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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AI PARTECIPANTI ALLA TERZA SESSIONE PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DI SAN TOMMASO D’AQUINO, 22.06.2002


MESSAGGIO DEL SANTO PADRE AI PARTECIPANTI ALLA TERZA SESSIONE PLENARIA DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA DI SAN TOMMASO D’AQUINO

In occasione della terza Sessione Plenaria della Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino, Giovanni Paolo II ha inviato ai partecipanti il Messaggio che riportiamo di seguito:

● MESSAGGIO DEL SANTO PADRE

1. Sono lieto di inviarvi questo mio Messaggio, cari soci ordinari della Pontificia Accademia di San Tommaso d'Aquino, in occasione della vostra Sessione plenaria. Vi saluto cordialmente, con un particolare pensiero per il Signor Cardinale Paul Poupard, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, che presiede le attività delle Accademie Pontificie, e per il Presidente e il Segretario della vostra benemerita Accademia. Vorrei, inoltre, ricordare il compianto Mons. Antonio Piolanti, già Presidente della vostra Accademia, che per lunghi anni ha reso alla Chiesa un prezioso servizio.

Il vostro illustre Sodalizio, rinnovati gli Statuti ed arricchitosi della presenza di studiosi di fama internazionale, continua a dedicarsi con frutto allo studio dell'opera di San Tommaso, sempre "proposto dalla Chiesa come maestro di pensiero e modello del retto modo di fare teologia" (Fides et ratio, 43). Nella presente Assemblea plenaria la vostra riflessione ha preso a tema "Il dialogo sul bene", nella prospettiva trascendentale, che scruta il rapporto del bene con l'essere e perciò anche con Dio.

2. Proseguite, cari e stimati ricercatori, su questo cammino. Oggi, accanto a meravigliose scoperte scientifiche e a sorprendenti progressi tecnologici, non mancano nel panorama della cultura e della ricerca ombre e lacune. Stiamo assistendo ad alcuni grandi oblii: l'oblio di Dio e dell'essere, l'oblio dell'anima e della dignità dell'uomo. Ciò genera talora situazioni di angoscia, alle quali occorre offrire risposte ricche di verità e di speranza. Di fronte a pensatori pagani che, privi della luce superiore della Rivelazione, non erano in grado di dare soluzione ai problemi radicali dell'uomo, San Tommaso esclamava: "Quantam angustiam patiebantur hinc et inde illa praeclara ingenia!" (ScG, III, 48, n. 2261).

È necessario anzitutto ritornare alla metafisica. Nell'Enciclica Fides et ratio, tra le esigenze e compiti attuali della filosofia, indicavo come "necessaria una filosofia di portata autenticamente metafisica, capace cioè di trascendere i dati empirici per giungere, nella sua ricerca della verità a qualcosa di assoluto, di ultimo, di fondante" (n. 83). Il discorso sul bene postula una riflessione metafisica. Nell'essere infatti la verità ha il suo fondamento e il bene la sua consistenza. Tra l'essere, la verità e il bene Tommaso scopre una reale e profonda circolarità.

3. Nella comprensione del bene si trova pure la soluzione al mistero del male. Tommaso ha dedicato l'intera sua opera alla riflessione su Dio, ed è in questo contesto che svolge le sedici questioni sul male (De Malo). Seguendo Agostino, egli si chiede: "Unde malum, unde hoc monstrum?". Nel celebre articolo della Summa Theologiae sulle cinque vie per le quali l'intelligenza umana arriva all'esistenza di Dio, egli riconosce come grande ostacolo in tale cammino la realtà del male nel mondo (cfr q. I, 2, ob. 3).

Molti nostri contemporanei si domandano: Come mai, se Dio esiste, permette il male? Occorre allora far comprendere che il male è privazione del bene dovuto, e il peccato è avversione dell'uomo a Dio, fonte di ogni bene.

Un problema antropologico, così centrale per la cultura di oggi, non trova soluzione se non alla luce di quella che potremmo definire "meta-antropologia". Si tratta cioè della comprensione dell'essere umano come essere cosciente e libero, homo viator, che al tempo stesso è e diviene. In lui si conciliano le diversità: l'uno e i molti, corpo e anima, maschio e femmina, persona e famiglia, individuo e società, natura e storia.

4. San Tommaso, oltre che insigne filosofo e teologo, è stato maestro di umanità. Doctor humanitatis l'ho definito nel 1980, proprio per questa sua caratteristica comprensione dell'uomo nella sua razionalità e nella sua condizione di essere libero. A Parigi, mentre commentava l'opera delle Sentenze di Pietro Lombardo, egli scoprì il ruolo della ragione pratica nell'essere e nel divenire dell'uomo. Mentre la ragione speculativa è ordinata alla conoscenza della verità, la ragione pratica è ordinata all'operare, alla direzione cioè dell'agire umano.

L'uomo, che ha ricevuto da Dio come dono l'esistenza, ha nelle sue mani il compito di gestirla in modo conforme a verità, scoprendone l'autentico senso (cfr Enc. Fides et ratio, 81). In questa ricerca emerge la costante questione morale, formulata nel Vangelo con la domanda: "Maestro, cosa devo fare di buono?" (Mt 19, 16). La cultura del nostro tempo parla tanto dell'uomo e di lui sa molte cose, ma spesso dà l'impressione di ignorare cosa egli veramente sia. In effetti, l'uomo comprende appieno se stesso solo alla luce di Dio. Egli è "imago Dei", creato per amore e destinato a vivere nell'eternità in comunione con Lui.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II insegna che il mistero dell'uomo trova soluzione solo alla luce del mistero di Cristo (cfr Gaudium et spes, 22). Su questa scia, nell'Enciclica Redemptor hominis ho anch'io voluto ribadire che l'uomo è la prima e principale via che percorre la Chiesa (cfr n. 14). Di fronte alla tragedia dell'umanesimo ateo, è compito dei credenti annunciare e testimoniare che il vero umanesimo si manifesta in Cristo. Solo in Cristo la persona può realizzarsi in pienezza.

5. Illustri e cari soci della Pontificia Accademia di San Tommaso, la forza dello Spirito guidi i vostri lavori e renda efficace la vostra ricerca.

Mentre invoco la costante protezione di Maria, Sedes Sapientiae, e di San Tommaso d'Aquino su ciascuno di voi e sulla vostra Accademia, di cuore tutti vi benedico.

Dal Vaticano, 21 Giugno 2002

IOANNES PAULUS II

[01036-01.01] [Testo originale: Italiano]