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XV GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ - GRANDE VEGLIA PRESIEDUTA DAL PAPA A TOR VERGATA (ROMA), 19.08.2000


Questo pomeriggio, alle ore 19.30, proveniente in elicottero da Castel Gandolfo, il Santo Padre raggiunge il Campus dell’Università romana di Tor Vergata, dove lo attendono due milioni di giovani convenuti a Roma in occasione della XV Giornata Mondiale della Gioventù.

Al suo arrivo il Papa è accolto dal Cardinale Camillo Ruini, Suo Vicario per la Diocesi di Roma e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana; dal Cardinale James Francis Stafford, Presidente del Pontificio Consiglio per i Laici; da S.E. Mons. Giuseppe Matarrese, Vescovo di Frascati; dall’On. Enzo Bianco, Ministro dell’Interno della Repubblica Italiana; dall’On. Francesco Rutelli, Sindaco di Roma e dal Prof. Alessandro Finazzi Agrò, Magnifico Rettore dell’Università di Tor Vergata.

Alle ore 20.30 Giovanni Paolo II, salutando i giovani presenti, dà inizio alla grande Veglia della XV Giornata Mondiale della Gioventù.

Successivamente viene fatta memoria della Madonna - illuminando l’icona di Maria Salus Populi Romani - degli Apostoli e dei Martiri: ad ogni invocazione viene acceso un braciere lungo il viale centrale fino ai piedi della croce.

Dopo aver ascoltato le esperienze di alcuni giovani sulle strade della riconciliazione, della giustizia, della libertà e della santità, il Papa pronuncia il suo discorso, seguito dalla consegna del Vangelo a cinque ragazzi provenienti dai diversi continenti.

La Veglia prosegue con la professione della fede battesimale e la testimonianza, da parte di quattro giovani, della loro fede vissuta nelle diverse situazioni di vita. Quindi Giovanni Paolo II, impartita la Benedizione finale, rientra a Castel Gandolfo.

Pubblichiamo di seguito il discorso del Santo Padre ai giovani:

DISCORSO DEL SANTO PADRE

Testo in lingua originale 

Traduzione in lingua francese 

Traduzione in lingua inglese 

Traduzione in lingua tedesca

Traduzione in lingua spagnola

Traduzione in lingua portoghese

Traduzione in lingua neerlandese

Traduzione in lingua polacca

Testo in lingua originale 

1. "Voi chi dite che io sia?" (Mt 16, 15).

Carissimi giovani e ragazze, con grande gioia mi incontro nuovamente con voi in occasione di questa Veglia di preghiera, durante la quale vogliamo metterci insieme in ascolto di Cristo, che sentiamo presente tra noi. È Lui che ci parla.

"Voi chi dite che io sia?". Gesù pone questa domanda ai suoi discepoli, nei pressi di Cesarea di Filippo. Risponde Simon Pietro: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" (Mt 16, 16). A sua volta il Maestro gli rivolge le sorprendenti parole: "Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16, 17).

Qual è il significato di questo dialogo? Perché Gesù vuole sentire ciò che gli uomini pensano di Lui? Perché vuol sapere che cosa pensano di Lui i suoi discepoli?

Gesù vuole che i discepoli si rendano conto di ciò che è nascosto nelle loro menti e nei loro cuori e che esprimano la loro convinzione. Allo stesso tempo, tuttavia, egli sa che il giudizio che manifesteranno non sarà soltanto loro, perché vi si rivelerà ciò che Dio ha versato nei loro cuori con la grazia della fede.

Questo evento nei pressi di Cesarea di Filippo ci introduce in un certo senso nel "laboratorio della fede". Vi si svela il mistero dell'inizio e della maturazione della fede. Prima c'è la grazia della rivelazione: un intimo, un inesprimibile concedersi di Dio all'uomo. Segue poi la chiamata a dare una risposta. Infine, c'è la risposta dell'uomo, una risposta che d'ora in poi dovrà dare senso e forma a tutta la sua vita.

Ecco che cosa è la fede! È la risposta dell'uomo ragionevole e libero alla parola del Dio vivente. Le domande che Cristo pone, le risposte che vengono date dagli Apostoli, e infine da Simon Pietro, costituiscono quasi una verifica della maturità della fede di coloro che sono più vicini a Cristo.

2. Il colloquio presso Cesarea di Filippo ebbe luogo nel periodo prepasquale, cioè prima della passione e della resurrezione di Cristo. Bisognerebbe richiamare ancora un altro evento, durante il quale Cristo, ormai risorto, verificò la maturità della fede dei suoi Apostoli. Si tratta dell'incontro con Tommaso apostolo. Era l'unico assente quando, dopo la resurrezione, Cristo venne per la prima volta nel Cenacolo. Quando gli altri discepoli gli dissero di aver visto il Signore, egli non volle credere. Diceva: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò" (Gv 20, 25). Dopo otto giorni i discepoli si trovarono nuovamente radunati e Tommaso era con loro. Venne Gesù attraverso la porta chiusa, salutò gli Apostoli con le parole: "Pace a voi!" (Gv 20, 26) e subito dopo si rivolse a Tommaso: "Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!" (Gv 20, 27). E allora Tommaso rispose: "Mio Signore e mio Dio!" (Gv 20, 28).

Anche il Cenacolo di Gerusalemme fu per gli Apostoli una sorta di "laboratorio della fede". Tuttavia quanto lì avvenne con Tommaso va, in un certo senso, oltre quello che successe nei pressi di Cesarea di Filippo. Nel Cenacolo ci troviamo di fronte ad una dialettica della fede e dell'incredulità più radicale e, allo stesso tempo, di fronte ad una ancor più profonda confessione della verità su Cristo. Non era davvero facile credere che fosse nuovamente vivo Colui che avevano deposto nel sepolcro tre giorni prima.

Il Maestro divino aveva più volte preannunciato che sarebbe risuscitato dai morti e più volte aveva dato le prove di essere il Signore della vita. E tuttavia l'esperienza della sua morte era stata così forte, che tutti avevano bisogno di un incontro diretto con Lui, per credere nella sua resurrezione: gli Apostoli nel Cenacolo, i discepoli sulla via per Emmaus, le pie donne accanto al sepolcro... Ne aveva bisogno anche Tommaso. Ma quando la sua incredulità si incontrò con l'esperienza diretta della presenza di Cristo, l'Apostolo dubbioso pronunciò quelle parole in cui si esprime il nucleo più intimo della fede: Se è così, se Tu davvero sei vivo pur essendo stato ucciso, vuol dire che sei "il mio Signore e il mio Dio".

Con la vicenda di Tommaso, il "laboratorio della fede" si è arricchito di un nuovo elemento. La Rivelazione divina, la domanda di Cristo e la risposta dell'uomo si sono completate nell'incontro personale del discepolo col Cristo vivente, con il Risorto. Quell'incontro divenne l'inizio di una nuova relazione tra l'uomo e Cristo, una relazione in cui l'uomo riconosce esistenzialmente che Cristo è Signore e Dio; non soltanto Signore e Dio del mondo e dell'umanità, ma Signore e Dio di questa mia concreta esistenza umana. Un giorno san Paolo scriverà: "Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore: cioè la parola della fede che noi predichiamo. Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo" (Rm 10, 8-9).

3. Nelle Letture dell'odierna Liturgia troviamo descritti gli elementi di cui si compone quel "laboratorio della fede", dal quale gli Apostoli uscirono come uomini pienamente consapevoli della verità che Dio aveva rivelato in Gesù Cristo, verità che avrebbe modellato la loro vita personale e quella della Chiesa nel corso della storia. L'odierno incontro romano, carissimi giovani, è anch'esso una sorta di "laboratorio della fede" per voi, discepoli di oggi, per i confessori di Cristo alla soglia del terzo millennio.

Ognuno di voi può ritrovare in se stesso la dialettica di domande e risposte che abbiamo sopra rilevato. Ognuno può vagliare le proprie difficoltà a credere e sperimentare anche la tentazione dell'incredulità. Al tempo stesso, però, può anche sperimentare una graduale maturazione nella consapevolezza e nella convinzione della propria adesione di fede. Sempre, infatti, in questo mirabile laboratorio dello spirito umano, il laboratorio appunto della fede, s'incontrano tra loro Dio e l'uomo. Sempre il Cristo risorto entra nel cenacolo della nostra vita e permette a ciascuno di sperimentare la sua presenza e di confessare: Tu, o Cristo, sei "il mio Signore e il mio Dio".

Cristo disse a Tommaso: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Gv 20, 29). Ogni essere umano ha dentro di sé qualcosa dell'apostolo Tommaso. È tentato dall'incredulità e pone le domande di fondo: È vero che c'è Dio? È vero che il mondo è stato creato da Lui? È vero che il Figlio di Dio si è fatto uomo, è morto ed è risorto? La risposta si impone insieme con l'esperienza che la persona fa della Sua presenza. Occorre aprire gli occhi e il cuore alla luce dello Spirito Santo. Allora parleranno a ciascuno le ferite aperte di Cristo risorto: "Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno".

4. Carissimi amici, anche oggi credere in Gesù, seguire Gesù sulle orme di Pietro, di Tommaso, dei primi apostoli e testimoni, comporta una presa di posizione per Lui e non di rado quasi un nuovo martirio: il martirio di chi, oggi come ieri, è chiamato ad andare contro corrente per seguire il Maestro divino, per seguire "l'Agnello dovunque va" (Ap 14,4). Non per caso, carissimi giovani, ho voluto che durante l'Anno Santo fossero ricordati presso il Colosseo i testimoni della fede del ventesimo secolo.

Forse a voi non verrà chiesto il sangue, ma la fedeltà a Cristo certamente sì! Una fedeltà da vivere nelle situazioni di ogni giorno: penso ai fidanzati ed alla difficoltà di vivere, entro il mondo di oggi, la purezza nell'attesa del matrimonio. Penso alle giovani coppie e alle prove a cui è esposto il loro impegno di reciproca fedeltà. Penso ai rapporti tra amici e alla tentazione della slealtà che può insinuarsi tra loro.

Penso anche a chi ha intrapreso un cammino di speciale consacrazione ed alla fatica che deve a volte affrontare per perseverare nella dedizione a Dio e ai fratelli. Penso ancora a chi vuol vivere rapporti di solidarietà e di amore in un mondo dove sembra valere soltanto la logica del profitto e dell'interesse personale o di gruppo.

Penso altresì a chi opera per la pace e vede nascere e svilupparsi in varie parti del mondo nuovi focolai di guerra; penso a chi opera per la libertà dell'uomo e lo vede ancora schiavo di se stesso e degli altri; penso a chi lotta per far amare e rispettare la vita umana e deve assistere a frequenti attentati contro di essa, contro il rispetto ad essa dovuto.

5. Cari giovani, è difficile credere in un mondo così? Nel Duemila è difficile credere? Sì! È difficile. Non è il caso di nasconderlo. È difficile, ma con l'aiuto della grazia è possibile, come Gesù spiegò a Pietro: "Né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli" (Mt 16,17).

Questa sera vi consegnerò il Vangelo. È il dono che il Papa vi lascia in questa veglia indimenticabile. La parola contenuta in esso è la parola di Gesù. Se l'ascolterete nel silenzio, nella preghiera, facendovi aiutare a comprenderla per la vostra vita dal consiglio saggio dei vostri sacerdoti ed educatori, allora incontrerete Cristo e lo seguirete, impegnando giorno dopo giorno la vita per Lui!

In realtà, è Gesù che cercate quando sognate la felicità; è Lui che vi aspetta quando niente vi soddisfa di quello che trovate; è Lui la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. È Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande, la volontà di seguire un ideale, il rifiuto di lasciarvi inghiottire dalla mediocrità, il coraggio di impegnarvi con umiltà e perseveranza per migliorare voi stessi e la società, rendendola più umana e fraterna.

Carissimi giovani, in questi nobili compiti non siete soli. Con voi ci sono le vostre famiglie, ci sono le vostre comunità, ci sono i vostri sacerdoti ed educatori, ci sono tanti di voi che nel nascondimento non si stancano di amare Cristo e di credere in Lui. Nella lotta contro il peccato non siete soli: tanti come voi lottano e con la grazia del Signore vincono!

6. Cari amici, vedo in voi le "sentinelle del mattino" (cfr Is 21,11-12) in quest'alba del terzo millennio. Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare ad odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi messianismi secolarizzati, che hanno tentato di sostituire la speranza cristiana, si sono poi rivelati veri e propri inferni. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete ad un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti.

Cari giovani del secolo che inizia, dicendo «» a Cristo, voi dite «» ad ogni vostro più nobile ideale. Io prego perché Egli regni nei vostri cuori e nell'umanità del nuovo secolo e millennio. Non abbiate paura di affidarvi a Lui. Egli vi guiderà, vi darà la forza di seguirlo ogni giorno e in ogni situazione.

Maria Santissima, la Vergine che ha detto «» a Dio durante tutta la sua vita, i Santi Apostoli Pietro e Paolo e tutti i Santi e le Sante che hanno segnato attraverso i secoli il cammino della Chiesa, vi conservino sempre in questo santo proposito!

A tutti ed a ciascuno offro con affetto la mia Benedizione.

