CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELL’EDITIO TYPICA TERTIA DEL MISSALE ROMANUM ● SINTESI DELLA PRESENTAZIONE
● INTERVENTO DEL CARD. JORGE ARTURO MEDINA ESTÉVEZ
● INTERVENTO DI S.E. MONS. FRANCESCO PIO TAMBURRINO
Alle ore 11.30 di oggi, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la Conferenza Stampa di presentazione dell’Editio typica tertia del Missale Romanum.
Prendono parte alla Conferenza Stampa l’Em.mo Card. Jorge Arturo Medina Estévez, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; S.E. Mons. Francesco Pio Tamburrino, Segretario della medesima Congregazione; Mons. Mario Marini, Sotto-Segretario ed il Rev.mo P. Anthony Ward, S.M., Capo Ufficio nella Congregazione.
Riportiamo di seguito i testi degli interventi del Card. Medina Estévez e di S. E. Mons. Tamburrino, nonché una sintesi della presentazione:
● SINTESI DELLA PRESENTAZIONE
La pubblicazione della terza edizione tipica del Missale Romanum è frutto di un lavoro che si è protratto per ben dieci anni. Sostanzialmente il testo è quello dell’edizione precedente con l’introduzione di alcuni nomi di Santi del Calendario Universale, l’aggiunta di nuovi formulari per le Messe votive in onore della Beata Vergine Maria e con l’inserimento in appendice delle Preghiere eucaristiche approvate per le Messe della Riconciliazione, per quelle per varie necessità e per quelle Messe dove la maggior parte dei fedeli è costituita da bambini. L’Institutio Generalis del Missale prevede un allargamento delle possibilità di distribuire la S. Comunione sotto le due specie, secondo il giudizio pastorale del Vescovo diocesano.
Inizierà adesso un’ulteriore fase di lavoro, affidata alle Conferenze dei Vescovi, quella cioè di rivedere le traduzioni in uso, in maniera tale che riflettano con fedeltà il testo ufficiale latino, in conformità alle disposizioni dell’Istruzione Liturgiam authenticam, approvata dal Santo Padre lo scorso anno. Avuta l’approvazione della rispettiva Conferenza Episcopale, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti provvedrà a rilasciare la necessaria recognitio prima che il testo entri in uso.
[00449-01.02]
● INTERVENTO DEL CARD. JORGE ARTURO MEDINA ESTÉVEZ
Dopo il Concilio Vaticano II e seguendo le indicazioni della Costituzione Sacrosanctum Concilium sulla Liturgia, è stata pubblicata la prima edizione tipica del Messale Romano nel 1970. Dopo qualche anno fu pubblicata la seconda edizione tipica nel 1975. Dopo trent’anni appare questa terza edizione tipica, divenuta necessaria per diversi motivi e la cui preparazione ha preso quasi un decennio. Siamo lieti di poter offrire a tutto il clero e ai fedeli di rito Romano questa nuova edizione del Missale Romanum, il più importante fra tutti i libri liturgici rinnovati dal Concilio Ecumenico Vaticano II.
Il Decreto con il quale la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti pubblica questa nuova edizione del Missale Romanum attesta l’approvazione del Santo Padre avvenuta il 10 aprile del 2000 e la data di emanazione, il 20 aprile dello stesso anno, Giovedì Santo, in accordo con le edizioni del 1970 e del 1975.
L’edizione che presentiamo è il risultato di una lunga opera di revisione e aggiornamento iniziata nel 1991 e proseguita nel 1996, anni nei quali il Dicastero ha celebrato le sue Assemblee Plenarie. L’impegno profuso nel mettere mano all’editio typica si è concentrato fondamentalmente nell’adeguamento della parte normativa e canonica al Codex Iuris Canonici e nel conformare quella normativa e liturgica alle disposizioni che la Santa Sede ha emanato dopo il 1975.
