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XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ - SANTA MESSA CONCLUSIVA A TOR VERGATA (ROMA), 20.08.2000


SALUTO DEL CARDINALE CAMILLO RUINI

OMELIA DEL SANTO PADRE

SALUTO DEL CARDINALE JAMES FRANCIS STAFFORD

Alle ore 8 di questa mattina, Giovanni Paolo II torna al Campus dell’Università di Tor Vergata per presiedere la Celebrazione Eucaristica a chiusura della XV Giornata Mondiale della Gioventù. Lo attendono oltre due milioni di giovani: tutti quelli che, dopo la Veglia di ieri sera, hanno passato la notte nel Campus in parte vegliando e pregando e i numerosi altri che si sono aggiunti nelle prime ore di oggi.

Al suo arrivo il Papa, proveniente in elicottero da Castel Gandolfo, è accolto da numerose autorità: il Presidente della Repubblica Italiana On. Carlo Azeglio Ciampi; il Presidente del Senato On. Nicola Mancino; il Presidente del Consiglio dei Ministri On. Giuliano Amato; il Sindaco di Roma On. Francesco Rutelli; il Magnifico Rettore dell’Università di Tor Vergata, Prof. Alessandro Finazzi Agrò. Ad accogliere il Santo Padre anche il Card. Camillo Ruini, Suo Vicario per la Diocesi di Roma; il Card. James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici e S.E. Mons. Giuseppe Matarrese, Vescovo di Frascati.

La Santa Messa inizia alle ore 8.30. In apertura di celebrazione, il Cardinale Vicario Camillo Ruini rivolge al Papa un indirizzo di omaggio. Al termine, è invece il Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, Card. James Francis Stafford, a ringraziare Giovanni Paolo II a nome di tutti i presenti.

Nel corso del solenne rito conclusivo della XV Giornata Mondiale della Gioventù, dopo la lettura del Santo Vangelo, il Papa pronuncia l’omelia.

Di seguito riportiamo il testo dei saluti del Cardinali Ruini e Stafford e dell’omelia del Santo Padre:

SALUTO DEL CARDINALE CAMILLO RUINI

Padre Santo,

l’Eucaristia che ora inizia è atto solenne di ringraziamento a Dio per tutto ciò che abbiamo vissuto in questa straordinaria XV Giornata Mondiale della Gioventù.

Mi sia consentito, Padre Santo, dare voce a ciascuno dei giovani che affollano questo meraviglioso scenario, ai Vescovi e ai Sacerdoti che li accompagnano, e anche a tutta la comunità cristiana di Roma, per rivolgere un filiale, specialissimo ringraziamento a Vostra Santità. Se questi giovani, e noi con loro, hanno potuto avvertire immediatamente Roma come "patria comune", e soprattutto se hanno sentito in questi giorni la Chiesa come madre estremamente vicina, capace di comprenderli nel profondo e quasi di entrare in loro, moltissimo è dipeso dalla Persona di Vostra Santità, dalle Sue parole, da tutto il Suo atteggiamento verso di loro, dalla possibilità che ha loro offerto di leggere dentro al Suo cuore.

Padre Santo, qui davvero ci siamo sentiti tutti fratelli, tutti insieme membra e corpo dell’unico Signore, in virtù della medesima fede che tutti abbiamo ricevuto in dono e che tutti siamo chiamati a donare ai nostri fratelli.

In questa Eucaristia, che è il culmine della Giornata Mondiale, desideriamo chiedere a Dio che i giovani del mondo intero, l’umanità nuova che costruirà il futuro, possano anch’essi, con noi, sperimentare la gioia di appartenere all’unica famiglia dei figli di Dio.

I giovani qui presenti, Padre Santo, accolgono con animo sincero l’invito che Lei ha loro rivolto in questi giorni di essere, ovunque nel mondo, testimoni coraggiosi del Vangelo. Saranno ora essi stessi a dire a Vostra Santità cosa ha significato per loro questa Giornata Mondiale e a chiederLe di confermarli nella fede.

[01701-01.01] [Testo originale: Italiano]

OMELIA DEL SANTO PADRE

Testo in lingua originale

Traduzione in lingua francese

Traduzione in lingua inglese

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua neerlandese

Traduzione in lingua polacca

Testo in lingua originale

1. "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6,68).

Carissimi giovani e ragazze della quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù! Queste parole di Pietro, nel dialogo con Cristo alla fine del discorso sul "pane di vita", ci toccano personalmente. In questi giorni abbiamo meditato sull'affermazione di Giovanni: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Gv 1,14). L'evangelista ci ha riportato al grande mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio, il Figlio a noi donato attraverso Maria "quando venne la pienezza del tempo" (Gal 4,4).

Nel suo nome vi saluto ancora tutti con grande affetto. Saluto e ringrazio il Cardinale Camillo Ruini, mio Vicario Generale per la Diocesi di Roma e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, per le parole che ha voluto rivolgermi all'inizio di questa Santa Messa; saluto pure il Cardinale James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, e i tanti Cardinali, Vescovi e sacerdoti qui convenuti; saluto, altresì, con grata deferenza il Signor Presidente della Repubblica e il Capo del Governo italiano, come pure tutte le altre Autorità civili e religiose che ci onorano della loro presenza.

2. Siamo giunti al culmine della Giornata Mondiale della Gioventù. Ieri sera, carissimi giovani, abbiamo confermato la nostra fede in Gesù Cristo, il Figlio di Dio che il Padre ha mandato, come ha ricordato la prima lettura di oggi, "a portare il lieto annuncio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri... a consolare tutti gli afflitti" (Is 61,1-3).

Con l'odierna Celebrazione eucaristica Gesù ci introduce nella conoscenza di un particolare aspetto del suo mistero. Abbiamo ascoltato nel Vangelo un brano del discorso da Lui tenuto nella sinagoga di Cafarnao, dopo il miracolo della moltiplicazione dei pani. In esso Egli si rivela come il vero pane delle vita, il pane disceso dal cielo per dare la vita al mondo (cfr Gv 6,51). E' un discorso che gli ascoltatori non comprendono. La prospettiva in cui si muovono è troppo materiale per poter raccogliere il vero intendimento di Cristo. Essi ragionano nell'ottica della carne, che "non giova a nulla" (Gv 6, 63). Gesù invece apre il discorso sugli orizzonti sconfinati dello spirito: "Le parole che vi ho detto - Egli insiste - sono spirito e vita" (ibid.).

Ma l'uditorio è refrattario: "Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?" (Gv 6, 60). Si ritengono persone di buon senso, con i piedi sulla terra. Per questo scuotono il capo e, brontolando, se ne vanno uno dopo l'altro. La folla iniziale si riduce progressivamente. Alla fine resta solo lo sparuto gruppetto dei discepoli più fedeli. Ma sul "pane della vita" Gesù non è disposto a transigere. E' pronto piuttosto ad affrontare il distacco anche dei più intimi: "Forse anche voi volete andarvene?" (Gv 6, 67).

3. "Forse anche voi?". La domanda di Cristo scavalca i secoli e giunge fino a noi, ci interpella personalmente e sollecita una decisione. Quale è la nostra risposta? Cari giovani, se siamo qui oggi, è perché ci riconosciamo nell'affermazione dell'apostolo Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna" (Gv 6, 68).

Di parole intorno a voi ne risuonano tante, ma Cristo soltanto ha parole che resistono all'usura del tempo e restano per l'eternità. La stagione che state vivendo vi impone alcune scelte decisive: la specializzazione nello studio, l'orientamento nel lavoro, lo stesso impegno da assumere nella società e nella Chiesa. E' importante rendersi conto che, tra le tante domande affioranti al vostro spirito, quelle decisive non riguardano il "che cosa". La domanda di fondo è " chi": verso "chi" andare, "chi" seguire, "a chi" affidare la propria vita.

Voi pensate alla vostra scelta affettiva, e immagino che siate d'accordo: ciò che veramente conta nella vita è la persona con la quale si decide di condividerla. Attenti, però! Ogni persona umana è inevitabilmente limitata: anche nel matrimonio più riuscito, non si può non mettere in conto una certa misura di delusione. Ebbene, cari amici: non c'è in questo la conferma di quanto abbiamo ascoltato dall'apostolo Pietro? Ogni essere umano, prima o poi, si ritrova ad esclamare con lui: "Da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna". Solo Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio e di Maria, il Verbo eterno del Padre nato duemila anni orsono a Betlemme di Giudea, è in grado di soddisfare le aspirazioni più profonde del cuore umano.

Nella domanda di Pietro: "Da chi andremo?" c'è già la risposta circa il cammino da percorrere. E' il cammino che porta a Cristo. E il Maestro divino è raggiungibile personalmente: è infatti presente sull'altare nella realtà del suo corpo e del suo sangue. Nel sacrificio eucaristico noi possiamo entrare in contatto, in modo misterioso ma reale, con la sua persona, attingendo alla sorgente inesauribile della sua vita di Risorto.

4. Questa è la stupenda verità, carissimi amici: il Verbo, che si è fatto carne duemila anni fa, è presente oggi nell'Eucaristia. Per questo l'anno del Grande Giubileo, in cui stiamo celebrando il mistero dell'Incarnazione, non poteva non essere anche un anno "intensamente eucaristico" (cfr Tertio millennio adveniente, 55).

L'Eucaristia è il sacramento della presenza di Cristo che si dona a noi perché ci ama. Egli ama ciascuno di noi in maniera personale ed unica nella vita concreta di ogni giorno: nella famiglia, tra gli amici, nello studio e nel lavoro, nel riposo e nello svago. Ci ama quando riempie di freschezza le giornate della nostra esistenza e anche quando, nell'ora del dolore, permette che la prova si abbatta su di noi: anche attraverso le prove più dure, infatti, Egli ci fa sentire la sua voce.

Sì, cari amici, Cristo ci ama e ci ama sempre! Ci ama anche quando lo deludiamo, quando non corrispondiamo alle sue attese nei nostri confronti. Egli non ci chiude mai le braccia della sua misericordia. Come non essere grati a questo Dio che ci ha redenti spingendosi fino alla follia della Croce? A questo Dio che si è messo dalla nostra parte e vi è rimasto fino alla fine?

5. Celebrare l'Eucaristia "mangiando la sua carne e bevendo il suo sangue" significa accettare la logica della croce e del servizio. Significa cioè testimoniare la propria disponibilità a sacrificarsi per gli altri, come ha fatto Lui.

Di questa testimonianza ha estremo bisogno la nostra società, ne hanno bisogno più che mai i giovani, spesso tentati dai miraggi di una vita facile e comoda, dalla droga e dall'edonismo, per trovarsi poi nelle spire della disperazione, del non senso, della violenza. E' urgente cambiare strada nella direzione di Cristo, che è anche la direzione della giustizia, della solidarietà, dell'impegno per una società ed un futuro degni dell'uomo.

Questa è la nostra Eucaristia, questa è la risposta che Cristo attende da noi, da voi, giovani, a conclusione di questo vostro Giubileo. Gesù non ama le mezze misure, e non esita ad incalzarci con la domanda: "Volete andarvene anche voi?". Con Pietro, davanti a Cristo, Pane di vita, anche noi, oggi, vogliamo ripetere: "Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna!" (Gv 6,68).

6. Carissimi, ritornando alle vostre terre, mettete l'Eucaristia al centro della vostra vita personale e comunitaria: amatela, adoratela, celebratela, soprattutto la Domenica, giorno del Signore. Vivete l'Eucaristia testimoniando l'amore di Dio per gli uomini.

Affido a voi, carissimi amici, questo che è il più grande dono di Dio a noi, pellegrini sulle strade del tempo, ma recanti nel cuore la sete di eternità. Possa esservi sempre, in ogni comunità, un sacerdote che celebri l'Eucaristia! Chiedo per questo al Signore che fioriscano tra voi numerose e sante vocazioni al sacerdozio. La Chiesa ha bisogno di chi celebri anche oggi, con cuore puro, il sacrificio eucaristico. Il mondo ha bisogno di non essere privato della presenza dolce e liberatrice di Gesù vivo nell'Eucaristia!

Siate voi stessi ferventi testimoni della presenza di Cristo sui nostri altari. L'Eucaristia plasmi la vostra vita, la vita delle famiglie che formerete. Essa orienti tutte le vostre scelte di vita. L'Eucaristia, presenza viva e reale dell'amore trinitario di Dio, vi ispiri ideali di solidarietà e vi faccia vivere in comunione con i vostri fratelli sparsi in ogni angolo del pianeta.

Dalla partecipazione all'Eucaristia scaturisca, in particolare, una nuova fioritura di vocazioni alla vita religiosa, che assicuri la presenza nella Chiesa di forze fresche e generose per il grande compito della nuova evangelizzazione. Se qualcuno di voi, cari ragazzi e ragazze, avverte in sé la chiamata del Signore a donarsi totalmente a Lui per amarlo "con cuore indiviso" (cfr 1 Cor 7,34), non si lasci frenare dal dubbio o dalla paura. Dica con coraggio il proprio «sì» senza riserve, fidandosi di Lui che è fedele in ogni sua promessa. Non ha Egli forse assicurato, a chi ha lasciato tutto per Lui, il centuplo quaggiù e poi la vita eterna? (cfr Mc 10, 29-30).

