication, which navigates in the virtual ocean of the internet and, thanks to the most advanced modern communications technologies, has now made the Earth, our great common home, a global village? This humanity of the twenty-first century appears as a sure and self-sufficient master of its own destiny, the avid proponent of uncontested triumphs.
So it would seem, yet this is not the case. People continue to die of hunger and thirst, disease and poverty, in this age of plenty and of unbridled consumerism. Some people remain enslaved, exploited and stripped of their dignity; others are victims of racial and religious hatred, hampered by intolerance and discrimination, and by political interference and physical or moral coercion with regard to the free profession of their faith. Others see their own bodies and those of their dear ones, particularly their children, maimed by weaponry, by terrorism and by all sorts of violence, at a time when everyone invokes and acclaims progress, solidarity and peace for all. And what of those who, bereft of hope, are forced to leave their homes and countries in order to find humane living conditions elsewhere? How can we help those who are misled by facile prophets of happiness, those who struggle with relationships and are incapable of accepting responsibility for their present and future, those who are trapped in the tunnel of loneliness and who often end up enslaved to alcohol or drugs? What are we to think of those who choose death in the belief that they are celebrating life?
How can we not hear, from the very depths of this humanity, at once joyful and anguished, a heart-rending cry for help? It is Christmas: today "the true light that enlightens every man" (Jn 1:9) came into the world. "The word became flesh and dwelt among us" (Jn 1:14), proclaims the Evangelist John. Today, this very day, Christ comes once more "unto his own", and to those who receive him he gives "the power to become children of God"; in a word, he offers them the opportunity to see God’s glory and to share the joy of that Love which became incarnate for us in Bethlehem. Today "our Saviour is born to the world", for he knows that even today we need him. Despite humanity’s many advances, man has always been the same: a freedom poised between good and evil, between life and death. It is there, in the very depths of his being, in what the Bible calls his "heart", that man always needs to be "saved". And, in this post-modern age, perhaps he needs a Saviour all the more, since the society in which he lives has become more complex and the threats to his personal and moral integrity have become more insidious. Who can defend him, if not the One who loves him to the point of sacrificing on the Cross his only-begotten Son as the Saviour of the world?
"Salvator noster": Christ is also the Saviour of men and women today. Who will make this message of hope resound, in a credible way, in every corner of the earth? Who will work to ensure the recognition, protection and promotion of the integral good of the human person as the condition for peace, respecting each man and every woman and their proper dignity? Who will help us to realize that with good will, reasonableness and moderation it is possible to avoid aggravating conflicts and instead to find fair solutions? With deep apprehension I think, on this festive day, of the Middle East, marked by so many grave crises and conflicts, and I express my hope that the way will be opened to a just and lasting peace, with respect for the inalienable rights of the peoples living there. I place in the hands of the divine Child of Bethlehem the indications of a resumption of dialogue between the Israelis and Palestinians, which we have witnessed in recent days, and the hope of further encouraging developments. I am confident that, after so many victims, destruction and uncertainty, a democratic Lebanon, open to others and in dialogue with different cultures and religions, will survive and progress. I appeal to all those who hold in their hands the fate of Iraq, that there will be an end to the brutal violence that has brought so much bloodshed to the country, and that every one of its inhabitants will be safe to lead a normal life. I pray to God that in Sri Lanka the parties in conflict will heed the desire of the people for a future of brotherhood and solidarity; that in Darfur and throughout Africa there will be an end to fratricidal conflicts, that the open wounds in that continent will quickly heal and that the steps being made towards reconciliation, democracy and development will be consolidated. May the Divine Child, the Prince of Peace, grant an end to the outbreaks of tension that make uncertain the future of other parts of the world, in Europe and in Latin America.
"Salvator noster": this is our hope; this is the message that the Church proclaims once again this Christmas day. With the Incarnation, as the Second Vatican Council stated, the Son of God has in some way united himself with each man and women (cf. Gaudium et Spes, 22). The birth of the Head is also the birth of the body, as Pope Saint Leo the Great noted. In Bethlehem the Christian people was born, Christ’s mystical body, in which each member is closely joined to the others in total solidarity. Our Saviour is born for all. We must proclaim this not only in words, but by our entire life, giving the world a witness of united, open communities where fraternity and forgiveness reign, along with acceptance and mutual service, truth, justice and love.
A community saved by Christ. This is the true nature of the Church, which draws her nourishment from his Word and his Eucharistic Body. Only by rediscovering the gift she has received can the Church bear witness to Christ the Saviour before all people. She does this with passionate enthusiasm, with full respect for all cultural and religious traditions; she does so joyfully, knowing that the One she proclaims takes away nothing that is authentically human, but instead brings it to fulfilment. In truth, Christ comes to destroy only evil, only sin; everything else, all the rest, he elevates and perfects. Christ does not save us from our humanity, but through it; he does not save us from the world, but came into the world, so that through him the world might be saved (cf. Jn 3:17).
Dear brothers and sisters, wherever you may be, may this message of joy and hope reach your ears: God became man in Jesus Christ, he was born of the Virgin Mary and today he is reborn in the Church. He brings to all the love of the Father in heaven. He is the Saviour of the world! Do not be afraid, open your hearts to him and receive him, so that his Kingdom of love and peace may become the common legacy of each man and woman. Happy Christmas!