Non si tratta di una semplice reimpressio emendata ma di una vera e propria editio typica, una edizione cioè ufficiale, aggiornata, destinata alla celebrazione eucaristica in lingua latina e che costituisce la base immediata per le traduzioni nelle lingue nazionali, la cui cura spetta alle Conferenze dei Vescovi dei diversi paesi del mondo, secondo quanto stabilito nella recente Istruzione della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti sulle traduzioni dei libri liturgici Liturgiam authenticam del 28 marzo 2001, per ottenere la recognitio della Santa Sede, prima di entrare in vigore nella rispettiva area linguistica. L’editio typica diventa il paradigma cui bisogna riferirsi per intraprendere il lavoro di traduzione dei testi liturgici nelle lingue vernacolari e ad essa deve attenersi in ordine alla fedeltà. Tale documento, che si è andato formulando nel corso degli anni successivi al Concilio Vaticano II e che ha ricevuto un energico impulso dalla Lettera del Santo Padre Vicesimus quintus annus del 1988 (n. 20), diventa in questo particolare momento uno strumento preciso e obbligatorio nell’opera di traduzione dei libri liturgici in vista dell’efficacia e della fedeltà nel comunicare il contenuto del patrimonio della Chiesa latina.
Il Decreto di promulgazione di questa terza edizione tipica, approvato dal Santo Padre, stabilisce la necessità di una revisione globale dei Messali finora in uso attraverso una nuova presentazione dei testi tradotti alla Santa Sede per la necessaria recognitio. In altre parole il documento, ribadendo il contenuto essenziale della summenzionata Istruzione, dispone che le traduzioni del Messale nelle lingue vernacolari attualmente in vigore, vengano rivedute con grande cura in modo che siano quanto più fedeli all’originale latino, senza interpretazioni né parafrasi, tenuto conto nondimeno del genio di ciascuna lingua.
Il Messale attuale è il successore degli antichi Sacramentari, libri liturgici cioè che contenevano le formule da recitarsi da parte del Vescovo o del sacerdote che presiedeva la celebrazione. Nell’evoluzione storica dei libri liturgici, furono inserite nel Messale anche le letture bibliche, facendo di esso un libro plenario, segno della mentalità che faceva del sacerdote colui che assommava in sé tutti i compiti da esercitarsi nell’ambito della celebrazione, per cui il cosiddetto Messale Plenario è testimone della considerazione affermata intorno alla figura del sacerdote come colui che è l’espressione in sé della sintesi dei ministeri e non colui che esercita il ministero della sintesi.
Con il Concilio Ecumenico Vaticano II si è avuta una approfondita revisione dei libri liturgici e dei relativi riti in essi presenti. A motivo della varietà delle letture offerte alla comprensione e meditazione dei fedeli è stata operata una separazione tra il Messale e il Lezionario, con la conseguente rivalutazione dei singoli compiti esercitati dai diversi ministri presenti nell’ambito della celebrazione liturgica, in particolare i diaconi, i lettori ecc.
Non stupisce il fatto che lungo la storia i diversi Pontefici abbiano prestato particolare cura nel pubblicare diverse edizioni del Missale Romanum, attraverso anche la preoccupazione di tutelare la fedeltà, la correttezza e la nobiltà del linguaggio liturgico in esso adoperato, segno evidente questo della speciale importanza che riveste l’Eucaristia nella vita della Chiesa (Sacrosanctum Concilium, n. 47).
Nello scorrere dei secoli si è assistito ad una varietà di edizioni ufficiali del Missale Romanum, che ha conosciuto cambiamenti, integrazioni e inserimenti che hanno arricchito qualitativamente la celebrazione del mistero eucaristico, secondo le esigenze specifiche dei tempi in cui furono effettuati. Lungo questa traiettoria storica evolutiva del Missale Romanum si è cercato sempre di salvaguardare ciò che viene chiamata l’unitas substantialis del Rito Romano, elemento che deve rimanere inalterato come testimonianza della tradizione indefettibile della Chiesa. Infatti, il Messale, come anche gli altri libri liturgici, secondo l’antico adagio lex orandi legem statuat credendi, esprimono il sensus fidei della Chiesa, non attraverso formulazioni di stile dogmatico ma attraverso la densità classica dello stile verbale liturgico, nutrito non solo da parole ma anche attraverso gesti e segni secondo quanto proviene dalla stessa Rivelazione divina.
