CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA QUARESIMA 2005 ● INTERVENTO DI S.E. MONS. PAUL JOSEF CORDES
● INTERVENTO DI S.E. MONS. ANDRÉ-MUTIEN LÉONARD
● CONCLUSIONE DI S.E. MONS. PAUL JOSEF CORDES
Alle 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio del Santo Padre per la Quaresima 2005, sul tema: "Lui è la tua vita e la tua longevità" (Dt 30,20), sulle condizioni dell’anziano.
Prendono parte alla Conferenza Stampa: S.E. Mons. Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio "Cor Unum" e S.E. Mons. André-Mutien Léonard, Vescovo di Namur, Belgio, esperto di questioni legate all’eutanasia.
Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:
● INTERVENTO DI S.E. MONS. PAUL JOSEF CORDES
Il poeta romano Virgilio è chiamato "padre dell’occidente" – un titolo che solo a lui è stato attribuito. Certamente è uno dei più grandi poeti del nostro continente. È morto nel 19 avanti Cristo. Nella sua opera principale, l’Eneide, descrive la fuga dei sopravvissuti alla distruzione di Troia. Così si rivolge il giovane Enea all’anziano padre Anchise:
"Su via, caro padre, mettiti al nostro collo;
io mi sottoporrò con le spalle né questa fatica mi peserà;
Comunque accadranno le cose, uno e comune il pericolo,
unica salvezza ci sarà per entrambi. Mi sia compagno il piccolo
Iulo, e dietro la sposa segua le orme" Eneide, libro II.
Un quadro commovente: il padre debole sulle spalle del figlio forte. Queste due figure e il dialogo che ho citato hanno ispirato continuamente l’arte figurativa. E ancora oggi toccano i nostri sentimenti. La reazione spontanea della nostra volontà qui viene chiamata in gioco, ma anche rinvigorita – un’introduzione ideale al Messaggio che il Santo Padre propone alla Chiesa per la prossima Quaresima. Un Messaggio che attira l’attenzione sugli anziani e intende confermare la loro fede in Dio con un versetto dell’Antico Testamento: "È lui la tua vita e la tua longevità" (Dt 30, 20).
Anche se il Messaggio papale è breve, ci dà notevoli impulsi, da non trascurare. Per esempio quando dice: "la saggezza e l’esperienza degli anziani possono illuminare il cammino sulla strada del progresso"; quando conferma che "l’invecchiamento" per gli anziani, ma anche per noi che li accompagniamo, "può diventare occasione preziosa per meglio comprendere il mistero della croce, che da senso all’umana esistenza"; quando ribadisce che il "reciproco arricchimento tra diverse generazioni" rappresenta un fine elevato.
In quest’ultima affermazione del Papa ritroviamo una problematica che dà enorme attualità a questo Documento e ci spinge a riservargli un’attenzione speciale. L’attualità del Messaggio si annuncia con le seguenti espressioni: "Nell’odierna società, anche grazie al contributo della scienza e della medicina, si assiste a un allungamento della vita umana e a un conseguente incremento del numero degli anziani". Dietro questa frase si cela uno sviluppo drammatico che sta preoccupando sempre più la vita pubblica. Lo riassumo in sintesi: il numero delle persone anziane nel recente passato si è moltiplicato rapidamente, mentre nel contempo è diminuita la popolazione giovane. Il rapporto tra le generazioni si definisce così in maniera radicalmente nuova. Se in precedenza il grafico che rappresentava le diverse età assomigliava piuttosto ad una piramide e ai giorni nostri eventualmente ancora ad un sigaro, presto apparirà come un fungo: una piccola percentuale di popolazione giovane dovrà sopportare il peso della più ampia fetta di persone anziane. Volete avere qualche numero?
