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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA LETTERA DEL SANTO PADRE AI SACERDOTI PER IL GIOVEDÌ SANTO 2004, 06.04.2004


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA LETTERA DEL SANTO PADRE AI SACERDOTI PER IL GIOVEDÌ SANTO 2004

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. DARÍO CASTRILLÓN HOYOS

INTERVENTO DI S.E. MONS. CSABA TERNYÁK

Alle 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione della Lettera del Santo Padre ai Sacerdoti per il Giovedì Santo 2004.

Intervengono l’Em.mo Card. Darío Castrillón Hoyos, Prefetto della Congregazione per il Clero, e S.E. Mons. Csaba Ternyák, Arcivescovo tit. di Eminenziana, Segretario della medesima Congregazione.

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. DARÍO CASTRILLÓN HOYOS

1 "Carissimi Sacerdoti! È con gioia ed affetto che vi scrivo, in occasione del Giovedì Santo, seguendo una tradizione iniziata con la mia prima Pasqua da Vescovo di Roma, venticinque anni or sono" (n. 1).

Le iniziali parole della Lettera del Santo Padre manifestano, ancora una volta, con quanta premurosa carità il Successore di Pietro si rivolga ai sacerdoti per confermarli nella fede e sorreggerli nel loro ministero (cfr. Lc 22,32)!

"Vi penso…. Vi vedo…" (n. 1). Il tono fraterno del Papa ha radici sacramentali per quella comune partecipazione all’unico sommo ed eterno Sacerdozio di Cristo che è offerta ad ogni sacerdote quale dono proprio dell’Ordinazione presbiterale: è partecipazione che supera ogni distanza e che è fonte di unità di tutti i sacerdoti del mondo.

In questo contesto, come non ricordare quella prima Lettera di Giovanni Paolo II ai sacerdoti, in occasione del Giovedì Santo del 1979, dove si legge: "A voi penso incessantemente, per voi prego, con voi cerco le vie dell’unione spirituale e della collaborazione…Desidero oggi dirvi: per voi sono Vescovo, con voi sono Sacerdote" (Lett. Novo incipienti nostro, n. 1).

Se il Magistero petrino è sempre diakonía della Parola del Dio vivente, servizio al Verbo incarnato da parte di colui "che presiede la comunità universale nell’amore" (Sant’Ignazio di Antiochia, Ad Romanos, Proemio), in questa Lettera lo è in modo del tutto particolare, perché essa è volta essenzialmente a far riscoprire ai sacerdoti la altissima dignità del loro ministero e la responsabilità di essere depositari del dono inestimabile dell’Eucaristia.

Desidero porre in risalto tre aspetti del contenuto della Lettera.

2. Innanzitutto, l’intima connessione del sacramento dell’Eucaristia con il sacerdozio ordinato. "Siamo nati dall’Eucaristia" (n.2).

L’affermazione del Papa racchiude tutta la grandezza e la ricchezza della vita Sacerdotale e rimanda al fondamento cristologico e soteriologico della identità del sacerdozio stesso. In esso si realizza, mediante la speciale consacrazione dell’Ordinazione, una duplice partecipazione: partecipazione al Sacerdozio di Cristo e partecipazione alla Sua missione.

Configurati ontologicamente, in modo specifico ed indelebile, a Cristo, Sacerdote, Capo e Pastore della Chiesa (cfr. Cost. dog. Lumen gentium, n. 28; Presbiterorum ordinis, n. 2c), i sacerdoti sono abilitati ad agire in persona Christi, al servizio dei fedeli e di tutti gli uomini. L’intimo e profondo legame esistente tra consacrazione e missione sacerdotale è un binomio inscindibile. "La consacrazione è per la missione" (Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Pastores dabo vobis, n. 24)! I due termini sono inseparabili perché si riferiscono alla persona stessa di Cristo, di cui il ministro sacro è ripresentazione e riattualizzazione. Il sacerdote, infatti, è scelto, consacrato ed inviato per far emergere la contemporaneità di Cristo, di cui diventa autentico rappresentante e messaggero (cfr. Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, Tota Ecclesia, 31.1.1994, n. 7).

Possiamo allora comprendere meglio l’asserzione del Papa che nella Lettera scrive: "Quanto affermiamo della Chiesa intera…possiamo ben dirlo del sacerdozio ministeriale: esso trae origine, vive, opera e porta frutto «de Eucaristia»" (n.2).