[01892-02.01] [Original text: Italian]
● TRADUZIONE IN LINGUA TEDESCA
„Salvator noster natus est in mundo" (Missale Romanum)
„Heute ist uns der Heiland geboren!" Heute nacht haben wir erneut in unseren Kirchen diese Botschaft vernommen, die trotz des Laufs der Jahrhunderte unverändert ihre Frische behält. Es ist eine himmlische Botschaft, die uns dazu einlädt, keine Furcht zu haben, da „eine große Freude, die dem ganzen Volk zuteil werden soll" (Lk 2, 10), aufgebrochen ist. Es ist eine Botschaft der Hoffnung, weil sie bekannt macht, daß in jener Nacht vor über zweitausend Jahren „in der Stadt Davids der Retter geboren wurde; er ist der Messias, der Herr" (Lk 2, 11). Damals erging diese Botschaft an die Hirten auf den Feldern und Hügeln von Bethlehem; heute richtet sie der Engel von Weihnachten erneut an uns, allesamt Bewohner dieser unserer Welt: „Der Heiland ist geboren; er ist für euch geboren! Kommt, kommt, um ihn anzubeten!"
Aber hat ein „Heiland" noch Wert und Bedeutung für den Menschen des dritten Jahrtausends? Ist noch ein „Erlöser" für den Menschen notwendig, der den Mond und den Mars erreicht hat und sich auf die Eroberung des Universums vorbereitet? Für den Menschen, der ohne Grenzen die Geheimnisse der Natur erforscht und sogar in der Lage ist, die wunderbaren Codes des menschlichen Genoms zu entschlüsseln? Braucht noch einen Erlöser der Mensch, der die interaktive Kommunikation erfunden hat, der im virtuellen Raum des Internets surft und der dank der modernsten und fortgeschrittensten Technologien der Massenmedien aus der Erde, diesem großen gemeinsamen Haus, schon ein kleines globales Dorf gemacht hat? Dieser Mensch des einundzwanzigsten Jahrhunderts tritt als souveräner und sich selbst genügender Schöpfer des eigenen Schicksals auf, als begeisterter Macher unbestrittener Erfolge.
So scheint es, aber so ist es nicht. Immer noch sterben Menschen an Hunger und Durst, an Krankheit und aus Armut in dieser Zeit des Überflusses und des maßlosen Konsumismus. Immer noch gibt es Menschen, die versklavt, ausgebeutet und in ihrer Würde verletzt werden; immer noch gibt es Menschen, die aufgrund von Rasse und Religion Opfer des Hasses werden und die durch Intoleranz und Diskriminierung, durch politische Einmischung und physische oder moralische Zwänge am freien Bekenntnis ihres Glaubens gehindert werden. Es gibt Menschen, die erleben müssen, wie sie selbst und ihre Lieben, insbesondere die Kinder, durch Waffen, durch Terrorismus und durch jede Art von Gewalt gemartert werden in einer Zeit, in der alle den Fortschritt, die Solidarität und den Frieden für alle Menschen fordern und verkünden. Und was soll man von denen sagen, die keine Hoffnung haben und gezwungen sind, das eigene Haus und die eigene Heimat zu verlassen, um anderswo menschenwürdige Lebensbedingungen zu suchen? Was soll man tun, um denen zu helfen, die von leichtfertigen Glückspropheten getäuscht werden, die in brüchigen Beziehungen leben und nicht fähig sind, beständige Verantwortung für die eigene Gegenwart und die eigene Zukunft zu übernehmen, und so im Tunnel der Einsamkeit wandern und oft als Sklaven von Alkohol und Drogen enden? Was soll man von denen denken, die den Tod wählen in der Meinung, dabei dem Leben zu huldigen?
Wie könnte man überhören, daß eben aus dem Innersten dieser Menschheit, die sich freut und zugleich verzweifelt ist, ein qualvoller Hilfeschrei emporsteigt? Es ist Weihnachten: Heute kommt „das wahre Licht, das jeden Menschen erleuchtet" (Joh 1, 9), in die Welt. „Das Wort ist Fleisch geworden und hat unter uns gewohnt" (ebd., 1, 14), verkündet der Evangelist Johannes. Heute, ja heute, kommt Christus erneut „in sein Eigentum", und denen, die ihn aufnehmen, gibt er „Macht, Kinder Gottes zu werden"; er bietet also die Chance, die Herrlichkeit Gottes zu sehen und die Freude der Liebe zu teilen, die zu Bethlehem für uns Fleisch geworden ist. Heute, auch heute, „ist uns der Heiland geboren", denn er weiß, daß wir Ihn brauchen. Trotz aller Formen des Fortschritts ist der Mensch doch das geblieben, was er immer war: eine Freiheit, die zwischen Gut und Böse, zwischen Leben und Tod hin- und hergerissen ist. Und genau da, in seinem Inneren, in dem, was die Bibel das „Herz" nennt, muß er immer „erlöst" werden. Und in der heutigen postmodernen Zeit hat er vielleicht noch mehr einen Erlöser nötig, denn die Gesellschaft, in der er lebt, ist vielschichtiger und die Bedrohungen für seine persönliche und moralische Unversehrtheit sind heimtückischer geworden. Wer kann ihn da verteidigen, wenn nicht Er, der ihn so sehr liebt, daß Er am Kreuz Seinen eingeborenen Sohn als Erlöser der Welt hingegeben hat?
