Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 90MA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (2004), 23.12.2003


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA 90MA GIORNATA MONDIALE DEL MIGRANTE E DEL RIFUGIATO (2004)

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO

"Migrazioni in visione di pace": questo il tema scelto dal Santo Padre Giovanni Paolo II per la 90ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato che sarà celebrata nel corso dell’anno 2004 nelle varie chiese locali, nella data stabilita dalle rispettive Conferenze Episcopali.

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre per la prossima Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato e la presentazione del Messaggio del Presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, Em.mo Card. Stephen Fumio Hamao:

MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

1. La Giornata del Migrante e del Rifugiato, con il tema "Migrazioni in visione di pace", offre quest’anno l’opportunità di riflettere su un argomento quanto mai importante. Il tema, infatti, attira per contrasto l’attenzione dell’opinione pubblica sulla mobilità umana forzata, focalizzandone alcuni aspetti problematici di grande attualità a causa della guerra e della violenza, del terrorismo e dell’oppressione, della discriminazione e dell’ingiustizia, purtroppo sempre presenti nella cronaca quotidiana. I mezzi di comunicazione sociale veicolano nelle case immagini di sofferenza, di violenza e di conflitti armati. Sono tragedie che sconvolgono Paesi e Continenti, e non raramente le zone che più colpiscono sono anche le più povere. In tal modo a un dramma se ne uniscono altri.

Ci stiamo, purtroppo, abituando a vedere il peregrinare sconsolato degli sfollati, la fuga disperata dei rifugiati, l’approdo con ogni mezzo di migranti nei Paesi più ricchi in cerca di soluzioni per le loro tante esigenze personali e familiari. Ecco allora la domanda: come parlare di pace, quando si registrano costantemente situazioni di tensione in non poche regioni della Terra? E come il fenomeno delle migrazioni può contribuire a costruire fra gli uomini la pace?

2. Nessuno può negare che l’aspirazione alla pace sia nel cuore di gran parte dell’umanità. Proprio quello è il desiderio ardente che spinge a ricercare ogni via per realizzare un futuro migliore per tutti. Ci si va sempre più convincendo che occorre combattere il male della guerra alla radice, perché la pace non è unicamente assenza di conflitti, ma un processo dinamico e partecipativo a lungo termine, che coinvolge ogni fascia della società, dalla famiglia alla scuola, alle varie Istituzioni e Organismi nazionali ed internazionali. Insieme si può e si deve costruire una cultura di pace, atta a prevenire il ricorso alle armi e ogni forma di violenza. Per questo vanno incoraggiati gesti e sforzi concreti di perdono e di riconciliazione; occorre superare contrasti e divisioni, che diversamente si perpetuerebbero senza prospettiva di soluzione. Va poi ribadito con vigore che non ci può essere vera pace senza giustizia e senza rispetto dei diritti umani. Esiste, infatti, uno stretto legame tra la giustizia e la pace, come già evidenziava nell’Antico Testamento il Profeta: "Opus iustitiae pax" (Is 32,17).

3. Costruire condizioni concrete di pace, per quanto concerne i migranti e i rifugiati, significa impegnarsi seriamente a salvaguardare anzitutto il diritto a non emigrare, a vivere cioè in pace e dignità nella propria Patria. Grazie a un’oculata amministrazione locale e nazionale, a un più equo commercio e a una solidale cooperazione internazionale, ogni Paese deve essere posto in grado di assicurare ai propri abitanti, oltre alla libertà di espressione e di movimento, la possibilità di soddisfare necessità fondamentali quali il cibo, la salute, il lavoro, l’alloggio, l’educazione, la cui frustrazione pone molta gente nella condizione di dover emigrare per forza.

Esiste certamente anche il diritto ad emigrare. Alla base di tale diritto, ricorda il Beato Giovanni XXIII nell’Enciclica Mater et magistra, c’è la destinazione universale dei beni di questo mondo (cfr nn. 30 e 33). Spetta ovviamente ai Governi regolare i flussi migratori nel pieno rispetto della dignità delle persone e dei bisogni delle loro famiglie, tenendo conto delle esigenze delle società che accolgono gli immigrati. Al riguardo, già esistono Accordi internazionali a tutela di coloro che emigrano, come anche quanti cercano in un altro Paese rifugio o asilo politico. Sono accordi che possono sempre essere ulteriormente perfezionati.

