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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL VOLUME "FEDE E CULTURA. ANTOLOGIA DI TESTI DEL MAGISTERO PONTIFICIO DA LEONE XIII A GIOVANNI PAOLO II" A CURA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA, 11.12.2003


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL VOLUME "FEDE E CULTURA. ANTOLOGIA DI TESTI DEL MAGISTERO PONTIFICIO DA LEONE XIII A GIOVANNI PAOLO II" A CURA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO DELLA CULTURA

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. PAUL POUPARD

INTERVENTO DEL REV.MO PADRE BERNARD ARDURA, O. PRAEM.

INTERVENTO DEL REV.MO P. FABIO DUQUE JARAMILLO, O.F.M.

INTERVENTO DEL REV.DO D. JAVIER MAGDALENO CUEVA

Alle 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, ha luogo la Conferenza Stampa di presentazione del volume "Fede e Cultura. Antologia di testi del Magistero Pontificio da Leone XIII a Giovanni Paolo II" a cura del Pontificio Consiglio della Cultura, pubblicato dalla Casa Editrice LEV.

Prendono parte alla Conferenza Stampa: l’Em.mo Card. Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, il Rev.mo Padre Bernard Ardura, O. Praem., Segretario del medesimo Pontificio Consiglio, il Rev.mo P. Fabio Duque Jaramillo, O.F.M., Vescovo eletto di Armenia in Colombia, Sotto-Segretario del medesimo Pontificio Consiglio, e il Rev.do D. Javier Magdaleno Cueva, Officiale del medesimo Pontificio Consiglio.

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

INTERVENTO DELL’EM.MO CARD. PAUL POUPARD

Viene presentata oggi una singolare pubblicazione: questo poderoso volume di ben 1574 pagine. Il suo titolo è "Fede e Cultura", due semplici parole, ma ricche di significati ampi e profondi, di risonanze sconfinate nella storia umana. Il sotto titolo, "Antologia di testi dal Magistero Pontificio da Leone XIII a Giovanni Paolo II", focalizza il periodo di questo dialogo ininterrotto tra fede e cultura.

Vengono naturali alcuni quesiti: Perché questa pubblicazione? Perché un’Antologia e non un enchiridion? Perché da Leone XIII a Giovanni Paolo II? A chi è destinato?

1. Perché questa pubblicazione?

L'opportunità di offrire un'opera di questo respiro risponde al desiderio di rendere più accessibile il Magistero Pontificio, ponendo in luce la sensibilità e l'intreccio con la cultura del tempo, mettendolo a disposizione di tutti coloro che sono impegnati nella evangelizzazione delle culture e l’inculturazione del Vangelo, che vanno di pari passo.

Scorrendo l'indice tematico del volume, ben 158 concetti, si resta colpiti dalla varietà e dalla puntualità dei temi tracciati dal Magistero Pontificio in più di cento anni: dalle arti alla tecnica, dalle ideologie alla famiglia, dallo sport alla politica, dalle università alla identità culturale, dalla globalizzazione alla inculturazione, etc.

2. Perché un’Antologia dei 9 ultimi Papi?

Il Magistero Pontificio si svolge in un determinato contesto culturale e il pubblicare un enchiridion culturalis, con la finalità di essere esauriente compilando testi integrali, avrebbe rischiato di essere una sorta di tautologia. L'Antologia invece, è un florilegio, una selezione dei brani evidenziati secondo l'ottica trasversale della Pastorale della Cultura.

L'intento di questa Antologia è dunque quello presentare diversi momenti e atteggiamenti pastorali degli ultimi nove Papi, segnando la continuità e innovazionedi un dialogo fra fede e cultura, nella complessa missione di inculturare ed evangelizzare la cultura. Il ventesimo secolo ha segnato una pagina di trasformazioni paradigmatiche nello sviluppo della scienza, della tecnologia e dell'informatica, nonché degli orientamenti politici ed economici, che hanno influenzato in modo decisivo la morfologia delle culture contemporanee.

