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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL VOLUME SPIRITUS ET SPONSA, ATTI DELLA GIORNATA COMMEMORATIVA DEL XL DELLA SACROSANCTUM CONCILIUM (ROMA, 4 DICEMBRE 2003), 02.04.2004


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL VOLUME SPIRITUS ET SPONSA, ATTI DELLA GIORNATA COMMEMORATIVA DEL XL DELLA SACROSANCTUM CONCILIUM (ROMA, 4 DICEMBRE 2003)

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. FRANCIS ARINZE 

INTERVENTO DI S.E. L’ARCIVESCOVO MONS. DOMENICO SORRENTINO 

INTERVENTO DI P. JUAN JAVIER FLORES ARCAS 

INTERVENTO DI MONS. GIUSEPPE LIBERTO 

Alle 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si svolge la Conferenza Stampa di presentazione del volume Spiritus et Sponsa, Atti della Giornata Commemorativa del XL della Sacrosanctum Concilium (Roma, 4 dicembre 2003).

Partecipano: l’Em.mo Card. Francis Arinze, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, S.E. l’Arcivescovo Mons. Domenico Sorrentino, Segretario della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, P. Juan Javier Flores Arcas, Preside del Pontificio Istituto Liturgico di S. Anselmo a Roma e Mons. Giuseppe Liberto, Maestro Direttore della Cappella Musicale Pontificia.

Ne pubblichiamo di seguito gli intereventi:

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. FRANCIS ARINZE

1. Evento degno di commemorazione

Il 4 dicembre 1963, il Concilio Vaticano II promulgò il primo dei suoi documenti maggiori, la Sacrosanctum Concilium. Questa Costituzione sulla Sacra Liturgia è stato il primo frutto del Concilio, quella "grande grazia di cui la Chiesa ha beneficiato nel ventesimo secolo" (Novo Millennio Ineunte, 57).

La Sacrosanctum Concilium espose i principi fondamentali per guidare la pratica liturgica della Chiesa nel suo rinnovamento, come richiesto dallo stesso scopo della sacra liturgia che è quello di dare gloria a Dio e promuovere la santificazione e la salvezza delle persone.

Siccome la liturgia è un’altissima espressione della realtà misterica della Chiesa, non sorprende che il Concilio Vaticano II abbia cominciato con questo documento, tra i quindici che si sono susseguiti. La Chiesa, celebrando i misteri di Cristo nella liturgia, manifesta se stessa. E le celebrazioni liturgiche, specialmente il sacrificio eucaristico, avvicinano ogni membro della Chiesa al suo cuore e alla sua vita.

Era quindi da aspettarsi che la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti non avrebbe mancato di promuovere una celebrazione commemorativa del 40° anniversario della Sacrosanctum Concilium. Lo ha fatto il 4 dicembre 2003, con un convegno tenuto in Vaticano, nella Sala del Sinodo. La nostra Congregazione è stata felice di ricevervi Cardinali, Vescovi, rappresentanti della Curia romana, rettori, professori e studenti delle Università Pontificie e di Istituti Liturgici, delegati di Monasteri, Istituti Religiosi e di varie Associazioni nonché distinti liturgisti. Per andare incontro a un pubblico più vasto che non poteva essere presente, la nostra Congregazione ha preparato gli Atti che noi ora presentiamo.

2. Un Documento in due Parti

Gli Atti, che abbiamo intitolato Spiritus et Sponsa, si dividono in due parti.

La prima parte consta di due bei documenti del Santo Padre. In primo luogo, la Lettera Apostolica Spiritus et Sponsa – dalla quale deriva il titolo dato all’intero volume –, lettera del Papa alla Chiesa universale nel 40° anniversario della Sacrosanctum Concilium. In essa il Santo Padre sottolinea l’importanza-chiave di questo documento del Concilio, la necessità di essergli fedeli e l’utilità di un esame di coscienza di come la Chiesa ne sta eseguendo le direttive. Nella lettera speciale a me rivolta, e che porta la data del 4 dicembre 2003, il Papa affida alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti il gradito compito di promuovere la conoscenza e l’accoglienza di detta Lettera Apostolica Spiritus et Sponsa.

