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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL VOLUME POPE JOHN PAUL II AND THE CHALLENGES OF PAPAL DIPLOMACY - ANTHOLOGY (1978-2003), 18.10.2004


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL VOLUME POPE JOHN PAUL II AND THE CHALLENGES OF PAPAL DIPLOMACY - ANTHOLOGY (1978-2003)

● INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. RENATO RAFFAELE MARTINO

INTERVENTO DI S.E. MONS. ANDRÉ DUPUY

INTERVENTO DI MONS. PIETRO PAROLIN

Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si svolge la Conferenza Stampa di presentazione del volume Pope John Paul II and the Challenges of Papal Diplomacy - Anthology (1978-2003), curato da S.E. Mons. André Dupuy, che raccoglie i Discorsi del Santo Padre in ambito diplomatico degli ultimi venticinque anni.

Partecipano alla Conferenza Stampa: l’Em.mo Card. Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; S.E. Mons. André Dupuy, Nunzio Apostolico in Venezuela; il Rev.mo Mons. Pietro Parolin, Sotto-Segretario per i Rapporti con gli Stati.

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. RENATO RAFFAELE MARTINO

Sono lieto di aggiungere una parola di presentazione al volume Jean-Paul II et les enjeux de la diplomatie pontificale, curato, con la consueta competenza, dal Nunzio Apostolico André Dupuy e pubblicato congiuntamente dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e dalla Path to Peace Foundation. Il volume è una raccolta, diligente e accurata, dei discorsi che, in varie circostanze, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha rivolto ai Rappresentanti diplomatici di tantissimi Paesi. Dalla lettura dei testi si può facilmente cogliere l’articolata e, nello stesso tempo, armonica composizione di uno straordinario Magistero che, nell’arco di 26 anni, ha toccato tutti i tasti dell’attualità del nostro tempo, elaborando una serie vigorosa di variazioni sul tema unitario della difesa della dignità umana e dei suoi diritti fondamentali. Il grande compositore di questa sinfonia, tanto forte nei contenuti quanto drammatica nelle tonalità e nelle forme espressive, è il Santo Padre Giovanni Paolo II: attraverso un crescente coinvolgimento, nella lettura delle pagine del volume, tra le righe, emerge la grandezza, non solo di un altissimo Magistero, ma anche di una fede coraggiosa e granitica, di una speranza che spera contra spem, di un amore alla verità, alla pace e all’uomo che rendono il Pontificato di Giovanni Paolo II una delle più grandi benedizioni che, nella storia, abbiano ricevuto la Chiesa e il mondo.

Il volume, pubblicato in un’edizione tipografica molto bella, si presenta con le vesti umili del genere della raccolta, che ha comunque il pregio di offrire al lettore un approccio diretto alle fonti senza il filtro di indebite ermeneutiche. Chi avrà la paziente disponibilità di leggere il testo, ne potrà ricavare la genuina impressione che i discorsi del Santo Padre disegnano, più che una strategia per l’azione diplomatica della Santa Sede, una illuminante strategia per l’azione, presente e futura, della Chiesa nella società. Tale azione deve comprendere anche un’attenzione, non rapsodica, ai diritti umani, in quanto la Chiesa ha ricevuto in consegna da Dio la cura per l’uomo nella sua integralità. La radice dei diritti dell’uomo, infatti, è da ricercare nella dignità che appartiene ad ogni essere umano e il criterio principale dell’azione ecclesiale dei diritti umani è l’annuncio del fondamento trascendente della dignità della persona, da cui sgorgano diritti assoluti che nessun consesso umano ha il potere di concedere o di negare. In questa prospettiva, l’umanesimo proposto da Giovanni Paolo II ai Rappresentanti diplomatici è un umanesimo integrale, ancorato al trascendente.

I discorsi del Santo Padre, mentre da una parte affermano che l’azione ecclesiale per i diritti umani può essere particolarmente feconda per l’annuncio e la testimonianza dell’amore di Dio per ogni uomo, dall’altra denunciano il fatto che tali diritti si inscrivono sempre più dentro perimetri culturali assai insidiosi. I testi papali raccolti nel volume costituiscono, infatti, un accurato discernimento delle ambiguità presenti oggi nelle rivendicazioni dei diritti dell’uomo. Un’antropologia rispettosa della piena verità dell’uomo, infatti, non consente che i diritti abbiano la loro fonte in un soggettivismo individualista, ma in una verità oggettiva: la trascendente dignità della persona. Tali diritti, inoltre, si inscrivono in quella Legge naturale da cui traggono la loro forza, e quindi essi presuppongono sempre il dovere, come ambito al di fuori del quale i diritti si trasformano in arbitrio. L’affermazione della piena verità dell’uomo e dei suoi diritti fondamentali è proposta dal Santo Padre come il presupposto per far funzionare al meglio i sistemi sociali, quelli economici e quelli politici, a livello nazionale e internazionale. La piena verità dell’uomo non è nemica dell’uomo, ma la sua migliore alleata. La piena verità dell’uomo è condizione indispensabile di ogni progresso sociale e civile e di ogni sviluppo umano.

