CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL DOCUMENTO "ORIENTAMENTI PER UNA PASTORALE DEGLI ZINGARI" A CURA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA PASTORALE PER I MIGRANTI E GLI ITINERANTI ● INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. STEPHEN FUMIO HAMAO
● INTERVENTO DI S.E. MONS. AGOSTINO MARCHETTO
Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del documento "Orientamenti per una pastorale degli zingari" a cura del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.
Intervengono: l’Em.mo Card. Stephen Fumio Hamao, Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, e S.E. Mons. Agostino Marchetto, Segretario del medesimo Pontificio Consiglio.
Ne pubblichiamo gli interventi:
● INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. STEPHEN FUMIO HAMAO
TESTO IN LINGUA ORIGINALE
TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
TESTO IN LINGUA ORIGINALE
Introduzione
Dopo alcuni anni di attento studio e riflessione, sono lieto oggi di presentarvi gli Orientamenti per la Pastorale degli Zingari. Fu nel mio intervento alla XIV Assemblea Plenaria del nostro Pontificio Consiglio1, il 23 giugno 1999, in effetti, che feci menzione, per la prima volta, della necessità di redigere un tale Documento. All’inizio del 2001, quindi, un gruppo di esperti si riunì nel nostro Dicastero per esaminare un progetto di stesura che, nel novembre dello stesso anno, fu presentato a tutti i Direttori Nazionali e ad alcuni esperti. Il risultato, però, non fu soddisfacente. Pertanto, nel 2002, fu deciso di chiedere ad un esperto unico di preparare un nuovo instrumentum laboris, chiamato "Jalons", che potesse servire da base per il lavoro futuro.
Successivamente, il V Congresso Mondiale della Pastorale degli Zingari, svoltosi a Budapest nel 2003, diede l’opportunità di ampliare ed approfondire gli aspetti teologici ed ecclesiologici di un tale ministero. Lunga strada è stata percorsa da allora per la stesura dell’attuale Documento, che è passato fra le mani di altri esperti, tra cui Zingari stessi, Operatori pastorali e Vescovi, senza tralasciare i nostri Membri e Consultori. Furono chieste osservazioni anche a vari Dicasteri della Curia Romana, in modo tale da situare questa pastorale nella più ampia cornice della missione universale della Chiesa. Il nostro Documento prende quindi in considerazione tutto il materiale rilevante di questo iter (cfr. Orientamenti n. 3).
Una missione speciale
Le origini della pastorale specifica degli Zingari (intendo nell’era contemporanea), risalgono alla prima metà del ventesimo secolo, grazie ad iniziative individuali di alcuni zelanti sacerdoti di Francia, Germania, Italia e Spagna. La Santa Sede la riconobbe come missione speciale nel 1965, dopo il primo storico pellegrinaggio internazionale degli Zingari a Roma2, con la creazione del Segretariato Internazionale dell’Apostolato dei Nomadi in seno all’allora Sacra Congregazione Concistoriale (ora Congregazione per i Vescovi). Detto Segretariato fu, in seguito, integrato nella Pontificia Commissione per la Pastorale dei Migranti e del Turismo, istituita da Papa Paolo VI nel 19703. Con la Costituzione Apostolica "Pastor Bonus"4, di Giovanni Paolo II, la Commissione divenne un Consiglio con propria autonomia.
Necessità del Documento
La necessità di Orientamenti era evidente fin dall’inizio, ma poiché lo specifico apostolato per i nomadi era ancora ai primi passi, si ritenne di promuoverlo, anzitutto, in tutti i Paesi in cui ci fosse un numero consistente di Zingari cattolici e preparare poi le linee guida sulla base di esperienza e studio. Ora, dopo oltre quarant’anni, posso felicemente affermare che la pastorale in favore degli Zingari è ben costituita in quasi tutti i Paesi europei, in alcune zone dell’America Centrale e Meridionale e in qualche Paese dell’Asia (India, Bangladesh e Filippine). Ciò è espressione della sollecitudine missionaria della Chiesa e, pertanto, questo Documento si rivolge non solo a coloro che sono coinvolti – Zingari e non – in questo specifico campo pastorale, ma anche alla Chiesa nella sua organizzazione territoriale (ib. n. 4).
Gruppo etnico
Gli Zingari, gruppo etnico specifico che – probabilmente – ebbe la sua origine nella zona nord-occidentale dell’India, sono conosciuti sotto vari nomi (Rom, Sinti, Manouches, Kalé, Gitans, Yeniches, ecc.). Sebbene il Documento si riferisca agli Zingari, il cui numero – nella sola Europa –si aggira attorno ai quindici milioni, esso risulta valido anche per altri nomadi, che condividono condizioni di vita simili, nei vari Continenti. Ad ogni modo, il nomadismo non è l’unica caratteristica degli Zingari, anche perché molti sono ora residenti in maniera permanente o semi-permanente. È la loro diversità etnica, la loro cultura e antiche tradizioni che si devono cioè prendere in considerazione. Pertanto le Chiese locali nei Paesi in cui essi vivono potranno trovare ispirazione pastorale nei presenti Orientamenti, adattandoli, ovviamente, alle circostanze, necessità ed esigenze di ciascun gruppo (ib. nn. 5-6).