Il secondo documento pontificio che segue nel nostro volume in questione è un Chirografo pubblicato il 22 novembre 2003, per commemorare il centenario del Motu Proprio Tra le Sollecitudini, del Papa San Pio X, sulla Musica Sacra. In questo incoraggiante Chirografo, Papa Giovanni Paolo II richiama l’importanza della musica sacra nel culto pubblico della Chiesa, la preminenza storica del Canto Gregoriano ed il luogo della musica polifonica e di quella popolare che risponde alle varie culture nella Chiesa. I saggi provvedimenti di San Pio X, corroborati e applicati alle condizioni del nostro tempo dal Concilio Vaticano II (cf SC, 112-121) e dal successivo magistero, vi vengono ripresi. Si incoraggiano i cori, gli esperti di musica, gli istituti e le associazioni varie in materia.

Questi due documenti papali guidarono ed illuminarono la nostra giornata di studio del 4 dicembre 2003.

La seconda parte del volume che la Congregazione vi presenta si muove in tre direzioni. La Sacrosanctum Concilium viene rivisitata, con uno sguardo retrospettivo su ciò che accadde in questi 40 anni e uno prospettico su ciò che la Chiesa avrebbe dovuto fare in materia liturgica. Il Card. F. George di Chicago e Padre M. Augé, Professore di Liturgia e Consultore della nostra Congregazione, offrono rilevanti pensieri.

Poi il Card. J. Meisner di Colonia riflette sulla liturgia nel Pontificato di Papa Giovanni Paolo II. Altre testimonianze sono date dal Card. C. Tumi di Douala, dal Vescovo S. Cichy, Ausiliare di Katowice, e da Padre A. Aranda Cervantes del Messico, su come ciò si riflette in Africa, nell’Europa Centro-Orientale e nell’America Latina.

L’ultima parte della sessione è tutta dedicata alla musica sacra. Il Card. J. Dias di Bombay, Dom P. Dupont abate di Solesmes, Mons. G. Liberto Maestro e Direttore della Cappella Sistina e Padre J. Hermans, Segretario della Commissione nazionale di Liturgia dei Paesi Bassi ci offrono materiale abbondante per riflettere ed agire.

3. Scopi, speranze, prospettive

Nel proporre questo volume alla Chiesa, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti vuole testimoniare la validità delle direttive del Concilio Vaticano II sulla sacra liturgia. Vuole rendere grazie a Dio per le benedizioni che il rinnovamento liturgico ha portato alla Chiesa; tra queste, la maggiore attenzione alla Sacra Scrittura nelle celebrazioni liturgiche, il maggior impegno nel rendere più comprensibile la liturgia, le iniziative intese a promuovere una più consapevole ed attiva partecipazione dei laici, la promozione della musica sacra e una migliore comprensione dei ruoli nella liturgia. Allo stesso tempo, la nostra Congregazione vuole promuovere un esame di coscienza e l’assunzione di iniziative per fare fronte agli abusi che si sono introdotti, in contrasto con gli auspici e le direttive del Concilio e del magistero in questi quarant’anni.

La nostra Congregazione spera che ciò costituisca un piccolo passo nella promozione della formazione liturgica e pastorale del clero, delle persone consacrate e di tutti i fedeli laici, in linea con i compiti che le vengono assegnati dalla Pastor Bonus (art. 64). L’importanza di tale formazione diviene più evidente quando si considera che "la liturgia è il culmine cui tende l’azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promanano tutte le sue energie" (Sacrosanctum Concilium, 10).

Queste riflessioni dovrebbero essere anche di aiuto a quelli che talvolta vengono tentati di perdere la fiducia nella Chiesa per veri o supposti abusi, così come per quanti introducono le loro idiosincrasie nella sacra liturgia o rifiutano per principio le direttive del Concilio Vaticano II. La nostra fede nella Chiesa, che l’amato Signore nostro e Salvatore Gesù Cristo ha fondato, ci dice che lo Spirito Santo ha accompagnato sempre la Chiesa, nel Concilio di Gerusalemme (50) come in quello di Trento (1545-1563) e del Vaticano II (1962-1965), e la guiderà fino alla fine dei tempi.

La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha pertanto il piacere di porre questo libro nelle mani dei Vescovi, dei Sacerdoti, di équipe e studenti dei Seminari, Istituti liturgici ed ecclesiastici, dei Direttori delle Case religiose e dei Centri di Pastorale e di Catechesi. Anche gli Istituti di Musica Sacra e i Maestri di Coro troveranno dei ricchi orientamenti in questi Atti. Spero che anche a voi, Signore e Signori dei mezzi di comunicazione sociale, questo libro possa servire per cogliere e diffondere adeguatamente il pensiero e gli orientamenti della Chiesa in questa materia.