7. Al termine di questa Giornata Mondiale, guardando a voi, ai vostri giovani volti, al vostro entusiasmo sincero, voglio esprimere, dal profondo del cuore, un grazie sentito a Dio per il dono della giovinezza, che per mezzo vostro permane nella Chiesa e nel mondo.

Grazie a Dio per il cammino delle Giornate Mondiali della Gioventù! Grazie a Dio per i tanti giovani che esse hanno coinvolto lungo questi sedici anni! Sono giovani che ora, divenuti adulti, continuano a vivere nella fede là dove risiedono e lavorano. Sono certo che anche voi, cari amici, sarete all'altezza di quanti vi hanno preceduto. Voi porterete l'annuncio di Cristo nel nuovo millennio. Tornando a casa, non disperdetevi. Confermate ed approfondite la vostra adesione alla comunità cristiana a cui appartenete. Da Roma, dalla Città di Pietro e di Paolo, il Papa vi accompagna con affetto e, parafrasando un'espressione di Santa Caterina da Siena, vi dice: "Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!" (cfr Lett. 368).

Guardo con fiducia a questa nuova umanità che si prepara anche per mezzo vostro, guardo a questa Chiesa perennemente ringiovanita dallo Spirito di Cristo e che oggi si rallegra dei vostri propositi e del vostro impegno. Guardo verso il futuro e faccio mie le parole di un'antica preghiera, che canta insieme il dono di Gesù, dell'Eucaristia e della Chiesa:

"Ti rendiamo grazie, Padre nostro,

per la vita e la conoscenza

che ci hai rivelato per mezzo di Gesù tuo servo.

A Te gloria nei secoli!

Come questo pane spezzato

era sparso qua e là sopra i colli

e raccolto divenne una sola cosa,

così si raccolga la tua Chiesa nel tuo regno

dai confini della terra ...

Tu, Signore onnipotente,

hai creato l'universo,

a gloria del tuo nome;

hai dato agli uomini il cibo

e la bevanda a loro conforto,

affinché Ti rendano grazie;

ma a noi hai donato un cibo

e una bevanda spirituale

e la vita eterna per mezzo del tuo Figlio ...

Gloria a Te, nei secoli!" (Didaché 9, 3-4; 10, 3-4).

Amen.

[01704-01.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

1. «Seigneur, vers qui pourrions-nous aller? Tu as les paroles de la vie éternelle» (Jn 6, 68).

Chers jeunes des quinzièmes Journées mondiales de la Jeunesse! Ces paroles de Pierre, dans le dialogue avec le Christ à la fin du discours sur le «pain de vie», nous touchent personnellement. Ces jours-ci, nous avons médité sur l'affirmation de Jean: «Le Verbe s'est fait chair, il a habité parmi nous» (Jn 1, 14). L'évangéliste nous a reportés au grand mystère de l'Incarnation du Fils de Dieu, le Fils qui nous a été donné par Marie «lorsque les temps furent accomplis» (Ga 4, 4).

En son nom, une fois encore je vous salue tous avec affection. Je salue et je remercie le Cardinal Camillo Ruini, mon Vicaire général pour le diocèse de Rome, Président de la Conférence épiscopale italienne, pour les paroles qu'il a bien voulu m'adresser au début de cette messe; je salue aussi le Cardinal James Francis Stafford, Président du Conseil pontifical pour les Laïcs, et les nombreux Cardinaux, Évêques et prêtres réunis ici; je salue de même avec déférence et gratitude Monsieur le Président de la République et le Chef du Gouvernement italien, ainsi que toutes les autres Autorités civiles et religieuses qui nous honorent de leur présence.

2. Nous sommes arrivés au sommet des Journées mondiales de la Jeunesse. Hier soir, chers jeunes, nous avons confirmé notre foi en Jésus Christ, le Fils de Dieu que le Père a envoyé, comme nous l'a rappelé la première lecture d'aujourd'hui, pour «porter la bonne nouvelle aux pauvres, guérir ceux qui ont le cœur brisé, annoncer aux prisonniers la délivrance et aux captifs la liberté,... consoler tous ceux qui pleurent» (Is 61, 1-2).

Par la célébration eucharistique d'aujourd'hui, Jésus nous introduit dans la connaissance d'un aspect particulier de son mystère. Nous avons écouté dans l'Évangile un passage du discours qu'il a prononcé dans la synagogue de Capharnaüm, après le miracle de la multiplication des pains. Dans ce discours, Jésus se révèle comme le vrai pain de la vie, le pain descendu du ciel pour donner la vie au monde (cf. Jn 6, 51). C'est un discours que les auditeurs ne comprennent pas. La perspective dans laquelle ils se situent est trop matérielle pour pouvoir saisir la véritable intention du Christ. Ils raisonnent dans une perspective charnelle, qui «n'est capable de rien» (Jn 6, 63). Jésus, au contraire ouvre son discours sur les horizons sans limites de l'esprit: «Les paroles que je vous ai dites - insiste-t-il - sont esprit et elles sont vie» (ibid.).

Mais les auditeurs y sont insensibles: «Ce qu'il dit là est intolérable, on ne peut pas continuer à l'écouter!» (Jn 6, 60). Ils s’estiment personnes de bon sens, avec les pieds sur terre. C’est pourquoi ils hochent la tête et, tout en gromelant, ils s'en vont les uns après les autres. La foule du début se réduit progressivement. À la fin, il reste seulement le petit groupe restreint des disciples les plus fidèles. Mais sur «le pain de la vie», Jésus n'est pas disposé à transiger. Il est plutôt prêt à s'exposer à l'abandon même des plus intimes: «Voulez-vous partir, vous aussi?» (Jn 6, 67).

3. «Vous aussi?» La question du Christ enjambe les siècles et parvient jusqu'à nous, elle nous interpelle personnellement et sollicite une décision. Quelle est notre réponse? Chers jeunes, si nous sommes ici aujourd'hui, c'est parce que nous nous reconnaissons dans l'affirmation de l'Apôtre Pierre: «Seigneur, vers qui pourrions-nous aller? Tu as les paroles de la vie éternelle» (Jn 6, 68).

Des paroles, il en résonne beaucoup autour de vous, mais seul le Christ a des paroles qui résistent à l'usure du temps et qui demeurent pour l'éternité. La période actuelle de votre vie vous impose des choix décisifs: la spécialisation dans les études, l'orientation dans le travail, l'engagement même à assumer dans la société et dans l'Église. Il est important de se rendre compte que, parmi les nombreuses questions qui se présentent à votre esprit, celles qui sont décisives ne concernent pas le «quoi». La question de fond est «qui»: vers «qui» aller, «qui» suivre, «à qui» confier sa vie.

Vous pensez à votre choix affectif, et j'imagine que vous êtes bien d’accord: ce qui compte vraiment dans la vie c'est la personne avec laquelle on décide de la partager. Mais attention! Toute personne humaine est inévitablement limitée: même dans le mariage le plus réussi, on ne peut pas ne pas prendre en compte une certaine dose de déception. Eh bien, chers amis, n'y a-t-il pas en cela la confirmation de ce que nous avons entendu de l'Apôtre Pierre? Tout être humain en vient tôt ou tard à s'écrier avec lui: «Vers qui pourrions-nous aller? Tu as les paroles de la vie éternelle». Seul Jésus de Nazareth, le Fils de Dieu et le Fils de Marie, le Verbe éternel du Père né il y a deux mille ans à Bethléem de Juda, est en mesure de satisfaire les aspirations les plus profondes du cœur humain.

Dans la question de Pierre: «Vers qui pourrions-nous aller?», il y a déjà la réponse concernant le chemin à parcourir. C'est le chemin qui conduit au Christ. Et le divin Maître peut être rejoint personnellement: en effet, il est présent sur l'autel dans la réalité de son corps et de son sang. Dans le sacrifice eucharistique, nous pouvons entrer en contact, de façon mystérieuse mais réelle, avec sa personne, puisant à la source inépuisable de sa vie de Ressuscité.

4. Telle est la merveilleuse vérité, chers amis: le Verbe, qui s'est fait chair il y a deux mille ans, est présent aujourd'hui dans l'Eucharistie. C’est pourquoi l'année du grand Jubilé, au cours de laquelle nous célébrons le mystère de l'Incarnation, ne pouvait pas ne pas être aussi une année «intensément eucharistique» (cf. Lettre apostolique Tertio millennio adveniente, n.55).

L'Eucharistie est le sacrement de la présence du Christ qui se donne à nous parce qu'il nous aime. Il aime chacun de nous de façon personnelle et unique dans la vie concrète de chaque jour: dans la famille, parmi les amis, dans les études et au travail, dans le repos et dans les distractions. Il nous aime quand il remplit de fraîcheur les journées de notre existence et aussi quand, à l'heure de la souffrance, il permet que l'épreuve s'abatte sur nous: en effet, même à travers les épreuves les plus dures, il nous fait entendre sa voix.

Oui, chers amis, le Christ nous aime et il nous aime toujours! Il nous aime même lorsque nous le décevons, quand nous ne correspondons pas à ses attentes à notre égard. Il ne nous ferme jamais les bras de sa miséricorde. Comment ne pas être reconnaissant envers ce Dieu qui nous a rachetés en allant jusqu'à la folie de la Croix? Envers ce Dieu qui s'est mis de notre côté et qui y est demeuré jusqu'au bout?

5. Célébrer l'Eucharistie «en mangeant sa chair et en buvant son sang» signifie accepter la logique de la croix et du service. Cela signifie donc témoigner de sa propre disponibilité à se sacrifier pour les autres, comme il l'a fait lui-même.

Notre société a un immense besoin de ce témoignage, les jeunes en ont besoin plus que jamais, eux qui sont souvent tentés par les mirages d'une vie facile et confortable, par la drogue et l'hédonisme, pour se trouver ensuite dans la spirale du désespoir, du non-sens, de la violence. Il est urgent de changer de route en direction du Christ, qui est aussi la direction de la justice, de la solidarité, de l'engagement pour une société et un avenir dignes de l'homme.

Telle est notre Eucharistie, telle est la réponse que le Christ attend de nous, de vous, les jeunes, en conclusion de votre Jubilé. Jésus n'aime pas les demi-mesures, et il n'hésite pas à nous bousculer avec sa question: «Voulez-vous partir, vous aussi?» Avec Pierre, devant le Christ, Pain de vie, nous aussi, aujourd'hui, nous voulons redire: «Seigneur, vers qui pourrions-nous aller? Tu as les paroles de la vie éternelle» (Jn 6, 68).

6. Chers amis, en rentrant dans vos pays, mettez l'Eucharistie au centre de votre vie personnelle et communautaire : aimez-la, adorez-la, célébrez-la, surtout le dimanche, jour du Seigneur. Vivez l'Eucharistie en témoignant de l'amour de Dieu pour les hommes.

Chers amis, je vous confie ce qui est le plus grand don que Dieu nous ait fait, à nous pèlerins sur les routes du temps, mais portant dans le cœur la soif de l'éternité. Puissiez-vous avoir toujours, dans chaque communauté, un prêtre qui célèbre l'Eucharistie! C’est pourquoi je demande au Seigneur que fleurissent parmi vous de nombreuses et saintes vocations au sacerdoce. L'Église a besoin d’hommes qui célèbrent aujourd'hui, avec un cœur pur, le sacrifice eucharistique. Le monde a besoin de ne pas être privé de la présence douce et libératrice de Jésus vivant dans l'Eucharistie!

Soyez vous-mêmes des témoins fervents de la présence du Christ sur nos autels. Que l'Eucharistie façonne votre vie, la vie des familles que vous formerez! Qu'elle oriente tous vos choix de vie! Que l'Eucharistie, présence vivante et réelle de l'amour trinitaire de Dieu, vous inspire des idéaux de solidarité et vous fasse vivre en communion avec vos frères disséminés en tous lieux de la planète!

Que de la participation à l'Eucharistie, en particulier, jaillisse une nouvelle floraison de vocations à la vie religieuse, afin d’assurer dans l'Église la présence de forces fraîches et généreuses pour la grande tâche de la nouvelle évangélisation! Si l'un ou l'une de vous, chers garçons et filles, entend l'appel du Seigneur à se donner totalement à lui pour l'aimer «d’un cœur sans partage» (cf. 1 Co 7, 34), qu'il ne se laisse pas arrêter par le doute ou par la peur! Qu'il dise avec courage son «oui» sans réserve, en se confiant à Celui qui est fidèle en toutes ses promesses! N'a-t-il pas promis, à ceux qui ont tout laissé pour lui, le centuple ici-bas et ensuite la vie éternelle(cf. Mc 10, 29-30)?

7. Au terme des ces Journées mondiales, en vous regardant, en regardant vos jeunes visages, votre enthousiasme sincère, je veux exprimer, du fond du cœur, un profond merci à Dieu pour le don de la jeunesse, qui par vous demeure dans l'Église et dans le monde.