[01700-01.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua francese

1. «Et vous, que dites-vous? Pour vous, qui suis-je?» (Mt 16, 15).

Chers jeunes, c’est avec grande joie que je vous retrouve de nouveau à l’occasion de cette veillée de prières, durant laquelle nous voulons nous mettre ensemble à l’écoute du Christ, que nous sentons présent au milieu de nous. C’est lui qui nous parle.

«Et vous, que dites-vous? Pour vous, qui suis-je?» Jésus pose cette question à ses disciples, dans les environs de Césarée de Philippe. Simon-Pierre lui répond: «Tu es le Messie, le Fils du Dieu vivant» (Mt 16, 16). À son tour, le Maître lui adresse ces paroles surprenantes : «Heureux es-tu, Simon fils de Yonas: ce n’est pas la chair et le sang qui t’ont révélé cela, mais mon Père qui est aux cieux»(Mt 16,17).

Que signifie ce dialogue? Pourquoi Jésus veut-il entendre ce que les hommes pensent de lui? Pourquoi veut-il savoir ce que ses disciples pensent de lui?

Jésus veut que les disciples se rendent compte de ce qui est né dans leurs esprits et dans leurs cœurs et qu’ils expriment leurs convictions. Mais en même temps il sait que le jugement qu’ils porteront ne sera pas seulement leur jugement, parce que s’y révélera ce que Dieu aura mis dans leurs cœurs par la grâce de la foi.

Cet événement, près de Césarée de Philippe, nous introduit en un certain sens dans «le laboratoire de la foi». Le mystère de la naissance et de la maturation de la foi s’y révèle. Il y a d’abord la grâce de la révélation: Dieu qui se donne à l’homme d’une façon intime, inexprimable. Il y a ensuite la demande d’une réponse à donner. Enfin, il y a la réponse de l’homme, réponse qui devra désormais donner sens et forme à toute sa vie.

Voilà ce qu’est la foi! C’est la réponse de l’homme raisonnable et libre à la parole du Dieu vivant. Les questions que pose le Christ, les réponses qui sont données par les Apôtres, et à la fin par Simon Pierre, constituent comme une vérification de la maturité de la foi de ceux qui sont les plus proches du Christ.

2. L’entretien près de Césarée de Philippe a eu lieu avant Pâques, c’est-à-dire avant la Passion et la Résurrection du Christ. Il faudrait rappeler encore un autre événement, pendant lequel le Christ, alors ressuscité, vérifia la maturité de la foi de ses Apôtres. Il s’agit de la rencontre avec l’Apôtre Thomas. Il était le seul à ne pas être présent lorsque, après la Résurrection, le Christ vint pour la première fois au Cénacle. Quand les autres disciples lui dirent qu’ils avaient vu le Seigneur, il ne voulut pas les croire. Il disait: «Si je ne vois pas dans ses mains la marque des clous, si je ne mets pas mon doigt à l’endroit des clous, si je ne mets pas la main dans son côté, non, je ne croirai pas!» (Jn 20, 25). Huit jours après, les disciples se trouvaient de nouveau réunis et Thomas était avec eux. Jésus vint, toutes portes closes, et il salua les Apôtres en disant: «La paix soit avec vous!» (Jn 20, 26) et, tout de suite après, il se tourna vers Thomas: «Avance ton doigt ici, et vois mes mains; avance ta main, et mets-la dans mon côté: cesse d’être incrédule, sois croyant!» (Jn 20, 27). Thomas lui répondit alors: «Mon Seigneur et mon Dieu!» (Jn20, 28).

Le Cénacle de Jérusalem fut aussi pour les Apôtres une sorte de «laboratoire de la foi». Toutefois, ce qui s’y est passé avec Thomas va, en un sens, au-delà de ce qui est arrivé près de Césarée de Philippe. Au Cénacle, nous nous trouvons devant une dialectique de la foi et de l’incrédulité la plus radicale, et, en même temps, devant une proclamation plus profonde encore de la vérité sur le Christ. Il n’était vraiment pas facile de croire que Celui qu’on avait mis au tombeau trois jours auparavant était de nouveau vivant.

Le divin Maître avait souvent annoncé qu’il ressusciterait d’entre les morts et il avait souvent donné la preuve qu’il était le Seigneur de la vie. Et pourtant l’expérience de sa mort avait été si forte que tous avaient besoin d’une rencontre directe avec lui pour croire à la résurrection: les Apôtres au Cénacle, les disciples sur la route d’Emmaüs, les saintes femmes près du tombeau... Thomas, lui aussi, en avait besoin. Mais lorsque son incrédulité eut fait l’expérience directe de la présence du Christ, l’Apôtre qui doutait prononça ces mots dans lesquels s’exprime le noyau le plus intime de la foi: s’il en est ainsi, si Tu es vraiment vivant tout en ayant été mis à mort, cela veut dire que tu es «mon Seigneur et mon Dieu».

Dans ce qui est arrivé à Thomas, le «laboratoire de la foi» s’est enrichi d’un nouvel élément. La Révélation divine, la question du Christ et la réponse de l’homme ont eu leur achèvement dans la rencontre personnelle du disciple avec le Christ vivant, avec le Ressuscité. Cette rencontre est devenue le début d’une nouvelle relation entre l’homme et le Christ, une relation où l’homme reconnaît existentiellement que le Christ est Seigneur et Dieu; non seulement Seigneur et Dieu du monde et de l’humanité, mais Seigneur et Dieu de mon existence humaine concrète. Un jour, saint Paul écrira: «La Parole est près de toi, elle est dans ta bouche et dans ton cœur. Cette Parole, c’est le message de la foi que nous proclamons. Donc, si tu affirmes de ta bouche que Jésus est Seigneur, si tu crois dans ton cœur que Dieu l’a ressuscité d’entre les morts, alors tu seras sauvé» (Rm 10, 8-9).

3. Dans les lectures de la liturgie d’aujourd’hui, nous trouvons décrits les éléments dont se compose ce «laboratoire de la foi», d’où les Apôtres sortiront en hommes pleinement conscients de la vérité que Dieu avait révélée en Jésus Christ, vérité qui allait modeler leur vie personnelle et celle de l’Église au cours de l’histoire. Notre rencontre d’aujourd’hui à Rome, chers jeunes, est aussi une sorte de «laboratoire de la foi» pour vous, disciples d’aujourd’hui, pour ceux qui croient au Christ au seuil du troisième millénaire.

Chacun de vous peut retrouver en lui-même la dialectique des questions et des réponses que nous venons de souligner. Chacun peut mesurer ses propres difficultés à croire et aussi éprouver la tentation de l’incrédulité. Mais en même temps il peut faire l’expérience d’une maturation progressive dans la conscience et dans la conviction de sa propre adhésion de foi. Toujours, en effet, dans cet admirable laboratoire de l’esprit humain, le laboratoire de la foi, Dieu et l’homme se rencontrent l’un l’autre. Sans cesse, le Christ Ressuscité entre dans le Cénacle de notre vie et permet à chacun de faire l’expérience de sa présence et de proclamer: Ô Christ, tu es «mon Seigneur et mon Dieu!»

Le Christ dit à Thomas : «Parce que tu m’as vu, tu crois. Heureux ceux qui croient sans avoir vu» (Jn 20, 29). Tout être humain a en lui quelque chose de l’Apôtre Thomas. Il est tenté par l’incrédulité et pose les questions de fond: Est-il vrai que Dieu existe? Est-il vrai que le monde a été créé par lui? Est-il vrai que le Fils de Dieu s’est fait homme, est mort et est ressuscité? La réponse s’impose avec l’expérience que la personne fait de sa présence. Il faut ouvrir ses yeux et son cœur à la lumière de l’Esprit Saint. Alors, les blessures ouvertes du Christ Ressuscité parleront à chacun: «Parce que tu m’as vu, tu crois. Heureux ceux qui croient sans avoir vu».

4. Chers amis, aujourd’hui encore, croire en Jésus, suivre Jésus sur les pas de Pierre, de Thomas, des premiers Apôtres et témoins, exige de prendre position pour lui, et il n’est pas rare que ce soit comme un nouveau martyre: le martyre de celui qui, aujourd’hui comme hier, est appelé à aller à contre-courant pour suivre le divin Maître, pour suivre «l’Agneau partout où il va» (Ap 14, 4). Ce n’est pas par hasard, chers jeunes, que j’ai voulu que pendant l’Année sainte on fasse mémoire, près du Colisée, des témoins de la foi du XXe siècle.

Il ne vous sera peut-être pas demandé de verser votre sang, mais de garder la fidélité au Christ, oui certainement! Une fidélité à vivre dans les situations quotidiennes: je pense aux fiancés et à leur difficulté de vivre dans la pureté, au sein du monde actuel, en attendant de se marier. Je pense aux jeunes couples et aux épreuves auxquelles est exposé leur engagement de fidélité réciproque. Je pense aux relations entre amis et à la tentation de manquer de loyauté qui peut s’insinuer entre eux.

Je pense aussi à ceux qui ont entrepris un chemin de consécration particulière et aux efforts qu’ils doivent souvent affronter pour persévérer dans le don de soi à Dieu et à leurs frères. Je pense encore à ceux qui veulent vivre des rapports de solidarité et d’amour dans un monde où il ne semble y avoir d’autres valeurs que la logique du profit et de l’intérêt personnel ou de groupe.

Je pense encore à ceux qui œuvrent pour la paix et qui voient naître et se développer, dans différentes parties du monde, de nouveaux foyers de guerre; je pense à ceux qui œuvrent pour la liberté de l’homme et qui le voient encore esclave de lui-même et des autres; je pense à ceux qui luttent pour faire aimer et respecter la vie humaine et qui doivent assister aux nombreuses atteintes portées contre elle et contre le respect qu’on lui doit.

5. Chers jeunes, dans un tel monde, est-il difficile de croire? En l’an 2000, est-il difficile de croire? Oui, c’est difficile! On ne peut pas le nier. C’est difficile, mais avec l’aide de la grâce c’est possible, comme Jésus l’expliqua à Pierre: «Ce n’est pas la chair et le sang qui t’ont révélé cela, mais mon Père qui est aux cieux» (Mt 16, 17).

Ce soir, je vais vous remettre l’Évangile. C’est le don que le Pape vous fait en cette veillée inoubliable. La parole qu’il contient est la parole de Jésus. Si vous l’écoutez en silence, dans la prière, en vous faisant aider par les sages conseils de vos prêtres et de vos éducateurs, afin de la comprendre pour votre vie, vous rencontrerez le Christ et vous le suivrez, engageant jour après jour votre vie pour lui!

En réalité, c’est Jésus que vous cherchez quand vous rêvez de bonheur; c’est lui qui vous attend quand rien de ce que vous trouvez ne vous satisfait; c’est lui, la beauté qui vous attire tellement; c’est lui qui vous provoque par la soif de radicalité qui vous empêche de vous habituer aux compromis; c’est lui qui vous pousse à faire tomber les masques qui faussent la vie; c’est lui qui lit dans vos cœurs les décisions les plus profondes que d’autres voudraient étouffer. C’est Jésus qui suscite en vous le désir de faire de votre vie quelque chose de grand, la volonté de suivre un idéal, le refus de vous laisser envahir par la médiocrité, le courage de vous engager avec humilité et persévérance pour vous rendre meilleurs, pour améliorer la société, en la rendant plus humaine et plus fraternelle.

Chers jeunes, face à cette noble tâche, vous n’êtes pas seuls. Avec vous, il y a vos familles, vos communautés, vos prêtres et vos éducateurs, il y a aussi tous ceux, et ils sont nombreux, qui, de façon cachée, ne se lassent pas d’aimer le Christ et de croire en lui. Dans la lutte contre le péché, vous n’êtes pas seuls: beaucoup luttent comme vous et triomphent avec la grâce du Seigneur!

6. Chers amis, à l’aube du troisième millénaire, je vois en vous les «sentinelles du matin» (cf. Is 21, 11-12). Au cours du siècle qui s’achève, des jeunes comme vous étaient appelés, dans d’immenses rassemblements, pour apprendre la haine, et ils étaient envoyés pour se battre les uns contre les autres. Les différents messianismes séculiers, qui ont tenté de se substituer à l’espérance chrétienne, se sont révélés ensuite de véritables enfers. Aujourd’hui, vous êtes venus ici pour affirmer que, dans le nouveau siècle, vous n’accepterez pas d’être des instruments de violence et de destruction; que vous défendrez la paix, en payant de votre personne si nécessaire. Vous ne vous résignerez pas à un monde où d’autres hommes meurent de faim, restent analphabètes ou manquent de travail. Vous défendrez la vie à tous les instants de son développement ici-bas, vous vous efforcerez de toute votre énergie de rendre cette terre toujours plus habitable pour tous.

Chers jeunes du siècle qui commence, en disant «oui» au Christ, vous dites «oui» à chacun de vos plus nobles idéaux. Je prie pour que le Christ règne dans vos cœurs et dans l’humanité du nouveau siècle et du nouveau millénaire. N’ayez pas peur de vous en remettre à lui. Il vous guidera, il vous donnera la force de le suivre chaque jour et en toute situation.

