Sala Stampa

www.vatican.va

Sala Stampa Back Top Print Pdf
Sala Stampa


VISITA PASTORALE DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II IN KAZAKHSTAN E VIAGGIO APOSTOLICO IN ARMENIA IN OCCASIONE DEI 1700 ANNI DEL CRISTIANESIMO NEL PAESE (22-27 SETTEMBRE 2001) - (XIII), 26.09.2001


Alle 18 di questo pomeriggio il Santo Padre Giovanni Paolo II e S.S. il Catholicos Karekin II si recano alla nuova Cattedrale Apostolica di S. Gregorio l’Illuminatore a Yerevan, edificata in occasione del 1700° anniversario della proclamazione del Cristianesimo come religione ufficiale dell’Armenia e consacrata nei giorni scorsi.

Nella Cattedrale di San Gregorio ha quindi luogo la Celebrazione Ecumenica. Il rito è incentrato sull’ascolto della Parola di Dio a cui fa seguito la Professione di fede, una preghiera universale, lo scambio del bacio della pace e la venerazione della reliquia di S. Gregorio l’Illuminatore che il Papa ha donato lo scorso anno alla Chiesa armena apostolica.

Sono presenti alla Celebrazione Ecumenica il Presidente della Repubblica, Sig. Robert Kotcharian, insieme alle Autorità politiche e civili e ai membri del Corpo Diplomatico.

Prima dell’omelia del Catholicos Karekin II, il Santo Padre Giovanni Paolo II tiene la sua omelia, leggendone alcune parti in lingua inglese. Il testo integrale in lingua armena viene letto da un Padre Mechitarista. Pubblichiamo di seguito la traduzione in lingua italiana e inglese dell’omelia del Papa:

 TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA

"Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!" (Sal 133, 1)

Sia lodato Gesù Cristo!

1. La scorsa domenica, Vostra Santità e l’intero Catholicossato di Etchmiadzin hanno avuto la gioia di consacrare questa nuova Cattedrale di san Gregorio l’Illuminatore, quale degno memoriale dei diciassette secoli di fedeltà dell’Armenia al Signore nostro e Salvatore Gesù Cristo. Questo splendido Santuario testimonia la fede consegnatavi dai vostri padri, e parla a tutti noi della speranza che oggi muove il popolo armeno a guardare al futuro con rinnovata fiducia e coraggiosa determinazione.

Per me, presiedere con Vostra Santità questa Liturgia Ecumenica è sorgente di grande gioia personale. È come se fosse la continuazione della nostra Preghiera comune dell’anno scorso nella Basilica di san Pietro a Roma. Là, insieme, abbiamo venerato la reliquia di san Gregorio l’Illuminatore, ed il Signore ci dona oggi di ripetere lo stesso gesto qui a Yerevan. Abbraccio Vostra Santità con lo stesso fraterno affetto con il quale Ella mi salutò durante la visita a Roma.

Sono grato a Sua Eccellenza il Presidente della Repubblica, per la Sua presenza a questo incontro ecumenico, segno della nostra comune convinzione che la Nazione sarà rigogliosa e prospera in virtù del reciproco rispetto e della cooperazione di tutte le sue Istituzioni. Il mio pensiero si rivolge in questo momento a Sua Santità Aram I, Catholicos della Grande Casa di Cilicia, come pure ai Patriarchi Armeni di Gerusalemme e di Costantinopoli: invio loro un saluto nell’amore del Signore. Saluto cordialmente i distinti membri di tutte le istanze civili e religiose e le comunità qui rappresentate questa sera.

2. Quando, attraverso la predicazione di san Gregorio, il re Tiridate III si convertì, una nuova luce albeggiò nella lunga storia del popolo armeno. L’universalità della fede si unì in maniera inseparabile con la vostra identità nazionale. La fede cristiana si radicò in modo permanente in questa terra, raccolta attorno al monte Ararat, e la parola del Vangelo influenzò profondamente la lingua, la vita familiare, la cultura e l’arte del popolo armeno.

Pur preservando e sviluppando la propria identità, la Chiesa Armena non esitò ad impegnarsi nel dialogo con altre tradizioni cristiane, attingendo al loro patrimonio spirituale e culturale. Già sin dagli inizi, non soltanto le Sacre Scritture, ma anche le opere principali dei Padri Siriaci, Greci e Latini furono tradotte in armeno. La liturgia armena trasse la propria ispirazione dalle tradizioni liturgiche della Chiesa in Oriente e in Occidente. Grazie a questa straordinaria apertura di spirito, la Chiesa Armena, lungo la propria storia, è stata particolarmente sensibile alla causa dell’unità dei cristiani. Santi Patriarchi e Dottori, quali sant’Isacco Magno, Babghèn di Otmus, Zaccaria di Dzag, Nerses Šnorhali, Nerses di Lambron, Stefano di Salmasta, Giacomo di Julfa e altri, erano ben conosciuti per lo zelo verso l’unità della Chiesa.