Merci à Dieu pour le chemin des Journées mondiales de la Jeunesse! Merci à Dieu pour les nombreux jeunes qui se sont engagés tout au long de ces seize années! Ce sont des jeunes qui maintenant, devenus adultes, continuent à vivre dans la foi là où ils habitent et ils travaillent. Je suis sûr que vous aussi, chers amis, vous serez à la hauteur de ceux qui vous ont précédés. Vous porterez l'annonce du Christ dans le nouveau millénaire. En rentrant chez vous, ne vous dispersez pas. Confirmez et approfondissez votre adhésion à la communauté chrétienne à laquelle vous appartenez. De Rome, de la Ville de Pierre et de Paul, le Pape vous accompagne avec affection et, paraphrasant une expression de sainte Catherine de Sienne, il vous dit: «Si vous êtes ce que vous devez être, vous mettrez le feu au monde entier!» (cf. Lettre 368).

Je regarde avec confiance cette nouvelle humanité qui se prépare par vous, je regarde cette Église sans cesse rajeunie par l'Esprit du Christ et qui aujourd'hui se réjouit de vos résolutions et de votre engagement. Je regarde vers l'avenir et je fais miennes les paroles d'une prière ancienne, qui chante à la fois le don de Jésus, de l'Eucharistie et de l'Église:

«Nous te rendons grâce, notre Père

pour la vie et la connaissance

que tu nous as fait découvrir par Jésus, ton serviteur.

À toi la gloire pour les siècles!

Comme ce pain rompu,

qui était dispersé sur les montagnes et les collines,

a été rassemblé pour ne plus faire qu'un,

ainsi que ton Église soit rassemblée

des extrémités de la terre dans ton Royaume...

C'est toi, Maître tout-puissant,

qui as créé l'univers,

pour la gloire de ton Nom,

qui as donné aux hommes nourriture et boisson

pour qu'ils en jouissent,

afin qu'ils te rendent grâce.

Mais nous, tu nous as gratifiés d'une nourriture

et d'une boisson spirituelles

et de la vie éternelle, par ton Serviteur...

À toi la gloire pour les siècles!» (Didachè 9, 3-4; 10, 3-4).

Amen.

[01704-03.02] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

1. "Lord, to whom shall we go? You have the words of eternal life" (Jn 6:68).

Dear young people of the Fifteenth World Youth Day! These words of Peter, in his conversation with Christ at the end of the discourse on the "bread of life", affect us personally. In these days we have meditated on John’s statement: "The Word was made flesh and dwelt among us" (Jn 1:14). The evangelist has brought us back to the great mystery of the Incarnation of the Son of God, the Son given to us through Mary "when the fullness of time had come" (Gal 4:4).

In his name I greet you all once more with great affection. I greet Cardinal Camillo Ruini, my Vicar for the Diocese of Rome and President of the Italian Episcopal Conference, and I thank him for his words at the beginning of this Mass. I also greet Cardinal James Francis Stafford, President of the Pontifical Council for the Laity, and the many Cardinals, Bishops and priests gathered here. With gratitude I extend respectful greetings to the President of Italy and the head of the Italian Government, as well as all the civil and religious Authorities who honour us with their presence.

2. We have reached the high point of World Youth Day. Yesterday evening, dear young people, we confirmed our faith in Jesus Christ, the Son of God whom the Father sent, as the First Reading reminded us today, "to bring good tidings to the poor, ... to bind up the brokenhearted, to proclaim liberty to the captives, and the opening of the prison to those who are bound ... to comfort all who mourn" (Is 61:1-3).

In today’s Eucharistic celebration, Jesus helps us to come to know a particular aspect of his mystery. In the Gospel, we listened to a part of his discourse in the synagogue at Capernaum after the miracle of the multiplication of the loaves. In it he reveals himself as the true bread of life, the bread which has come down from heaven to give life to the world (cf. Jn 6:51). These are words that those who hear him do not understand. Their outlook is too material for them to grasp what Christ really means. They are thinking in terms of flesh, which "is of no avail" (Jn 6:63). Jesus’s words, instead, have to do with the unlimited horizons of the spirit: "The words that I have spoken to you – he insists – are spirit and life" (ibid.).

But his hearers are hesitant: "This is a hard saying, who can listen to it?" (Jn 6:60). They consider themselves to be persons of common sense, with their feet on the ground. For this reason they shake their heads and go away muttering, one after another. The initial crowd gradually grows smaller. At the end, only the tiny group of his most faithful disciples remains. But with regard to the "bread of life" Jesus is not prepared to back down. Rather, he is ready to lose even those closest to him: "Will you also go away?" (Jn 6:67).

3. "Will you also?" Christ’s question cuts across the centuries and comes down to us; it challenges us personally and calls for a decision. What is our answer? Dear young people, if we are here today, it is because we identify with the Apostle Peter’s reply: "Lord, to whom shall we go? You have the words of eternal life" (Jn 6:68).

Around you, you hear all kinds of words. But only Christ speaks words that stand the test of time and remain for all eternity. The time of life that you are living calls for decisive choices on your part: decisions about the direction of your studies, about work, about your role in society and in the Church. It is important to realize that among the many questions surfacing in your minds, the decisive ones are not about "what". The basic question is "who": "who" am I to go to, "who" am I to follow, "to whom" should I entrust my life?

You are thinking about love and the choices it entails, and I imagine that you agree: what is really important in life is the choice of the person who will share it with you. But be careful! Every human person has inevitable limits: even in the most successful of marriages there is always a certain amount of disappointment. So then, dear friends, does not this confirm what we heard the Apostle Peter say? Every human being finds himself sooner or later saying what he said: "To whom shall we go? You have the words of eternal life". Only Jesus of Nazareth, the Son of God and of Mary, the eternal Word of the Father born two thousand years ago at Bethlehem in Judaea, is capable of satisfying the deepest aspirations of the human heart.

In Peter’s question: "To whom shall we go?" the answer regarding the path to follow is already given. It is the path that leads to Christ. And it is possible to meet the divine Master personally: he is in fact truly present on the altar in the reality of his Body and Blood. In the Eucharistic Sacrifice, we can enter into contact with the person of Jesus in a way that is mysterious but real, drinking at the inexhaustible fountain that is his life as the Risen Lord.

4. This is the stupendous truth, dear friends: the Word, who took flesh two thousand years ago, is present today in the Eucharist. That is why the year of the Great Jubilee, in which we are celebrating the mystery of the Incarnation, had to be an "intensely Eucharistic" year as well (cf. Tertio Millennio Adveniente, 55).

The Eucharist is the sacrament of the presence of Christ, who gives himself to us because he loves us. He loves each one of us in a unique and personal way in our practical daily lives: in our families, among our friends, at study and work, in rest and relaxation. He loves us when he fills our days with freshness, and also when, in times of suffering, he allows trials to weigh upon us: even in the most severe trials, he lets us hear his voice.

Yes, dear friends, Christ loves us and he loves us for ever! He loves us even when we disappoint him, when we fail to meet his expectations for us. He never fails to embrace us in his mercy. How can we not be grateful to this God who has redeemed us, going so far as to accept the foolishness of the Cross? To God who has come to be at our side and has stayed with us to the end?

5. To celebrate the Eucharist, "to eat his flesh and drink his blood", means to accept the wisdom of the Cross and the path of service. It means that we signal our willingness to sacrifice ourselves for others, as Christ has done.

Our society desperately needs this sign, and young people need it even more so, tempted as they often are by the illusion of an easy and comfortable life, by drugs and pleasure-seeking, only to find themselves in a spiral of despair, meaninglessness and violence. It is urgent to change direction and to turn to Christ. This is the way of justice, solidarity and commitment to building a society and a future worthy of the human person.

This is our Eucharist, this is the answer that Christ wants from us, from you young people at the closing of your Jubilee. Jesus is no lover of half measures, and he does not hesitate to pursue us with the question: "Will you also go away?" In the presence of Christ, the Bread of Life, we too want to say today with Peter: "Lord, to whom shall we go? You have the words of eternal life" (Jn 6:68).

6. Dear friends, when you go back home, set the Eucharist at the centre of your personal life and community life: love the Eucharist, adore the Eucharist and celebrate it, especially on Sundays, the Lord’s Day. Live the Eucharist by testifying to God’s love for every person.

I entrust to you, dear friends, this greatest of God’s gifts to us who are pilgrims on the paths of time, but who bear in our hearts a thirst for eternity. May every community always have a priest to celebrate the Eucharist! I ask the Lord therefore to raise up from among you many holy vocations to the priesthood. Today as always the Church needs those who celebrate the Eucharistic Sacrifice with a pure heart. The world must not be deprived of the gentle and liberating presence of Christ living in the Eucharist!

You yourselves must be fervent witnesses to Christ’s presence on the altar. Let the Eucharist mould your life and the life of the families you will form. Let it guide all life’s choices. May the Eucharist, the true and living presence of the love of the Trinity, inspire in you ideals of solidarity, and may it lead you to live in communion with your brothers and sisters in every part of the world.

In a special way, may sharing in the Eucharist lead to a new flourishing of vocations to the religious life. In this way the Church will have fresh and generous energies for the great task of the new evangelization. If any of you, dear young men and women, hear the Lord’s inner call to give yourselves completely to him in order to love him "with an undivided heart" (cf. 1 Cor 7:34), do not be held back by doubts or fears. Say "yes" with courage and without reserve, trusting him who is faithful to his promises. Did he not assure those who had left everything for his sake that they would have a hundredfold in this life and eternal life hereafter? (cf. Mk 10:29-30).

7. At the end of this World Youth Day, as I look at you now, at your young faces, at your genuine enthusiasm, from the depths of my heart I want to give thanks to God for the gift of youth, which continues to be present in the Church and in the world because of you.

Thank God for the World Youth Days! Thanks be to God for all the young people who have been involved in them in the past sixteen years! Many of them are now adults who continue to live their faith in their homes and work-places. I am sure, dear friends, that you too will be as good as those who preceded you. You will carry the proclamation of Christ into the new millennium. When you return home, do not grow lax. Reinforce and deepen your bond with the Christian communities to which you belong. From Rome, from the City of Peter and Paul, the Pope follows you with affection and, paraphrasing Saint Catherine of Siena’s words, reminds you: "If you are what you should be, you will set the whole world ablaze!" (cf. Letter 368).

I look with confidence to this new humanity which you are now helping to prepare. I look to this Church which in every age is made youthful by the Spirit of Christ and today is made happy by your intentions and commitment. I look to the future and make my own the words of an ancient prayer, which sings the praise of the one gift of Jesus, the Eucharist and the Church:

"I give thanks to you, Father of us all,

for the life and the knowledge

which you have revealed to us through Jesus your servant.

To you be glory in every age!

Just as this bread now broken

was wheat scattered far and wide upon the hills

and, when harvested, became one bread,

so too let your Church be gathered into your kingdom

from the far ends of the earth...

You, O Lord almighty, have created the universe

to the glory of your name;

you have given people food

and drink for their comfort,

so that they may give you thanks;

but to us you have given a spiritual food and drink

and eternal life through your Son...

Glory be to you for ever!" (Didache 9:3-4; 10:3-4)

Amen.

[01704-02.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

1. "Herr, zu wem sollen wir gehen? Du hast Worte des ewigen Lebens" (Joh 6,68).

Liebe Jungen und Mädchen des fünfzehnten Weltjugendtages! Diese Worte des Petrus im Gespräch mit Christus am Ende der Rede vom "Brot des Lebens" gehen uns persönlich an. In diesen Tagen haben wir über die Aussage des Johannes meditiert: "Das Wort ist Fleisch geworden und hat unter uns gewohnt" (Joh 1,14). Der Evangelist hat uns das große Geheimnis der Menschwerdung des Sohnes Gottes nahegebracht, des Sohnes, der uns durch Maria geschenkt wurde, "als die Zeit erfüllt war" (Gal 4,4).

In seinem Namen grüße ich euch noch einmal aus ganzem Herzen. Ich grüße Herrn Kardinal Camillo Ruini, meinen Generalvikar für die Diözese Rom und Vorsitzenden der Italienischen Bischofskonferenz, und danke ihm für die Worte, die er am Anfang dieser heiligen Messe an mich gerichtet hat; ich grüße auch Herrn Kardinal James Francis Stafford, den Präsidenten des Päpstlichen Rates für die Laien, sowie die vielen Kardinäle, Bischöfe und Priester, die hier versammelt sind; zugleich grüße ich mit dankbarer Hochachtung den Herrn Staatspräsidenten und den Regierungschef Italiens wie auch alle weiteren Vertreter des gesellschaftlichen und religiösen Lebens, die uns mit ihrer Anwesenheit ehren.

2. Wir sind am Höhepunkt des Weltjugendtages angelangt. Gestern abend haben wir, liebe Jugendliche, unseren Glauben an Jesus Christus bekräftigt, den Sohn Gottes, den der Vater gesandt hat. Daran erinnert die heutige erste Lesung: "Er hat mich gesandt, damit ich den Armen eine frohe Botschaft bringe und alle heile, deren Herz zerbrochen ist, damit ich den Gefangenen die Entlassung verkünde und den Gefesselten die Befreiung, (...) damit ich alle Trauernden tröste" (Jes 61,1-3).