La parte sostanziale del Missale Romanum è costituita dai formulari eucologici, cioè dalle preghiere, anche se la corretta celebrazione, l’ars celebrandi, ha bisogno di norme ed indicazioni che regolino ed aiutino sia il presidente della celebrazione sia l’assemblea stessa a svolgere ordinatamente e partecipare fruttuosamente, in conformità al ruolo specifico che spetta a ciascuno, alla celebrazione dei misteri della salvezza. Tutto ciò è contenuto in quella parte del Messale chiamata Institutio Generalis, che non è una semplice collezione di rubriche, ma un vero e proprio direttorio sulla celebrazione eucaristica, con indicazioni di carattere teologico, liturgico, pastorale e spirituale. Il suo scopo è quello di assicurare un dignitoso svolgimento celebrativo ed anche una ragionevole uniformità tra le celebrazioni, senza escludere peraltro le legittime variazioni e adattamenti che la normativa stessa autorizza in vista della partecipazione attiva e del bene spirituale dei fedeli.
Considerata l’importanza del testo, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti ha proceduto ad una pubblicazione in anticipo dell’Institutio Generalis, nella forma di un libro stampato e nel sito Internet del Dicastero, diffondendolo tra le Conferenze dei Vescovi del mondo, in vista di una consultazione ed approfondimento a livello diocesano. Tale iniziativa ha avuto il suo positivo risultato, attraverso una serie di osservazioni, ricevute da più parti, che da una parte hanno migliorato la qualità del testo e dall’altra ne hanno sottolineato il valore e l’efficacia. Pertanto, il testo definitivo dell’Institutio Generalis è quello che si trova ora nel Messale che stiamo presentando.
L’editio typica tertia del Missale Romanum ha apportato qualche ritocco e insieme alcune integrazioni nel testo dell’Istitutio Generalis, dopo aver consultato gli Eminentissimi Cardinali ed Eccellentissimi Vescovi membri della Congregazione, che sostanzialmente vanno considerate come precisazioni del precedente testo o come necessarie integrazioni in ottemperanza alla normativa emanata dopo il 1975.
Probabilmente tra le novità più rilevanti vanno sottolineate quella di aver allargato la possibilità di amministrare ai fedeli la comunione sotto le due specie, la cui normativa, maggiormente semplificata, tiene conto sia delle facoltà abbastanza ampie concesse dopo la seconda edizione tipica sia dei precedenti storici sia dell’uso generale nei Riti orientali. La nuova normativa costituisce un’estensione notevole di quanto stabilito finora, per cui è competenza del Vescovo diocesano emanare per la sua diocesi norme circa la distribuzione della comunione sotto le due specie. Tale competenza del Vescovo è primaria, conformemente a quanto stabilito dal diritto (Codice di Diritto Canonico, can 381 § 1), per cui non è sottoposta ad una previa autorizzazione della Conferenza dei Vescovi. Inoltre, il Vescovo diocesano può rimettere la facoltà a ciascun sacerdote, in quanto pastore di una particolare comunità, il giudizio sull’opportunità di distribuzione della comunione sotto le due specie, al di fuori dei casi segnalati nei quali viene sconsigliata.
Inoltre, l’inserimento di un nuovo capitolo, precisamente il IX, in armonia con quanto prescritto dall’Istruzione Varietates legitimae sull’inculturazione liturgica, risulta abbastanza rilevante e di fondamentale importanza. In esso vengono ripresi e ribaditi i principi e i criteri da applicare quando una Conferenza dei Vescovi giudichi necessario introdurre nel Messale adattamenti al di là di quelli previsti dal Messale stesso. Tali adattamenti vanno considerati come particolari ed eccezionali, la cui giustificazione non può essere altro che la necessità di venire incontro al bene spirituale delle chiese particolari interessate, ferma restando la salvaguardia dell’unità sostanziale del Rito romano.