Nella sua lettera all’imperatore bizantino, Nerses Šnorhali delineò principi di dialogo ecumenico che non hanno perso niente della loro rilevanza. Tra le molte sue intuizioni, egli insiste sul fatto che la ricerca dell’unità è un compito di tutta la comunità e non si può lasciare che si creino divisioni all'interno delle Chiese; insegna inoltre che è necessaria una sanazione dei ricordi per superare i risentimenti e i pregiudizi del passato, come è pure indispensabile il mutuo rispetto e un senso di uguaglianza tra gli interlocutori che rappresentano le rispettive Chiese; infine, egli dice che i cristiani devono avere una profonda convinzione interiore che l’unità è essenziale non per un vantaggio strategico o un guadagno politico, ma per l’interesse della predicazione del Vangelo come Cristo comanda. Le intuizioni di questo grande Dottore armeno sono frutto di una straordinaria saggezza pastorale, e le faccio mie mentre sono oggi tra voi.

3. "Ecco quanto è buono e quanto è soave che i fratelli vivano insieme!" (Sal 133, 1). Quando nel 1970 il Papa Paolo VI e il Catholicos Vazken I si scambiarono il bacio della pace, lanciarono una nuova era di contatti fraterni tra la Chiesa di Roma e la Chiesa Armena. Il loro incontro fu seguito presto da altre importanti visite. Io stesso conservo memorie veramente liete delle visite a Roma di Sua Santità Karekin I, prima come Catholicos della Gran Casa di Cilicia, poi come Catholicos di Etchmiadzin. Sin da quando egli prese parte come osservatore al Concilio Ecumenico Vaticano II, il Catholicos Karekin I non cessò mai di operare per promuovere relazioni fraterne e cooperazione pratica fra i cristiani dell’Oriente e dell’Occidente. Avrei vivamente desiderato di rendergli visita qui in Armenia, ma la sua cattiva salute e poi la prematura morte resero ciò impossibile. Rendo grazie al Signore per averci dato questo grande uomo di Chiesa, un saggio e coraggioso campione dell’unità dei cristiani.

Santità, sono lieto di poter restituire la visita da Lei fattami a Roma, insieme con una delegazione di Vescovi e di fedeli armeni. Interpretai allora il Suo generoso invito a visitare l’Armenia e la Santa Etchmiadzin come un grande segno di amicizia e di carità ecclesiale. Per lunghi secoli i contatti tra la Chiesa Armena Apostolica e la Chiesa di Roma furono intensi e calorosi, e il desiderio della piena unità non scomparì mai del tutto. La mia visita oggi testimonia il nostro condiviso anelito di giungere alla piena unità che il Signore ha voluto per i suoi discepoli. Siamo vicini al Monte Ararat, dove, secondo la tradizione, l’Arca di Noè trovò l’approdo. Come la colomba ritornò con il ramo d’ulivo della pace e dell’amore (cfr Gn 8, 11), così prego perché la mia visita sia come una consacrazione della ricca e fruttuosa collaborazione già esistente tra noi.

Vi è una reale ed intima unità fra la Chiesa Cattolica e la Chiesa d’Armenia, dato che ambedue hanno preservato la successione apostolica e hanno validi Sacramenti, in modo particolare il Battesimo e l’Eucaristia. La consapevolezza di ciò ci deve ispirare ad operare ancor più intensamente per rafforzare il nostro dialogo ecumenico. In questo dialogo di fede e di amore, nessuna questione, per quanto difficile, dovrebbe essere trascurata. Conscio dell’importanza del ministero del Vescovo di Roma nella ricerca dell’unità dei cristiani, ho chiesto – nella mia Lettera enciclica Ut unum sint – che i Vescovi e i teologi delle nostre Chiese riflettano sulle "forme nelle quali questo ministero può realizzare un servizio di amore riconosciuto dagli uni e dagli altri" (n. 95). L’esempio dei primi secoli della vita della Chiesa ci può guidare in questo discernimento. La mia preghiera ardente è che possa nuovamente realizzarsi quello "scambio di doni" di cui la Chiesa del primo millennio diede meraviglioso esempio. Possa la memoria del tempo in cui la Chiesa respirava con "ambedue i polmoni" spronare i cristiani dell’Oriente e dell’Occidente a camminare insieme nell’unità della fede e nel rispetto delle legittime diversità, accettandosi e sostenendosi gli uni gli altri quali membra dell’unico Corpo di Cristo (cfr Novo millennio ineunte, 48).