Mit der heutigen Eucharistiefeier führt uns Jesus in die Erkenntnis einer besonderen Seite seines Geheimnisses ein. Im Evangelium haben wir einen Abschnitt der Rede gehört, die er in der Synagoge von Kapharnaum gehalten hat, nachdem er das Wunder der Brotvermehrung gewirkt hatte. Darin enthüllt Er sich als das wahre Brot des Lebens: das Brot, das vom Himmel herabgekommen ist, um der Welt das Leben zu geben (vgl. Joh 6,51). Diese Rede haben die Zuhörer nicht verstanden. Die Einstellung, in der sie sich bewegen, ist zu materiell; so können sie nicht erfassen, was Christus wirklich sagen will. Sie denken aus der Sicht des Fleisches, "das nichts nützt" (Joh 6,63). Doch Jesus öffnet seine Rede auf die Horizonte hin, die der Geist auftut, und beharrt darauf: "Die Worte, die ich zu euch gesprochen habe, sind Geist und Leben" (ebd.).

Aber die Zuhörer sind dafür unempfänglich: "Was er sagt, ist unerträglich. Wer kann das anhören?" (Joh 6,60). Sie halten sich für Leute mit gesundem Menschenverstand, die mit beiden Beinen auf dem Boden stehen. Deshalb schütteln sie den Kopf und gehen nacheinander grollend weg. Die Volksmenge des Anfangs schrumpft zusammen. Schließlich bleibt nur noch die winzige Gruppe der treuesten Jünger übrig. Doch wenn es um das "Brot des Lebens" geht, ist Jesus nicht bereit nachzugeben. Vielmehr nimmt er in Kauf, daß sogar die Menschen, die ihm am nächsten stehen, Abstand nehmen: "Wollt auch ihr weggehen?" (Joh 6,67).

3. "Auch ihr?" Die Frage Jesu durchzieht die Jahrhunderte bis in unsere Zeit. Sie berührt uns persönlich und ruft zur Entscheidung heraus. Was antworten wir? Liebe Jugendliche, wir sind heute hier, weil wir uns wiederfinden in den Worten, die der Apostel Petrus bekräftigt hat: "Herr, zu wem sollen wir gehen? Du hast Worte des ewigen Lebens" (Joh 6,68).

Um euch herum werden viele Worte gemacht, aber Christus allein hat Worte, die der Abnutzung durch die Zeit standhalten und bleiben für die Ewigkeit. Die Jahreszeit, die ihr durchlebt, stellt euch vor einige wichtige Entscheidungen: die Spezialisierung im Studium, die Ausrichtung des Berufsweges, die Aufgabe, in der ihr euch in Gesellschaft und Kirche engagieren sollt. Es ist wichtig, daß ihr euch darüber klar werdet: Unter den vielen Fragen, die sich vor eurem Geist auftun, berühren die entscheidenden nicht das "Was" (eine Sache). Die Grundfrage geht auf das "Wer" (eine Person): Zu "wem" sollen wir gehen? "Wem" sollen wir folgen? "Wem" sollen wir unser Leben anvertrauen?

Ihr denkt dabei an die Entscheidung, die aus eurem Gefühl kommt, und ich kann mir vorstellen, daß ihr mir zustimmt: Was im Leben wirklich zählt, ist die Person, mit der man sich entschließt, das Leben zu teilen. Doch Vorsicht! Jede menschliche Person hat unweigerlich ihre Grenzen: auch in der glücklichsten Ehe muß man ein gewisses Maß an Enttäuschung einkalkulieren. Also, liebe Freunde! Ist das nicht die Bestätigung dessen, was wir vom Apostel Petrus gehört haben? Früher oder später ruft jeder Mensch mit ihm aus: "Herr, zu wem sollen wir gehen? Du hast Worte des ewigen Lebens" (Joh 6,68). Jesus von Nazaret, Gottes und Mariens Sohn, das ewige Wort des Vaters, geboren vor zweitausend Jahren zu Betlehem in Judäa, er allein kann die tiefsten Sehnsüchte des menschlichen Herzens stillen.

In der Frage des Petrus: "Zu wem sollen wir gehen?" liegt schon die Antwort über den Weg, den es zurückzulegen gilt. Es ist der Weg, der zu Christus führt. Der göttliche Meister ist persönlich erreichbar: Denn er ist gegenwärtig auf dem Altar in der Wirklichkeit seines Leibes und Blutes. Im eucharistischen Opfer können wir auf geheimnisvolle, aber wirkliche Weise mit seiner Person in Kontakt treten und so zur unausschöpflichen Quelle seines Lebens als Auferstandener gelangen.

4. Liebe Freunde, das ist die wunderbare Wahrheit: Dss Wort, das vor zweitausend Jahren Fleisch wurde, ist heute in der Eucharistie gegenwärtig. Daher mußte das Große Jubiläumsjahr, in dem wir das Geheimnis der Menschwerdung feiern, ein "intensiv eucharistisches Jahr" sein (vgl. Tertio millennio adveniente, 55).

Die Eucharistie ist das Sakrament der Gegenwart Christi, der sich uns schenkt, weil er uns liebt. Er liebt jenen von uns auf persönliche und einzigartige Weise im konkreten Leben des Alltags: in der Familie, unter Freunden, im Studium und in der Arbeit, bei der Erholung und in der Freizeit. Er liebt uns, wenn er die Tage unseres Daseins mit Frische füllt. Er liebt uns aber auch dann, wenn er in der Stunde des Schmerzes zuläßt, daß wir von der Prüfung heimgesucht werden: Denn auch durch die härtesten Prüfungen läßt Er seine Stimme hören.

Ja, liebe Freunde, Christus hat uns gern und er liebt uns immer! Er liebt uns auch dann, wenn wir ihn enttäuschen, wenn wir dem nicht entsprechen, was er von uns erwartet. Er verschließt nie die Arme seiner Barmherzigkeit. Müssen wir diesem Gott nicht dankbar sein, daß er uns erlöst hat und sich dabei bis zur Torheit des Kreuzes vorgewagt hat? Müssen wir diesem Gott nicht dankbar sein, der sich auf unsere Seite gestellt hat und dort geblieben ist bis zum Ende?

5. Die Eucharistie feiern - "sein Fleisch essen und sein Blut trinken" - heißt: die Logik des Kreuzes und des Dienstes annehmen. Das bedeutet: Zeugnis ablegen für die eigene Bereitschaft, sich für die anderen zu opfern, wie er es getan hat.

Dieses Zeugnis hat unsere Gesellschaft bitter nötig. Mehr denn je brauchen es die jungen Menschen, die oft versucht werden von den trügerischen Bildern eines leichten und bequemen Lebens, von der Droge und der Lust, um sich dann in der Spirale von Verzweiflung, Sinnlosigkeit und Gewalt wiederzufinden. Es ist dringend geboten, einen anderen Weg einzuschlagen und die Richtung Jesu Christi zu wählen, die auch die Richtung der Gerechtigkeit, der Solidarität und des Einsatzes für eine zukünftige menschenwürdige Gesellschaft ist.

Dies ist unsere Eucharistie, dies ist die Antwort, die Jesus Christus von uns erwartet: von euch Jugendlichen am Ende eures Jubiläums. Jesu mag keine Halbheiten. Er zögert nicht, uns die bohrende Frage zu stellen: "Wollt auch ihr weggehen?" Mit Petrus wollen auch wir vor Christus, dem Brot des Lebens, heute wiederholen: "Herr, zu wem sollen wir gehen? Du hast Worte des ewigen Lebens!" (Joh 6,68).

6. Meine Lieben! Wenn ihr in eure Länder heimkehrt, dann macht die Eucharistie zur Mitte eures persönlichen und gemeinschaftlichen Lebens: Liebt sie, verehrt sie, feiert sie besonders am Sonntag, dem Tag des Herrn. Lebt die Eucharistie und bezeugt so die Liebe, die Gott zu den Menschen hat!

Ich vertraue euch, liebe Freunde, dieses größte Geschenk an, das Gott für uns bereithält, die wir als Pilger auf dem Weg durch die Zeit den Durst nach der Ewigkeit in unseren Herzen tragen. Möge es in jeder Gemeinde stets einen Priester geben, der die Eucharistie feiert! Daher bitte ich den Herrn, daß unter euch zahlreiche heilige Berufungen zum Priestertum heranwachsen. Die Kirche braucht Menschen, die auch heute mit reinem Herzen das eucharistische Opfer darbringen. Die Welt darf nicht die zärtliche und befreiende Gegenwart Jesu Christi sein, der in Eucharistie lebt!

Ihr selbst sollt durchdrungende Zeugen Jesu Christi auf unseren Altären sein. Die Eucharistie forme euer Leben, das Leben der Familien, die ihr bilden werdet. Sie gebe die Richtung an für eure Lebensentscheidungen. Die Eucharistie als lebendige und wirkliche Gegenwart von Gottes dreifaltiger Liebe erwecke in euch Ideale der Solidarität und lasse euch in Gemeinschaft leben mit euren Brüdern und Schwestern, die in allen Winkeln des Planeten verstreut sind.

Aus der Teilnahme an der Eucharistie erwachse besonders eine neue Blüte der Berufungen zum Ordensstand, die garantiert, daß es in der Kirche frische und hochherzige Kräfte gibt, um die Aufgabe der neuen Evangelisierung anzugehen. Wenn jemand unter euch, liebe Jungen und Mädchen, in sich den Ruf des Herrn spürt, sich ganz Ihm zu schenken, um ihn mit ungeteiltem Herzen zu lieben (vgl. 1 Kor 7,24), dann lasse er sich vom Zweifel oder von der Angst nicht bremsen. Er oder sie sage mutig und ohne Vorbehalt "Ja" und vertraue sich Ihm an, der treu ist in allem, was Er verspricht. Hat Er nicht etwa dem, der alles um Seinetwillen verlassen hat, das Hundertfache auf dieser Welt und später das ewige Leben verheißen? (vgl. Mk 10,29-30).

7. Wenn ich am Ende dieser Feier auf euch schaue und eure jungen Gesichter und eure ehrliche Begeisterung sehe, dann möchte ich aus tiefem Herzen Gott aufrichtig Dank sagen für das Geschenk der Jugend, das durch euch in der Kirche und in der Welt bleibt.

Dank sei Gott für den Weg, den die Weltjugendtage gemacht haben! Dank sei Gott für die vielen jungen Menschen, die von den Weltjugendtagen in diesen sechzehn Jahren angesprochen wurden: junge Leute, die - mittlerweile erwachsen - dort, wo sie wohnen und arbeiten, ihren Glaubensweg fortsetzen. Ich bin sicher, daß auch ihr, liebe Freunde, einmal das hohe Niveau derer erreichen werdet, die vor euch unterwegs waren. Ihr werdet die Botschaft Christi ins neue Jahrtausend tragen. Wenn ihr nach Hause zurückkehrt, verliert euch nicht! Bekräftigt und vertieft eure Bindung an die christliche Gemeinde, der ihr angehört. Von Rom aus, der Stadt von Petrus und Paulus, geht der Papst eure Wege liebevoll mit und ruft euch, in Anlehnung an eine Formulierung der heiligen Katharina von Siena, zu: "Wenn ihr seid, was ihr sein sollt, dann werdet ihr Feuer auf der ganzen Erde entzünden!" (vgl. Briefe 368).

Vertrauensvoll blicke ich auf diese neue Menschheit, die auch durch euch im Kommen ist; ich blicke auf diese Kirche, die vom Geist Jesu Christi ständig sich verjüngt und sich heute über eure Vorsätze und euren Einsatz freut. Ich schaue in die Zukunft und mache mir die Worte eines alten Gebetes zu eigen, das zugleich das Geschenk Jesu Christi, der Eucharistie und der Kirche besingt:

"Wir danken dir, unser Vater,

für das Leben und die Erkenntnis,

die du uns offenbar gemacht hast durch Jesus, deinen Knecht.

Dir sei Herrlichkeit in Ewigkeit!

Wie dieses gebrochene Brot

zerstreut war auf den Bergen

und zusammengebracht eines geworden ist,

so soll deine Kirche zusammengeführt werden

von den Enden der Erde (...).

Du, allmächtiger Herrscher,

hast das All geschaffen

um deines Namens willen,

Speise und Trank

hast den Menschen gegeben zum Genuß,

damit sie dir danken.

Uns aber hast du geistliche Speise

und Trank

und ewiges Leben durch deinen Sohn geschenkt. (...)

Dir sei die Herrlichkeit in Ewigkeit!" (Didaché 9, 3-4; 10, 3-4).

Amen.

[01704-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

1. "Señor, ¿a quién vamos a acudir? Tú tienes palabras de vida eterna" (Jn 6,68).

Queridos jóvenes de la decimoquinta Jornada Mundial de la Juventud, estas palabras de Pedro, en el diálogo con Cristo al final del discurso del "pan de vida", nos afectan personalmente. Estos días hemos meditado sobre la afirmación de Juan: "La palabra se hizo carne y puso su Morada entre nosotros" (Jn 1,14). El evangelista nos ha llevado al gran misterio de la encarnación del Hijo de Dios, el Hijo que se nos ha dado a través de María "al llegar la plenitud de los tiempos" (Gal 4,4).

En su nombre os vuelvo a saludar a todos con un gran afecto. Saludo y agradezco al Cardenal Camillo Ruini, mi Vicario General para la diócesis de Roma y Presidente de la Conferencia Episcopal Italiana, las palabras que me ha dirigido al comienzo de esta Santa Misa; saludo también al Cardenal James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consejo para los Laicos y a tantos Cardenales, Obispos y sacerdotes aquí reunidos; así mismo, saludo con gran deferencia al Señor Presidente de la República y al Jefe del Gobierno Italiano, así como a todas las autoridades civiles y religiosas que nos honran con su presencia.

