CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL MESSAGGIO DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II PER LA CELEBRAZIONE DELLA XXXVII GIORNATA MONDIALE DELLA PACE (1° GENNAIO 2004) Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del Messaggio di Sua Santità Giovanni Paolo II per la celebrazione della XXXVII Giornata Mondiale della Pace sul tema: "Un impegno sempre attuale: educare alla pace" (1° gennaio 2004).
Partecipano alla Conferenza Stampa: l’Em.mo Card. Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, Mons. Frank J. Dewane, Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio, e il Dr. Giorgio Filibeck, Officiale del medesimo Pontificio Consiglio.
Pubblichiamo di seguito l’intervento dell’Em.mo Card. Renato Raffaele Martino:
● INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. RENATO RAFFAELE MARTINO
Sono lieto di trovarmi con voi per l’annuale appuntamento di presentazione del Messaggio del Santo Padre per la Giornata Mondiale della Pace 2004. Il tema proposto quest’anno all’attenta considerazione, spirituale ed etica, di tutta la Chiesa e degli uomini e delle donne di buona volontà, è il seguente: "Un impegno sempre attuale: educare alla pace". Il Santo Padre, di fronte alle gravi questioni riguardanti la pace e la sicurezza dei nostri giorni, ha inteso, con questo Suo Messaggio, proporre quello che di proprio e di specifico caratterizza la missione della Chiesa: il suo compito educativo e formativo delle coscienze. La Chiesa, "esperta in umanità", con il suo secolare insegnamento sociale sulla pace, da sempre richiama tutti al fondamentale compito dell’educazione alla pace, nella consapevolezza che solo uomini e popoli spiritualmente e culturalmente formati ai valori della pace sono in grado di realizzarla.
Ritengo opportuno richiamare l’attenzione sul fatto che il Santo Padre ha voluto inquadrare il tema del diritto internazionale nel più ampio contesto dell’educazione alla pace. Pur mantenendo una sostanziale attenzione tematica al diritto internazionale, che costituisce il cuore del Messaggio, il Santo Padre ha così sottolineato la specificità del contributo che la Chiesa può offrire, quello educativo e formativo. In questa maniera, la riflessione sulle questioni inerenti al diritto internazionale vengono affrontate, sul piano contenutistico e metodologico, in una prospettiva più rispondente alla missione religiosa e morale della Chiesa, ben esplicitata al n. 42 della Costituzione pastorale Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II. A questo proposito il Santo Padre afferma: "Noi cristiani, l’impegno di educare noi stessi e gli altri alla pace lo sentiamo come appartenente al genio stesso della nostra religione" (n. 3).
Un accorato appello
Il Messaggio si apre con un accorato appello ai Capi delle Nazioni, ai giuristi, agli educatori della gioventù, agli uomini e donne tentati dal ricorso al terrorismo, invitando tutti a considerare che la pace è possibile e, se possibile, anche doverosa! In questo appello risuona il richiamo ai vari livelli di responsabilità che devono essere attivati se si vuole costruire la pace: il livello propriamente politico, quello scientifico e culturale, quello educativo, quello esistenziale che attiene alla coscienza delle persone, soprattutto se tentate di scegliere le scorciatoie della violenza terroristica per risolvere problemi e conflitti.
Paolo VI e Giovanni Paolo II e la pace
Dopo l’appello, il Messaggio ricorda quanto il Magistero sia stato sollecito nel favorire la causa della pace tramite gli annuali Messaggi che hanno accompagnato la celebrazione della Giornata Mondiale della Pace, voluta da Paolo VI nel 1968. In questa parte del documento il Santo Padre rende un omaggio al Suo grande predecessore, il quale, con l’istituzione della Giornata Mondiale della Pace e i Messaggi, ha avviato e delineato un percorso rilevantissimo per il contributo fondamentale, ben conosciuto e apprezzato al livello nazionale e internazionale, che la Cattedra di Pietro offre per l’instaurazione della pace nel mondo. Dal testo si può facilmente cogliere, da una parte, la piena consapevolezza di un ruolo carico di responsabilità per la promozione della pace e, dall’altra, la sollecitudine pastorale a intensificare gli sforzi. Tale sollecitudine acquista una luce particolare tenendo conto del 25° anniversario del pontificato di Giovanni Paolo II, il quale ha fatto dell’impegno per la pace uno dei punti forti e caratterizzanti del Suo ministero, nella profonda convinzione che la pace non è solo questione riguardante la dimensione politica, ma anche quella religiosa. Afferma il Santo Padre: "Nei venticinque anni di Pontificato, che il Signore mi ha finora concesso, non ho cessato di levare la mia voce, di fronte alla Chiesa ed al mondo, per invitare i credenti, come tutte le persone di buona volontà, a far propria la causa della pace, per contribuire a realizzare questo bene primario, assicurando così al mondo un'era migliore, nella serena convivenza e nel rispetto reciproco" (n. 1). Ormai possiamo dire che la Giornata Mondiale della Pace, nata da una felicissima intuizione di Paolo VI, sia diventata, anche per merito dell’attuale pontefice, una risorsa per tutta l’umanità.