4. Nessuno resti insensibile dinanzi alle condizioni in cui versano schiere di migranti! Si tratta di gente in balìa degli eventi, con alle spalle situazioni spesso drammatiche. Di tali persone i mass-media trasmettono immagini toccanti e qualche volta raccapriccianti. Sono bambini, giovani, adulti ed anziani dal volto macilento e con gli occhi pieni di tristezza e solitudine. Nei campi dove vengono accolti sperimentano talora gravi restrizioni. E’ però doveroso, a questo riguardo, riconoscere il lodevole sforzo compiuto da non poche organizzazioni pubbliche e private per alleviare le preoccupanti situazioni venutesi a creare in più regioni del Globo.

Né si può tralasciare di denunciare il traffico praticato da sfruttatori senza scrupoli che abbandonano in mare, su imbarcazioni precarie, persone alla disperata ricerca di un futuro meno incerto. Chi versa in condizioni critiche necessita di solleciti e concreti interventi.

5. Nonostante i problemi ai quali ho accennato, il mondo dei migranti è in grado di offrire un valido contributo al consolidamento della pace. Le migrazioni possono infatti agevolare l’incontro e la comprensione tra le civiltà, oltre che fra le persone e le comunità. Questo arricchente dialogo interculturale costituisce, come ho scritto nel Messaggio della Giornata Mondiale della Pace 2001, una "via necessaria per l’edificazione di un mondo riconciliato". Ciò avviene quando gli immigrati sono trattati con il rispetto dovuto alla dignità di ciascuna persona; quando con ogni mezzo si favorisce la cultura dell’accoglienza e la cultura della pace, che armonizza le differenze e ricerca il dialogo, pur senza cedere a forme di indifferentismo quando sono in questione i valori. Quest’apertura solidale diviene offerta e condizione di pace.

Se si favorisce un’integrazione graduale fra tutti i migranti, pur nel rispetto della loro identità, salvaguardando al tempo stesso il patrimonio culturale delle popolazioni che li accolgono, si corre meno il rischio che gli immigrati si concentrino formando veri e propri "ghetti", dove isolarsi dal contesto sociale, finendo a volte per alimentare addirittura il desiderio di conquistare gradualmente il territorio.

Quando le "diversità" si incontrano integrandosi, danno vita a una "convivialità delle differenze". Si riscoprono i valori comuni ad ogni cultura, capaci di unire e non di dividere; valori che affondano le loro radici nell’identico humus umano. Ciò aiuta il dispiegarsi di un dialogo proficuo per costruire un cammino di tolleranza reciproca, realistica e rispettosa delle peculiarità di ciascuno. A queste condizioni, il fenomeno delle migrazioni contribuisce a coltivare il "sogno" di un avvenire di pace per l’intera umanità.

6. Beati i costruttori di pace! Così dice il Signore (cfr Mt 5,9 a). Per i cristiani, la ricerca di una fraterna comunione tra gli uomini trova la sua sorgente e il suo modello in Dio, Uno nella natura e Trino nelle Persone. Auspico di cuore che ogni Comunità ecclesiale, formata dai migranti e rifugiati e da coloro che li accolgono, attingendo stimoli alle sorgenti della grazia, si impegni instancabilmente a costruire la pace. Nessuno si rassegni all’ingiustizia, né si lasci abbattere dalle difficoltà e dai disagi!

Se il "sogno" di un mondo in pace è condiviso da tanti, se si valorizza l’apporto dei migranti e dei rifugiati, l’umanità può divenire sempre più famiglia di tutti e la nostra Terra una reale "casa comune".

7. Con la sua vita e soprattutto con la morte sulla croce, Gesù ci ha mostrato quale è il cammino da percorrere. Con la sua resurrezione ci ha assicurato che il bene trionfa sempre sul male e che ogni nostro sforzo e ogni nostra pena, offerta al Padre celeste in comunione con la sua Passione, contribuisce alla realizzazione del disegno universale di salvezza.

