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CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL VOLUME WORDS THAT MATTER, 30.06.2003


CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DEL VOLUME WORDS THAT MATTER

INTERVENTO DI S.E. MONS. JEAN-LOUIS TAURAN

INTERVENTO DI S.E. MONS. RENATO R. MARTINO

INTERVENTO DI S.E. MONS. ANDRÉ DUPUY

Alle 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si svolge la Conferenza Stampa di presentazione del volume Words That Matter, curato da S.E. Mons. André Dupuy, che raccoglie gli interventi dei Rappresentanti della Santa Sede in occasione di significativi eventi internazionali.

Prendono parte alla Conferenza Stampa: S.E. Mons. Jean-Louis Tauran, Segretario per i Rapporti con gli Stati; S.E. Mons. Renato R. Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; e S.E. Mons. André Dupuy, Nunzio Apostolico in Venezuela.

Ne pubblichiamo di seguito gli interventi:

INTERVENTO DI S.E. MONS. JEAN-LOUIS TAURAN

Il libro che oggi abbiamo tra le mani, testimonia anche la convinzione con cui la Santa Sede, quale soggetto sovrano di diritto internazionale, di natura religiosa, ha voluto inserirsi in seno alla diplomazia multilaterale.

Non c’è da meravigliarsi che la Chiesa Cattolica, universale per definizione, abbia considerato tale diplomazia come una modalità adeguata per incoraggiare l’organizzazione stabile ed organica della comunità internazionale, dopo la seconda guerra mondiale, nel secolo scorso.

Da Pio XII a Giovanni Paolo II, i Pontefici hanno voluto manifestare e mettere a disposizione delle Organizzazioni Internazionali Governative la politica di servizio della Santa Sede, corrispondente alle finalità disinteressate della Chiesa Cattolica.

Leggendo i diversi interventi dei Rappresentanti della Santa Sede alle grandi Conferenze promosse dall’ONU, come pure alle Riunioni organizzate da altri Organismi, si constata pure l’evoluzione dello stesso diritto internazionale. Vorrei mettere in risalto due aspetti, che mi paiono significativi.

1) Considerando la varietà dei temi sui quali le diverse delegazioni della Santa Sede si sono pronunciate, si percepisce un processo, che potremmo forse definire "di socializzazione" del diritto internazionale, nel senso che, oggi, esso disciplina relazioni più complesse ed articolate, rispetto a quelle tradizionali tra Stati sovrani.

A giusta ragione, è diventata classica l’espressione "comunità internazionale". Essa indica che la società internazionale, ormai, costituisce un’unica collettività umana e, di conseguenza, si deve vivere ed agire in solidarietà ed in unità, fermi restando i settori della vita internazionale che costituiscono un dominio riservato della sovranità degli Stati.

2) Un secondo aspetto che risalta, scorrendo i diversi capitoli del presente volume, è il processo che potremmo qualificare di "umanizzazione" del diritto internazionale, nella misura in cui le relazioni internazionali hanno aperto la strada alla persona umana, rompendo così l’esclusivismo degli Stati, quali attori unici dell’ordine internazionale.

Il concetto di "diritti dell’uomo" è certamente emblematico di tale evoluzione. In quest’ambito, si delineano meglio i valori fondamentali, verso i quali le persone e la comunità degli Stati dovrebbero orientarsi.

Come dimostra egregiamente S.E. Mons. Dupuy con il presente volume, la Santa Sede non si stanca di ricordare che la natura umana è comune a tutte le persone e che i valori non sono determinati dalla maggioranza di opinione, ma si fondano sul riconoscimento di una legge morale obiettiva che, quale legge naturale, iscritta nel cuore dell’uomo, costituisce un riferimento normativo per la stessa legge civile (cfr. Evangelium Vitae, n. 70).

Percorrendo l’indice, si apprezza anche la perseveranza con cui la Santa Sede ha appoggiato i grandi compiti che si sono prefisse le Organizzazioni Internazionali Governative e, in particolare, le Nazioni Unite:

- mantenere e promuovere la pace, incoraggiando il disarmo e promuovendo una cultura di rifiuto della guerra, quale soluzione delle contese fra i Popoli, secondo quanto afferma la stessa Carta delle Nazioni Unite;

- favorire lo sviluppo, educando alla responsabilità collettiva, valorizzando il lavoro delle diverse Organizzazioni Non Governative e coinvolgendo i poveri nell’attuazione dei programmi di aiuto che li riguardano;

- salvaguardare e promuovere i diritti dell’uomo, favorendo la costituzione di un mondo, in cui le Nazioni si sentano veramente una "famiglia";

- garantire l’eguaglianza degli Stati, sollecitando il rigoroso rispetto delle norme e degli impegni internazionali.