3. Quali sono i destinatari di questa Antologia?

La finalità è duplice: divulgazione e ricerca. Una presentazione tematica del Magistero Pontificio in campo culturale, contribuisce indubbiamente alla scelta e alla impostazione di metodi pastorali adeguati. Fornisce per di più una più sicura consapevolezza nella osservazione delle realtà umane. Presenta infine, principi di discernimento pastorale delle cambiamenti culturali odierni che rappresentano una forte sfida per la Nuova Evangelizzazione.

Questo importante lavoro di ricerca e divulgazione si offre come strumento utile di consultazione per le Conferenze Episcopali, le Commissioni di Cultura e gli addetti ai diversi programmi di Pastorale della Cultura. D’altra parte apre un campo di ricerca alle Università e agli Istituti di Teologia e Scienze Religiose, nonché ai Centri Culturali. Anche i professori delle facoltà di Filosofia, Teologia, Scienze Sociali, Educazione e dei Seminari, troveranno punti di riferimento per adeguare il ricco patrimonio dottrinale della Chiesa al linguaggio attuale, ravvivando la ricerca di una armoniosa sintesi tra la fedeltà e creatività di questo terreno pastorale.

Non di meno questo volume è per voi giornalisti, con la sua raccolta dei temi vari ed attuali, mi auguro che vi troviate un aiuto al vostro complesso servizio di comunicare.

4. Cosa è la fede?

Se la fede viene identificata come la risposta dell uomo alla rivelazione di Dio nella storia, il cui culmine è Gesù Cristo, è chiaro che la risposta stessa in quanto umana, e quindi storica, s’inserisce nella cultura vissuta.

Cosa è la cultura?

Se riprendiamo la definizione usata dall’UNESCO dal 1982, cultura come "L’insieme dei tratti distintivi, spirituali e materiali, intellettivi e affettivi, che caratterizzano una società o un gruppo sociale. Essa comprende, oltre alle arti e alle lettere, i modi di vita, i diritti fondamentali dell’essere umano, i sistemi di valori, le tradizioni e le credenze".

Questa definizione viene anticipata già nel Concilio Vaticano II, per il quale la cultura indica: "tutti quei mezzi con i quali l’uomo affina ed esplica le molteplici sue doti di anima e di corpo, procura di ridurre in suo potere il cosmo stesso con la conoscenza e il lavoro; rende più umana la vita sociale sia nella famiglia che in tutta la società civile, mediante il progresso del costume e delle istituzioni; infine, con l’andar del tempo, esprime, comunica e conserva nelle sue opere le grandi esperienze e aspirazioni spirituali, affinché possano servire al progresso di molti, anzi di tutto il genere umano" ( GS, 53). Fede e cultura sono due compagni inseparabili del cammino umano, mentre la fede mostrala destinazione e la scia, la seconda indica il ritmo e la distanza mancante.

5. 1890-2002, Uno sguardo di simpatia critica

Sulla copertina viene giustamente riportato un frammento del manoscritto del storico discorso all'UNESCO del Papa Giovanni Paolo II:Il significato essenziale della cultura consiste [...] nel fatto che essa è una caratteristica della vita umana come tale. L’uomo vive di una vita veramente umana grazie alla cultura. (§ 1128). Fu dopo quel intervento del Papa, quando ero Rettore dell’Istituto Cattolico di Parigi, che ho ricevuto l’invito di venire a Roma per la creazione del Pontificio Consiglio della Cultura.

Leone XIII mostra un concetto dinamico nel rapporto fede/cultura: "...Richiamarsi ai precetti della sapienza cristiana e conformare profondamente ad essi la vita, i costumi e le istituzioni dei popoli è cosa che ogni giorno più appare necessaria…".

Pio X non finisce di sorprenderci con la sua visione di 92 anni fa, quando le Chiese erano ancora piene, al delineare alcuni tratti del complesso movimento New Age: grande movimento (di apostasia organizzato in ogni paese) per stabilire ovunque una chiesa universale che non avrà né dogmi, né gerarchia, né regole per lo spirito (§151).

