Alle 10.30 di questa mattina, nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico Vaticano, il Santo Padre Giovanni Paolo II riceve in udienza i Parroci e il Clero della Diocesi di Roma per il tradizionale appuntamento di inizio Quaresima.
L’incontro, nel corso del quale, numerosi sacerdoti presentano al Papa le loro testimonianze e domande, si apre con l’indirizzo di omaggio del Cardinale Camillo Ruini, Vicario Generale per la Diocesi di Roma.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Santo Padre pronuncia nel corso dell’incontro e il saluto del Card. Ruini:
● DISCORSO DEL SANTO PADRE
Signor Cardinale,
Venerati Fratelli nell'Episcopato,
carissimi sacerdoti romani!
1. Il nostro consueto incontro di inizio Quaresima ha luogo quest'anno, come ha sottolineato il Cardinale Vicario, nel XXV anno del mio servizio pastorale quale Vescovo di Roma. E' una ricorrenza che richiama il ministero sacerdotale, nel quale il Vescovo e i suoi preti sono intimamente uniti nella consapevolezza del dono che Dio ha fatto loro e nell'impegno di "ricambiare", spendendo con gioia la propria vita a servizio di Cristo e dei fratelli.
Saluto con affetto ciascuno di voi e vi ringrazio per il servizio generoso che prestate alla Chiesa di Roma. Saluto e ringrazio il Cardinale Vicario, il Vicegerente, i Vescovi Ausiliari e coloro tra voi che mi hanno rivolto la parola.
2. "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi" (Gv 20,21). "Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato" (Mt 10,40). In queste due affermazioni di Gesù è contenuto il mistero del nostro sacerdozio, che trova la sua verità e identità nell'essere derivazione e continuazione di Cristo stesso e della missione che Egli ha ricevuto dal Padre.
Altre due parole di Gesù ci aiutano a entrare più profondamente in questo mistero. La prima riguarda Lui in persona: "In verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla, se non ciò che vede fare dal Padre" (Gv 5,19). La seconda è rivolta a noi e a tutti i nostri fratelli nella fede: "Senza di me non potete far nulla" (Gv 15,5). Questo "nulla" ripetuto rimanda noi a Cristo e Cristo al Padre. E' il segno di una dipendenza totale, della necessità del distacco da noi stessi, ma è anche il segno della grandezza del dono che abbiamo ricevuto. Uniti a Cristo e al Padre, in virtù del sacramento dell’Ordine, possiamo infatti rimettere i peccati e pronunciare sul pane e sul vino le parole: "Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue". Nella celebrazione dell'Eucaristia, operiamo veramente "in persona Christi": quello che Cristo ha compiuto sull'altare della Croce e che prima ancora ha stabilito come sacramento nel Cenacolo, il sacerdote lo rinnova nella forza dello Spirito Santo (cfr Dono e Mistero, p. 89).
3. Carissimi sacerdoti di Roma, questo esige che noi, nell'esercizio del nostro ministero e in tutta la nostra vita, siamo veramente uomini di Dio. Non soltanto i fedeli a noi più vicini, ma anche le persone deboli e incerte nella loro fede e lontane dalla pratica della vita cristiana non restano insensibili alla presenza e alla testimonianza di un sacerdote che sia veramente "uomo di Dio": al contrario, nella misura in cui lo conoscono, lo stimano e tendono ad aprirsi a lui.
Per questo è tanto importante che noi sacerdoti per primi rispondiamo con sincerità e generosità a quella chiamata alla santità che Dio rivolge a tutti i battezzati. La via maestra e insostituibile per progredire nel cammino della santificazione la preghiera: stando con il Signore diventiamo amici del Signore, il suo sguardo diventa progressivamente il nostro sguardo, il suo cuore diventa il nostro cuore. Se davvero vogliamo che le nostre comunità siano "scuole di preghiera" (cfr Novo millennio ineunte, 33), noi per primi dobbiamo essere uomini di preghiera e quindi, alla scuola di Gesù, di Maria e dei Santi, maestri di preghiera.
Il cuore della preghiera cristiana e la chiave del mistero del nostro sacerdozio è senza dubbio l'Eucaristia. Per questo la celebrazione della Santa Messa non può non essere, per ciascuno di noi, il centro della vita e il momento più importante di ogni giornata. Carissimi sacerdoti, in realtà non abbiamo alternativa! Se non cerchiamo, umilmente ma fiduciosamente, di progredire nel cammino della nostra santificazione, finiamo per accontentarci di piccoli compromessi, che man mano diventano più gravi e possono sfociare anche nel tradimento, aperto o mascherato, di quell'amore di predilezione con cui Dio ci ha amato chiamandoci al sacerdozio.