Con tale certezza, invito quanti sono coinvolti nel vasto settore delle migrazioni a essere operatori di pace. Assicuro per questo uno speciale ricordo nella preghiera e, mentre invoco la materna intercessione di Maria, Madre dell’Unigenito Figlio di Dio fatto uomo, a tutti e ciascuno invio la mia Benedizione.

Dal Vaticano, 15 dicembre 2003

IOANNES PAULUS II

[02027-01.02] [Testo originale: Italiano]

PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO

I maggiori problemi che, al giorno d'oggi, dobbiamo affrontare, si pongono a raggio planetario. Infatti, nessuna Nazione, da sola, per quanto potente, è in grado di garantire, per esempio, la pace nel mondo; nessuna è capace di salvare l'equilibrio dell'ecosistema o di impedire lo sfruttamento insensato delle risorse naturali. Così è pure nel caso del complesso fenomeno delle migrazioni e dei rifugiati. Tutti possono però, anzi debbono, apportare un contributo particolare, specialmente al migliora-mento dei rapporti tra popoli e culture.

A tale proposito, nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, Giovanni Paolo II, così attestava: "All'inizio del nuovo millennio, più viva si fa la speranza che i rapporti tra gli uomini siano sempre più ispirati all'ideale di una fraternità veramente universale. Senza la condivisione di questo ideale la pace non potrà essere assicurata in modo stabile". Il Santo Padre proseguiva affermando che ciò "è esigito, come mai prima d'ora, dal processo di globalizzazione che unisce in modo crescente i destini dell'economia, della cultura e della società" (Giovanni Paolo II, "Dialogo tra le culture per una civiltà dell'amore e della pace", n. 1).

In un mondo sempre più globalizzato il Papa indicava poi il fenomeno migratorio come un fattore che riguarda la pace nel mondo e l'incontro delle culture, in questi termini: "Non meno pericolosa per il futuro della pace sarebbe l'incapacità di affrontare con saggezza i problemi posti dal nuovo assetto che l'umanità, in molti Paesi, va assumendo a causa dell'accelerazione dei processi migratori e della convivenza inedita che ne scaturisce tra persone di diverse culture e civiltà" (Ibidem, n. 2).

Il Santo Padre ritorna su tale problema, così scottante, nel Messaggio per la Giornata del Migrante e del Rifugiato per il 2004, che oggi presentiamo. Esso ha per tema appunto le "Migrazioni in visione di pace", tema che attira l’opinione pubblica sul fenomeno della mobilità umana forzata, focalizzandone alcuni aspetti problematici "di grande attualità a causa della guerra e della violenza, del terrorismo e dell'oppressione, della discriminazione e dell'ingiustizia, purtroppo sempre presenti nella cronaca quotidiana. I mezzi di comunicazione sociale - continua il Papa nel suo Messaggio - veicolano nelle case immagini di sofferenza, di violenza e di conflitti armati. Sono tragedie che sconvolgono Paesi e Continenti, e non raramente le zone che più colpiscono sono anche le più povere".

Su questo sfondo quasi apocalittico, Giovanni Paolo II si chiede, e ci chiede: "Come il fenomeno delle migrazioni può contribuire a costruire fra gli uomini la pace?". Rispondendo alla domanda, il Santo Padre ribadisce anzitutto la necessità di partire da una cultura della pace, incoraggiando gesti e sforzi concreti di perdono e di riconciliazione. In effetti "non ci può essere vera pace senza giustizia e senza rispetto dei diritti umani". Con attenzione poi ai Migranti e Rifugiati, il Papa enumera alcune condizioni concrete di una visione di pace, vale a dire, per cominciare, il diritto a non emigrare, grazie soprattutto a un più equo commercio e alla cooperazione internazionali, capaci di garantire il soddisfacimento dei bisogni fondamentali delle persone nei propri Paesi di origine. A ciò si aggiunge il diritto ad emigrare, anche per mezzo di Accordi internazionali - peraltro sempre perfettibili - che rispettino la dignità delle persone e delle loro famiglie.

