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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO "LA RIVOLUZIONE DI DIO", RACCOLTA DEGLI INTERVENTI DI BENEDETTO XVI IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ A COLONIA (18-21 AGOSTO 2005), 11.10.2005


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL LIBRO "LA RIVOLUZIONE DI DIO", RACCOLTA DEGLI INTERVENTI DI BENEDETTO XVI IN OCCASIONE DELLA GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ A COLONIA (18-21 AGOSTO 2005)

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. CAMILLO RUINI

INTERVENTO DI S.E. MONS. STANISŁAW RYŁKO

Alle ore 11 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del libro "La rivoluzione di Dio", raccolta degli interventi di Benedetto XVI in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia, in Germania (18-21 agosto 2005), co-edizione Libreria Editrice Vaticana ed Edizioni San Paolo.

Intervengono alla Conferenza Stampa l’Em.mo Card. Camillo Ruini, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, e S.E. Mons. Stanisław Ryłko, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici.

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. CAMILLO RUINI

Vorrei dire anzitutto una parola sul motivo per il quale è stato pubblicato questo libro: rendere facilmente  accessibile a tutti – ai giovani cattolici, certamente, ai sacerdoti e agli educatori, ma anche ad ogni persona interessata – i contenuti dei dodici interventi che Papa Benedetto XVI ha pronunciato a Colonia, in occasione della XX Giornata Mondiale della Gioventù. L’evento della Giornata Mondiale ha avuto infatti una grande copertura mediatica, ma i suoi contenuti hanno avuto, inevitabilmente, una diffusione assai minore. Con questo piccolo volume, assai accattivante anche per la sua veste tipografica, potranno ora averla in maniera adeguata, e non soltanto in Italia, perché il libro uscirà in parecchie lingue.

Come potete facilmente comprendere, sono molto lieto e onorato di aver potuto scrivere l’Introduzione e ora di partecipare alla presentazione del libro. Il suo contenuto è semplice: dopo il Messaggio di Giovanni Paolo II per la XX Giornata Mondiale della Gioventù, che ne ha stabilito e illustrato il tema, "Siamo venuti per adorarlo" (Mt 2,2), legato alla città di Colonia, dove sono venerate le reliquie dei Magi, e soprattutto all’Anno dell’Eucaristia, sono riportati i dodici interventi di Benedetto XVI, in un ordine che segue un duplice criterio, quello cronologico ma anche quello dei destinatari della parola del Papa.

Così, tra i testi di Benedetto XVI, al primo posto è collocato il discorso all’aeroporto di Colonia-Bonn. Seguono sei interventi rivolti ai giovani: i due iniziali sul Reno e sulla Roncalliplatz, poi il discorso ai seminaristi il venerdì presso la chiesa di S. Pantaleone e quindi i due interventi centrali della Giornata Mondiale della Gioventù, cioè il discorso alla veglia di preghiera del sabato sera e l’omelia della Messa della domenica mattina, a Marienfeld, e finalmente le parole conclusive all’Angelus della stessa mattina.

C’è poi una sezione dedicata al dialogo interreligioso, con il discorso alla comunità ebraica nella Sinagoga di Colonia e quello ai rappresentanti di alcune comunità musulmane. Quindi, nella sezione del dialogo ecumenico, troviamo il discorso ai rappresentanti di altre Chiese e comunità ecclesiali cristiane. Seguono il discorso alla Conferenza Episcopale tedesca, la domenica pomeriggio subito prima della partenza per Roma, e finalmente il discorso di congedo all’aeroporto. A chiusura del libro è riportato il discorso all’Udienza del mercoledì 24 agosto, nell’Aula Paolo VI, dove il Papa stesso descrive l’esperienza di Colonia e ne presenta il significato, le principali indicazioni, i compiti e le speranze che ne provengono, in altre parole la sua "eredità".

Nella mia introduzione ho cercato di riassumere, con fedeltà anche letterale, il contenuto, davvero ricchissimo, di questi dodici interventi di Benedetto XVI, seguendo il loro "filo conduttore", che si può agevolmente individuare nel tema stesso della XX Giornata Mondiale della Gioventù, "Siamo venuti per adorarlo".