Que la Vierge Marie, qui toute sa vie a dit «oui» à Dieu, que les saints Apôtres Pierre et Paul, et que tous les Saints et Saintes qui, à travers les siècles, ont marqué le cheminement de l’Église, vous aident toujours dans ces bonnes dispositions!

À tous et à chacun, je donne avec affection ma Bénédiction.

[01700-03.01] [Texte original: Italien]

Traduzione in lingua inglese

1. "But who do you say that I am?" (Mt 16:15).

Dear young people, it is with great joy that I meet you again at this Prayer Vigil, during which we wish to listen together to Christ whom we feel present among us. It is he who is speaking to us.

"Who do you say that I am?" Jesus asks his disciples this question near Caesarea Philippi. Simon Peter answers: "You are the Christ, the Son of the living God" (Mt 16:16). The Master then turns to him with the surprising words: "Blessed are you, Simon, son of Jonah! For flesh and blood has not revealed this to you, but my Father who is in heaven" (Mt 16:17).

What is the meaning of this dialogue? Why does Jesus want to know what people think about him? Why does he want to know what his disciples think about him?

Jesus wants his disciples to become aware of what is hidden in their own minds and hearts and to give voice to their conviction. At the same time, however, he knows that the judgment they will express will not be theirs alone, because it will reveal what God has poured into their hearts by the grace of faith. 

This event which took place near Caesarea Philippi leads us, in a sense, into the "school of faith". There the mystery of the origin and development of our faith is disclosed. First there is the grace of revelation: an intimate, ineffable self-giving of God to man. There then follows the call to respond. Finally there comes the human response, a response which from that point on must give meaning and shape to one’s entire life.

This is what faith is all about! It is the response of the rational and free human person to the word of the living God. The questions that Jesus asks, the answers given by the Apostles, and finally by Simon Peter, are a kind of examination on the maturity of the faith of those who are closest to Christ.

2. The conversation near Caesarea Philippi took place during the time leading up to the Passover, that is before Christ’s passion and resurrection. We should also recall another event, when the Risen Christ checked the maturity of faith of his Apostles. This is the meeting with the Apostle Thomas. He was the only one not there when, after the resurrection, Christ came for the first time into the Upper Room. When the other disciples told him that they had seen the Lord, he would not believe it. He said: "Unless I see in his hands the print of the nails, and place my finger in the mark of the nails, and place my hand in his side, I will not believe" (Jn 20:25). A week later, the disciples were gathered together again and Thomas was with them. Jesus came through the closed door, and greeted the Apostles with the words: "Peace be with you" (Jn 20:26), and immediately he turned to Thomas: "Put your finger here, and see my hands; and put out your hand, and place it in my side; do not be faithless, but believing" (Jn 20:27). Thomas then answered: "My Lord and my God!" (Jn 20:28).

The Upper Room in Jerusalem too was a kind of "school of faith" for the Apostles. However, in a sense, what happened to Thomas goes beyond what occurred near Caesarea Philippi. In the Upper Room we see a more radical dialectic of faith and unbelief, and, at the same time, an even deeper confession of the truth about Christ. It was certainly not easy to believe that the One who had been placed in the tomb three days earlier was alive again.

The divine Master had often announced that he would rise from the dead, and in many ways he had shown that he was the Lord of life. Yet the experience of his death was so overwhelming that people needed to meet him directly in order to believe in his resurrection: the Apostles in the Upper Room, the disciples on the road to Emmaus, the holy women beside the tomb. . . Thomas too needed it. But when his unbelief was directly confronted by the presence of Christ, the doubting Apostle spoke the words which express the deepest core of faith: If this is the case, if you are truly living despite having been killed, this means that you are "my Lord and my God".

In what happened to Thomas, the "school of faith" is enriched with a new element. Divine revelation, Jesus’s question and man’s response end in the disciple’s personal encounter with the living Christ, with the Risen One. This encounter is the beginning of a new relationship between each one of us and Christ, a relationship in which each of us comes to the vital realization that Christ is Lord and God; not only the Lord and God of the world and of humanity, but the Lord and God of my own individual human life. One day Saint Paul would write: "The word is near you, on your lips and in your heart: that is, the word of faith which we preach. Because if you confess with your lips that Jesus is Lord and believe in your heart that God raised him from the dead, you will be saved" (Rom 10:8-9).

3. The readings of today’s Liturgy describe the elements of the "school of faith" from which the Apostles emerged as people fully aware of the truth which God had revealed in Jesus Christ, the truth which would shape their personal lives and the life of the Church throughout history. This gathering in Rome, dear young people, is also a kind of "school of faith" for you, the disciples of today; it is the "school of faith" for all who proclaim Christ at the beginning of the Third Millennium.

You can all sense in yourselves the process of questions and answers that we have just been talking about. You can all measure the difficulties you have in believing, and even feel the temptation not to believe. But at the same time you can also experience a slowly maturing sense and conviction of your commitment in faith. In fact, there is always a meeting between God and the human person in this wonderful school of the human spirit, the school of faith. The Risen Christ always enters the Upper Room of our life and allows each of us to experience his presence and to declare: You, O Christ, you are "my Lord and my God".

Christ said to Thomas: "Because you have seen me, you have believed: blessed are those who have not seen and yet believe" (Jn 20:29). There is something of the Apostle Thomas in every human being. Each one is tempted by unbelief and each one asks the basic questions: Is it true that God exists? Is it true that he created the world? Is it true that the Son of God became man, died and rose from the dead? The answer comes as the person experiences God’s presence. We have to open our eyes and our heart to the light of the Holy Spirit. Then the open wounds of the Risen Christ will speak to each of us: "Because you have seen me, you have believed: blessed are those who have not seen and yet believe".

4. Dear friends, to believe in Jesus today, to follow Jesus as Peter, Thomas, and the first Apostles and witnesses did, demands of us, just as it did in the past, that we take a stand for him, almost to the point at times of a new martyrdom: the martyrdom of those who, today as yesterday, are called to go against the tide in order to follow the divine Master, to follow "the Lamb wherever he goes" (Rev 14:4). It is not by chance, dear young people, that I wanted the witnesses to the faith in the twentieth century to be remembered at the Colosseum during this Holy Year.

Perhaps you will not have to shed your blood, but you will certainly be asked to be faithful to Christ! A faithfulness to be lived in the circumstances of everyday life: I am thinking of how difficult it is in today’s world for engaged couples to be faithful to purity before marriage. I think of how the mutual fidelity of young married couples is put to the test. I think of friendships and how easily the temptation to be disloyal creeps in.

I think also of how those who have chosen the path of special consecration have to struggle to persevere in their dedication to God and to their brothers and sisters. I think of those who want to live a life of solidarity and love in a world where the only things that seem to matter are the logic of profit and one’s personal or group interest.

I think too of those who work for peace and who see new outbreaks of war erupt and grow worse in different parts of the world; I think of those who work for human freedom and see people still slaves of themselves and of one another. I think of those who work to ensure love and respect for human life and who see life so often attacked and the respect due to life so often flouted.

5. Dear young people, in such a world is it hard to believe? Is it hard to believe in the Third Millennium? Yes! It is hard. There is no need to hide it. It is hard, but with the help of grace it can be done, as Jesus explained to Peter: "Neither flesh nor blood has revealed this to you, but my Father who is in heaven" (Mt 16:17).

This evening I will give you the Gospel. It is the Pope’s gift to you at this unforgettable vigil. The word which it contains is the word of Jesus. If you listen to it in silence, in prayer, seeking help in understanding what it means for your life from the wise counsel of your priests and teachers, then you will meet Christ and you will follow him, spending your lives day by day for him!

It is Jesus in fact that you seek when you dream of happiness; he is waiting for you when nothing else you find satisfies you; he is the beauty to which you are so attracted; it is he who provokes you with that thirst for fulness that will not let you settle for compromise; it is he who urges you to shed the masks of a false life; it is he who reads in your hearts your most genuine choices, the choices that others try to stifle. It is Jesus who stirs in you the desire to do something great with your lives, the will to follow an ideal, the refusal to allow yourselves to be grounded down by mediocrity, the courage to commit yourselves humbly and patiently to improving yourselves and society, making the world more human and more fraternal.

Dear young people, in these noble undertakings you are not alone. With you there are your families, there are your communities, there are your priests and teachers, there are so many of you who in the depths of your hearts never weary of loving Christ and believing in him. In the struggle against sin you are not alone: so many like you are struggling and through the Lord’s grace are winning!

6. Dear friends, at the dawn of the Third Millennium I see in you the "morning watchmen" (cf. Is 21:11-12). In the course of the century now past young people like you were summoned to huge gatherings to learn the ways of hatred; they were sent to fight against one another. The various godless messianic systems which tried to take the place of Christian hope have shown themselves to be truly horrendous. Today you have come together to declare that in the new century you will not let yourselves be made into tools of violence and destruction; you will defend peace, paying the price in your person if need be. You will not resign yourselves to a world where other human beings die of hunger, remain illiterate and have no work. You will defend life at every moment of its development; you will strive with all your strength to make this earth ever more livable for all people.

Dear young people of the century now beginning, in saying "yes" to Christ, you say "yes" to all your noblest ideals. I pray that he will reign in your hearts and in all of humanity in the new century and the new millennium. Have no fear of entrusting yourselves to him! He will guide you, he will grant you the strength to follow him every day and in every situation.

May Mary most holy, the Virgin who said "yes" to God throughout her whole life, may Saints Peter and Paul and all the Saints who have lighted the Church’s journey down the ages, keep you always faithful to this holy resolve!

To each and every one of you I offer my blessing with affection.

[01700-02.01] [Original text: Italian]

Traduzione in lingua tedesca

1. "Ihr aber, für wen haltet ihr mich?" (Mt 16,15).

Liebe Jungen und Mädchen, mit großer Freude treffe ich heute wieder mit euch zusammen. Wir halten eine Gebetswache, in der wir gemeinsam auf Christus hören wollen, von dem wir spüren, dass er unter uns gegenwärtig ist. Er ist es, der zu uns spricht.

"Ihr aber, für wen haltet ihr mich?" Jesus stellt diese Frage an seine Jünger in der Gegend von Cäsarea Philippi. Simon Petrus gibt die Antwort: "Du bist der Messias, der Sohn des lebendigen Gottes" (Mt 16,16). Der Meister seinerseits richtet an ihn die überraschenden Worte: "Selig bist du, Simon Barjona; denn nicht Fleisch und Blut haben dir das offenbart, sondern mein Vater im Himmel" (Mt 16,17).

Was bedeutet dieses Gespräch? Warum möchte Jesus hören, was die Menschen über ihn denken? Weshalb will er wissen, was seine Jünger von ihm halten?

Jesus will, dass die Jünger sich dessen bewusst werden, was in ihren Sinnen und Herzen schlummert; sie sollen ihre Überzeugung äußern. Gleichzeitig weiß er jedoch, dass das Urteil, das sie abgeben werden, nicht nur ihr eigenes ist, sondern dass sich das offenbaren wird, was Gott in ihre Herzen mit der Gnade des Glaubens ausgegossen hat.

Dieses Ereignis in der Gegend von Cäsarea Philippi führt uns gleichsam in das "Laboratorium des Glaubens" ein. Dort enthüllt sich das Geheimnis des Anfangs und der Reifung des Glaubens. Da ist zunächst die Gnade der Offenbarung: eine ganz innige und unaussprechliche Hingabe Gottes an den Menschen. Dann folgt der Ruf zur Antwort. Am Ende steht die Antwort des Menschen - eine Antwort, die von nun an dem ganzen Leben Sinn und Gestalt geben soll.

Darin also besteht der Glaube! Er ist die vernünftige und freie Antwort des Menschen auf das Wort des lebendigen Gottes. Die Fragen, die Jesus Christus stellt, die Antworten, die von den Aposteln und schließlich von Simon Petrus gegeben werden, stellen gleichsam eine Probe dar für die Reife des Glaubens jener, die Jesus Christus am nächsten stehen.

2. Das Gespräch bei Cäsarea Philippi fand in der vorösterlichen Zeit statt, d.h. vor dem Leiden und der Auferstehung Jesu Christi. Man sollte noch ein weiteres Ereignis in Erinnerung rufen, in dem Christus als Auferstandener die Reife des Glaubens seiner Apostel auf die Probe stellte. Es handelt sich um die Begegnung mit dem Apostel Thomas. Als einziger war er nicht dabei, als Christus nach seiner Auferstehung zum erstenmal in den Abendmahlssaal kam. Als die anderen Jünger ihm erzählten, sie hätten den Herrn gesehen, wollte er nicht glauben. Er sagte: "Wenn ich nicht die Male der Nägel an seinen Händen sehe und wenn ich meinen Finger nicht in die Male der Nägel und meine Hand nicht in seine Seite lege, glaube ich nicht" (Joh 20,25). Acht Tage darauf waren seine Jünger wieder versammelt, und Thomas war dabei. Jesus kam durch die verschlossene Tür und begrüßte die Apostel: "Friede sei mit euch!" (Joh 20,26). Gleich darauf wandte er sich an Thomas: "Streck deinen Finger aus - hier sind meine Hände! Streck deine Hand aus und leg sie in meine Seite, und sei nicht ungläubig, sondern gläubig!" (Joh 20,27). Darauf antwortete Thomas: "Mein Herr und mein Gott!" (Joh 20,28).