Dal punto di vista delle novità introdotte all’interno del testo stesso del Missale Romanum si possono elencare alcune particolarità che sono certamente di grande efficacia pastorale:
Anzitutto è stato completato il lavoro di integrazione o di adeguamento del Calendarium Romanum generale con l’inserimento di quelle celebrazioni stabilite dopo l’editio typica altera:
- le memorie ad libitum:
23 aprilis: S. Adalberti, episcopi et martyris; 28 aprilis: S. Ludovici Mariae Grignion de Montfort, presbyteri; 2 augusti: S. Petri Iuliani Eymard, presbyteri; 9 septembris: S. Petri Claver, presbyteri; 28 septembris: Ss. Laurentii Ruiz et sociorum, martyrum;
- le memorie obbligatorie:
14 augusti: S. Maximiliani Mariae Kolbe, presbyteri et martyris; 20 septembris: Ss. Andreae Kim Taegon, presbyteri, et Pauli Chong Hasang et sociorum, martyrum; 24 novembris: Ss. Andreae Dung-Lac, presbyteri, et sociorum, martyrum.
D’altra parte l'Autorità Superiore ha disposto l'aggiunta di 11 nuove celebrazioni:
3 ianuarii: SS.mi Nominis Iesu; 8 februarii: S. Iosephinae Bakhita, virginis; 13 maii: Beatae Mariae Virginis de Fatima; 21 maii: Ss. Christophori Magallanes, presbyteri, et sociorum, martyrum; 22 maii: S. Ritae de Cascia, religiosae; 9 iulii: Ss. Augustini Zhao Rong, presbyteri et sociorum, martyrum; 20 iulii: S. Apollinaris, episcopi et martyris; 24 iulii: S. Sarbelii Makhluf, presbyteri; 9 augusti: S. Teresiae Benedictae a Cruce, virginis et martyris; 12 septembris: SS.mi Nominis Mariae; 25 novembris: S. Catharinae Alexandrinae, virginis et martyris.
Nell’Ordo Missae, precisamente nel corpus praefationum, è stato aggiunto un nuovo Prefazio per i martiri; il Comune della Beata Vergine Maria è stato arricchito di nuovi formulari, i cui testi sono presi per la maggior parte dei casi dalla Collectio Missarum de Beata Maria Virgine, con una migliore distribuzione degli stessi; nella sezione delle Messe ad diversa sono stati inseriti due formulari particolari provenienti dal Messale preconciliare, ovvero un nuovo formulario nell’ambito delle Messe Pro remissione peccatorum, desunto dall’editio typica del 1962 dove appariva sotto il titolo Ad petendam compunctionem cordis; e il formulario della Messa ad postulandam continentiam; tra le Messe votive, poi, va segnalato l’inserimento del formulario della Messa denominata De Dei Misericordia.
Queste particolari novità, come anche gli altri inserimenti introdotti nell’editio typica tertia o il ritocco effettuato su alcune parti già esistenti, costituiscono il quadro globale della nuova edizione del Messale che contribuisce a darne l’importanza dovuta e che producono un arricchimento sul piano della prassi rituale e dell’approfondimento teologico.
Nel presentare ufficialmente l’editio typica tertia del Missale Romanum, la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti auspica che possa essere un valido strumento a servizio del popolo di Dio, una garanzia di unità all’interno del Rito romano e insieme un incentivo ad perseguire quella piena consapevole e attiva partecipazione alle celebrazioni liturgiche, solido obiettivo ed efficace mezzo per conseguire la salvezza.
[00450-01.02] [Testo originale: Italiano]
● INTERVENTO DI S.E. MONS. FRANCESCO PIO TAMBURRINO
Facendo propria l’affermazione del Sinodo dei Vescovi del 1985, il Papa Giovanni Paolo II ha ribadito che «il rinnovamento liturgico è il frutto più visibile dell’opera conciliare» (Lettera apostolica Vicesimus quintus annus, 11). Per molti, il messaggio del Concilio Vaticano II è stato percepito innanzitutto mediante la riforma liturgica. Del resto, «esiste un legame strettissimo e organico tra il rinnovamento della liturgia e il rinnovamento di tutta la vita della Chiesa. La Chiesa non solo agisce, ma si esprime anche nella liturgia e dalla liturgia attinge le forze per la vita» (Giovanni Paolo II, Dominicae Cenae, 13).