Prendendo la parola alla presenza degli Arcivescovi Martino e Dupuy, che - per lunghi anni - hanno servito la Missione Permanente della Santa Sede presso l’ONU, non posso esimermi dal ricordare tale intensa attività. Essa, del resto, sbalza in modo eloquente dai documenti raccolti nel volume che, oggi, presentiamo.

Tornano alla mente le parole pronunciate dal Papa Paolo VI, il 4 ottobre 1965: "La vostra caratteristica, affermava riferendosi all’ONU, rispecchia, in un certo modo, nell’ordine temporale, ciò che la Chiesa Cattolica vuole essere nell’ordine spirituale: unica ed universale".

Da quanto precede, si può intuire come la Santa Sede - considerando l’ONU come l’istituzione che assicura la legalità internazionale – collabori con quanti cercano di renderne più efficace l’attività. Lo fa, valorizzando la persona umana nella sua dimensione individuale, sociale e trascendente; lo fa, incoraggiando i Popoli ed i loro dirigenti a privilegiare sempre il dialogo ed il negoziato; lo fa, ricordando il valore del diritto: il diritto che serve la libertà, il diritto che protegge i piccoli; il diritto che instaura la giustizia; il diritto che salvaguarda la pace.

Mi auguro che Studiosi, Diplomatici, Responsabili della società, s’ispireranno a questo ricco "corpus", curato da S.E. Mons. Dupuy, nella ricerca di soluzioni ragionevoli, pacifiche, eque ed imparziali, capaci di promuovere la soluzione dei conflitti e di mettere la forza al bando della vita internazionale.

Possa questo libro far meglio comprendere il motivo fondamentale della presenza della Santa Sede in seno alla comunità delle Nazioni: essere la voce che la coscienza umana attende!

Papa Giovanni Paolo II ha precisato: "Autorità spirituale ed universale, la Sede Apostolica continuerà a rendere questo servizio all’umanità, senz’altra preoccupazione se non quella di rammentare instancabilmente le esigenze del bene comune, il rispetto della persona umana e la promozione dei più altri valori spirituali" (Allocuzione al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, 9 gennaio 1995, n.10).

[01063-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. MONS. RENATO R. MARTINO

Sono particolarmente lieto di offrire anche il mio contributo alla presentazione del volume «Words That Matter», curato da Sua Eccellenza Mons. André Dupuy con dedizione generosa e intelligente e pubblicato sotto gli auspici del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e della The Path to Peace Foundation. Il testo, che raccoglie gli interventi della Santa Sede in una delle fasi storiche più ricche e complesse della diplomazia multilaterale, costituisce una testimonianza imponente della molteplice e articolata presenza della Santa Sede sulla scena internazionale che è andata dispiegandosi dal 1970 al 2000.Il presente volume viene a completare una serie di pubblicazioni simili, iniziata nel 1987 con Paths to Peace e continuata nel 1998 con Serving the Human Family.

Il volume, già dal suo titolo, si presenta con una pretesa che qualcuno potrebbe valutare un po’ eccessiva: quella di contenere le «Words That Matter», le parole che contano. Se si ha la disponibilità di fermare la lettura anche solo all’indice del libro, la pretesa, se di pretesa si tratta, trova invece una sua compiuta giustificazione. Le problematiche affrontate, infatti, sono tra le più rilevanti e attuali del nostro tempo e spaziano dal diritto alla libertà religiosa a quello dello sviluppo sociale, dal diritto alla pace al diritto alla vita, dai diritti delle donne e dei bambini ai diritti dei rifugiati, dai diritti dei popoli e delle Nazioni alle stringenti problematiche riguardanti i giovani e il futuro del mondo. Tutte queste tematiche sono «parole che contano» e che trovano il loro pieno significato, perché vengono collocate dentro la cornice unitaria fornita dal costante riferimento all’antropologia cristiana e alla missione della Chiesa nella difesa della dignità di ogni persona umana e dei suoi diritti fondamentali. La pretesa, quindi, di dire una parola che conta nasce, soprattutto, dalla consapevolezza della Santa Sede di aver svolto, nel contesto delle varie attività diplomatiche e con il loro linguaggio, una «diaconia» all’uomo e alla promozione della sua dignità. Non c’è vanagloria in questa pretesa, ma solo l’umile consapevolezza di essere sempre al servizio dell’uomo, illuminandone la vicenda storica con la luce del soprannaturale, secondo quella specifica competenza religiosa e morale che attiene ad ogni attività ecclesiale (cfr. Gaudium et Spes, n. 42).

