CONFERENZA STAMPA DI PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA "PIETRO E PAOLO. LA STORIA, IL CULTO, LA MEMORIA NEI PRIMI SECOLI" ● INTERVENTO DI S.E. MONS. CRESCENZIO SEPE
● INTERVENTO DI S.E. MONS. STANISŁAW RYŁKO
● INTERVENTO DEL PROF. FRANCESCO BURANELLI
● INTERVENTO DEL PROF. FABRIZIO BISCONTI
Alle ore 11.30 di questa mattina, nell’Aula Giovanni Paolo II della Sala Stampa della Santa Sede, si tiene la Conferenza Stampa di presentazione della mostra "Pietro e Paolo. La storia, il culto, la memoria nei primi secoli", che sarà allestita a Roma nel Palazzo della Cancelleria, dal 30 giugno al 10 dicembre 2000, a cura dell’"Associazione Meeting per l’Amicizia fra i popoli" di Rimini, in collaborazione con Monumenti, Musei e Gallerie Pontificie della Città del Vaticano.
Prendono parte alla Conferenza Stampa: S.E. Mons. Crescenzio Sepe, Segretario Generale del Comitato del Grande Giubileo dell’Anno 2000; S.E. Mons. Stanisław Ryłko, Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici; Prof. Francesco Buranelli, Direttore dei Monumenti, Musei e Gallerie Pontificie; Prof. Emilia Guarnieri, Presidente della Associazione Meeting per l’amicizia fra i popoli; Prof. Fabrizio Bisconti, (per il comitato di direzione scientifica) Segretario della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra.
Pubblichiamo di seguito gli interventi di S.E. Mons. Crescenzio Sepe, di S.E. Mons. Stanisław Ryłko, del Prof. Francesco Buranelli, e del Prof. Fabrizio Bisconti:
● INTERVENTO DI S.E. MONS. CRESCENZIO SEPE
Tra le manifestazioni che caratterizzano l’Anno Giubilare in corso, il Comitato Centrale ha guardato con apertura e simpatia all’iniziativa religiosa-culturale che è sfociata nella mostra, che oggi presentiamo, "Pietro e Paolo. La storia, il culto e la memoria nei primi secoli". Essa è stata ideata dall’associazione Meeting di Rimini, in stretta collaborazione con la Direzione Generale dei Monumenti, Musei e Gallerie Pontificie, ed è promossa dal Pontificio Consiglio per i Laici, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù che si svolgerà nel prossimo agosto a Tor Vergata.
Fin dall’inizio ho avuto occasione di conoscere gli intensi lavori che hanno reso possibile il progetto e apprezzarne gli intenti spirituali e culturali, tesi a testimoniare, attraverso la documentazione archeologica, storica e scientifica, l’eccezionale avventura umana e cristiana degli Apostoli Pietro e Paolo e gli sviluppi del primo cristianesimo romano, inscindibilmente legato alla presenza, al martirio e al culto dei Fondatori della Chiesa di Roma.
Pietro e Paolo: è direttamente il cuore del significato e della giustificazione del pellegrinaggio romano, elemento chiave di tutto il Giubileo, che questa mostra si propone e a cui si dirige.
"Sullo sfondo di un Anno Santo c’è sempre un pellegrinaggio, breve o lungo che sia, a sottolineare la condizione peregrinante di ogni essere umano, che il cristiano ricorda in tale circostanza, anche a chi non è credente". Dicevo così lo scorso 26 agosto, intervenendo al Meeting di Rimini, e sono lieto di poterlo ripetere oggi, alla presenza degli organizzatori della medesima manifestazione, che costituisce un’occasione unica per conoscere i primi secoli di vita del cristianesimo e, quindi, anche un importante motivo di pellegrinaggio alle tombe dei due apostoli Pietro e Paolo. Questo pellegrinaggio è divenuto popolare con l’istituzione del Giubileo, ma era già praticato sin dagli albori del culto cristiano, come testimoniano le centinaia di commoventi preghiere, graffite dai primi cristiani di Roma sulle pareti della "memoria degli Apostoli", tuttora visibili nelle Catacombe di San Sebastiano.