„Salvator noster", Christus ist der Erlöser auch des Menschen von heute. Wer läßt diese Botschaft der Hoffnung auf glaubhafte Weise an allen Enden der Erde erklingen? Wer setzt sich dafür ein, daß das umfassende Wohl des Menschen, das die Bedingung des Friedens ist, in der Achtung der Würde eines jeden Mannes und einer jeden Frau anerkannt, geschützt und gefördert wird? Wer hilft zu verstehen, daß es mit gutem Willen, mit Vernunft und Mäßigung möglich ist, eine Verschärfung der Kontroversen zu verhindern und diese vielmehr einer gerechten Lösung zuzuführen? Mit großer Sorge denke ich an diesem Festtag an den Nahen Osten, der von unzähligen und schweren Krisen und Konflikten betroffen ist. Ich hoffe, daß sich im Respekt der unveräußerlichen Rechte der Völker dieser Region Perspektiven für einen gerechten und dauerhaften Frieden eröffnen. In die Hände des Göttlichen Kindes lege ich die Zeichen der Wiederaufnahme des Dialogs zwischen Israelis und Palästinensern, die wir in diesen Tagen vernehmen durften, und die Hoffnung auf weitere ermutigende Entwicklungen. Ich vertraue darauf, daß nach den vielen Opfern, Zerstörungen und Ungewißheiten der Libanon in demokratischer Ordnung fortlebt und vorankommt und im Dialog mit den Kulturen und Religionen für die anderen offen ist. Einen Appell richte ich an diejenigen, die das Schicksal des Irak in Händen haben, daß die grausame Gewalt, die das Land mit Blut überzieht, ein Ende nehme und einem jeden Bewohner ein normales Leben gewährleistet werde. Ich rufe zu Gott, damit die kämpfenden Parteien auf Sri Lanka dem tiefen Verlangen der Volksgruppen nach einer Zukunft in Brüderlichkeit und Solidarität Gehör schenken; daß in Darfur und überall in Afrika den bruderkriegsartigen Konflikten ein Ende gesetzt wird und die offenen Wunden im Fleisch jenes Kontinents schnell geheilt werden, daß sich die Prozesse der Versöhnung, der Demokratisierung und der Entwicklung stabilisieren. Das Göttliche Kind, der Fürst des Friedens, gebe, daß jene Spannungsherde ausgetilgt werden, die in anderen Teilen der Welt, in Europa und in Lateinamerika die Zukunft unsicher machen.
„Salvator noster": das ist unsere Hoffnung; das ist die Botschaft, die die Kirche auch am heutigen Weihnachtsfest erklingen läßt. Mit der Menschwerdung, so sagt es das Zweite Vatikanische Konzil, hat sich der Sohn Gottes gewissermaßen mit jedem Menschen vereinigt (vgl. Gaudium et spes, 22). Weil die Geburt des Hauptes auch die Geburt des Leibes ist, wie der heilige Papst Leo der Große bemerkte, können wir daher sagen, daß zu Bethlehem das Volk der Christen, der mystische Leib Christi, geboren wurde, in dem jedes Glied auf innige Weise und in einer umfassenden Solidarität mit dem anderen verbunden ist. Unser Heiland ist für alle geboren. Das sollen wir nicht nur mit unseren Worten, sondern auch mit unserem ganzen Leben verkünden. So legen wir vor der Welt Zeugnis von Gemeinschaften ab, die geeint und zugleich offen sind, in denen Brüderlichkeit und Vergebung, Aufnahmebereitschaft und gegenseitiger Dienst, Wahrheit, Gerechtigkeit und Liebe herrschen.
Eine Gemeinschaft, die von Christus erlöst ist: das ist das wahre Wesen der Kirche, die sich aus Seinem Wort und aus Seinem eucharistischen Leib nährt. Nur wenn sie das Geschenk, das sie empfangen hat, als solches wiederentdeckt, kann die Kirche allen Menschen Christus, den Erlöser, bezeugen; das tut sie mit Begeisterung und Leidenschaft, in voller Achtung vor jeder kulturellen und religiösen Tradition; das tut sie mit Freude, da sie weiß, daß Er, den sie verkündet, nichts wegnimmt, was wirklich menschlich ist, sondern es zur Vollendung führt. In Wahrheit kommt Christus, um allein das Böse zu vernichten, allein die Sünde; das andere, alles andere erhebt Er und vervollkommnet Er. Christus erlöst uns nicht von unserem Menschsein, sondern durch das Menschsein, er erlöst uns nicht von der Welt, sondern er ist in die Welt gekommen, damit die Welt durch ihn gerettet wird (vgl. Joh 3, 17).
Liebe Brüder und Schwestern, wo immer ihr euch befindet, möge euch diese Botschaft der Freude und der Hoffnung erreichen: Gott ist in Jesus Christus Mensch geworden, er wurde von der Jungfrau Maria geboren und wird heute in der Kirche neu geboren. Er ist es, der allen die Liebe des himmlischen Vaters bringt. Er ist der Erlöser der Welt! Fürchtet euch nicht, öffnet Ihm euer Herz, nehmt Ihn auf, damit Sein Reich der Liebe und des Friedens das gemeinsame Erbe aller werde. Gesegnete Weihnachten!
