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NOTIFICAZIONE DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE CIRCA ALCUNI SCRITTI DEL REV.DO P. MARCIANO VIDAL, C. SS.R., 15.05.2001


NOTIFICAZIONE DELLA CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE CIRCA ALCUNI SCRITTI DEL REV.DO P. MARCIANO VIDAL, C. SS.R.

NOTIFICAZIONE

COMMENTO ALLA NOTIFICAZIONE

Pubblichiamo di seguito in lingua italiana e spagnola, il testo della Notificazione della Congregazione per la Dottrina della Fede circa alcuni scritti del Rev.do P. Marciano Vidal, C.Ss.R., e una nota in margine alla Notificazione.

Nel sito www.vatican.va (sezione Curia Romana) il testo è disponibile anche nella versione inglese, francese, tedesca e portoghese.

NOTIFICAZIONE

TESTO IN LINGUA ITALIANA

TESTO IN LINGUA SPAGNOLA

TESTO IN LINGUA ITALIANA  

PREAMBOLO

Uno dei compiti affidati alla Congregazione per la Dottrina della Fede è di vigilare e custodire la dottrina della fede, affinché il Popolo di Dio rimanga fedele all’insegnamento ricevuto. Talvolta la Congregazione deve procedere a un esame dottrinale e segnalare, anche con una notificazione pubblica, le ambiguità o gli errori contenuti in opere di ampia diffusione che possono nuocere alla fede del Popolo di Dio, affinché sia fatta l’opportuna rettifica. Tale notificazione, in alcune occasioni, si rende necessaria anche quando l’autore è disponibile per la rettifica o addirittura questa sia già in atto.

In seguito ad uno studio condotto sulle opere Diccionario de ética teológica, La propuesta moral de Juan Pablo II. Comentario teológico-moral de la encíclica Veritatis Splendor ed i volumi di Moral de actitudes, sia nella versione spagnola, sia nell’ultima versione italiana del R.P. Marciano Vidal C.Ss.R., la Congregazione, a motivo degli errori e delle ambiguità riscontrati, nonché della loro diffusione e dell’influsso esercitato soprattutto nella formazione teologica, decise di approfondire l’esame delle suddette opere con procedura ordinaria, secondo quanto stabilito dalla Agendi Ratio in Doctrinarum Examine.

In data 13 dicembre 1997 essa inviò all’Autore, tramite il R.P. Joseph William Tobin, Superiore Generale della Congregazione del Santissimo Redentore, il testo della Contestazione ufficiale. Questa si componeva di una introduzione concernente la fondazione cristologica dell’etica teologica, seguita da due parti, distinte rispettivamente in questioni di carattere epistemologico (rapporto S. Scrittura-Tradizione-Magistero; rapporto Teologo-Magistero), e in errori di carattere particolare (Persona-Sessualità-Bioetica; Morale sociale: Escatologia-Utopia).

Il 4 giugno 1998 è pervenuto il testo della Respuesta redatta dal R.P. Marciano Vidal, coadiuvato dal Consigliere da lui scelto, e corredata dalla lettera accompagnatoria del Superiore Generale. Esso fu esaminato dalle istanze proprie della Congregazione che, non ritenendolo soddisfacente, offrì a P. Vidal un’ulteriore possibilità di chiarificazione del proprio pensiero sui punti contestati. Il nuovo testo di domande fu sottoposto al giudizio della Sessione Ordinaria del 20 gennaio 1999, che decise di concedere nuovamente all’Autore i tre mesi previsti dalla Ratio Agendi. Tale procedura, unitamente al suddetto testo, fu approvata dal Santo Padre nell’Udienza concessa al Cardinale Prefetto il 5 febbraio 1999.

La nuova documentazione e la relativa lettera accompagnatoria furono consegnate al Superiore Generale dei Redentoristi in un incontro presso il Dicastero (7 giugno 1999). In detta occasione furono comunicati l’esito dell’esame della precedente Respuesta e la decisione della Congregazione per la Dottrina della Fede di riformulare, in via eccezionale, le questioni discusse in modo da ottenere risposte più puntuali e precise. Inoltre, mentre veniva manifestata la viva speranza che P. Vidal comprendesse questa ulteriore possibilità offertagli come un invito ad una riflessione più approfondita per il bene suo e della Chiesa, in nome della quale svolge il suo servizio di docenza teologica, si decise che le risposte di P. Vidal sarebbero dovute pervenire alla Congregazione per la Dottrina della Fede in forma personale, inequivocabile e succinta entro il 30 settembre successivo.

Informato del nuovo passo intrapreso, P. Vidal, tramite il proprio Ordinario, diede assicurazione che si sarebbe attenuto alle richieste avanzate dalla Congregazione. In data 28 settembre 1999 il Superiore Generale ha consegnato personalmente al Cardinale Prefetto il testo della Respuesta a las «Preguntas dirigidas al Rev. P. Marciano Vidal C.Ss.R.», unitamente al proprio parere personale. Il testo della seconda Respuesta è stato quindi sottoposto al giudizio delle istanze proprie della Congregazione, secondo quanto stabilito dalla Ratio Agendi.

Il 10 novembre 1999 la Sessione Ordinaria della Congregazione, sulla base di tutte le fasi dell’esame dei testi e dell’intera documentazione prodotta, ritenne conclusa la procedura eccezionale adottata. La Congregazione per la Dottrina della Fede, prendendo atto con soddisfazione del fatto che l’Autore aveva manifestato la sua disponibilità a correggere le ambiguità riguardanti la procreazione artificiale eterologa, l’aborto terapeutico ed eugenesico e le leggi sull’aborto, e dichiarato la propria adesione al Magistero negli aspetti dottrinali contestati, senza però proporre modificazioni concrete e sostanziali circa le altre posizioni contenute nella Contestazione, ritenne necessario che si redigesse il testo di una Notificazione. Questa avrebbe dovuto essere presentata a P. Vidal nel contesto di un colloquio, mirato ad ottenere il riconoscimento esplicito degli errori e delle ambiguità riscontrati, e a verificare, secondo i principi confessati dall’Autore stesso, l’assenso alla rielaborazione dei propri libri, secondo le modalità stabilite dalla Congregazione. Inoltre, il testo della Notificazione, completato con le integrazioni attestanti l’esito dell’incontro ed approvato dalla Sessione Ordinaria, doveva essere in seguito pubblicato. Queste decisioni furono confermate dal Santo Padre nell’Udienza concessa all’Ecc.mo Segretario il 12 novembre 1999.

Il 2 giugno 2000 è avvenuto il previsto incontro, al quale hanno partecipato l’Em.mo Cardinale Prefetto, l’Ecc.mo Segretario, S.E. Mons. Antonio Cañizares Llovera, Arcivescovo di Granada e Membro della Congregazione, in rappresentanza della Conferenza Episcopale Spagnola, ed alcuni Delegati nominati dal Dicastero; il R.P. Vidal era accompagnato dal R.P. Joseph William Tobin e dal R.P. Joseph Pfab, C.Ss.R., già Superiore Generale e Consigliere scelto per l’occasione. In seguito alla formalizzazione della Notificazione e ad un sereno e proficuo colloquio in merito sia alle questioni prettamente dottrinali sia ai prescritti adempimenti procedurali, il R.P. Marciano Vidal ha accettato il giudizio dottrinale formulato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede nonché l’impegno formale a rielaborare i propri scritti, secondo le modalità stabilite.

Informati dell’esito positivo dell’incontro, gli Em.mi ed Ecc.mi Padri della Sessione Ordinaria, rispettivamente del 14 giugno 2000 e del 7 febbraio corrente, hanno preso atto con soddisfazione della adesione del R.P. Vidal ed hanno comunque confermato la procedura prevista, e cioè la pubblicazione della presente Notificazione. Decidevano, inoltre, che le edizioni de Moral de actitudes (compreso anche il volume sulla morale sociale), del Diccionario de ética teológica, de La propuesta moral de Juan Pablo II e delle rispettive traduzioni in altre lingue anteriori alla data della Notificazione stessa non possono essere adottate per la formazione teologica, e che l’Autore rielaborasse, in particolare, Moral de actitudes, sotto la supervisione della Commissione Dottrinale della Conferenza Episcopale Spagnola. Il testo della presente Notificazione con le relative clausole, tramite il Superiore Generale, è stato trasmesso al R.P. Vidal, che lo ha accettato apponendovi la propria firma.

Questa risoluzione, che non intende giudicare la persona dell’Autore, la sua intenzione né la totalità della sua opera e del suo ministero teologico, ma soltanto gli scritti presi in esame, è volta a tutelare il bene presente e futuro dei fedeli, dei pastori e dei professori di teologia morale, soprattutto di quanti si sono formati secondo la teologia dell’Autore o che comunque si riconoscono nelle stesse prospettive teologico-morali, affinché essi si allontanino dagli errori o lacune nei quali sono stati formati o persistono tuttora, nonché dalle conseguenze pratiche che tali posizioni hanno in ambito pastorale e ministeriale.

NOTA DOTTRINALE

1.Valutazione generale

Moral de actitudes è diviso in tre volumi. Il primo è dedicato alla morale fondamentale.1 Il secondo è diviso in due tomi, dedicati rispettivamente alla morale della persona e della bioetica teologica2 e alla morale dell’amore e della sessualità.3 Il terzo volume si occupa della morale sociale.4 Il Diccionario de ética teológica5 offre uno studio più conciso, ma sufficientemente particolareggiato, dei principali concetti e temi della morale cristiana.

In Moral de actitudes si avverte la preoccupazione pastorale per un dialogo con «l’uomo autonomo, secolare, e concreto».6 Questo scopo viene perseguito attraverso un atteggiamento di benignità e comprensione, attento al carattere graduale e progressivo della vita e dell’educazione morale, e mediante la ricerca di una mediazione che tenti di attenuare posizioni considerate estreme, tenendo presenti i dati offerti dalle scienze umane e da diversi orientamenti culturali attuali. Però tale lodevole preoccupazione spesso non raggiunge lo scopo inteso, perché prende il sopravvento su aspetti che sono essenziali e costitutivi per una integrale presentazione della dottrina morale della Chiesa; in modo particolare: l’impiego di una corretta metodologia teologica, l’adeguata definizione della moralità oggettiva delle azioni, la precisione del linguaggio e la completezza delle argomentazioni.

