VISITA PASTORALE DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II IN KAZAKHSTAN E VIAGGIO APOSTOLICO IN ARMENIA IN OCCASIONE DEI 1700 ANNI DEL CRISTIANESIMO NEL PAESE (22-27 SETTEMBRE 2001) - (VI) ● SANTA MESSA CON SACERDOTI, RELIGIOSI, RELIGIOSE E SEMINARISTI, NELLA CATTEDRALE DELLA MADONNA DEL PERPETUO SOCCORSO AD ASTANA
TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA
TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
Alle 9.30 di questa mattina, dopo aver lasciato la Nunziatura Apostolica, il Santo Padre Giovanni Paolo II si reca nella Cattedrale della Madonna del Perpetuo Soccorso ad Astana, per la Santa Messa con i Sacerdoti, i Religiosi, le Religiose e i Seminaristi del Kazakhstan e dell’Asia Centrale.
Concelebrano con il Papa gli Ordinari del Kazakhstan ed i Sacerdoti operanti nel Paese, insieme ai Cardinali, ai Vescovi e ai Sacerdoti del seguito papale.
Nel corso della celebrazione Giovanni Paolo II pronuncia l’omelia in lingua russa.
Al termine della Santa Messa, il Papa affida il Kazakhstan alla protezione della Beata Vergine Maria, Regina della Pace.
Pubblichiamo di seguito la traduzione in italiano e inglese dell’omelia pronunciata dal Santo Padre:
TRADUZIONE IN LINGUA ITALIANA
1. Il popolo "... ricostruisca il tempio del Signore Dio d'Israele" (Esd 1,3).
Con queste parole Ciro re di Persia, nel concedere la libertà al "resto di Israele", dava ai profughi l'ordine di innalzare nuovamente in Gerusalemme il luogo santo, dove il nome di Dio potesse essere adorato. Era un dovere che gli esuli accolsero con gioia, e di buona lena si incamminarono verso la terra dei loro padri.
Possiamo immaginare il tumulto dei cuori, la fretta dei preparativi, i pianti di gioia, gli inni di gratitudine che precedettero e accompagnarono i passi del ritorno degli esuli in Patria. Dopo le lacrime dell'esilio, "il resto di Israele", affrettandosi verso Gerusalemme, città di Dio, poteva nuovamente sorridere. Innalzava finalmente i suoi canti riconoscenti per le grandi meraviglie compiute dal Signore in mezzo a loro (cfr Sal 125,1-2).
2. Sentimenti analoghi vibrano oggi in noi, mentre celebriamo questa Eucaristia in onore della Beata Vergine Maria, Regina della pace. Dopo l'oppressione comunista, anche voi - in certo modo come esuli - di nuovo tornate a proclamare insieme la fede comune. A dieci anni dalla riconquistata libertà, ricordando le vicissitudini affrontate in passato, oggi rendete lode alla provvidente misericordia del Signore, che non abbandona i suoi figli nella prova. Da lungo tempo desideravo l'incontro odierno per condividere questa vostra gioia.
Saluto con fraterno affetto Mons. Jan Paweł Lenga, Vescovo di Karagandà, che quest'anno ricorda i suoi dieci anni di Episcopato. Lo ringrazio per le cortesi parole rivoltemi e mi unisco a lui nel dare lode a Dio per il bene operato a servizio della Chiesa. Avrei voluto visitare anche la sua diocesi, ma le circostanze non me l'hanno permesso. Saluto con pari affetto Mons. Tomasz Peta, Amministratore Apostolico di Astanà; Mons. Henry Theophilus Howaniec, Amministratore Apostolico di Almaty; Mons. Wasyl Medwit, della Chiesa greco-cattolica, e il Reverendo Janusz Kaleta, Amministratore Apostolico di Atyrau. Saluto i Superiori delle Missioni sui iuris, Mons. Joseph Werth e tutti i carissimi Presuli qui presenti.