In virtù di quell’Ultima Cena che il Signore ha celebrato a Gerusalemme in quella "sala al piano superiore" (Lc 22,12), prima Eucaristia nella Nuova Alleanza, gli Apostoli ed i loro successori ricevono da Cristo il Suo potere sacro, la exousía, per essere suoi ministri fra tutte le genti "mediante il sacro ministero del Vangelo, affinché l’oblazione dei popoli sia accetta, santificata nello Spirito Santo" (Presbyterorum ordinis, n. 2). In tal senso, l’Eucaristia diviene anche il centro e la radice della ecclesialità del sacerdozio. Il Papa ci fa riscoprire che l’incarico tremendo dell’Eucaristia, tremendo per la sua maestosa potenza, consiste proprio in questo: il sacerdote dinanzi a tutti può parlare con l’io di Cristo!

3. In secondo luogo, Giovanni Paolo II, sottolinea la sacralità e pertanto la insostituibilità del ministero ordinato. "Mistero della fede è l’Eucaristia, ma per riflesso mistero della fede è anche il sacerdozio stesso…Esiste pertanto una specifica reciprocità tra l’Eucaristia e il Sacerdozio, reciprocità che risale al Cenacolo" (n. 3)

Il ministero ordinato non può essere compreso senza fede, perché è per essenza sacro. Sacro per la sua origine – Cristo lo conferisce - , sia per il contenuto – i misteri divini che sono i sacramenti da Lui istituiti -, sia infine per il modo in cui viene conferito – sacramentalmente: la fede è l’unica prospettiva che permette di comprendere la natura del ministero sacerdotale. La fede ci fa scoprire che Cristo è presente nel sacerdote per significare al mondo che la riconciliazione operata per mezzo Suo sulla Croce, di cui l’Eucaristia è il frutto, non è un atto circoscritto a un tempo e a un luogo determinati, trascende le categorie del divenire umano e si prolunga continuamente nel tempo fino a quando, giunta l’ultima ora della storia, Cristo stesso ritornerà (cfr. 1 Cor 11,26).

In questo contesto, il Santo Padre proclama chiaramente che "l’Eucaristia, come il Sacerdozio, è un dono di Dio che supera radicalmente il potere dell’assemblea" (n.4). Come già affermato da Paolo VI, il ministero sacerdotale "non è un mestiere o un servizio qualunque esercitato in favore della comunità ecclesiale, ma un servizio che partecipa in una maniera assolutamente speciale e con un carattere indelebile alla potenza del sacerdozio di Cristo, grazie al sacramento dell’Ordine" (Paolo VI, Messaggio ai sacerdoti, 30.6.1968, alla Chiusura dell’anno della Fede).

Il ministero ordinato non si iscrive nella linea dei rapporti socio-politici intercorrenti fra gli uomini, né si colloca sul piano del solo sforzo umano per avvicinarsi a Dio: il ministro sacro è un dono di Dio ed è posto irreversibilmente sulla linea verticale della ricerca dell’uomo da parte del suo Creatore e Salvatore, sull’orizzonte sacramentale dell’intimità divina, resa gratuitamente accessibile all’uomo (cfr. Eb 5,1-10; 7, 24; 9, 11-28; 1 Tm 2,5).

4. Il terzo aspetto riguarda, invece, la pastorale vocazionale. "Le vocazioni sono un dono di Dio da implorare incessantemente…..Dal Cenacolo Cristo non si stanca di cercare e di chiamare: sta qui l’origine e la perenne sorgente dell’autentica pastorale delle vocazioni sacerdotali" (n. 5).

La preghiera della Chiesa per le vocazioni si fa efficace se si unisce alla preghiera di Cristo nell’Ultima Cena, e poi a quella dell’Orto degli Ulivi e della Croce salvifica.

La preghiera deve essere anche accompagnata dall’azione pastorale, volta a far comprendere che la vita è vocazione e che Dio chiama alcuni a seguirlo più da vicino, nella comunione con Lui e nel dono di sé.

Perciò le famiglie cristiane hanno una grande ed insostituibile missione e responsabilità riguardo alle vocazioni e, soprattutto per mezzo delle Parrocchie, vanno aiutate a corrispondervi in maniera consapevole e generosa.