Come afferma l’Autore, Moral de actitudes è costruito sulla «opzione per il paradigma di "autonomia teonoma" reinterpretato dall’"etica di liberazione"».7 Egli si propone di operare una personale revisione di questo paradigma, ma non riesce ad evitare alcuni degli errori legati al modello scelto, che sostanzialmente corrispondono a quelli segnalati dall’Enciclica Veritatis splendor.8 Non si considera infatti che, pur nella loro distinzione, fede e ragione hanno una sorgente e un fine comuni, e quindi che esse non si rapportano a vicenda solo per delimitare in modo sempre esclusivo ed escludente i loro ambiti di competenza, oppure per estenderli l’una a discapito dell’altra in un’ottica di emancipazione. La «"ratio" normativa»9 non si concepisce come qualcosa che sta tra l’uomo e Dio come un anello che li unisce,10 ma piuttosto come un diaframma che si frappone tra l’uomo e Dio, e perciò non risulta più possibile porre nella "Sapienza divina" il fondamento ontologico (e perciò oggettivo) della competenza morale che ogni uomo indubbiamente possiede,11 con la conseguenza di non ammettere che la ragione morale possa essere «illuminata dalla rivelazione divina e dalla fede».12

Perciò l’Autore ripete più volte una delle affermazioni determinanti dell’impostazione dell’opera: «Il proprio e lo specifico dell’êthos cristiano non va cercato nell’ordine dei contenuti concreti dell’impegno morale», ma «nell’ordine della cosmovisione che accompagna» quei contenuti.13 Solo sullo sfondo di tali affermazioni si deve capire — come precisa l’Autore — che cosa significa «il riferimento a Gesù di Nazaret in quanto orizzonte o nuovo ambito di comprensione e di esperienza vissuta della realtà»,14 oppure in che senso si sostiene che la fede offre un «influsso», un «contesto», un «orientamento»,15 un «nuovo ambito di riferimento» e una «dimensione».16 E anche se l’Autore afferma occasionalmente che «la norma decisiva dell’etica cristiana è Cristo» e che «non c’è altra norma per il cristiano che l’evento Gesù di Nazaret»,17 tuttavia il suo tentativo di fondazione cristologica non riesce a concedere normatività etica concreta alla rivelazione di Dio in Cristo.18 La fondazione cristologica dell’etica viene ammessa in quanto «ridimensiona la normativa intramondana del personalismo di alterità politica».19

L’etica cristiana che ne risulta è «un’etica influenzata dalla fede»,20 ma si tratta di un influsso debole, perché si giustappone di fatto ad una razionalità secolarizzata tutta progettata su un piano orizzontale. Pertanto, in Moral de actitudes non è sufficientemente messa in rilievo la dimensione verticale ascendente della vita morale cristiana, e i grandi temi cristiani quali la redenzione, la croce, la grazia, le virtù teologali, la preghiera, le beatitudini, la risurrezione, il giudizio, la vita eterna, oltre ad essere poco presenti, sono quasi ininfluenti sulla presentazione dei contenuti morali.

Consequenziale al modello morale assunto è l’attribuzione di un ruolo insufficiente alla Tradizione e al Magistero morale della Chiesa, che vengono filtrati attraverso le frequenti «opzioni» e «preferenze» dell’Autore.21 Dal commento all’Enciclica Veritatis splendor, in modo particolare, si evince la concezione manchevole della competenza morale del Magistero ecclesiastico.22 L’Autore, pur informando i lettori sulla dottrina ecclesiale, si allontana criticamente da essa nella soluzione data a diversi problemi di morale speciale, come si vedrà di seguito.

Si deve considerare, infine, la tendenza ad utilizzare il metodo del conflitto di valori o di beni nello studio dei diversi problemi etici, nonché il ruolo svolto dai riferimenti al livello ontico o pre-morale.23 Forme che conducono a ridurre alcuni problemi teoretici e pratici, quali il rapporto tra libertà e verità, tra coscienza e legge, tra opzione fondamentale e scelte concrete, che non possono essere risolti positivamente per la mancata coerente presa di posizione dell’Autore. Sul piano pratico, egli non accetta la dottrina tradizionale sulle azioni intrinsecamente cattive e sul valore assoluto delle norme che vietano tali azioni.

2.Questioni particolari

L’Autore ritiene che i metodi intercettivi, vale a dire, quelli che agiscono dopo la fecondazione e prima dell’impianto, non sono abortivi. Generalmente non si possono considerare come procedimenti moralmente leciti per controllare la natalità,24 tuttavia sono moralmente accettabili «in situazioni di notevole gravità, quando è impossibile ricorrere ad altri mezzi».25 L’Autore applica questo stesso criterio di giudizio alla sterilizzazione, affermando che in alcune situazioni esso non pone difficoltà morale, «dato che l’intenzione è quella di realizzare in modo responsabile un valore umano».26 In entrambi i casi si tratta di giudizi contrari alla dottrina della Chiesa.27

L’Autore sostiene che la dottrina della Chiesa sull’omosessualità possiede una certa coerenza, però non gode di un sufficiente fondamento biblico28 e risente di importanti condizionamenti29 ed ambiguità.30 In essa si riscontrano i difetti presenti «in tutto l’edificio storico dell’etica sessuale cristiana».31 Nella valutazione morale dell’omosessualità — aggiunge l’Autore — si deve «adottare un atteggiamento di provvisorietà» e dopo «si deve formulare in chiave di ricerca e di apertura».32 Per l’omosessuale irreversibile un giudizio cristiano coerente «non passa necessariamente attraverso l’unica via di uscita di una morale rigida: passaggio all’eterosessualità o astinenza totale».33 Tali giudizi morali non sono compatibili con la dottrina cattolica, secondo la quale esiste una valutazione precisa e ferma sulla moralità oggettiva delle relazioni sessuali tra persone dello stesso sesso.34 Il grado di imputabilità morale soggettiva che tali relazioni possono avere in ogni caso singolo è una questione che qui non è in discussione.

L’Autore sostiene che non è stata provata la «gravità ex toto genere suo della masturbazione».35 Alcune condizioni personali sono in realtà elementi oggettivi di questo comportamento e pertanto «non è corretto fare "astrazione oggettiva" dai condizionamenti personali e fare una valutazione universalmente valida a partire dal punto di vista oggettivo».36 «Non ogni atto di masturbazione è "materia oggettivamente grave"».37 Non sarebbe corretto il giudizio della morale cattolica, secondo la quale gli atti di autoerotismo sono oggettivamente azioni intrinsecamente cattive.38

Per quanto concerne la procreazione responsabile, l’Autore afferma che nessuno dei metodi attuali per la regolazione delle nascite è buono sotto tutti gli aspetti. «È incoerente e rischioso far propendere la valutazione morale per un metodo determinato».39 Benché al Magistero della Chiesa spetti orientare positivamente e negativamente l’uso delle diverse soluzioni concrete,40 se venissero a crearsi conflitti di coscienza, «continuerà a essere valido il principio basilare dell’inviolabilità della coscienza morale».41 Ma anche prescindendo da queste situazioni conflittuali, «l’utilizzazione morale dei metodi strettamente anticoncezionali deve essere oggetto di discernimento responsabile dei coniugi».42 Fra i diversi criteri offerti dall’Autore per orientare tale discernimento,43 non viene annoverato il valore oggettivo e vincolante della norma morale contenuta nell’enciclica Humanae vitae44 e nei documenti del Magistero pontificio precedente45 e susseguente.46

Sulla fecondazione in vitro omologa, l’Autore si allontana dalla dottrina ecclesiale.47 «Per quanto riguarda la fecondazione pienamente intraconiugale ("caso semplice"), riteniamo che non può essere rifiutata...».48 Neutralizzando per quanto possibile la probabilità di rischi per il nascituro, essendoci una ragionevole proporzione tra i fallimenti e il successo fondatamente sperato, e sempre rispettando la condizione umana dell’embrione, «la fecondazione artificiale omologa non può essere dichiarata come immorale in linea di principio».49

Anche su altri problemi di morale speciale, Moral de actitudes contiene giudizi ambigui. Così, per esempio, riguardo al ricorso all’inseminazione artificiale fra coniugi con sperma di un donatore,50 come alla fecondazione in vitro eterologa51 e all’aborto. L’Autore afferma giustamente l’immoralità globale dell’aborto, ma, per quanto riguarda l’aborto terapeutico, la sua posizione è ambigua:52 sostenendo la possibilità di alcuni interventi medici in alcuni casi molto difficili, non si capisce se intende riferirsi a ciò che tradizionalmente veniva chiamato «aborto indiretto», o se invece viene ammessa la liceità di interventi che non rientrano nella categoria tradizionale testé citata. Altrettanto ambiguo è quanto si dice sull’aborto eugenetico.53 Sulle leggi riguardanti l’aborto, l’Autore afferma giustamente che non si può considerare la pratica dell’aborto come il contenuto di un diritto individuale,54 tuttavia in seguito afferma che «non ogni liberalizzazione giuridica [dell’aborto] è contraria in modo frontale nei riguardi dell’etica».55 L’Autore sembra riferirsi alle leggi che stabiliscono una certa depenalizzazione dell’aborto.56 Tuttavia, dato che esistono diversi tipi di depenalizzazione dell’aborto, alcuni dei quali sono in pratica una legalizzazione e gli altri comunque non risultano accettabili per la dottrina cattolica,57 e dal momento che il contesto non è sufficientemente chiaro, al lettore non è data la possibilità di determinare che tipo di leggi di depenalizzazione dell’aborto vengono considerate «non contrarie in modo frontale nei riguardi dell’etica».

La Congregazione, prendendo atto con soddisfazione dei passi già fatti dall’Autore e della sua disponibilità a seguire i testi magisteriali, ha fiducia che, dalla sua collaborazione con la Commissione Dottrinale della Conferenza Episcopale Spagnola, risulterà un manuale adatto per la formazione degli studenti in teologia morale.

La Congregazione, con questa Notificazione, desidera anche incoraggiare i teologi moralisti a proseguire il cammino di rinnovamento della teologia morale, in particolare nell’approfondimento della morale fondamentale e nell’uso rigoroso del metodo teologico-morale, secondo gli insegnamenti dell’Enciclica Veritatis splendor e con il vero senso di responsabilità ecclesiale.

Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II, nel corso dell’Udienza accordata al sottoscritto Cardinale Prefetto il 9 febbraio 2001, alla luce degli ulteriori sviluppi, ha confermato la Sua approvazione alla presente Notificazione, decisa nella Sessione Ordinaria di questa Congregazione, e ne ha ordinato la pubblicazione.

Roma, dalla sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, il 22 febbraio 2001, nella Festa della Cattedra di San Pietro, Apostolo.

+Joseph Card. Ratzinger

Prefetto

+Tarcisio Bertone, S.D.B.

Arcivescovo emerito di Vercelli

Segretario

______________________

1 Moral de actitudes, I. Moral fundamental, Editorial PS, Madrid 1990, 8a ed. (ampliada y refundida en su totalidad) 902 pp. [trad. it. Manuale di etica teologica, I. Morale fondamentale, Cittadella Editrice, Assisi 1994, 958 pp.] (in seguito citato Ma I, secondo la versione italiana seguita dalla corrispondente versione spagnola, indicata mediante il segno = ).

