Alle ore 10 di questa mattina, I Domenica di Avvento, il Santo Padre Giovanni Paolo II presiede, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, la Celebrazione Eucaristica in occasione del Giubileo della Comunità con i Disabili.
Concelebrano con il Papa gli Em.mi Cardinali: Roger Etchegaray, Presidente del Comitato del Grande Giubileo dell’Anno 2000; Camillo Ruini, Vicario Generale di Sua Santità per la diocesi di Roma; gli Ecc.mi Monsignori: Crescenzio Sepe, Segretario del Comitato del Grande Giubileo dell’Anno 2000, Salvatore Pappalardo, Vescovo di Nicosia; Armando Brambilla, Vescovo tit. di Giomnio, Ausiliare di Roma.
All’inizio della Santa Messa Don Elvio Damoli, Direttore della Caritas Italiana, e due rappresentanti dei disabili rivolgono al Papa un indirizzo di omaggio.
Pubblichiamo di seguito il testo dell’omelia che Giovanni Paolo II pronuncia nel corso della Celebrazione Eucaristica, dopo la lettura del Santo Vangelo:
● OMELIA DEL SANTO PADRE
1. "Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina" (Lc 21,28).
San Luca, nel testo evangelico offerto alla nostra meditazione in questa prima domenica d'Avvento, mette in luce la paura che atterrisce gli uomini di fronte agli sconvolgimenti finali. Per contrasto, però, l'evangelista presenta con risalto ben maggiore la prospettiva gioiosa dell'attesa cristiana: "Allora - dice - vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande" (Lc 21,27). Ecco l'annuncio che dà speranza al cuore del credente: il Signore verrà "con potenza e gloria grande". Per questo i discepoli sono invitati a non avere paura, ma ad alzarsi ed a levare il capo, "perché la vostra liberazione è vicina" (Lc 21,28).
Ogni anno la Liturgia ci fa riascoltare, all'inizio dell'Avvento, questa "buona notizia", che risuona con straordinaria eloquenza nella Chiesa. E' la notizia della nostra salvezza; è l'annuncio che il Signore è vicino. Anzi, che Egli è già con noi.
2. Carissimi Fratelli e Sorelle! Sento vibrare nello spirito quest'invito alla serenità e alla speranza soprattutto quest'oggi, celebrando insieme con voi il Giubileo delle persone disabili. Lo celebriamo nel giorno a voi dedicato dalle Nazioni Unite, che proprio 25 anni fa pubblicarono la "Dichiarazione sui diritti della persona disabile".
Vi saluto con affetto, cari amici, che portate una o più forme di disabilità, e che avete voluto venire a Roma per questo incontro di fede e di fraternità. Ringrazio i vostri rappresentanti e il Direttore della Caritas Italiana per le parole che mi hanno rivolto all'inizio della Santa Messa. Estendo il mio cordiale pensiero a tutti i disabili, ai loro familiari e ai volontari che, in questo stesso giorno, celebrano con i loro Pastori, nelle varie Chiese locali, il loro Giubileo.
Nel vostro corpo e nella vostra vita, carissimi Fratelli e Sorelle, voi siete portatori di un'acuta speranza di liberazione. Non vi è in ciò un'implicita attesa della "liberazione" che Cristo ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione? In effetti, ogni persona segnata da una difficoltà fisica o psichica vive una sorta di "avvento" esistenziale, l'attesa di una "liberazione" che si manifesterà pienamente, per essa come per tutti, soltanto alla fine dei tempi. Senza la fede, questa attesa può assumere i toni della delusione e dello sconforto; sorretta dalla parola di Cristo, essa si trasforma in speranza vivente ed operosa.
3. "Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere e di comparire davanti al Figlio dell'uomo" (Lc 21,36). L'odierna Liturgia ci parla della "seconda venuta" del Signore; parla cioè del ritorno glorioso di Cristo che coinciderà con quella che, in termini semplici, si chiama "la fine del mondo". Si tratta di un evento misterioso che, nel linguaggio apocalittico, presenta per lo più l'aspetto di un immenso cataclisma. Come la fine del singolo, cioè la morte, la fine dell'universo suscita l'angoscia dell'ignoto, il timore della sofferenza, insieme con interrogativi pieni di trepidazione sull'"aldilà".
Il tempo d'Avvento, che proprio oggi inizia, ci sprona a prepararci per accogliere il Signore che verrà. Ma come prepararci? La significativa celebrazione che stiamo compiendo pone in luce che un modo concreto per disporci a quell'incontro è la prossimità e la condivisione con chi, per qualunque motivo, si trova in difficoltà. Riconoscendo Cristo nel fratello, ci si dispone ad essere da Lui riconosciuti al suo ritorno definitivo. E' così che la Comunità cristiana si prepara alla seconda venuta del Signore: mettendo al centro le persone che Gesù stesso ha privilegiato, quelle persone che spesso la società emargina e non considera.