Benedetto XV e Pio XII mostrano la convinzione che la fede cristiana non può essere rinchiusa nell’ambito del privato, anzi è fermento di pace internazionale. Mostra di esso è quel concetto di cultura che all’epoca era denominato Civiltà. (§§ 208 e 627).

Pio XI chiamava questa proposta nella enciclica "Divini Redemptoris": nuova civiltà universale.

Giovanni XXIII 40 anni fa, nella enciclica "Pacem in terris" indirizzava un invito al discernimento e alla azione culturale per quella civiltà: Non basta essere illuminati dalla fede ed accesi dal desiderio del bene per penetrare di sani principi una civiltà e vivificarla nello spirito del Vangelo. A tale scopo è necessario inserirsi nelle sue istituzioni e operare validamente dal di dentro delle medesime.(§ 438). Civiltà che Paolo VI e Giovanni Paolo II hanno presentato come civiltà della solidarietà (§ 840) e dell'amore (§1286).

Paolo VI al nominare la pace come progresso, nella enciclica "Populorum Progressio" dal 1967, Martedì di Pasqua mi ricordo bene, poiché era la mia prima conferenza alla Sala Stampa, non fa altro che richiamarsi al concetto già espresso da Benedetto XV nella enciclica "Pacem Dei munus" del 1920: "...Non occorre che ci dilunghiamo troppo a dimostrare come l’umanità andrebbe incontro ai più gravi disastri, se, pur conclusa la pace, continuassero tra i popoli latenti ostilità e avversioni. Non parliamo dei danni di tutto ciò che è frutto della civiltà e del progresso, come dei commerci e delle industrie, delle lettere e delle arti, le quali cose fioriscono soltanto in seno alla tranquilla convivenza dei popoli....". (Cfr. §201).

Giovanni Paolo II mi disse un giorno proprio all’inizio del suo Pontificato, lavorando già per creare il Pontificio Consiglio della Cultura: Sans pastorale de la Culture, il n’ y a pas de Pastorale du tout. Certezza Messa nella "lettera autografa" di fondazione del Pontifico Consiglio della Cultura, il 20 maggio 1982: «Una fede che non diventa cultura è una fede non pienamente accolta, non interamente pensata, non fedelmente vissuta» (§1273).

Desidero concludere ringraziando vivamente per questo lavoro di approfondimento, tutti coloro che hanno prestato servizio presso il Pontificio Consiglio della Cultura. Il loro impegno, coordinato dal Rev. Padre Fabio Duque Jaramillo, fino a pochi giorni fa Sotto Segretario di questo Dicastero, nominato alla fine dello scorso mese di novembre, Vescovo della Diocesi di Armenia in Colombia. Il suo lavoro è un filiale omaggio al Santo Padre per i venticinque anni del suo Pontificato così ricco per la fede e la cultura, e allo stesso tempo, un servizio alla Chiesa, espressamente invitata ad impegnarsi in un rinnovato annuncio del Vangelo, coadiuvato da una feconda pastorale della Cultura.

[01957-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DEL REV.MO PADRE BERNARD ARDURA, O. PRAEM.

I Papi, nell'arco di cento anni, sono testimoni e protagonisti di una evoluzione significativa nel campo della cultura e del rapporto di questa con la fede cristiana, partendo dal concetto di «civiltà» per giungere ad una comprensione più integrale della persona umana con il concetto di «cultura». Questo sviluppo non solo nel linguaggio ma anche nel modo di considerare la cultura, sancito dai Pontefici, è una pietra miliare nella storia della Chiesa e delle sue relazioni col mondo. Non è indifferente costatare come il termine di «cultura» ed il suo uso abbiano lentamente trovato anche nella Chiesa una sempre più ampia diffusione e rilevanza. E’ stato notato che la parola «cultura» compare 91 volte nei documenti del Concilio Vaticano II. Tale frequenza manifesta quanto la Chiesa sia stata in grado di assimilare la indimenticabile lezione culturale di un pontificato come quello di Paolo VI nel suo tormentato ed appassionato dialogo con il mondo moderno ed i suoi nuovi schemi.