Da tempo il Meeting di Rimini - uno degli appuntamenti più attesi e più frequentati del mondo cattolico italiano - organizza apprezzate mostre capaci di esprimere, con la forza visiva dell’arte sacra di differenti epoche e paesi, la spiritualità e la bellezza del cristianesimo. E quest’anno - l’anno del Grande Giubileo - la scelta non poteva che essere quella di tornare alle fonti stesse della Chiesa. Offrendo a tutti l’opportunità di affiancare al pellegrinaggio fisico alla Roma moderna e all’incontro con l’attuale successore di Pietro un pellegrinaggio della memoria nella Chiesa dei primi testimoni della fede ed un contatto diretto con Pietro e con Paolo. Essenziale occasione per approfondire il significato spirituale della presenza del pellegrino - ma direi pure di qualsiasi visitatore - a Roma. Una città che a Pietro e Paolo deve praticamente tutto: senza il messaggio dei due apostoli la sua storia si sarebbe fermata alla fine dell’Impero romano, né si potrebbero comprendere, senza conoscere Pietro e Paolo, i tanti segni che la Chiesa ha lasciato in ogni via e piazza romana.
Ma ciò di cui stiamo parlando non va ridotto solo ad un viaggio nel passato. Anche se la mostra offre alla visione del pubblico oggetti di tipo archeologico, a me preme sottolineare quanto la presenza di Pietro e di Paolo non sia unicamente una memoria archeologica, ma una realtà viva, che si può toccare con mano, attraverso la Chiesa fondata da loro. Una presenza di cui è facile avvertire la stupefacente continuità, ininterrotta dall’alba del primo millennio fino ai giorni nostri, all’inizio del terzo, e più che mai desiderosa di confrontarsi con le sfide del futuro. Anche questa mostra, allora, diventa uno dei tanti segni che - particolarmente in questo anno giubilare - dimostrano la vitalità della Chiesa poggiata sull’autorevolezza del ministero di Pietro ed sul dinamismo di quello di Paolo. Essi continuano ad annunciare il Vangelo alle genti attraverso la successione apostolica e l’attività missionaria di quanti hanno deciso di seguire la strada tracciata dagli apostoli. E come non si può compiere un vero pellegrinaggio a Roma senza la volontà di una conversione, così non si può andare alla ricerca di Pietro e di Paolo, visitando questa esposizione, senza confrontarsi con la loro parola, la loro Chiesa ed il loro Giubileo.
Significativa di questa vitalità della presenza di Pietro, che si concretizza nella persona del suo Successore, è la tradizionale espressione dei pellegrini che, soprattutto in occasione dei giubilei, vengono a Roma per "vedere Pietro".
Una mostra viva, dunque, specchio di una Chiesa e di un Giubileo altrettanto vivi perché traggono la loro linfa vitale da radici cristiane profonde, piantate dagli apostoli ed irrigate con il sangue dei martiri, da Pietro e Paolo fino ai testimoni della fede del secolo appena concluso.
[01226-01.01] [Testo originale:italiano]
● INTERVENTO DI S.E. MONS. STANISŁAW RYŁKO
All’inizio della presentazione della mostra Pietro e Paolo. La storia, il culto, la memoria nei primi secoli – che costituirà uno degli eventi più significativi dell’anno del Grande Giubileo a Roma – mi pare utile ricordare le origini di questa iniziativa del Pontificio Consiglio per i Laici.
Questa esposizione si iscrive nel contesto della serie di mostre d’arte cristiana, di archeologia e di storia della Chiesa promosse dal nostro dicastero, da alcuni anni a questa parte, in occasione delle Giornate Mondiali della Gioventù e realizzate, sotto la guida instancabile del Dott. Marcello Bedeschi, dalla Fondazione Gioventù Chiesa Speranza in collaborazione con i Musei Vaticani, la Biblioteca Vaticana e la Fabbrica di San Pietro.