2 Moral de actitudes, II-1a. Moral de la persona y bioética teológica, Editorial PS, Madrid 1991, 8a ed., 797 pp. [trad. it. Manuale di etica teologica, II-1a. Morale della persona e bioetica teologica, Cittadella Editrice, Assisi 1995, 896 pp.] (in seguito citato Ma II/1, secondo la versione italiana seguita dalla corrispondente versione spagnola, indicata mediante il segno = ).

3 Moral de actitudes, II-2a. Moral del amor y de la sexualidad, Editorial PS, Madrid 1991, 8a ed., 662 pp. [trad. it. Manuale di etica teologica, II-2a. Morale dell’amore e della sessualità, Cittadella Editrice, Assisi 1996, 748 pp.] (in seguito citato Ma II/2, secondo la versione italiana seguita dalla corrispondente versione spagnola, indicata mediante il segno = ).

4 Moral de actitudes, III. Moral social, Editorial PS, Madrid 1995, 8a ed., 1015 pp. [trad. it. Manuale di etica teologica, III. Morale sociale, Cittadella Editrice, Assisi 1997, 1123 pp.] (in seguito citato Ma III, secondo la versione italiana seguita dalla corrispondente versione spagnola, indicata mediante il segno = ).

5 Diccionario de ética teológica, Editorial Verbo Divino, Estella (Navarra) 1991, 649 pp. (in seguito citato Det).

6 Ma I, p. 283 = 266; cfr. Ma I, pp. 147-148 = 139, 222-226 = 211-215.

7 Ma I, p. 276 = 260; cfr. Ma I, pp. 276-301 = 260-284.

8 Cfr. Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993), specialmente nn. 36-37: AAS 85 (1993) 1162-1163.

9 Ma I, p. 224 = 213.

10 Cfr. S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 100, a. 2, c.

11 Cfr. Lett. Enc. Veritatis splendor, nn. 36. 42-45: AAS 85 (1993) 1162-1163. 1166-1169.

12 Lett. Enc. Veritatis splendor, n. 44: AAS 85 (1993) 1168-1169.

13 Ma I, p. 214 = 203; la stessa affermazione si ritrova in Ma II/1, pp. 140 = 131 e 148 = 139; Ma III, pp. 107-108 = 99-100 e in Ma I, p. 103 = 99 con riferimento alla Sacra Scrittura; si confronti il tutto con Lett. Enc. Veritatis splendor, n. 37: AAS 85 (1993) 1163: «Si è giunti conseguentemente al punto di negare l’esistenza, nella rivelazione divina, di un contenuto morale specifico e determinato, universalmente valido e permanente: la Parola di Dio si limiterebbe a proporre un’esortazione, una generica parenesi, che poi solo la ragione autonoma avrebbe il compito di riempire di determinazioni normative veramente "oggettive", ossia adeguate alla situazione storica».

14 Ma I, p. 214 = 203-204.

15 Ma I, pp. 202-203 = 192-193.

16 Ma I, p. 291 = 274.

17 Ma I, p. 476 = 452.

18 Cfr. Ma I, pp. 285-287 = 268-270.

19 Ma I, p. 291 = 275.

20 Ma I, pp. 202-203 = 192.

21 Cfr. per esempio Ma I, pp. 276 = 260; 837-839 = 789-790; 872 = 816; 904 = 848; Ma II/1, pp. 434-437 = 400-403; 550-551 = 497; 660-661 = 597; Ma II/2, pp. 202 = 189; 204 = 191; 311 = 263; 312 = 264; 553 = 495.

22 Cfr. Conc. Vaticano II, Cost. dogm. Lumen gentium, n. 25; Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum veritatis (24 maggio 1990), n. 16: AAS 82 (1990) 1557. Al riguardo, si veda: La propuesta moral de Juan Pablo II. Comentario teológico-moral de la encíclica Veritatis splendor, PPC, Madrid 1994, ed in particolare specialmente pp. 24-26; 29; 54; 76-78; 82; 89-90; 94-95; 98; 102; 116; 120; 130-131; 136; 167. Si veda anche Ma I, pp. 82-83 = 80; 154 = 145; Det, 362-365; Manuale di etica teologica, I. Morale fondamentale, Cittadella Editrice, Assisi 1994, 142-145 (queste pagine, riservate all’enciclica Veritatis splendor, sono posteriori all’edizione spagnola e quindi compaiono soltanto nell’edizione italiana).

23 Cfr. per esempio Ma I, p. 492 = 468.

24 Ma II/2, p. 651 = 574.

25 Ma II/2, p. 651 = 574.

26 Ma II/1, p. 714 = 641; cfr. anche Ma II/2, p. 652 = 575, dove la sterilizzazione viene considerata come una «soluzione adeguata» per alcuni casi, e Det, p. 225, dove si afferma che in alcune occasioni la sterilizzazione sarà l’«único método aconsejable».

27 Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. De abortu procurato (18 novembre 1974), nn. 12-13: AAS 66 (1974) 737-739; Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), n. 58: AAS 87 (1995) 466-467. Riguardo alla sterilizzazione, cfr. Paolo VI, Lett. Enc. Humanae vitae (25 luglio 1968), n. 14: AAS 60 (1968) 490-491 e le fonti ivi citate; Congregazione per la Dottrina della Fede, Risp. Circa sterilizationem in nosocomiis catholicis (13 marzo 1975): AAS 68 (1976) 738-740; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2399.

28 Cfr. Ma II/2, pp. 314-315 = 266-267.

29 Cfr. Ma II/2, p. 315 = 267.

30 Cfr. Ma II/2, p. 316 = 268; inoltre Det, pp. 294-295.

31 Ma II/2, p. 316 = 268; cfr. pp. 316-318 = 268-270.

32 Ma II/2, p. 330 = 281-282.

33 Ma II/2, p. 332 = 283.

34 Cfr. Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 10; 1 Tm 1, 10; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana (29 dicembre 1975), n. 8: AAS 68 (1976) 84-85; Lett. Homosexualitatis problema (1 ottobre 1986), nn. 3-8: AAS 79 (1987) 544-548; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2357-2359. 2396.

35 Ma II/2, p. 374 = 324.

36 Ma II/2, p. 381 = 330; cfr. anche Det, p. 45.

37 Ma II/2, p. 382 = 332.

38 Cfr. Dich. Persona humana, n. 9: AAS 68 (1976) 85-87; Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2352. Cfr. anche Leone IX, Lett. Ad splendidum nitentis, anno 1054: DH 687-688.

39 Ma II/2, p. 653 = 576.

40 Cfr. Ma II/2, p. 653 = 576.

41 Ma II/2, p. 653 = 576.

42 Ma II/2, p. 653 = 576.

43 Cfr. Ma II/2, pp. 653-654 = 576-577.

44 Cfr. Lett. Enc. Humanae vitae, nn. 11-14: AAS 60 (1968) 488-491.

45 Cfr. le fonti elencate in Lett. Enc. Humanae vitae, n. 14: AAS 60 (1968) 490-491.

46 Cfr. Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Familiaris consortio (22 novembre 1981), n. 32: AAS 74 (1982) 118-120; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2370 e 2399. Cfr. anche Ma II/2, pp. 648-650 = 571-573.

47 Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae (22 febbraio 1987), n. II, B, 5: AAS 80 (1988) 92-94.

48 Ma II/1, p. 660 = 597.

49 Ma II/1, p. 661 = 597.

50 Cfr. Ma II/1, p. 649 = 586 e DET, p. 315.

51 Cfr. Ma II/1, p. 660 = 597.

52 Cfr. Ma II/1, p. 437 = 403.

53 Cfr. Ma II/1, pp. 437-438 = 403.

54 Cfr. Ma II/1, p. 454 = 412.

55 Ma II/1, p. 454 = 412.

56 Cfr. Ma II/1, pp. 442. 444 = 408.

57 Cfr. Dich. De abortu procurato, nn. 19-23: AAS 66 (1974) 742-744; Lett. Enc. Evangelium vitae, nn. 71-74: AAS 87 (1995) 483-488.

[00777-01.01]]

TESTO IN LINGUA SPAGNOLA

PREÁMBULO

Una de las misiones encomendadas a la Congregación para la Doctrina de la Fe es velar y custodiar la doctrina de la fe, para que el Pueblo de Dios se mantenga fiel a la enseñanza recibida. Por ello, en ocasiones, debe hacer juicio de doctrina y advertir, incluso con notificación pública, sobre ambigüedades o errores expresados en algunas publicaciones de especial difusión que pueden dañar la fe del Pueblo de Dios, en orden a su oportuna rectificación. Tal notificación, a veces resulta necesaria, aun cuando el autor se muestre bien dispuesto a rectificar o ya esté rectificando.

Después de un primer estudio del Diccionario de ética teológica, de La propuesta moral de Juan Pablo II. Comentario teológico-moral de la encíclica Veritatis splendor y del libro Moral de Actitudes, tanto en la edición original española, como en la última edición italiana del Rvdo. P. Marciano Vidal C.Ss.R., la Congregación, a causa de los errores y de las ambigüedades encontrados, de su difusión y, sobre todo, de su influencia en la formación teológica, decidió emprender un estudio más profundo de las obras citadas siguiendo el procedimiento ordinario, según lo establecido en la Agendi ratio in Doctrinarum examine.

El 13 de diciembre de 1997 la Congregación para la Doctrina de la Fe envió al Autor, a través del Rvdo. P. Joseph William Tobin, Superior General de la Congregación del Santísimo Redentor, el texto de la Contestatio. Ésta comprendía una introducción sobre la fundamentación cristológica de la ética teológica, seguida de dos partes, dedicadas respectivamente a las cuestiones de carácter epistemológico (relación entre la Sagrada Escritura, la Tradición y el Magisterio; relación entre el teólogo y el Magisterio), y a los errores de carácter particular (Persona-Sexualidad-Bioética; Moral Social: Escatología-Utopía).

El 4 de junio de 1998 se recibió el texto de la Respuesta redactada por el Rvdo. P. Marciano Vidal, ayudado por el Consejero elegido por él, y acompañada por una carta del Superior General. La Congregación examinó la Respuesta, considerándola insatisfactoria, y decidió ofrecer al Autor una nueva posibilidad de clarificar su pensamiento sobre los puntos en examen. Un nuevo texto, que comprendía algunas preguntas, fue presentado para aprobación a la Sesión Ordinaria del 20 de enero de 1999, la cual decidió conceder al Autor los tres meses previstos por la Ratio agendi. El Santo Padre, en la Audiencia concedida al Cardenal Prefecto el 5 de febrero de 1999, aprobó este modo de proceder y el texto apenas mencionado.

El nuevo texto, acompañado de una carta, se entregó al Superior General de la Congregación del Santísimo Redentor en una reunión que tuvo lugar en la sede de este Dicasterio (7 de junio de 1999). En esta reunión se comunicó el resultado del examen de la Respuesta, así como la decisión de la Congregación para la Doctrina de la Fe, de carácter excepcional, de volver a formular los puntos en discusión, con objeto de facilitar una respuesta más puntual y precisa. Además, después de manifestar la viva esperanza de que el P. Vidal viese la nueva oportunidad que se le concedía como una llamada a una más profunda reflexión para su propio bien y para el bien de la Iglesia, en nombre de la cual desarrolla su servicio de docencia teológica, se determinó que la respuesta del P. Vidal, redactada de forma personal, inequívoca y sucinta, debía llegar a la Congregación para la Doctrina de la Fe antes del próximo 30 de septiembre.