Rispetto alla fine dell’Ottocento ed a tutta la prima metà del Novecento, in cui «civiltà» era sinonimo di «cultura», secondo schemi ben determinati di pensiero, la Chiesa assume una responsabilità importante nel lavoro di evangelizzazione delle culture, perché la sua attività si esercita nel cuore stesso delle culture vive, per portare il Vangelo nell'intimo delle persone. Gli interventi del Magistero affrontano il legame tra cultura e famiglia, vita, attività socio-economiche e politiche, relazioni internazionali, scienza e religione. Insomma, tutto lo scibile umano.

Al tempo di Leone III, era naturale parlare di civiltà piuttosto che di cultura per indicare i fatti socio-culturali. Ma in quegli anni, e maggiormente verso la fine del secolo, la Chiesa era accusata apertamente di rifiutare la civiltà nuova, di essere anti-moderna nel momento in cui condannava certa modernità. In numerosi documenti, Leone III interviene al fine di mostrare come la Chiesa, lungi dall'essere nemica del progresso, s'è rivelata nel corso di tutta la storia come una grande forza civilizzatrice.

Tra i Pontefici che ebbero la delicata missione di rispondere alle nuove sfide poste dalla cultura alla fede e alla religione, San Pio X, agli albori del sec. XX, ha assolto al difficile compito di far fronte al problematico fenomeno del modernismo. Con profondissima intuizione, Pio X identifica, con decenni di anticipo, i segni culturali e religiosi di ciò che chiamiamo oggi il pensiero debole.

Le «barbarie» si riaffacciano in Europa con lo scoppio della I Guerra Mondiale ed i suoi «massacri giganteschi», come Papa Benedetto XV li definisce, denunciandoli, nella sua enciclica Ad beatissimi apostolorum principis del 1914. I tempi tragici che investono tutto il mondo costringono il Papa a ricordare a tutti i belligeranti il principio radicale della carità insegnata da Cristo, nonché i fondamenti della filosofia cristiana, parlando, per la prima volta, di una civiltà dell’amore.

A Pio XI sono legati i tempi della ricostruzione, anche se così fragile, come poi le tragedie successive confermeranno. La cultura si collega principalmente alla pratica dell’insegnamento cristiano nelle scuole e all’insorgere delle problematiche sociali. Pio XI, fondatore delle Pontificia Accademia delle Scienze, precisa che, nel perseguimento della sua vocazione, la Chiesa afferma il suo diritto più totale a farsi promotrice delle lettere, delle scienze e delle arti, anche fondando e gestendo scuole e istituzioni proprie in ogni campo della scienza e a ogni livello della cultura. Nei confronti delle ideologie in piena espansione durante il suo pontificato, Pio XI non ebbe paura di smascherare il nazismo, denunciandolo come falsificazione culturale. Con identico coraggio, non esitò a identificare nel materialismo la radice comune del liberalismo e del comunismo. Diffondendo l'ideale della santità, la Chiesa s'è fatta presente e operante in tutti i settori della società, in tutte le classi, le professioni, gli stati di vita. Quanto alla dimensione sociale, Pio XI riprende, nella Quadragesimo anno del 1931, il tema della civiltà cristiana. Costata che i principi della Chiesa in materia sociale sono largamente diffusi nel mondo, a quarant'anni dalla grande enciclica Rerum novarum di Leone XIII. La cultura diventa anche lo strumento per l'instaurazione di una società giusta e fraterna, grazie all’insegnamento di questi principi e alla riforma delle istituzioni e dei costumi. Ma ecco che questa civiltà è in pericolo. I popoli si trovano minacciati da una nuova barbarie, la quale, come nei tempi antichi, si oppone alla civiltà. La Chiesa cerca d'inculcare «i mezzi con i quali la civiltà cristiana, la sola civitas veramente umana, può essere salvata».