Bisogna dire, con dispiacere, che al giorno d’oggi, su questo fronte, le voci del Santo Padre e della Chiesa cattolica sono poco ascoltate, soprattutto negli ambiti continentali dei Paesi ricchi e benestanti, quando addirittura non vengono deliberatamente fatte sparire, sommergendole nel frastuono e nel baccano orchestrati da potenti lobbies culturali, economiche e politiche mosse prevalentemente dal pregiudizio verso tutto quello che è cristiano. Basta pensare alla disinvolta e allegra maniera con cui queste lobbies promuovono tenacemente la confusione dei ruoli nell’identità di genere, sbeffeggiano il matrimonio tra un uomo e una donna, sparano addosso alla vita fatta oggetto delle più strampalate sperimentazioni. A finire sul banco degli imputati di queste lobbies – nuove sante inquisizioni piene di soldi e di arroganza – è soprattutto la Chiesa cattolica e i cristiani verso i quali ogni metodo è lecito se serve a zittirne la voce: dall’intimidazione al disprezzo pubblico, dalla discriminazione culturale all’emarginazione. La Chiesa, forte della forza che le viene dal Signore e della sua bimillenaria esperienza, continuerà ad annunciare il Vangelo della salvezza, predicando la piena verità dell’uomo contro tutti i relativismi e gli oscurantismi dell’illuminismo post-moderno.

Dai discorsi del Santo Padre emerge una illuminante trattazione di quei diritti verso se stessi, quelli verso gli altri e verso Dio, che costituiscono la strada più sicura per il progresso umano. La persona ha dei diritti verso se stessa, come il diritto alla vita e alla identità genetica, che l’io non solo non può togliere agli altri, ma neanche a se stesso. Ci sono poi i diritti verso gli altri nostri fratelli, senza esclusione. Infine i diritti che l’uomo ha di poter credere e manifestare la propria fede in Dio. Si tratta del diritto alla libertà religiosa. Per evitare derive ideologiche non si deve rinunciare alla dimensione trascendente dei diritti, alla loro indisponibilità, assolutezza, indivisibilità, universalità, reciprocità con i doveri.

Termino con un’ultima considerazione riguardante il bel volume che stiamo presentando. Dalla lettura dei discorsi del Santo Padre ai Diplomatici si ricava l’indicazione pressante a ricomporre la dimensione privata e pubblica dei diritti. Soprattutto nelle parti in cui si affrontano i temi connessi alla promozione del diritto alla pace e del diritto allo sviluppo il Santo Padre invita l’umanità di oggi a non voler realizzare i propri diritti a scapito dei diritti delle generazioni future; a riconoscere alle grandi questioni etiche contemporanee una dignità pubblica, ossia la possibilità di essere oggetto di un dibattito razionale pubblico senza relegarle nella sfera intimistica della coscienza privata; a ridurre il divario tra l’aumento di diritti sofisticati nelle nazioni avanzate, perfino eccessivamente edonistici o narcisistici, e la grave carenza nel soddisfacimento dei diritti fondamentali alla alimentazione, all’acqua, all’abitazione, in tante zone del pianeta; a non esasperare il contrasto tra il diritto a spazi privati di libertà e l’ostentazione pubblica di aspetti tra i più intimi delle relazioni umane e il controllo esercitato su di essi dagli apparati politici. Non mi resta che esprimere l’augurio di un pieno successo al libro e manifestare a S.E. Monsignor André Dupuy, anche a nome del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e della Fondazione Path to Peace, sentimenti di gratitudine e sincero apprezzamento per quest’altra paziente e accurata fatica, che rende un prezioso servizio agli studiosi e a quanti desiderano attingere direttamente e autenticamente all’insegnamento di questo grande Papa.