Grazie della vostra presenza, del vostro interesse e della vostra collaborazione.

[00495-01.02] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. L’ARCIVESCOVO MONS. DOMENICO SORRENTINO

Il senso di questo volume è commemorativo, ma in certo modo anche "programmatico". E ciò non perché esso illustri iniziative in cantiere, quanto per il fatto stesso che rilegge la storia, accennando alle nuove sfide che interpellano la Chiesa e toccano la liturgia nel nostro tempo. Innanzitutto è delineato l’orizzonte della storia vissuta. Essa emerge nei due documenti pontifici – la Lettera Apostolica Spiritus et Sponsa e il Chirografo sulla musica sacra – come nel Convegno del 4 dicembre 2003 sul XL della Sacrosanctum Concilium. Una storia evocata in pochi tratti essenziali, ma con sensibilità teologica, guardando cioè all’opera di Dio nella Chiesa del nostro tempo. Ne esce sottolineato il senso della "traditio", come cammino della Chiesa nella storia, nel suo "consegnarsi" (tradere) alle nuove generazioni, con gli adattamenti necessari ad ogni età, ma sempre nella piena fedeltà all’unico deposito di fede. Troppe volte il Concilio Vaticano II appare, nell’immaginario collettivo, con un senso di novità troppo marcata, con diversi e talvolta opposti giudizi di di tipo tradizionalista o progressista. Il ritrovare, in questo volume, la connessione tra la Costituzione conciliare sulla liturgia e un documento che lo ha preparato molti decenni prima - il Motu Proprio "Tra le sollecitudini" di Pio X – aiuta a cogliere la tradizione ecclesiale come sviluppo organico, garantito dall’azione trascendente dello Spirito di Dio.

Il Convegno del IV dicembre ha messo a fuoco anche la storia liturgica del dopo – Concilio, in particolare sottolineando l’impegno di Giovanni Paolo II nei suoi venticinque anni di Pontificato. Diverse relazioni dimostrano come nella sua testimonianza di Pastore "pellegrino" del mondo, la liturgia ha sempre un ruolo di primo piano.

Guardando alla storia, affiorano le sfide che la Chiesa deve affrontare, anche dal punto di vista della liturgia. Metterei in risalto le seguenti tre sfide.

La prima è il processo di secolarizzazione che avanza, pur tra alterne vicende, obbligando la liturgia a fare più decisamente i conti con l’urgenza dell’evangelizzazione. Il Papa lo ricorda nella sua Lettera Apostolica al n. 11. La liturgia ha sempre più a che fare con cristiani non più sostenuti dalla cultura, dal contesto familiare e sociale, dalla tradizione. Per molti di essi, anche in Europa, il mondo liturgico – con i suoi riti, simboli e significati – va diventando culturalmente estraneo. Di qui l’esigenza di una più solida ed ampia formazione, che caratterizzi profondamente la catechesi e la pastorale, nella linea di ciò che i Padri chiamavano "mistagogia", il cammino dal segno al mistero che esso evoca.

Una seconda sfida è quella della spiritualità. A prima vista sembrerebbe una controtendenza, rispetto alla prima. Ma è un dato che, nel nostro tempo contraddittorio, c’è anche un crescente bisogno di contemplazione. Lo si vede ad esempio dal fascino esercitato dai metodi di meditazione orientale. La liturgia riesce a dare una risposta a questa esigenza?

A prima vista no. La liturgia parrebbe incapace di dare una risposta significativa a questa esigenza, dal momento che è per sua natura "azione". La riforma conciliare, favorendo la partecipazione del popolo di Dio, ha accentuato la dimensione dell’azione, anche se bisogna ricordare che il Concilio non ha mancato di ricordare il ruolo del "silenzio" (SC 30). E’ vero però che la meditazione spinge a ridurre il movimento, esige più silenzio che parola, più concentrazione che partecipazione. Di fronte a tale problematica, urge sgombrare il campo da un equivoco: la liturgia è azione, ma prima di esserlo nel senso del movimento esteriore, lo è in quanto è azione salvifica che Dio realizza nella storia, azione operata da Gesù Cristo, che associa a sé la Chiesa nello Spirito Santo.