A presentare questo libro sono stati chiamati tre "diplomatici" vaticani e il sottoscritto che, prima di essere nominato Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha trascorso la maggior parte della sua vita nel servizio diplomatico della Santa Sede. Ho detto tre diplomatici perché, oltre a S.E. Mons.Jean-Louis Tauran e S.E. Mons. Andrè Dupuy, avrebbe dovuto essere con noi S.E. Mons. Celestino Migliore, Osservatore Permanente della Santa Sede presso l’ONU a New York e Presidente della Fondazione Path to Peace, che ha finanziato in massima parte questo progetto. Mons. Migliore non è con noi perché proprio in questo momento è impegnato per un inetrvento a Ginevra, nel corso della riunione del Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC). Sarà un intervento che forse integrerà il prossimo volume che un volenteroso come Mons. Dupuy vorrà mettere insieme nei prossimi anni.

A presentare questo libro sono stati chiamati tre «diplomatici» vaticani e il sottoscritto che, prima di essere nominato Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, ha trascorso la maggior parte della sua vita nel servizio diplomatico della Santa Sede. Ognuno di noi può testimoniare di essersi sentito rivolgere come complimento la frase: «Quella della Santa Sede è la migliore diplomazia!». Io non so quanto ci sia di vero in questa affermazione. Pronunciata con ammirazione o con una qualche punta di malizia, la frase, comunque, ha bisogno di una qualche precisazione, perché talvolta l’opinione pubblica connota l’attività del diplomatico con l’abilità al sotterfugio e all’intrigo politici. Orbene, questo volume è l’esemplare testimonianza dei meriti indubbiamente grandi che la diplomazia vaticana ha e che le derivano non tanto da abilità squisitamente politiche o diplomatiche, quanto piuttosto – e prima di tutto - dalla sua capacità di dare rilevanza pubblica e visibilità profetica, nei vari contesti nazionali e internazionali, al discorso religioso e morale attorno ai destini degli uomini e delle donne e ai loro diritti fondamentali. Scorrendo le quasi 800 pagine del volume, non si può non restare colpiti dal fatto che la diplomazia vaticana abbia scritto una delle pagine più significative ed imponenti della storia della Chiesa contemporanea nella prospettiva evangelica di quel dialogo etico-culturale con il mondo moderno fortemente voluto dal Concilio Vaticano II con la Costituzione Pastorale Gaudium et Spes, e che il Magistero papale ha continuato ad incoraggiare e ad aggiornare tramite la proposta della dottrina sociale. La diplomazia della Santa Sede è stata e continua ad essere, all’interno della grande famiglia delle Nazioni, una autentica «testimone della dignità dell’uomo», e attorno a questa sua missione cerca di organizzare il consenso delle Nazioni di buona volontà sui grandi temi della giustizia e della pace.

Il testo ha un altro pregio che lo rende particolarmente interessante e attuale: anche la sua mole e consistenza cartacea sono lì a dirci la fiducia della Santa Sede nel valore della Comunità dei popoli che si esprime sia tramite relazioni internazionali improntate al rispetto reciproco e alla comune solidarietà sia tramite gli organismi internazionali che costituiscono, per così dire, la spina dorsale della sua vita e vitalità, secondo le proposte della Pacem in terris del beato Giovanni XXIII - di cui stiamo celebrando il 40° anniversario – di un Ordine internazionale dotato di un’autorità pubblica mondiale. Nonostante i limiti innumerevoli, le fragilità congenite, la necessità di improrogabili rinnovamenti e revisioni, la Comunità internazionale e il multilateralismo restano un punto fortemente acquisito nella «filosofia politica» e nella quotidiana attività della diplomazia della Santa Sede. In questa prospettiva, tanto attuale quanto decisiva per le sorti future della Comunità internazionale se si tengono presenti le attuali difficoltà, la Santa Sede si pone come una testimone di speranza che invita al coraggio, facendosi portavoce e interprete - sul piano morale, politico e culturale - dell’invito di Gesù a Pietro: «Duc in altum» (Lc 5,4). Questo è l’invito ripreso dal Santo Padre come parola che «ci invita a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro», (Lett. Ap. al termine del Grande Giubileo dell’Anno 2000, Novo millennio ineunte, 1) contando sull’aiuto di Cristo, mentre ci avventuriamo nel nuovo millennio che si apre come un oceano vasto davanti alla Chiesa e al mondo (Lett. Ap. Novo millennio ineunte, 58). A questo riguardo, Sua Eminenza il Cardinale Segretario di Stato Angelo Sodano nella Prefazione del volume: «In questo inizio di millennio, segnato da un terrorismo cieco e da una violenza odiosa, l’invito al coraggio è di una bruciante attualità. Nessuno – e tanto meno un diplomatico – deve disperare di un ordine internazionale aperto alla giustizia, alla libertà, alla solidarietà e alla pace. La storia non ci insegna ad esser uomini di retroguardia; al contrario, essa ci invita a essere uomini di avanguardia e di speranza». Questo volume, preparato con passione da Sua Eccellenza Mons. André Dupuy che ringrazio sentitamente, può essere veramente una «bussola», in particolare per tutti coloro che ricoprono incarichi diplomatici, un aiuto a sapersi proporre come uomini di avanguardia e di speranza per il nostro tempo.