In questa presentazione, in maniera assai più breve, mi atterrò al medesimo filo conduttore, richiamando subito il messaggio fondamentale, annunciato già nel discorso sul battello del Reno e poi sviluppato in chiave eucaristica a Marienfeld, nella veglia del sabato sera e nell’omelia del mattino seguente. Quel Dio che si è rilevato nel bambino di Betlemme è molto diverso dal Dio che noi potevamo immaginarci, il suo modo di agire è ben diverso da quello degli uomini, e in particolare da quello dei potenti del mondo. Infatti con le parole pronunciate sul pane e sul vino nel Cenacolo Gesù anticipa la propria morte, "l’accetta nel suo intimo e la trasforma in una azione di amore". La crocifissione, che dall’esterno è violenza brutale, dall’interno diventa così un atto di amore che si dona totalmente. E’ questa la trasformazione sostanziale, l’unica in grado di suscitare un processo il cui termine è la trasfigurazione del mondo, fino a che Dio sia tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28): questo decisivo atto di amore trasforma infatti in amore anche la morte e così la supera dal di dentro, rendendo presente in lei la risurrezione.

Benedetto XVI ricorre qui a un’immagine forte e attuale, quella della "fissione nucleare portata nel più intimo dell’essere", per indicare questa intima esplosione del bene che vince il male e può davvero suscitare la catena di trasformazioni che cambiano e rinnovano il mondo. E’ questa la vera rivoluzione di cui l’umanità ha sempre un profondo bisogno e desiderio: al contrario, le rivoluzioni del secolo XX, il cui programma comune era di non attendere più l’intervento di Dio, ma di prendere totalmente nelle proprie mani il destino del mondo, dovevano inevitabilmente assolutizzare ciò che è relativo, prendere un punto di vista umano e parziale come misura assoluta di orientamento. Ma l’assolutizzazione del relativo è l’essenza del totalitarismo: invece di liberare l’uomo gli toglie la sua dignità e lo schiavizza.

In concreto, la trasformazione fondamentale che avviene nell’Eucaristia esige e produce anzitutto la trasformazione nostra: veniamo uniti cioè a Cristo e al Padre e diventiamo così realmente capaci di sottometterci a Dio, di fare di Lui la misura del nostro vivere, con un atto che non ci estrania da noi stessi, ma ci libera in funzione della più intima verità del nostro essere. E’ questo il senso pieno dell’adorazione, che ha costituito il centro di gravità della XX Giornata Mondiale della Gioventù. Perciò il Papa ha detto ai giovani che l’Eucaristia deve diventare il centro della nostra vita e dare senso e significato alla nostra domenica, giorno di Cristo, giorno dell’inizio della creazione e insieme giorno della redenzione, giorno della festa che Dio stesso prepara per noi. Con l’amore all’Eucaristia possiamo riscoprire anche il sacramento della riconciliazione, "nel quale la bontà misericordiosa di Dio consente sempre un nuovo inizio alla nostra vita".

Tutto ciò tocca e coinvolge quanto vi è di più intimo e personale in ciascuno di noi, ma al contempo ci unifica e ci mette in gioco tutti insieme, come corpo di Cristo che è la Chiesa, non collettività anonima ma comunione di persone. Benedetto XVI ha insistito sul legame intrinseco della Chiesa con il Cristo eucaristico e sulla sua apertura universale quale "grande famiglia di Dio", che abbraccia tutti i continenti, le culture e le nazioni, il cielo e la terra, il passato, il presente e il futuro, i santi ma anche – per nostra consolazione e speranza – i peccatori. Proprio i santi sono i veri riformatori che tante volte hanno risollevato la storia dalle valli oscure nelle quali essa è sempre in pericolo di sprofondare: attraverso di loro il Signore ha aperto e continua a sfogliare davanti a noi le pagine del Vangelo.

Su queste basi il Papa ha formulato, nella parte finale dell’omelia della domenica mattina a Marienfeld, un grande appello alla missione: "Colui che ha scoperto Cristo deve portare altri verso di Lui. Una vera gioia non si può tenere per sé. Bisogna trasmetterla". Questo appello diventa ancora più forte e urgente in presenza di "una strana dimenticanza di Dio", che esiste oggi in vaste parti del mondo e genera insoddisfazioni e frustrazioni, come anche di una religione "fai da te", di un Dio privato e un Gesù privato, che possono essere comodi ma alla fine ci lasciano soli.

La nostra comunione nell’unico corpo di Cristo deve manifestarsi inoltre in tutta la concretezza della vita: quindi nell’impegno per il prossimo, fino a quello "estremamente lontano, che però ci riguarda sempre da vicino". La comunione con Cristo ci apre infatti gli occhi, ci porta a scoprire che è molto più bello essere utili e stare a disposizione degli altri che preoccuparsi solo delle comodità che ci vengono offerte. "Io so – ha concluso Papa Benedetto – che voi giovani aspirate alle cose grandi, che volete impegnarvi per un mondo migliore. Dimostratelo agli uomini, dimostratelo al mondo, che aspetta proprio questa testimonianza dai discepoli di Gesù Cristo e che, soprattutto mediante il vostro amore, potrà scoprire la stella che noi seguiamo".