Segni positivi di evoluzione
Vi sono, felicemente, molti segnali di evoluzione positiva nel modo zingaro tradizionale di vivere e pensare. Il crescente desiderio di istruzione e formazione professionale, di consapevolezza sociale e politica con la formazione di associazioni e partiti, la crescente partecipazione nelle amministrazioni locali e nazionali in alcuni Paesi, la presenza delle donne nella vita sociale e civile, il numero sempre maggiore di vocazioni al diaconato permanente, al sacerdozio e alla vita religiosa tra di loro, ecc., sono infatti segni molto incoraggianti. A ciò ha contribuito anche la promozione cristiana e sociale intrapresa dalla Chiesa cattolica, indirizzata, in particolare, dagli insegnamenti di Paolo VI e Giovanni Paolo II. Fu poi con una certa dose di orgoglio collettivo che, il 4 Maggio 1997, gli Zingari assistettero alla beatificazione del martire spagnolo Ceferino Jiménez Malla5, primo Zingaro ad essere elevato agli onori degli altari (ib. n. 21).
Diritto ad una propria identità
"Dalla nascita alla morte – attestò Papa Giovanni Paolo II – la condizione di ciascun individuo è quella dell’homo viator"6, che è espressa certamente nella vita degli Zingari. Nonostante, però, il loro diritto a tale identità, indifferenza o opposizione non mancano nei confronti della popolazione zingara. Molti sono, infatti, coloro che condividono abituali pregiudizi, mentre persistono segni di rifiuto, che spesso non suscitano la reazione o la protesta da parte di coloro che ne sono testimoni. Tutto ciò ha causato indicibili sofferenze, come sappiamo nel corso della storia, con persecuzioni che hanno toccato il culmine nel secolo scorso. Orbene, tale situazione dovrebbe scuotere la coscienza di ciascuno, destando solidarietà nei confronti di questa popolazione.
Anche la Chiesa – è ovvio – è chiamata a riconoscere il loro diritto ad avere una propria identità, risvegliando le coscienze, al fine di ottenere maggiore giustizia per essi. Naturalmente, gli Zingari hanno anche dei doveri nei confronti delle popolazioni circostanti. In questo contesto, ricordo che, nel corso della Messa del Perdono, celebrata in Piazza San Pietro il 12 Marzo in occasione del Grande Giubileo dell’Anno 2000, alla presenza del Sommo Pontefice, invitai a pregare affinché "i cristiani sappiano pentirsi delle parole e dei comportamenti che a volte sono stati loro suggeriti dall’orgoglio, dall’odio, dalla volontà di dominio sugli altri, dall’inimicizia verso gli aderenti ad altre religioni e verso gruppi sociali più deboli, come quelli degli immigrati e degli zingari"7 (cfr. ib. n. 74).
Un permanente andare
Segnata molte volte da persecuzione, esilio, inospitalità, rifiuto, sofferenza e discriminazione, la storia degli Zingari è stata forgiata da un permanente andare che li distingue dagli altri. Ciò ha dato origine ad un’identità che si esprime in lingue proprie, ed ha una cultura e una religiosità con tradizioni comuni e un forte senso di appartenenza, e relativi legami. Così, grazie a loro, l’umanità si arricchisce di un vero patrimonio culturale. Infatti "la loro saggezza non è scritta in nessun libro, ma non per questo è meno eloquente"8. Il loro modo di vita è, in fondo, una testimonianza viva di una libertà interiore rispetto ai vincoli del consumismo e delle false sicurezze fondate sulla presunta autosufficienza dell’uomo. Peraltro – come è detto negli Orientamenti – non va dimenticata la saggezza popolare che anche dice: "Aiutati, che Iddio ti aiuta" (ib. n. 28).
Nuova evangelizzazione
Questi Orientamenti sono un segno che la Chiesa ha una specifica preoccupazione per gli Zingari. Essi sono cioè oggetto di un particolare atteggiamento pastorale in ossequio alla loro cultura che, come tutte, dovrà però passare attraverso il mistero pasquale, di morte e resurrezione. Ciascuno, infatti, va accolto nella Chiesa, nella quale non c’è posto per emarginazione ed esclusione. Il Vangelo, uno ed unico, è quindi annunciato in modo adeguato tenendo conto delle diverse culture e tradizioni: è questo il processo di inculturazione. Sulle orme del suo Fondatore, la Chiesa deve quindi cercare mezzi sempre più adeguati per proclamare il Vangelo anche agli Zingari in modo vivo ed efficace. Gli Orientamenti dovrebbero aiutare su questo cammino, come strumento di "nuova evangelizzazione", alla quale così spesso ci invitava Papa Giovanni Paolo II (ib. nn. 30-32).