4. Il dono dello Spirito, che ci unisce a Cristo e al Padre, ci lega indissolubilmente a quel corpo di Cristo e a quella sposa di Cristo che è la Chiesa. Per essere sacerdoti secondo il cuore di Cristo dobbiamo amare la Chiesa come Egli l'ha amata, dando se stesso per lei (cfr Ef 5,25). Dobbiamo non avere paura di identificarci con la Chiesa spendendoci per essa. Dobbiamo essere, con autenticità e generosità, uomini di Chiesa.
Il legame del sacerdote con la Chiesa si sviluppa secondo la dinamica tipicamente cristologica del Buon Pastore, che è nello stesso tempo capo e servo del Popolo di Dio. Egli è essenzialmente uomo di comunione, che non si stanca di costruire la comunità cristiana come "casa e scuola della comunione" (cfr Novo millennio ineunte, 43). Il Sinodo che abbiamo celebrato dal 1986 al 1993 è stato in concreto, per tutta la Diocesi di Roma, grande scuola di comunione ed è compito anzitutto del sacerdote tradurre questo messaggio del Sinodo nella vita quotidiana delle comunità. Ma ciò richiede che egli per primo sappia dare esempio e testimonianza di comunione all'interno del presbiterio diocesano e nei rapporti con gli sacerdoti che vivono e svolgono il proprio ministero nella medesima parrocchia o comunità. L'esperienza pastorale conferma che la comunione tra i sacerdoti contribuisce moltissimo a rendere credibile e fecondo il loro ministero, secondo le parole di Gesù: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Gv 13,35).
5. Carissimi sacerdoti di Roma, dopo il Sinodo abbiamo vissuto la Missione cittadina e ora la nostra Diocesi è impegnata a dare stabilmente una precisa impronta missionaria a tutta la pastorale.
Nell'esercizio quotidiano del nostro ministero, dobbiamo formare una vera coscienza missionaria nei fedeli a noi più vicini, in modo che le nostre comunità possano diventare progressivamente autentiche comunità evangelizzatrici e ciascun credente si sforzi di essere testimone di Cristo in ogni ambiente e situazione di vita. E' così che noi realizziamo nella maniera più piena e genuina il "dono" e il "mistero" del nostro sacerdozio.
Il sacerdozio ministeriale del Nuovo Testamento è infatti per sua natura sacerdozio apostolico, in quanto giunge alla comunità mediante la "successione apostolica", cioè la trasmissione ai Vescovi del ministero e del carisma degli Apostoli. Attraverso il sacerdozio del Vescovo, anche il sacerdozio dei presbiteri "è incorporato nella struttura apostolica della Chiesa" (Pastores dabo vobis, 16), partecipando così del suo essenziale orientamento missionario.
6. Cari Fratelli nel sacerdozio, non stanchiamoci mai di essere testimoni e annunciatori di Cristo, non lasciamoci scoraggiare dalle difficoltà e dagli ostacoli che troviamo sia dentro di noi, nella nostra fragilità umana, sia nell'indifferenza o nelle incomprensioni di coloro ai quali siamo mandati, comprese talvolta le persone a noi più vicine.
Quando le difficoltà e le tentazioni pesano sul nostro cuore, ricordiamoci piuttosto della grandezza del dono che abbiamo ricevuto, per essere a nostra volta capaci di "donare con gioia" (cfr 2 Cor 9,7). Siamo infatti, soprattutto nel confessionale ma anche in tutto il nostro ministero, testimoni e strumenti della misericordia divina, siamo e dobbiamo essere uomini che sanno infondere speranza e fare opera di pace e di riconciliazione.
A questo, cari Fratelli, Dio ci ha chiamati con amore di predilezione, e Dio merita tutta la nostra fiducia: la sua volontà di salvezza è più grande e più forte di tutto il peccato del mondo.
Grazie per questo incontro. Grazie anche per il dono del volume, fresco di stampa, in cui sono stati raccolti i testi dei discorsi che vi ho rivolti negli incontri di inizio Quaresima, a partire dal 2 marzo 1979. Mi auguro che anche questa iniziativa valga a mantenere vivo e fecondo il dialogo che s'è intrecciato tra noi nel corso di questi anni.