Se si va ad approfondire il senso di questa "azione" di Cristo, ci si accorge che essa è, in radice, "azione contemplativa": è il volgersi di Cristo verso il Padre, è la sua azione di lode e di grazie, da cui trabocca la redenzione per noi. Si spiega dunque perché, nella Lettera Apostolica Spiritus et Sponsa, il Papa insista sulla necessità di far crescere, nella preghiera liturgica, l’esperienza del "silenzio". Si spiega anche il suo appello - in piena linea con il Concilio – a collegare la preghiera propriamente liturgica con la contemplazione più vasta che si sviluppa nella vita cristiana anche attraverso i pii esercizi e la pietà popolare. L’anno del Rosario, facendo riscoprire il carattere cristologico e contemplativo di questa preghiera mariana, è andato appunto in questa direzione.

Una terza sfida è il rapporto della liturgia con il vissuto dell’uomo. La problematica liturgica - come dimostra in questo volume il contributo del Card. George – è connessa con la dimensione antropologica. E’ in questione l’uomo, nella sua costituzione di fondo, e nella sua esistenza concreta. Sarebbe un falsare la liturgia il privarla del suo rapporto col vissuto umano, in nome della sua appartenenza al "divino", al "sacro", al mistero". Il Dio biblico è certo il Dio tre volte Santo, ma è anche il Dio dell’incarnazione, inserito profondamente nella storia dell’uomo. La riforma liturgica realizzata dal Concilio Vaticano II ha tenuto ben presente tutto questo, aprendosi alle legittime esigenze di adattamento e inculturazione. A quarant’anni dalla Sacrosanctum Concilium, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti si sente fortemente impegnata a portare avanti l’opera del Concilio Vaticano II.

[00496-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI P. JUAN JAVIER FLORES ARCAS

Quarant’anni son passati dal fausto giorno nel quale papa Paolo VI promulgava la Costituzione Conciliare Sacrosanctum Concilium.

In ricordo di quell’evento, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha voluto promuovere una giornata di studio e di riflessione mettendo in risalto le tematiche di fondo della riforma liturgica.

La Costituzione Conciliare sulla Sacra Liturgia è stato il primo documento, frutto del Concilio, auspicato da Giovanni XXIII, approvato dai padri conciliari e promulgato da Paolo VI il 4 dicembre 1963, a conclusione dei lavori della seconda sessione conciliare.

In quell’occasione Paolo VI proponeva una scala di valori e doveri riguardanti la vita liturgica della Chiesa. Egli sottolineava come la liturgia fosse la prima fonte della vita a noi comunicata; prima scuola della nostra vita spirituale, dalla quale ogni cristiano deve attingere e trarre profitto per la propria crescita nella via della santità; primo dono che noi possiamo fare al popolo cristiano, aiutandolo ad entrare in maniera più profonda all’interno del mistero celebrato. Da ciò scaturisce un accorato «invito al mondo perché sciolga in preghiera beata e verace la muta sua lingua e senta l’ineffabile potenza rigeneratrice del cantare con noi le lodi divine e le speranze umane, per Cristo Signore e nello Spirito Santo» (Paolo VI, Discorso alla termine della seconda sessione del Concilio, 4 dicembre 1963). Da queste parole si intravede quella che si presentava come una delle preoccupazioni maggiori del Concilio: «incrementare ogni giorno più la vita cristiana tra i fedeli; di meglio adattare alle esigenze del nostro tempo quelle istituzioni che sono soggette a mutamenti; di favorire ciò che può contribuire all’unione di tutti i credenti in Cristo; di rinvigorire ciò che giova a chiamare tutti nel seno della Chiesa» (SC 1). Per cui un’attenzione maggiore, soprattutto da parte di coloro che, a diverso titolo, sono preposti alla formazione del popolo di Dio (vescovi, presbiteri, diaconi, catechisti, operatori pastorali), affinché i fedeli vengano iniziati ad una partecipazione più cosciente, attiva e fruttuosa ai misteri divini racchiusi nella celebrazione. A tale proposito tanto è stato fatto, dal concilio sino ad oggi, ma tanto rimane da fare perché uno degli obiettivi della riforma, ossia l’actuosa participatio, non si riduca ad una mera partecipazione esterna, ma i fedeli siano aiutati a penetrare il mistero pasquale di Cristo per ritus et preces.