Il nostro punto di partenza è stata la convinzione profonda che l’arte e i vari tipi di reperti dell’archeologia e della storia cristiana non solo sono uno straordinario veicolo di esperienze estetiche e di conoscenze storiche, ma – se esposti, illustrati e letti in modo appropriato – diventano pure esperienza profonda di fede e strumento assai efficace di evangelizzazione. Nella Lettera agli artisti il Papa lo spiega magistralmente, scrivendo che «la bellezza è cifra del mistero e richiamo al trascendente» e suscita un’«arcana nostalgia di Dio» (n. 16). Perciò – sottolinea il Pontefice, citando Padre Marie Dominique Chenu – essa non va considerata soltanto come illustrazione del Mistero, ma come «vero luogo teologico» (n. 11).
Il successo delle mostre già organizzate ha confermato pienamente la convinzione dalla quale siamo partiti. La prima, intitolata Duemila anni: arte e cultura in Vaticano e in Italia, è stata realizzata a Denver, negli Stati Uniti, nei mesi di luglio e agosto 1993. È poi seguita l’esposizione allestita a Manila, nelle Filippine, dal mese di novembre 1994 al mese di febbraio 1995 sul tema E vennero da lontano. 2000 anni di tesori vaticani. E, infine, la mostra Pietro e Roma: venti secoli di slancio creativo, ospitata dall’Hotel de Ville di Parigi dal mese di luglio al mese di novembre 1997. Oltre a costituire eventi culturali di spicco, queste mostre hanno sempre e soprattutto avuto dimensione di eloquente testimonianza della sete di messaggi di fede più profondi. A provarlo è l’interesse del massiccio numero di persone – giovani e meno giovani – che le hanno visitate nei periodi della loro apertura, che andavano ben oltre la stretta durata delle Giornate Mondiali della Gioventù. Comune denominatore di queste esposizioni, la figura di Pietro e il suo ministero nella Chiesa che, sempre nei grandi raduni dei giovani attorno al Papa, tornano a splendere in tutta la loro vividezza.
Ed eccoci alla quindicesima Giornata Mondiale della Gioventù, che si svolgerà a Roma il prossimo mese di agosto, nel contesto del Grande Giubileo dell’Anno 2000, un anno nel quale non poteva certo mancare questa proposta. A motivo degli impegni giubilari del Pontificio Consiglio per i Laici e della Fondazione Gioventù Chiesa Speranza, questa volta però non avremmo potuto farci carico, come in passato, della realizzazione della mostra. Per il suo allestimento, ci siamo quindi rivolti agli amici dell’associazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, di Rimini, ai quali abbiamo chiesto di poterci avvalere della loro esperienza e della loro perizia. Infatti, da molti anni ormai ogni edizione del Meeting propone ai visitatori mostre estremamente interessanti sia per la forza del messaggio cristiano che esse prospettano, sia per la innovativa "pedagogia" di esposizione adottata. Basti ricordare la straordinaria mostra di qualche anno fa Dalla terra alle genti... La diffusione del cristianesimo nei primi secoli, che metteva in evidenza con maestria l’originalità dell’avvenimento cristiano come fatto realmente accaduto nella storia, e che ha avuto un enorme successo.
Desidero, qui, rinnovare loro la nostra profonda gratitudine per la generosità con la quale hanno risposto alla nostra richiesta e per la serietà dell’impegno profuso nella preparazione di questa importante esposizione. Il nostro grazie va pure ai Musei Vaticani, per la loro preziosa collaborazione, e a tutti coloro che in qualsiasi maniera abbiano contribuito alla realizzazione di questo progetto. Siamo convinti che la mostra Pietro e Paolo. La storia, il culto, la memoria nei primi secoli aiuterà tanti pellegrini, giovani e adulti, italiani e stranieri, a riscoprire la freschezza della fede delle origini del cristianesimo nelle figure vive dei grandi apostoli Pietro e Paolo, colonne della Chiesa, testimoni intrepidi di Cristo Redentore dell’uomo.