2. Hemos llegado al culmen de la Jornada Mundial de la Juventud. Ayer por la noche, queridos jóvenes, hemos reafirmado nuestra fe en Jesucristo, en el Hijo de Dios que, como dice la primera lectura de hoy, el Padre ha enviado "a anunciar la buena nueva a los pobres, a vendar los corazones rotos; a pregonar a los cautivos la liberación y a los reclusos la libertad... para consolar a todos los que lloran" (Is 61,1-3).

En esta celebración eucarística Jesús nos introduce en el conocimiento de un aspecto particular de su misterio. Hemos escuchado en el Evangelio un pasaje de su discurso en la sinagoga de Cafarnaúm, después del milagro de la multiplicación de los panes, en el cual se revela como el verdadero pan de vida, el pan bajado del cielo para dar la vida al mundo (cf. Jn 6,51). Es un discurso que los oyentes no entienden. La perspectiva en que se mueven es demasiado material para poder captar la auténtica intención de Cristo. Ellos razonan según la carne, que "no sirve para nada" (Jn 6,63). Jesús, en cambio, orienta su discurso hacia el horizonte inabarcable del espíritu: "Las palabras que os he dicho son espíritu y son vida" (ibíd).

Sin embargo el auditorio es reacio: "Es duro este lenguaje; ¿Quién puede escucharlo?" (Jn 6,60). Se consideran personas con sentido común, con los pies en la tierra, por eso sacuden la cabeza y, refunfuñando, se marchan uno detrás de otro. El número de la muchedumbre se reduce progresivamente. Al final sólo queda un pequeño grupo con los discípulos más fieles. Pero respecto al "pan de vida" Jesús no está dispuesto a contemporizar. Está preparado más bien para afrontar el alejamiento incluso de los más cercanos: "¿También vosotros queréis marcharos?" (Jn 6,67).

3. "¿También vosotros?" La pregunta de Cristo sobrepasa los siglos y llega hasta nosotros, nos interpela personalmente y nos pide una decisión. ¿Cuál es nuestra respuesta? Queridos jóvenes, si estamos aquí hoy es porque nos vemos reflejados en la afirmación del apóstol Pedro: "Señor, ¿a quién vamos a acudir? Tú tienes palabras de vida eterna" (Jn 6,68).

Muchas palabras resuenan en vosotros, pero sólo Cristo tiene palabras que resisten al paso del tiempo y permanecen para la eternidad. El momento que estáis viviendo os impone algunas opciones decisivas: la especialización en el estudio, la orientación en el trabajo, el compromiso que debéis asumir en la sociedad y en la Iglesia. Es importante darse cuenta de que, entre todas las preguntas que surgen en vuestro interior, las decisivas no se refieren al "qué". La pregunta de fondo es "quién": hacia "quién" ir, a "quién" seguir, a "quién" confiar la propia vida.

Pensáis en vuestra elección afectiva e imagino que estaréis de acuerdo: lo que verdaderamente cuenta en la vida es la persona con la que uno decide compartirla. Pero, ¡atención! Toda persona es inevitablemente limitada, incluso en el matrimonio más encajado se ha de tener en cuenta una cierta medida de desilusión. Pues bien, queridos amigos: ¿no hay en esto algo que confirma lo que hemos escuchado al apóstol Pedro? Todo ser humano, antes o después, se encuentra exclamando con él: "¿A quién vamos a acudir? Tú tienes palabras de vida eterna". Sólo Jesús de Nazaret, el Hijo de Dios y de María, la Palabra eterna del Padre, que nació hace dos mil años en Belén de Judá, puede satisfacer las aspiraciones más profundas del corazón humano.

En la pregunta de Pedro: "¿A quién vamos a acudir?" está ya la respuesta sobre el camino que se debe recorrer. Es el camino que lleva a Cristo. Y el divino Maestro es accesible personalmente; en efecto, está presente sobre el altar en la realidad de su cuerpo y de su sangre. En el sacrificio eucarístico podemos entrar en contacto, de un modo misterioso pero real, con su persona, acudiendo a la fuente inagotable de su vida de Resucitado.

4. Esta es la maravillosa verdad, queridos amigos: la Palabra, que se hizo carne hace dos mil años, está presente hoy en la Eucaristía. Por eso, el año del Gran Jubileo, en el que estamos celebrando el misterio de la encarnación, no podía dejar de ser también un año "intensamente eucarístico" (cf. Tertio millennio adveniente, 55).

La Eucaristía es el sacramento de la presencia de Cristo que se nos da porque nos ama. Él nos ama a cada uno de nosotros de un modo personal y único en la vida concreta de cada día: en la familia, entre los amigos, en el estudio y en el trabajo, en el descanso y en la diversión. Nos ama cuando llena de frescura los días de nuestra existencia y también cuando, en el momento del dolor, permite que la prueba se cierna sobre nosotros; también a través de las pruebas más duras, Él nos hace escuchar su voz.

Sí, queridos amigos, ¡Cristo nos ama y nos ama siempre! Nos ama incluso cuando lo decepcionamos, cuando no correspondemos a lo que espera de nosotros. Él no nos cierra nunca los brazos de su misericordia. ¿Cómo no estar agradecidos a este Dios que nos ha redimido llegando incluso a la locura de la Cruz? ¿A este Dios que se ha puesto de nuestra parte y está ahí hasta al final?

5. Celebrar la Eucaristía "comiendo su carne y bebiendo su sangre" significa aceptar la lógica de la cruz y del servicio. Es decir, significa ofrecer la propia disponibilidad para sacrificarse por los otros, como hizo Él.

De este testimonio tiene necesidad urgente nuestra sociedad, de él necesitan más que nunca los jóvenes, tentados a menudo por los espejismos de una vida fácil y cómoda, por la droga y el hedonismo, que llevan después a la espiral de la desesperación, del sin-sentido, de la violencia. Es urgente cambiar de rumbo y dirigirse a Cristo, que es también el camino de la justicia, de la solidaridad, del compromiso por una sociedad y un futuro dignos del hombre.

Ésta es nuestra Eucaristía, ésta es la respuesta que Cristo espera de nosotros, de vosotros, jóvenes, al final de vuestro Jubileo. A Jesús no le gustan las medias tintas y no duda en apremiarnos con la pregunta: "¿También vosotros queréis marcharos?" Con Pedro, ante Cristo, Pan de vida, también hoy nosotros queremos repetir: "Señor, ¿a quién vamos a acudir? Tú tienes palabras de vida eterna" (Jn 6,68).

6. Queridos jóvenes, al volver a vuestra tierra poned la Eucaristía en el centro de vuestra vida personal y comunitaria: amadla, adoradla y celebradla, sobre todo el domingo, día del Señor. Vivid la Eucaristía dando testimonio del amor de Dios a los hombres.

Os confío, queridos amigos, este don de Dios, el más grande dado a nosotros, peregrinos por los caminos del tiempo, pero que llevamos en el corazón la sed de eternidad. ¡Ojalá que pueda haber siempre en cada comunidad un sacerdote que celebre la Eucaristía! Por eso pido al Señor que broten entre vosotros numerosas y santas vocaciones al sacerdocio. La Iglesia tiene necesidad de alguien que celebre también hoy, con corazón puro, el sacrificio eucarístico. ¡El mundo no puede verse privado de la dulce y liberadora presencia de Jesús vivo en la Eucaristía!

Sed vosotros mismos testigos fervorosos de la presencia de Cristo en nuestros altares. Que la Eucaristía modele vuestra vida, la vida de las familias que formaréis; que oriente todas vuestras opciones de vida. Que la Eucaristía, presencia viva y real del amor trinitario de Dios, os inspire ideales de solidaridad y os haga vivir en comunión con vuestros hermanos dispersos por todos los rincones del planeta.

Que la participación en la Eucaristía fructifique, en especial, en un nuevo florecer de vocaciones a la vida religiosa, que asegure la presencia de fuerzas nuevas y generosas en la Iglesia para la gran tarea de la nueva evangelización.

Si alguno de vosotros, queridos jóvenes, siente en sí la llamada del Señor a darse totalmente a Él para amarlo "con corazón indiviso" (cf. 1 Co 7,34), que no se deje paralizar por la duda o el miedo. Que pronuncie con valentía su propio "sí" sin reservas, fiándose de Él que es fiel en todas sus promesas. ¿No ha prometido, al que lo ha dejado todo por Él, aquí el ciento por uno y después la vida eterna? (cf. Mc 10,29-30).

7. Al final de esta Jornada Mundial, mirándoos a vosotros, a vuestros rostros jóvenes, a vuestro entusiasmo sincero, quiero expresar, desde lo hondo de mi corazón, mi agradecimiento a Dios por el don de la juventud, que a través de vosotros permanece en la Iglesia y en el mundo.

¡Gracias a Dios por el camino de las Jornadas Mundiales de la Juventud! ¡Gracias a Dios por tantos jóvenes que han participado en ellas durante estos dieciséis años! Son jóvenes que ahora, ya adultos, siguen viviendo en la fe allí donde residen y trabajan. Estoy seguro de que también vosotros, queridos amigos, estaréis a la altura de los que os han precedido. Llevaréis el anuncio de Cristo en el nuevo milenio. Al volver a casa, no os disperséis. Confirmad y profundidad en vuestra adhesión a la comunidad cristiana a la que pertenecéis. Desde Roma, la ciudad de Pedro y Pablo, el Papa os acompaña con su afecto y, parafraseando una expresión de Santa Catalina de Siena, os dice: Si sois lo que tenéis que ser, ¡prenderéis fuego al mundo entero! (cf. Cart. 368).

Miro con confianza a esta nueva humanidad que se prepara también por medio de vosotros; miro a esta Iglesia constantemente rejuvenecida por el Espíritu de Cristo y que hoy se alegra por vuestros propósitos y de vuestro compromiso. Miro hacia el futuro y hago mías las palabras de una antigua oración, que canta a la vez al don de Jesús, de la Eucaristía y de la Iglesia:

"Te damos gracias, Padre nuestro,

por la vida y el conocimiento

que nos diste a conocer por medio de Jesús, tu siervo.

A ti la gloria por los siglos.

Así como este trozo de pan estaba disperso por los montes

y reunido se ha hecho uno,

así también reúne a tu Iglesia desde los confines de la tierra en tu reino [...]

Tú, Señor omnipotente,

has creado el universo a causa de tu Nombre,

has dado a los hombres alimento y bebida para su disfrute,

a fin de que te den gracias

y, además, a nosotros nos has concedido la gracia

de un alimento y bebida espirituales y de vida eterna por medio de

tu siervo [...]

A ti la gloria por los siglos" (Didaché 9,3-4; 10,3-4).

Amén.

[01704-04.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

1. «Senhor, para quem havemos nós de ir? Tu tens palavras de vida eterna» (Jo 6, 68).

Queridos jovens e queridas jovens da décima quinta Jornada Mundial da Juventude, estas palavras de Pedro, no diálogo com Cristo no fim do discurso do «pão da vida», tocam-nos pessoalmente. Nestes dias, meditámos sobre a afirmação de João: «O Verbo fez-Se carne e habitou entre nós» (Jo 1, 14). O evangelista conduziu-nos até ao grande mistério da encarnação do Filho de Deus, o Filho que nos foi dado por meio de Maria, «ao chegar a plenitude dos tempos» (Gal 4, 4).

Em nome de Cristo, vos saúdo uma vez mais a todos com grande afecto. Saúdo e agradeço ao Cardeal Camillo Ruini, meu Vigário Geral na diocese de Roma e Presidente da Conferência Episcopal Italiana, as palavras que houve por bem dirigir-me no início desta Santa Missa; saúdo também o Cardeal James Francis Stafford, Presidente do Pontifício Conselho para os Leigos, e os numerosos Cardeais, Bispos e sacerdotes aqui reunidos; saúdo, igualmente, com deferente gratidão o Senhor Presidente da República e o Chefe do Governo italiano, bem como as demais Autoridades civis e religiosas que nos honram com a sua presença.

2. Chegamos ao ponto culminante da Jornada Mundial da Juventude. Ontem à noite, queridos jovens, reafirmámos a nossa fé em Jesus Cristo, o Filho de Deus que o Pai enviou, como no-lo recordou a primeira leitura de hoje, «a levar a boa nova aos pobres, a curar os de coração despedaçado, a anunciar a amnistia aos cativos, e a liberdade aos prisioneiros, (...) a consolar os tristes» (Is 61, 1-3.4).

Com esta Celebração Eucarística, Jesus introduz-nos no conhecimento de um aspecto particular do seu mistério. No Evangelho, escutámos uma parte do discurso que Ele fez na sinagoga de Cafarnaum, depois do milagre da multiplicação dos pães. Cristo revela-Se como o verdadeiro pão da vida, o pão descido do céu para dar a vida ao mundo (cf. Jo 6, 51). É um discurso que os ouvintes não entendem. A perspectiva em que se movem é demasiado materialista para poderem captar o verdadeiro sentido das palavras de Cristo. Raciocinam segundo uma óptica da carne, que «não serve para nada» (Jo 6, 63). Jesus, ao contrário, abre o discurso para os horizontes ilimitados do espírito: «As palavras que Eu vos disse - sublinha Ele - são espírito e vida» (Jo 6, 63).