4. Con un cuore solo contempliamo Cristo nostra pace, che ha unito ciò che un tempo era diviso (cfr Ef 2, 14). In verità, il tempo ci sollecita e il nostro è un dovere sacro e urgente. Dobbiamo proclamare la Buona Novella della salvezza agli uomini e alle donne della nostra epoca. Dopo aver sperimentato il vuoto spirituale del comunismo e del materialismo, essi cercano il sentiero della vita e della felicità: sono assetati di Vangelo. Abbiamo una grande responsabilità nei loro confronti, ed essi si attendono da noi una testimonianza convincente di unità nella fede e nel reciproco amore. Poiché operiamo per la piena comunione, facciamo insieme quanto non dobbiamo fare separatamente. Lavoriamo insieme, nel pieno rispetto delle nostre distinte identità e tradizioni. Mai più cristiani contro cristiani, mai più Chiesa contro Chiesa! Camminiamo piuttosto insieme, mano nella mano, affinché il mondo del ventunesimo secolo e del nuovo millennio possa credere.

5. Gli Armeni hanno sempre avuto grande venerazione per la Croce di Cristo. Lungo i secoli, la Croce è stata la loro inesauribile sorgente di speranza in tempi di prova e di sofferenza. Una caratteristica toccante di questa terra sono le molte croci in forma di katchkar, che testimoniano la vostra salda fedeltà alla fede cristiana. In questo tempo dell’anno, la Chiesa armena celebra una delle sue grandi feste: l’Esaltazione della Santa Croce.

Innalzato da terra sul legno della Croce, Cristo Gesù, nostra salvezza, vita e risurrezione, ci attira tutti a sé (cfr Gv 12, 32).

O Croce di Cristo, nostra vera speranza! Ogni qualvolta il peccato e la debolezza umana sono causa di divisione, donaci la forza di perdonare e di riconciliarci gli uni con gli altri. O Croce di Cristo, sii il nostro sostegno mentre operiamo per restaurare la piena comunione fra quanti guardano al Signore crocifisso, quale nostro Salvatore e nostro Dio. Amen.

Vi ringrazio della vostra attenzione e invoco la benedizione di Dio sui nostri passi verso la piena unità.

[01482-01.01] [Testo originale: Armeno e Inglese]

 TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE

"How good and how pleasant it is, when brothers live in unity!" (Ps 133:1).

Praised be Jesus Christ!

1. Last Sunday Your Holiness and the entire Catholicosate of Etchmiadzin had the joy of consecrating this new Cathedral of Saint Gregory the Illuminator, as a worthy memorial of Armenia’s seventeen centuries of fidelity to our Lord and Saviour Jesus Christ. This splendid Shrine bears witness to the faith handed down to you by your fathers, and it speaks to us all of the hope which today inspires the Armenian people to look to the future with renewed trust and courageous determination.

For me, to preside with Your Holiness at this Ecumenical Liturgy is a source of great personal happiness. It is, as it were, the continuation of our common Prayer last year in Saint Peter’s Basilica in Rome. There, together, we venerated the relic of Saint Gregory the Illuminator, and today the Lord grants us to do so again here in Yerevan. I embrace Your Holiness with the same fraternal affection with which you embraced me on your visit to Rome.

I am grateful to Your Excellency the President of the Republic for your presence at this ecumenical meeting, a sign of our shared belief that the nation will thrive and prosper through the mutual respect and cooperation of all its institutions. My thoughts turn to His Holiness Aram I, the Catholicos of the Great House of Cilicia, and to the Armenian Patriarchs of Jerusalem and Constantinople: I send them greetings in the love of the Lord. I warmly greet the distinguished members of all the civic and religious bodies and communities represented here this evening.

2. When, through the preaching of Saint Gregory, King Tiridates III was converted, a new light dawned in the long history of the Armenian people. The universality of the faith was wedded inseparably to your national identity. The Christian faith rooted itself in a lasting way in this land, gathered around Mount Ararat, and the word of the Gospel profoundly influenced the language, family life, culture and art of the Armenian people.

While preserving and developing its own identity, the Armenian Church did not hesitate to engage in dialogue with other Christian traditions and to draw on their spiritual and cultural patrimony. At a very early stage, not only the Sacred Scriptures but the major works of the Syriac, Greek and Latin Fathers as well were translated into Armenian. The Armenian liturgy drew its inspiration from the liturgical traditions of the Church in the East and in the West. Thanks to this remarkable openness of spirit, the Armenian Church throughout its history has been particularly sensitive to the cause of Christian unity. Holy Patriarchs and Doctors such as Saint Isaac the Great, Babghèn of Otmus, Zakary of Dzag, Nersès Šnorhali, Nersès of Lambron, Stephen of Salmast, James of Julfa and others were renowned for their zeal for the unity of the Church.