Auch der Abendmahlssaal von Jerusalem war für die Apostel eine Art "Laboratorium des Glaubens". Doch geht das, was dort Thomas widerfuhr, in gewissem Sinn über das hinaus, was in der Gegend von Cäsarea Philippi geschah. Im Abendmahlssaal befinden wir uns in einer noch radikaleren Dialektik des Glaubens und Unglaubens und gleichzeitig vor einem noch tieferen Bekenntnis der Wahrheit über Jesus Christus. Es war wirklich nicht einfach zu glauben, dass Jener wieder lebendig sein sollte, den sie drei Tage zuvor im Grab beigesetzt hatten.

Der göttliche Meister hatte mehrere Male angekündigt, dass er von den Toten auferweckt würde. Mehrmals hatte er Beweise geliefert, dass er der Herr des Lebens ist. Dennoch war die Erfahrung seines Todes so stark, dass alle eine direkte Begegnung mit Ihm brauchten, um an seine Auferstehung zu glauben: die Apostel im Abendmahlssaal, die Jünger auf dem Weg nach Emmaus, die frommen Frauen am Grab, ... Das brauchte auch Thomas. Als sich jedoch sein Unglaube mit der direkten Erfahrung der Gegenwart Christi traf, da sprach der zweifelnde Apostel jene Worte aus, in denen sich der innerste Kern des Glaubens ausdrückt: Wenn es so ist, wenn Du - obwohl man dich getötet hat - wirklich lebst, dann bedeutet das: Du bist "mein Herr und mein Gott".

Mit der Episode des Thomas wird das "Laboratorium des Glaubens" um ein neues Element reicher. Die göttliche Offenbarung, die Frage Jesu Christi und die Antwort des Menschen sind in der persönlichen Begegnung des Jüngers mit dem lebendigen Christus, dem Auferstandenen, zur Vollendung gelangt. Jene Begegnung wurde der Anfang einer neuen Beziehung zwischen dem Menschen und Christus - einer Beziehung, in der der Mensch existentiell anerkennt, dass Christus Herr und Gott ist; nicht nur Herr und Gott der Welt und der Menschheit, sondern Herr und Gott dieser meiner konkreten menschlichen Existenz. Der hl. Paulus wird eines Tages schreiben: "Das Wort ist dir nahe, es ist in deinem Mund und in deinem Herzen. Gemeint ist das Wort des Glaubens, das wir verkündigen; denn wenn du mit deinem Mund bekennst: 'Jesus ist der Herr' und in deinem Herzen glaubst: 'Gott hat ihn von den Toten auferweckt', so wirst du gerettet werden" (Röm 10,8-9).

3. In den Lesungen der heutigen Liturgie finden wir eine Beschreibung der Bausteine, die jenes "Laboratorium des Glaubens" bilden, aus dem die Apostel als Männer herausgingen, die sich der in Jesus Christus geoffenbarten Wahrheit voll bewusst waren: einer Wahrheit, die ihrem persönlichen Leben ebenso wie dem Leben der Kirche im Lauf der Geschichte eine Gestalt geben sollte. Auch das heutige Treffen in Rom ist eine Art "Laboratorium des Glaubens" für euch, liebe Jugendliche, die ihr die Jünger von heute seid, die Bekenner Jesu Christi an der Schwelle des dritten Jahrtausends.

Jeder von euch kann in sich selbst die Dialektik von Frage und Antwort wiederfinden, die wir oben entfaltet haben. Jeder kann auf die eigenen Glaubensschwierigkeiten stoßen und auch die Versuchung des Unglaubens erfahren. Doch zugleich darf er auch erfahren, dass der Glaube schrittweise wächst, indem er sich seiner selbst bewusst wird und von der Zustimmung, die er gibt, überzeugt ist. Denn in diesem wunderbaren Laboratorium des menschlichen Geistes, das ja gerade das Laboratorium des Glaubens ist, begegnen sich stets Gott und Mensch. Immer tritt der auferstandene Christus in den Abendmahlssaal unseres Lebens ein und gewährt jedem die Erfahrung seiner Gegenwart, die in das Bekenntnis mündet: Du, o Christus, bist "mein Herr und mein Gott".

Christus sagte zu Thomas: "Weil du mich gesehen hast, glaubst du. Selig sind, die nicht sehen und doch glauben" (Joh 20,29). Jeder Mensch hat etwas vom Apostel Thomas in sich. Er wird vom Unglauben versucht und stellt die grundsätzlichen Fragen: Gibt es Gott wirklich? Hat Gott die Welt wirklich erschaffen? Ist der Sohn Gottes wirklich Mensch geworden, gestorben und auferstanden? Die Antwort stellt sich zusammen mit der Erfahrung ein, die die Person von Seiner Gegenwart macht. Man muß Augen und Herz dem Licht des Heiligen Geistes öffnen. Dann wenden die offenen Wunden des auferstandenen Christus zu jedem sprechen: "Weil du mich gesehen hast, glaubst du. Selig sind, die nicht sehen und doch glauben".

4. Liebe Freunde! Der Glaube an Jesus, die Nachfolge Christi auf den Spuren des Petrus, des Thomas, der ersten Apostel und Zeugen schließt auch heute eine Stellungnahme für Ihn und nicht selten eine Art neues Martyrium ein: das Martyrium dessen, der heute wie gestern berufen ist, gegen den Strom zu schwimmen, um dem göttlichen Meister, dem Lamm zu folgen, wohin es auch geht (vgl. Offb 14,4). Nicht zufällig habe ich mir gewünscht, liebe Jugendliche, dass während des Heiligen Jahres am Kolosseum der Glaubenszeugen des zwanzigsten Jahrhunderts gedacht werden sollte.

Das Blutvergießen wird euch vielleicht nicht abverlangt, aber die Treue zu Christus sicher! Es geht um die Treue im alltäglichen Leben: Ich denke an die Verlobten und die Schwierigkeit, in der Welt von heute die Reinheit in Erwartung der Ehe zu leben. Ich denke an die jungen Ehepaare und die Prüfungen, denen sie ausgesetzt sind, wenn sie sich um gegenseitige Treue mühen. Ich denke an die Beziehungen unter Freunden und an die Versuchung der Unlauterkeit, die sich einschleichen kann.

Ich denke auch an jene, die einen Weg besonderer Weihe eingeschlagen haben, und an die Mühe, die sie zuweilen aufbringen müssen, um in der Hingabe an Gott und die Menschen treu zu bleiben. Ferner denke ich an alle, die Beziehungen der Solidarität und Liebe in einer Welt leben wollen, wo scheinbar nur die Logik des Profits und des persönlichen oder Gruppen-Interesses gilt.

Ebenso denke ich an jene, die für den Frieden arbeiten und sehen, wie in verschiedenen Teilen der Welt neue Kriegsherde entstehen und größer werden. Ich denke an alle, die sich für die Freiheit des Menschen einsetzen und feststellen, dass er noch Sklave seiner selbst und der anderen ist; ich denke an alle, die dafür kämpfen, dass das menschliche Leben geliebt und geachtet wird, und zusehen müssen, wie häufig Anschläge auf das Leben verübt werden und ihm die gebührende Achtung versagt bleibt.

5. Liebe Jugendliche! Ist es schwer, in einer solchen Welt zu glauben? Ist das Glauben schwer im Jahr 2000? In der Tat: Es ist schwer. Das darf man nicht verschweigen. Es ist schwer, aber mit der Gnade Gottes ist es möglich. Jesus hat schon dem Petrus erklärt: "Nicht Fleisch und Blut haben dir das offenbart, sondern mein Vater im Himmel" (Mt 16,17).

Heute Abend werde ich euch das Evangelium überreichen. Es ist das Geschenk, das der Papst euch in dieser unvergeßlichen Gebetswache überlassen möchte. Das darin enthaltene Wort ist Jesu Wort. Wenn ihr im Gebet still darauf hört und euch vom weisen Rat eurer Priester und Erzieher helfen laßt, es für euer Leben zu verstehen, dann werdet ihr Christus begegnen und ihm folgen, indem ihr Tag für Tag das Leben für ihn einsetzt!

In der Tat: Es ist Jesus, den ihr sucht, wenn ihr vom Glück träumt; Er ist es, der auf euch wartet, wenn euch nichts von dem zufriedenstellt, was ihr vorfindet; Er ist die Schönheit, die euch so anzieht; Er ist es, der euch provoziert mit jenem Durst nach Radikalität, der euch keine Anpassung an den Kompromiß erlaubt; Er ist es, der euch dazu drängt, die Masken abzulegen, die das Leben verfälschen; Er ist es, der in euren Herzen die wahreren Entscheidungen herausliest, die andere am liebsten ersticken würden. Jesus ist es, der in euch etwas entfacht: die Sehnsucht, aus eurem Leben etwas Großes zu machen; den Willen, einem Ideal zu folgen; die Ablehnung, euch von der Mittelmäßigkeit verschlingen zu lassen; den Mut, euch in Demut und Treue darum zu mühen, euch selbst und die Gesellschaft besser zu machen, damit sie menschlicher und geschwisterlicher werde.

Liebe junge Freunde, bei diesen hohen Aufgaben seid ihr nicht allein. Mit euch gehen eure Familien, eure Gemeinschaften, eure Priester und Erzieher und so viele von euch, die im Verborgenen nicht müde werden, Jesus Christus zu lieben und an ihn zu glauben. Im Kampf gegen die Sünde seid ihr nicht allein: Viele wie ihr kämpfen, und mit der Gnade des Herrn siegen sie!

6. Liebe Freunde! Da das dritte Jahrtausend heraufdämmert, sehe ich in euch "die Wächter auf den Morgen" (vgl. Jes 21,11-12). Im Lauf des zur Neige gehenden Jahrhunderts wurden junge Leute wie ihr in riesigen Massen zusammengerufen, um das Hassen zu lernen; sie wurden entlassen mit dem Auftrag, gegeneinander zu kämpfen. Die verschiedenen Heilslehren ohne Gott, die die christliche Hoffnung zu ersetzen versuchten, haben sich später als Höllen im wahrsten Sinn des Wortes herausgestellt. Heute seid ihr hier zusammengekommen, um zu bekräftigen, dass ihr im neuen Jahrhundert nicht bereit sein wollt, euch für Gewalt und Zerstörung instrumentalisieren zu lassen; ihr sollt den Frieden verteidigen und dafür, wenn nötig, auch persönlich einstehen. Ihr sollt den Kopf nicht in den Sand stecken angesichts einer Welt, in der andere Menschen an Hunger sterben, Analphabeten bleiben oder arbeitslos sind. Ihr sollt das Leben in jedem Augenblick seiner irdischen Entwicklung schützen und euch mit aller Kraft dafür einsetzen, um diese Erde immer bewohnbarer für alle zu machen.

Liebe Jugendliche des anbrechenden Jahrhunderts! Wenn ihr zu Christus "Ja" sagt, dann sagt ihr "Ja" zu jedem eurer höheren Ideale. Ich bete darum, dass er der Herr sei in euren Herzen und in der Menschheit des neuen Jahrhunderts und Jahrtausends. Fürchtet euch nicht, euch Ihm anzuvertrauen! Er wird euch führen, er wird euch die Kraft geben, ihm jeden Tag und in jeder Situation zu folgen.

Die allerseligste Jungfrau Maria, die ihr Leben lang Gott gegenüber "Ja" gesagt hat, die heiligen Apostel Petrus und Paulus sowie alle heiligen Männer und Frauen, die den Weg der Kirche durch die Jahrhunderte hindurch geprägt haben, mögen euch stets in diesem heiligen Vorhaben bewahren!

Allen und jedem entbiete ich von Herzen meinen Segen.

[01700-05.01] [Originalsprache: Italienisch]

Traduzione in lingua spagnola

1. "Y vosotros ¿quién decís que soy yo?" (Mt 16,15).

Queridos jóvenes, con gran alegría me reúno de nuevo con vosotros, con ocasión de esta vigilia de oración, durante la cual queremos ponernos juntos a la escucha de Cristo, que sentimos presente entre nosotros. Es Él quien nos habla.

"Y vosotros ¿quién decís que soy yo?". Jesús plantea esta pregunta a sus discípulos en la región de Cesarea de Filipo. Simón Pedro contesta: "Tú eres el Cristo, el Hijo de Dios vivo" (Mt 16,16). A su vez el Maestro les dirige estas sorprendentes palabras: "Bienaventurado eres Simón, hijo de Jonás, porque no te ha revelado esto la carne ni la sangre, sino mi Padre que está en los cielos" (Mt 16,17).

¿Cuál es el significado de este diálogo? ¿Por qué Jesús quiere escuchar lo que los hombres piensan de Él? ¿Por qué quiere saber lo que piensan sus discípulos de Él?

Jesús quiere que los discípulos se den cuenta de lo que está escondido en sus mentes y en sus corazones y que expresen su convicción. Al mismo tiempo, sin embargo, sabe que el juicio que harán no será sólo el de ellos, porque en el mismo se revelará lo que Dios ha derramado en sus corazones por la gracia de la fe.