Il Santo Padre aggiunge: "Proprio in questa luce, cari Fratelli sacerdoti, privilegiate, accanto ad altre iniziative, la cura dei ministranti"(n. 6). Risulta chiaro che la pastorale vocazionale chiama in causa anzitutto i sacerdoti stessi, alla loro preghiera, al loro ministero, alla loro testimonianza personale. Se i bambini ed i giovani sperimentano nel sacerdote la gioia di essere ministri di Cristo e depositari dei misteri divini, la generosità nell’amministrare i sacramenti, specialmente quelli della Riconciliazione e dell’Eucaristia, allora saranno spinti ad interrogarsi se non possa essere questa, anche per loro, la "parte migliore" (Lc 10,42), la scelta più ricca di felicità per le loro vite.

Giovanni Paolo II conclude la Lettera confidandoci il contenuto della sua preghiera a Gesù Cristo Sacerdote e Vittima (n. 7) ed affidando tutti i sacerdoti a Maria: "E Tu, Madre di Cristo Sommo Sacerdote, ottieni sempre alla Chiesa numerose e sante vocazioni, fedeli e generosi ministri dell’altare" (n. 8).

Con Maria la teologia del sacerdozio si fa teologia della vita redenta perché Ella ci fa scoprire che Cristo, primogenito di ogni creatura (cfr. Col 1,15), presente nel sacerdote, fa sì che il Popolo sacerdotale di Dio possa offrire al Padre il suo culto e la sua offerta spirituale: la vita, il lavoro, i desideri, le lotte e le speranze del cristiano, offerti come pane sull’Altare del sacrificio, possono essere gradite al Padre per la loro unione col Corpo e col Sangue del Figlio, unica vittima propiziatrice.

[00527-01.02] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. MONS. CSABA TERNYÁK

Una settimana fa, abbiamo cominciato la celebrazione della Santa Messa con una preghiera, chiedendo a Dio che il popolo aumenti "in merito e in numero"… La nostra Congregazione, che segue la vita e il ministero dei sacerdoti, evidentemente si occupa del merito, ma può verificare soltanto il numero.

Dopo il commento di Sua Eminenza circa la Lettera che il Santo Padre rivolge ai Sacerdoti della Chiesa Cattolica, in occasione del prossimo Giovedì Santo, vorrei aggiungere soltanto un breve cenno all’evoluzione numerica del clero nel mondo.

Lo faccio perché lo stesso Santo Padre si riferisce alla questione, nel n. 4. del documento, quando, nonostante la scarsità di clero che si avverte in alcune parti del mondo, parla tuttavia di una "promettente primavera vocazionale" e invita tutti a pregare per l’aumento delle vocazioni.

Desidero sottolineare che il numero totale del clero nel mondo (inclusi anche i vescovi e i diaconi) è, alla fine del 2001, di 439.850, mentre erano 406.509 nel 1961. 14 % delle parrocchie attuali (216.736 alla fine del 2001), sono state create durante gli ultimi trenta anni. E la proporzione di sacerdoti espressamente dedicati al ministero parrocchiale è cresciuta in modo più notevole ancora: 212.095 parrocchie sono gestite in modo diretto da un sacerdote, mentre nel 1978 ne erano soltanto 200.295.

Il calo percepito in alcuni paesi occidentali non deve creare una falsa illusione: esso è correlativo all’invecchiamento progressivo della popolazione locale, al fenomeno preoccupante della diminuzione delle nascite, e, infine, al fenomeno culturale dell’aumento del secolarismo. Dall’altra parte, però, si può costatare una crescita del clero, particolarmente nei continenti più giovani, dove è ancora significativa la procreazione e dove la cultura è meno intaccata dalla crisi religiosa.

Così, per presentarvi un quadro statistico generico dei soli presbiteri (non inclusi i vescovi e i diaconi), posso fare il paragone dei dati per continenti, che riguardano l’anno 1961 e quello del 2001 (questi sono gli ultimi dati accertati di cui disponiamo).