Di fronte poi a scene drammatiche - sempre più frequentemente visibili anche ad opera dei mass-media - in cui si osservano uomini, donne e bambini tristi, soli e disperati, aperta si fa la condanna del Papa del "traffico praticato da sfruttatori senza scrupoli che abbandonano in mare, su imbarcazioni precarie, persone alla disperata ricerca di un futuro meno incerto".

Ma pure su uno sfondo così tragico, il mondo dei migranti - afferma Giovanni Paolo II - è in grado di offrire "un valido contributo al consolidamento della pace", nella misura in cui, verso i migranti, si porterà il rispetto dovuto alla dignità della persona, si favorirà la "cultura dell'accoglienza e la cultura della pace" sulla base di un sincero dialogo e di una vera solidarietà; nella misura in cui si faciliterà una graduale integrazione dei migranti e dei rifugiati nella società di accoglienza, nel rispetto dell'identità culturale dei migranti stessi e anche di quella della popolazione locale. Si dovrà cioè costruire gradualmente un cammino di tolleranza reciproca, poiché "quando le ‘diversità’ si incontrano integrandosi, danno vita a una ‘convivialità delle differenze’. Si riscoprono i valori comuni ad ogni cultura, capaci di unire e non di dividere ".

Il Messaggio pontificio termina con un appello ad ogni "Comunità ecclesiale, formata dai migranti e rifugiati e da coloro che li accolgono", affinché si impegni "instancabilmente a costruire la pace", senza rassegnarsi mai di fronte all'ingiustizia, alle difficoltà e ai disagi.

L'obiettivo di riconciliazione e di pace, a cui richiama il Messaggio, esige anzitutto un cambiamento di mentalità, a livello personale e comunitario, affinché riscopriamo, da una parte, il significato di una società capace di condividere, nella solidarietà e nell'impegno di tutti, un progetto comune di crescita globale che non escluda nessuno e, dall'altra, il ruolo fondamentale delle persone, anche se sfortunate come sono in genere gli immigrati, aiutate a cogliere e valorizzare il loro "capitale umano", da investire in una logica di responsabilità individuale e ancora di bene comune.

Un accenno molto significativo, il Messaggio lo dedica ad "Accordi internazionali a tutela di coloro che emigrano". La crescente polarizzazione tra abbondanza e indigenza (su scala sia interna che internazionale), tra chi gode di molte opportunità e chi si trova sempre più ai margini, come i migranti, richiama l'inevitabile nesso tra pace e giustizia. Il Santo Padre sottolinea infatti lo "stretto legame tra la giustizia e la pace" prospettando, soprattutto ai Laici, un vasto campo di azione: essi infatti sono chiamati, dentro le istituzioni, attraverso la partecipazione ai processi democratici, a difendere e sviluppare principi e valori non astrattamente, ma valutando puntualmente e con competenza l'incidenza sulle condizioni di vita delle fasce più deboli, di atti legislativi, di servizi alla persona non sempre funzionanti (sanità, scuola, assistenza) e di andamenti economici e finanziari.

La Giornata del Migrante e del Rifugiato 2004 è dunque occasione propizia per esprimere, in questi campi, un rinnovato impegno di dedizione da parte di tutti i cristiani, per rivelare al mondo il mistero dell'amore di Dio, che essi hanno conosciuto in Gesù Cristo, Crocifisso e Risorto.

Ricordo qui che, favorito dal processo di globalizzazione, a cui, indirettamente, fa cenno il Santo Padre, il movimento migratorio ha assunto, negli ultimi venti anni, dimensioni notevoli. Sono più di 175 milioni, infatti, le persone che vivono oggi fuori dal loro Paese di origine, spinte per lo più dalla miseria, dalla fame, dalla violenza, dalle guerre, dalle rivalità etniche, ma anche dal desiderio di una vita migliore. Si dirigono di preferenza verso le aree più ricche del mondo.