Informado del nuevo paso emprendido por este Dicasterio, el P. Vidal, a través del propio Ordinario, aseguró que se atendría a cuanto la Congregación le pedía. El 28 de septiembre de 1999 el Superior General entregó personalmente al cardenal Prefecto el texto de la Respuesta a las «Preguntas dirigidas al Rev. P. Marciano Vidal C.Ss.R.», junto con su parecer personal. El texto de la segunda Respuesta fue sometido al juicio de las instancias propias de la Congregación, según lo establecido por la Ratio agendi.

El 10 de noviembre de 1999 la Sesión Ordinaria de la Congregación, examinando todas las fases del estudio y toda la documentación producida, consideró concluido el procedimiento excepcional adoptado. La Congregación para la Doctrina de la Fe acogió con satisfacción la disponibilidad manifestada por el Autor para corregir las ambigüedades referentes a la procreación artificial heteróloga, al aborto terapéutico y eugenésico y a las leyes sobre el aborto, así como su declarada adhesión al Magisterio de la Iglesia por lo que se refiere a los principios doctrinales, pero notando que el Autor no proponía modificaciones concretas y sustanciales a las otras posiciones erróneas señaladas en la Contestatio, juzgó necesario preparar una Notificación. Ésta se le presentaría al Autor en una reunión, que se convocaría con el objeto de obtener el reconocimiento explícito de los errores y ambigüedades señalados, y de verificar la disponibilidad para corregir los libros, según los principios declarados por el Autor y las modalidades establecidas por la Congregación. Además, el texto de la Notificación, completado con una relación acerca de los resultados de la reunión con el Autor y aprobado por la Sesión Ordinaria, debía ser publicado. Estas resoluciones fueron confirmadas por el Santo Padre en la Audiencia concedida al Excmo. Secretario el 12 de noviembre de 1999.

El 2 de junio de 2000 tuvo lugar la prevista reunión con el Autor. A ella participaron el Emmo. Cardenal Prefecto, el Excmo. Secretario, S.E.R. Mons. Antonio Cañizares Llovera, Arzobispo de Granada y Miembro de la Congregación, que representaba a la Conferencia Episcopal Española, y algunos Delegados nombrados por el Dicasterio. Acompañaron al Rvdo. P. Vidal el Rvdo. P. Joseph William Tobin y el Rvdo. P. Joseph Pfab, C.Ss.R., antiguo Superior General, elegido como Consejero para esta ocasión. Comunicada formalmente la Notificación, y después de un sereno y provechoso diálogo tanto sobre las cuestiones doctrinales cuanto sobre el procedimiento que había sido fijado, el Rvdo. P. Marciano Vidal aceptó el juicio doctrinal formulado por la Congregación para la Doctrina de la Fe, y se comprometió formalmente a reelaborar sus escritos, según los criterios establecidos.

Informados del resultado positivo de la reunión, los Emmos. e Ilmos. Miembros de la Sesión Ordinaria, el 14 de junio de 2000 y el 7 de febrero de 2001, consideraron satisfactoria la adhesión del Rvdo. P. Vidal y confirmaron las resoluciones tomadas anteriormente, es decir, que se publicara la presente Notificación. Decidieron, además, que las ediciones de Moral de Actitudes (incluido el volumen sobre la moral social), del Diccionario de ética teológica y de La propuesta moral de Juan Pablo II, así como sus traducciones a otros idiomas, anteriores a la fecha de esta Notificación no pueden ser utilizados para la formación teológica, y que el Autor debe reelaborar, especialmente Moral de Actitudes, bajo la supervisión de la Comisión Doctrinal de la Conferencia Episcopal Española. La presente Notificación, con sus disposiciones correspondientes, ha sido comunicada, por medio del Superior General C.Ss.R., al P. Marciano Vidal, el cual la ha aceptado y firmado.

Con tal decisión, con la que no se enjuicia al Autor ni su intención, ni la totalidad de su obra o de su ministerio teológico, sino sólo unos determinados escritos, se trata de buscar el bien de los fieles, de los pastores y de los profesores de teología moral tanto del presente como del futuro, sobre todo de aquellos que han sido formados según la teología moral del Autor o que se reconocen en las mismas perspectivas teológico-morales, a fin de que se aparten de estos errores o lagunas en los que han sido formados o persisten todavía, con las consecuencias prácticas que esto comporta en el ámbito pastoral y ministerial.

NOTA DOCTRINAL

1. Valoración general

El libro Moral de Actitudes consta de tres volúmenes. En el primero se trata de la moral fundamental.1 El segundo volumen se divide en dos tomos, dedicados, respectivamente, a la moral de la persona y bioética teológica2 y a la moral del amor y de la sexualidad.3 El tercer volumen se ocupa de la moral social.4 El Diccionario de ética teológica5 ofrece un tratamiento más conciso de los principales conceptos y temas de la moral cristiana.

En Moral de Actitudes se advierte la preocupación pastoral por el diálogo con «el hombre autónomo, secular y concreto».6 En función de este objetivo se adopta una actitud benigna y comprensiva, atenta al carácter gradual y progresivo de la vida y de la educación moral, y se busca una mediación entre las posiciones consideradas extremas, teniendo presentes los datos ofrecidos por las ciencias humanas y por las diversas orientaciones culturales. Sin embargo, esta laudable preocupación frecuentemente no alcanza su objetivo, porque predomina sobre aspectos que son esenciales y constitutivos de toda presentación integral de la doctrina moral de la Iglesia; particularmente: el uso de una metodología teológica correcta, la adecuada definición de la moralidad objetiva de las acciones, la precisión del lenguaje y la presentación de argumentaciones completas.

Como afirma el Autor, Moral de Actitudes está construido sobre la «opción por el paradigma de la "autonomía teónoma" reinterpretado desde la "ética de liberación"».7 Él se propone llevar a cabo una revisión personal de ese paradigma, pero no consigue evitar algunos de los errores que contiene, que son sustancialmente los señalados por la Enc. Veritatis splendor.8 El Autor no logra tener suficientemente en cuenta que la razón y la fe, aun siendo distintas, tienen un origen y un fin comunes, y que por tanto no se relacionan entre sí sólo para delimitar de modo siempre exclusivo y excluyente sus respectivos ámbitos de competencia, o bien para extenderlos cada una en detrimento de la otra bajo una óptica de emancipación. La «"ratio" normativa»9 no se entiende como algo que está entre el hombre y Dios al modo de un anillo que los une,10 sino más bien como un diafragma que se interpone entre ellos, por lo que no resulta ya posible poner en la «Sabiduría divina» el fundamento ontológico (y, por ello, objetivo) de la competencia moral que todo hombre indudablemente posee,11 ni admitir que la razón moral pueda ser «iluminada por la Revelación divina y por la fe».12

Por ello el Autor afirma repetidas veces una de las tesis determinantes del planteamiento del libro: «lo propio y específico del êthos cristiano no hay que buscarlo en el orden de los contenidos concretos del compromiso moral», sino «en el orden de la cosmovisión que acompaña» esos contenidos.13 Sólo a partir de estas afirmaciones se debe entender — como precisa el Autor — qué significa «la referencia a Jesús de Nazaret en cuanto horizonte o ámbito nuevo de comprensión y de vivencia de la realidad»,14 o bien en qué sentido se sostiene que la fe ofrece un «influjo», un «contexto», una «orientación»,15 un «nuevo ámbito de referencia» y una «dimensión».16 Aunque el Autor afirma ocasionalmente que «la Norma decisiva de la ética cristiana es Cristo» y que «no hay otra norma para el cristiano que el acontecimiento de Jesús de Nazaret».17, su intento de fundamentación cristológica no consigue conceder normatividad ética concreta a la revelación de Dios en Cristo.18 La fundamentación cristológica de la ética se admite solamente en cuanto «redimensiona la normativa intramundana del personalismo de alteridad política».19

La ética cristiana resultante es «una ética influida por la fe»,20 pero se trata de un influjo débil, porque se yuxtapone de hecho a una racionalidad secularizada enteramente proyectada sobre un plano horizontal. En Moral de Actitudes no se resalta suficientemente la dimensión vertical ascendente de la vida moral cristiana, y grandes temas cristianos como la redención, la cruz, la gracia, las virtudes teologales, la oración, las bienaventuranzas, la resurrección, el juicio, la vida eterna, además de estar poco presentes, no tienen casi influjo en la presentación de los contenidos morales.

Consecuencia del modelo moral adoptado es la atribución de un papel insuficiente a la Tradición y al Magisterio moral de la Iglesia, que se filtran a través de las frecuentes «opciones» y «preferencias» del Autor.21 En el comentario a la encíclica Veritatis splendor, de modo particular, se nota la concepción deficiente de la competencia moral del Magisterio eclesiástico.22 Aun informando a los lectores acerca de la doctrina eclesial, el Autor se separa críticamente de ella al proponer una solución a los diversos problemas de ética especial, como se verá más adelante.

Se debe señalar, en fin, la tendencia a utilizar el método del conflicto de valores o de bienes en el estudio de los diversos problemas éticos, así como el papel desempeñado por las referencias al nivel óntico o pre-moral.23 Modos que llevan a tratar reductivamente algunos problemas teóricos y prácticos, como son la relación entre libertad y verdad, entre conciencia y ley, entre opción fundamental y acciones concretas, los cuales no se resuelven positivamente por la falta de una toma de posición coherente del Autor. En el plano práctico, no se acepta la doctrina tradicional sobre las acciones intrínsecamente malas y sobre el valor absoluto de las normas que prohíben esas acciones.

2. Cuestiones particulares

El Autor afirma que los métodos interceptivos, es decir, aquéllos que actúan después de la fecundación y antes de la anidación, no son abortivos. Generalmente no se pueden considerar como medios lícitos para controlar la natalidad,24 pero son moralmente aceptables «en situaciones de notable gravedad, cuando es imposible el recurso a otros medios».25 El Autor aplica este mismo criterio de juicio a la esterilización, afirmando que en algunas situaciones no ofrece dificultades morales, «ya que lo que se intenta es realizar de una manera responsable un valor humano».26 En ambos casos se trata de valoraciones contrarias a la enseñanza de la Iglesia.27

El Autor sostiene que la doctrina de la Iglesia sobre la homosexualidad posee cierta coherencia, pero no goza de suficiente fundamento bíblico28 y adolece de importantes condicionamientos29 y ambigüedades.30 En ella se encuentran los fallos que pueden advertirse «en todo el edificio histórico de la ética sexual cristiana».31 En la valoración moral de la homosexualidad — añade el Autor — se debe «adoptar una actitud de provisionalidad», y desde luego «ha de formularse en clave de búsqueda y apertura».32 Para el homosexual irreversible un juicio cristiano coherente «no pasa necesariamente por la única salida de una moral rígida: cambio a la heterosexualidad o abstinencia total».33 Estos juicios morales no son compatibles con la doctrina católica, para la que existe una valoración perfectamente clara y firme sobre la moralidad objetiva de las relaciones sexuales entre personas del mismo sexo.34 El grado de imputabilidad subjetiva que esas relaciones puedan tener en cada caso concreto es una cuestión diversa, que no está aquí en discusión.

