PRESENTAZIONE DEL VOLUME "IL MARTIRIO DELLA PAZIENZA. LA SANTA SEDE E I PAESI COMUNISTI (1963-1989)"DEL CARD. AGOSTINO CASAROLI ● INTERVENTO DEL CARD. ANGELO SODANO
● INTERVENTO DEL CARD. ACHILLE SILVESTRINI
Alle ore 12 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si presenta il volume Il martirio della pazienza, la Santa Sede e i Paesi Comunisti (1963-1989) del Card. Agostino Casaroli.
Prendono parte alla presentazione: l’Em.mo Card. Angelo Sodano, Segretario di Stato di Sua Santità; l’Em.mo Card. Achille Silvestrini, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali; S.E. il Signor Michail Gorbaciov; l’On. Romano Prodi e l’On. Lamberto Dini.
Pubblichiamo di seguito gli interventi del Card. Angelo Sodano e del Card. Achille Silvestrini:
● INTERVENTO DEL CARD. ANGELO SODANO
Illustri Ospiti, cari amici giornalisti!
Quarant' anni fa io entravo al servizio della Santa Sede e fra le prime figure che rimasero impresse nella mia mente vi fu quella di un Monsignore affabile e gentile: era comunemente chiamato Don Agostino!
Egli era ancora Minutante presso la Segreteria di Stato e veniva alla Pontificia Accademia Ecclesiastica a tenere un corso di stile diplomatico. Arrivava sempre sereno e contento, a volte a piedi ed a volte sul suo motorino, e poi ci introduceva nel nostro lavoro, prima con il suo stile di vita e poi anche con la sua parola e la sua penna, sempre fine e discreta. Da quel lontano 1960 ad oggi sono passati quarant'anni, ma il suo ricordo rimane sempre vivo in me, come in tutti coloro che hanno avuto la fortuna di incontrarlo sul loro cammino.
Il libro che oggi è presentato al pubblico ci rivela una grande passione della sua vita: venir incontro ai cattolici dei Paesi a regime comunista e contribuire così anche a portare nelle loro terre un'aria nuova di libertà. Non per nulla il Papa Giovanni XXIII ricordava in quegli anni che la libertà è uno dei quattro pilastri su cui solo può reggersi la convivenza umana. In realtà, questa può essere ordinata e feconda solo quando è fondata sui pilastri della verità, della giustizia, dell'amore e su quello parimenti insostituibile della libertà.
Il titolo del libro che qui oggi viene presentato indica poi bene lo spirito che animava questo grande uomo di Chiesa, quale fu il Card. Agostino Casaroli. In alcuni casi, la pazienza è davvero un martirio. È l'accettazione della prova con l' animo dei forti. In una sala della seconda Loggia del Palazzo Apostolico Vaticano ho notato solo pochi giorni fa che vi è una tipica rappresentazione di questa virtù: è un donna sul cui braccio disteso sta gocciolando una candela con la sua calda cera. La donna però non si scompone e continua serenamente a guardare lontano.
I venticinque anni di lavoro silenzioso e paziente del Card. Casaroli sono un esempio di tale atteggiamento interiore. Prima come Sottosegretario, poi come Segretario del Consiglio per gli Affari Pubblici della Chiesa ed infine come Segretario di Stato, egli rimase sempre fedele a tale linea di azione.
Negli ultimi anni della sua vita, andavo talora a rendergli visita nel suo appartamento nella Palazzina dell’Arciprete in Vaticano. Un giorno mi parlò della sua intenzione di riunire alcuni suoi appunti sui viaggi che aveva intrapreso e sugli uomini che aveva incontrato. Non sapeva ancora quale titolo dare ad una loro eventuale pubblicazione.
Ricordando il classico libro di Massimo D’Azeglio, da parte mia mi permisi di suggerirgli il titolo: "I miei ricordi". Egli con un suo dolce sguardo, si schermì dicendo che ne avrebbe voluto uno molto più allusivo all’ispirazione interiore che aveva sostenuto il suo lavoro. Sono, quindi, lieto del titolo con cui oggi sono pubblicate queste sue memorie: "Il martirio della pazienza".