[01892-05.01] [Originalsprache: Italienisch]
● TRADUZIONE IN LINGUA SPAGNOLA
"Salvator noster natus est in mundo" (Misal Romano).
¡"Nuestro Salvador ha nacido en el mundo"! Esta noche, una vez más, hemos escuchado en nuestras Iglesias este anuncio que, a través de los siglos, conserva inalterado su frescor. Es un anuncio celestial que invita a no tener miedo porque ha brotado una "gran alegría para todo el pueblo" (Lc 2,10). Es un anuncio de esperanza porque da a conocer que, en aquella noche de hace más de dos mil años, "en la ciudad de David, os ha nacido un Salvador: el Mesías, el Señor" (Lc 2,11). Entonces, a los pastores acampados en la colina de Belén; hoy, a nosotros, habitantes de este mundo nuestro, el Ángel de la Navidad repite: "Ha nacido el Salvador; ha nacido para vosotros. ¡Venid, venid a adorarlo!".
Pero, ¿tiene todavía valor y sentido un "Salvador" para el hombre del tercer milenio? ¿Es aún necesario un "Salvador" para el hombre que ha alcanzado la Luna y Marte, y se dispone a conquistar el universo; para el hombre que investiga sin límites los secretos de la naturaleza y logra descifrar hasta los fascinantes códigos del genoma humano? ¿Necesita un Salvador el hombre que ha inventado la comunicación interactiva, que navega en el océano virtual de internet y que, gracias a las más modernas y avanzadas tecnologías mediáticas, ha convertido la Tierra, esta gran casa común, en una pequeña aldea global? Este hombre del siglo veintiuno, artífice autosuficiente y seguro de la propia suerte, se presenta como productor entusiasta de éxitos indiscutibles.
Lo parece, pero no es así. Se muere todavía de hambre y de sed, de enfermedad y de pobreza en este tiempo de abundancia y de consumismo desenfrenado. Todavía hay quienes están esclavizados, explotados y ofendidos en su dignidad, quienes son víctimas del odio racial y religioso, y se ven impedidos de profesar libremente su fe por intolerancias y discriminaciones, por ingerencias políticas y coacciones físicas o morales. Hay quienes ven su cuerpo y el de los propios seres queridos, especialmente niños, destrozado por el uso de las armas, por el terrorismo y por cualquier tipo de violencia en una época en que se invoca y proclama por doquier el progreso, la solidaridad y la paz para todos. ¿Qué se puede decir de quienes, sin esperanza, se ven obligados a dejar su casa y su patria para buscar en otros lugares condiciones de vida dignas del hombre? ¿Qué se puede hacer para ayudar a los que, engañados por fáciles profetas de felicidad, a los que son frágiles en sus relaciones e incapaces de asumir responsabilidades estables ante su presente y ante su futuro, se encaminan por el túnel de la soledad y acaban frecuentemente esclavizados por el alcohol o la droga? ¿Qué se puede pensar de quien elige la muerte creyendo que ensalza la vida?
¿Cómo no darse cuenta de que, precisamente desde el fondo de esta humanidad placentera y desesperada, surge una desgarradora petición de ayuda? Es Navidad: hoy entra en el mundo "la luz verdadera, que alumbra a todo hombre" (Jn 1, 9). "La Palabra se hizo carne, y acampó entre nosotros" (ibíd. 1,14), proclama el evangelista Juan. Hoy, justo hoy, Cristo viene de nuevo "entre los suyos" y a quienes lo acogen les da "poder para ser hijos de Dios"; es decir, les ofrece la oportunidad de ver la gloria divina y de compartir la alegría del Amor, que en Belén se ha hecho carne por nosotros. Hoy, también hoy, "nuestro Salvador ha nacido en el mundo", porque sabe que lo necesitamos. A pesar de tantas formas de progreso, el ser humano es el mismo de siempre: una libertad tensa entre bien y mal, entre vida y muerte. Es precisamente en su intimidad, en lo que la Biblia llama el "corazón", donde siempre necesita ser salvado. Y en la época actual postmoderna necesita quizás aún más un Salvador, porque la sociedad en la que vive se ha vuelto más compleja y se han hecho más insidiosas las amenazas para su integridad personal y moral. ¿Quién puede defenderlo sino Aquél que lo ama hasta sacrificar en la cruz a su Hijo unigénito como Salvador del mundo?