Il Missale Romanum, nella sua III edizione tipica, rappresenta, senza dubbio, il dono offerto dalla Santa Sede, e in modo speciale dal Santo Padre, alle Chiese particolari di Rito Romano, con la garanzia dell’autenticità, in sostanziale fedeltà alla traditio ereditata da chi ci ha preceduti e trasmessa alla generazione che viene. Tuttavia, a guardare con attenzione, questa III editio typica ha tenuto conto di particolari adattamenti del Messale Romano, avvenuti negli ultimi trent’anni in molte Chiese locali mediante le traduzioni nelle lingue parlate, confermate dalla Santa Sede. In questo senso, il nuovo Missale Romanum recepisce alcune istanze già ufficializzate nei Messali tradotti e rappresenta, sotto qualche aspetto, uno sviluppo del Rito Romano. Su questi elementi offrirò alcuni esempi.
Nei giorni feriali di Avvento la editio typica altera del 1975, promulgata dal Papa Paolo VI, offriva una raccolta di testi a cui attingere ogni giorno. L’attuale edizione presenta formulari completi, distribuiti nei singoli giorni feriali.
In parecchi Messali in lingue parlate era stata autorizzata l’introduzione del Simbolo Apostolico accanto al Simbolo Niceno-Costantinopolitano. La possibilità di scegliere, facoltativamente, questa formula di professione di fede introduce nel Messale un venerabile Simbolo occidentale, attestato a Roma dal III secolo (DS, 10ss), spiegato da eminenti Padri della Chiesa, quali sant’Ambrogio, sant’Agostino, Rufino, e altri Vescovi dell’Iberia, della Gallia meridionale, dell’Alemagna, della Ibernia, della Dacia, e presente, in forma interrogativa battesimale, nel Sacramentario Gelasiano, che riporta la prassi liturgica romana del VI secolo, che rimonta alla Traditio Apostolica attribuita ad Ippolito romano. Si può anche notare, per inciso, che tale Simbolo Apostolico trovò, dal secolo XVI, il favore delle Comunità riformate ed è tutt’ora in uso nel loro culto, spesso in alternativa al Niceno-Costantinopolitano, nelle Comunità luterane, calviniste, anglicane, presbiteriane, valdesi, ecc. A parte questo risvolto ecumenico, che è piuttosto secondario, il punto importante è il recupero di una tradizione genuinamente romana, arrivata fino al Catechismo Romano del 1564 e al Breviario Romano, edito nel 1568 «ad tollendam orandi varietatem: proinde etiam forma symboli toti Ecclesiae Latinae iniuncta est» (DS, 30).
Per il tempo pasquale le orationes erano ripetute in forma ciclica nei giorni infra-settimanali: ora sono state introdotte orazioni proprie per ogni giorno, tratte dagli antichi Sacramentari, la cui qualità teologica e letteraria è di altissimo profilo.
Talvolta, sono stati introdotti dei piccoli cambiamenti, che, nondimeno, veicolano principi importanti. Ad esempio, nelle Preci Eucaristiche, dove, da tempo si chiedeva di adeguare la stesura grafica del testo al genere letterario della Prex e alla sua teologia, recepita semper et ubique dalle antiche Chiese di Oriente e di Occidente, secondo la quale tale Prece inizia non dal «vere sanctus» o dal «Te igitur», bensì dal dialogo del prefazio. Del resto, già le rubriche del Messale postconciliare richiedevano che l’assemblea stesse "in piedi" fin dall’orazione sulle offerte. In base a questo principio, anche la Prex Eucaristica I o Canon Romanus inizia con il dialogo tra il sacerdote e l’assemblea, prosegue con il prefazio concluso dal Sanctus, al quale si lega il Te igitur (che proprio nell’avverbio igitur contiene un chiaro richiamo a ciò che strutturalmente lo precede).
Un altro elemento che caratterizza la nuova "editio" è il ripristino delle orationes super populum in tutto il tempo quaresimale, che arricchiscono la forma consueta di benedizione, prima della dimissione del popolo di Dio. In questo caso si può costatare il senso della traditio del nuovo Messale, che non disprezza nessuna precedente forma liturgica autenticamente romana, perché una gran parte di tali orationes super populum sono riprese dal Messale del 1962 e altre dagli eccelsi formulari dei Sacramentari antichi.