Il mio cordiale pensiero si rivolge a voi, cari sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi del Kazakhstan, dell'Uzbekistan, del Tadjikistan, del Kyrgyzstan, del Turkmenistan, della Russia e di altri Paesi. Tutti vi abbraccio, con vivo apprezzamento per l'impegno generoso con cui attendete ai vostri compiti. Attraverso di voi intendo raggiungere le vostre comunità e i singoli cristiani che le compongono. Carissimi Fratelli e Sorelle! Aderite sempre con fedeltà al Signore della vita e insieme ricostruite il suo tempio vivo, che è la Comunità ecclesiale diffusa in questa vasta regione eurasiatica.
3. Ricostruire il tempio del Signore: ecco la missione alla quale siete stati chiamati e alla quale vi siete consacrati. Penso, in questo momento, alle vostre comunità un tempo disperse e tribolate. Mi sono presenti allo spirito e al cuore le indicibili prove di quanti hanno patito non solo l'esilio fisico e la prigionia, ma il pubblico scherno e la violenza per non aver voluto rinunciare alla fede.
Voglio qui ricordare, tra gli altri, il Beato Oleks Zarytsky, sacerdote e martire, morto nel gulag di Dolynka; il Beato Mons. Mykyta Budka, morto nel gulag di Karadzar; Mons. Alexander Chira, per oltre vent'anni Pastore amato e generoso di Karagandà, che nell'ultima sua lettera scriveva: "Consegno il mio corpo alla terra, il mio spirito al Signore, il mio cuore lo dono a Roma. Sì, con l'ultimo respiro della mia vita voglio confessare la mia piena fedeltà al Vicario di Cristo sulla terra". Ricordo ancora il P. Tadeusz Federowicz, che conosco personalmente, e che può qualificarsi "inventore" d'una nuova pastorale della deportazione. Ho il suo libro qui con me.
In questa Eucaristia li ricordiamo tutti con riconoscenza e con affetto. Sui loro patimenti, uniti alla croce di Cristo, è fiorita la nuova vita della vostra comunità cristiana.
4. Come i profughi ritornati a Gerusalemme, troverete anche voi "i fratelli che vi aiuteranno validamente" (cfr Esd 1,6). La mia presenza tra voi, oggi, vuole essere garanzia della solidarietà della Chiesa universale. La non facile impresa è affidata, con l'indispensabile aiuto di Dio, alla vostra sagacia, al vostro impegno, alla vostra sensibilità. Siete chiamati ad essere voi i carpentieri, i fabbri, i muratori, le maestranze del tempio spirituale da ricostruire.
Cari sacerdoti, lo spirito di comunione e di reale collaborazione, che saprete attuare tra di voi e con i fedeli laici, costituisce il segreto per la riuscita di questa esaltante e ardua missione. Vi orienti nel ministero quotidiano il comandamento nuovo consegnatoci da Cristo alla vigilia della sua Passione: "Amatevi gli uni gli altri" (Gv 13,34). Questo è il tema che opportunamente avete scelto per la mia visita pastorale. Esso vi impegna a vivere concretamente il mistero della comunione nell'annuncio della Parola di vita, nell'animazione del culto liturgico, nella cura delle giovani generazioni, nella preparazione dei catechisti, nella promozione delle associazioni cattoliche, nell'attenzione verso quanti sono in difficoltà materiali o spirituali. È così che voi, in unione con i vostri Ordinari ed insieme ai religiosi ed alle religiose, potrete ricostruire il tempio del Signore!
5. In questi dieci anni di ritrovata libertà molto è stato fatto grazie all'infaticabile zelo evangelizzatore che vi contraddistingue. Alle strutture esteriori, però, deve corrispondere un solido fondamento interiore. Importante è, perciò, curare la formazione teologica, ascetica e pastorale di coloro che il Signore chiama al suo servizio.