Continente

1961

2001

Europa

250.859

206.761

America Latina

43.202

63.159

America del Nord

71.725

57.988

Asia

25.535

44.446

Africa

16.541

27.988

Totale

404.082

405.067

Il Santo Padre afferma, comunque, in questa sua 24ª lettera rivolta ai sacerdoti di tutto il mondo: "Non è mai sufficiente il numero dei presbiteri, per far fronte alle crescenti esigenze dell’evangelizzazione e della cura pastorale dei fedeli".

Egli scrive pure che le vocazioni sono un dono di Dio. Ringraziamento al Signore perché il fenomeno della crescita delle vocazioni è una constante: il numero dei seminaristi maggiori è quasi raddoppiato – sono attualmente 112.982 – , nei confronti dell’inizio del pontificato, quando i seminaristi erano soltanto 63.882. Il bello è che queste vocazioni sono più stabili di trenta anni fa: la proporzione di seminaristi che rinunciavano a questa via era di 9,09% all’inizio del Pontificato, mentre, attualmente, tale proporzione è scesa al 6,93%. Così, nella storia della Chiesa non abbiamo mai avuto tanti seminaristi studenti di filosofia e di teologia.

Come già sottolineato poco fa dal Cardinale, è necessario, però, che le comunità cristiane si dedichino alla preghiera perché il Signore mandi nuovi operai alla sua messe. Ma è importante ugualmente che sacerdoti e cristiani laici promuovano coraggiosamente una pastorale vocazionale, già in seno alle famiglie, nelle scuole e nelle parrocchie.

Il Santo Padre afferma che vocazione significa "essere chiamato per nome". É necessario quindi rivolgersi direttamente ai giovani, per proporre la bellezza del sacerdozio cattolico, vissuto da un cuore pieno di amore per Dio e per gli altri, e da uomini che consacrano gioiosamente la propria libertà e il proprio essere al servizio dei fratelli.

Uno degli strumenti fondamentali della pastorale vocazionale sono i sacerdoti stessi, con la loro fedeltà alla propria vocazione e con il loro entusiasmo nell’esercizio del ministero. Uomini innamorati dell’Eucaristia, che possono far riscoprire ai giovani l’ardore di una vocazione d’identificazione ontologica con il Cristo, che si dona per la salvezza di tutti e che, nell’Eucaristia, si fa dono.

Il nostro Direttorio per i sacerdoti del 1994, appena 10 anni fa, ricordava che "è esigenza insopprimibile della carità pastorale che ogni presbitero, assecondando la grazia dello Spirito Santo, si preoccupi di suscitare almeno una vocazione sacerdotale che ne possa continuare il ministero."

Infine, per terminare, mi piace sottolineare l’attenzione che il Papa dedica, nella sua Lettera, ai chierichetti o ministranti. Egli considera tale istituzione come un "vivaio" per le future vocazioni al sacerdozio. Mi piace molto questa insistenza del Santo Padre, anche perché, per molti di noi sacerdoti di oggi, il gruppo dei chierichetti, in parrocchia, è stata l’occasione per la scoperta e lo sviluppo della nostra vocazione, come del resto, anche il Papa stesso si riferisce alla sua storia personale.

Dal 1962, data di un primo incontro con il Beato Giovanni XXIII, si sono moltiplicati i raduni internazionali dei chierichetti o ministranti, sempre sottolineando la disponibilità che comporta il loro servizio e il fascino di stare presso l’altare. Lo stesso Giovanni Paolo II, nel raduno europeo del 1° agosto 2001, si rivolgeva a circa 22.000 ministranti di tutta l’Europa, con le seguenti parole: "Il vostro servizio vi unisce al ministero sacro del sacerdote che celebra l’Eucaristia e gli altri sacramenti,a nome di Cristo stesso. Il modo col quale adempite fin da ora il vostro servizio, vi prepara alle chiamate del Signore".

La nostra Congregazione nel presentare questo bel Documento non può che ricordare ad ogni sacerdote del mondo quanto da lei scritto nel già citato Direttorio del 1994: "Ogni sacerdote riserverà particolare cura alla pastorale vocazionale, non mancando di incentivare la preghiera per le vocazioni, di prodigarsi nella catechesi, di curare la formazione dei ministranti, di favorire appropriate iniziative mediante un rapporto personale che faccia scoprire i talenti e sappia individuare la volontà di Dio per una scelta coraggiosa nella sequela di Cristo" (Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, n. 32).

[00528-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0168-XX.01]