______________________________________________
1
Atti della XIV Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio (23-25 giugno 1999), Città del Vaticano 1999, p.20, n.7. 2
Primo Pellegrinaggio Internazionale degli Zingari, Roma, 26 settembre 1965: Insegnamenti di Paolo VI, III (1965) 490-495. 3
Paolo VI, Motu Proprio Apostolicae Caritatis, 19 marzo 1970: AAS LXII (1970) 193-197. 4
Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica Pastor Bonus, art. 150 §1: AAS LXXX (1988) 841-858. 5
Ceferino Jiménez Malla (1861-1936): Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XX, 1 (1997) 880-885. 6
Papa Giovanni Paolo II, Bolla di Indizione del Grande Giubileo dell’Anno 2000 Incarnationis Mysterium, 29 novembre 1998: AAS XCI (1999) 144-147. 7
L’Osservatore Romano, 13-14 marzo 2000, p.7. 8
Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al III Congresso Internazionale della Pastorale degli Zingari, 9 novembre 1989: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 2 (1989) 1195. [00290-01.02] [Testo originale: Italiano]
TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
Introduction
After several years of study and reflection I am glad to present to you today The Guidelines for the Pastoral Care of Gypsies. In fact, it was on 23 June 1999, during my report to the XIV Plenary Assembly of our Pontifical Council1 that I mentioned, for the first time, the need and the importance of preparing such a document. At the beginning of 2001, a group of experts met in the offices of the Pontifical Council to examine a draft document and in November of the same year it was presented to all National Directors and some experts, during a meeting convened by our Pontifical Council. But the result was not satisfactory. Thus in 2002, we decided to ask one expert alone to prepare a new instrumentum laboris, called "Jalons", that could be used as a basis of the future work.
The Fifth World Congress on the Pastoral of Gypsies, held in Budapest in 2003, subsequently provided the opportunity to expand and deepen the theological and ecclesiological aspects of this ministry. A long way has gone since then for the formulation of the present document which has passed through the hands of other experts, including Gypsies themselves, pastoral agents and Bishops, and of course the Members and Consultors of our Dicastery. It was also sent to various Dicasteries of the Roman Curia for observations, such that this ministry could be situated in the broader framework of the Church’s universal mission. The present document therefore takes into account all the relevant material gathered during this iter (cf. Guidelines no. 3).
A special mission
The specific pastoral care of Gypsies (I mean in the modern times) had its origins in the first half of the twentieth century through the individual initiatives of some zealous priests in France, Germany, Italy and Spain. The Holy See recognized it as a special mission in 1965, after the first historic international pilgrimage of Gypsies in Rome2, by creating the International Secretariat for the Apostolate of Nomads in the then Sacred Consistorial Congregation (now Congregation for Bishops). This Secretariat was later integrated into the Pontifical Commission for the Pastoral Care of Migration and Tourism, created by Paul VI in 19703. With the Apostolic Constitution "Pastor Bonus"4 of John Paul II, this Commission became an "autonomous" Council.
The need for the Document
The need for some Guidelines was evident from the very beginning, but since the specific apostolate of nomads had just started, it was considered appropriate to promote this ministry first of all in those countries where there was a considerable number of Catholic Gypsies, and then prepare the Guidelines based on the experience and studies. Now after more than four decades I can happily say that the pastoral care of Gypsies is well established in almost all countries of Europe, in some areas of South and Central America and in some countries of Asia such as India, Bangladesh and the Philippines. This is undoubtedly an expression of the Church’s missionary solicitude. Therefore this document is addressed not only to all those who are involved - Gypsies or not - in this specific pastoral field, but also to the Church organized in the territory (Guidelines no. 4).
An ethnic group
Gypsies, as a specific ethnic group which probably had its origin in northwest India, are known by different names such as Roma, Sinti, Manouches, Kalé, Gitans, Yeniches, etc. Though the document refers to Gypsies, whose number in Europe alone is about fifteen million, it is equally valid for other nomads, who share similar conditions of life (in the various continents). In any case, nomadism is not the only characteristic of the gypsy people, also because many of them are now settled permanently or partially. It is their ethnicity, their culture and age-old traditions that we should take into account. Therefore the local Churches, in countries where they live, should find pastoral inspiration in these Guidelines obviously adapting them to the circumstances, needs and requirements of each group (Guidelines nos. 5-6).