In tutto il pontificato di Pio XII l'idea di civiltà cristiana riveste un'importanza particolare. Vi torna frequentemente, ma è soprattutto verso la fine della guerra, il 1° settembre del 1944, che il Papa volle trattare specificamente questo soggetto in un Radiomessaggio dedicato alla funzione della civiltà cristiana, messaggio che riveste un’importanza capitale per le finalità di questo volume, così come il successivo Radiomessaggio per Natale del 1944. In entrambi i discorsi, Pio XII offre una serie di importanti precisazioni per una giusta comprensione della nozione di civiltà cristiana, la cui essenza si fonda essenzialmente sull’insegnamento sociale della Chiesa, la quale, nel momento della ricostruzione dell’Europa, non può che essere punto di riferimento anche per le questioni economiche e sociali, ed il loro riflesso sulla difesa della dignità della persona umana. La Chiesa, infatti, cerca, con l’esclusivo esercizio del suo potere spirituale, l'uomo stesso e il suo progresso spirituale.

Il tema della cultura è frequente anche in Giovanni XXIII. I legami che egli stabilisce tra la cultura e la giustizia sono particolarmente sottolineati in tutta la dottrina di questo Papa. Il pensiero sociale della Chiesa non è destinato ai soli cattolici, il Papa parla per tutto il mondo, a tutti gli uomini di buona volontà. Si precisa, nel pensiero sociale cristiano, l'idea che la Chiesa deve d'ora in poi operare nel seno di culture pluraliste e che l'obiettivo comune di difendere l'uomo e la sua dignità deve suscitare, in ogni famiglia umana, un senso nuovo di corresponsabilità e di collaborazione. I cristiani dovrebbero essere i primi a promuovere questa civiltà della solidarietà universale. In questo contesto, Papa Giovanni mantiene forti due convinzioni: piantare il Vangelo in una nazione non significa «nazionalizzare» il Vangelo; il cuore della Chiesa è aperto al dialogo e alla cooperazione anche con i non-credenti, ma a partire della propria identità cristiana, ben e chiaramente definita.

A Paolo VI, uomo di profonda cultura, il tema della civiltà e della cultura risulta particolarmente caro, per questo ne tratta incessantemente nei suoi discorsi e nei suoi documenti. La sua famosa enciclica Populorum progressio del 1967 - che può essere considerata un'enciclica sulla cultura dello sviluppo umano - è stata giudicata da alcuni come un evento della civiltà. Un altro documento fondamentale di Paolo VI è l'esortazione Evangelii nuntiandi del 1975, diventato il testo di riferimento per l’evangelizzazione delle culture. Felice, ed in seguito ripresa più volte dal successore, la bella espressione che Paolo VI ha forgiato e introdotto nel linguaggio della Chiesa: «civiltà dell’amore». Paolo VI non si nasconde la fragile natura della moderna umanità e le sue miserie, ma vuole nondimeno proclamare l'amore della Chiesa per tutti gli uomini e il desiderio di penetrare e vivificare tutte le culture. Questo è possibile solo con la diffusione di una civiltà dell’amore basata sulla difesa della dignità umana ed il rispetto della vita. Questo messaggio appare in tutta la sua evidenza nella Humanae vitae del 1968. Possiamo così dire che la «civiltà dell’amore» rappresenta una delle più feconde prese di posizione pastorali di Paolo VI, dalla quale si desume come, per lavorare efficacemente alla costruzione di una tale civiltà, sia necessario considerare la cultura come un'area specifica di evangelizzazione, in altre parole lo spirito di Cristo deve compenetrare atteggiamenti e comportamenti di tutti gli uomini. La cultura è un bene inalienabile e costitutivo dell’umanità e la Chiesa, prendendone coscienza, ha la responsabilità di difendere le culture umane e purificarle. Questo compito presuppone un impegno nei confronti della cultura sia nei suoi aspetti popolari e antropologici che nel suo senso umanistico, intellettuale, estetico e scientifico.