Un aspetto nuovo e particolarmente significativo della XX Giornata Mondiale della Gioventù è stato l’incontro con i seminaristi, voluto dal Papa "perché emergesse … in tutta la sua importanza la dimensione vocazionale", che gioca un ruolo sempre più grande in queste Giornate. Il seminarista, infatti, "vive la bellezza della chiamata nel momento che potremmo definire di ‘innamoramento’", si trova cioè in un momento forte di ricerca di rapporto con Cristo e solo facendo esperienza personale di Cristo può comprendere la sua volontà e quindi la propria vocazione. Specialmente parlando ai seminaristi Benedetto XVI ha messo in luce la figura di Maria e il suo compito di farci vedere, toccare, prendere tra le braccia Gesù suo figlio: attraverso l’esperienza del seminario, infatti, il seminarista non vede più la Chiesa "dall’esterno", ma la sente per così dire "dall’interno", come la propria casa, "perché casa di Cristo, dove abita Maria sua madre".

Nel discorso ai Vescovi tedeschi il Papa, oltre ad intrattenersi sulla situazione e sui compiti della Chiesa in Germania, ha messo l’accento sulla necessità di accogliere il messaggio lanciato dai giovani: "Aiutateci ad essere discepoli e testimoni di Cristo", sostenendo e rendendo per così dire "definitivo" il loro entusiasmo, la loro gioia della fede, che solo il Signore ha potuto suscitare.

Nella visita altamente significativa alla Sinagoga e nell’incontro con i musulmani Benedetto XVI si è richiamato agli insegnamenti del Vaticano II, sottolineando la necessità di andare avanti sulle linee indicate dalla Dichiarazione conciliare Nostra aetate e di rispettarci ed amarci a vicenda, specialmente quando le nostre convinzioni di fede divergono. Ciò implica l’esclusione di qualsiasi discriminazione tra gli uomini – in particolare dell’antisemitismo – e la più ferma condanna del terrorismo, "scelta perversa e crudele, che calpesta il diritto sacrosanto alla vita e scalza le fondamenta stesse di ogni civile convivenza". E’ questo il dovere soprattutto di coloro che hanno responsabilità di guida e di insegnamento, particolarmente nei confronti delle nuove generazioni: esse vanno educate ad ascoltare il messaggio scandito "dalla voce sommessa ma chiara della coscienza" sulla dignità e sui diritti della persona, scopo di ogni progetto sociale e di ogni sforzo per attuarlo.

L’incontro ecumenico ha offerto a Papa Benedetto l’opportunità di ribadire, sulla scia del Concilio, di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, che il ricupero della piena e visibile unità dei cristiani costituisce una priorità del suo Pontificato. Egli ha insistito pertanto sull’ecumenismo spirituale, che si alimenta nella preghiera, e sulla nostra fraternità, che "non è semplicemente un vago sentimento e nemmeno nasce da una forma di indifferenza verso la verità", ma si fonda sulla realtà soprannaturale dell’unico battesimo. Particolarmente significativa la sottolineatura di due priorità nel dialogo ecumenico: da una parte quella di approfondire il rapporto tra la Parola di Dio, i testimoni di questa Parola nella successione apostolica e la "regula fidei" come sua chiave interpretativa; dall’altra parte le grandi questioni etiche di oggi, sulle quali siamo chiamati a dare una testimonianza comune e non vaga, per non venir meno al nostro dovere di credenti in Cristo di fronte agli uomini del nostro tempo.

Vorrei concludere assicurando che questo piccolo libro sarà molto efficace come guida ad entrare nel cuore del mistero del Dio che ci salva, oltre che come fonte di luce per il retto giudizio cristiano sulla nostra società e sul nostro tempo. Questo libro è infatti anzitutto una preghiera, come la preghiera, l’adorazione del Cristo eucaristico, è stata la cifra dominante della XX Giornata Mondiale della Gioventù. Dal libro, come dalla Giornata, traspare la gioia per la bellezza della fede, per la bellezza di Cristo e della vita in Cristo.

La sua lettura rafforzerà in noi la certezza che il Signore ci ha dato, nella persona del nuovo Pontefice, un grande Maestro della fede e al contempo un Pastore che conosce la strada per introdurci nell’intimità di Dio: un catecheta di straordinaria profondità e chiarezza che è però, ancora prima, un evangelizzatore che dolcemente sa quasi costringere a prestare attenzione a Cristo.