Anch’io, lavorando in Segreteria di Stato negli anni 1968-1978, fui richiesto in varie occasioni di aiutarlo in qualche sua missione. Ricordo in particolare la collaborazione che ebbi modo di prestare nel 1970 alla ripresa del difficile dialogo con il Governo cecoslovacco. La durezza degli interlocutori venuti a Roma da Praga, i Signori Hruza ed Homola, mise a dura prova la pur profonda serenità d’animo di Mons. Casaroli e del suo collaboratore Mons. Cheli. Non per nulla il capitolo che nel libro è dedicato a tale dolorosa vicenda ha come titolo: "Trattative impossibili: la Cecoslovacchia". Fu una pagina di storia che rivelò come alla fin fine il metodo evangelico di offrire la guancia sinistra a chi ti porge la destra ( Mt 5,39) sia anche un metodo politicamente corretto. Non lo sarà secondo i canoni del "Principe" di Machiavelli, ma certo lo è secondo i principi del Vangelo di Cristo.
Un altro tipico ricordo della sua serena fermezza, pur nella grande signorilità del tratto, è legato al viaggio del 1975 nell'allora Repubblica Democratica Tedesca. Toccò allora a me di accompagnarlo. La situazione a Berlino-Est era molto tesa, ma ebbi modo di imparare dal mio Superiore l'arte o, meglio ancora, la virtù di essere pazienti e forti, in ogni possibile circostanza della vita.
Quando poi, nel 1979, alla morte del compianto Card. Villot, Segretario di Stato, Mons. Casaroli fu chiamato a succedergli in tale ufficio dall' attuale Sommo Pontefice Giovarmi Paolo II, egli metterà a disposizione del Papa tutta la sua lunga esperienza di fedele servitore della Santa Sede e di vero uomo di Chiesa.
Il libro ora pubblicato si limita a trasmetterci alcune notizie dell' opera del Card. Casaroli nei riguardi dei Paesi Comunisti dell'Europa Centro Orientale. Vi sarebbero poi tanti altri aspetti della sua opera da ricordare. Ad esempio nel decennio in cui io fui Nunzio Apostolico in Cile, dal 1978 al 1988, sono stato testimone della grande conoscenza che egli aveva dei problemi dell'America Latina. Un contributo grande alla pace fra Argentina e Cile, di fronte alla possibilità di un conflitto fra quei due Paesi per la nota questione limitrofe nella zona australe, è dovuto anche a lui, oltreché all'Inviato del Papa Giovanni Paolo II, il compianto Card. Antonio Samoré.
Quando poi il Santo Padre mi richiamò a Roma nel 1988, ebbi ancora la fortuna di lavorare alle dipendenze del Card. Casaroli e di godere dei suoi preziosi insegnamenti. Ricordo, in particolare, le istruzioni che mi diede quando mi recai a Mosca nel 1989, per l'incontro con il Presidente Gorbaciov e con il Ministro degli Esteri Shevernadze. Da quel 20 ottobre 1989, allorquando mi recai al Cremlino, al giorno d' oggi, in cui salutiamo qui presente lo stesso Signor Gorbaciov, sono cambiate molte cose. Ma è giusto ricordare chi ha pazientemente cooperato a preparare i tempi nuovi.
Il nome del Card. Agostino Casaroli rimarrà per sempre legato alla storia travagliata di questo secolo ed all’attività instancabile della Sede Apostolica, a servizio della libertà dell’uomo.
In lui rifulge una delle figure più rappresentative della Curia Romana in questi ultimi tempi. Egli ci dimostra come gli uomini di Curia siano un valido strumento nelle mani dei Romani Pontefici, affinché questi possano svolgere adeguatamente la loro missione nel mondo. E, come figlio della terra italiana, sono anche lieto di ricordare come sia stato quest’umile sacerdote della Chiesa di Piacenza a prestare un simile servizio al Sommo Pontefice.
L’elogio migliore del Card. Casaroli l’ha fatto il Santo Padre Giovanni Paolo II il 1° dicembre 1990, al momento di accogliere le dimissioni del suo caro Collaboratore per i raggiunti limiti di età.
Dopo aver esaltato il suo vivo "Sensus Ecclesiae", unitamente al suo egualmente penetrante "Sensus Hominis", il Papa gli diceva: "Ripenso, in questo momento, al grande aiuto che ho avuto da Lei nell’arco di questi anni, nei quali la Chiesa ed il mondo hanno conosciuto vicende e rivolgimenti di così vasta portata. Sempre ho potuto contare sull’apporto delle indicazioni e dei suggerimenti che Ella, con sincero amore per Cristo e per la Chiesa, mi ha offerto in atteggiamento di collaborazione leale, intelligente e devota" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, vol. XIII, 2 pag. 1340).
È questo l’elogio più bello che si poteva fare del compianto Card. Agostino Casaroli: un collaboratore leale, intelligente e devoto del Romano Pontefice.