Sono lieto del nuovo seminario aperto a Karagandà per accogliere i seminaristi delle Repubbliche dell'Asia Centrale. Insieme al Centro Diocesano, l'avete voluto dedicare ad uno zelante sacerdote, il P. Władysław Bukowiński, che durante i duri anni del comunismo ha continuato ad esercitare in quella città il suo ministero. "Siamo stati ordinati non per risparmiarci – scriveva nelle sue memorie – ma, se è necessario, per dare la nostra vita per le pecorelle di Cristo". Io stesso ho avuto la fortuna di conoscerlo e di apprezzarne la fede profonda, la sapiente parola, l'incrollabile fiducia nella potenza di Dio. A lui e a tutti coloro che hanno consumato la vita fra stenti e persecuzioni intendo oggi rendere omaggio a nome di tutta la Chiesa.
Questi fedeli operai del Vangelo siano di esempio e di incoraggiamento anche per voi, carissimi consacrati e consacrate, chiamati ad essere segno di gratuità e di amore nel servizio al Regno di Dio. "La vita della Chiesa – osservavo nell'Esortazione apostolica post-sinodale Vita consecrata – e la stessa società hanno bisogno di persone capaci di dedicarsi totalmente a Dio e agli altri per amore di Dio" (n. 105). A voi è chiesto di offrire quel supplemento d'anima di cui tanto ha bisogno il mondo.
6. Prima che annunciatori, occorre essere testimoni credibili del Vangelo. Ora che il clima politico e sociale si è affrancato dal peso dell'oppressione totalitaria – ed è auspicabile che mai più il potere cerchi di limitare la libertà dei credenti – resta forte la necessità che ogni discepolo di Cristo sia luce del mondo e sale della terra (cfr Mt 4, 13-14). Anzi, tale bisogno è ancor più urgente a causa della devastazione spirituale lasciata in eredità dall'ateismo militante, come pure a causa dei pericoli insiti nell'edonismo e nel consumismo di oggi.
Alla forza della testimonianza, cari Fratelli e Sorelle, unite la dolcezza del dialogo. Il Kazakhstan è Terra abitata da gente d'origine diversa, appartenente a varie religioni, erede di illustri culture e di una ricca storia. Il saggio Abai Kunanbai, voce autorevole della cultura kazaka, con larghezza di cuore affermava: "Proprio perché adoriamo pienamente Dio ed abbiamo fede in lui, non abbiamo il diritto di dire che dobbiamo obbligare gli altri a credere e ad adorarlo" (Detti, cap. 45).
La Chiesa non vuole imporre la propria fede agli altri. È chiaro, tuttavia, che questo non esime i discepoli del Signore dal comunicare agli altri il grande dono del quale essi sono partecipi: la vita in Cristo. "Non dobbiamo avere paura che possa costituire offesa all'altrui identità ciò che è invece annuncio gioioso di un dono che è per tutti e che va a tutti proposto con il più grande rispetto della libertà di ciascuno: il dono della rivelazione del Dio-Amore" (Novo millennio ineunte, 56). L'amore di Dio, più lo si testimonia, più aumenta nel cuore.
7. Carissimi Fratelli e Sorelle, quando la vostra fatica apostolica si irrora di lacrime, quando il cammino si fa ripido ed aspro, pensate al bene che il Signore sta compiendo attraverso le vostre mani, la vostra parola, il vostro cuore. Egli vi ha posti qui come dono per il prossimo. Sappiate essere all'altezza di questa missione.
E Tu, Maria Regina della pace, sostieni questi tuoi figli. A Te oggi essi si affidano con rinnovata confidenza. Madonna del Perpetuo Soccorso, che da questa Cattedrale abbracci l'intera Comunità ecclesiale, aiuta i credenti ad impegnarsi generosamente nella testimonianza della loro fede, perché il Vangelo del tuo Figlio risuoni in ogni angolo di queste amate e sconfinate terre. Amen!