Este acontecimiento en la región de Cesarea de Filipo nos introduce, en cierto modo, en el "laboratorio de la fe". Ahí se desvela el misterio del inicio y de la maduración de la fe. En primer lugar está la gracia de la revelación: un íntimo e inexpresable darse de Dios al hombre; después sigue la llamada a dar una respuesta y, finalmente, está la respuesta del hombre, respuesta que desde ese momento en adelante tendrá que dar sentido y forma a toda su vida.

Aquí tenemos lo que es la fe. Es la respuesta a la palabra del Dios vivo por parte del hombre racional y libre. Las cuestiones que Cristo plantea, las respuestas de los Apóstoles y la de Simón Pedro, son como una prueba de la madurez de la fe de los que están más cerca de Cristo.

2. El diálogo en Cesarea de Filipo tuvo lugar en el tiempo prepascual, es decir, antes de la pasión y resurrección de Cristo. Convendría recordar también otro acontecimiento durante el cual Cristo, ya resucitado, probó la madurez de la fe de sus Apóstoles. Se trata del encuentro con Tomás Apóstol. Era el único ausente cuando, después de la resurrección, Cristo fue por primera vez al Cenáculo. Cuando los otros discípulos le dijeron que habían visto al Señor él no quiso creer. Decía: "Si no veo en sus manos la señal de los clavos y no meto mi dedo en el agujero de los clavos y no meto mi mano en su costado, no creeré" (Jn 20,25). Ocho días después, estaban otra vez reunidos los discípulos y Tomás estaba con ellos. Entró Jesús estando la puerta cerrada, saludó a los Apóstoles con estas palabras: "La paz con vosotros" (Jn 20,26) y acto seguido se dirigió a Tomás: "Acerca aquí tu dedo y mira mis manos; trae tu mano y métela en mi costado, y nos seas incrédulo sino creyente" (Jn 20,27). Tomás le contestó: "Señor mío y Dios mío" (Jn 20,28).

También el Cenáculo de Jerusalén fue para los Apóstoles una especie de "laboratorio de la fe". Lo que allí sucedió con Tomás va, en cierto sentido más allá de lo que ocurrió en la región de Cesarea de Filipo. En el Cenáculo nos encontramos ante una dialéctica de la fe y de la incredulidad más radical y, al mismo tiempo, ante una confesión aún más profunda de la verdad sobre Cristo. Verdaderamente no era fácil creer que estuviese vivo Aquél que tres días antes había sido depositado en el sepulcro.

El divino Maestro había anunciado varias veces que iba a resucitar de entre los muertos y ya había dado también pruebas de ser el Señor de la vida. Sin embargo, la experiencia de su muerte había sido tan fuerte que todos tenían necesidad de un encuentro directo con Él para creer en su resurrección: los Apóstoles en el Cenáculo, los discípulos en el camino a Emaús, las piadosas mujeres junto al sepulcro... También Tomás lo necesitaba. Cuando su incredulidad se encontró con la experiencia directa de la presencia de Cristo, el Apóstol que había dudado pronunció esas palabras con las que se expresa el núcleo más íntimo de la fe: Si es así, si Tú verdaderamente estás vivo aunque te mataron, quiere decir que eres "mi Señor y mi Dios".

Con el caso de Tomás el "laboratorio de la fe" se ha enriquecido con un nuevo elemento. La revelación divina, la pregunta de Cristo y la respuesta del hombre se han completado con el encuentro personal del discípulo con Cristo vivo, con el Resucitado. Ese encuentro pasa a ser el inicio de una nueva relación entre el hombre y Cristo, una relación en la que el hombre reconoce existencialmente que Cristo es Señor y Dios; no sólo Señor y Dios del mundo y de la humanidad, sino Señor y Dios de esta existencia humana mía concreta. Un día San Pablo escribirá: "Cerca de ti está la palabra: en tu boca y en tu corazón, es decir, la palabra de la fe que nosotros proclamamos. Porque, si confiesas con tu boca que Jesús es Señor y crees en tu corazón que Dios le resucitó de entre los muertos, serás salvo" (Rm 10,8-9).

3. En las lecturas de la Liturgia de hoy están descritos los elementos de los que se compone ese "laboratorio de la fe", del cual los Apóstoles salen como hombres plenamente conscientes de la verdad que Dios había revelado en Jesucristo, verdad que habría modelado su vida personal y la de la Iglesia en el curso de la historia. Este encuentro romano, queridos jóvenes, es también una especie de "laboratorio de la fe" para vosotros, discípulos de hoy, para quienes confiesan a Cristo en los umbrales del tercer milenio.

Cada uno de vosotros puede encontrar en sí mismo la dialéctica de preguntas y respuestas que hemos señalado anteriormente. Cada uno puede analizar sus propias dificultades para creer e incluso sentir la tentación de la incredulidad. Al mismo tiempo, sin embargo, puede también experimentar una progresiva maduración de la convicción consciente de la propia adhesión de fe. En efecto, siempre en este admirable laboratorio del espíritu humano, el laboratorio de la fe, se encuentran mutuamente Dios y el hombre. Cristo resucitado entra en el cenáculo de nuestra vida y permite a cada uno experimentar su presencia y confesar: Tú, Cristo, eres "mi Señor y mi Dios".

Cristo dijo a Tomás: "Porque me has visto has creído. Dichosos los que no han visto y han creído" (Jn 20,29). Todo ser humano tiene en su interior algo del Apóstol Tomás. Es tentado por la incredulidad y se plantea las preguntas fundamentales: ¿Es verdad que Dios existe? ¿Es verdad que el mundo ha sido creado por Él? ¿Es verdad que el Hijo de Dios se ha hecho hombre, ha muerto y ha resucitado? La respuesta surge junto con la experiencia que la persona hace de su divina presencia. Es necesario abrir los ojos y el corazón a la luz del Espíritu Santo. Entonces a cada uno le hablarán las heridas abiertas de Cristo resucitado: "Porque me has visto has creído. Dichosos los que no han visto y han creído".

4. Queridos amigos, también hoy creer en Jesús, seguir a Jesús siguiendo las huellas de Pedro, de Tomás, de los primeros Apóstoles y testigos, conlleva una opción por Él y, no pocas veces, es como un nuevo martirio: el martirio de quien, hoy como ayer, es llamado a ir contra corriente para seguir al divino Maestro, para seguir "al Cordero a dondequiera que vaya" (Ap 14,4). No por casualidad, queridos jóvenes, he querido que durante el Año Santo fueran recordados en el Coliseo los testigos de la fe del siglo XX.

Quizás a vosotros no se os pedirá la sangre, pero sí ciertamente la fidelidad a Cristo. Una fidelidad que se ha de vivir en las situaciones de cada día. Estoy pensando en los novios y su dificultad de vivir, en el mundo de hoy, la pureza antes del matrimonio. Pienso también en los matrimonios jóvenes y en las pruebas a las que se expone su compromiso de mutua fidelidad. Pienso, asimismo, en las relaciones entre amigos y en la tentación de deslealtad que puede darse entre ellos.

Estoy pensando también en el que ha empezado un camino de especial consagración y en las dificultades que a veces tiene que afrontar para perseverar en su entrega a Dios y a los hermanos. Me refiero igualmente al que quiere vivir unas relaciones de solidaridad y de amor en un mundo donde únicamente parece valer la lógica del provecho y del interés personal o de grupo.

Así mismo, pienso en el que trabaja por la paz y ve nacer y estallar nuevos focos de guerra en diversas partes del mundo; también en quien actúa en favor de la libertad del hombre y lo ve aún esclavo de sí mismo y de los demás; pienso en el que lucha por el amor y el respeto a la vida humana y ha de asistir frecuentemente a atentados contra la misma y contra el respeto que se le debe.

5. Queridos jóvenes, ¿es difícil creer en un mundo así? En el año 2000, ¿es difícil creer? Sí, es difícil. No hay que ocultarlo. Es difícil, pero con la ayuda de la gracia es posible, como Jesús dijo a Pedro: "No te ha revelado esto la carne ni la sangre, sino mi Padre que está en los cielos" (Mt 16,17).

Esta tarde os entregaré el Evangelio. Es el regalo que el Papa os deja en esta vigilia inolvidable. La palabra que contiene es la palabra de Jesús. Si la escucháis en silencio, en oración, dejándoos ayudar por el sabio consejo de vuestros sacerdotes y educadores con el fin de comprenderla para vuestra vida, entonces encontraréis a Cristo y lo seguiréis, entregando día a día la vida por Él.

En realidad, es a Jesús a quien buscáis cuando soñáis la felicidad; es Él quien os espera cuando no os satisface nada de lo que encontráis; es Él la belleza que tanto os atrae; es Él quien os provoca con esa sed de radicalidad que no os permite dejaros llevar del conformismo; es Él quien os empuja a dejar las máscaras que falsean la vida; es Él quien os lee en el corazón las decisiones más auténticas que otros querrían sofocar. Es Jesús el que suscita en vosotros el deseo de hacer de vuestra vida algo grande, la voluntad de seguir un ideal, el rechazo a dejaros atrapar por la mediocridad, la valentía de comprometeros con humildad y perseverancia para mejoraros a vosotros mismos y a la sociedad, haciéndola más humana y fraterna.

Queridos jóvenes, para estos nobles objetivos no estáis solos. Con vosotros tenéis a vuestras familias, a vuestras comunidades, a vuestros sacerdotes y educadores y a tantos de vosotros que, en lo oculto, no se cansan de amar a Cristo y de creer en Él. En la lucha contra el pecado no estáis solos: ¡muchos como vosotros luchan y con la gracia del Señor vencen"!

6. Queridos amigos, en vosotros veo a los "centinelas de la mañana" (cf. Is 21,11-12) en este amanecer del tercer milenio. A lo largo del siglo que termina, jóvenes como vosotros eran convocados en reuniones masivas para aprender a odiar, eran enviados para combatir los unos contra los otros. Los diversos mesianismos secularizados, que han intentado sustituir la esperanza cristiana, se han revelado después como verdaderos y propios infiernos. Hoy estáis reunidos aquí para afirmar que en el nuevo siglo no os prestaréis a ser instrumentos de violencia y destrucción; defenderéis la paz, incluso a costa de vuestra vida si fuera necesario. No os conformaréis con un mundo en el que otros seres humanos mueren de hambre, son analfabetos, están sin trabajo. Defenderéis la vida en cada momento de su desarrollo terreno; os esforzaréis con todas vuestras energías en hacer que esta tierra sea cada vez más habitable para todos.

Queridos jóvenes del siglo que comienza, diciendo "" a Cristo decís "" a todos vuestros ideales más nobles. Le pido que reine en vuestros corazones y en la humanidad del nuevo siglo y milenio. No tengáis miedo de entregaros a Él. Él os guiará, os dará la fuerza para seguirlo todos los días y en cada situación.

Que María Santísima, la Virgen que dijo "" a Dios durante toda su vida, que los Santos Apóstoles Pedro y Pablo y todos los Santos y Santas que han marcado el camino de la Iglesia a través de los siglos, os conserven siempre en este santo propósito.

A todos y a cada uno de vosotros os imparto con afecto mi Bendición.

[01700-04.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua portoghese

1. «Vós, quem dizeis que Eu sou?» (Mt 16, 15).

Queridos jovens e queridas jovens, com grande alegria volto a encontrar-me convosco para vivermos juntos esta Vigília de Oração, durante a qual queremos colocar-nos à escuta de Cristo, que sentimos presente entre nós. É Ele que nos fala.

«Vós, quem dizeis que Eu sou?» Jesus faz esta pergunta aos seus discípulos, perto de Cesareia de Filipe. Simão Pedro responde: «Tu és o Cristo, o Filho de Deus vivo» (Mt 16, 16). E o Mestre, por sua vez, dirige-lhe estas palavras surpreendentes: «És feliz, Simão, filho de Jonas, porque não foram a carne nem o sangue quem to revelou, mas o meu Pai que está nos céus» (Mt 16, 17).

Qual é o significado deste diálogo? Porque é que Jesus quer ouvir o que os homens pensam d'Ele? Porque deseja saber o que pensam d'Ele os seus discípulos?

Jesus quer que os discípulos tomem consciência do que está escondido na sua mente e no seu coração e que exprimam a sua convicção. Ao mesmo tempo, porém, Ele sabe que o juízo que vão manifestar não será apenas obra deles, porque no mesmo há-de revelar-se aquilo que o Pai derramou nos seus corações com a graça da fé.

Este acontecimento nas vizinhanças de Cesareia de Filipe introduz-nos de certo modo no «laboratório da fé». Desvenda-se aí o mistério do início e da maturação da fé. Primeiro, está a graça da revelação: uma íntima e inefável doação de Deus ao homem. Vem depois o apelo a dar uma resposta. Por fim, aparece a resposta do homem, uma resposta que doravante há-de dar sentido e configurar toda a sua vida.

Eis o que é a fé! É a resposta racional e livre do homem à palavra do Deus vivo. As perguntas que Cristo faz, as respostas que são dadas pelos Apóstolos e finalmente por Simão Pedro, constituem uma espécie de exame da maturidade da fé daqueles que vivem mais perto de Cristo.