Scopo della giornata di studio è stato quello non di una semplice e mera commemorazione quanto un momento di riflessione e di verifica su quello che è stato un grande evento nella storia e nel cammino della nostra Chiesa: la riforma liturgica, primizia del Concilio Vaticano II. Un’occasione quindi di discernimento di fronte a testi che sono stati definiti "opera aperta", da leggere al di là della loro attuazione. La giornata commemorativa ha voluto ricordare, cioè fare memoria. Fare memoria è verbo che si coniuga continuamente in liturgia; nella teologia liturgica e nella celebrazione liturgica: infatti la liturgia implica l’una e l’altra. Ed è doveroso commemorare i quarant’anni di una costituzione conciliare che ha segnato il concetto di liturgia e, a sua volta, lo stile stesso del celebrare nella Chiesa. Però fare memoria è soprattutto attualizzare e non distanziarsi; ed è pure ritornare a vivere, tornare a impegnarsi, riprendere il cammino, recepire nuove suggestioni, rifare il passato dal presente.

«Fare memoria del quarantesimo anniversario di quell’evento costituisce una felice occasione per riscoprire le tematiche di fondo del rinnovamento liturgico voluto dai Padri del Concilio, verificarne in qualche modo la ricezione e gettare lo sguardo verso il futuro» (Spiritus et sponsa 1). Sono parole del Santo Padre nella lettera apostolica che ha voluto scrivere a motivo di questa occasione.

Di tutto ciò necessita la costituzione conciliare di cui commemoriamo i primi quarant’anni.

Non si tratta di ritornare a impegnarsi come se questi anni passati da quell’emblematico 4 dicembre 1963 non ci avessero trasmesso una teologia e una celebrazione liturgica che è un modello di riforma. Si tratta di non disperdere lo slancio di partenza, anzi di mantenerlo senza disincantarsi degli inizi e dei risultati che ne sono conseguiti.

La pastorale liturgica deve fare lo sforzo di rispondere alle esigenze di fedeltà alla costituzione e ai nuovi ordines che la hanno seguita. È necessario però chiarire fin dal principio che «scopo della Costituzione del Concilio Vaticano II sulla sacra Liturgia non è tanto di cambiare i riti e i testi liturgici, quanto piuttosto di suscitare quella formazione dei fedeli, e promuovere quell’azione pastorale che abbia come suo culmine e sua sorgente la sacra Liturgia» (Prima istruzione per la retta applicazione della Costituzione sulla Sacra Liturgia Inter Oecumenici n. 4).

La sacra liturgia è azione attraverso la quale l’opera redentrice del Salvatore trova la sua continuità. In essa, radunando il popolo di Dio da tutte le nazioni della terra, nell’unità di un solo Spirito, la Chiesa, fedele alla sua missione, condivide sempre le gioie e le speranze dell’umanità e si rivela come lievito e anima del mondo, per rinnovare in Cristo la comunità dei popoli e trasformarli in una famiglia sotto un unico Padre (cfr. Missale Romanum, Editio Typica Tertia. Formulario pro Sancta Ecclesia. 1. Pro Ecclesia B collecta).

È Cristo il primo liturgo, colui che agisce in modo mirabile nella liturgia. È lui che opera l’umana redenzione e la perfetta glorificazione di Dio (cfr. SC 5), attraverso il mistero pasquale celebrato nell’azione liturgica. Questo primato dell’agire divino deve essere continuamente ribadito e messo in risalto, affinché la celebrazione non appaia come un’azione meramente umana, ma come azione del Padre, per opera del Figlio nello Spirito Santo.

Le riflessioni elaborate in questo libro, che raccoglie gli atti della giornata commemorativa del XL della Sacrosanctum Concilium, vanno in questa linea.

Il libro mostra un realismo positivo nella lettura del presente ed un robusto convincimento nella proiezione verso il futuro: la liturgia cammina con il passo della Chiesa e lo Spirito Santo, che anima la Chiesa, anima anche la liturgia.

La liturgia di oggi, però, ha il domani nella fedeltà alle sue radici.