Soprattutto Giovanni Paolo II rivolge un’attenzione alle culture vive che oggi interpellano i cattolici, adottando un'accezione dinamica della parola «cultura» con l’introduzione dei concetti di evangelizzazione delle culture, di incontro delle culture, d'inculturazione del Vangelo. Tutto ciò spiega l'attenzione sempre crescente del Magistero al fatto culturale, alla diversità delle culture, al dialogo delle culture e alla difesa delle particolarità culturali, che rimanda alla difesa della dignità e del genio umani.

In sintesi, la trasformazione dell’approccio della Chiesa al fatto culturale risiede nell’avere intuito come il vero progresso culturale dell'uomo è, di per sé, aperto al trascendente. Così, gran parte degli interventi di Giovanni Paolo II cercano di comprendere meglio i legami che si stabiliscono tra la fede e le culture, mostrando come il Vangelo può divenire fermento di cultura. Per questo, il Pontefice sprona i cristiani ad assumere una percezione nuova del fatto culturale e li spinge ad agire sulle culture vive, ispirandosi ai principi del Vangelo vissuti nella Tradizione, facendo riferimento alla teologia e alla storia, e servendosi anche dei lumi delle scienze umane.

L'azione di Giovanni Paolo Il giunge dunque a coronare una lunga evoluzione e una paziente maturazione della Chiesa, sviluppatesi da Leone XIII fino ai Papi dei nostri giorni, che hanno voluto tutti, ciascuno a suo modo, impegnare la Chiesa e la Santa Sede nell’incontro delle culture e nella promozione dell’uomo partendo da ciò che maggiormente lo contraddistingue e lo rende autenticamente uomo: la cultura e soprattutto la cultura fecondata dalla fede. Con questi Papi, la Chiesa s'è volta risolutamente alla modernità e rende così al nostro tempo una testimonianza credibile del suo amore incondizionato per l'uomo.

[01958-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DEL REV.MO P. FABIO DUQUE JARAMILLO, O.F.M.

La presente Antologia è il prodotto di più di 10 anni di lavoro. Il Pontificio Consiglio della Cultura offre uno strumento consistente del Magistero Pontificio nel campo culturale. Il magistero del Papa è un canale privilegiato di dialogo tra fede e cultura... questo magistero è come se «incarnasse» il messaggio del Vangelo nelle circostanze di ogni tempo e luogo... e qualunque cosa venga fatta per approfondire la conoscenza di questo patrimonio e per comunicarlo, rappresenta un importante servizio reso al Popolo di Dio. (Giovanni Paolo II in visita al John Paul Cultural Center, il 30 maggio 1996).

Questo volume si propone come uno strumento efficace per quanti vorranno avere un contatto più diretto con le fonti del Magistero in una prospettiva più sistematica. L’Antologia permette di cogliere la concezione dinamica che la Chiesa ha della dimensione culturale della evangelizzazione.

L’importanza del legame della fede cristiana con le culture è anche un fatto storico, verificabile soprattutto oggi. Basta guardare alle radici cristiane dei popoli. La fede cristiana costituisce il dato più costante e comune dell’identità culturale di quella che oggi chiamiamo Europa, almeno durante questi 2000 anni. La stessa parola Antologia fa riferimento a un repertorio sviluppato nella storia, a una narrazione curata di questi rapporti.

Una storia che in certi ambienti, contro la volontà della stessa maggioranza dei cittadini, si vorrebbe far dimenticare o cancellare. Quest’opera permette di approfondire un insegnamento che non si rinchiude nell’ambito europeo, ma si estende a tutto il mondo della cultura, generando frutti diversi a seconda del genio dei popoli.

Il processo di elaborazione del testo si è sviluppato in diverse tappe. Si è cercato in un primo momento di fissare alcuni criteri metodologici, cioè: 1) La selezione dei testi è in funzione del suo uso pastorale; 2) Questi testi dovranno mostrare e attingere la dimensione trasversale della Pastorale della Cultura, perciò la pluralità dei temi e destinatari è importante. 3) Cercare di evitare al massimo le ripetizioni di contenuti, cercando piuttosto di far risalire lo specifico apporto di un documento.