[01053-01.01] [Testo originale: Italiano]

INTERVENTO DI S.E. MONS. ANDRÉ DUPUY

Prima di tutto una precisazione sulla natura di questa pubblicazione: si tratta di uno strumento di lavoro destinato agli studiosi di diritto internazionale, un testo di consultazione per i diplomatici e per coloro che, su determinate questioni internazionali, desiderano conoscere meglio la posizione della Santa Sede. Non sempre quest’ultima è ben intesa: me lo insegna la mia esperienza personale (particolarmente i due anni passati alla Missione della Santa Sede all’ONU, come collaboratore di S.E. Mons. Martino).

E’ pur vero che ci sono state due altre pubblicazioni dello stesso genere, curate dalla Missione della Santa Sede presso le Nazioni Unite.

La prima, Path to Peace, apparsa nel 1987, raccoglie circa duecento testi su un periodo di quarant’anni (esattamente dal 1945 al 1987), di cui solo sessantasei sono interventi fatti dalle delegazioni della Santa Sede. Tutti gli altri sono discorsi degli ultimi Pontefici.

La seconda pubblicazione, Serving the Human Family, edita dalla Fondazione Path to Peace nel 1997, si limita alle principali conferenze organizzate dalle Nazioni Unite tra il 1990 ed il 1996 e contiene circa una settantina di interventi.

Confrontata con le due appena citate pubblicazioni, l’opera che oggi viene presentata mostra qualche particolarità.

1. Vi sono raggruppati unicamente gli interventi pronunciati dalle delegazioni della Santa Sede presso le Organizzazioni Internazionali (ONU e Organizzazioni regionali), e durante le conferenze e le riunioni internazionali, per un periodo di trent’anni, dal 1970 al 2000; si tratta di 1310 documenti. I discorsi pronunciati dal Santo Padre Giovanni Paolo II nel contesto della diplomazia bilaterale e multilaterale faranno l’oggetto di un’altra prossima pubblicazione. Evidentemente non pretendo di aver messo insieme la totalità degli interventi – anche perché alcuni di loro, soprattutto quelli pronunciati durante i negoziati che accompagnano le conferenze internazionali, non sono stati consegnati per iscritto. Credo tuttavia di poter dire che la grande maggioranza e, almeno lo spero, i più importanti di essi, si trovano riuniti in questa ricerca.

2. Contrariamente alle due opere precedenti, non si tratta di una semplice pubblicazione di documenti, ma di una classificazione dei medesimi per temi, organizzati attorno alla questione dei diritti dell’uomo.

3. In più, nel CD-ROM allegato alla pubblicazione, si trova il testo completo della maggioranza degli interventi citati nelle fonti. Infatti per alcuni, un piccolo numero in verità, non ne esiste che un "riassunto".

Un ulteriore aspetto qualificante dell’opera è il tentativo di raggruppare e facilitare la consultazione dei documenti, fornendone la versione in inglese e in francese quando questa è stata prodotta o dai servizi di traduzione delle Nazioni Unite, o dalle edizioni settimanali francese ed inglese dell’Osservatore Romano o da La Documentation catholique.

La presente pubblicazione vorrebbe permettere un’agevole consultazione di documenti non sempre facilmente accessibili. Circa il sessanta per cento di essi sono stati a suo tempo pubblicati nell’edizione quotidiana dell’Osservatore Romano (di non facile consultazione per chi non conosce l’italiano).