[01476-01.01] [Testo originale: Russo]
TRADUZIONE IN LINGUA INGLESE
1. Let the people "...rebuild the house of the Lord, the God of Israel" (Ezra 1:3)
With these words Cyrus, King of Persia, granted freedom to "the remnant of Israel" and ordered the exiles to rebuild in Jerusalem the holy place, where the name of God could be adored. This was a duty the exiles gladly accepted, and they set out with enthusiasm towards the land of their fathers.
We can imagine the excitement of their hearts, the haste of their preparations, the tears of joy and the hymns of gratitude which preceded and accompanied their steps as they returned to their Homeland. After the tears of the Exile, "the remnant of Israel" could laugh once again, as they hastened towards Jerusalem, the City of God. At last they could sing their songs of thanksgiving for the great wonders which the Lord had worked in their midst (cf. Ps 126:1-2).
2. Similar feelings fill our own hearts today, as we celebrate this Eucharist in honour of the Blessed Virgin Mary, Queen of Peace. After the Communist oppression, you too – not unlike exiles – once more return to proclaim together your common faith. Today, ten years after regaining your freedom, you remember the struggles of the past and you sing praise to the provident mercy of the Lord, who does not abandon his children in their distress. I have long looked forward to today’s meeting in order to share your joy.
With fraternal affection I greet Bishop Jan Paweł Lenga of Karaganda, who this year celebrates his tenth anniversary as a Bishop. I thank him for the gracious words which he addressed to me and I join him in thanking God for the good he has done in service of the Church. I would also have liked to visit his Diocese, but that was not possible. With similar affection I greet Bishop Tomasz Peta, the Apostolic Administrator of Astana, Bishop Henry Theophilus Howaniec, the Apostolic Administrator of Almaty, and the Reverend Janusz Kaleta, the Apostolic Administrator of Atyrau. I greet the Superiors of the Missions sui iuris and all my Brother Bishops here present.
My cordial greeting also goes to you, dear priests, men and women religious and seminarians from Kazakhstan, Uzbekistan, Tajikistan, Kyrgyzstan and Turkmenistan. I embrace you all with deep appreciation for the generosity and fidelity with which you carry out your labours. Through you I wish to be present to your communities and the individual Christians who form them. Dear Brothers and Sisters! Remain ever faithful to the Lord of life. Together rebuild his living temple which is the ecclesial community spread throughout this vast Eurasian region.
3. Rebuild the temple of the Lord: this is the mission to which you have been called and to which you have devoted yourselves. My thoughts turn at this time to your communities, once scattered and sorely tried. In heart and in spirit I relive the unspeakable trials of all those who suffered not only physical exile and imprisonment, but public ridicule and violence because they chose not to renounce the faith.
Here I wish to mention, among others, Blessed Oleksa Zarytsky, priest and martyr, who died in the gulag of Dolynka; Blessed Mykyta Budka, Bishop, who died in the gulag of Karadzar; Bishop Alexander Chira, for over twenty years the beloved and generous Pastor of Karaganda, who in his last letter wrote: "I consign my body to the earth, my spirit to the Lord, but my heart I give to Rome. Yes, with my final breath I desire to profess my complete fidelity to Christ’s Vicar on earth". I also recall Father Tadeusz Federowicz, whom I know personally and who "invented" a new form of pastoral care for deportees.
In this Eucharist, I remember them all with gratitude and affection. From their sufferings in union with the Cross of Christ the new life of your Christian community has blossomed.
4. Like the exiles who returned to Jerusalem, you too will find "brothers and sisters who will help you greatly" (cf. Ezra 1:6). My presence among you today is meant to be a pledge of solidarity on the part of the universal Church. The challenging work before you depends, with God’s necessary help, upon your wisdom, your commitment, and your sensitivity. You are called to be the carpenters, the builders, the masons and the craftsmen of the spiritual temple to be rebuilt.