El Autor sostiene que no se ha probado «la gravedad ex toto genere suo de la masturbación».35 Ciertas condiciones personales son en realidad elementos objetivos de ese comportamiento, por lo «que no es correcto hacer "abstracción objetiva" de los condicionamientos personales y formar una valoración universalmente válida desde el punto de vista objetivo».36 «No todo acto de masturbación es "materia objetivamente grave"».37 Sería incorrecto el juicio de la doctrina moral católica de que los actos autoeróticos son objetivamente acciones intrínsecamente malas.38

Con relación a la procreación responsable, considera el Autor que ninguno de los métodos actuales para regular los nacimientos reúne una bondad absoluta. «Es incoherente y arriesgado inclinar la valoración moral por un método determinado».39 Aunque el Magisterio de la Iglesia tiene el cometido de orientar positiva y negativamente el empleo de las soluciones concretas,40 en casos de conflicto «seguirá siendo válido el principio básico de la inviolabilidad de la conciencia moral».41 Pero incluso fuera de los casos conflictivos, «la utilización moral de los métodos estrictamente anticonceptivos ha de ser objeto de responsable discernimiento de los cónyuges».42 Entre los diversos criterios ofrecidos por el Autor para guiar ese discernimiento,43 no se encuentra el valor objetivo y vinculante de la norma moral contenida en la Humanae vitae44 y en los demás documentos del Magisterio pontificio anteriores45 y posteriores a ella.46

Sobre la fecundación in vitro homóloga el Autor se separa de la doctrina eclesial.47 «Por lo que respecta a la fecundación completamente intraconyugal ("caso simple"), creemos que no puede ser descartada...».48 Si se neutraliza todo lo posible la probabilidad de riesgos para el nascituro, si existe una razonable proporción entre los fracasos y el éxito fundadamente esperado, y se respeta la condición humana del embrión, «la fecundación artificial homóloga no puede ser declarada en principio como inmoral».49

Sobre otros problemas de moral especial, Moral de Actitudes contiene juicios ambiguos. Es el caso, por ejemplo, de la inseminación artificial por parte de personas casadas con semen de un donador,50 o bien el de la fecundación in vitro heteróloga51 y el aborto. Es verdad que el autor da una valoración moral negativa del aborto en términos generales, pero su posición acerca del aborto terapéutico es ambigua:52 al sostener la posibilidad de ciertas intervenciones médicas en algunos casos más difíciles, no se entiende claramente si se está refiriendo a lo que tradicionalmente se llamaba «aborto indirecto», o si en cambio admite también la licitud de intervenciones no comprendidas en la categoría tradicional mencionada. No menos ambigua es su posición sobre el aborto eugenésico.53 Por lo que se refiere a las leyes abortistas, el Autor explica correctamente que el aborto no se puede considerar como contenido de un derecho individual,54 pero a continuación añade que «no toda liberalización jurídica .del aborto es contraria frontalmente a la ética».55 Parece que se refiere a las leyes que permiten una cierta despenalización del aborto.56 Pero, dado que existen diversos modos de despenalizar el aborto — algunos de los cuales equivalen, en la práctica, a su legalización, mientras que ninguno de los demás es, en todo caso, aceptable según la doctrina católica57 — y que el contexto no es suficientemente claro, al lector no le es posible entender qué tipo de leyes despenalizadoras del aborto se consideran «no contrarias frontalmente a la ética».

La Congregación para la Doctrina de la Fe, considerando con satisfacción los pasos dados por el Autor y su disponibilidad para seguir los textos del Magisterio, confía en que, mediante su colaboración con la Comisión Doctrinal de la Conferencia Episcopal Española, se llegue a un manual apto para la formación de los estudiantes de teología moral.

La Congregación, con esta Notificación, desea al mismo tiempo animar a los teólogos moralistas a proseguir en el camino de renovación de la Teología moral, en especial de profundización en la moral fundamental y de rigor en el método teológico-moral, conforme a las enseñanzas de Veritatis splendor, y con ese verdadero sentido de responsabilidad eclesial.

El Sumo Pontífice Juan Pablo II, en el transcurso de la Audiencia concedida al suscrito Cardenal Prefecto el 9 de febrero de 2001, a la luz de los pasos dados, ha confirmado Su aprobación a la presente Notificación, decidida en la Sesión Ordinaria del Dicasterio, y ha ordenado que sea publicada.

Dado en Roma, en la sede de la Congregación para la Doctrina de la Fe, el 22 de febrero de 2001, Fiesta de la Cátedra de San Pedro Apóstol.

+Joseph Card. Ratzinger

Prefecto

+Tarcisio Bertone, S.D.B.

Arzobispo emérito de Vercelli

Secretario

___________________

1 Moral de Actitudes, I. Moral fundamental, Editorial PS, Madrid 1990, 8ª ed. (ampliada y refundida en su totalidad) 902 pp. [trad. it. Manuale di etica teologica, I. Morale fondamentale, Cittadella Editrice, Assisi 1994, 958 pp.] (se cita Ma I según la edición española, indicando después el número de la página de la edición italiana precedido del signo = ).

2 Moral de Actitudes, II-1.ª Moral de la persona y bioética teológica, Editorial PS, Madrid 1991, 8ª ed., 797 pp. [trad. it. Manuale di etica teologica, II-1.ª Morale della persona e bioetica teologica, Cittadella Editrice, Assisi 1995, 896 pp.] (se cita Ma II/1 según la edición española, indicando después el número de la página de la edición italiana precedido del signo = ).

3 Moral de Actitudes, II-2.ª Moral del amor y de la sexualidad, Editorial PS, Madrid 1991, 8ª ed., 662 pp. [trad. it. Manuale di etica teologica, II-2.ª Morale dell’amore e della sessualità, Cittadella Editrice, Assisi 1996, 748 pp.] (se cita Ma II/2 según la edición española, indicando después el número de la página de la edición italiana precedido del signo = ).

4 Moral de Actitudes, III. Moral social, Editorial PS, Madrid 1995, 8ª ed. 1015 pp. [trad. it. Manuale di etica teologica, III. Morale sociale, Cittadella Editrice, Assisi 1997, 1123 pp.] (se cita Ma III según la edición española, indicando después el número de la página de la edición italiana precedido del signo = ).

5 Diccionario de ética teológica, Editorial Verbo Divino, Estella (Navarra) 1991, 649 pp. (se cita Det).

6 Ma I, p. 266 = 283; cfr. Ma I, pp. 139 = 147-148, 211-215 = 222-226.

7 Ma I, p. 260 = 276; cfr. Ma I, pp. 260-284 = 276-301.

8 Cfr. Juan Pablo II, Enc. Veritatis splendor (6 de agosto de 1993), especialmente nn. 36-37: AAS 85 (1993) 1162-1163.

9 Cfr. Ma I, p. 213 = 224.

10 Cfr. S. Tomás de Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 100, a. 2, c.

11 Cfr. Enc. Veritatis splendor, nn. 36. 42-45: AAS 85 (1993) 1162-1163. 1166-1169.

12 Enc. Veritatis splendor, n. 44: AAS 85 (1993) 1168-1169.

13 Ma I, p. 203 = 214; la misma afirmación se encuentra en Ma II/1, pp. 131 = 140 y 139 = 148, Ma III, pp. 99-100 = 107-108 y en Ma I, p. 99 = 103 referida a la Sagrada Escritura; compárese el conjunto con Enc. Veritatis splendor, n. 37: AAS 85 (1993) 1163: «En consecuencia, se ha llegado hasta el punto de negar la existencia, en la divina Revelación, de un contenido moral específico y determinado, universalmente válido y permanente: la palabra de Dios se limitaría a proponer una exhortación, una parénesis genérica, que luego sólo la razón autónoma tendría el cometido de llenar de determinaciones normativas verdaderamente "objetivas", es decir, adecuadas a la situación histórica concreta».

14 Ma I, pp. 203-204 = 214.

15 Ma I, pp. 192-193 = 202-203.

16 Ma I, p. 274 = 291.

17 Ma I, p. 452 = 476.

18 Cfr. Ma I, pp. 268-270 = 285-287.

19 Ma I, p. 275 = 291.

20 Ma I, p. 192 = 202-203.

21 Cfr. por ejemplo Ma I, pp. 260 = 276; 789-790 = 837-839; 816 = 872; 848 = 904; Ma II/1, pp. 400-403 = 434-437; 497 = 550-551; 597 = 660-661; Ma II/2, pp. 189 = 202; 191 = 204; 263 = 311; 264 = 312; 495 = 553.

22 Cfr. Conc. Vaticano II, Lumen gentium, 25; Congregación para la Doctrina de la Fe, Instr. Donum veritatis (24 de mayo de 1990), 16: AAS 82 (1990) 1557. Se vea la posición del Autor en La propuesta moral de Juan Pablo II. Comentario teológico-moral de la encíclica Veritatis splendor, PPC, Madrid 1994, especialmente pp. 24-26; 29; 54; 76-78; 82; 89-90; 94-95; 98; 102; 116; 120; 130-131; 136; 167. Se vea también Ma I, pp. 80 = 82-83; 145 = 154; Det, pp. 362-365 y Manuale di etica teologica, I. Morale fondamentale, Cittadella Editrice, Assisi 1994, pp. 142-145 (estas páginas, dedicadas a la encíclica Veritatis splendor, son posteriores a la edición española, y se encuentran sólo en la edición italiana).

23 Cfr. por ejemplo Ma I, p. 468 = 492.

24 Ma II/2, p. 574 = 651.

25 Ma II/2, p. 574 = 651.

26 Ma II/1, p. 641 = 714; cfr. también Ma II/2, p. 575 = 652, donde la esterilización es considerada una «solución adecuada» para algunos casos, y Det, p. 225, donde se afirma que en algunas ocasiones la esterilización será el «único método aconsejable».

27 Cfr. Congregación para la Doctrina de la Fe, Decl. De abortu procurato (18 de noviembre de 1974), nn. 12-13: AAS 66 (1974) 737-739; Juan Pablo II, Enc. Evangelium vitae (25 de marzo de 1995), n. 58: AAS 87 (1995) 466-467. Para la esterilización, cfr. PABLO VI, Enc. Humanae vitae (25 de julio de 1968), n. 14 y las fuentes allí citadas: AAS 60 (1968) 490-491; Congregación para la Doctrina de la Fe, Resp. Circa sterilizationem in nosocomiis catholicis (13 de marzo de 1975): AAS 68 (1976) 738-740; Catecismo de la Iglesia Católica, n. 2399.