Entrare nel terzo millennio con un strumento, che documenti nella storia degli ultimi due secoli il dialogo tra la fede cristiana e le culture della modernità, vuol dire mirare a sottolineare l'esigenza imprescindibile di proseguire sulla scia di una missione che la Chiesa svolge da più di 2000 anni.

I testi scelti fanno riferimento al momento storico in cui furono scritti affinché si possano eliminare ripetizioni. Cercando di rispettare il contesto abbiamo deciso di lasciare alcuni brani abbastanza lunghi, che però permettono di raccogliere il senso delle affermazioni stesse o seguenti. Tra parentesi, questo è in parte il motivo per il quale non appare la "Rerum novarum" e invece altri testi di Leone XIII meno conosciuti. Pur essendo la questione sociale un elemento privilegiato della cultura, ma non esauriente di essa, era necessario iniziare con un testo che richiamasse proprio questa estensione, ecco perché il documento scelto come ingresso è la "Sapientiae Christianae" e non la "Rerum novarum". Tra l’altro il lungo inserimento delle encicliche "Quadragesimo anno" e "Divini Redemptoris" di Pio XI, confermano l’importanza del campo politico economico nello sviluppo culturale.

Una difficoltà più o meno costante troviamo al verificare che il vocabolario culturale odierno era quasi sconosciuto ai primi Papi. La diversificazione della vita contemporanea ci mostra un linguaggio troppo specializzato per ricercare concetti isolati in forma meccanica. Ecco, allora, che la caccia ai testi emblematici non poteva fermarsi a semplici riferimenti all’inculturazione, globalizzazione, dialogo fede cultura, ecc. Era necessario, cercare concetti e pensieri piuttosto relazionali come civiltà, ideologia, mentalità, autorità, società, ed altri, all’interno di un complesso e nutrito andamento dottrinale. Per raggiungere questo scopo, sono state realizzate diverse classificazioni tematiche per ogni singolo documento.

La consapevolezza che il cristianesimo è linfa vitale del vero umanesimo ha spinto il Magistero Pontificio a richiamarsi ininterrottamente alle culture ad esso contemporanee, a purificare gli elementi di controcultura di morte che le circondavano. Missione grandiosa e difficile non sempre capita. Ma, insieme alla denunzia di questi elementi deformanti dei rapporti umani, si può constatare un atteggiamento ininterrotto di proposta, diverso de quello attuale, ma perciò proprio del contesto storico.

Proprio questa metodologia ci ha permesso di incorporare i testi in modo relazionale in diversi concetti. Infatti, la forma trasversale della Pastorale della cultura non soltanto ha guidato la scelta dei brani, ma, essa stessa ci ha mostrato la strada da percorrere all’interno dell’indice tematico.

Accostarsi a questa Antologia significa allora ascoltare tanto la voce dei Papi nel loro contesto storico, quanto la voce attuale delle culture, che non solo si interpellano sul presente, ma hanno bisogno anche di essere rinvigorite nella loro propria identità. Il Magistero Pontificio ha affermato, in diversi modi e con vari accenti, che il Dio dei cristiani non è contro il progresso dell’uomo, anzi, gli offre ragioni vere, reali e sostenute da una ricerca inesauribile di maggiore pienezza, libertà e felicità. Un itinerario dove il progresso è in funzione dell’uomo e non viceversa. E’, quindi, un tesoro da offrire alle nostre generazioni!

In questi dieci anni e più di elaborazione della presente Antologia, considero giusto riconoscere il lavoro di chi per anni incoraggiò e realizzò questa ricerca. Mi riferisco anzitutto: al P. Hervé Carrier, a Don Rafael Farina e al Padre Gustavo Vallejo. Questa Antologia è un vero e proprio invito a verificare lo sviluppo di un colloquio appassionante tra il messaggio e la persona di Gesù Cristo e gli aneliti e le speranze delle generazioni odierne.

[01959-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DEL REV.DO D. JAVIER MAGDALENO CUEVA

Una volta che il Padre Sotto Segretario ha delineato il metodo di raccolta e selezione dei brani dell’Antologia, occorre presentare i diversi indici di questo volume.