2. Este colóquio junto de Cesareia de Filipe deu-se no período pré-pascal, isto é, antes da paixão e da ressurreição de Cristo. Seria preciso lembrar ainda outro acontecimento, durante o qual Cristo, já ressuscitado, examinou a maturidade da fé dos seus Apóstolos. Trata-se do encontro com o apóstolo Tomé. Este era o único ausente quando, depois da ressurreição, Cristo veio pela primeira vez ao Cenáculo. Quando os outros discípulos lhe disseram que tinham visto o Senhor, ele não quis acreditar. Dizia: «Se eu não vir o sinal dos cravos nas suas mãos, se não meter o dedo no lugar dos cravos e não meter a mão no seu lado, não acreditarei» (Jo 20, 25). Oito dias depois, os discípulos estavam reunidos de novo, e Tomé com eles. Veio Jesus, com as portas fechadas, saudou os Apóstolos dizendo: «A paz esteja convosco» (Jo 20, 26), e imediatamente se virou para Tomé: «Chega aqui o teu dedo e vê as minhas mãos; aproxima a tua mão e mete-a no meu lado; e não sejas incrédulo, mas crente» (Jo 20, 27). E, então, Tomé respondeu: «Meu Senhor e meu Deus!» (Jo 20, 28).

Também o Cenáculo de Jerusalém foi para os Apóstolos uma espécie de «laboratório da fé». Mas, o que lá aconteceu com Tomé ultrapassa, de algum modo, o sucedido nas proximidades de Cesareia de Filipe. No Cenáculo, constatamos uma dialéctica mais radical entre fé e incredulidade e, simultaneamente, uma confissão ainda mais profunda da verdade de Cristo. Verdadeiramente não era fácil acreditar que pudesse novamente estar vivo Aquele que fora deposto no sepulcro três dias antes.

O divino Mestre tinha anunciado várias vezes que havia de ressuscitar dos mortos, e várias vezes dera provas de ser o Senhor da vida. Todavia a experiência da sua morte foi de tal maneira violenta, que todos tinham necessidade dum encontro directo com Ele, para acreditar na sua ressurreição: os Apóstolos no Cenáculo, os discípulos no caminho de Emaús, as piedosas mulheres junto do sepulcro... E tinha necessidade Tomé também. Mas, quando a sua incredulidade se embateu com a experiência directa da presença de Cristo, o Apóstolo incrédulo pronunciou aquelas palavras que exprimem o núcleo mais íntimo da fé: Se assim é, se verdadeiramente estás vivo Tu que foste morto, quer dizer que és «o meu Senhor e o meu Deus».

Com o caso de Tomé, o «laboratório da fé» ficou enriquecido com um novo elemento. A Revelação divina, a pergunta de Cristo e a resposta do homem acharam pleno cumprimento no encontro pessoal do discípulo com Cristo vivo, com o Ressuscitado. Aquele encontro tornou-se o início duma nova relação do homem com Cristo, uma relação em que o homem reconhece existencialmente que Cristo é Senhor e Deus; Senhor e Deus não só do mundo e da humanidade, mas também desta minha existência humana concreta. Um dia, S. Paulo há-de escrever: «Perto de ti está a palavra, na tua boca e no teu coração, isto é, a palavra da fé que nós pregamos. Porque, se confessares com a tua boca que Jesus é o Senhor, e creres no teu coração que Deus O ressuscitou dentre os mortos, serás salvo» (Rom 10, 8-9).

3. Nas leituras da Liturgia de hoje, aparecem descritos os elementos que compõem aquele «laboratório da fé», donde os Apóstolos saíram como homens plenamente conscientes da verdade que Deus tinha revelado em Jesus Cristo, verdade que havia de modelar a vida pessoal deles e a da Igreja ao longo da história. Este encontro de Roma, queridos jovens, também é uma espécie de «laboratório da fé» para vós, discípulos de hoje, para os confessores de Cristo no limiar do terceiro milénio.

Cada um de vós pode encontrar dentro si mesmo a dialéctica feita de perguntas e respostas que atrás pusemos em destaque. Cada qual pode examinar as dificuldades que sente na fé e experimentar inclusive a tentação da incredulidade. Mas, ao mesmo tempo pode experimentar também uma gradual maturação na consciência e na convicção da sua própria adesão de fé. Com efeito, neste admirável laboratório do espírito humano, que é o laboratório da fé, sempre se encontram mutuamente Deus e o homem. Incessantemente Cristo ressuscitado entra no cenáculo da nossa vida, permitindo a cada um experimentar a sua presença e confessar: Tu, ó Cristo, és «o meu Senhor e o meu Deus».

Cristo disse a Tomé: «Porque Me viste, acreditaste. Bem-aventurados os que, sem terem visto, acreditam!» (Jo 20, 29). Todo o ser humano tem dentro de si algo do apóstolo Tomé. É tentado pela incredulidade e faz estas perguntas fundamentais: «Será verdade que Deus existe? Será verdade que o mundo foi criado por Ele? Será verdade que o Filho de Deus Se fez homem, morreu e ressuscitou?» A resposta vai-se impondo à medida que a pessoa faz a experiência da presença de Cristo. É preciso abrir os olhos e o coração à luz do Espírito Santo. Então hão-de falar a cada um as chagas de Cristo ressuscitado: «Porque Me viste, acreditaste. Bem-aventurados os que, sem terem visto, acreditam!»

4. Também hoje, caríssimos amigos, crer em Jesus, seguir Jesus pelas pegadas de Pedro, de Tomé, dos primeiros apóstolos e testemunhas, implica uma tomada de posição a favor d'Ele e, não raro, quase um novo martírio: o martírio de quem, hoje como ontem, é chamado a ir contra a corrente para seguir o divino Mestre, para seguir «o Cordeiro por onde quer que vá» (Ap 14, 4). Não foi por acaso, queridos jovens, que eu quis que, durante o Ano Santo, se recordassem junto do Coliseu as testemunhas da fé do século vinte.

Talvez não vos seja pedido o sangue, mas a fidelidade a Cristo é certo que sim! Um fidelidade vivida nas situações de todos os dias: penso nos namorados e como é difícil para eles viverem, no mundo actual, a pureza antes do matrimónio. Penso nos casais jovens e às provas a que é submetido o seu compromisso de mútua fidelidade. Penso no relacionamento dos amigos e à tentação de deslealdade que pode insinuar-se entre eles.

Penso também em quem abraçou um caminho de especial consagração e ao esforço que às vezes tem de fazer para perseverar na sua dedicação a Deus e aos irmãos. Penso ainda em quem quer viver relações de solidariedade e de amor num mundo onde parece valer apenas a lógica do lucro e do interesse pessoal ou de grupo.

Penso igualmente em quem trabalha pela paz e vê nascer e desenvolver-se em várias partes do mundo novos focos de guerra; penso em quem trabalha pela liberdade do homem e ainda o vê escravo de si mesmo e dos outros; penso em quem luta por fazer amar e respeitar a vida humana e tem de assistir a frequentes atentados contra ela, contra o respeito que lhe é devido.

5. Queridos jovens, num mundo assim, é difícil acreditar? No ano dois mil, é difícil acreditar? Sim, é difícil. Não vale a pena escondê-lo. É difícil, mas com ajuda da graça é possível, como Jesus explicou a Pedro: «Não foram a carne nem o sangue quem to revelou, mas o meu Pai que está nos céus» (Mt 16, 17).

Esta noite, irei entregar-vos o Evangelho. É o presente que o Papa vos dá nesta Vigília inesquecível. A palavra nele contida é a palavra de Jesus. Se vós a escutardes no silêncio, na oração, procurando aplicá-la à vossa vida com a ajuda do conselho prudente dos vossos sacerdotes e educadores, então haveis de encontrar Cristo e segui-Lo, gastando dia após dia a vida por Ele.

Na realidade, é Jesus quem buscais quando sonhais a felicidade; é Ele quem vos espera, quando nada do que encontrais vos satisfaz; Ele é a beleza que tanto vos atrai; é Ele quem vos provoca com aquela sede de radicalidade que não vos deixa ceder a compromissos; é Ele quem vos impele a depor as máscaras que tornam a vida falsa; é Ele quem vos lê no coração as decisões mais verdadeiras que outros quereriam sufocar. É Jesus quem suscita em vós o desejo de fazer da vossa vida algo de grande, a vontade de seguir um ideal, a recusa de vos deixardes submergir pela mediocridade, a coragem de vos empenhardes, com humildade e perseverança, no aperfeiçoamento de vós próprios e da sociedade, tornando-a mais humana e fraterna.

Queridos jovens, em tarefas tão nobres não estais sozinhos. Convosco estão as vossas famílias, estão as vossas comunidades, estão os vossos sacerdotes e educadores, estão tantos de vós que, sem fazer alarde, não se cansam de amar a Cristo e de acreditar n'Ele. Na luta contra o pecado, não estais sozinhos: muitos como vós lutam e, com a graça do Senhor, vencem!

6. Queridos amigos, vejo em vós as «sentinelas da manhã» (cf. Is 21, 11-12), nesta alvorada do terceiro milénio. No decurso do século que morre, jovens como vós eram convocados em reuniões oceânicas para aprenderem a odiar, eram mandados combater uns contra os outros. Os diversos messianismos secularizados, que pretenderam substituir a esperança cristã, revelaram-se depois autênticos infernos. Hoje encontrais-vos reunidos aqui para afirmar que, no novo século, não vos prestareis a ser instrumentos de violência e de destruição; defendereis a paz, à custa da própria vida se for necessário. Não vos conformareis com um mundo onde outros seres humanos morrem de fome, continuam analfabetos, não têm trabalho. Vós defendereis a vida em todas as etapas da sua evolução terrena, esforçar-vos-eis com todas as vossas forças por tornar esta terra cada vez mais habitável para todos.

Queridos jovens do século que começa, dizendo «sim» a Cristo, dizeis «sim» a cada um dos vossos mais nobres ideais. Eu peço a Cristo que reine nos vossos corações e na humanidade do novo século e milénio. Não tenhais medo de vos entregar a Ele: guiar-vos-á e dar-vos-á força para O seguirdes cada dia em todas as situações.

Que Maria Santíssima, a Virgem que disse «sim» a Deus durante toda a sua vida, os Santos Apóstolos Pedro e Paulo e todos os Santos e Santas, que assinalaram ao longo dos séculos o caminho da Igreja, vos conservem sempre neste santo propósito!

A todos e cada um, ofereço com afecto a minha Bênção.

[01700-06.01] [Texto original: Italiano]

Traduzione in lingua neerlandese

1. "Maar gij", sprak Hij tot hen, "wie zegt gij dat Ik ben?"(Mt 16,15)

Beste jongeren, met grote vreugde ontmoet ik jullie weer bij gelegenheid van deze gebedswake, waarin wij samen een luisterend oor willen geven aan Christus, die wij tegenwoordig onder ons weten. Het is Hij die spreekt.

"Wie zegt gij dat ik ben ?". Jezus stelt deze vraag aan Zijn leerlingen in de streek van Caesarea van Filippus. Simon Petrus antwoordde: "Gij zijt de Christus, de Zoon van de levende God" (Mt 16,16). Op zijn beurt richtte de Meester tot hem de verrassende woorden: "Zalig zijt gij, zoon van Jona, want niet vlees en bloed hebben u dit geopenbaard maar mijn Vader die in de hemel is" (Mt 16,17).

Wat is de betekenis van deze tweespraak ? Waarom wilde Jezus horen wat de mensen van Hem dachten ? Waarom wilde Hij weten wat de leerlingen van Hem dachten ?

Jezus wilde dat de leerlingen zich rekenschap gaven van wat in hun geest en hun harten verborgen was en dat zij hun overtuiging tot uitdrukking brachten. Tegelijkertijd weet hij echter dat het oordeel dat zij zullen uitspreken, niet alleen het hunne zal zijn, omdat erin geopenbaard zal worden wat God in hun harten heeft uitgestort door de genade van het geloof.

Deze gebeurtenis in de streek van Caesarea van filippus leidt ons in zekere zin binnen in de "werkplaats van het geloof". Het mysterie van het begin en van de rijping van het geloof wordt er geopenbaard. Eerst is er de genade van de openbaring: een intiem en onuitsprekelijk zich geven van God aan de mens. Vervolgens komt roepstem die om een antwoord vraagt. Tenslotte is er het antwoord van de mens, een antwoord dat van nu al aan een betekenis en vorm aan zijn leven zal moeten geven.

Dat is nu het geloof ! Het is het antwoord van de vrije en met rede begaafde mens op het woord van de levende God. De vragen die Christus stelt en de antwoorden die door de apostelen en tenslotte door Simon Petrus worden gegeven vormen als het ware een toetsing van de rijpheid van het geloof van hen die het dichtst bij Christus staan.