[01316-01.02] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. MONS. ANDRÉ DUPUY

Nel discorso pronunciato all’Ambasciata di Francia presso la Santa Sede esattamente un anno fa, in occasione del XXV anniversario del pontificato di Giovanni Paolo II, il Primo Ministro francese Jean-Pierre Raffarin così si esprimeva: "il nostro mondo disorientato ha bisogno di riferimenti morali e spirituali che, nella tolleranza e nell’apertura, gli permettano di organizzarsi ed anche di promuovere la pace e la giustizia". Aggiungeva poi che, fin dall’inizio del suo Pontificato, "Giovanni Paolo II ha proposto un messaggio di fiducia nell’uomo, per rifiutare tutti gli scoraggiamenti e chiamare tutti i popoli al dialogo e alla solidarietà".

Le parole del Primo Ministro francese si collegano a quelle del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Koffi Annan, il quale, durante il simposio organizzato per l’80° genetliaco del Santo Padre, il 18 maggio 2000, affermava che "per milioni di persone nel mondo, Giovanni Paolo II è divenuto la voce più potente di speranza e di giustizia che noi abbiamo mai ascoltato".

I testi raccolti nel volume Giovanni Paolo II e le sfide della diplomazia pontificia corroborano quanto appena citato e bene illustrano l’impegno del Santo Padre in favore delle grandi cause dell’uomo.

Similmente a quanto detto l’anno scorso presentando la raccolta degli interventi della Santa Sede nell’ambito della diplomazia multilaterale, anche il libro di cui oggi parliamo intende essere uno strumento di lavoro destinato agli studiosi di diritto internazionale ed un testo di consultazione per i diplomatici e per tutti coloro che desiderano conoscere il pensiero di Giovanni Paolo II su determinate questioni internazionali.

Comparando i temi trattati nell’opera pubblicata un anno fa e quelli che appaiono nel volume oggi presentato, ne risulta un’evidente concordanza che è del tutto logica: infatti, in seno alle Organizzazioni Internazionali, le delegazioni della Santa Sede si fanno eco del pensiero del Papa e della Chiesa intera sulle questioni d’attualità.

Dalla sua istituzione nel 1967, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha preparato due edizioni di discorsi del Papa al Corpo Diplomatico, la prima nel 1988 (con una presentazione di Mons. Jean-Louis Tauran), la seconda nel 2002 (con un’introduzione di Mons. Giampaolo Crepaldi). Rispetto a dette pubblicazioni, la presente opera offre due nuove opportunità.

La prima concerne il contenuto. Alle allocuzioni che Giovanni Paolo II ha rivolto al Corpo Diplomatico (ce ne sono 72 nel volume), si aggiungono le allocuzioni ed i messaggi ai Capi di Stato (137), ai Capi di Governo (18), ai Ministri degli Affari Esteri (4), agli Ambasciatori in occasione della presentazione delle lettere credenziali (691), a dei Diplomatici (25) e alle Organizzazioni Internazionali (più di 300, di cui 180 all’Organizzazione delle Nazioni Unite e alle Agenzie specializzate).

La seconda novità concerne la forma. Non si tratta di una semplice pubblicazione di documenti, ma di una classificazione dei medesimi per temi, organizzati attorno alla questione dei diritti umani (alla libertà religiosa, allo sviluppo, alla pace, alla vita, ai diritti delle famiglie, dei popoli e delle nazioni). Il testo completo dei discorsi di trova nel CD-ROM allegato al volume.

L’insegnamento contenuto in questa raccolta è troppo ricco per farne l’oggetto di un riassunto. Un punto però merita di essere sottolineato: il coraggio con il quale Giovanni Paolo II affronta le questioni più difficili dei nostri tempi, interpretando lui stesso e con costanza quell’audacia della verità, che nel 1985 aveva raccomandato ai giovani di Ypres (Belgio), città martire della prima guerra mondiale.

Questo stile del Papa ci indica che la diplomazia possiede un’alta rilevanza etica, tale da non potersi mai permettere di transigere con la verità. Al primo Ambasciatore degli Stati Uniti d’America presso la Santa Sede, di cui riceveva le lettere credenziali nell’aprile del 1984, il Santo Padre ricordava la necessità di "difendere la verità contro ogni tentativo di manipolazione". Giovanni Paolo II giudica una "pretesa erronea e pericolosa" la tentazione di organizzare la società nel vuoto morale, in quanto "le decisioni sulla politica pubblica non coinvolgono solamente la responsabilità verso l’opinione pubblica, ma soprattutto quella verso la verità oggettiva sulla natura dell’uomo e l’ordine della società umana" (Messaggio al Seminario sull’Enciclica Centesimus Annus, dell’8 ottobre 1991).