4. E' quanto abbiamo fatto oggi, raccogliendoci in questa Basilica per vivere la grazia e la gioia del Giubileo insieme con voi, che vi trovate in condizione di disabilità, e con le vostre famiglie. Con questo gesto intendiamo fare nostre le vostre ansie e le vostre attese, i vostri doni ed i vostri problemi.
In nome di Cristo, la Chiesa si impegna a farsi per voi sempre più "casa accogliente". Sappiamo che il disabile - persona unica e irripetibile nella sua eguale e inviolabile dignità - richiede non solo cura, ma anzitutto amore che si faccia riconoscimento, rispetto e integrazione: dalla nascita all'adolescenza, fino all'età adulta e al momento delicato, vissuto con trepidazione da tanti genitori, del distacco dai propri figli, il momento del "dopo di noi". Carissimi, vogliamo sentirci partecipi delle vostre fatiche e degli inevitabili momenti di sconforto, per illuminarli con la luce della fede e con la speranza della solidarietà e dell'amore.
5. Con la vostra presenza, carissimi Fratelli e Sorelle, voi riaffermate che la disabilità non è soltanto bisogno, è anche e soprattutto stimolo e sollecitazione. Certo, essa è domanda di aiuto, ma è prima ancora provocazione nei confronti degli egoismi individuali e collettivi; è invito a forme sempre nuove di fraternità. Con la vostra realtà, voi mettete in crisi le concezioni della vita legate soltanto all'appagamento, all'apparire, alla fretta, all'efficienza.
Anche la Comunità ecclesiale si pone in ascolto rispettoso; essa sente il bisogno di lasciarsi interrogare dalla fatica di tante vostre esistenze segnate misteriosamente dalla sofferenza e dal disagio di eventi lesivi, congeniti o acquisiti. Vuole farsi più vicina a voi e alle vostre famiglie, consapevole che la disattenzione acuisce sofferenza e solitudine, mentre la fede testimoniata nell'amore e nella gratuità dona forza e senso alla vita.
A quanti hanno responsabilità politiche a tutti i livelli, vorrei chiedere, in questa solenne circostanza, di operare affinché siano assicurate condizioni di vita e opportunità tali per cui la vostra dignità, cari Fratelli e Sorelle disabili, sia effettivamente riconosciuta e tutelata. In una società ricca di conoscenze scientifiche e tecniche, è possibile e doveroso fare di più, nei vari modi che la convivenza civile richiede: dalla ricerca biomedica per prevenire la disabilità, alla cura, all'assistenza, alla riabilitazione, alla nuova integrazione sociale.
Se i vostri diritti civili, sociali e spirituali vanno tutelati, è però ancor più importante salvaguardare le relazioni umane: relazioni di aiuto, di amicizia e di condivisione. Ecco perché vanno promosse forme di cura e di riabilitazione che tengano conto della visione integrale della persona umana.
6. "Il Signore vi faccia crescere e abbondare nell'amore vicendevole e verso tutti" (1 Ts 3,12).
San Paolo ci indica quest'oggi la via della carità come strada maestra per andare incontro al Signore che verrà. Egli sottolinea che solo amando in modo sincero e disinteressato potremo trovarci pronti "al momento della venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi" (1 Ts 3,13). Ancora una volta l'amore è il criterio decisivo, oggi e sempre.
Sulla croce, offrendo se stesso in riscatto per noi, Gesù ha realizzato il giudizio della salvezza, rivelando il disegno di misericordia del Padre. Questo giudizio Egli l'anticipa nel presente: identificandosi con "il più piccolo dei fratelli", Gesù ci chiede di accoglierlo e di servirlo con amore. Nell'ultimo giorno ci dirà: Ho avuto fame, mi hai dato da mangiare... (cfr Mt 25,35), e ci domanderà se avremo annunciato, vissuto e testimoniato il Vangelo della carità e della vita.
7. Quanto eloquenti sono oggi per noi queste tue parole, Signore della vita e della speranza! In Te ogni limite umano è riscattato e redento. Grazie a Te, la disabilità non è l'ultima parola dell'esistenza. E' l'amore la parola ultima, è il tuo amore che dà senso alla vita.
Aiutaci a orientare il cuore verso di Te; aiutaci a riconoscere il tuo volto che rifulge in ogni umana creatura per quanto provata dalla fatica, dalla difficoltà e dalla sofferenza.
Facci comprendere che "la gloria di Dio è l'uomo vivente" (Ireneo di Lione, Adv. haer., 4, 20, 7), e fa che un giorno possiamo gustare, nella visione divina, insieme a Maria Madre dell'umanità, la pienezza della vita da Te redenta. Amen!
[02458-01.01] [Testo originale: Italiano]