2. Het gesprek in de streek van Caesarea van Filippus vond plaats voor Pasen, dat wil zeggen voor het lijden, de dood en de verrijzenis van Christus. Het is nodig een andere gebeurtenis voor de geest te roepen, waarbij Christus, nu verrezen, de rijpheid van het geloof van Zijn apostelen toetste. Het gaat om de ontmoeting met de apostel Tomas. Hij was de enige afwezige toen Christus, na de verrijzenis, voor de eerste keer in het Cenakel kwam. Toen de andere leerlingen hem zeiden dat zij de Heer hadden gezien, wilde hij dat niet geloven. Hij zei: "Als ik niet in zijn handen het teken van de nagelen zie en mijn vinger in de plaats van de nagelen kan steken en mijn hand in zijn zijde leggen, zal ik het niet geloven" (Joh 20,25). Acht dagen later waren de leerlingen weer bijeen, en nu was Tomas erbij. Jezus kwam binnen door de gesloten deur, begroette de apostelen met de woorden: "Vrede zij u" (Joh 20,26), en richtte zich meteen tot Tomas: "Kom hier met uw vinger en bezie mijn handen: Steek uw hand uit en leg die in mijn zijde, en wees niet langer ongelovig maar gelovig" (Joh 20,27). Waarop Tomas antwoordde: "Mijn Heer en mijn God !" (Joh 20,28).

Ook het Cenakel van Jeruzalem was voor de apostelen een soort "werkplaats van het geloof". Toch overstijgt dat wat daar met Tomas gebeurde in zekere zin het gebeuren in de streek van Caesarea van Filippus. In het Cenakel staan wij voor een wisselwerking van het geloof en van het meest radicale ongeloof, en tegelijkertijd voor een nog diepergaande belijdenis van de waarheid over Christus. Het was waarlijk niet gemakkelijk om te geloven dat Degene die zij drie dagen tevoren in het graf hadden gelegd weer levend was.

De Goddelijke Meester had meerdere keren aangekondigd dat Hij uit de doden zou opstaan, en meerdere keren had hij het bewijs geleverd de Heer van het leven te zijn. En toch is de ervaring van Zijn dood zo sterk geweest dat voor allen een directe ontmoeting met Hem nodig was om in de verrijzenis te kunnen geloven: de apostelen in het Cenakel, de leerlingen op weg naar Emmaus, en de vrouwen bij het graf ... Ook voor Tomas was dit nodig. Toen zijn ongeloof echter geconfronteerd werd met de directe ervaring van de aanwezigheid van Christus, sprak de twijfelende apostel die woorden waarmee hij de meest intieme kern van het geloof tot uitdrukking bracht: alls dat zo is, als Gij werkelijk levend zijt, hoewel Gij zijt gedood, dan wil dat zeggen dat Gij "mijn Heer en mijn God" zijt.

Met het gebeuren rond Tomas werd de "werkplaats van het geloof" met een nieuw element verrijkt. De Goddelijke Openbaring, de vraag van Christus en het antwoord van de mens zijn aangevuld door de persoonlijke ontmoeting van de leerling het de levende Christus, met de Verrezene. Deze ontmoeting werd het begin van een nieuwe relatie tussen de mens en Christus, een relatie waarin de mens wezenlijk erkent dat Christus Heer en God is; niet alleen Heer en God van de wereld en van de mensheid, maar Heer en God van mijn concrete menselijke bestaan. Op een dag zal Paulus dan ook schrijven: "Het woord is vlak bij, het is in uw mond, het is in uw hart, het woord namelijk van het geloof dat wij verkondigen. Want als uw mond belijdt, dat Jezus de Heer is, en uw hart gelooft, dat God Hem van de doden heeft opgewekt, zult gij gered worden" (Rom 10,8-9).

3. In de lezingen van de liturgie van vandaag vinden wij de elementen beschreven waaruit deze "werkplaats van het geloof" bestaat, waar de apostelen uitkomen als mensen die zich volledig bewust zijn van de waarheid die God in Jezus Christus heeft geopenbaard, een waarheid die hun persoonlijk leven en dat van de Kerk in de loop van de geschiedenis zou vormen. De ontmoeting in Rome van vandaag, beste jongeren, is ook een soort "werkplaats van het geloof" voor jullie, leerlingen van vandaag, voor de belijders van Christus op de drempel van het derde millennium.

Ieder van jullie kan in zichzelf de wisselwerking van vragen en antwoorden, die wij zojuist geschetst hebben, terugvinden. Ieder kan de eigen moeilijkheden om te geloven met een kritisch oog bekijken, en ook de bekoring van het ongeloof ervaren. Tegelijkertijd echter, kan men ook een geleidelijke rijping in het bewustzijn en in de overtuiging van de eigen instemming met het geloof ervaren. Inderdaad, in deze wonderbaarlijke werkplaats van de menselijke geest, de werkplaats van het geloof, ontmoeten mens en God zich altijd. De verrezen Christus treedt altijd binnen in het cenakel van ons leven, en laat ieder Zijn aanwezigheid ervaren en belijden: Gij, o Christus, zijt "mijn Heer en mijn God".

Christus zei tot Tomas: "Omdat gij mij gezien hebt, gelooft ge ? Zalig die niet gezien en toch geloofd hebben" (Joh 20,29). Iedere mens heeft in zich iets van de apostel Tomas. Hij wordt bekoord door ongeloof en stelt ten diepste de vragen: Is het waar dat er een God is ? Is het waar dat de wereld door Hem is geschapen ? Is het waar dat de Zoon van God mens geworden is, en is gestorven en verrezen ? Het antwoord legt zich tegelijk met de ervaring van Zijn aanwezigheid die een persoon opdoet. Men moet de ogen openen en het hart openstellen voor het licht van de Heilige Geest. Dan zullen de geopende wonden van de verrezen Christus tot eenieder zeggen: "Omdat gij mij gezien hebt, gelooft ge ? Zalig die niet gezien en toch geloofd hebben".

4. Beste vrienden, ook heden ten dagen brengt het geloven in Jezus, en het volgen van Jezus in de voetsporen van Petrus, Tomas en van de eerste apostelen en getuigen een stellingname voor Hem met zich mee, en niet zelden als het ware een nieuw martelaarschap: het martelaarschap van degene die, vandaag net zo als gisteren, geroepen wordt tegen de stroom in te gaan om de Goddelijke Meester te volgen, om "het Lam te volgen waarheen het ook gaat" (Apk 14,4). Het is niet toevallig, beste jongeren, dat ik gewild heb dat gedurende het Heilig Jaar bij het Colosseum de geloofsgetuigen van de twintigste eeuw werden herdacht.

Misschien zal van jullie niet het bloedgetuigenis worden gevraagd, maar wel de trouw aan Christus ! Een trouw dat geleefd moet worden in de situaties van alledag: ik denk aan de verloofden en aan de moeilijkheden die zij hebben in de wereld van vandaag, om de zuiverheid te beleven in afwachting van het huwelijk. Ik denk aan de jonge echtparen en aan de beproevingen waaraan hun verplichting tot wederzijdse trouw blootgesteld is. Ik denk aan de betrekkingen tussen vrienden onderling en aan de bekoring tot onoprechtheid die zich tussen hen kan indringen.

Ik denk ook aan degene die een weg van speciale toewijding heeft ondernomen en aan de inspanningen die hij of zij het hoofd moet bieden om te volharden in de toewijding aan God en aan de medemensen. Ik denk ook ana degene die de liefde en de solidariteit wil leven in een wereld waarin alleen maar de logica van de winst en van de persoonlijke of groepsinterest schijnt te gelden.

Ik denk bovendien aan degene die zich inzet voor de vrede en die in verschillende delen van de wereld nieuwe oorlogshaarden ziet ontstaan en tot ontwikkeling komen; ik denk aan degene die zich inzet voor de vrijheid van de mens en die ziet dat de mens nog slaaf is van zichzelf en van anderen; ik denk aan degene die ervoor strijdt om het menselijk leven lief te hebben en te respecteren, en die moet toezien dat hier vaak een aanslag op wordt gepleegd, en op het respect dat men haar verschuldigd is.

5. Beste jongeren, is het moeilijk om in een dergelijke wereld te geloven ? Is het moeilijk om te geloven in het jaar 2000 ? Jazeker ! Het is moeilijk. Het is noet nodig dat te verhullen. Het is moeilijk, maar met de hulp van de genade is het mogelijk, zoals Jezus aan Petrus uitlegde: "Niet vlees en bloed hebben u dit geopenbaard mar mijn Vader die in de hemel is" (Mt 16,17).

Vanavond zal ik jullie het Evangelie overhandigen. Het is de gave die de Paus als erfenis nalaat in deze onvergetelijke wake. De woord dat zij bevat, is het woord van Jezus. Als jullie er in stilte en in gebed naar luisteren, terwijl, om het woord te begrijpen voor jullie leven, jullie je laten helpen door de wijze raad van jullie priesters en opvoeders, dan zullen jullie Christus ontmoeten en Hem volgen, waarbij jullie dag na dag je met jullie leven voor Hem inzetten !

In werkelijkheid is het Jezus die jullie zoeken, wanneer jullie van het geluk dromen; Hij wacht op jullie wanneer niets van wat jullie vinden bevrediging schenkt; Hij is de schoonheid die jullie aantrekt; hij daagt jullie uit met die dorst naar radicaliteit die niet toelaat dat jullie je aan het compromis aanpassen; Hij dwingt jullie om de maskers af te leggen die het leven vals maken; hij leest in het hart de ware beslissingen die anderen zouden willen verstikken. Het is Jezus die in jullie het verlangen opwekt om iets groots van jullie leven te maken, het verlangen om een ideaal te volgen, de weigering om je te laten opslokken door de middelmatigheid, de moed om je met nederigheid en volharding in te zetten om jezelf te verbeteren en de maatschappij, terwijl jullie haar menselijker en broederlijker maken.

Beste jongeren, bij deze edelmoedige opdrachten zijn jullie niet alleen. Jullie families staan jullie bij, er zijn jullie gemeenschappen, er zijn jullie priesters en opvoeders, er zijn zovelen onder jullie die niet moe worden om in het verborgene Christus lief te hebben en in Hem te geloven. Jullie zijn niet alleen in de strijd tegen de zonde: zovelen onder jullie strijden daartegen, en met de genade van de Heer overwinnen zij !

6. Beste vrienden, ik zie in jullie de "wachters van de morgen" (vgl. Js 21,11-12) in deze dageraad van het derde millennium. In het eerste gedeelte van de voorbije eeuw werden jongeren zoals jullie bijeengeroepen in immense bijeenkomten om te leren haten, en zij werden erop uitgestuurd om tegen elkaar te velde te trekken. De verschillende geseculariseerde heilsverwachtingen, die getracht hebben de christelijke hoop te vervangen, zijn vervolgens een ware hel gebleken. Vandaag zijn jullie bijeengekomen om te bevestigen dat jullie je in de nieuwe eeuw niet zullen lenen om instrumenten van geweld en verwoesting te zijn; jullie zullen de vrede verdedigen, waarbij jullie ook met jullie leven zult betalen, als dat nodig is. Jullie zullen niet berusten in een wereld waarin andere mensen sterven van de honger, analfabeet blijven, of geen werk hebben. Jullie zullen het leven verdedigen in ieder moment van haar aardse ontwikkeling, jullie zullen je inspannen met al jullie energie om deze aarde steeds meer leefbaar te maken.

Beste jongeren van de eeuw die begint, als jullie "ja" tegen Christus zeggen, zeggen jullie "ja" tegen jullie meest edele ideaal. Ik bid dat Hij in jullie hart moge heersen en in de mensheid van de nieuwe eeuw en het nieuwe millennium. Weest niet bang om je aan Hem toe te vertrouwen. Hij zal jullie leiden, en Hij zal jullie de kracht geven om Hem iedere dag en in iedere situatie te volgen.

De Allerheiligste Maagd Maria, de Maagd die heel haar leven "ja" tegen God heeft gezegd, de heilige apostelen Petrus en Paulus en alle heiligen die door de eeuwen heen de weg van de Kerk hebben getekend, mogen jullie in die heilig voornemen bewaren !

Aan allen en iedereen geef ik met genegenheid mijn Apostolische Zegen.

[01700-AA.01] [Testo originale: Italiano]

Traduzione in lingua polacca

1. "Za kogo Mnie uważacie?" (Mt 16, 15).

Drodzy chłopcy i dziewczęta! Z ogromną radością spotykam się znowu z wami z okazji tego czuwania modlitewnego, w czasie którego pragniemy wsłuchać się razem w słowa Chrystusa, którego obecność wśród nas w sposób szczególny odczuwamy. To On do nas mówi.

"Wy za kogo Mnie uważacie?". Jezus zadaje to pytanie swoim uczniom pod Cezareą Filipową. Szymon Piotr odpowiada: "Ty jesteś Mesjasz, Syn Boga żywego" (Mt 16, 16). Nauczyciel ze swej strony kieruje do niego zaskakujące słowa: "Błogosławiony jesteś, Szymonie, Synu Jony. Albowiem ciało i krew nie objawiły ci tego, lecz Ojciec mój, który jest w niebie" (Mt 16, 17).

Jakie jest znaczenie tego dialogu? Dlaczego Jezus chce usłyszeć, co ludzie o Nim sądzą? Dlaczego chce wiedzieć, co sądzą o Nim Jego uczniowie?