Vorrei infine sottolineare due cose particolari: la prima è la varietà dei temi affrontati dalle delegazioni della Santa Sede, la seconda la ragione della presenza della Santa Sede nel foro internazionale:

1. Il grande ventaglio degli argomenti trattati dalle delegazioni della Santa Sede corrisponde perfettamente alla concezione che della diplomazia ha il Santo Padre. Guardando la raccolta dei discorsi diplomatici del Papa – prossimamente a disposizione – noto che almeno una dozzina di volte Giovanni Paolo II fa menzione di questi nuovi compiti della diplomazia.

Se ne trovano i primi riferimenti nei discorsi pronunciati al Corpo diplomatico in Austria l’11 settembre 1983 e al primo ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede il 9 aprile 1984. A partire del 1998, e nel contesto della globalizzazione, il Papa ritorna sul tema evocando ciò che chiama il periodo di transizione che la diplomazia attraversa oggi: "La questione principale non riguarda più la sovranità territoriale – frontiere e territorio – anche se in qualche parte del mondo questo rimane un problema. Le minacce alla stabilita del mondo sono oggi, e da tempo, rappresentate dalla povertà estrema, dalle disuguaglianze sociali, dalle tensioni etniche, dall’inquinamento dell’ambiente, dall’assenza di democrazia e dal non rispetto dei diritti umani. Tali sono le situazioni che la diplomazia è chiamata ad affrontare". Cosi Giovanni Paolo II si è rivolto al nuovo Ambasciatore di Guyana il 17 dicembre 1998. Rinvio inoltre alle allocuzioni indirizzate agli Ambasciatori di Barbados nel 1999 (20 maggio 1999), di Grecia nel 2000 (26 maggio 2000), d’Islanda nel 2002 (17 maggio 2002) e al recentissimo discorso al nuovo Ambasciatore di Zimbabwe il 15 maggio scorso.

2. Quanto alle ragioni della presenza attiva della Santa Sede nel foro internazionale, si constata che il contenuto degli interventi dei rappresentanti della Santa Sede traduce molto bene le preoccupazioni del Papa. Si tratta di difendere le grandi cause dell’Uomo in quella che Giovanni Paolo II stesso chiama una pacifica e generosa battaglia in favore dei valori dello spirito.

La menzione più esplicita circa l’azione della Santa Sede nella diplomazia multilaterale la troviamo nel discorso di Giovanni Paolo II al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede del 9 gennaio 1995, quando spiega l’impegno della Santa Sede alla Conferenza del Cairo nel settembre 1994: ricordare instancabilmente le esigenze del bene comune, il rispetto della persona umana, la promozione dei più alti valori spirituali.

Alla fine di quello stesso anno 1995, a proposito delle posizioni prese dalla Santa Sede durante la conferenza di Pechino, Giovanni Paolo II assicurò al nuovo Ambasciatore di Francia che "mai il Successore di Pietro e l’insieme della Chiesa potranno accettare di vedere l’essere umano…diminuito nella sua dimensione spirituale, personale e sociale o ridotto a semplice oggetto di sperimentazione. E’ in questo spirito che la Chiesa vive la sua missione profetica»…

A conclusione della presentazione di questo studio documentario sulla Santa Sede nella diplomazia multilaterale, non è inutile ricordare che la missione della Santa Sede in seno alla comunità internazionale è in perfetto accordo con la missione della Chiesa: missione spirituale certo, ma anche missione pacificatrice, umanitaria e morale.

Quando si leggono i discorsi pronunciati dal Papa sia al Corpo diplomatico che agli Ambasciatori durante la presentazione delle Lettere credenziali, si nota che l’accento è messo proprio su questa dimensione umanitaria della missione della Chiesa (per riprendere un'espressione del Santo Padre nel suo discorso al Corpo diplomatico in Danimarca, il 7 giugno 1989), cioè una missione al servizio della persona umana e della salvaguardia dei suoi diritti. Questa missione e un’espressione della fedeltà della Chiesa al vangelo ed un’espressione della sua solidarietà con la storia dell’uomo.

Quanto alla missione morale, questa occupa un posto sempre più importante, come si può constatarlo leggendo gli interventi pronunciati dalle delegazioni della Santa Sede durante le conferenze delle Nazioni Unite negli ultimi dieci anni. "Ciò che oggi forse più manca agli attori della comunità internazionale – diceva Giovanni Paolo II al Corpo diplomatico il 13 gennaio 1997 - non sono né le Convenzioni scritte, né i luoghi dove esprimersi… E’ una legge morale ed il coraggio di farvi riferimento’.

A mio parere, di questo coraggio rendono bella testimonianza gli interventi radunati nella presente pubblicazione.

[01058-01.02]