"Salvator noster", Cristo es también el Salvador del hombre de hoy. ¿Quién hará resonar en cada rincón de la Tierra de manera creíble este mensaje de esperanza? ¿Quién se ocupará de que, como condición para la paz, se reconozca, tutele y promueva el bien integral de la persona humana, respetando a todo hombre y toda mujer en su dignidad? ¿Quién ayudará a comprender que con buena voluntad, racionabilidad y moderación, no sólo se puede evitar que los conflictos se agraven, sino llevarlos también hacia soluciones equitativas? En este día de fiesta, pienso con gran preocupación en la región del Oriente Medio, probada por numerosos y graves conflictos, y espero que se abra a una perspectiva de paz justa y duradera, respetando los derechos inalienables de los pueblos que la habitan. Confío al divino Niño de Belén los indicios de una reanudación del diálogo entre israelitas y palestinos que hemos observado estos días, así como la esperanza de ulteriores desarrollos reconfortantes. Confío en que, después de tantas víctimas, destrucciones e incertidumbres, reviva y progrese un Líbano democrático, abierto a los demás, en diálogo con las culturas y las religiones. Hago un llamamiento a los que tienen en sus manos el destino de Irak, para que cese la feroz violencia que ensangrienta el País y se asegure una existencia normal a todos sus habitantes. Invoco a Dios para que en Sri Lanka, en las partes en lucha, se escuche el anhelo de las poblaciones de un porvenir de fraternidad y solidaridad; para que en Dafur y en toda África se ponga término a los conflictos fraticidas, cicatricen pronto las heridas abiertas en la carne de ese Continente y se consoliden los procesos de reconciliación, democracia y desarrollo. Que el Niño Dios, Príncipe de la paz, haga que se extingan los focos de tensión que hacen incierto el futuro de otras partes del mundo, tanto en Europa como en Latinoamérica.
"Salvator noster": Ésta es nuestra esperanza; este es el anuncio que la Iglesia hace resonar también en esta Navidad. Con la encarnación, recuerda el Concilio Vaticano II, el Hijo de Dios se ha unido en cierto modo a cada hombre (cf. Gaudium et spes, 22). Por eso, puesto que la Navidad de la Cabeza es también el nacimiento del cuerpo, como enseñaba el Pontífice san León Magno, podemos decir que en Belén ha nacido el pueblo cristiano, cuerpo místico de Cristo en el que cada miembro está unido íntimamente al otro en una total solidaridad. Nuestro Salvador ha nacido para todos. Tenemos que proclamarlo no sólo con las palabras, sino también con toda nuestra vida, dando al mundo el testimonio de comunidades unidas y abiertas, en las que reina la hermandad y el perdón, la acogida y el servicio recíproco, la verdad, la justicia y el amor.
Comunidad salvada por Cristo. Ésta es la verdadera naturaleza de la Iglesia, que se alimenta de su Palabra y de su Cuerpo eucarístico. Sólo redescubriendo el don recibido, la Iglesia puede testimoniar a todos a Cristo Salvador; hay que hacerlo con entusiasmo y pasión, en el pleno respeto de cada tradición cultural y religiosa; y hacerlo con alegría, sabiendo que Aquél a quien anuncia nada quita de lo que es auténticamente humano, sino que lo lleva a su cumplimiento. En verdad, Cristo viene a destruir solamente el mal, sólo el pecado; lo demás, todo lo demás, lo eleva y perfecciona. Cristo no nos pone a salvo de nuestra humanidad, sino a través de ella; no nos salva del mundo, sino que ha venido al mundo para que el mundo se salve por medio de Él (cf. Jn 3,17).
Queridos hermanos y hermanas, dondequiera que os encontréis, que llegue hasta vosotros este mensaje de alegría y de esperanza: Dios se ha hecho hombre en Jesucristo; ha nacido de la Virgen María y renace hoy en la Iglesia. Él es quien lleva a todos el amor del Padre celestial. ¡Él es el Salvador del mundo! No temáis, abridle el corazón, acogedlo, para que su Reino de amor y de paz se convierta en herencia común de todos. ¡Feliz Navidad!
[01892-04.01] [Texto original: Italiano]
● TRADUZIONE IN LINGUA PORTOGHESE
«Salvator noster natus est in mundo» (Missal Romano)
«Hoje nasceu o nosso Salvador»! Esta noite, uma vez mais, escutámos em nossas Igrejas este anúncio que, apesar do transcurso dos séculos, mantém inalterado o seu fulgor. É anúncio celestial que convida a não temer porque se manifestou «uma grande alegria que será para todo o povo» (Lc 2,10). É anúncio de esperança porque dá a conhecer que, naquela noite de mais de dois mil anos, «na cidade de David, nasceu-vos um Salvador, que é o Cristo Senhor» (Lc 2,11). Então, aos pastores acampados sobre as colinas de Belém e, hoje a nós, habitantes de todo este nosso mundo, o Anjo do Natal repete: "Nasceu-vos hoje o Salvador; nasceu para vós! Vinde, vinde para adorá-Lo!".
Mas, tem ainda algum valor e significado um "Salvador" para o homem do terceiro milênio? Será ainda necessário um "Salvador" para o homem que alcançou a Lua e Marte, e se dispõe a conquistar o universo; para o homem que investiga indefinidamente os segredos da natureza e chega até decifrar os códigos maravilhosos do genoma humano? Necessita de um Salvador o homem que inventou a comunicação interativa, que navega no oceano virtual da Internet e, graças às mais modernas tecnologias dos meios de comunicação, já fez da Terra, esta grande casa comum, uma pequena aldeia global? Apresenta-se confiante e auto-suficiente artífice do próprio destino, fabricante entusiasta de indiscutíveis sucessos este homem do vigésimo primeiro século.