Jezus pragnie, aby Uczniowie uświadomili sobie to, co kryje się w ich umysłach i sercach, i by wyrazili swoje przekonanie. Równocześnie jednak wie, że to nie będzie tylko ich własny osąd, ale wyrażenie tego, co Bóg wlał w ich serca wraz z łaską wiary.

To wydarzenie spod Cezarei Filipowej wprowadza nas niejako do "laboratorium wiary". Odsłania tajemnicę początku i dojrzewania wiary. Najpierw jest łaska objawienia: wewnętrzne, niewyrażalne oddawanie się Boga człowiekowi. Za nią idzie wezwanie do udzielenia odpowiedzi. W końcu jest odpowied człowieka - odpowied, która odtąd będzie musiała nadawać sens i kształt całemu jego życiu.

Oto czym jest wiara! Jest odpowiedzią człowieka rozumnego i wolnego na słowo Boga żywego. Pytania, które zadaje Chrystus, odpowiedzi, jakich udzielają Apostołowie, a na końcu Szymon Piotr, stanowią poniekąd sprawdzian dojrzałości wiary tych, którzy są najbliżsi Chrystusowi.

2. Rozmowa pod Cezareą Filipową miała miejsce w okresie przedpaschalnym, o znaczy przed męką i zmartwychwstaniem Chrystusa. Należałoby przywołać inne jeszcze wydarzenie, podczas którego Chrystus, już zmartwychwstały, sprawdził dojrzałość wiary swoich Apostołów. Chodzi o spotkanie z Tomaszem Apostołem. Był on jedynym nieobecnym, kiedy po zmartwychwstaniu Chrystus po raz pierwszy przyszedł do Wieczernika. Kiedy inni uczniowie powiedzieli mu, że widzieli Pana, nie chciał im wierzyć. Powiedział: "Jeżeli na rękach Jego nie zobaczę śladu gwodzi i nie włożę palca mego w miejsce gwodzi, i nie włożę ręki mojej do boku Jego, nie uwierzę" (J 20, 25). Po ośmiu dniach uczniowie znowu byli razem, a Tomasz z nimi. Jezus przyszedł przez zamknięte drzwi, pozdrowił Apostołów słowami: "Pokój wam!" (J 20, 26), a zaraz potem zwrócił się do Tomasza: "Podnieś tutaj swój palec i zobacz moje ręce. Podnieś rękę i włóż ją do mego boku, i nie bąd niedowiarkiem, lecz wierzącym!" (J 20, 27). A wówczas Tomasz odpowiedział: "Pan mój i Bóg mój!" (J 20, 28).

Również jerozolimski Wieczernik był dla Apostołów swego rodzaju "laboratorium wiary". Jednak to, co się tam wydarzyło z Tomaszem, sięga poniekąd dalej, poza to, co stało się pod Cezareą Filipową. W Wieczerniku stajemy wobec bardziej radykalnej dialektyki wiary i niedowierznia, a równocześnie wobec jeszcze głębszego wyznania prawdy o Chrystusie. Jakże trudno było uwierzyć, że żyje Ten, którego przed trzema dniami złożyli w grobie.

Boski Nauczyciel wielokrotnie zapowiadał, że powstanie z martwych, i wiele razy dał dowody, że jest Panem życia. A jednak doświadczenie Jego śmierci było tak mocne, że wszyscy potrzebowali bezpośredniego spotkania z Nim, aby uwierzyć w Jego zmartwychwstanie: Apostołowie w Wieczerniku, Uczniowie w drodze do Emaus, pobożne niewiasty przy grobie… Potrzebował go także Tomasz. Kiedy jednak jego niedowierzanie spotkało się z bezpośrednim doświadczeniem obecności Chrystusa, wątpiący Apostoł wypowiedział słowa, w których wyraża się najgłębszą prawdę o istocie przeżywania wiary: Jeżeli tak jest, jeżeli Ty naprawdę żyjesz, choć zostałeś zabity, znaczy to, że Ty jesteś "moim Panem i moim Bogiem".

Przez ten fakt związany z Tomaszem "laboratorium wiary" wzbogaciło się o nowy element. Objawienie Boże, pytanie Chrystusa i odpowied człowieka zostały uzupełnione o osobiste spotkanie ucznia z żyjącym Chrystusem - ze Zmartwychwstałym. To spotkanie stało się początkiem nowej relacji między człowiekiem a Chrystusem - relacji, w której człowiek egzystencjalnie uznaje, że Chrystus jest Panem i Bogiem; nie tylko Panem i Bogiem świata i ludzkości, ale Panem i Bogiem tej mojego konkretnego ludzkiego istnienia. Kiedyś święty Paweł napisze: "Słowo to jest blisko ciebie, na twoich ustach i w sercu twoim. A jest to słowo wiary, którą głosimy. Jeżeli więc ustami swoimi wyznasz, że Jezus jest Panem, i w sercu swoim uwierzysz, że Bóg Go wskrzesił z martwych - osiągniesz zbawienie" (Rz 10, 8-9).

3. W czytaniach dzisiejszej liturgii znajdujemy opis elementów składających się na to "laboratorium wiary", z którego Apostołowie wyszli jako ludzie w pełni świadomi prawdy, jaką Bóg objawił w Jezusie Chrystusie - prawdy, która miała ukształtować ich życie osobiste i życie Kościoła na przestrzeni historii. Dzisiejsze rzymskie spotkanie, drodzy młodzi, jest również swojego rodzaju "laboratorium wiary" dla was, dzisiejszych uczniów - dla wyznawców Chrystusa na progu trzeciego tysiąclecia.

Każdy z was może odnaleć w sobie samym dialektykę pytań i odpowiedzi, jaką wskazaliśmy wyżej. Każdy może przeżywać trudności i doświadczyć też pokusy niedowierzania. Równocześnie jednak może też doświadczyć stopniowego dojrzewania w świadomości i w przekonaniu co do swojej wiary. Wciąż bowiem w tym przedziwnym laboratorium ludzkiego ducha - czyli właśnie w laboratorium wiary - spotykają się ze sobą Bóg i człowiek. Wciąż Chrystus zmartwychwstały wchodzi do wieczernika naszego życia i pozwala każdemu doświadczyć swojej obecności oraz wyznać: Ty, o Chryste, jesteś "moim Panem i moim Bogiem".

Chrystus powiedział do Tomasza: "Uwierzyłeś dlatego, ponieważ Mnie ujrzałeś? Błogosławieni, którzy nie widzieli, a uwierzyli" (J 20, 29). Każdy człowiek ma w sobie coś z apostoła Tomasza. Niedowierza i stawia zasadnicze pytania: Czy to prawda, że Bóg istnieje? Czy to prawda, że świat został przez Niego stworzony? Czy to prawda, że Syn Boży stał się Człowiekiem, umarł i zmartwychwstał? Odpowied przychodzi wraz z doświadczeniem Jego obecności. Trzeba otworzyć oczy i serce na światło Ducha Świętego. Wtedy przemówią do każdego otwarte rany Chrystusa zmartwychwstałego: "Uwierzyłeś dlatego, ponieważ Mnie ujrzałeś. Błogosławieni, którzy nie widzieli, a uwierzyli".

4. Drodzy przyjaciele! Dziś również wierzyć w Jezusa, iść za Jezusem śladami Piotra, Tomasza, pierwszych Apostołów i świadków, wymaga zajęcia stanowiska po Jego stronie i nierzadko niemal nowego męczeństwa: męczeństwa tego, kto - dziś tak jak wczoraj - wezwany jest do pójścia pod prąd, by kroczyć za Boskim Nauczycielem, by "towarzyszyć Barankowi, dokądkolwiek idzie" (por. Ap 14, 4). Nie przypadkiem, droga młodzieży, pragnąłem, aby w czasie Roku Świętego zostali przypomniani przy Koloseum świadkowie wiary dwudziestego wieku.

Może od was nie będzie się wymagać przelania krwi, ale wierności Chrystusowi z pewnością tak! Wierności, której trzeba dochować każdego dnia: Mam na myśli narzeczonych i trudności, jaką sprawia w dzisiejszym świecie życie w czystości w oczekiwaniu na małżeństwo. Mam na myśli młodych małżonków i próby, na jakie jest narażone ich przyrzeczenie wzajemnej wierności. Mam na myśli relacje między przyjaciółmi i pokusę nielojalności, jaka wkraść się może między nich.

Mam także na myśli tych, którzy podjęli drogę szczególnej konsekracji, i wysiłek, jakiego nieraz wymaga wytrwałość w oddaniu się Bogu i braciom. Myślę też o tych, którzy chcą przeżywać relacje solidarności i miłości w świecie, w którym - jak się wydaje - ma wartość jedynie logika korzyści i interesu osobistego czy grupowego.

Mam również na myśli tych, którzy działają na rzecz pokoju, a widzą, jak w różnych częściach świata rodzą się i rozwijają nowe ogniska wojny; myślę o tych, którzy działają na rzecz wolności człowieka, a widzą, że jest on jeszcze niewolnikiem siebie samego i innych; mam na myśli tych, którzy walczą, aby kochano i szanowano ludzkie życie, a muszą być świadkami częstych zamachów na nie i na należny mu respekt.

5. Droga młodzieży! Czy trudno jest wierzyć w takim świecie? Czy trudno jest wierzyć w roku dwutysięcznym? Tak! Jest trudno. Nie należy tego ukrywać. Jest to trudne, ale z pomocą łaski jest to możliwe, tak jak Jezus wyjaśnił Piotrowi: "Ciało i krew nie objawiły ci tego, lecz Ojciec mój, który jest w niebie" (Mt 16, 17).

Tego wieczoru przekażę wam Ewangelię. Jest to dar, który Papież zostawia wam tej niezapomnianej nocy. Słowo zawarte w Ewangelii jest słowem Jezusa. Jeśli będziecie słuchać go w milczeniu, w modlitwie, korzystając z mądrej rady waszych księży i wychowawców, pomocnej w zrozumieniu zastosowaniu tego słowa do waszego życia - wtedy spotkacie się z Chrystusem i pójdziecie za Nim, angażując dzień po dniu swoje życie dla Niego!

W rzeczywistości, kiedy marzycie o szczęściu, szukacie właśnie Jezusa. To On na was czeka, gdy nic z tego, co znajdujecie, nie zadowala was. To On jest pięknem, które tak was pociąga. To On wzbudza w was pragnienie radykalności, które nie pozwala wam iść na kompromisy. To On pobudza was do zrzucania masek, które czynią życie fałszywym. To On budzi w sercach decyzje najbardziej autentyczne, które inne chcieliby przytłumić. To Jezus wzbudza w was pragnienie, byście uczynili ze swojego życia coś wielkiego. Budzi w was wolę pójścia za ideałem. Skłania do tego, byście nie dali się pochłonąć przeciętności. Wzbudza odwagę pokornego i wytrwałego zaangażowania, by ulepszać samych siebie i społeczeństwo, czyniąc je bardziej ludzkim i braterskim.

Drodzy młodzi! W tych szlachetnych zadaniach nie jesteście sami. Są z wami wasze rodziny, są wasze wspólnoty, są wasi księża i wychowawcy, jest tylu z was, którzy w ukryciu nie przestają kochać Chrystusa i w Niego wierzyć. W walce z grzechem nie jesteście sami: wielu takich jak wy walczy i dzięki łasce Bożej zwycięża!

6. Drodzy przyjaciele! Widzę w was "stróżów poranka" (por. Iz 21, 11-12) o świcie tego trzeciego tysiąclecia. W pierwszej połowie gasnącego teraz wieku młodzi tacy jak wy zwoływani byli na tłumne zgromadzenia, by uczyć się nienawidzieć. Wysyłano ich, by walczyli jedni przeciw drugim. Różne ześwecczone mesjanizmy, które usiłowały zastąpić nadzieję chrześcijańską, okazały się potem prawdziwym piekłem. Dziś przybyliście tutaj, by potwierdzić, że w nowym stuleciu nie dacie się użyć jako narzędzia przemocy i zniszczenia; bronić będziecie pokoju, płacąc za to własnym życiem, jeśli będzie trzeba. Nie pogodzicie się ze światem, w którym inne istoty ludzkie umierają z głodu, pozostają analfabetami, nie mają pracy. Będziecie bronić życia na każdym etapie jego ziemskiego rozwoju. Będziecie się starali ze wszystkich sił czynić tę ziemię coraz bardziej nadającą się do zamieszkiwania dla wszystkich.

Droga młodzieży rozpoczynającego się stulecia! Mówiąc "tak" Chrystusowi, mówicie "tak" wszystkim swoim najszlachetniejszym ideałom. Modlę się, aby On królował w waszych sercach oraz w ludzkości nowego wieku i tysiąclecia. Nie lękajcie się Jemu zawierzyć. On was poprowadzi, da wam siłę, byście szli za Nim każdego dnia i w każdej sytuacji.

Najświętsza Maryja Dziewica, która mówiła "tak" Bogu przez całe życie, święci Apostołowie Piotr i Paweł oraz wszyscy Święci i Święte, którzy zaznaczyli się przez wieki na drodze Kościoła, niech zachowują was zawsze w tym świętym postanowieniu!

Wam wszystkim i każdemu z was z osobna udzielam z serca mojego błogosławieństwa.

[01700-09.02] [Testo originale: Italiano]