[01201-01.01] [Testo originale:italiano]
● INTERVENTO DEL PROF. FRANCESCO BURANELLI
"Io posso mostrare i trofei degli apostoli. Se infatti vorrai recarti al Vaticano o sulla via per Ostia, troverai i trofei di coloro che fondarono questa chiesa". Sono le parole di Gaio, un erudito cristiano che scriveva verso il 200, che trovano riscontro archeologico negli scavi sotto la basilica di S. Pietro. Qui, come è noto, è venuto alla luce un semplice monumento commemorativo, una nicchia con un'edicola addossata a un muro, collocata al di sopra della tomba dell'apostolo, databile verso il 160. Per giudizio unanime questo monumento non è altro che il "trofeo" di Pietro, il ricordo del martirio subito nel 64 durante la persecuzione di Nerone, che Gaio chiama appunto trofeo in quanto il martirio era inteso come vittoria sul peccato e sulla morte. Un simile monumento doveva sorgere anche sulla tomba di Paolo, nel luogo dove ora sorge la sua basilica.
L'antico testo appena citato ci dà non solo un'informazione di carattere storico e monumentale di inestimabile valore, ma anche un'importante chiave di lettura. La chiesa di Roma, infatti, considerava suo fondamento i due Apostoli che, forse ancor più di quanto non si faccia oggi, venivano visti come complementari, come due facce cioè dell'universalità della Chiesa e della particolare vocazione della chiesa romana.
Scegliere i due apostoli come soggetto di una mostra è sembrato, dunque, il modo migliore per dare un contributo significativo in ambito culturale alle manifestazioni dell'Anno Santo e per favorire la riscoperta delle radici profonde del Giubileo e del pellegrinaggio a Roma, sottolineandone le sue origini storiche e le motivazioni tutt'oggi vitali.
Questa intenzione spiega anche il sottotitolo della mostra: "La storia, il culto, la memoria". Il percorso espositivo, infatti, vuole guidare il visitatore anzitutto attraverso un'ambientazione storica delle origini della chiesa di Roma. Gli studi più recenti, infatti, hanno sottolineato da un lato i motivi di legame che esistevano tra la prima comunità e la cultura giudaica di cui una significativa rappresentanza si trovava a Roma già prima della nascita di Cristo. Dall'altro tali studi hanno approfondito la complessità del contesto spirituale e culturale in cui la comunità cristiana si muove, soprattutto nel periodo tra il III e il V secolo, a cavallo cioè dell'età di Costantino, quando i Cristiani possono finalmente godere della libertà di culto.
Questo è anche il momento storico in cui la comunità cristiana inizia a lasciare apprezzabili tracce della sua struttura, del suo linguaggio artistico, della sua liturgia, non solo documentate attraverso le fonti scritte, ma anche attraverso i reperti archeologico. Sono gli anni, infatti, in cui nasce l'arte paleocristiana e, sotto Costantino, è anche il momento in cui vengono costruite le prime grandi basiliche romane. Dall'incontro delle tradizioni costruttive romane con le esigenze della liturgia nasce una nuova forma architettonica che così profondamente avrebbe segnato la nostra cultura, quella della basilica cristiana.
Sui monumenti figurati appare l'iconografia dei due santi: la più precoce è comprensibilmente - quella di Pietro, che appare a Roma per la prima volta sul famoso sarcofago di Giona dei Musei Vaticani, al principio del IV secolo, all'incirca negli stessi anni in cui Costantino costruiva in Vaticano la grande basilica sulla tomba dell'apostolo. Nella seconda metà dello stesso secolo verrà fissata anche l'iconografia di Paolo, per lo più raffigurato in coppia con Pietro, ma con tratti più decisamente filosofici.
L'immagine dei due apostoli abbracciati, o semplicemente dei loro due volti affrontati, diventa in quel periodo un segno immediato e ben comprensibile di quella unità che la Chiesa ricercava con determinazione nonostante le tensioni tra impero d'oriente e d'occidente sul piano politico e, ancor più, quelle dottrinarie e teologiche. Un segno che l'attuale Giubileo ripropone con gesti e forme nuove, ma con la stessa passione degli antichi padri.