Mas o auditório está refractário: «Duras são estas palavras! Quem pode escutá-las?» (Jo 6, 60). Consideram-se pessoas de bom senso, com os pés na terra. Por isso abanam a cabeça e, resmungando, lá se vão embora um após outro. A multidão inicial vai-se reduzindo aos poucos. No fim, resta apenas o exíguo grupinho dos discípulos mais fiéis. Mas, sobre o «pão da vida», Jesus não está disposto a ceder. Antes, está pronto a enfrentar inclusive a separação dos mais íntimos: «Também vós quereis retirar-vos?» (Jo 6, 67).

3. «Também vós... ?» A pergunta de Cristo transpõe os séculos e chega até nós, interpela-nos pessoalmente e pede uma decisão. Qual é a nossa resposta? Queridos jovens, se hoje estamos aqui, é porque nos reconhecemos na afirmação do apóstolo Pedro: «Senhor, para quem havemos nós de ir? Tu tens palavras de vida eterna» (Jo 6, 68).

Palavras, ao nosso redor ressoam tantas, mas só Cristo tem palavras que resistem à erosão do tempo e duram por toda a eternidade. Esta fase da vida em que vos encontrais, impõe-vos algumas opções decisivas: a especialização nos estudos, a orientação no trabalho, o próprio compromisso que se tem de assumir na sociedade e na Igreja. É importante tomar consciência que, dentre as muitas questões que emergem no vosso espírito, as decisivas não dizem respeito a «que coisa». A pergunta fundamental é «quem»: ir para «quem», «quem» seguir, «a quem» entregar a própria vida.

Pensai na vossa escolha afectiva, e imagino que estais de acordo comigo: o que verdadeiramente conta na vida é a pessoa com quem se decide partilhá-la. Mas, cuidado! Toda a pessoa humana é inevitavelmente limitada: mesmo no matrimónio mais feliz, não deixa de registar-se uma certa medida de desilusão. Pois bem, meus caros amigos! Não serve isto para confirmar o que acabamos de ouvir o apóstolo Pedro dizer? Todo o ser humano, mais cedo ou mais tarde, termina exclamando como ele: «Para quem havemos nós de ir? Tu tens palavras de vida eterna». Só Jesus de Nazaré, o Filho de Deus e de Maria, o Verbo eterno do Pai, nascido há dois mil anos em Belém da Judeia, só Ele é capaz de satisfazer as aspirações mais profundas do coração humano.

Na pergunta de Pedro «para quem havemos nós de ir?», está já a resposta relativa ao caminho a percorrer. É o caminho que leva a Cristo. E o Mestre divino é acessível pessoalmente: de facto, está realmente presente com o seu corpo e o seu sangue no altar. No Sacrifício Eucarístico, podemos entrar em contacto, de modo misterioso mas real, com a sua pessoa, saciando-nos na fonte inexaurível da sua vida de Ressuscitado.

4. Esta é uma verdade estupenda, queridos amigos: o Verbo, que Se fez carne há dois mil anos, está hoje presente na Eucaristia. Por isso, o ano do Grande Jubileu, em que comemoramos o mistério da Encarnação, não podia deixar de ser também um ano «intensamente eucarístico» (cf. Tertio millennio adveniente, 55).

A Eucaristia é o sacramento da presença de Cristo que Se dá a nós porque nos ama. Ele ama a cada um de nós, de maneira pessoal e única, na vida concreta de cada dia: na família, com os amigos, no estudo e no trabalho, no repouso e na diversão. Ama-nos quando enche de frescor as jornadas da nossa existência, e também quando permite, na hora da dor, que a prova se abata sobre nós: de facto, mesmo no meio das provas mais duras, Ele faz-nos ouvir a sua voz.

Sim, queridos amigos, Cristo ama-nos, sempre nos ama! Ama-nos mesmo quando O desiludimos, quando não correspondemos às suas expectativas a nosso respeito. Jamais nos fecha os braços da sua misericórdia. Como podemos não ser gratos a este Deus que nos redimiu, deixando-Se ir até à loucura da Cruz? A este Deus que Se colocou da nossa parte e aqui ficou até ao fim?

5. Celebrar a Eucaristia, «comendo a sua carne e bebendo o seu sangue», significa aceitar a lógica da cruz e do serviço, isto é, significa testemunhar a própria disponibilidade para se sacrificar pelos outros, como Ele fez.

De um testemunho assim, tem extrema necessidade a nossa sociedade; dele têm necessidade hoje mais do que nunca os jovens, frequentemente tentados pelas miragens duma vida fácil e cómoda, pela droga e pelo hedonismo, acabando depois nas malhas do desespero, da falta de sentido, da violência. É urgente mudar de direcção tomando o rumo de Cristo, que é também o rumo da justiça, da solidariedade, do empenho por uma sociedade e um futuro dignos do homem.

Esta é a nossa Eucaristia, esta é a resposta que Cristo espera de nós, de vós, jovens, na conclusão deste vosso Jubileu. Jesus não gosta de meias medidas e não hesita a instar-nos com a pergunta: «Também vós quereis retirar-vos?» Com Pedro, diante de Cristo, Pão de vida, também nós hoje queremos repetir: «Senhor, para quem havemos nós de ir? Tu tens palavras de vida eterna» (Jo 6, 68).

6. Meus amigos, ao regressardes às vossas terras, ponde a Eucaristia no centro da vossa vida pessoal e comunitária: amai-a, adorai-a, celebrai-a, sobretudo ao Domingo, o dia do Senhor. Vivei a Eucaristia, testemunhando o amor de Deus pelos homens.

A vós, queridos amigos, entrego o dom maior que Deus nos deixou a nós, peregrinos pelas estradas do tempo mas trazendo no coração uma sede de eternidade. Oxalá haja sempre, em cada comunidade, um sacerdote que celebre a Eucaristia! Por isso peço ao Senhor que faça florescer entre vós numerosas e santas vocações ao sacerdócio. A Igreja precisa de quem celebre hoje também, com coração puro, o Sacrifício Eucarístico. O mundo tem necessidade de não ficar privado da doce e libertadora presença de Jesus vivo na Eucaristia!

Sede vós mesmos testemunhas fervorosas da presença de Cristo nos nossos altares. Que a Eucaristia plasme a vossa vida, a vida das família que haveis de formar. Que ela oriente todas as vossas opções de vida. Que a Eucaristia, presença viva e real do amor trinitário de Deus, vos inspire ideais de solidariedade e vos faça viver em comunhão com os vossos irmãos dispersos pelos quatro cantos da terra.

De modo particular, brote da participação na Eucaristia um novo florescimento de vocações para a vida religiosa, que assegure a presença na Igreja de forças novas e generosas para a grande tarefa da nova evangelização. Se algum ou alguma de vós, jovens amigos, sente dentro de si o chamamento do Senhor para se entregar totalmente a Ele e amá-Lo «com coração indiviso» (cf. 1 Cor 7, 34), não se deixe retrair pela dúvida ou pelo medo. Mas, com coragem, diga o seu «sim» sem reservas, confiando n'Ele que é fiel em todas as suas promessas. Porventura não assegurou Jesus, a quem deixar tudo por amor d'Ele, o cêntuplo aqui na terra e depois a vida eterna (cf. Mc 10, 29-30)?

7. No termo desta Jornada Mundial, olhando para vós, para os vossos rostos jovens, para o vosso entusiasmo sincero, quero dizer, do fundo do coração, um obrigado a Deus pelo dom da juventude, que, graças a vós, perdura na Igreja e no mundo.

Quero dizer a Deus obrigado pelo caminho das Jornadas Mundiais da juventude. Obrigado pelas multidões de jovens que elas atingiram ao longo destes dezasseis anos! São jovens que agora, já adultos, continuam a viver a fé onde residem e trabalham. Tenho a certeza que vós, queridos amigos, estareis à altura de quantos vos precederam. Vós levareis o anúncio de Cristo ao novo milénio. Voltando a casa, não vos isoleis. Confirmai e aprofundai a vossa adesão à comunidade cristã a que pertenceis. Daqui de Roma, da Cidade de Pedro e Paulo, o Papa acompanha-vos com afecto e, parafraseando uma afirmação de Santa Catarina de Sena, diz-vos: «Se fordes aquilo que deveis ser, pegareis fogo ao mundo inteiro!» (cf. Carta 368).

Com confiança, olho esta nova humanidade que se está preparando devido também à vossa contribuição, vejo esta Igreja perenemente rejuvenescida pelo Espírito de Cristo e que hoje rejubila com os vossos propósitos e o vosso compromisso. Estendo o olhar para o futuro e faço minhas as palavras duma antiga oração, que canta simultaneamente o dom de Jesus, da Eucaristia e da Igreja:

«Graças Vos damos, Pai nosso,

pela vida e pela ciência

que nos revelastes por Jesus, vosso servo.

Glória a Vós pelos séculos!

Assim como este pão repartido

estava disperso pelos montes

e, depois de recolhido, se tornou um só,

assim se reúna a vossa Igreja

dos confins da terra no vosso reino (...).

Senhor omnipotente,

Vós criastes o universo,

para glória do vosso nome;

e destes aos homens comida

e bebida para seu alento,

para que Vos dessem graças;

mas a nós concedestes-nos um alimento

e uma bebida espirituais

e a vida eterna por meio do vosso Filho (...).

Glória a Vós pelos séculos» (Didaké 9, 3-4; 10, 3-4).

Amen.

[01704-06.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua neerlandese

1. "Heer, naar wie zouden wij gaan ? Uw woorden zijn woorden van eeuwig leven" (Joh 6,68).

Beste jongeren van de vijftiende Wereldjongerendagen ! Deze woorden van Petrus in de samenspraak met Christus aan het einde van het onderricht over het "brood des levens", raken ons persoonlijk. In deze dagen hebben wij gemediteerd over het woord van Johannes: "Het Woord is vlees geworden en heeft onder ons gewoond" (Joh 1,14). De evangelist heeft ons gebracht tot het grote mysterie van de menswording van Gods Zoon, de Zoon die aan ons werd geschonken door Maria "in de volheid van de tijd" (Gal 4,4).

In zijn naam groet ik jullie met grote genegenheid. Ik begroet en dank kardinaal Camillo Ruini, mijn vicaris-generaal voor het bisdom Rome en voorzitter van de Italiaanse bisschoppenconferentie, voor de woorden die hij aan het begin van deze heilige Mis tot mij heeft gericht; ik groet ook kardinaal James Francis Stafford, president van de Pauselijke Raad voor de Leken, en de talrijke kardinalen, bisschoppen en priesters die hier bijeen zijn; ik groet bovendien met erkentelijk respect de president van de republiek en het hoofd van de Italiaanse regering, evenals alle andere burgerlijke en religieuze autoriteiten die ons met hun aanwezigheid eren.

2. Wij zijn gekomen aan het hoogtepunt van de Wereldjongerendagen. Gisteravond, beste jongeren, hebben wij ons geloof bevestigd in Jezus Christus, de Zoon van God die de Vader heeft gezonden, zoals de eerste lezing van vandaag ons eraan heeft herinnerd, "om aan armen het blijde nieuws te brengen, om te verbinden wier hart gebroken is, om aan de gevangenen vrijlating te melden, en aan de geboeiden de terugkeer naar het licht ... om alle treurenden te troosten" (Js 61,1-3).

In de Eucharistieviering van vandaag leidt Jezus ons binnen in de kennis van een bijzonder aspect van Zijn mysterie. In het evangelie hebben wij een gedeelte beluisterd van de toespraak die Hij in de synagoge van Kafarnaum gehouden heeft, na de wonderbare broodvermenigvuldiging. Hierin openbaart Hij zich als het ware brood des levens, het brood dat uit de hemel is neergedaald om het leven aan de wereld te geven (vgl. Joh 6,51). Het is een toespraak die de toehoorders niet begrijpen. Het perspectief van waaruit zij denken is te materialistisch om de ware bedoeling van Christus te kunnen vatten. Zij redeneren vanuit het gezichtspunt van het vlees, dat "van geen nut is" (Joh 6,63). Jezus daarentegen opent de onbegrenste vergezichten van de geest: "De woorden die Ik tot u gesproken heb, zijn geest en leven" (ibidem).

Maar de toehoorders zijn er ongevoelig voor: "Deze taal stuit iemand tegen de borst. Wie kan daar naar luisteren ?" (Joh 6,60). Zij denken verstandige mensen te zijn, die met beide benen op de grond staan. Daarom schudden zij hun hoofd, en mopperend gaan zij de één na de ander weg. De menigte van het begin wordt geleidelijk aan kleiner. Tenslotte blijft alleen het uitgedunde groepje van de meest trouwe leerlingen over. Jezus is echter niet bereid omtoe te geven over het "brood des levens". Hij is veeleer klaar om ook de scheiding van de meest verrouwde leerlingen onder ogen te zien: "Wilt ook gij soms weggaan ?" (Joh 6,67).