[01474-01.03[Testo originale: Italiano]
● INTERVENTO DEL CARD. ACHILLE SILVESTRINI
Il martirio della pazienza è frutto di una riflessione a cui il cardinale Casaroli ha dedicato un lavoro personale e accurato, condotto con rigore e acribia negli ultimi suoi anni. È la narrazione dei rapporti tra la Santa Sede e i regimi comunisti dell’Europa dell’Est, un racconto pacato, vigile, discreto, corretto nell’esporre i fatti, onesto nel documentarli senza celare difficoltà e obiezioni. Una vicenda storica che parte dal 1963 e arriva al 1989.
È la cosiddetta Ostpolitik della Santa Sede, contrassegnata da tre fasi. La prima, dal 1945 al 1963, è l’antefatto della narrazione, che il cardinale Casaroli chiama "abominatio desolationis", con gli arresti, le condanne, la relegazione di un gran numero di vescovi, sacerdoti, persone religiose e in primo luogo di Mons. Stepinac, del Card. Mindszenty, di Mons. Beran e Mons. Wyszynski, la rottura drastica delle relazioni diplomatiche fra i governi dell’Europa dell’est e la Santa Sede, e delle relazioni ecclesiali tra questa e i vescovi e le comunità cattoliche. Agli inizi degli anni sessanta molti pastori erano incarcerati o confinati, i monasteri e le case religiose confiscate, i seminari chiusi o ridotti al minimo, le scuole cattoliche e le organizzazioni di carità e apostolato soppresse; le curie vescovili erano governate o controllate da commissari governativi; mentre infuriava una pesante propaganda ateistica nei mass media e nelle scuole, ed erano attuate discriminazioni sistematiche dei credenti nelle scuole e nelle università, nelle amministrazioni, nelle aziende e in ogni manifestazione della vita sociale.
Giovanni XXIII, che aveva appena aperto il Concilio Vaticano II, sentiva profondo il desiderio di aprire una breccia in questo isolamento. Nacquero, voluti da lui, i primi approcci ad opera del Card. Koenig e di Mons. Casaroli: al primo venne affidata una missione di solidarietà verso i pastori di quei paesi che erano legati all’Austria da una storia comune, al secondo il tentativo di una soluzione negoziata dei casi Mindszenty e Beran.
Nel racconto emergono subito tre grandi figure: il Card. Mindszenty, che impersonava la tragedia della Chiesa e del popolo ungherese; Mons. Beran, Arcivescovo di Praga, mite protagonista di una duplice resistenza al nazismo e al comunismo; e il Card. Wyszynski, che dopo tre anni di relegazione aveva ripreso a guidare con vigore impavido e ardente la resistenza a un regime che era in contrasto con tutta la tradizione religiosa e storica della nazione polacca.
Accanto a queste tre figure di pastori tre grandi pontefici: Giovanni XXIII, Paolo VI, Giovanni Paolo II.
Giovanni XXIII, tutto proteso a cogliere le misteriose vie della Provvidenza per tentare qualche cosa di nuovo che favorisse un cambiamento. Paolo VI che, pur rendendosi conto che il dialogo con i regimi comunisti era difficile per non dire impossibile, affrontava "in nomine Domini" un dovere morale che sentiva incombente al suo ministero: portare soccorso ad una Chiesa che parlava solo con la sua sofferenza, e darle energie per un respiro lungo nella incerta durata del comunismo ateo. E’ durante il pontificato di Paolo VI che si svolge tutta la prima fase più faticosa della Ostpolitik, e cioè il negoziato relativo alla situazione del Card. Mindszenty e alla possibilità di nominare vescovi in Ungheria, le estenuanti interminabili trattative col governo cecoslovacco, che si protrassero fino alla caduta del muro, l’accordo di Belgrado col governo di Tito, e infine le conversazioni col governo polacco. In quegli anni in Polonia emerge il capolavoro del Card. Wyszynski con le celebrazioni per il millennio del battesimo della nazione (1966) e con il messaggio profetico di riconciliazione, inviato dall’episcopato polacco a quello tedesco, per accordare e chiedere perdono per le guerre e gli odi che avevano contrapposto i due popoli. E si registrò allora anche il rifiuto del governo a un viaggio di Paolo VI, anche solo per un pellegrinaggio brevissimo a Czestochowa. Seguì la visita di Mons. Casaroli alle diocesi polacche nel 1967, che lo portò a Cracovia per un incontro cordiale e significativo col Card. Wojtyla.