[01231-01.01] [Testo originale:italiano]
● INTERVENTO DEL PROF. FABRIZIO BISCONTI
Il Pontificio Consiglio per i Laici, con l’Alto Patronato dell’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra ha promosso e suggerito al Meeting per l’Amicizia fra i popoli l’organizzazione di una mostra sulle origini cristiane della comunità romana, con l’intenzione di riprendere e puntualizzare l’iniziativa che ebbe tanto successo alcuni anni orsono, ovvero la mostra "Dalla terra alle genti", che in forma didattica sta ancora girando il mondo.
Alcuni ideatori di quell’iniziativa, Elena Cavalcanti, Paolo Liverani, Angela Donati, Giovanni Gentili, insieme a chi vi parla cominciarono a riflettere sulla nuova mostra che avrebbe dovuto essere allestita a Roma per il Giubileo. L’impresa sembrava audace e i tempi – nemmeno due anni orsono – sembravano stretti, né parve opportuno riprendere, nelle grandi linee, l’iniziativa riminese del 1996, non solo e non tanto per la difficoltà nel recuperare materiali che – durante il Giubileo – erano diventati ambiti e inamovibili, ma soprattutto perché un’esposizione tanto riuscita non meritava un’edizione rivista e corretta". Tutti i curatori desiderarono che l’idea dell’esposizione "Dalla terra alle genti" rimanesse definita e conchiusa nella versione riminese, così riuscita e fortunata.
Spostammo la nostra attenzione verso un tema più circoscritto e puntuale, relativamente alle origini del Cristianesimo a Roma e, segnatamente, indirizzammo i nostri interessi verso le "massime colonne" della chiesa romana primitiva, che, secondo quanto ricorda Clemente romano "hanno sofferto la persecuzione e hanno combattuto sino alla morte… Pietro che, per ingiusta gelosia ha sofferto il martirio ed è salito alla gloria di Dio e Paolo che, per stessa ragione, fu gettato sette volte in prigione, bandito, lapidato… ma che, poi, ricevette la ricompensa della sua fede".
Pietro e Paolo dunque, osservati nella dinamica della loro evangelizzazione, del loro pensiero, del loro approdo a Roma, della loro morte, del culto inarrestabile e insopprimibile che dalle loro tombe si mosse per la città e da lì per tutto l’Orbis Christianus Antiquus. Un progetto delicato e suggestivo che subito ci ha impegnato scientificamente e spiritualmente.
All’iniziativa aderirono i Musei Vaticani che insieme al Meeting di Rimini accolsero l’invito del Pontificio Consiglio per i Laici e iniziarono ad accarezzare l’idea di organizzare la mostra in quegli ambienti sotterranei del Palazzo della Cancelleria che l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica stava restaurando, dopo i lunghi lavori seguiti alle fortunate campagne di scavo che avevano riportato alla luce i resti della basilica titolare di S. Lorenzo in Damaso.
La coincidenza sembrò subito significativa, perché ci accompagnava verso l’attività e la personalità del papa Damaso, del pontefice agiografo che compose uno degli epigrammi più commoventi sul culto che la comunità romana del IV secolo praticava al III miglio della via Appia, dove era situata una delle più belle basiliche del suburbio, in onore alla memoria congiunta di Pietro e di Paolo. "Tu che vai cercando i nomi di Pietro e Paolo – scrive appunto il papa Damaso – devi sapere che i santi furono qui in passato. Questi apostoli ce li mandò l’Oriente, volentieri lo riconosciamo; ma in virtù del martirio (seguendo Cristo per le stelle giunsero nelle regioni celesti e nel regno dei giusti). Roma ebbe il privilegio di rivendicarli suoi cittadini. Questo voleva dire Damaso in vostra lode, o nuove stelle".
Questi versi, redatti alla fine del IV secolo, ci parlano di una devozione larga, popolare, incondizionata per i principi degli apostoli, che abbracciava tutta la comunità: dagli imperatori e, segnatamente, da Costantino che commissionò subito dopo la pace le monumentali basiliche dell’Ostiense e del Vaticano, ma anche la singolare memoria apostolorum, ai cristiani ordinari che ben presto cominciarono a frequentare come pellegrini le tre sedi del culto, lasciando il segno del loro passaggio con la testimonianza tangibile della loro fede espressa dai graffiti devozionali. "Pietro e Paolo pregate per Vittore" recita uno dei 600 graffiti ancora leggibili nella triclia di S. Sebastiano. Questi espliciti ed eloquenti riferimenti al culto per Pietro e Paolo che abbiamo voluto anche esporre, sia pure, con due esigui frammenti – ci hanno suggerito il percorso che i visitatori della mostra potranno seguire.