28 Cfr. Ma II/2, pp. 266-267 = 314-315.

29 Cfr. Ma II/2, p. 267 = 315.

30 Cfr. Ma II/2, p. 268 = 316; también Det, pp. 294-295.

31 Ma II/2, p. 268 = 316; cfr. pp. 268-270 = 316-318.

32 Ma II/2, pp. 281-282 = 330.

33 Ma II/2, p. 283 = 332.

34 Cfr. Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 10; 1 Tm 1, 10; Congregación para la Doctrina de la Fe, Decl. Persona humana (29 de diciembre de 1975), n. 8: AAS 68 (1976) 84-85; Carta Homosexualitatis problema (1 de octubre de 1986), nn. 3-8: AAS 79 (1987) 544-548; Catecismo de la Iglesia Católica, nn. 2357-2359. 2396.

35 Ma II/2, p. 324 = 374.

36 Ma II/2, p. 330 = 381; cfr. también Det, p. 45.

37 Ma II/2, p. 332 = 382.

38 Cfr. Decl. Persona humana, n. 9: AAS 68 (1976) 85-87; Catecismo de la Iglesia Católica, n. 2352. Cfr. también LEÓN IX, Carta Ad splendidum nitentis, año 1054: DH 687-688.

39 Ma II/2, p. 576 = 653.

40 Cfr. Ma II/2, p. 576 = 653.

41 Ma II/2, p. 576 = 653.

42 Ma II/2, p. 576 = 653.

43 Cfr. Ma II/2, pp. 576-577 = 653-654.

44 Cfr. Enc. Humanae vitae, nn. 11-14: AAS 60 (1968) 488-491.

45 Cfr. las fuentes citadas en Enc. Humanae vitae, n. 14: AAS 60 (1968) 490-491.

46 Cfr. Juan Pablo II, Exhort. Apost. Familiaris consortio (22 de noviembre de 1981), n. 32: AAS 74 (1982) 118-120; Catecismo de la Iglesia Católica, nn. 2370 y 2399. Cfr. también Ma II/2, pp. 571-573 = 648-650.

47 Congregación para la Doctrina de la Fe, Instr. Donum vitae (22 de Febrero de 1987), n. II, B, 5: AAS 80 (1988) 92-94.

48 Ma II/1, p. 597 = 660.

49 Ma II/1, p. 597 = 661.

50 Cfr. Ma II/1, p. 586 = 649 y Det, p. 315.

51 Cfr. Ma II/1, p. 597 = 660.

52 Cfr. Ma II/1, p. 403 = 437.

53 Cfr. Ma II/1 p. 403 = 437-438.

54 Cfr. Ma II/1, p. 412 = 454.

55 Ma II/1, p. 412 = 454.

56 Cfr. Ma II/1, p. 408 = 442. 444.

57 Cfr. Decl. De abortu procurato, nn. 19-23: AAS 66 (1974) 742-744; Enc. Evangelium vitae, nn. 71-74: AAS 87 (1995) 483-488.

[00777-04.02]

COMMENTO ALLA NOTIFICAZIONE

  TESTO  IN LINGUA ITALIANA

  TESTO IN LINGUA  SPAGNOLA

  TESTO  IN LINGUA ITALIANA

1. Nella vita della Chiesa degli ultimi decenni la teologia morale ha suscitato un interesse che non aveva conosciuto da molto tempo. Molteplici elementi spiegano questo stato di cose. L’attenzione posta dal Concilio Vaticano II all’uomo ed ai problemi che gli tormentano il cuore; la presa di coscienza di una giusta autonomia della realtà mondana; la nuova percezione della dignità della coscienza e del rispetto che le è dovuto; la necessità di rinnovare la teologia morale secondo un modello più vicino all’Alleanza di Dio con il suo Popolo, il cui centro è la persona di Cristo; l’emergere di una antropologia di stampo più personalista; la riscoperta dell’aspetto vocazionale del matrimonio cristiano; le grandi sfide poste alla scienza ed alla cultura dalle conquiste dell’uomo nel campo della bio-ingegneria. Ecco alcuni dei fattori determinanti che hanno contribuito a mobilitare l’attenzione dei teologi sulla morale.

2. Se si considerano i risultati acquisiti in questo ambito, è incontestabile che sono stati registrati dei considerevoli progressi. Senza parlare delle risposte inedite — ma non per questo meno conformi al «pensiero di Cristo» (1 Cor 2, 16) — offerte a problemi tanto antichi quanto nuovi, non si possono ignorare molteplici indizi concreti di questo rinnovamento. Tra questi, si potrebbe segnalare la riscoperta, da parte di numerosi fedeli, della grandezza della vocazione cristiana e della gioia profonda ed inalterabile che c’è ad impegnarvisi pienamente e definitivamente; l’annuncio missionario del Vangelo che non esita a proclamare ad alta voce il massimo delle ‘Beatitudini’ come via normale della vita cristiana al servizio della gloria del Padre e dei fratelli, che questo stesso Padre attrae a sé (cfr. Gv 6, 44); il coraggio di numerosi cristiani di affermare la propria identità, quando viene per loro il momento di entrare in dialogo con altri che non condividono le loro convinzioni, coraggio che non disdegna, se è necessario, il martirio, forma compiuta della morale cristiana; l’entusiasmo manifestato dalle nuove generazioni di teologi nel tirocinio e nell’esercizio della loro ‘vocazione’.

Di questa germinazione e dei suoi frutti ha preso atto l’Enciclica di Giovanni Paolo II Veritatis splendor: «Lo sforzo di molti teologi, sostenuti dall’incoraggiamento del Concilio, ha già dato i suoi frutti con interessanti e utili riflessioni intorno alle verità della fede da credere e da applicare nella vita, presentate in forma più corrispondente alla sensibilità e agli interrogativi del nostro tempo».1

3. Un altro aspetto è da prendere in considerazione. In un clima di effervescenza intellettuale come quella che la teologia morale ha conosciuto in passato e che tuttora conosce, uno sforzo supplementare è richiesto dal teologo moralista che si vede impegnato in prima persona, e cioè lo sforzo di non perdere il senso dell’equilibrio e della misura inerente alla sua vocazione. Quest’ultima, infatti, comporta il riferimento a due poli indissociabili: il rispetto dovuto al diritto del Popolo di Dio alla verità tutta intera e il legame forte con il Magistero della Chiesa al quale incombe l’onere, mediante lo Spirito del Risorto (cfr. Gv 16, 13), di conservare il Popolo di Dio, nel corso dei tempi e nelle varie circostanze, nella vivente fedeltà alla verità.

Su tale vocazione del teologo moralista è opportuno fermarsi brevemente per precisarne ancora le coordinate. Il compito del teologo moralista è indispensabile alla realtà vivente della Chiesa. È lui che scruta tutto ciò che potrebbe rendere la vita «secondo la verità nella carità» (Ef 4, 15) più limpida, più trasparente, più accessibile ai credenti. È lui che avvia il discernimento fra veri e falsi problemi. È lui che ne identifica la portata ed il significato. È lui che scruta «la Parola di Dio contenuta nella Scrittura ispirata e trasmessa dalla Tradizione viva della Chiesa»2 per trarne le luci necessarie allo scioglimento delle difficoltà intraviste.

Questi tratti generali potrebbero essere completati dalle osservazioni più specifiche che l’Enciclica Veritatis splendor ha consacrato al riguardo.3 Senza volere entrare nei dettagli, è utile ricordare che questo lavoro di intelligenza della fede e dei costumi affidato al teologo moralista non è un blocco monolitico, chiuso in se stesso. È essenzialmente un servizio che intende favorire sia la crescita del Popolo di Dio nel bene, sia la collaborazione con il Magistero nell’esercizio del suo compito di ultima istanza di verità nella Chiesa.

4. In merito ai rapporti fra il teologo ed il Magistero, si può constatare l’esistenza di alcune tensioni. Esse non sono da interpretarsi necessariamente e sempre come espressioni di posizioni inconciliabili né di rotture latenti, ma come risultato di approcci diversi ad una medesima verità sempre difficile da afferrare in tutta la sua complessità e la sua ricchezza.

Nella storia recente della Chiesa, si potrebbe pensare a tensioni che sono esistite tra alcuni teologi ed il Magistero negli anni ’50. Dette tensioni si sono rivelate in seguito feconde, così da diventare, come riconosciuto dallo stesso Magistero, un punto sorgivo del Concilio Vaticano II. Ammettere le tensioni non significa in questo caso noncuranza o indifferenza. Si tratta, piuttosto, della «pazienza della maturazione»,4 che il terreno richiede per permettere ai semi di germinare e di fare sorgere nuove piante. Fuori di metafora, si tratta del riconoscimento della necessità di lasciare che le nuove idee si accordino gradualmente con il patrimonio dottrinale della Chiesa per aprirlo poi di riflesso a ricchezze insospettabili che gli erano intrinseche. Il Magistero adotta prudentemente questo atteggiamento e vi riserva particolare rilievo perché sa che così si raggiungono le comprensioni più profonde della Verità per il bene più grande dei fedeli. E ciò corrisponde all’intenzione di Giovanni Paolo II nell’Enciclica già richiamata, di non «imporre ai fedeli nessun particolare sistema».5 L’ora della potatura o del discernimento potrà imporsi, mai però prima del sorgere o dell’aprirsi dei giovani germogli.6

5. Accanto alla tensione, si può avere purtroppo l’opposizione. Questa esiste quando la ricerca della verità si compie a scapito del patrimonio dottrinale della Chiesa e si cristallizza in proposizioni ambigue o chiaramente erronee. La vigilanza esercitata in questo caso dai Pastori rientra nel ruolo che il Signore ha loro conferito di custodire intatto il «deposito della fede» per il bene della Chiesa intera.7

Infatti, considerando le cose più da vicino, questo atteggiamento di opposizione è nocivo per tutti. Anzitutto per il teologo, il quale, una volta negate alcune verità, si espone ad altri errori che potrebbero condurlo a chiudersi alla Verità. Inoltre, è dannoso per il Popolo di Dio, il cui accesso alla pienezza della verità cristiana, nei confronti della quale egli vanta un diritto inalienabile, è minacciato. Da ultimo per i Pastori della Chiesa, i quali, senza una sana teologia, sono privati di un aiuto per svolgere ancora meglio il compito che il Signore ha loro affidato. Vegliando sul «deposito» rivelato (cfr. 1 Tm 6, 20; 2 Tm 1, 12), il Magistero non vuole quindi demolire, ma raddrizzare per edificare. San Paolo lo diceva già a Timoteo (cfr. 2 Tm 4, 2) e Giovanni Paolo II lo riafferma quando riporta all’attenzione dei teologi moralisti alcune verità che fanno parte del ‘patrimonio morale’ della Chiesa.8

6. Il risultato positivo della vigilanza dei Pastori della Chiesa si estende quindi alla comunità dei teologi della quale fa parte il R.P. Marciano Vidal. Un tale avvenimento è in effetti per gli altri membri di questa comunità l’occasione per rivedere i loro contributi alla luce di ciò che il Magistero riconosce, in questo caso particolare, appartenere o meno al «deposito» affidato alla Chiesa. Al riguardo, la presente Notificazione è ricca di preziose indicazioni, alcune delle quali rivestono un rilievo molto importante.