Si è parlato dell’attivismo morale di Giovanni Paolo II, un attivismo più vigoroso di quello dei suoi predecessori e che tenderebbe a far accettare la legittimità della questione morale in seno ai dibattiti secolari. Infatti, come spiegava Mons. Martino in un intervento all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 27 aprile 1990, "tutte le questioni che l’umanità affronta, comportano una dimensione etica fondamentale", e questa dimensione "sgorga dal primato della persona umana, di cui i diritti e la dignità devono avere la precedenza su tutte le altre considerazioni". Se Giovanni Paolo II dà alla questione morale un’importanza tutta particolare, se egli ne afferma la legittimità al punto da richiamarla in così tanti settori della vita internazionale - e questo risulta evidente quando si leggono i testi contenuti in questo volume -, è per la difesa delle grandi cause dell’uomo. Proprio qui sta quel "salto qualitativo" che la diplomazia contemporanea deve operare, per rilevare le sfide della mondializzazione ed operare in favore del bene comune dell’umanità.

Nel concludere questa breve presentazione, tengo a ricordare alcune parole di Patrick Wajsman, Direttore della rivista Politique Internationale, pronunciate durante la consegna del Premio per il Coraggio Politico a Giovanni Paolo II , il 2 ottobre scorso. Presentandolo come un "riferimento etico", Wajsman nota che il Santo Padre ha "fatto maturare lo spirito di resistenza" in un mondo troppo incline a "prostrarsi davanti allo status quo" e lo ringrazia di aver ripetuto ininterrottamente che "la sola legittimità e la sola finalità del potere è la persona umana".

[01317-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI MONS. PIETRO PAROLIN

Sono lieto di prendere la parola, a nome di S.E. Mons. Leonardo Sandri, Sostituto per gli Affari Generali, e di S.E. Mons. Giovanni Lajolo, Segretario per i Rapporti con gli Stati, i quali hanno un particolare titolo per essere qui rappresentati, questa mattina. Il libro che presentiamo, infatti, tratta della presenza della Santa Sede nella Diplomazia multilaterale ed essi sono a capo delle due Sezioni della Segreteria di Stato, le quali – com’è noto – si occupano rispettivamente di "regolare la funzione dei Rappresentanti della Santa Sede e la loro attività" (la Sezione degli Affari generali) e di "favorire le relazioni soprattutto diplomatiche con gli Stati e con gli altri soggetti di diritto internazionale e trattare i comuni affari per la promozione del bene della Chiesa e della Società civile" e "rappresentare la Santa Sede presso gli Organismi Internazionali" (la Sezione dei Rapporti con gli Stati) (cfr. Pastor Bonus artt. 40, 41 e 46).

Nella Basilica di San Pietro, dietro l’altare della cappella dedicata a San Colombano, si trova un mosaico che porta la seguente iscrizione: "Si tollis libertatem tollis dignitatem" (se si toglie all’uomo la libertà, gli si distrugge la dignità). Percorrendo i testi raccolti nell’opera di S.E. Mons. Dupuy, viene spontaneo pensare a quel mosaico e a quelle parole, citate dal Santo Padre nel suo discorso al Presidente irlandese Hillery, il 20 aprile 1989. Con tante ingiustizie, oppressioni e nuove schiavitù che minacciano oggi la dignità umana, è più che mai opportuno riflettere e meditare l’insegnamento di un Papa presente su tutti i fronti dell’umanità, che non resta estraneo ad alcun dibattito sull’avvenire.

Questo insegnamento, destinato ai responsabili della comunità internazionale – Capi di Stato e di Governo, Ministri degli Affari Esteri, Ambasciatori, Membri di Organizzazioni internazionali – si ispira unicamente a motivazioni religiose e morali. Giovanni Paolo II l’aveva precisato fin dal suo primo messaggio al mondo il 17 ottobre 1978: "Non ci muove nessuna intenzione di interferenza politica o di partecipazione alla gestione degli affari temporali... Noi intendiamo adoperarci per il consolidamento delle basi spirituali, su cui deve poggiare l’umana società" (Insegnamenti I p. 17.18).