Parece, mas não é assim. Nesta época de abundância e de consumo desenfreado, ainda se morre de fome e de sede, de doença e de pobreza. Ainda existe quem é servo, explorado e ofendido na sua dignidade; quem é vítima do ódio racial e religioso, e é impedido, por intolerâncias e discriminações, por intromissões políticas e coerções físicas e morais, de professar livremente a própria fé. Há quem vê o próprio corpo e dos seus seres queridos, especialmente crianças, destroçado pelo uso das armas, pelo terrorismo e por todo o tipo de violência numa época em que se invoca e proclama o progresso, a solidariedade e a paz para todos. Ou mais, que dizer daquele que, privado de esperança, é obrigado a deixar a própria casa e a pátria para encontrar noutra parte condições de vida dignas para o homem? Que fazer para ajudar quem é enganado pelos falsos profetas de felicidade, quem é frágil nas relações e incapaz de assumir responsabilidades estáveis para o próprio presente e para o futuro, encontra-se percorrendo o túnel da solidão e, com freqüência, termina escravo do álcool e da droga? Que pensar de quem escolhe a morte pensando de exaltar a vida?
Como não pensar que, mesmo do fundo desta humanidade satisfeita e desesperada, levanta-se um clamor aflitivo de ajuda? É Natal: hoje entra no mundo «a luz verdadeira, que todo o homem ilumina» (Jo 1,9). «O Verbo fez-Se carne e habitou entre nós» (Ib. 1,14), proclama João evangelista. Hoje, precisamente hoje, Cristo vem novamente «entre os Seus» e a quem o recebe dá «o poder de se tornar filho de Deus»; ou seja, oferece a possibilidade de ver a glória divina e de compartilhar a alegria do Amor, que em Belém fez-se carne por nós. Hoje mesmo, "o nosso Salvador nasceu no mundo", porque sabe que precisamos d’Ele. Não obstante as numerosas formas de progresso, o ser humano permaneceu igual ao de sempre: uma liberdade dividida entre bem e mal, entre vida e morte. É precisamente ali, no seu íntimo, naquilo que a Bíblia chama de "coração", donde ele tem sempre necessidade de ser "salvo". E, talvez, na época atual pós-moderna, tem ainda mais necessidade de um Salvador, porque a sociedade em que vive tornou-se ainda mais complexa, e mais enganosas tornaram-se as ameaças para a sua integridade pessoal e moral. Quem pode defendê-lo senão Aquele que o ama, a ponto de sacrificar na cruz o seu Filho unigênito como Salvador do mundo?
"Salvator noster", Cristo é o Salvador, também do homem de hoje. Quem fará ressoar em cada canto da Terra, de modo credível, esta mensagem de esperança? Quem se empenhará a fim de que seja reconhecido, tutelado e promovido o bem integral da pessoa humana, como condição da paz, respeitando cada homem e cada mulher na própria dignidade? Quem ajudará a compreender que com boa vontade, sensatez e moderação é possível evitar que os contenciosos se agravem e, assim, levá-los a soluções justas? Com viva apreensão penso, neste dia de festa, na região do Oriente Médio, ferida por numerosos e graves crises e conflitos, e faço votos que se abra a perspectivas justas e duradouras de paz, no respeito dos direitos inalienáveis dos povos que a compõem. Deposito nas mãos do divino Menino de Belém os sinais do diálogo retomado entre Israelitas e Palestinos, que nos foi possível testemunhar nestes dias, e a esperança de novos reconfortantes progressos. Confio que, depois de tantas vítimas, destruições e incertezas, sobreviva e prospere um Líbano democrático, aberto aos outros, em diálogo com as culturas e as religiões. Faço um apelo a todos os que têm em mãos os destinos do Iraque, a fim de que cesse a inaudita violência que ensanguenta o País e seja assegurada, a cada um dos seus habitantes, uma existência normal. Invoco a Deus para que no Sri Lanka se ouça, entre as partes beligerantes, o anseio das populações por um futuro de fraternidade e de solidariedade; para que no Darfur e em qualquer parte da África acabem de vez os conflitos fratricidas, se cicatrizem logo as feridas abertas na carne daquele Continente e se consolidem os processos de reconciliação, de democracia e de desenvolvimento. Conceda o divino Menino, Príncipe da Paz, que se extingam aqueles focos de tensão que tornam incerto o futuro de outras partes do mundo, tanto na Europa como na América Latina.
"Salvator noster": esta é a nossa esperança; este é o anúncio que a Igreja faz ressoar também neste Natal. Com a Encarnação, lembra o Concílio Vaticano II, o Filho de Deus uniu-se de certa forma a cada homem (cf. Gaudium et spes, 22). O Natal é, pois, também o natal do corpo, como observava o Pontífice São Leão Magno. Em Belém nasceu o povo cristão, corpo místico de Cristo no qual cada membro está unido intimamente ao outro por uma total solidariedade. O nosso Salvador nasceu para todos. Devemos proclamá-lo não somente com palavras, mas também com toda a nossa vida, dando ao mundo o testemunho de comunidades unidas e abertas, nas quais reina a fraternidade e o perdão, a acolhida e o serviço recíproco, a verdade, a justiça e o amor.