Ciò spiega perché l'emigrazione sia vissuta spesso nei Paesi ospitanti come una "invasione" e perché alcuni chiedano perfino che si chiudano i centri di accoglienza. Questo clima di chiusura rende ancora più triste e amara la vicenda umana di molti immigrati, spesso giudicati indiscriminatamente come "socialmente pericolosi". Ma il fenomeno migratorio in un mondo globalizzato sta diventando, di fatto, sempre più inarrestabile: il problema non si risolverà dunque chiudendo le frontiere, ma accogliendo, sia pure con un regolamento, equilibrato e solidale, di flussi migratori da parte degli Stati.

Qual è il presupposto fondamentale per un ideale "itinerario" contemporaneo verso la pace? Sicuramente il dialogo (un termine, questo, purtroppo inflazionato dall'uso) inteso non tanto come un puro confronto intellettuale o teologico, ma soprattutto quale capacità di convivere con gli altri, di ascoltarli, capirli e accettarli, con la loro cultura, in particolare nella vita quotidiana.

Il vero incontro, infatti, non avviene, per sé, tra culture, ma tra persone concrete che hanno ovviamente una loro mentalità e religione. Esso si snoda partendo soprattutto dal vissuto delle persone stesse: nella famiglia, nel posto di lavoro, nella scuola, nella vita civile. In questo modo sarà possibile colmare quel deficit di responsabilità collettiva, che sta alla base, oggi, di molte azioni di violenza. Tanti pregiudizi però devono essere superati; nell'era della multimedialità e dell'informazione planetaria, fortunatamente, viaggiano veloci non solo i preconcetti, le paure, le immagini tragiche, ma anche la possibilità e il desiderio di capirsi e di vivere in pace. Ci vuole, insomma, da parte delle Chiese particolari e delle parrocchie una "pastorale del dialogo" con i migranti.

A questo proposito il Papa affermava, già in passato: "Lo stile e la cultura del dialogo sono particolarmente significativi rispetto alla complessa problematica delle migrazioni, rilevante fenomeno sociale del nostro tempo. L'esodo di grandi masse da una regione all'altra del pianeta, che costituisce sovente una drammatica odissea umana per quanti vi sono coinvolti, ha come conseguenza la mescolanza di tradizioni e di usi differenti, con ripercussioni notevoli nei Paesi di origine e in quelli di arrivo. L'accoglienza riservata ai migranti da parte dei Paesi che li ricevono e la loro capacità di integrarsi nel nuovo ambiente umano rappresentano altrettanti metri di valutazione della qualità del dialogo tra le differenti culture"( Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2001, n. 12).

Là dove lo straniero viene accolto come un ospite e, più ancora, come un fratello, si smonta gradualmente la tentazione di guardarlo con sospetto. Ospitalità e fratellanza, purtroppo, sono concetti oggi abbastanza ignorati - in genere - dal lessico politico. Accogliere lo straniero, per il cristiano, significa invece accogliere Dio stesso. Insistendo sulla ospitalità, i testi biblici, dell'Antico e del Nuovo Testamento, pongono così le basi per la costruzione di una fratellanza universale.

Bisogna dunque scommettere tutto sulla carità, come affermava Giovanni Paolo II nella Novo Millennio Ineunte, e come abbiamo cercato di fare anche noi nella terza giornata del nostro recente Congresso Mondiale, a Roma, sulla pastorale dei Migranti e dei Rifugiati, dominato dal "Ripartire da Cristo".

E' un sogno? Il Papa parla nel suo Messaggio di un "sogno" realizzabile poiché, se è vero che la contrapposizione passa all'interno della comunità umana, è altrettanto grande il desiderio di riconciliazione in molti che si ritrovano nel credere al valore della persona, della pace, dei diritti umani e della legittima pluralità. Tutti costoro sono dunque convocati dal Santo Padre a lavorare insieme e a testimoniare concretamente il loro opporsi ad ogni forma di violenza e di terrorismo e il loro favorire la giustizia, la riconciliazione e la pace, applicandoli, oggi, alle "migrazioni", in visione di pace, appunto.

[02028-01.02] [Testo originale: Italiano]

[B0655-XX.01]