Dear priests, the spirit of communion and of genuine cooperation which you must foster between yourselves and the lay faithful will be the secret to the success of this exalting and demanding mission. In your daily ministry let yourselves be guided by the new commandment given us by Christ on the eve of his Passion: "Love one another" (Jn 13:34). This is the theme which you have fittingly chosen for my Pastoral Visit. It commits you to living the mystery of communion in the proclamation of the word of life, in liturgical worship, in caring for the younger generation, in training catechists, in promoting Catholic associations and in showing concern for those in material or spiritual need. In this way, in union with your Ordinaries and together with the men and women religious, you will be able to rebuild the temple of the Lord!.
5. During these ten years of rediscovered liberty much has been accomplished, thanks to the tireless zeal for evangelization which has been your hallmark. External structures, however, must be matched by a solid interior foundation. It is important, then, to ensure the theological, spiritual and pastoral formation of those whom the Lord calls to his service.
I am very pleased at the opening of the new seminary in Karaganda for seminarians from the Republics of Central Asia. Together with the Diocesan Centre, you have chosen to dedicate it to a zealous priest, Father Władysław Bukowiński, who throughout the difficult years of Communism continued to exercise his ministry in that city. "We have been ordained not to spare ourselves" – he wrote in his memoirs – "but, if necessary, to give our lives for the flock of Christ". I myself had the good fortune to know him and to appreciate his deep faith, the wisdom of his words, and his unshakeable confidence in God’s power. To him and to all those who spent their lives amid hardships and persecutions I wish to pay homage today, in the name of the whole Church.
May these faithful servants of the Gospel be an example and an encouragement for you too, dear consecrated men and women, who are called to be a sign of complete self-giving and love in the service of God’s Kingdom. As I observed in my Post-Synodal Apostolic Exhortation Vita Consecrata: "The Church and society itself need people capable of devoting themselves totally to God and to others for the love of God" (No. 105). You are asked to offer that spiritual uplift which the world so greatly needs.
6. Before being heralds of the Gospel, we need to be credible witnesses. Now that the political and social climate has been freed from the burden of totalitarian oppression – and let us hope that the State will never again seek to limit the freedom of believers – there is a great need for every disciple of Christ to be the light of the world and the salt of the earth (cf. Mt 4:13-14). Indeed, this need is all the more urgent because of the spiritual devastation left behind by militant atheism, as well as the dangers present in today’s hedonism and consumerism.
To the power of witness, dear Brothers and Sisters, add the gentleness of dialogue. Kazakhstan is a land of people of diverse origins, followers of different religions, heirs to illustrious cultures and a rich history. The sage Abai Kunanbai, an authoritative representative of Kazakh culture, spoke from a great heart when he said: "Precisely because we worship God fully and have faith in him, we have no right to claim that we must force others to believe in him and worship him" (Sayings, Chapter 45).
The Church has no wish to impose her own faith on others. It is clear, however, that this does not exempt the Lord’s disciples from communicating to others the great gift which they have received: life in Christ. "We should not fear that it will be considered an offence to the identity of others what is rather the joyful proclamation of a gift meant for all, and to be offered to all with the greatest respect for the freedom of each one: the gift of the revelation of the God who is love" (Novo Millennio Ineunte, 56). The more we bear witness to the love of God, the more that love grows in our hearts.
7. Dear Brothers and Sisters, when your apostolic efforts are bathed in tears, when the road becomes steep and rocky, think of the good things the Lord is accomplishing by using your hands, your words and your hearts. He has put you here as a gift for your neighbour. May you ever be worthy of this mission.
Mary, Queen of Peace, sustain these your children. Today they entrust themselves to you with renewed confidence. Our Lady of Perpetual Help, from this Cathedral you embrace the whole Catholic community. Help the faithful to be generous and committed in bearing witness to their faith, so that the Gospel of your Son may resound throughout these vast, immense and beloved lands. Amen!
[01476-02.01] [Original text: Russian]