L’impegno della Chiesa in favore della difesa e della promozione dei diritti dell’uomo deriva dal Vangelo. Il rispetto di questi diritti non è una questione di convenienza politica, ma proviene dalla dignità della natura umana in virtù della sua condizione di creatura di Dio. Questi diritti non sono attribuiti da autorità umane, non sono accordati dallo Stato; sono anteriori allo Stato. Ciò significa che, se la Santa Sede vuole rimanere fedele alla missione della Chiesa, ha non solamente il diritto ma anche il dovere di intervenire, di alzare la voce ogni volta che la dignità della persona umana, i valori morali della giustizia, della libertà, della verità, della solidarietà e della pace sono contraddetti dalle vicissitudini di questo mondo.

La parola di Giovanni Paolo II ai Responsabili dei Popoli e delle Nazioni è la parola di tutta la Chiesa:

- parola di una Chiesa che è al servizio dell’umanità, portatrice di un messaggio di salvezza, di una Parola di vita, che vuole essere fermento e lievito nella società contemporanea. Ai membri della comunità internazionale il Papa intende portare la prossimità, la simpatia, la voce di questa Chiesa esperta di umanità. Giovanni Paolo II attribuisce molta importanza a questa missione, lui che è stato Vescovo di quella Diocesi sul cui territorio si trova il campo di sterminio di Auschwitz.

- parola di una Chiesa radicata nella storia del proprio tempo, fattivamente solidale con gli uomini di cui condivide le legittime aspirazioni, le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce (GS 1). Una Chiesa che partecipa delle preoccupazioni concrete e dei problemi dei popoli. Una Chiesa che non è a rimorchio della storia, ma che la interroga, scrutando i segni dei tempi senza cadere nel relativismo dottrinale e senza sacrificare qualche cosa di se stessa agli idoli del momento.

La presenza della Santa Sede nella comunità delle nazioni si inscrive nel quadro della missione della Chiesa così come il Concilio Vaticano II l’ha presentata nella Costituzione Pastorale Gaudium et Spes. Il Card. Giovanni Benelli, quando era Sostituto della Segreteria di Stato, non esitava ad affermare che, se il servizio diplomatico della Santa Sede non esistesse, per fedeltà al Concilio si sarebbe dovuto istituirlo, inventarlo.

Non è certo un caso se l’iniziativa della pubblicazione che vi è presentata oggi parte dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, creato in risposta al desiderio del Concilio Vaticano II per "risvegliare il popolo di Dio ad una piena intelligenza del suo ruolo nell’ora attuale" (Motu Proprio Catholicam Christi Ecclesiam) e per rendere testimonianza della simpatia senza cedimenti che la Chiesa nutre per l’uomo. I documenti attentamente raccolti da S.E. Mons. Dupuy ci presentano un insegnamento sociale della Chiesa che il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace ha precisamente per missione specifica il compito di far conoscere.

Questo insegnamento è tanto più d’attualità oggi che il mondo nel quale viviamo è segnato da troppe manifestazioni di terrorismo e di violenza. Non siamo forse in diritto di chiederci, insieme a Giovanni Paolo II, se il mondo "stia abbandonando la speranza di giungere alla pace"?

È a questo mondo che la Santa Sede – senza perdere i caratteri specifici della sua natura – propone la sua collaborazione risoluta e leale. Il dialogo che intrattiene con i Responsabili degli Stati e delle Organizzazioni internazionali è senza alcun dubbio complesso e delicato, ma indispensabile, in quanto è essenzialmente un "dialogo di riconciliazione", animato da una profonda speranza.

Gli ultimi documenti citati nella sezione che porta il titolo Giovanni Paolo II e le sfide della diplomazia pontificia ci richiamano opportunamente che la Santa Sede e la Chiesa esercitano la loro attività a servizio dell’umanità "sotto il segno della speranza". La speranza accompagna tutto il Pontificato di Giovanni Paolo II, anche nei momenti più difficili. Una speranza coraggiosa, che rifiuta di soccombere al fatalismo e alla rassegnazione.

Permettetemi, quindi, di chiudere l’intervento con un invito a questa virtù teologale, utilizzando le stesse parole del Santo Padre nel suo discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il 14 gennaio 1984. Nel ricordare che, a Natale, qualcosa di nuovo è iniziato nella storia umana, il Papa afferma la non esistenza di situazioni bloccate o senza via di uscita: "Il cristiano non crede affatto alla fatalità della storia. L’uomo, con la grazia di Dio, può cambiare la direzione del mondo. In questa convinzione si radica il servizio che la Santa Sede presta umilmente, nei limiti della sua specificità, alla società internazionale".

[01313-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0508-XX.01]