Positive signs of evolution
Happily there are many signs of a positive evolution in the traditional Gypsy way of living and thinking. It is very heartening to observe a growing desire to attain literacy and professional formation, social and political awareness expressed by forming associations and parties, increasing participation in local and national management in some countries, the presence of women in social and civic life, growing number of vocations to the permanent diaconate, the priesthood and religious life among them, etc. The Christian and social promotion undertaken by the Catholic Church, particularly according to the teachings of Popes Paul VI and John Paul II have helped in this. It was also with a certain amount of collective pride that on 4 May 1997, the Gypsies assisted at the beatification of the Spanish martyr Ceferino Jiménez Malla5, the first Gypsy to be raised to the honour of the altar (Guidelines no. 21).
A right to their own identity
"From birth to death, the condition of each individual is that of the homo viator"6, affirmed Pope John Paul II. This is certainly expressed by the life of Gypsies. However, in spite of their right to such an identity, indifference or opposition towards the Gypsy population is not absent. Many in fact share habitual prejudices towards them. Signs of rejection persist, often without eliciting any reaction or protest from those who witness them. This has caused untold suffering in the course of history, as we know. Their persecution reached its height especially during the past century. This situation should stir the consciences of everyone and arouse solidarity towards this population. Obviously the Church should recognize their right to have their own identity, and stir consciences in order to achieve greater justice for them. Of course they, too, have duties towards the surrounding population. In this context, I remember that during the Mass of Forgiveness, celebrated in St. Peter’s Square on 12 March, during the Great Jubilee of the Year 2000, I invited everyone to pray, in the presence of the Pope, that "the Christians will be able to repent of the words and attitudes caused by pride, by hatred, by the desire to dominate others, by enmity towards members of other religions and towards the weakest groups in society, such a immigrants and itinerants"7 (cf. Guidelines no. 74).
Permanent wandering
Often marked by persecution, exile, inhospitality, rejection, suffering and discrimination, Gypsy history is shaped by permanent wandering that distinguishes them from others. This has given rise to an identity with its own languages, and a culture and religiosity with their own traditions, and a strong sense of belonging, with its relative bonds. So with them humanity is enriched by a real cultural heritage. Indeed "their wisdom is not written down in books, but that does not make it any less eloquent"8. Their way of life is essentially a living witness to inner freedom from of the bonds of consumerism and false security based on people’s presumed self-sufficiency. Nevertheless - as it is affirmed in the Guidelines – we should not forget the popular proverb that says: "God helps those who help themselves" (Guidelines no. 27).
New evangelization
These Guidelines are a sign that the Church has a particular concern for Gypsies, meaning that they are the receiver of a special pastoral action in appreciation of their culture that, like all others, must pass through the Paschal Mystery of death and resurrection. In fact, everyone should be welcomed in the Church, where there is no place for marginalisation and exclusion. The one and only Gospel should therefore be proclaimed in such a way as to take account of different cultures and traditions: this is the process of inculturation. In the footsteps of its Founder, the Church should seek ever more suitable means to proclaim the Gospel also to Gypsies in a lively and effective way. The Guidelines should help in this, as an instrument of the "new evangelization" which Pope John Paul II so often requested us to engage in (Guidelines nos. 30-32 ).
________________________________________________
1
Proceedings of the XIV Plenary Meeting of the Pontifical Council, Vatican City (1999), p.20, no.7. 2
First International Pilgrimage of Gypsies, Rome, 26 September 1965: Insegnamenti di Paolo VI, III (1965), 490-495. 3
Paul VI, Motu Proprio Apostolicae Caritatis, 19 March 1970. 4
John Paul II, Apostolic Constitution Pastor Bonus, art 2, §2,28 June 1988. 5
Cfr Romualdo Rodrigo, OAR, Gypsy Saint Ceferino Jiménez Malla (1861-1936), Rome 1997. 6
John Paul II, Bull of Indiction of the Great Jubilee of the Year 2000 Incarnationis Mysterium, 29 November 1998. 7
L’Osservatore Romano, Weekly Edition in English, N. 12-22 March 2000, p.4. 8
John Paul II, Speech to participants at the III International Congress on the Pastoral Care of Gypsies, 9 November 1989: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XII, 2 (1989) 1195. [00290-02.02] [Original text: Italian]
● INTERVENTO DI S.E. MONS. AGOSTINO MARCHETTO
TESTO IN LINGUA ORIGINALE
TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
TESTO IN LINGUA ORIGINALE
Introduzione
Con la Costituzione Apostolica Pastor Bonus1 Papa Giovanni Paolo II affidò al Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti il compito di "impegnarsi perché nelle Chiese locali sia offerta un’efficace ed appropriata assistenza spirituale, se necessario anche mediante opportune strutture pastorali, sia ai profughi ed agli esuli, sia ai migranti, ai NOMADI e alla gente del circo". Per la Chiesa, pertanto, gli Zingari abbisognano di una pastorale specifica, che deve essere diretta alla loro evangelizzazione e promozione umana.