Nel pontificato di Paolo VI prende avvio anche l’esperienza multilaterale della Santa Sede nella conferenza di Helsinki (1973-75), quando la delegazione vaticana ottiene un esplicito riconoscimento della libertà religiosa (7° principio dell’Atto finale), che offrì una formale legittimazione alle richieste della Chiesa nei negoziati bilaterali coi singoli governi. Il pontificato si concludeva con la richiesta fatta dal Papa al corpo diplomatico nel gennaio 1978 a che i cattolici, e i credenti di ogni confessione, "potessero beneficiare" dello spazio dovuto di libertà per la loro fede nelle sue espressioni sia personali sia comunitarie. Questa richiesta solenne sembrò avere il valore profetico di una consegna morale data da Paolo VI al suo successore.
Nell’ottobre del 1978 l’elezione di Giovanni Paolo II introduceva delle novità di grande rilievo nei rapporti con l’Est: 1) l’esperienza personale di un Pastore che aveva sofferto le oppressioni e le ingiustizie della sua gente; 2) l’affermazione, contenuta nella enciclica Redemptor hominis, che i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali hanno un’unica radice nella dignità della persona e costituiscono il criterio di verifica per la legittimità dei regimi di qualsiasi paese; 3) la fierezza della nazione polacca che rivendicava la restituzione della propria dignità cristiana. Fu una sfida a tutto campo che il Papa venuto dall’Est lanciò all’URSS e agli altri regimi comunisti, mentre i negoziati con i governi proseguirono con più forte impulso, sempre sotto la guida del Card. Casaroli, divenuto segretario di stato.
Dalla narrazione minuziosa e pacata dei complessi negoziati con i singoli regimi, è interessante raccogliere di Mons. Agostino Casaroli non solo la pazienza instancabile, perseverante, collaudata da una grande esperienza diplomatica, ma anche la sua fede sacerdotale, che egli esprime con un salmo che gli era familiare: "Saldo è il mio cuore, o Dio, saldo è il mio cuore … voglio destare l’aurora" (salmo 56). Egli voleva far sorgere l’aurora di una luce di speranza nelle tenebre che gravavano su quelle Chiese. Nello stesso tempo l’intelligenza acuta, finissima, dava a lui il senso delle cose possibili e la priorità delle cose necessarie. Egli riteneva che il soccorso più urgente per quelle comunità oppresse fosse nell’assicurare la possibilità di una loro comunicazione con la Santa Sede, la quale a sua volta potesse dare alle diocesi prive di pastore vescovi moralmente degni, fedeli alla Chiesa che, accettati dai governi, provvedessero alla cura pastorale della maggioranza dei credenti, che altrimenti sarebbero rimasti senza possibilità di avere una vita religiosa e sacramentale.
Il confronto tenace, spesso durissimo di quelle trattative riguardava quindi la pretesa dei funzionari governativi di strappare la nomina di ecclesiastici legati al regime a cui si contrapponeva la resistenza ad oltranza della Santa Sede per ottenere che fossero accettate soltanto persone in grado di essere vescovi degni, animati da sicura ispirazione pastorale. Le nomine ecclesiastiche, che il sistema di durissimo giurisdizionalismo dei regimi comunisti voleva utilizzare per fare della Chiesa un "instrumentum regni", furono il fulcro di un braccio di ferro condotto con tenace intransigenza oltre venticinque anni, al fine di assicurare alla Chiesa e alla vita religiosa un respiro di sopravvivenza, con una sfida rivolta al futuro. "E’ per porre rimedio a così doloroso stato di cose, per correggerne il corso nel senso della giustizia, che la Santa Sede ha intrapreso un dialogo attivo e instancabile, paziente, franco, tanto fermo nell’affermazione dei principi e del buon diritto della Chiesa e dei credenti quanto pronto alle intese oneste e leali che con quei principi siano conciliabili" disse Paolo VI al collegio dei cardinali il 21 giugno 1976. Queste "intese oneste e leali" erano rivolte a ricuperare spazi di preghiera, possibilità di formazione per la catechesi, diffusione di idee come la dignità della persona e la libertà di coscienza, che erano in contrasto con l’ideologia e l’organizzazione del mondo comunista. In tal modo questa azione paziente e instancabile contribuì, nel lungo tempo, come ha rilevato una studiosa di valore, Helene Carrère d’Encausse, a operare quella "erosione del sistema" dei regimi comunisti, che li colpiva proprio in ciò che essi consideravano essenziale per la loro ideologia, il "controllo degli spiriti".
[01475-01.02] [Testo originale: Italiano]