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INTERVENTO DI S.E. MONS. STANISŁAW RYŁKO

Nel porgere le mie vivissime congratulazioni alla Libreria Vaticana e alle Edizioni San Paolo per la pubblicazione di questo bel libro che raccoglie i discorsi pronunciati a Colonia da papa Benedetto XVI durante il suo primo viaggio apostolico fuori Italia, vorrei soffermarmi brevemente sull’evento che ha costituito il motivo principale di questo viaggio: la ventesima Giornata mondiale della gioventù. Ogni Gmg è un dono particolare fatto a tutta la Chiesa, bisognosa di scoprire e riscoprire sempre di nuovo il suo volto giovane. Il "cristianesimo stanco" (Benedetto XVI) di non pochi battezzati ha bisogno del soffio vitale di una fede giovane, piena di entusiasmo e di slancio. E ne ha bisogno specialmente l’Europa, il vecchio continente che rinnegando le proprie radici cristiane va cancellando progressivamente la sua identità più profonda.

La Gmg di Colonia è stata dunque un importante avvenimento ecclesiale i cui principali protagonisti sono stati i giovani cristiani. Giovani che continuano a sorprenderci! Anche questa volta la loro risposta all’invito del Papa (nel caso specifico un duplice invito: quello di Giovanni Paolo II e quello di Benedetto XVI) è stata massiccia: più di un milione di giovani provenienti da 197 Paesi dei cinque continenti. Perché tanti giovani seguono il Papa? La risposta a questo interrogativo che ogni volta i media continuano a far rimbalzare con meraviglia viene da una constatazione di fatto: ogni Gmg è una ulteriore conferma che è nata una nuova generazione di giovani che s’interrogano sul senso della propria vita e che trovano la risposta non più in effimere ideologie di vario conio, ma nella scoperta di Cristo come bussola sicura della loro vita, e nella scoperta del Successore di Pietro come vero amico, come guida della quale fidarsi, come padre nella fede.

Una breve parentesi: per completare il quadro "quantitativo" della Gmg di Colonia, vale la pena ricordare che i giovani partecipanti sono stati accompagnati da 757 vescovi e 9.000 sacerdoti. L’organizzazione si è avvalsa dell’aiuto di 27.000 volontari (non solo cattolici!). Grande l’interesse dei media: 6.600 gli operatori della stampa e dei mezzi di comunicazione accreditati, per circa 4.000 testate di tutto il mondo: un fatto senza precedenti in Germania. E, infine, il gruppo nazionale più numeroso è stato quello italiano con 120.000 giovani, 104 vescovi e 800 volontari.

Per migliaia di giovani, le Gmg sono l’occasione di una decisiva esperienza della Chiesa nella sua affascinante dimensione universale. Una esperienza che si realizza proprio nell’incontro con il Successore di Pietro. A Colonia questo incontro ha avuto toni di particolare intensità già all’inizio della celebrazione, durante la cerimonia di benvenuto al Papa svoltasi nel suggestivo scenario del Reno. Quel giorno – e questa è stata una impressione diffusa – è stato come se nella persona di Benedetto XVI i giovani raccolti sulle rive del Reno vedessero Pietro, arrivato in barca direttamente dal lago di Galilea... È proprio così che essi hanno accolto il Papa il quale, da sua parte, è riuscito subito a creare un filo di comunicazione diretta, immediata, con i giovani: con il gesto delle braccia aperte, con il suo sorriso, con le sue parole dense di contenuti che sono penetrate fin nell’intimo della loro anima. Un Papa nuovo, ma sempre lo stesso cuore di padre tutto spalancato ai giovani! È stato un momento che ha inciso profondamente su tutta la celebrazione di Colonia.

La ventesima Gmg, incentrata sul tema: «Siamo venuti per adorarlo» (Mt 2, 2), ha avuto un carattere prettamente eucaristico e si è inserita organicamente nella celebrazione dell’Anno dell’Eucaristia, del quale ha anzi costituito uno dei momenti più alti. In tal senso, sono significativi i riferimenti che vi fanno molti Vescovi nei propri interventi al Sinodo sull’Eucaristia che si sta svolgendo in questi giorni qui in Vaticano: con grande entusiasmo, parlano indistintamente di un forte segnale che è motivo di speranza per la Chiesa. Nel quadro di una cultura ormai ampiamente secolarizzata è in effetti sorprendente il fenomeno che si va registrando tra i giovani, molti dei quali scoprono l’adorazione eucaristica come potente risorsa spirituale per la loro vita. L’abbiamo visto a Colonia, a Bonn, a Düsseldorf in chiese piene di ragazzi raccolti silenziosamente in preghiera davanti al Santissimo Sacramento. E l’abbiamo visto nel momento culminante della Gmg: la veglia di preghiera a Marienfeld, sabato 20 agosto 2005. Quella moltitudine di giovani inginocchiati in contemplazione davanti all’Eucaristia è stata senz’altro il messaggio più forte e più significativo che sia partito dalla ventesima Giornata mondiale della gioventù. Ed è stata una grande sfida, una coraggiosa provocazione che i giovani hanno lanciato alla cultura postmoderna – la cultura dell’indifferenza religiosa pervasa da una "strana dimenticanza di Dio" (Benedetto XVI). Questa immagine e quella dell’arrivo del Papa nella barca sul Reno costituiscono, a mio avviso, due importanti chiavi di lettura della Gmg di Colonia.