Particolare natura della cultura zingara
Per la particolare natura della cultura zingara, la semplice evangelizzazione "dall’esterno" non è efficace. Ad ogni modo, nell’autentica tradizione cattolica, la Chiesa deve incarnarsi tra gli zingari, affinché essi siano Chiesa. Tuttavia, una genuina incarnazione del Vangelo (chiamata inculturazione) non può legittimare indiscriminatamente ogni aspetto della loro cultura. La storia universale dell’evangelizzazione attesta, infatti, che la diffusione del messaggio cristiano è stata sempre accompagnata da un processo di purificazione di culture, visto come necessario processo di elevazione. Pertanto, una difesa indiscriminata di tutti gli aspetti della cultura zingara, senza le dovute distinzioni e i relativi giudizi evangelici, non può giovare. Purificazione, comunque, non significa svuotamento, ma occorrerà una certa integrazione con la cultura circostante: si tratta di un processo interculturale (cfr. Orientamenti n. 39).
La riconciliazione e l’unione tra Zingari e gağé (= non Zingari), pertanto, includono l’interazione legittima delle culture. Allo stesso modo, l’educazione, la formazione professionale, le iniziative e la responsabilità personale sono requisiti indispensabili per una qualità di vita degna. Dovrebbe ugualmente essere promossa l’uguaglianza di diritti fra uomini e donne, con l’eliminazione di ogni forma di discriminazione. L’uguaglianza esige il rispetto della dignità delle donne, l’elevazione della cultura femminile, la promozione sociale, ecc. (ib. n. 40).
Risvegliare le coscienze
Il forte senso di famiglia presente tra gli Zingari, è valore veramente molto importante, ma non dovrebbe degenerare, ad esempio, in un risentimento perenne tra famiglie e clan. L’onestà in ambito lavorativo è altresì una virtù civile e cristiana, che non può essere disattesa. Inoltre ciò che è valido per tutte le minoranze dovrebbe anche essere applicato agli Zingari. Comunque è necessario ancora un grande lavoro per ridestare le coscienze, informare e cambiare atteggiamenti di sfiducia, alimentata anche da notizie parziali che si riferiscono agli Zingari. In effetti, l’informazione audiovisiva o stampata raramente permette al pubblico di conoscere aspetti positivi della cultura zingara, ma molto spesso si sofferma su quelli negativi, che ne danneggiano ulteriormente l’immagine. Va pertanto salvaguardata la dignità della popolazione zingara e rispettata l’identità collettiva, con iniziative per il suo sviluppo e la difesa dei suoi diritti (ib. n. 48).
Gli Zingari, naturalmente, sono una minoranza particolare poiché non hanno uno Stato cui riferirsi originariamente, capace di dare loro il sostegno di cui possono aver bisogno. Ciò significa mancanza di sicure garanzie politiche e di certa protezione civile. Infatti, mentre l’arrivo di altri in cerca di rifugio e dei "boat people" mobilita un certo numero di persone e governi, quello degli Zingari provoca, di solito, fenomeni di rifiuto, anche se essi provengono da Paesi molto poveri, e sono a volte costretti a fuggire a causa di persecuzioni religiose, razziali o politiche (ib. n. 49).
Una tale situazione potrà essere superata solo se i Governi definiranno una politica comune, globale e condivisa per strappare gli Zingari alla miseria e al rifiuto. È, pertanto, di vitale importanza che gli Organismi internazionali si interessino a queste popolazioni anche se qualcosa si sta già muovendo in questo senso. Parimenti i Governi debbono rispettare questa minoranza, tra le minoranze, e riconoscerla, impegnandosi a sradicare gli episodi di razzismo e xenofobia ancora diffusi, che provocano discriminazione in materia di impiego, alloggio e accesso agli studi. Anche la Chiesa è chiamata ad intervenire affinché le decisioni degli Organismi nazionali e internazionali a favore degli Zingari trovino accoglienza presso le istanze locali e si ripercuotano nella vita quotidiana (ib. n. 50).
Istruzione e formazione dei ragazzi zingari
L’istruzione è condizione fondamentale e imprescindibile di sviluppo e ciò è vero anche per gli Zingari specialmente se consideriamo che nella sola Europa, ci sono quattro milioni di ragazzi e adolescenti zingari in età scolastica2. Orbene, l’integrazione – ove possibile – dei ragazzi zingari nel normale processo educativo contribuirà a superare eventuali carenze, ma occorrerà uno sforzo congiunto da parte dei Governi, delle associazioni zingare e anche della Chiesa, per attivare, in qualche modo, la formazione scolastica di questi ragazzi. Parimenti è necessario considerare tutti gli elementi di sviluppo di cui queste popolazioni dovrebbero godere, quali la formazione professionale dei giovani, l’accesso ai servizi sanitari, le condizioni decenti degli alloggi e la previdenza sociale. Si tratta di mettere al centro il rispetto di ogni persona umana, per cui ogni tentativo di assimilazione della cultura zingara e di una sua dissoluzione in quella maggioritaria deve essere fermamente respinto (ib. n. 51).