A quarant’anni dalla promulgazione della costituzione Sacrosanctum Concilium dobbiamo riscoprire la riforma-rinnovamento della liturgia senza dimenticare che la liturgia è epifania della Chiesa, cioè sua massima manifestazione.

Lo Spirito Santo guida la Chiesa con la sua liturgia. E’ il medesimo Spirito che ha ispirato i concili del passato ad avere ispirato il concilio del presente ed a concedere una liturgia che manifesta oggi la stessa Chiesa di ieri.

[00497-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI MONS. GIUSEPPE LIBERTO

La musica per la liturgia
a 40 anni dalla
Sacrosanctum Concilium

È davvero provvidenziale che la comunità cristiana discepola della Parola e dello Spirito Santo che sempre agisce nella Chiesa non abbia perduto l’occasione, commemorando il quarantesimo anniversario della promulgazione della prima Costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium, di interrogarsi sull’attuazione delle intuizioni profetiche in essa contenute. E ci siamo accorti, al di là di tutte le possibili interpretazioni, che la Sacrosanctum Concilium – assieme alla Lumen Gentium, alla Dei Verbum e alla Gaudium et Spes – ha fatto crescere il senso della comunità e ha liberato il culto sacramentale da ogni privatismo, rendendolo più luminoso e più accessibile.

Ma quello che è ancora più decisivo, e che resta l’eredità ancora viva del Concilio, è il fatto che la riforma liturgica non dobbiamo considerarla un avvenimento del passato, un evento ormai avvenuto e chiuso. Essa è una realtà in atto, che occorre recepire vitalmente, promuovere coraggiosamente, attuare profeticamente. Proprio per questo dobbiamo salutare con viva gratitudine i due documenti che il Santo Padre Giovanni Paolo II ha consegnato alla Chiesa in questi mesi, la Lettera Apostolica dedicata ai quarant’anni della Sacrosanctum Concilium e il Chirografo sulla musica sacra promulgato in occasione del centenario del Motu proprio «Tra le sollecitudini» di san Pio X: in essi, infatti, la Chiesa è invitata a riflettere sulle sfide che il progetto conciliare ancora oggi pone, in un contesto culturale e sociale anche profondamente mutato, ma che continua a chiedere alla comunità cristiana di riscoprire e rinnovare la propria identità.

Non c’è dubbio che, in questo ultimo quarantennio, la musica per la liturgia ha compiuto un lungo cammino: dopo secoli di immobilismo rituale e di cristallizzazione di forme musicali, abbiamo assistito al manifestarsi di mutamenti profondi e di nuovi fermenti, che hanno cercato di rispondere a cambiamenti ecclesiali ed extra-ecclesiali, sociali e culturali. Come accade in ogni epoca di passaggio, ciò ha provocato squilibri notevoli, confusioni inevitabili, perplessità reali sulla delicata interrelazione tra vetera et nova, ma, allo stesso tempo, tanti segni di vita nuova e di speranza. Per alcuni, il progetto della riforma liturgica ha coinciso con un’apertura indiscriminata a esperimenti di forme e di stili nuovi. Altri, al contrario, hanno decisamente e totalmente rifiutato l’intero progetto conciliare. Altri ancora, obbedendo alle nuove strutture e indicazioni celebrative, non hanno operato con altrettanto impegno sull’apertura musicale adeguata alle nuove esigenze. Altri, infine, accogliendo il nuovo progetto rituale, hanno ricercato nuove forme musicali in una visione funzionale e dinamica dei nuovi riti per una partecipazione effettiva dell’assemblea articolata nei suoi vari ministeri all’interno di un determinato ambiente culturale.

Come indica il Santo Padre nel suo Chirografo (cfr. n. 3), si tratta in primo luogo di riaffermare i principi fondamentali che sottintendono al ruolo e alla presenza della musica e del canto all’interno delle celebrazioni liturgiche. Già Paolo VI, nel discorso del 4 dicembre 1963 con cui salutava la promulgazione di Sacrosanctum Concilium, auspicava che la riforma liturgica potesse essere un evento di rinnovamento spirituale e pastorale e un invito e stimolo al popolo cristiano, «perché sciolga in preghiera beata e verace la muta sua lingua e senta l’ineffabile potenza rigeneratrice di cantare… le lodi divine e le speranze umane, per Cristo Signore e nello Spirito Santo». La musica per la liturgia scaturisce dall’esperienza orante della Chiesa nel momento in cui il popolo santo di Dio celebra il Mistero. Canto e musica per la liturgia si pongono nella vita della Chiesa come esperienza di preghiera e di quel tipo specifico di preghiera: la preghiera liturgica. Solo in questa prospettiva si possono comprendere sia la dimensione estetica sia il valore cultuale della musica per la liturgia.