La prima fra esse è senza alcun dubbio il posto centrale che occupa la persona di Cristo nella teologia morale cattolica. Pur riconoscendo il valore della recta ratio per conoscere l’uomo, nondimeno Cristo rimane il punto di riferimento indispensabile e definitivo per acquisire una conoscenza integrale dell’uomo, che servirà poi da base ad un agire morale completo, nel quale non si da dicotomia alcuna fra ciò che dipende dall’humanum e ciò che proviene dalla fede.

Sulle orme del Concilio Vaticano II, l’Enciclica Veritatis splendor è stata esplicita su questo punto. È a Cristo che il «giovane ricco» si avvicina per avere delle chiarificazioni su se stesso e su ciò che deve fare per corrispondere alla propria identità e trovare il vero bene, quello cioè di realizzarsi secondo il disegno di Dio (cfr. Mt 19, 16-21).9

Un secondo dato importante che deriva direttamente dal precedente, è la dignità intangibile della sessualità umana. Nel contesto segnato da una esasperata sessualità che prevale nel nostro mondo, i contorni dell’autentico significato della sessualità umana possono facilmente attenuarsi. Da ciò, il moralista cristiano può essere incline a risolvere i problemi vecchi e nuovi che si pongono con risposte che sono più conformi alla sensibilità ed alle attese del mondo che al «pensiero di Cristo» (cfr. 1 Cor 2, 16). Come è il caso più frequente di fronte a questioni dottrinali oggetto di contestazione, la soluzione buona è qui la lectio difficilior. Come il Magistero ha dimostrato in diverse occasioni ed in differenti contesti, nessun compromesso può essere accettato in questo ambito. La vocazione cristiana nei suoi diversi stati di vita trova la propria condizione di possibilità in una sessualità umana integrale.

È alla luce di queste osservazioni che si deve comprendere il motivo secondo il quale la Chiesa considera la masturbazione e le relazioni sessuali di tipo omosessuale come atti oggettivamente gravi.10 È nella stessa ottica che la Chiesa invita gli sposi cristiani alla paternità responsabile nel rispetto del «legame indissolubile», voluto dal Creatore e Redentore dell’uomo, tra i due significati, unitivo e procreativo, dell’atto coniugale.11

Gli stessi motivi si ritrovano nell’insegnamento del Magistero sulla fecondazione artificiale omologa. Si tratta infatti dell’unico luogo degno della procreazione umana costituito dagli atti propri degli sposi, da una parte, e della necessità di evitare ogni forma di manipolazione dell’embrione umano, dall’altra.12 Riguardo, poi, al rispetto incondizionato dovuto all’embrione, non è sufficiente affermare l’immoralità complessiva dell’aborto per poi attenuarne confusamente il principio, quando si tratta di applicarlo a casi concreti particolarmente complessi. Su questo punto, la Chiesa ha sempre rivendicato una coerenza assoluta e continua a farlo con accresciuta insistenza.13 Attenendosi fermamente a questo principio dell’integrità della sessualità umana ed a quello connesso del rispetto della vita, la Chiesa non opprime l’uomo. Essa, piuttosto, lo valorizza; e ciò tanto più in quanto lo fa sulla base dell’idea che Gesù Cristo e la Tradizione apostolica hanno avuto dell’uomo nonostante il contesto culturale del loro tempo.

7. Una Notificazione come quella che ci si è proposto di commentare è sempre un avvenimento importante nella vita della Chiesa. Lo è in primo luogo per la persona immediatamente interpellata, ma anche per l’intero Corpo ecclesiale del quale il teologo in questione è e rimane membro. In casi simili si possono usare i termini ‘abbattere’, ma anche ‘costruire’, ‘edificare’ (cfr. 2 Cor 10, 8; 13, 10). Nell’immediato, il primo verbo può sembrare più adeguato, ma a lungo termine e alla luce dell’amore invincibile del Signore, il verbo ‘costruire’ prevarrà e susciterà la gioia inalterabile di essere finalmente rimasti nella verità (cfr. 2 Gv 2). Poiché in questo risiede la speranza della Chiesa: «noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno» (Rm 8, 28).

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1 Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Veritatis splendor (6 agosto 1993), n. 29: AAS 85 (1993) 1157.

2 Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum veritatis (24 maggio 1990), n. 6: AAS 82 (1990) 1552.

3 Cfr. Lett. Enc. Veritatis splendor, nn. 111-113: AAS 85 (1993) 1220-1222.

4 L’espressione deriva dall’Istr. Donum veritatis, n. 11 (AAS 82 [1990] 1555), che la utilizza per descrivere l’atteggiamento che deve adottare il teologo se vuole che la sua audace ricerca della verità all’interno della fede ecclesiale possa portare frutti ed «edificare».

5 Lett. Enc. Veritatis splendor, n. 29: AAS 85 (1993) 1157.

6 La recente Dichiarazione della Congregazione per la Dottrina della Fede, Dominus Iesus (6 agosto 2000) descrive bene questo processo, applicandolo all’importante questione del dialogo inter-religioso: «Nella pratica e nell’approfondimento teorico del dialogo tra la fede cristiana e le altre tradizioni religiose sorgono domande nuove, alle quali si cerca di far fronte percorrendo nuove piste di ricerca, avanzando proposte e suggerendo comportamenti, che abbisognano di accurato discernimento» (n. 3: AAS 92 [2000] 744).

7 Cfr. Istr. Donum veritatis, n. 14: AAS 82 (1990) 1556.

8 Cfr. Lett. Enc. Veritatis splendor, n. 4: AAS 85 (1993) 1135-1137.

9 Cfr. Lett. Enc. Veritatis splendor, nn. 2. 6-7: AAS 85 (1993) 1134-1135. 1138-1139; Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Redemptor hominis (4 marzo 1979), n. 10: AAS 71 (1979) 274.

10 Cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich. Persona humana (29 dicembre 1975), nn. 8-9: AAS 68 (1976) 84-87; Lett. Homosexualitatis problema (1 ottobre 1986), nn. 3-8: AAS 79 (1987) 544-548; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2352. 2357-2359. 2396.

11 Cfr. Paolo VI, Lett. Enc. Humanae vitae (25 luglio 1968), nn. 11-14: AAS 60 (1968) 488-491; Giovanni Paolo II, Esort. Apost. Familiaris consortio (22 novembre 1981), n. 32: AAS 74 (1982) 118-120; Catechismo della Chiesa Cattolica, nn. 2370 e 2399.

12 Congregazione per la Dottrina della Fede, Istr. Donum vitae (22 febbraio 1987), n. II, B, 5: AAS 80 (1988) 92-94.

13 Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), nn. 58-62: AAS 87 (1995) 466-472.

[00778-01.02]

  TESTO IN LINGUA  SPAGNOLA

1. La teología moral ha suscitado en la vida de la Iglesia de los últimos decenios un interés que no conocía desde hacía mucho tiempo. Son muchas las causas que explican este fenómeno. La atención concedida por el Concilio Vaticano II a la persona humana y a los problemas que atormentan su corazón; la nueva percepción de la dignidad de la conciencia y del respeto que se le debe; la necesidad de renovar la teología moral según un modelo que se adecue mejor a la Alianza de Dios con su Pueblo, cuyo centro es la persona de Cristo; la consolidación de una antropología de índole más personalista; el redes-cubrimiento del carácter vocacional del matrimonio cristiano; los grandes desafíos planteados a la ciencia y a la cultura por las conquistas en el campo de la bio-ingeniería. Éstos son algunos de los elementos que han contribuido a concentrar la atención de los teólogos sobre la moral.

2. Si se consideran los resultados adquiridos en este ámbito, es indiscutible que se ha alcanzado un progreso considerable. Aun sin mencionar las respuestas inéditas — pero no por ello menos conformes a la "mente de Cristo» (1 Co 2, 16) — ofrecidas tanto a viejos como a nuevos problemas, no es posible ignorar múltiples indicios concretos de renovación. Entre éstos cabe señalar el descubrimiento, por parte de muchos fieles, de la grandeza de la vocación cristiana y de la profunda e inalterable alegría ligada al compromiso pleno y definitivo con ella; un anuncio del Evangelio que no teme proclamar con claridad las más altas exigencias de las ‘Bienaventuranzas’, como camino ordinario de la vida cristiana al servicio de la gloria del Padre y de los hermanos que el Padre atrae hacia Sí (cfr. Jn 6, 44); la fortaleza de numerosos cristianos para afirmar la propia identidad, cuando llega el momento de dialogar con personas que no comparten sus convicciones, fortaleza que no rehuye, si es necesario, el martirio, expresión sublime de la moral cristiana; el entusiasmo de las nuevas generaciones de teólogos en el aprendizaje y en el ejercicio de su ‘vocación’.

De este florecimiento y de sus frutos, Juan Pablo II ha dejado constancia en su encíclica Veritatis splendor: «El esfuerzo de muchos teólogos, alentados por el Concilio, ya ha dado sus frutos con interesantes y útiles reflexiones sobre las verdades de la fe que hay que creer y aplicar a la vida, presentadas de manera más adecuada a la sensibilidad y a los interrogantes de los hombres de nuestro tiempo».1

3. Hay otro aspecto que conviene considerar. En un clima de efervescencia intelectual, como el que la teología moral ha conocido en el pasado y todavía conoce, se requiere un esfuerzo especial en quien, como el teólogo moralista, se ve implicado en primera persona: el esfuerzo para no perder el sentido del equilibrio y de la mesura inherente a su vocación. Ésta última comporta, en efecto, la referencia a dos polos inseparables: el respeto a la verdad íntegra debido al Pueblo de Dios, y una fuerte unión con el Magisterio de la Iglesia, depositario del deber de mantener, mediante el Espíritu del Resucitado (cfr. Jn 16, 13), al Pueblo de Dios en una fidelidad viva a la verdad, a través del tiempo y de las más variadas circunstancias.

Es oportuno detenerse sobre la apenas mencionada vocación del teólogo moralista, para precisar todavía más su contorno. La tarea del teólogo moralista es indispensable para la realidad viva de la Iglesia. A él le corresponde escrutar todo lo que podría hacer la vida según «la verdad con caridad» (Ef 4, 15) más limpia, más trasparente y más accesible a los creyentes. Con él comienza el discernimiento entre los verdaderos y los falsos problemas. Él explora «la Palabra de Dios contenida en la Escritura inspirada y transmitida por la Tradición viva de la Iglesia»2 con objeto de extraer la luz necesaria para resolver las dificultades que se presentan.