Ad ogni modo, anche se l’avviamento di progetti per la promozione umana spetta, primariamente, allo Stato, può essere conveniente e finanche necessario che la Chiesa sia coinvolta in iniziative concrete, dando spazio agli Zingari affinché essi vi svolgano il ruolo di protagonisti. Tuttavia appartiene alla missione fondamentale della Chiesa informare le istanze pubbliche delle condizioni di disagio vissute da queste popolazioni. Bisogna, inoltre, non dimenticare che "lo sviluppo di un popolo non deriva primariamente né dal denaro, né dagli aiuti materiali, né dalle strutture tecniche, bensì dalla formazione delle coscienze, dalla maturazione delle mentalità e dei costumi. È l’uomo il protagonista dello sviluppo, non il denaro o la tecnica"3 (ib. n. 55).
Evangelizzazione degli Zingari
L’evangelizzazione degli Zingari è missione di tutta la Chiesa, perché nessun cristiano dovrebbe restare indifferente di fronte a situazioni di emarginazione nella comunione ecclesiale. Anche se la pastorale per gli Zingari ha una propria specificità, e richiede una accurata e particolare formazione dei suoi diretti protagonisti, un atteggiamento di accoglienza deve manifestarsi nell’intera comunità cattolica. Occorre perciò sensibilizzare maggiormente tutto il Popolo di Dio (ridestando la consapevolezza di tutti i membri della Chiesa) non solo per superare l’ostilità, il rifiuto o l’indifferenza, ma per giungere ad un comportamento apertamente positivo nei confronti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle zingari (ib. n. 57).
L’annuncio della Parola di Dio, poi, sarà più facilmente accolto, se proclamato da qualcuno che ha mostrato solidarietà nei loro confronti in situazioni di vita quotidiana. Risulta, inoltre, importante, nell’ambito della catechesi, includere un dialogo che permetta agli Zingari di esprimere come percepiscono e vivono il proprio rapporto con Dio. Pertanto, bisognerà valutare l’opportunità di tradurre la Bibbia, i testi liturgici e i libri di preghiera nella lingua usata dai vari gruppi etnici nelle diverse regioni. Analogamente, l’uso della musica – molto apprezzata e spesso praticata dagli Zingari – negli incontri pastorali e nelle celebrazioni liturgiche, è un supporto estremamente valido che dovrebbe esser promosso e sviluppato. Lo stesso dicasi di tutti i materiali video messi a disposizione dalla tecnologia moderna (ib. n. 60).
In tale contesto vanno considerati i pellegrinaggi, che rivestono un posto speciale nella vita degli Zingari. Essi sono opportunità ideali per la riunione delle loro famiglie e, spesso, "luoghi sacri" di incontro con il "Santo" legato alla storia familiare. Un avvenimento, un voto, un cammino di preghiera sono vissuti come un incontro con il "Dio del Santo", cementando in questo modo la fedeltà di un gruppo. I pellegrinaggi offrono, a chi vi partecipa, un’esperienza di cattolicità che lo porterà dal Santo a Cristo e alla Chiesa (ib. n. 70).
Il proselitismo delle sette
Attualmente c’è il rischio – confermato dai fatti – che gli Zingari cadano vittime delle sette. Essi, in effetti, sono particolarmente vulnerabili a causa delle loro frequenti migrazioni che li portano a contatto anche con popolazioni appartenenti ad altre confessioni e religioni, con un certo pericolo di relativismo. Perciò si dovrà fare tutto il possibile affinché gli Zingari non cadano in legami settari. Per tale motivo occorrerà operare affinché la pastorale abbia le giuste prospettive ecumeniche e inter-religiose. In questo contesto, nel Documento si afferma che i nuovi movimenti ecclesiali potrebbero avere un ruolo particolare in questa pastorale specifica. Con il loro forte senso comunitario e di apertura, la disponibilità e la particolare cordialità dei loro membri, essi possono infatti offrire accoglienza concreta e favorire, altresì, l’evangelizzazione. In questo senso, le associazioni cattoliche nazionali e internazionali di e per gli Zingari possono svolgere un ruolo di particolare importanza, rimanendo però in costante rapporto di comunione con le Chiese locali e con il Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti (ib. n. 77).