Mentre 15 anni fa in Italia il 15,3% della popolazione superava i 65 anni di età, nel 2050 saranno il 34,9%, cioè 14,4 milioni di cittadini; in Francia 15,3 milioni, in Germania 20,8 milioni. Il numero dei centenari nei paesi menzionati ha fatto un salto. Nel 1960 in Italia erano 265, nel 1990 2.047; in Francia nel 1960 erano 371, nel 1990 3853; in Germania nel 1960 119, nel 1990 2528 (dati desunti da F. Schirrmacher, Das Methusalemkomplott, München 2004). È evidente che, con questi nuovi squilibri, le spese sociali di previdenza a favore degli anziani costituiscono un pericolo per la fascia lavoratrice più giovane. Ciò a sua volta potrà ingenerare delle tensioni tra i due gruppi oppure – come già si è scritto – una "guerra delle generazioni". Alcuni stati europei esortano quindi ad una maggiore generosità nel generare figli. Chi ha la vista lunga si adopera da solo: in Florida, lo stato degli USA demograficamente più anziano, ci sono singles, uomini e donne, che provano ad assicurarsi il proprio futuro adottando figli. Investono nell’educazione di orfani e sperano di avere così la certezza che qualcuno li accompagni nella loro vita da anziani. Già oggi il 19 % degli abitanti di quello stato ha superato l’età lavorativa; la Florida apre così una finestra sul possibile futuro dei paesi occidentali. Per l’Europa, gli economisti datano questa svolta intorno agli anni ‘20 di questo secolo: in quel momento infatti la maggioranza della popolazione si situerà definitivamente nell’ambito della terza età. Una proiezione riguardo alla Germania afferma: "Dopo il 2023 questo paese sarà contrassegnato da un sistema gerontocratico, nel quale gli anziani decideranno sui giovani. Solo la paura che i giovani potrebbero emigrare e forse un certo atteggiamento altruistico verso i propri figli indurranno i vecchi a non depredare i giovani". È fin troppo evidente il timore che si risveglia nei giovani quando si vedranno dipendere, in quanto minoranza, dagli anziani, pur dovendo nel contempo garantire loro sicurezza, salute e assistenza.
Il pericolo maggiore minaccia tuttavia gli anziani – e noi ne facciamo parte o ne faremo presto parte. Perciò il Messaggio Quaresimale del Santo Padre tratta del nostro stesso destino. I giovani si rendono sempre più conto che gli anziani sono un peso che ha diversi risvolti. Costano troppo; occupano spazio vitale ed abitativo; limitano il tempo libero e quello dedicato alla distensione; ricordano il proprio futuro; intaccano il nostro sentimento, quando soffrono e quando ci indicano così la nostra futura sofferenza. Perché allora non eliminarli dal nostro sguardo? O non esiliarli dietro a muri? O offrire loro una morte dolce, per sbarazzarcene definitivamente?
Ci sono associazioni per promuovere il "diritto" – come dicono – di "morire degnamente". Nel mondo della scienza si offrono dei metodi concreti a questo scopo. Il cinema tenta di provocare emotivamente aggressioni contro la legislazione vigente. Ed i politici puntano verso una cultura nuova – la cultura della morte.
Il tema dell’eutanasia è diventato inevitabile. Abbiamo chiesto al Vescovo di Namur, in Belgio, mons. André-Mutien Léonard, di presentarci la questione. Gli sono molto grato per la sua presenza qui oggi.
[00134-01.03] [Testo originale: Italiano]
● INTERVENTO DI S.E. MONS. ANDRÉ-MUTIEN LÉONARD
La questione dell’eutanasia, sulla quale è concentrata l’attenzione di diverse nazioni. Questo interesse si manifesta sia dal punto di vista legislativo (come ad esempio nel mio paese, il Belgio, e nei Paesi Bassi) che dal punto di vista della opinione pubblica e di quei centri di riflessione che cercano di influire sulle scelte dei rispettivi Governi, tra l’altro a livello della Comunità Europea.
A questo proposito, il Santo Padre scrive: La vita dell’uomo è un dono prezioso da amare e difendere in ogni sua fase. Il comandamento «Non uccidere!» domanda di rispettarla e promuoverla sempre, dal suo inizio sino al suo naturale tramonto. È un comando che vale pure in presenza di malattie, e quando l’indebolimento delle forze riduce l’essere umano nelle sue capacità di autonomia (§ 2).
Per «eutanasia» s’intende un’azione positiva o un’omissione che di per sé o nell’intenzione dà la morte allo scopo di porre fine alle sofferenze di un malato inguaribile.
Si noti che, nella legge belga (promulgata nel maggio del 2002), si tratta anche dei malati incurabili che non sono vicini alla morte. Bisogna anche ricordare che l’eutanasia propriamente detta non è da confondere con l’uso perfettamente lecito di prodotti analgesici proporzionati, destinati a sopprimere o ad alleviare il dolore, anche se ne risulterà un abbreviamento della vita.
Nei Paesi nei quali è stata depenalizzata l’eutanasia (in Olanda nell’aprile del 2001) si è proceduto come nel caso dell’aborto. Si è affrontato il problema a partire da casi eccezionali e particolarmente commoventi, sostenendo la necessità di depenalizzare anche perché, di fatto, l’eutanasia veniva già praticata. Altra argomentazione adottata è stata quella che, per evitare gli abusi dell’eutanasia clandestina, era preferibile controllare la stessa dandole un quadro legale.
A seguito di queste affermazioni si è passati alla votazione della legge che depenalizza l’eutanasia con restrizioni inizialmente molto severe. Nella legge belga del maggio 2002, per esempio, si esige che il paziente si trovi in una situazione medica senza via d’uscita, lamentando una sofferenza fisica o psichica costante e insopportabile che non può essere sedata e che scaturisce da una affezione accidentale o patologica grave e incurabile.