Comunidade salvada por Cristo. Esta é a verdadeira natureza da Igreja, que se nutre da sua Palavra e do seu Corpo eucarístico. Só redescobrindo o dom recebido a Igreja pode testemunhar a todos o Cristo Salvador; fá-lo-á com entusiasmo e ardor, no pleno respeito de toda tradição cultural e religiosa; fá-lo-á com alegria sabendo que Aquele que anuncia nada priva daquilo que é autenticamente humano, mas leva-o ao seu completamento. Na verdade, Cristo vem somente para destruir o mal: o pecado. O resto, todo o resto Ele eleva e aperfeiçoa. Cristo não nos salva da nossa humanidade, mas através dela; não nos salva do mundo, mas veio no mundo para que o mundo seja salvo por meio d’Ele (cf. Jo 3,17).
Caros irmãos e irmãs, onde quer que estejam, chegue a vós esta mensagem de alegria e de esperança: Deus se fez homem em Jesus Cristo, nasceu da Virgem Maria e renasce hoje na Igreja. É Ele quem traz para todos o amor do Pai celestial. É Ele o Salvador do mundo! Não temam, abri vosso coração, acolhei-O, para que o seu Reino de amor e de paz se torne herança comum de todos. Feliz Natal!
[01892-06.01] [Texto original: Italiano]
● TRADUZIONE IN LINGUA POLACCA
"Salvator noster natus est in mundo" (Mszał Rzymski)
"Ziemia ujrzała swego Zbawiciela"! Tej nocy znów usłyszeliśmy w naszych kościołach wieść, która, choć przemijają wieki, jest wciąż nowa. Ta niebiańska wieść wzywa do wyzbycia się lęku, zwiastuje bowiem „radość wielką, która będzie udziałem całego narodu" (Łk 2, 10). Jest to pełna nadziei nowina, która głosi, że ponad dwa tysiące lat temu tej nocy, „w mieście Dawida narodził się Zbawiciel, którym jest Mesjasz, Pan" (por. Łk 2, 11). Jak wówczas pasterzom, którzy nocowali na wzgórzu betlejemskim, tak dzisiaj nam, mieszkańcom całego świata, Anioł powtarza: „Narodził się wam Zbawiciel! Pójdźcie pokłonić się Panu!"
Czy „Zbawiciel" znaczy jednak coś jeszcze i jaką ma wartość dla człowieka trzeciego tysiąclecia. Czy jest jeszcze potrzebny „Zbawiciel" człowiekowi, który dotarł na Księżyc i na Marsa, i usiłuje opanować wszechświat; człowiekowi, który nie stawiając sobie granic wnika w sekrety natury i potrafi odczytać nawet wspaniałe kody ludzkiego genotypu? Czy potrzebuje Zbawiciela człowiek, który wymyślił przekaz interaktywny w wirtualnym oceanie internetu, i dzięki współczesnym, zaawansowanym technologiom multimedialnym przekształcił Ziemię, wielki wspólny dom, w małą globalną wioskę? Człowiek dwudziestego pierwszego wieku sprawia wrażenie, że jest pewnym siebie i samowystarczalnym panem swojego przeznaczenia, rozentuzjazmowanym twórcą niezaprzeczalnych sukcesów.
Tak się wydaje, ale niestety tak nie jest. Wciąż, w epoce niepohamowanego dobrobytu i konsumpcjonizmu, nadal umiera się z głodu i pragnienia, na skutek choroby i biedy. Wciąż istnieją niewolnicy, których się wykorzystuje i pozbawia godności, są ofiary rasowej i religijnej nienawiści, są ci, którzy borykają się z przeszkodami wznoszonymi przez nietolerancję i dyskryminację, naciski polityczne i przymus fizyczny i moralny w wolnym wyznawaniu własnej wiary. Ciała wielu ludzi i ich bliskich noszą ślady środków rażenia, wojen i innych rodzajów przemocy, w epoce, w której wszyscy mówią o postępie, solidarności i pokoju. A cóż powiedzieć o tych, którzy pozbawieni nadziei, są zmuszeni opuścić własny dom i ojczyznę, aby szukać gdzie indziej warunków życia godnych człowieka? Co zrobić, aby pomóc tym, którzy omamieni przez fałszywych proroków szczęścia, bezbronni w relacjach i niezdolni do podjęcia trwałej odpowiedzialności za własne teraz i jutro, w samotności wchodzą do tunelu prowadzącego niejednokrotnie do uzależnienia od alkoholu albo narkotyków? Co myśleć o tych, którzy wybierają śmierć, wierząc, że sławią życie?
Czy można nie słyszeć, że właśnie z głębin tej ludzkości, rozbawionej i zdesperowanej, wznosi się przejmujące wołanie o pomoc? Jest Boże Narodzenie: dziś spływa na świat „światłość prawdziwa, która oświeca każdego człowieka" (J 1, 9). „Słowo stało się ciałem i zamieszkało wśród nas" – ogłasza Jan ewangelista (1, 14). Dziś, właśnie dziś, Chrystus ponownie przychodzi „do swoich", a temu, kto Go przyjmuje, „daje moc, aby się stał dzieckiem Bożym"; ofiaruje zatem możność ujrzenia chwały Bożej i radosnego udziału w Miłości, która w Betlejem dla nas stała się ciałem. Dziś, również dziś, „nasz Zbawiciel przyszedł na świat", bo wie, że Go potrzebujemy. Pomimo różnorodnego postępu istotą człowieka jest to, co zawsze: wolność zawieszona pomiędzy dobrem i złem, pomiędzy życiem i śmiercią. W głębi duszy, którą Biblia nazywa „sercem", człowiek zawsze potrzebuje zbawienia. Być może w aktualnej epoce postmodernistycznej jeszcze bardziej potrzebuje Zbawiciela, ponieważ społeczność, w której żyje, stała się bardziej złożona i bardziej zdradliwe niebezpieczeństwa grożą jego integralności osobowej i moralnej. Któż może obronić go, jeśli nie Ten, który kocha go tak dalece, że ofiarował na krzyżu swojego jednorodzonego Syna jako Zbawiciela świata?