Permettete che mi soffermi ancora su questa prima parte del documento per segnalare le note n. 2 e n. 3, che indicano i temi delle Giornate che si sono tenute finora. Solitamente le note in calce non ricevono troppa considerazione, ma in questo caso deve essere diverso, perché il richiamo ai titoli dei Messaggi apre uno spiraglio che ci consente di entrare nell’animo del Papa e di trovarvi la Sua ansia per la causa della pace: "E’ nata così una sintesi di dottrina sulla pace, che è quasi un sillabario su questo fondamentale argomento: un sillabario semplice da comprendere per chi ha l’animo ben disposto, ma al tempo stesso estremamente esigente per ogni persona sensibile alle sorti della umanità". Nelle varie iniziative che saranno prese per un’appropriata celebrazione della Giornata della Pace di quest’anno, si dovrà avere un particolare riguardo a mettere in adeguato risalto il contributo di Giovanni Paolo II alla pace. In questa prospettiva, il Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace non mancherà di promuovere alcune iniziative e di fornire le opportune indicazioni alle Chiese locali.
Diritto internazionale come diritto della pace
Veniamo ora alla parte centrale del Messaggio, tutto concentrato nello svolgimento del tema dell’educazione alla legalità, intesa come necessità, "di guidare gli individui e i popoli a rispettare l’ordine internazionale……La pace ed il diritto internazionale sono intimamente legati fra loro: il diritto favorisce la pace". Nel lungo cammino storico percorso dal diritto internazionale hanno preso forma, con forza crescente, "principi universali che sono anteriori e superiori al diritto interno degli Stati, e che tengono in conto l’unità e la comune vocazione della famiglia umana" (n. 6). Tra i principi che stanno al cuore di quel complesso di norme che fu qualificato come jus gentium, il Messaggio ricorda il principio secondo cui pacta sunt servanda. Gli accordi liberamente sottoscritti devono essere onorati: "E’ questo – afferma il documento - il cardine ed il presupposto inderogabile di ogni rapporto fra parti contraenti responsabili. La sua violazione non può che avviare una situazione di illegalità e di conseguenti attriti e contrapposizioni che non mancherà di avere durevoli ripercussioni negative. Risulta opportuno richiamare questa regola fondamentale, soprattutto nei momenti in cui si avverte la tentazione di fare appello al diritto della forza piuttosto che alla forza del diritto" (n. 5).
Il Messaggio rileva come uno dei frutti più rilevanti del diritto internazionale sia stata, dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, l’istituzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, chiamata a "vegliare sulla pace e sulla sicurezza globali, a incoraggiare gli sforzi degli Stati per mantenere e garantire questi fondamentali beni dell’umanità" (n. 6), avendo quale cardine "il divieto del ricorso alla forza" (n. 6). Il Santo Padre rammenta agli smemorati che sono solo due le eccezioni a tale divieto: il diritto naturale alla legittima difesa, da esercitarsi con i criteri della necessità e della proporzionalità, nell’ambito delle Nazioni Unite; il sistema di sicurezza collettiva, "che assegna al Consiglio di sicurezza la competenza e la responsabilità in materia di mantenimento della pace, con potere di decisione e ampia discrezionalità" (n. 6).