Si esige pure che il paziente, maggiorenne (o minorenne emancipato) sia capace e conscio nel momento della sua richiesta e che questa sia formulata in un modo volontario, ponderato e ripetuto.
Deve anche risultare chiaro che la volontà del malato non sia inficiata da pressioni esterne. Per accertarsi di questa ultima condizione sono previste, nel corso del tempo, diverse procedure di verifica finalizzate anche a confermare il giudizio del medico.
Con queste limitazioni si ottiene la votazione a favore della legge. In seguito, dopo una sperimentazione di due anni, si propone di allargare le condizioni previste dalla legislazione vigente, estendendone l’applicazione al suicidio assistito e ai minorenni capaci di ragionare. Si propone pure di ampliare la portata della cosiddetta « dichiarazione anticipata » o « testamento di vita » o piuttosto « di morte », in tal modo che il medico possa praticare l’eutanasia non solo quando la persona avrà perduto la coscienza, come in caso di coma, ma anche se avrà perduto solo la coscienza della propria personalità, come, per esempio, in caso di demenza o di emorragia cerebrale. Un progetto di legge di questo genere è stato presentato al Senato belga nel luglio scorso.
Questo lascia pensare che, nel futuro, le restrizioni oggi previste nella legge non saranno più rispettate o verranno soppresse, come accadde anche con la legge sull’aborto. È pure preoccupante il fatto che, secondo le prime informazioni, rimarrebbe significativo il numero dei medici che, come in Olanda, preferiscono praticare l’eutanasia senza compiere le formalità costrittive previste attualmente dalla legge, sapendo bene che con il corso del tempo spariranno progressivamente.
Di fronte a queste strategie, bisogna resistere principalmente con argomenti accettabili anche da parte di quanti non sono o non vogliono essere sensibili ad una problematica metafisica o a fortiori teologica. A questo scopo faccio le osservazioni seguenti.
1. L’ideologia di fondo delle leggi o dei progetti di legge che depenalizzano o vogliono depenalizzare l’eutanasia è quella della libertà di scelta dell’individuo.
Sarebbe possibile contestarla con ragionamenti metafisici, ma, per la ragione suddetta, è preferibile confutarla dal punto di vista di quanti si riferiscono solo all’approccio antropologico o giuridico dell’autonomia dell’individuo e affermano che la libertà non conosce altro limite sociale che la libertà altrui.
Ora, benché sia previsto dalle leggi esistenti oggi (ma cosa sarà nel futuro?) che nessun medico è obbligato a compiere una eutanasia, s’impone lo stesso, a nome della libertà dell’individuo, che cambi profondamente il significato più decisivo di tutta la professione medica in quanto tale, la quale non sarebbe più solo l’arte di curare e di guarire, ma anche l’arte di uccidere, in opposizione totale con la tradizione ippocratica.
Quando si ricorda che la fiducia che i malati concedono al medico si fonda sul presupposto non solo della sua professionalità, ma anche del suo inequivocabile atteggiamento pro vita, si può indovinare che se questo venisse a mancare con la benedizione della legge, il danno per il rapporto medico-paziente sarebbe incalcolabile.
La questione è gravissima, e per questo motivo l’Associazione medica mondiale, per ben due volte in questi ultimi anni, si è pronunciata categoricamente contro ogni forma di eutanasia, come contro la soluzione che fu adottata più tardi in Olanda e poi, in modo più grave ancora, in Belgio (Dichiarazioni di Madrid in ottobre 1987 e di Marbella in ottobre 1992). Si noti anche che nella sua Raccomandazione 1418, approvata in giugno 1999, il Consiglio Europeo, nell’articolo 9, esclude categoricamente il ricorso all’eutanasia nel caso di malati incurabili o morenti, precisando che il desiderio di morire espresso da un malato incurabile o morente non può in sé servire da giustificazione legale per l’esecuzione di atti destinati a provocare la morte.
2. Questa strumentalizzazione della professione medica è tanto più inaccettabile dal momento che, per alleviare le sofferenze, il medico dispone oggi di un efficace strumento quale la medicina palliativa, la quale, quando viene applicata con professionalità, contribuisce a far sparire richieste di morte che, in modo generale, esprimono più l’angoscia di essere abbandonato alla solitudine del dolore che non la volontà propriamente detta di morire.
La promulgazione congiunta di una legge che depenalizza l’eutanasia e di un’altra che incoraggia la medicina palliativa, come fu nel caso del Belgio, è dunque oggettivamente una ipocrisia, malgrado le intenzioni, perché contribuisce a scoraggiare l’impegno risoluto a favore della medicina palliativa.