Vi benedico tutti di cuore e con voi benedico le comunità che vi sono affidate.
[00349-01.01] [Testo originale: Italiano]
● INDIRIZZO DI OMAGGIO DEL CARD. CAMILLO RUINI
Padre Santo,
a nome del Consiglio Episcopale, dei sacerdoti e dei diaconi della Diocesi di Roma desidero anzitutto esprimerLe la nostra grande riconoscenza per questa Udienza che Vostra Santità ancora una volta ci concede, all'inizio della Quaresima, e che in questa occasione assume uno speciale significato avendo luogo nel XXV anno del Suo Pontificato. Mi sia quindi consentito, Padre Santo, presentarLe l'augurio più affettuoso e grato di tutto il clero romano e assicurarLe la nostra costante preghiera affinché il Signore La sostenga sempre con i doni della sua grazia e renda vieppiù fecondi la Sua testimonianza e il Suo ministero, per il bene della Chiesa e dell'umanità intera.
In questi giorni nei quali il Suo cuore è gravato dalla preoccupazione per la causa della pace, uniamo inoltre, Padre Santo, alla Sua la nostra umile preghiera, affinché il Signore Gesù, principe della pace, converta i cuori e ispiri ai responsabili delle Nazioni la lungimiranza di sagge e pacifiche decisioni.
Nella felice occasione del Suo XXV, Padre Santo, abbiamo raccolto in un volume tutti i discorsi che Vostra Santità ha rivolto, il giovedì dopo le Ceneri, al clero di Roma, a partire dal 2 marzo 1979 e fino al 14 febbraio 2002: ne facciamo dono a Vostra Santità e ne daremo copia a ciascun sacerdote e diacono romano. Questo libro, Padre Santo, in realtà è il risultato dei doni che Vostra Santità ha fatto a noi lungo l'arco di questi 25 anni, ascoltando e interpretando le nostre attese, aspirazioni e preoccupazioni e offrendoci la guida paterna e sicura della Sua parola illuminante e stimolatrice. Gliene siamo dunque profondamente grati.
Come Vostra Santità ben conosce, la Chiesa di Roma, sullo slancio del Grande Giubileo e della Missione cittadina che lo ha preceduto, prosegue nell'impegno di orientare in senso stabilmente e concretamente missionario la propria vita e la propria pastorale. Non è un compito facile, Padre Santo, perché sono diffuse, anche a Roma, le zone di sordità e di indifferenza e le spinte che, in maniera più o meno consapevole, vanno in direzione diversa o anche opposta a quella del Vangelo. Le nostre forze, inoltre, se valutate secondo criteri umani, sono limitate e talvolta drammaticamente inadeguate rispetto alle esigenze di una missione che sia davvero rivolta a tutti in maniera capillare.
Ma proprio di fronte alle difficoltà, Padre Santo, tocchiamo con mano quanto sia giusto, urgente e ineludibile l'invito che Vostra Santità ha ripetutamente rivolto alle nostre parrocchie e a tutta la Chiesa di Roma, di cercare e trovare se stesse fuori di se stesse. Abbiamo anche potuto constatare che la fecondità della missione viene soltanto dal Signore e quindi i suoi frutti sono tanto più copiosi quanto più autentici uomini di Dio sono gli evangelizzatori, a cominciare da noi sacerdoti.
Perciò, Padre Santo, come Lei ci ha raccomandato un anno fa in questa medesima occasione, proprio in vista della missione abbiamo concentrato la nostra attenzione, e anzitutto la nostra preghiera, su quel punto nevralgico per l'avvenire della Chiesa che sono le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata.
Proprio sulla nostra missione di sacerdoti, e sulla vita spirituale che deve alimentarla e sorreggerla, vorremmo riflettere oggi, con la guida di Vostra Santità: è questo infatti il nutrimento di cui abbiamo bisogno, e ci è sembrato anche il modo migliore per unirci a Vostra Santità nel XXV del Suo Pontificato.
Padre Santo, ora i sacerdoti che lo desiderano si rivolgeranno direttamente a Vostra Santità. Chiedo loro soltanto di essere brevi, per dare a un maggior numero di confratelli la possibilità di intervenire.
Grazie ancora, Padre Santo, di questo incontro e del bene che ci vuole.
[00350-01.01] [Testo originale: Italiano]