Come si suggerisce ancora nel Chirografo (cfr. n. 4) in piena consonanza con la prospettiva di Sacrosanctum Concilium, il punto di partenza non è mai la «musica sacra» vista in se stessa, ma il Mistero celebrato dalla Chiesa come evento di salvezza proclamato e perciò cantato. L’arte musicale raggiunge la sua verità se esprime di fatto l’autenticità di quanto si celebra e favorisce la partecipazione attiva di chi celebra. Canto e musica danno vita al ritus – i gesti celebrativi – e alle preces – i testi rituali –, in vista di una operatività ministeriale. Il munus ministeriale, infatti, è uno dei capisaldi dell’arte per la liturgia in generale e della musica in particolare (cfr. SC 112). Canto e musica sono realtà vive, e non repertorio codificato da eseguire passivamente e autonomamente. Canto e musica sono «incarnazione» della Parola rivelata o delle parole sostanziate dalla parola di Dio nel dialogo salvifico, e non ingredienti vagamente mistico-estetici di un culto religioso qualsiasi. Canto e musica sono espressioni dell’esperienza orante fatta dalla Chiesa che celebra il Mistero pasquale di Cristo. Visto nella sua organicità, in particolare, il munus ministeriale della musica per la liturgia si concretizza in un molteplice servizio: alla Parola di Dio, ai Riti, ai ministri della Celebrazione Liturgica, alla declinazione sonora nell’articolazione celebrativa dell’Anno Liturgico.

Giustamente il Chirografo sottolinea, proprio a riguardo dello sviluppo di questo compito ministeriale della musica per la liturgia che «canto e musica richiesti dalla riforma liturgica devono rispondere anche a legittime esigenze di adattamento e di inculturazione» (n. 6). E aggiunge: «È chiaro, tuttavia, che ogni innovazione in questa delicata materia deve rispettare peculiari criteri, quali la ricerca di espressioni musicali che rispondano al necessario coinvolgimento dell’intera assemblea nella celebrazione e che evitino, allo stesso tempo, qualsiasi cedimento alla leggerezza e alla superficialità» (ivi).

Date queste indicazioni generali, e che certo avrebbero bisogno di una esplicitazione assai più ampia e puntuale, un aspetto che il Chirografo sottolinea con particolare forza è infine quello della formazione liturgico-musicale dei musicisti in genere e dei compositori in modo specifico. Scrive infatti il Santo Padre che «solo un artista profondamente compreso del sensus Ecclesiae può tentare di percepire e tradurre in melodia la verità del Mistero che si celebra nella Liturgia…

È dunque necessaria una rinnovata e più approfondita considerazione dei principi che devono essere alla base della formazione e della diffusione di un repertorio di qualità. Solo così si potrà consentire all’espressione musicale di servire in maniera appropriata al suo fine ultimo che "è la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli"» (n. 12).

Il Sommo Pontefice poi continuava riconoscendo che «anche oggi non mancano compositori capaci di offrire, in questo spirito, il loro indispensabile apporto e la loro competente collaborazione per incrementare il patrimonio della musica a servizio di una Liturgia sempre più intensamente vissuta. Ad essi va l’espressione della mia fiducia, unita all’esortazione più cordiale perché pongano ogni impegno nell’accrescere il repertorio di composizioni che siano degne dell’altezza dei misteri celebrati e, al tempo stesso, adatte alla sensibilità odierna» (n. 12). È un augurio che facciamo, nello spirito di quel progetto conciliare che ancora ci sta davanti anche e soprattutto nel campo della musica per la liturgia.

In definitiva, il fine della musica per la liturgia non è tanto quello di produrre e fare ascoltare un opus musicale fine a se stesso, quanto quello di presentare in forma sonora il Mistero rappresentandolo. Dio canta il suo Verbo e lo dona, l’artista incarna il Verbo e lo canta. Questa è vera arte spirituale per la liturgia: questa è musica "santa" come rivelazione antropo-teologica.

[00498-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0161-XX.01]