3. "Ook gij ?" Deze vraag van Christus springt over de eeuwen heen en bereikt ons, zij bevraagt ons persoonlijk en nodigt uit tot een beslissing. Wat is ons antwoord ? Beste jongeren, als wij vandaag hier zijn, is dat omdat wij ons herkennen in de woorden van de apostel Petrus: " Heer, naar wie zouden wij gaan ? Uw woorden zijn woorden van eeuwig leven" (Joh 6,68).

Er weerklinken talloze woorden rond jullie, maar alleen Christus heeft woorden die de tand des tijds weerstaan en blijven tot in eeuwigheid. Jullie huidige levensfase legt jullie enige beslissende keuzes op: de specialisatie in de studie, het zich orienteren met betrekking tot het werk, en de wijze waarop men zich kan inzetten in de maatschappij en in de Kerk. Het is belangrijk om er zich rekenschap van te geven dat tussen de vragen die in jullie geest aan de oppervlakte komen, de beslissende vragen niet het "wat" betreffen. De diepste vraag betreft het "wie": naar "wie" te gaan, "wie" te volgen, aan "wie" zijn of haar leven toe te vertrouwen.

Jullie denken aan jullie keuze in de liefde, en ik kan mij indenken dat jullie het hierover eens zijn: dat wat werkelijk telt in het leven is de persoon waarmee men besluit het leven te delen. Past op ! Iedere menselijke persoon is onvermijdelijk beperkt: ook in het meest geslaagde huwelijk moet men rekening houden met een zekere mate van teleurstelling. Wel, beste vrienden: is daarin niet een bevestiging van wat wij bij de apostel Petrus hebben gehoord ? Iedere mens constateert dat hij vroeg of laat uitroept:"Naar wie zouden wij gaan ? Uw woorden zijn woorden van eeuwig leven". Alleen Jezus van Nazaret, de Zoon van God en van Maria, het eeuwige Woord van de Vader, tweeduizend jaar geleden geboren in Betlehem in Judea, is in staat om de diepste verlangens van he menselijk hart te bevredigen.

In de vraag van Petrus: "Naar wie zouden wij gaan?" ligt al het antwoord besloten omtrent de weg die wij moeten gaan. Het is de weg die naar Christus leidt. En de Goddelijke Meester kan persoonlijk bereikt worden: Hij is namelijk op het altaar aanwezig in de werkelijke gedaante van Zijn Lichaam en Zijn Bloed. In het eucharistich offer kunnen wij op geheimnisvolle, maar werkelijke wijze in contact treden met zijn Persoon, doordat wij uit de onuitputtelijke bron van Zijn leven als Verrezene putten.

4. Dit is de prachtige waarheid, beste vrienden: het Woord dat 2000 jaar geleden is mens geworden, is vanddag tegenwoordig in de Eucharistie. Daarom moest het jaar van het grote Jubileum, waarin wij het mysterie van de menswording vieren, ook een "intens eucharistisch" jaar zijn (vgl. Tertio millennio adveniente, 55).

De eucharistie is het sacrament van Christus’ tegenwoordigheid die zich aan ons schenkt omdat hij ons liefheeft. Hij heeft ieder van ons lief op een persoonlijke en unieke manier in het concrete leven van iedere dag: in het gezin, onder vrienden, in de studie en op het werk, als wij rusten, of als wij ons vermaken. Hij heeft ons lief als hij de dagen van ons bestaan van frisheid vervcult, en ook wanneer Hij toelaat dat de beproeving ons overmant in het uur van verdriet: ook in de zwaarste beproevingen laat Hij ons Zijn stem horen.

Ja, beste vrienden, Christus heeft ons lief, en Hij heeft ons altijd lief ! Hij heeft ons ook lief als wij Hem teleurstellen, wanneer wij niet beantwoorden aan Zijn verwachtingen jegens ons. Hij houdt altijd de armen van Zijn barmhartigheid voor ons open. hoe zouden wij deze God niet dankbaar kunnen zijn, die ons heeft verlost door zich over te geven aan de dwaasheid van het kruis. Deze God die aan onze kant is gaan staan, die die daar is gebleven ten einde toe ?

5. Eucharistie vieren "door Zijn vlees te eten en Zijn bloed te drinken" betekent de logica van het kruis en van de dienstbaarheid accepteren. Het betekent derhalve bewijs te leveren van de eigen beschikbaarheid om zich op te offeren voor anderen, zoals hij gedaan heeft.

Onze maatschappij heeft dringend behoefte aan een dergelijkbewijs, de jongeren, die dikwijls bekoord worden door de illusies van een gemakkelijk en comfortabel leven, door verdovende middelen en door genotzucht waarbij zij vervolgens terechtkomen in een spiraal van wanhoop, zinloosheid en geweld, hebben er meer dan ooit behoefte aan. Het is dringend om van richting te veranderen naar Christus toe, die ok de richtingwijzer is voor gerechtigheid, solidariteit, en inzet voor een menswaardige maatschappij en toekomst.

Dit is onze Eucharistie, dit is het antwoord dat Christus van ons verwacht, en van jullie, jongeren, aan het eind van jullie Jubileum. Jezus houdt niet van halve maatregelen, en Hij aarzelt niet om ons op de hielen te zitten met de vraag:"Wilt ook gij soms weggaan?" Samen met Petrus, voor Christus, het Brood des levens, willen wij herhalen: "Heer, naar wie zouden wij gaan ? Uw woorden zijn woorden van eeuwig leven" (Joh 6,68).

6. Beste vrienden, als jullie zijn teruggekeerd naar jullie land, plaats de Eucharistie in het centrum van jullie persoonlijk en gemeenschappelijk leven: heb de Eucharistie lief, aanbidt en viert haar, vooral op zondag, de dag des Heren. Leeft de Eucharistie door getuigenis af te leggen van Gods liefde voor de mensen.

Ik vertrouw aan jullie toe, beste vrienden, dat wat de grootste gave van God is aan ons, pelgrims op de wegen van de tijd, maar die in het hart de dorst naar de eeuwigheid meedragen. Moge er altijd in iedere gemeenschap een priester zijn die de Eucharistie viert ! Daarom vraag ik de Heer dat er onder jullie talrijke en heilige priesterroepingen mogen opbloeien. De Kerk heeft behoefte aan degenen die ook heden ten dage met een zuiver hart het eucharistisch offer opdragen. De wereld heeft er behoefte aan niet te worden beroofd van de zachte en bevrijdende aanwezigheid van Jezus in de Eucharistie!

Mogen jullie zelf vurige getuigen zijn van Christus’ aanwezigheid op onze altaren. De Eucharistie moge jullie leven vormen, en het leven van de gezinnen die jullie zullen stichten. Zij moge een richting geven aan al jullie keuzes in het leven. De Eucharistie, de levende en werkelijke aanwezigheid van de trinitaire liefde van God, moge de drijfveer zijn van idealen van solidariteit, en moge jullie doen leven in gemeenschap met jullie broeders en zusters in iedere uithoek van de wereld.

Uit de deelname aan de Eucharistie moge in het bijzonder een nieuwe opbloei van roepingen tot het religieuze leven voortspruiten, die de aanwezigheid in de Kerk van frisse en edelmoedige krachten voor de grote taak van de re-evangelisatie kan veilig stellen. Als iemand van jullie, beste jongeren, de roepstem van de Heer in zich gewaar wordt om zich totaal aan Hem weg te schenken en Hem lief te hebben "met een onverdeeld hart" (vgl. 1Kor 7,34), laat hij of zij zich dan niet geremd voelen door twijfel of angst. Laat hij of zij moedig het eigen "ja" uitspreken zonder terughoudendheid, in vertrouwen op Hem die trouw is aan al Zijn beloften. Heeft hij niet aan wie alles prijsgeeft omwille van Hem, het honderdvoud in deze wereld en vervolgens het eeuwige leven verzekerd ? (vgl. Mc 10, 29-30).

7. Aan het einde van deze viering, terwijl ik naar jullie en naar jullie gezichten kijk en jullie oprechte enthousiasme voel, wil ik uit het diepst van mijn hart mijn oprechte dank aan God uitspreken voor de gave van de jeugd, dat door jullie altijd in de Kerk en in de wereld blijft.

Dank aan God voor de weg van de Wereldjongerendagen ! Dank aan God voor de talrijke jongeren die zij de afgelopen zestien jaar erbij heeft betrokken ! Het zijn de jongeren die nu, volwassen geworden, daar waar zij wonen en werken in het geloof blijven leven. Ik ben er zeker van dat ook jullie, beste vrienden, het niveau hebben van degenen die jullie zijn voorgegaan. Jullie zullen boodschap van Christus in het nieuwe millennium brengen. Als jullie naar huis zijn teruggekeerd, raakt dan niet versnipperd. Bevestigt en verdiept jullie toebehoren aan de christelijke gemeenschap. Vanuit Rome, de stad van Petrus en Paulus, begeleidt de Paus jullie met genegenheid, en met een parafrase van een gezegde van St. Catharina van Siena zegt hij jullie: "Als jullie zijn wat jullie moeten zijn, zullen jullie de hele wereld in vuur en vlam zetten!" (vgl. Lett. 368)

Ik kijk met vertrouwen naar deze nieuwe mensheid die zich ook door jullie voorbereid, ik kijk naar deze Kerk die zich voortdurend verjongt door de Geest van Christus, en die zich vandaag verheugt over jullie voornemens en jullie inzet. Ik kijk naar de toekomst en maak de woorden van een eeuwenoud gebed, die de gave van Jezus, van de Eucharistie, en van Kerk bezingt, tot de mijne:

"Wij brengen U dank, onze Vader, voor het leven en voor de kennis die Gij ons hebt geopenbaard door Jezus Uw dienaar. Aan U zij de eer tot in alle eeuwen ! Zoals dit gebroken brood overal over de heuvels verspreid was, en, bijeengebracht, één enkel ding is geworden, moge zo Uw Kerk van de uiteinden der aarde in Uw Rijk bijeengebracht worden ... Gij, almachtigee Heer, hebt het heelal geschapen, tot eer van Uw naam; Gij hebt aan de mensen spijs en drank als leeftocht gegeven, opdat zij U dank brengen; maar aan ons hebt U een geestelijke spijs en drank gegeven en het eeuwige leven door middel van Uw Zoon. Aan U zij de eer tot in alle eeuwen !" (Didaché 9, 3-4; 10, 3-4).

[01704-AA.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

1. „Panie, do kogóż pójdziemy? Ty masz słowa życia wiecznego" (Gv 6, 68).

Drodzy chłopcy i dziewczęta, którzy przybyliście na piętnasty Światowy Dzień Młodzieży! Te słowa Piotra, wypowiedziane w dialogu z Chrystusem na zakończenie mowy o „chlebie żywym", dotyczą nas osobiście. W tych dniach rozważaliśmy stwierdzenie Jana: „Słowo stało się ciałem i zamieszkało wśród nas" (J 1, 14). Ewangelista wprowadził nas w wielką tajemnicę wcielenia Syna Bożego – Syna, który nam został dany poprzez Maryję, „gdy nadeszła pełnia czasu" (Gal 4, 4).

W Jego imię raz jeszcze bardzo serdecznie pozdrawiam was wszystkich. Pozdrawiam kardynała Camillo Ruiniego, mojego wikariusza dla Diecezji Rzymskiej i przewodniczącego Włoskiej Konferencji Episkopatu. Dziękuję mu za słowa, które do mnie skierował na początku tej Mszy świętej. Pozdrawiam też kardynała Jamesa Francisa Stafforda, przewodniczącego Papieskiej Rady do spraw Laikatu, oraz licznych kardynałów, biskupów i księży, którzy tutaj przybyli. Pozdrawiam również z należnym szacunkiem Pana Prezydenta Republiki Włoskiej oraz szefa włoskiego Rządu, jak również wszystkie inne władze cywilne i kościelne, które zaszczycają nas swoją obecnością.

2. Doszliśmy do punktu kulminacyjnego Światowego Dnia Młodzieży. Wczoraj wieczorem, moi drodzy młodzi, potwierdziliśmy naszą wiarę w Jezusa Chrystusa, Syna Bożego, który został posłany przez Ojca – jak przypomniało nam dzisiejsze pierwsze czytanie – „by głosić dobrą nowinę ubogim, by opatrywać rany serc złamanych, by zapowiadać wyzwolenie jeńcom i więniom swobodę… aby pocieszać wszystkich zasmuconych" (Iz 61, 1/3).

Przez dzisiejszą liturgię Eucharystii Jezus wprowadza nas w poznanie szczególnego aspektu swojej posługi. Słyszeliśmy w Ewangelii fragment mowy, którą wygłosił On w synagodze w Kafarnaum po cudzie rozmnożenia chlebów. Objawia się On tam jako prawdziwy chleb życia – chleb, który zstąpił z nieba, aby dać życie światu (por. J 6, 51). Jest to mowa, której słuchacze nie rozumieją. Perspektywa, w której się obracają, jest zbyt materialna, by mogli osiągnąć prawdziwe zrozumienie Chrystusa. Rozumują oni według ciała, które „na nic się nie przyda" (J 6, 63). Jezus natomiast otwiera myśl na bezgraniczne horyzonty ducha: „Słowa, które Ja wam powiedziałem – podkreśla z naciskiem – są duchem i życiem" (tamże).