Accogliere gli Zingari – una sfida per ciascuno di noi
Per concludere, è opportuno ricordare che è anzitutto compito dei Pastori salvaguardare l’unità e l’identità degli Zingari, in unione con le comunità ecclesiali locali. A volte, però, può essere difficile per le Chiese locali dare in tal senso una risposta pastorale effettiva a causa delle dimensioni del "fenomeno zingaro" e delle sue peculiarità. Per questo motivo il Documento prevede anche una soluzione globale, duratura e sicura con adeguati margini di autonomia – sempre in accordo e in armonia con le Autorità ecclesiali locali –, da ricercare nell’ambito delle strutture pastorali previste dalla legislazione e nella prassi della Chiesa (ib. n. 88). Ad ogni modo, per parlare di una genuina implantatio Ecclesiae in ambiente zingaro, sono necessarie generose vocazioni sacerdotali, diaconali e religiose tra gli Zingari (ib. n. 101). In piccola parte già vi sono.
Ci auguriamo che questi Orientamenti risponderanno alle aspettative di tutti coloro che auspicavano la pubblicazione di un Documento pastorale d’insieme circa il ministero a favore dei nostri fratelli e delle nostre sorelle nomadi (ib. n. 102).
_____________________________________________
1
Giovanni Paolo II, Costituzione Apostolica Pastor Bonus (28 giugno 1988) art. 150 § 1: AAS LXXX (1988) 841-858. 2
V Congresso Mondiale della Pastorale per gli Zingari - Budapest -, Appello, n.8, in People on the Move, dicembre 2003, 93, Supplemento, p. 357. 3
Giovanni Paolo II, Enciclica Redemptoris Missio (7 dicembre 1990) N. 58: AAS LXXXIII (1991) 249-340. [00291-01.02] [Testo originale: Italiano]
TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
Introduction
With the Apostolic Constitution Pastor Bonus1 Pope John Paul II entrusted the Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People with the task of "ensuring that in the particular Churches refugees and exiles, migrants, NOMADS, and circus workers receive effective and special spiritual care, even, if necessary, by means of suitable pastoral structures". For the Church, therefore, Gypsies need a specific pastoral care, aimed at their evangelisation and human promotion.
The peculiar nature of Gypsy culture
The peculiar nature of Gypsy culture makes evangelisation merely "from the outside" ineffective. In any case, in authentic Catholic tradition, the Church must be incarnated among Gypsies so that they would be Church. Yet a genuine incarnation of the Gospel (called inculturation) cannot indiscriminately legitimise every aspect of their culture. Indeed, the universal history of evangelisation affirms that the spread of the Christian message has always been accompanied by a process of purification of cultures, regarded as a necessary process of elevation. Therefore, an indiscriminate defence of all aspects of Gypsy culture, without making due distinctions and relative evangelical judgements, is not beneficial. However, purification does not mean emptying it, but some amount of integration with the surrounding culture will be necessary: it is an intercultural process (cf. Guidelines no. 39).
Reconciliation and communion between Gypsies and non Gypsies, therefore, include legitimate interaction between cultures. Similarly education, professional formation and personal initiatives and responsibility are indispensable prerequisites for achieving a decent quality of life. Equal rights for men and women should likewise be promoted, eliminating all kinds of discrimination. Equality calls for respect for the dignity of women, the elevation of feminine culture, social promotion, etc. (Guidelines no. 40).
Building awareness
The strong sense of family, which is seen among Gypsies, is indeed very important, but it should not degenerate, for instance, into perennial resentment between families and clans. Also honesty at work is a civic and Christian virtue, which cannot be disregarded. Moreover, what is valid for all minorities should also be applied to Gypsies. In any case, a great deal of work is still needed to build awareness, inform and break down mistrust, which is fueled by partial reports regarding Gypsies. In fact, audiovisual or printed information rarely makes the general public aware of the positive aspects of Gypsy culture, and most often deals with negative ones, which further damage their image. The dignity of the Gypsy population must therefore be safeguarded and their collective identity respected, through initiatives for their development and the defence of their rights (Guidelines no. 48).
Of course, Gypsies are a special minority because they have no country of origin to give them the support they might need and this means the lack of political guarantees and some degree of civil protection. In fact while the arrival of other people seeking refuge and of "boat people" enables mobilization of a given number of people and governments, that of Gypsies usually brings about rejection, even if they come from very poor countries, and are sometimes forced to flee due to religious, racial or political persecution (Guidelines no. 49).
Such a situation can only be overcome if governments draw up common, comprehensive and shared policies to steer Gypsies clear of poverty and rejection. Therefore, it is vitally important that international organizations take an interest in Gypsies, although a move in this direction is now starting. Likewise, national governments should respect this minority among minorities and recognize it with a commitment to eliminate the incidents of racism and xenophobia that are still widespread. They also result in discrimination regarding employment, housing and access to education. The Church, too, is called to speak out so that local authorities may welcome the decisions of national and international organizations in favour of Gypsies and thus have an influence in people’s everyday life (Guidelines no. 50).