L’antologia Fede e Cultura possiede tre indici per la sua consultazione, dato che una Antologia senza indice tematico sarebbe lo stesso che rimandare a tutti i documenti dei Papi in genere.

Il primo viene chiamato sistematico e presenta una panoramica della Pastorale della Cultura, alla quale il testo intende servire in modo privilegiato. L’articolazione dei contenuti di questo indice si sviluppa seguendo l’andamento del Documento Per una Pastorale della Cultura, pubblicato per il Pontificio Consiglio della Cultura nel 1999.

Questo indice viene diviso in tre grandi sezioni: Fede e culture: linee di orientamento, Sfide e punti di appoggio e Proposte concrete. Questo percorso agile consente di cogliere il campo trasversale della pastorale della cultura.

All’interno di ogni sezione, i paragrafi del documento già accennato, vengono accompagnati con una freccia che rimanda ai concetti o parole dell’indice tematico, che, sviluppano quel frammento della sezione. Con questo si intende usufruire del testo come una miniera che offre diversi filoni da esplorare.

L’indice sistematico, non soltanto permette di identificare i diversi argomenti sparsi in questo volume, ma consente anche di avere un rapporto organico tra i diversi temi e concetti. Il lettore può, in forma documentata, avere un filo conduttore dell’organicità della Pastorale della Cultura, a partire da testi pontifici.

Questo indice sistematico identifica il contenuto di certe espressioni particolari del Magistero Pontificio intorno, alla dimensione culturale, e precisa le relazioni dei termini e dei contenuti con altri concetti all’interno della Pastorale della Cultura.

L’indice tematico mette insieme testi del Magistero in riferimento a un concetto o parola identificato, elencato in ordine alfabetico.

3727 paragrafi vengono classificati in 158 concetti. Ogni termine è analizzato in rapporto a una affermazione comune che esplicita l’accezione e il contenuto della citazione pontificia.

I 158 concetti servono da nuclei a 929 sottotitoli. Questi sottotitoli evidenziano alcuni dei tratti distintivi all’interno dei concetti più ricorrenti del Magistero Pontificio dal 1890 al 2002.

Diciamo che è una sorta di vocabolario sintetico, nel quale è possibile cogliere le diverse accezioni dei concetti del Magistero Pontificio sulla cultura, attraverso le sue proprie sfumature.

In alcuni casi questa divisione sarebbe piuttosto dispersiva. Come, per esempio, elencare tutti i cambiamenti culturali, nel secolo. Argomento interessante senza dubbio per una pubblicazione di ricerca, perciò in separata sede. A questo punto si è deciso di lasciare, alcune parole, V. gr. Cambiamenti, con i numeri di paragrafi più significativi di questo concetto, senza aggiungere nessun sottotitolo.

Lo strumento favorisce perciò una ricerca agevole di ogni elemento e lascia la porta aperta a studi posteriori.

L’ordine di apparizione dei sottotitoli all’interno di ogni concetto si è cercato nei limiti del possibile di collocarlo in modo cronologico, tanto nei numeri come negli argomenti che man mano apparivano nella ricerca. Esso offre la possibilità di seguire da vicino lo sviluppo storico del sottotitolo al interno del concetto.

Proprio questa metodologia ha permesso di incorporare i testi in modo relazionale in diversi concetti. Infatti, la forma trasversale della Pastorale della cultura non soltanto appariva come meta nella scelta dei brani, essa stessa ci mostrava la strada da percorrere all’interno dei diversi indici.

Il terzo indice è quello dei documenti, che elenca 1266 testi pontifici diversi, classificati sotto il nome del Sommo Pontefice che li ha scritti, preceduti dalla classifica del documento.

Questa Antologia, proprio per essere tale, non pretende di essere esauriente, anzi, speriamo che tanto i suoi indici come i contenuti permetteranno di realizzare altre pubblicazioni specifiche di divulgazione e ricerca.

[01960-01.01] [Testo originale: Italiano]

[B0628-XX.01]