Estas líneas generales se podrían completar con las consideraciones más específicas que la Encíclica Veritatis splendor propone al respecto.3 Sin necesidad de descender a más detalles, es útil recordar que el trabajo de inteligencia de la fe y de las costumbres confiado al teólogo moralista no es un bloque monolítico, cerrado en sí mismo. Es esencialmente un servicio que se propone favorecer tanto el crecimiento del Pueblo de Dios en el bien, cuanto la colaboración con el Magisterio en el ejercicio de su misión de instancia última de la verdad en la Iglesia.

4. Con respecto a las relaciones entre el teólogo y el Magisterio, se puede constatar la existencia de algunas tensiones. Éstas no deben ser siempre interpretadas necesariamente como expresión de posiciones inconciliables o de latentes rupturas, sino como resultado de modos diferentes de acercarse a una misma verdad, siempre difícil de aferrar en toda su complejidad y riqueza.

Cabría recordar, en la historia reciente de la Iglesia, las tensiones que existieron entre algunos teólogos y el Magisterio en los años 50. Esas tensiones — como ha reconocido el mismo Magisterio — revelaron su fecundidad sucesivamente, hasta el punto de convertirse en estímulo para el Concilio Vaticano II. Admitir las tensiones no significa descuido o indiferencia. Se trata, más bien, de la «paciencia de la maduración»,4 que la tierra requiere para permitir que la semilla germine y produzca nuevos frutos. Dejando de lado la metáfora, se reconoce la necesidad de dejar que las nuevas ideas se adecuen gradualmente al patrimonio doctrinal de la Iglesia, para abrirlo después a las riquezas insospechables que contenía dentro de sí. El Magisterio adopta prudentemente esta actitud y le concede particular relieve, porque sabe que de ese modo se alcanzan las comprensiones más profundas de la Verdad para el mayor bien de los fieles. Es la actitud de Juan Pablo II cuando, en la encíclica citada, se abstiene de «imponer a los fieles ningún sistema teológico particular».5 Llegará la hora de la poda y del discernimiento, pero nunca antes de que surja y se abra lo que está germinando.6

5. Junto a la tensión, puede surgir por desgracia la oposición. Ésta existe cuando la búsqueda de la verdad se realiza con detrimento del patrimonio doctrinal de la Iglesia y cristaliza en tesis ambiguas o claramente erróneas. La vigilancia realizada en este caso por los Pastores pertenece a la función que el Señor les confió de mantener intacto el «depósito de la fe» para el bien de toda la Iglesia.7

En efecto, considerada más de cerca, la actitud de oposición es nociva para todos. Ante todo para el teólogo, el cual, negadas algunas verdades, se expone a caer en otros errores que podrían llevarlo a cerrarse a la Verdad. Además es perjudicial para el Pueblo de Dios, que ve amenazado su acceso a la plena verdad cristiana, a la que tiene un derecho inalienable. Por último, para los Pastores de la Iglesia, que sin una sana teología, se ven privados de una ayuda para cumplir todavía mejor la tarea que el Señor les ha confiado. Cuando vigila sobre el «depósito» revelado (cfr. 1 Tm 6, 20; 2 Tm 1, 12), el Magisterio no desea destruir, sino enderezar para edificar. San Pablo lo decía a Timoteo (cfr. 2 Tm 4, 2) y Juan Pablo II lo reafirma cuando propone a la consideración de los moralistas algunas verdades que pertenecen al ‘patrimonio moral’ de la Iglesia.8

6. El resultado positivo de la vigilancia de los Pastores de la Iglesia se extiende a la comunidad teológica de la que forma parte el P. Marciano Vidal. Lo que se dice ahora constituye, para los demás miembros de esa comunidad, la ocasión de examinar sus contribuciones a la luz de lo que el Magisterio reconoce, en este caso particular, como perteneciente o no al «depósito» confiado a la Iglesia. A este respecto, la presente Notificación contiene preciosas indicaciones, algunas de las cuales son de gran importancia.

La primera de ellas es sin duda el lugar central que ocupa la persona de Cristo en la teología moral católica. Aun reconociendo el valor de la recta ratio para conocer al hombre, Cristo es sin embargo el punto de referencia indispensable y definitivo para adquirir un conocimiento íntegro de la persona humana, que será después el fundamento de un obrar moral integral, en el que no hay dicotomía alguna entre lo que depende del humanum y lo que procede de la fe.

Tras las huellas del Concilio Vaticano II, la Encíclica Veritatis splendor ha sido explícita sobre este punto. A Cristo se acerca el «joven rico» para recibir una enseñanza acerca de sí mismo y de lo que debe hacer para adecuarse a su propia identidad y encontrar el verdadero bien, es decir, el que consiste en realizarse según el designio de Dios (cfr. Mt 19, 16-21).9

Una segunda indicación importante, derivada directamente de la anterior, es la dignidad intangible de la sexualidad humana. En un contexto marcado por la exasperada sexualidad prevalente en nuestro mundo, el contorno de su auténtico significado puede fácilmente difuminarse. Por ello, el moralista cristiano puede sentir la tentación de resolver los viejos y nuevos problemas con respuestas que son más conformes a la sensibilidad y las expectativas del mundo que a la «mente de Cristo» (cfr. 1 Co 2, 16). Como sucede frecuentemente en las cuestiones doctrinales objeto de discusión, la solución buena es aquí la lectio difficilior. Como el Magisterio ha demostrado en diversas ocasiones y en diferentes contextos, no es posible aceptar ninguna transacción en este ámbito. La vocación cristiana, en sus diversos estados de vida, encuentra su condición de posibilidad en una sexualidad humana integral.

A la luz de estas observaciones se entiende el motivo por el que la Iglesia considera la masturbación y las relaciones sexuales de tipo homosexual como actos objetivamente graves.10 Y en la misma óptica la Iglesia invita a los esposos cristianos a la paternidad responsable en el respeto de la «inseparable conexión», querida por el Creador y Redentor del hombre, entre los dos significados, unitivo y procreativo, del acto conyugal.11

Las mismas razones se encuentran en la enseñanza del Magisterio sobre la fecundación artificial homóloga. En efecto, por una parte se trata de los actos propios de los esposos como único lugar digno de la procreación humana y, por otra, de la necesidad de evitar cualquier forma de manipulación del embrión humano.12 Por lo que se refiere al respeto incondicional debido al embrión, no es suficiente afirmar la inmoralidad global del aborto, para después atenuar confusamente ese principio cuando se trata de aplicarlo a casos concretos particularmente complejos. Sobre este punto, la Iglesia ha reivindicado siempre una absoluta coherencia y continúa a hacerlo con creciente insistencia.13 Ateniéndose firmemente al principio de la integridad de la sexualidad humana y al del respeto de la vida, conectado con el primero, la Iglesia no oprime al hombre. Más bien, lo valoriza; y lo hace sobre la base de la idea que Jesucristo y la Tradición apostólica han tenido del hombre, a pesar del contexto cultural de su tiempo.

7. Una Notificación como la que el presente texto se ha propuesto comentar es siempre un evento importante en la vida de la Iglesia. Lo es en primer lugar para la persona inmediatamente interpelada, pero también para el entero Cuerpo eclesial, del cual el teólogo en cuestión es y continúa siendo miembro. En casos semejantes se pueden usar los términos ‘destruir’, pero también ‘construir’, ‘edificar’ (cfr. 2 Co 10, 8; 13, 10). A primera vista, el verbo ‘destruir’ puede parecer el más adecuado, pero a largo plazo y a la luz del amor invencible del Señor, el ‘construir’ prevalecerá y suscitará la inalterable alegría de haber perseverado en la verdad hasta el final (cfr. 2 Jn 2). En esto consiste la esperanza de la Iglesia: «nosotros sabemos que todas las cosas cooperan para el bien de los que aman a Dios, los que según su designio son llamados» (Rm 8, 28).

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1 Juan Pablo II, Encíclica Veritatis splendor (6 de agosto de 1993), n. 29: AAS 85 (1993) 1157.

2 Congregación para la Doctrina de la Fe, Instr. Donum veritatis (24 de mayo de 1990), n. 6: AAS 82 (1990) 1552.

3 Cfr. Enc. Veritatis splendor, nn. 111-113: AAS 85 (1993) 1220-1222.

4 Esta expresión se toma de la Instr. Donum veritatis, n. 11 (AAS 82 [1990] 1555), que la utiliza para describir la actitud que debe adoptar el teólogo si desea que su audaz investigación de la verdad dentro de la fe eclesial pueda dar frutos y «edificar».

5 Enc. Veritatis splendor, n. 29: AAS 85 (1993) 1157.

6 La reciente Declaración de la Congregación para la Doctrina de la Fe, Dominus Iesus (6 de agosto de 2000) describe bien este proceso, aplicándolo al importante problema del diálogo interreligioso: «En la práctica y en la profundización teórica del diálogo entre la fe cristiana y las otras tradiciones religiosas surgen cuestiones nuevas, las cuales se trata de afrontar recorriendo nuevas pistas de búsqueda, adelantando propuestas y sugiriendo comportamientos, que necesitan un cuidadoso discernimento» (n. 3: AAS 92 [2000] 744).

7 Cfr. Instr. Donum veritatis, n. 14: AAS 82 (1990) 1556.

8 Cfr. Enc. Veritatis splendor, n. 4: AAS 85 (1993) 1135-1137.

9 Cfr. Enc. Veritatis splendor, nn. 2. 6-7: AAS 85 (1993) 1134-1135; Juan Pablo II, Enc. Redemptor hominis (4 de marzo de 1979), n. 10: AAS 71 (1979) 274.

10 Cfr. Congregación para la Doctrina de la Fe, Decl. Persona humana (29 de diciembre de 1975), nn. 8-9: AAS 68 (1976) 84-87; Carta Homosexualitatis problema (1 de octubre de 1986), nn. 3-8: AAS 79 (1987) 544-548; Catecismo de la Iglesia Católica, nn. 2352. 2357-2359. 2396.

11 Cfr. Pablo VI, Enc. Humanae vitae (25 de julio de 1968), nn. 11-14: AAS 60 (1968) 488-491; Juan Pablo II, Exhort. Apost. Familiaris consortio (22 de noviembre de 1981), n. 32: AAS 74 (1982) 118-120; Catecismo de la Iglesia Católica, nn. 2370 y 2399.

12 Congregación para la Doctrina de la Fe, Instr. Donum vitae (22 de febrero de 1987), n. II, B, 5: AAS 80 (1988) 92-94.

13 Juan Pablo II, Enc. Evangelium vitae (25 de marzo de 1995), nn. 58-62: AAS 87 (1995) 466-472.

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