3. Tenendo conto dell’invecchiamento drammatico della popolazione nei Paesi europei, conseguenza di una demografia catastrofica, c’è anche il pericolo gravissimo e non illusorio che, in contraddizione con il vigente codice di etica medica approvato a Ginevra nel 1948, la professione medica diventi strumento decisivo sia per il contenimento delle spese sanitarie sia per l’instaurarsi di una politica selettiva fondata sul concetto di qualità della vita.
Non sono pochi quelli che suggeriscono che, nel contesto della crisi del welfare state e della diminuzione relativa delle risorse con il conseguente bisogno di ridurre le spese sanitarie, la legge dovrebbe indurre i medici a escludere alcune categorie di persone – in primo luogo, gli anziani – dalle terapie più costose.
Alcuni sostengono addirittura che poiché la medicina moderna è responsabile della sopravvivenza di un crescente numero di soggetti portatori di handicap o comunque con una qualità di vita molto ridotta, essa dovrebbe sobbarcarsi il compito di alleviare, con misure adeguate – come la sospensione dei trattamenti e della nutrizione e idratazione artificiale, ecc.-, un carico divenuto insostenibile per la società. È chiaro che le leggi favorevoli all’eutanasia contribuiscono ad accentuare quello scivoloso pendio che minaccia la nostra cultura o incultura.
Conformemente alla Dichiarazione Iura et bona della Congregazione per la dottrina della fede nel 1980 e ai numeri 65-67 dell’Enciclica Evangelium Vitae nel 1995, il Santo Padre promuove nel suo Messaggio per la Quaresima di quest’anno un atteggiamento umanistico del tutto diverso. Speriamo che questo atteggiamento positivo, conforme non solo alla fede cattolica, ma anche a un umanesimo di natura filosofica, prevarrà sulla gravissima tentazione dell’eutanasia. Speriamo pure che il dibattito pubblico sarà più vivo in altri paesi di quanto non lo fu in Belgio. I vescovo belgi si sono pronunciati due volte, come Conferenza episcopale, a proposito dell’eutanasia: una prima volta parecchi anni prima della votazione della legge quando si cominciava a parlarne nei circoli politici, e poi poco prima della discussione in Camera dei deputati. Ci fu pure una lunga audizione di esperti di tutti gli orizzonti filosofici in Senato. Ma il dibattito non fu abbastanza sviluppato nel pubblico, neanche nell’ambito della Chiesa cattolica, conformemente alla tradizione belga che preferisce evitare confronti acuti. Spero dunque che in altri paesi leggi del genere non saranno rese possibili col favore della stessa passività1.
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1
Oltre ai testi del Magistero qui citati, ci siamo pure ispirati al Manuale di bioetica scritto da Mgr Elio Sgreccia nonché all’articolo Eutanasia, nel Lexicon pubblicato dal Pontificio Consiglio per la Famiglia, Bologna, Edizioni Dehoniane, 2003. [00135-01.02] [Testo originale: Italiano]
● CONCLUSIONE DI S.E. MONS. PAUL JOSEF CORDES
La minaccia contro le persone anziane ha assunto diverse forme. Se prendiamo ancora come aiuto l’immagine del poeta Virgilio dobbiamo confessare che il giovane Enea oggi evidentemente non vuole più portare il vecchio Anchise. Per chi sa discernere, l’urgenza e l’importanza del Messaggio Quaresimale del Papa non hanno bisogno di ulteriori argomenti. Ma allora noi cristiani, insieme a tutti gli uomini di buona volontà, siamo chiamati a maggiore vigilanza. Non si deve permettere ai politici di sacrificare la dignità dell’uomo a interessi populisti o economici. La dignità dell’uomo è intoccabile, perché è un dono di Dio. Ma non si tratta solo di esercitare la nostra influenza sullo stato e la società. Anche nella nostra vita privata – nella famiglia e nel vicinato – questa parola del Papa ci deve guidare. Infatti l’amore al prossimo riguarda non solo quello lontano, ma soprattutto quello vicino. Qui si pone a noi la sfida di una vera conversione; l’accettazione della croce da portare con il Signore sul Golgota; non la proclamazione di un’idea: ci si deve prendere cura degli anziani, quanto piuttosto: la realizzazione di questa stessa cura come nostro compito.
Ho sentito di una bella iniziativa, fatta partire dal "Gruppo Volontari Vincenziani". Si chiama "Adotta un nonno". Mi sembra in se stessa esemplare. E manifesta che ognuno dovrebbe sfruttare personalmente la Quaresima per dedicare agli anziani il proprio tempo, il proprio denaro, il proprio affetto. Così recita il manifesto: "Il progetto ‘Adotta un nonno’, aperto a chiunque desideri combattere l’indigenza, ma anche la solitudine e l’emarginazione che troppo spesso portano gli anziani a gravi forme depressive."
[00137-01.01] [Testo originale: Italiano]
[B0048-XX.01]