Un percorso che viene da lontano ed inizia con i viaggi tormentati, ma ricchi di incontri e di gesti che avrebbero portato alla evangelizzazione del Mediterraneo. E poi l’approdo a Roma, in una città calata in un’atmosfera complessa, multietnica e multireligiosa. La mostra, che oggi presentiamo, prende proprio avvio da quest’atmosfera, evidenziandone la polivalenza religiosa, soffermandosi prima sugli aspetti della comunità giudaica con la quale si confrontarono Pietro e Paolo al loro arrivo e poi con il variegato Pantheon romano della tarda antichità. Lucerne, lapidi, vetri dorati e sarcofagi, provenienti dalle catacombe giudaiche di Roma corredano la prima sezione, mentre in un secondo settore alcuni monumentali sarcofagi ci parlano di un oltremondo neutro, reso con luoghi ameni ed idillici, dove la pace paradisiaca è profetizzata, annunciata. Il sarcofago inedito con scene pastorali da Priscilla, quello di Valerianus, con situazioni agro-pastorali, quello infantile dai Musei Vaticani con la raffigurazione delle isole dei beati disegnano un aldilà felice, desiderato, che si allinea perfettamente con l’eden concepito dai primi cristiani.
Le due successive sezioni sviluppano rispettivamente i temi della storia e dell’iconografia dei principi degli apostoli, soffermandosi anche su quegli episodi tramandati dagli scritti apocrifi, come il miracolo della fonte e l’arresto di Pietro o la decollatio Pauli, che compaiono nei preziosi e celebri sarcofagi vaticani: da quello di Giona a quelli di passione. Ma non mancano le scene canoniche, come quella significativa del ter negabis che appare in rilievi ed avori e ci parla del perdono che i lapsi richiedevano per essere riammessi nella comunità dopo le grandi persecuzioni. I vetri dorati dei Musei Vaticani con le immagini dei principi degli apostoli affrontati e un avorio di Castellammare di Stabia, con l’abbraccio tra Pietro e Paolo, suggeriscono l’esistenza di manifesti politico - religiosi che dovevano svilupparsi nei grandi scenari iconografici degli edifici di culto.
Mentre nella sezione iconografica trovano posto molti piccoli capolavori (la statuetta bronzea di Cornus, le lampade figurate del Museo Archeologico di Firenze, alcune pregiate ampolle argentee, le icone lignee dei Musei Vaticani, la pisside eburnea di Pesaro, il vaso argenteo di Emesa, lo splendido cofanetto di Salonicco, due nuovi rilievi dalle catacombe di S. Callisto), nell’ultima sezione si sviluppa il commovente tema del culto, con i materiali rinvenuti presso la tomba di Pietro, i ritratti dell’apostolo e di papa Siricio dalla basilica leoniana di S. Paolo f.l.m., le iscrizioni incise e musive che ricordano il culto per i due martiri per eccellenza. In quest’ambito saranno anche ricostruite, attraverso tre plastici molto dettagliati, le tre basiliche costantiniane del Vaticano, dell’Ostiense e della Via Appia.
L’iniziativa si inquadra perfettamente nel piano della nuova evangelizzazione a cui il Santo Padre ha dato impulso e sostanza, proprio in occasione del Grande Giubileo del 2000. Ripercorrendo l’itinerario umano, spirituale e cultuale dei principi degli apostoli, il pellegrino dell’Anno Santo, può venire a contatto con la fede urgente ed essenziale della chiesa romana della prima ora, quella che, seguendo la testimonianza di Pietro e Paolo, si strutturò e diffuse in tutto il mondo allora conosciuto.
[01207-01.01] [Testo originale:italiano]