In his letter to the Byzantine Emperor, Nersès Šnorhali set out principles of ecumenical dialogue which have lost none of their relevance. Among his many insights, he insists that the search for unity is a task of the whole community, and it cannot be allowed to create internal divisions within the Churches; he also teaches that there is a need for the healing of memories in order to overcome past resentments and prejudices; that mutual respect and a sense of equality between the spokesmen of the various Churches are indispensable; and finally he says that Christians must have a profound interior conviction that unity is essential, not for strategic advantage or political gain but for the sake of preaching the Gospel as Christ commands. The insights of the great Armenian Doctor are the fruit of remarkable pastoral wisdom, and I make them my own among you today.

3. "How good and how pleasant it is, when brothers live in unity" (Ps 133:1). When in 1970 Pope Paul VI and Catholicos Vazkèn I exchanged the kiss of peace, they launched a new era of fraternal contacts between the Church of Rome and the Armenian Church. Their meeting was soon followed by other important visits. I myself have very happy memories of the visits to Rome of His Holiness Karekin I, first as Catholicos of the Great House of Cilicia, then as Catholicos of Etchmiadzin. From the time he took part as an observer at the Second Vatican Council, Catholicos Karekin I never ceased to work to promote friendly relations and practical cooperation between Christians of East and West. I would have dearly loved to visit him here in Armenia, but his ill health and untimely death made that impossible. I give thanks to the Lord for having given us this great man of the Church, a wise and courageous champion of Christian unity.

Your Holiness, I am truly happy to be able to return the visit which you made to me in Rome, together with a delegation of Armenian Bishops and faithful. I saw your generous invitation to visit Armenia and Holy Etchmiadzin as a great sign of friendship and ecclesial charity. For long centuries contacts between the Armenian Apostolic Church and the Church of Rome were warm and intense, and the desire for full unity never disappeared altogether. My visit today testifies to our shared yearning to dwell in the full unity which the Lord wills for his disciples. We are close to Mount Ararat, where tradition says that the Ark of Noah came to rest. Like the dove returning with the olive branch of peace and love (cf. Gen 8:11), I pray that my visit will be a kind of consecration of the already rich and fruitful cooperation existing between us.

There is a real and intimate unity between the Catholic Church and the Church of Armenia since both preserve apostolic succession and have valid sacraments, particularly Baptism and the Eucharist. Our awareness of this must inspire us to work even harder to strengthen our ecumenical dialogue. In this dialogue of faith and love no question, no matter how difficult, should be overlooked. Conscious of the relevance of the ministry of the Bishop of Rome in the search for Christian unity, I have asked – in my Encyclical Letter Ut Unum Sint – that the Bishops and theologians of our Churches reflect on "forms in which this ministry may accomplish a service of love recognized by all concerned" (No. 95). The example of the first centuries of the Church’s life can guide us in this discernment. My ardent prayer is for a renewal of the "exchange of gifts" of which the Church of the first millennium gave such wonderful examples. May the memory of the time when the Church "breathed with both lungs" spur Christians of East and West to walk together in unity of faith and with respect for legitimate diversity, accepting and sustaining each other as members of the one Body of Christ (cf. Novo Millennio Ineunte, 48).

4. With one heart let us contemplate Christ who is our peace and who has brought about the unity of what was divided (cf. Eph 2:14). Time is pressing, and ours is a sacred and urgent task. We must proclaim the good news of salvation to the men and women of our time. Having experienced the spiritual emptiness of communism and materialism, they are seeking the path to life and happiness: they are thirsting for the Gospel. We have a great responsibility towards them, and they expect from us a convincing witness of unity of faith and mutual love. As we work for full communion, let us do together what we do not have to do separately. Let us work together, with full respect for our distinctive identities and traditions. Never again Christians against Christians, never again Church against Church! Rather, let us walk together, hand in hand, so that the world of the Twenty-first Century and the new Millennium may believe!

5. The Armenian people have always had great veneration for the Cross of Christ. Down the centuries the Cross has been their unfailing source of hope in times of trial and suffering. A striking feature of this land are the many crosses in the form of the khatchkar, testifying to your steadfast fidelity to the Christian faith. At this time of year, the Armenian Church celebrates one of its great feasts: the Exaltation of the Holy Cross.

Lifted up from the earth on the wood of the Cross, Jesus Christ, our salvation, our life and our resurrection, draws us all to himself (cf. Jn 12:32). O Cross of Christ, our true hope! Wherever sin and human weakness have caused division, give us strength to forgive and be reconciled with one another. O Cross of Christ, be our strength as we work to restore full communion between all who look upon the Crucified Lord as our Saviour and our God. Amen.

I am grateful for your attention and I invoke God’s blessings upon our steps towards full unity!

[01482-02.01] [Original text: Armenian and English]