Education and formation of Gypsy children
Education is a fundamental and indispensable condition for development. This is true also for Gypsies, especially if we consider that there are four million Gypsy children and adolescents of school age in Europe alone2. Integration of Gypsy children - where possible – within the normal educational process would help to overcome any shortcomings. However joint efforts by governments, Gypsy associations and also the Church are needed to arrange schooling for Gypsy children in one way or another. Likewise, it is necessary to consider all the aspects of development that these populations should benefit from, such as professional formation for young people, access to healthcare, decent housing conditions and social security. It is a question of giving central importance to respect for every human person. Therefore any attempts at assimilation of Gypsy culture and its dissolution in the majority culture should be firmly rejected (Guidelines no. 51).
In any case, although launching of human promotion projects is primarily the responsibility of the State, it may be advisable and even necessary for the Church to be involved in concrete initiatives, giving room for Gypsies to play a leading role. However, it is part of the Church’s fundamental mission to inform public authorities of the condition of dire poverty being experienced by the Gypsy population. Moreover, it should be borne in mind that "a people’s development does not derive primarily from money, material assistance or technological means but from the formation of consciences and the gradual maturing of ways of thinking and patterns of behaviours. Man is the principal agent of development, not money or technology"3 (Guidelines no. 55).
The evangelisation of Gypsies
The evangelisation of Gypsies is a mission of the whole Church, because no Christian should remain indifferent to a situation of marginalisation with respect to ecclesial communion. -Although the pastoral care of Gypsies has its own specificity, and requires a careful and specific formation for those directly involved in it, a welcoming attitude should be shown by the whole Christian community. Therefore, the awareness of all the members of the Church needs to be raised, not only to overcome hostility, rejection or indifference, but also to achieve an openly positive behaviour towards our Gypsy brothers and sisters (Guidelines no. 57).
In fact, the proclamation of the Word of God is more likely to be well received if it is announced by someone who has shown solidarity towards them in day-by-day situations. Moreover, in the catechesis, it is important to include dialogue that allows Gypsies to express how they perceive and experience their relationship with God. Therefore, it is necessary to assess the convenience of translating the Bible, the various liturgical texts and prayer books, and into the languages used by the different ethnic groups in the various regions. Likewise, the use of music – which is greatly appreciated and often performed by Gypsies – at pastoral meetings and liturgical celebrations, is an extremely worthwhile support that should be promoted and developed. This is true also of the whole range of video material offered by modern technology (Guidelines no. 60).
In the life of Gypsies, pilgrimages have a special place. They provide ideal opportunities for their families to come together and often the "holy places" where they meet their "Saint" are connected with their family history. An event, a vow, a prayer journey are experienced as an encounter with the "Saint’s God", thereby consolidating a group’s loyalty. Pilgrimages provide those who take part in them with an experience of Catholicity that will lead them from the Saint to Christ and to the Church (Guidelines no. 70).
Proselytism of the sects
At present, there is the risk – confirmed by facts - of Gypsies falling prey to sects. In fact Gypsies are particularly vulnerable because of their frequent migrations, which also bring them into contact with people belonging to other confessions and religions, exposing them somehow to the danger of relativism. Everything should be done to prevent them from falling into such sectarian traps. For this reason it is necessary to ensure that pastoral care has the right ecumenical and inter-religious perspectives. In this context, the document affirms that the new ecclesial movements could play a special role in this specific pastoral care. With their strong sense of community and openness, and the availability and special warm-heartedness of their members, they could provide a concrete welcome and also encourage evangelisation. In this sense, both national and international Catholic associations of Gypsies and for Gypsies could play a major role, provided they maintain a constant relationship of communion with the local Churches and the Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People (Guidelines no. 77).
Welcoming Gypsies – a challenge for everyone
To conclude, it will be good to remember that it is, first of all, the duty of the Pastors to safeguard Gypsy unity and identity, in union with the local Church. Sometimes, however, it may be difficult for the local Churches to respond effectively to the need due to the dimensions of the "Gypsy phenomenon" and its peculiarities. Hence the Document also provides for an overall, long-lasting and safe solution, with adequate margins of autonomy – always in harmonious agreement with local Church authorities. This could be sought within the framework of pastoral structures provided for by the legislation and the praxis of the Church (Guidelines no. 88). In any case, if we are to speak of a genuine implantatio Ecclesiae in the Gypsy milieu, then generous priestly, diaconal and religious vocations among Gypsies are necessary (Guidelines no. 101). In a limited way they already exist.
We hope that these guidelines will meet the expectations of all those who wished to have an overall pastoral document regarding the ministry to our nomadic brothers and sisters (Guidelines no. 102).
________________________________________________
1
Pope John Paul II, Apostolic Constitution Pastor Bonus, 28 June 1988, art. 150 § 1. 2
V World Congress of the Pastoral Care for Gypsies - Budapest -, Appeal, N.8, Cf People on the Move, December 2003, Supplement 93, p.344. 3
Pope John Paul II, Encyclical Letter Redemptoris Missio (7 December 1990), N. 58. [00291-02.02] [Original text: Italian]
[B0104-XX.02]