Ancora, nell’Ordo Missae e nei princìpi espressi chiaramente nella Institutio generalis Missalis Romani (nn. 115 ss), viene riconfermata la scelta - che ha anche una chiara connotazione ecclesiologica - della Missa cum populo come forma tipica della celebrazione eucaristica, a differenza dell’Ordo Missae del Messale Plenario del 1570, che presentava in primo luogo la Messa privata del sacerdote con possibili adattamenti in presenza di un ministro, dei fedeli, di dignitari ecclesiastici (Papa, Vescovi), cantata o con la schola. Anzi, la III editio typica, che vede la luce dopo la pubblicazione del Caeremoniale Episcoporum (1984) e dei vari Ordines dei sacramenti, evidenzia l’esemplarità della celebrazione eucaristica presieduta dal Vescovo: «In Ecclesia locali primus sane locus tribuatur, propter eius significationem, Missae cui praeest Episcopus a suo presyiterio, diaconis et ministris laicis circumdatus [cf. SC, 41)] et in qua plebs sancta Dei plene et actuose participat, ibi enim habetur praecipua manifestatio Ecclesiae» (Insitutio generalis Missalis Romani, 112)
Si noterà anche che, la stessa forma di celebrazione «cui unus tantum minister assistit» (Institutio generalis Missalis Romani, 252-272), in questo Messale è stata uniformata nei riti alle altre forme di celebrazione, perché per una inspiegabile incoerenza, anche nel Messale del 1975 era regolata da rubriche che prevedevano lo spostamento del Messale da destra a sinistra e altre cerimonie della Messa tridentina.
Una ricchezza straordinaria di questa editio typica III è l’inserimento di una enorme quantità di testi musicali in gregoriano, che trovano la loro collocazione non in "Appendici", bensì al loro posto nello svolgimento celebrativo dell’Ordinario o del Proprio. Per il testo latino del Messale, compare per la prima volta nella Institutio generalis Missalis Romani, al n. 41, l’indicazione della Costituzione Sacrosanctum Concilium, n. 116, in cui si afferma: «Principem locum obtineat, ceteris paribus, cantus gregorianus, utpote Liturgiae romanae proprius», senza escludere altre forme musicali, purché siano confacenti allo spirito dell’azione liturgica e favoriscano la partecipazione di tutti i fedeli. Senza dubbio, il Messale attuale favorisce e incoraggia la partecipazione con il canto, ma anche segnala, in due luoghi della Institutio generalis Missalis Romani, ai nn. 45 e 56, l’opportunità di momenti di silenzio, che dovranno aiutare a dare alla celebrazione un clima intensamente orante e contemplativo.
Questa complessa e laboriosa opera della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, nonostante i condizionamenti e i limiti che essa possa contenere in quanto opera delle mani dell’uomo, rappresenta il libro autentico che la Chiesa ci offre per celebrare i divini misteri in piena ortodossia e legittimità. Esso offre alle Chiese locali un modello per le loro edizioni in lingue volgari e una occasione per ravvivare nelle comunità cristiane lo spirito genuino della liturgia della Chiesa.
Anche in questa editio del Messale si verifica la sintesi di lex orandi e lex credendi. Tale libro liturgico è uno strumento nelle mani dei Pastori e dei fedeli. Lo si potrebbe paragonare ad un acquedotto: ne possiamo sottoporre ad analisi i percorsi tra monti e valli, la portata delle condutture, ma l’importante è che l’acqua arrivi in abbondanza. Oggi possiamo rallegrarci, perché la liturgia, regolata ormai dalla terza edizione del Missale Romanum può dissetare il popolo di Dio pellegrinante nel deserto ed è in grado di far sperimentare ai credenti, radunati per il convito sacrificale, che il Risorto è in mezzo ai suoi e continua ad offrire «la pienezza di ogni grazia e benedizione del cielo» (Canon Romanus).
[00451-01.01] [Testo originale: Italiano]