„Salvator noster", Chrystus jest Zbawicielem także współczesnego człowieka. Kto w sposób przekonujący sprawi, by to przesłanie nadziei rozbrzmiewało w każdym zakątku Ziemi? Kto dołoży starań, aby było uznawane, szanowane i popierane integralne dobro osoby ludzkiej, jako warunek pokoju, w poszanowaniu godności każdego mężczyzny i każdej kobiety? Kto pomoże zrozumieć, że przy dobrej woli, dzięki roztropności i umiarkowaniu można uniknąć zaostrzenia się sporów i, co więcej, znaleźć sprawiedliwe ich rozwiązanie? W tym świątecznym dniu, z żywym niepokojem myślę o regionie Bliskiego Wschodu, w którym panują niezliczone i poważne kryzysy i konflikty, i życzę, aby dostrzegł perspektywy sprawiedliwego i trwałego pokoju, z poszanowaniem nienaruszalnych praw narodów, które go zamieszkują. W ręce Boskiego Dziecięcia składam oznaki podejmowania na nowo dialogu pomiędzy Izraelczykami i Palestyńczykami, którego świadkami byliśmy w ostatnich dniach, oraz nadzieję na jego rozwój. Ufam, że po wydarzeniach, które przyniosły tak wiele ofiar, zniszczenia i niepewności, ostanie się i będzie się rozwijał demokratyczny Liban, otwarty na innych w dialogu kultur i religii. Apeluję do tych, w których rękach leży los Iraku, aby ustała okrutna przemoc, która wykrwawia ten kraj, i by była zapewniona każdemu mieszkańcowi normalne życie. Proszę Boga, aby w Sri Lance, walczące stronnictwa dały posłuch pragnieniu ludów, by przyszłość była braterska i solidarna; by w Darfurze i wszędzie w Afryce ustały bratobójcze konflikty i by szybko zaleczono otwarte rany tego kontynentu, by umacniały się procesy prowadzące do pojednania, demokracji i rozwoju. Niech Boże Dziecię, Książę pokoju sprawi, aby wygasły zarzewia napięć, które czynią niepewną przyszłość innych części świata, Europy, czy Ameryki Łacińskiej.
„Salvator noster": oto nasza nadzieja; oto przesłanie, które Kościół głosi w dzisiejszym dniu Bożego Narodzenia. Poprzez Wcielenie, przypomina Sobór Watykański II, Syn Boży w pewien sposób zjednoczył się z każdym człowiekiem (por. GS, 22). Dlatego też Narodzenie Głowy jest także narodzeniem ciała, jak powiedział Papież Leon Wielki. W Betlejem narodził się lud chrześcijański, mistyczne Ciało Chrystusa, w którym każdy członek jest wewnętrznie zjednoczony z innymi w pełnej solidarności. Nasz Zbawiciel narodził się dla wszystkich. Powinniśmy głosić Go nie tylko słowami, ale także całym naszym życiem, dając światu świadectwo jako wspólnoty zjednoczone i otwarte, w których króluje braterstwo i przebaczenie, gościnność i wzajemna służba, prawda, sprawiedliwość i miłość.
Wspólnota zbawiona przez Chrystusa. Oto prawdziwa natura Kościoła, który karmi się Słowem i Jego Ciałem eucharystycznym. Jedynie wtedy, gdy Kościół doceni na nowo dar otrzymany, może dawać wszystkim świadectwo o Chrystusie Zbawcy; czyni to z entuzjazmem i zapałem, w pełni respektując każdą tradycję kulturową i religijną; czyni to z radością, wiedząc, że Ten którego obwieszcza nie ujmuje nic z tego, co jest prawdziwie ludzkie, ale wiedzie je ku pełni. Prawdę mówiąc, Chrystus przychodzi, aby zniszczyć jedynie zło, jedynie grzech; wszystko inne uwzniośla i doskonali. Chrystus nie zbawia nas od naszego człowieczeństwa, ale przez nie; nie zbawia nas od świata, ale przyszedł na świat, aby świat był przez Niego zbawiony (por. J 3, 17).
Drodzy bracia i siostry, gdziekolwiek jesteście, niech dotrze do was to orędzie radości i nadziei: Bóg stał się człowiekiem w Jezusie Chrystusie, narodził się z Maryi Dziewicy i na nowo rodzi się w Kościele. To On przynosi wszystkim miłość Ojca niebieskiego. To On jest Zbawicielem świata! Nie lękajcie się, otwórzcie serca, przyjmijcie Go, aby Jego królestwo miłości i pokoju stało się wspólnym dziedzictwem wszystkich. Szczęśliwych świąt Bożego Narodzenia!
[01892-09.01] [Testo originale: Italiano]
[B0675-XX.02]