Dietro all’affascinante fenomeno delle Gmg – non dobbiamo dimenticarlo – vi è un intenso lavoro pastorale che la Chiesa svolge nei confronti delle giovani generazioni, sia prima che dopo l’evento. Tra le Gmg e la pastorale giovanile intercorre ormai un legame strettissimo che può avere un peso determinante sul costante processo di rinnovamento con il quale deve necessariamente confrontarsi la cura pastorale dei giovani del nostro tempo. Le nuove generazioni hanno bisogno di nuovi Pastori, attenti alle vere domande dei giovani di oggi. Un particolare laboratorio di questa nuova pastorale giovanile è costituito dalle catechesi tenute durante le Gmg dai vescovi catechisti. Quello delle catechesi è un punto d’importanza strategica per ogni Gmg. E lo conferma pure l’esperienza della Giornata mondiale celebrata a Colonia, dove 300 vescovi catechisti hanno tenuto catechesi in 30 lingue e in 250 sedi. Tutti, rimanendo sempre profondamente colpiti dalla capacità di ascolto dei giovani – da essi stessi definiti "assetati della parola di verità, che assorbono come spugne"– e dalla maturità e profondità delle loro domande.

Il primo, tra i vescovi catechisti delle Giornate mondiali, è sempre il Papa. Ed è stato così anche a Colonia, dove Benedetto XVI con un linguaggio semplice, nitido e incisivo ha offerto ai giovani presenti un cibo davvero ricco e denso di contenuti spirituali e dottrinali. I suoi discorsi sono una miniera di insegnamenti alla quale ritornare spesso – giovani e Pastori – e nella quale scavare in continuazione. Nei suoi discorsi il Papa ha fornito elementi importanti per un preciso programma pastorale che prende avvio dalla paradigmatica avventura spirituale dei Re Magi. È un programma che si costruisce attorno a tre parole chiave: cercare, incontrare e adorare Cristo, redentore dell’uomo. Per questo, il volume che stiamo presentando non è un "libro ricordo" da tenere per poterne ogni tanto sfogliare le pagine e tornare con la mente a una bella esperienza ormai passata. Esso è soprattutto un manuale, una guida a cui tornare spesso alla ricerca di stimoli preziosi per consolidare la propria fede e per imparare come annunciare Cristo nel mondo di oggi. È, insomma, un libro per tutti coloro che nella loro vita si pongono il problema di Dio e, sull’esempio di quei misteriosi viandanti d’Oriente, lo cercano con appassionata determinazione.

Concludo con una osservazione sul titolo di questo libro: La rivoluzione di Dio... Mi congratulo con gli editori per questa scelta, più che mai indovinata perché coglie una ulteriore dimensione del fenomeno delle Gmg. Questo titolo mi riporta alla memoria delle parole molto significative del cardinale Ratzinger nel libro intervista Il sale della terra. Egli diceva: «Ritengo davvero che noi abbiamo bisogno di una sorta di rivoluzione della fede in senso molteplice. Anzitutto, ne abbiamo bisogno per ritrovare il coraggio di andare contro le opinioni comuni [...] Per questo dovremmo avere il coraggio di metterci in cammino, anche contro quello che viene visto come la "normalità" per l’uomo della fine del secolo XX, e di riscoprire la fede nella sua semplicità» (pp. 40s). E a Colonia, papa Benedetto XVI ha ribadito che «solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo» (Veglia di preghiera, 20 agosto 2005). Penso che il Papa abbia voluto dare così ai giovani una importante ed esigente consegna: essere veri protagonisti di quella "rivoluzione di Dio", di cui il mondo ha urgente bisogno e della quale le Gmg possono essere davvero la miccia.

[01237-01.02]

[B0512-XX.01]