Il Messaggio dà atto alle Nazioni Unite di aver "contribuito notevolmente a promuovere il rispetto della dignità umana, la libertà dei popoli e l’esigenza dello sviluppo, nonostante i limiti e i ritardi "dovuti in gran parte alle inadempienze dei suoi membri" (n. 7). Il dovuto riconoscimento è accompagnato dall’invito a "una riforma" delle Nazioni Unite, che ponga l’Organizzazione in grado di funzionare efficacemente per il conseguimento dei propri fini statutari, tuttora validi. A questo punto il Santo Padre richiama due documenti del suo Magistero sociale, la Sollicitudo rei socialis del 1987 e il Discorso alla 50 Assemblea Generale del 1995, nei quali aveva messo in luce " un preciso obbligo morale e politico" di raggiungere tale obiettivo.
Una simile riforma è resa particolarmente urgente se si considera la difficoltà del diritto internazionale a offrire soluzioni alla conflittualità derivante dai mutamenti nella fisionomia del mondo contemporaneo: "Un ordinamento giuridico costituito da norme elaborate nei secoli per disciplinare i rapporti tra Stati sovrani si trova in difficoltà a fronteggiare conflitti in cui agiscono anche enti non riconducibili ai tradizionali caratteri della statualità. Ciò vale, in particolare, nel caso dei gruppi terroristici" (n. 8).
Nella lotta al terrorismo il Santo Padre offre due importanti indicazioni:
a) la prima indicazione è di natura politica e pedagogica: "Allo stesso tempo, l'impegno contro il terrorismo deve esprimersi anche sul piano politico e pedagogico: da un lato, rimuovendo le cause che stanno all'origine di situazioni di ingiustizia, dalle quali scaturiscono sovente le spinte agli atti più disperati e sanguinosi; dall'altro, insistendo su un'educazione ispirata al rispetto per la vita umana in ogni circostanza: l'unità del genere umano è infatti una realtà più forte delle divisioni contingenti che separano uomini e popoli" (n. 8);
b) la seconda indicazione riguarda il compito del diritto internazionale,"chiamato ad elaborare strumenti giuridici dotati di efficienti meccanismi di prevenzione, di monitoraggio e di repressione dei reati. In ogni caso, i Governi democratici ben sanno che l'uso della forza contro i terroristi non può giustificare la rinuncia ai principi di uno Stato di diritto. Sarebbero scelte politiche inaccettabili quelle che ricercassero il successo senza tener conto dei fondamentali diritti dell'uomo: il fine non giustifica mai i mezzi" (n. 8).
Il compito della Chiesa
Nell’illustrare il contributo dottrinale della Chiesa - mediante la riflessione filosofica e teologica di numerosi pensatori cristiani - all’elaborazione dei principi necessari ad una pacifica convivenza, il Santo Padre sottolinea la necessità che il diritto internazionale non sia mai slegato da presupposti etici e morali: "Le vicende storiche insegnano che l'edificazione della pace non può prescindere dal rispetto di un ordine etico e giuridico, secondo l'antico adagio: «Serva ordinem et ordo servabit te» (conserva l'ordine e l'ordine conserverà te). Il diritto internazionale deve evitare che prevalga la legge del più forte. Suo scopo essenziale è di sostituire «alla forza materiale delle armi la forza morale del diritto», prevedendo appropriate sanzioni per i trasgressori, nonché adeguate riparazioni per le vittime. Ciò deve valere anche per quei governanti i quali violano impunemente la dignità e i diritti dell'uomo, celandosi dietro il pretesto inaccettabile che si tratterebbe di questioni interne al loro Stato" (n. 9).
Il Messaggio del Santo Padre si chiude con una pagina, ricca di vigore evangelico, n cui il valore della giustizia è completato dall’amore: "Da sola, la giustizia non basta. Può anzi arrivare a negare se stessa, se non si apre a quella forza più profonda che è l’amore" (n. 10). Il Papa descrive la forza liberante e rigenerante dell’amore: "Il cristiano sa che l'amore è il motivo per cui Dio entra in rapporto con l'uomo. Ed è ancora l'amore che Egli s'attende come risposta dall'uomo. L'amore è perciò la forma più alta e più nobile di rapporto degli esseri umani anche tra loro. L'amore dovrà dunque animare ogni settore della vita umana, estendendosi anche all'ordine internazionale. Solo un'umanità nella quale regni la «civiltà dell'amore» potrà godere
di una pace autentica e duratura" (n. 10). E chiude il Suo Messaggio con un invito alla speranza, perché "Omnia vincit amor".
[01988-01.01] [Testo originale: Italiano]
[B0639-XX.01]