Słuchacze jednak są oporni: „Trudna jest ta mowa. Któż jej może słuchać?" (J 6, 60). Uważają się oni za ludzi kierujących się zdrowym rozsądkiem, stąpających po ziemi. Dlatego potrząsają głowami i mrucząc pod nosem odchodzą jeden po drugim. Tłumy, jakie były na początku, stopniowo maleją. W końcu pozostaje tylko maleńka grupka najwierniejszych uczniów. Gdy jednak chodzi o chleb życia, Jezus nie jest skłonny do ustępstw. Gotowy jest raczej narazić się na rozstanie nawet z najbliższymi: „Czyż i wy chcecie odejść?" (J 6, 67).

3. „Czyż i wy?". Chrystusowe pytanie przekracza wieki i dociera aż do nas, domaga się od nas osobistej odpowiedzi i pobudza do decyzji. Jaka jest nasza odpowied? Droga młodzieży! Jeśli jesteśmy tutaj dzisiaj, to dlatego, że utożsamiamy się ze stwierdzeniem Apostoła Piotra: „Panie, do kogóż pójdziemy? Ty masz słowa życia wiecznego" (J 6, 68).

Wokół was rozbrzmiewa wiele słów, jednak tylko Chrystus ma słowa, które nie ulegają wytarciu z biegiem czasu, ale pozostają na wieki. Okres, który przeżywacie, narzuca wam pewne rozstrzygające wybory: specjalizację w studiach, ukierunkowanie w pracy, samo zaangażowanie w społeczeństwie i w Kościele. Ważne jest, byście zdali sobie sprawę, że – wśród tak licznych pytań, jakie przed wami stają – rozstrzygające pytania nie dotyczą tego, „co". Zasadnicze pytanie dotyczy tego, „kto": do „kogo" się udać, za „kim" pójść, „komu" zawierzyć swoje życie.

Myślicie o swoim wyborze w sferze uczuć i – jak sądzę – przyznacie, że tym, co naprawdę liczy się w życiu, jest osoba, z którą decydujemy się je dzielić. Uważajcie jednak! Każda osoba ludzka jest nieuchronnie ograniczona: nawet w najbardziej udanym małżeństwie trzeba liczyć się z pewnymi rozczarowaniami. A więc, drodzy przyjaciele: czyż nie potwierdza to tego, co słyszeliśmy od Apostoła Piotra? Każda istota ludzka prędzej czy póniej będzie musiała zawołać wraz z nim: „Do kogóż pójdziemy? Ty masz słowa życia wiecznego". Tylko Jezus z Nazaretu, Syn Boży i Syn Maryi, przedwieczne Słowo Ojca, zrodzone przed dwoma tysiącami lat w Betlejem Judzkim, jest w stanie zaspokoić najgłębsze pragnienia ludzkiego serca.

W pytaniu Piotra: „Do kogóż pójdziemy?" zawiera się już odpowied dotycząca drogi, jaką należy iść. Jest to droga, która prowadzi do Chrystusa. A do boskiego Nauczyciela dotrzeć można osobiście. Jest bowiem obecny na ołtarzu w rzeczywistości swojego Ciała i swojej Krwi. W Ofierze eucharystycznej możemy zetknąć się, w sposób tajemniczy, ale rzeczywisty, z Jego osobą, czerpiąc z niewyczerpanego ródła Jego życia jako Tego, który zmartwychwstał.

4. Taka, drodzy przyjaciele, jest ta zadziwiająca prawda: Słowo, które stało się ciałem dwa tysiące lat temu, obecne jest dzisiaj w Eucharystii. Dlatego rok Wielkiego Jubileuszu, w którym obchodzimy tajemnicę Wcielenia, musiał być również rokiem „głęboko eucharystycznym" (por. Tertio millennio adveniente, 55).

Eucharystia jest sakramentem obecności Chrystusa, który daje nam siebie, bo nas kocha. Kocha On każdego z nas w sposób osobisty i jedyny w konkretnym życiu, każdego dnia: w rodzinie, wśród przyjaciół, na studiach i w pracy, w wypoczynku i rozrywce. Kocha nas, kiedy napełnia świeżością dni naszej egzystencji i także wówczas, gdy w godzinie cierpienia dopuszcza, by przyszedł na nas czas próby. Również bowiem przez najcięższe doświadczenia daje nam słyszeć swój głos.

Tak, drodzy przyjaciele! Chrystus nas kocha i to kocha nas zawsze! Kocha nas także wtedy, kiedy Go zawodzimy, kiedy nie odpowiadamy na Jego oczekiwania względem nas. Nigdy nie zamyka przed nami ramion swojego miłosierdzia. Jakżeż moglibyśmy nie być wdzięczni temu Bogu, który nas odkupił, posuwając się aż do szaleństwa krzyża? Temu Bogu, który stanął po naszej stronie i pozostał tu aż do końca?

5. Sprawować Eucharystię, „spożywając Jego ciało i pijąc Jego krew", znaczy przyjąć logikę krzyża i służby. Znaczy zatem dawać świadectwo własnej gotowości do poświęcania się dla drugich, tak jak On to czynił.

Tego świadectwa ogromnie potrzebuje nasze społeczeństwo, bardziej niż kiedykolwiek potrzebują go młodzi, nieraz kuszeni mirażami życia łatwego i wygodnego, narkotyków i hedonizmu, aby znaleć się potem w odmętach rozpaczy, nonsensu, przemocy. Pilnie trzeba zmienić drogę, zwracając się w kierunku Chrystusa, czyli również w kierunku sprawiedliwości, solidarności, zaangażowania na rzecz społeczeństwa i przyszłości godnych człowieka.

To jest nasza Eucharystia, to jest nasza odpowied, jakiej Chrystus od nas oczekuje, jakiej oczekuje od was, młodzi, na zakończenie tego waszego Jubileuszu. Jezus nie kocha połowicznie i nie waha się zadać nam ponaglającego pytania: „Czyż i wy chcecie odejść?". Wraz z Piotrem wobec Chrystusa, Chleba życia, również my pragniemy dzisiaj powtórzyć: „Panie, do kogóż pójdziemy? Ty masz słowa życia wiecznego".

6. Moi drodzy! Powracając do waszych rodzinnych ziem, postawcie Eucharystię w centrum swojego życia osobistego i wspólnotowego. Kochajcie ją, adorujcie ją, sprawujcie ją przede wszystkim w niedzielę, dzień Pański. Żyjcie Eucharystią, dając świadectwo miłości Boga do ludzi.

Powierzam wam, drodzy przyjaciele, to co jest największym darem Boga dla nas, pielgrzymów na drogach czasu, żywiących w sercu pragnienie wieczności. Oby w każdej wspólnocie mógł być zawsze kapłan, który sprawuje Eucharystię. Dlatego proszę Boga, aby rozkwitały wśród was liczne i święte powołania do kapłaństwa. Kościół potrzebuje tych, którzy sprawować będą również dzisiaj z czystym sercem eucharystyczną Ofiarę. Kościół nie może być pozbawiony pełnej miłości, wyzwalającej obecności Jezusa żywego w Eucharystii!

Wy sami jesteście żarliwymi świadkami obecności Chrystusa na naszych ołtarzach. Niech Eucharystia kształtuje wasze życie i życie rodzin, które założycie. Niech ona kieruje wszystkimi waszymi wyborami życiowymi. Eucharystia – żywa i rzeczywista obecność miłości Boskiej Trójcy – niech was natchnie ideałami solidarności i da wam żyć w komunii z waszymi braćmi, rozsianymi po wszystkich zakątkach globu.

Z uczestnictwa w Eucharystii niech wypłynie zwłaszcza nowy rozkwit powołań do życia zakonnego, który zapewni w Kościele obecność świeżych i wielkodusznych sił do wielkiego zadania nowej ewangelizacji. Jeśli ktoś z was, drodzy chłopcy i dziewczęta, odczuwa, że Pan go powołuje, by oddać się Mu całkowicie, kochając Go „sercem niepodzielonym" (por. 1Kor 7, 34) – niech nie pozwoli się powstrzymać wątpliwościom czy obawom. Niech wypowie odważnie swoje „tak" bez zastrzeżeń, ufając Temu, który jest wierny we wszystkich swoich obietnicach. Czyż to nie On zapewnił, że kto wszystko opuścił dla Niego, otrzyma stokroć więcej już tutaj, a póniej życie wieczne? (por. Mk 10, 29-30).

7. Na zakończenie tej liturgii, patrząc na was, na wasze młode twarze, na wasz szczery entuzjazm, pragnę wyrazić z głębi serca moją serdeczną wdzięczność Bogu za dar młodości, który poprzez was utrzymuje się w Kościele i w świecie.

Dziękuję Bogu za drogę Światowych Dni Młodzieży! Dziękuję Bogu za tylu młodych, których objęły one w ciągu tych szesnastu lat! Są to młodzi, którzy teraz, stawszy się dorosłymi, nadal żyją wiarą tam, gdzie mieszkają i pracują. Jestem pewny, że również wy, drodzy przyjaciele, dorównacie tym, którzy was poprzedzili. Będziecie głosili Chrystusa nowemu tysiącleciu. Powracając do domu, nie ulegajcie rozproszeniu. Potwierdzajcie i pogłębiajcie waszą przynależność do wspólnoty chrześcijańskiej, w której skład wchodzicie. Z Rzymu, z Miasta Piotra i Pawła, Papież towarzyszy Wam z miłością i – parafrazując wyrażenie z listu świętej Katarzyny ze Sieny – mówi wam: „Jeśli będziecie tym, czym macie być, zapalicie cały świat!" (por. List 368).

Patrzę z ufnością na tę nową ludzkość, która przygotowuje się również za waszym pośrednictwem. Patrzę na ten Kościół, który jest stale odmładzany przez Ducha Chrystusowego i który cieszy się dzisiaj waszymi postanowieniami i waszym zaangażowaniem. Patrzę ku przyszłości i powtarzam, jak swoje własne, słowa starożytnej modlitwy, która opiewa równocześnie dar Jezusa, Eucharystii i Kościoła:

„Dziękujemy Ci, Ojcze nasz,

za życie i za poznanie,

które objawiłeś nam przez Jezusa, sługę Twego.

Tobie chwała na wieki!

Jak ten chleb łamany,

rozrzucony po górach,

został w jedno zebrany,

tak niech Kościół Twój

aż po najdalsze krańce ziemi

zbierze się w królestwie Twoim…

Ty, Panie wszechmogący,

stworzyłeś wszystko dla chwały imienia Twego,

dałeś ludziom pokarm i napój,

aby ciesząc się nim, Tobie dziękowali.

Nam zaś dałeś w swej łaskawości

duchowy pokarm i napój

i życie wieczne przez Jezusa, Syna Twego…

Tobie chwała na wieki!".

Amen.

[01704-09.02] [Testo originale: Italiano]

SALUTO DEL CARDINALE JAMES FRANCIS STAFFORD

Holy Father! One of the supreme expressions of your apostolic ministry is the charism of gathering. In August 2000 with its summers breezes, the full moon, and yes, even the Roman sun, your exercise of the Petrine ministry by gathering us has again taught young people the meaning of Jesus’s words, "Whoever does not gather with me scatters."

For sixteen years, you have gathered your "dear young people" along innumerable pilgrim roads. They include modern highways, the "Way of the Stars" to Santiago de Compostela, ancient routes to Our Lady’s shrines and la strada romea.

A persistent question has arisen. One Romeo phrased it this way, "Why did the Holy Father in 1984 give the young people of the world the Pilgrim Cross to carry along all these roads?" Another answered by mentioning the deaths of thousands of Catholics at the hands of his government and its effects, "Because I have suffered much, I have died." The reality of being baptized into the likeness of Jesus’s death was found through his suffering.

The Petrine ministry of gathering is the opposite of the idolatry of "the green light". Belief in "the light being always green" is becoming widespread. People have invested themselves in a life without asceticism. You have warned of this, Holy Father.

The Pilgrim Cross gives other signals. It says that discipline, separation and uprooting are the means of assembling the pilgrim Church. The cross recalls the precious Blood of Jesus. It says that God’s way of love is shown by illuminating everything else from his own powerlessness. And young peoples’ way of love cannot be otherwise.

Beneath the Roman Cross tens of thousands have become aware that belief in the green light leads to the inferno in which many are submerged. It has taught them that the always green-light leads to self-hatred and hatred of others. Hatred itself is the inferno. But the underground in which they live is not an irreversible condition. It can be a transition. The glory of God revealed in Jesus’s pierced body is a lightning-bolt. It holds spellbound those who glimpse it. In Rome pilgrims learn that life is "a tragedy under grace".

Many have discovered that the highest good can be found in forgiveness. This explains why tens of thousands of young pilgrims under the Cross have found Christ and the tears of repentance in the Sacrament of Penance at the Circus Maximus.

Living the reality of the Cross has confirmed the truth of all this. You have first shown the way, Holy Father. Your own life and ministry have confirmed the power of the Cross. From the first moments of your Pontificate you have urged young people not to be afraid for in the life of Jesus and in the lives of his disciples there is a dramatic convergence of freedom and of obedience.

Holy Father! These hundreds of thousands of young pilgrims thank you for personal witness, for your gathering them here, and for your exercise of the Petrine ministry.

[01702-02.01] [Original text: English]