NOTA STORICO-LITURGICA DELL’UFFICIO DELLE CELEBRAZIONI LITURGICHE ● ICONA DEL SS.MO SALVATORE IN PIAZZA SAN PIETRO PER LA MESSA DI PASQUA
Un'antica tradizione rinnovata
L'annuale celebrazione dell'Eucaristia presieduta dal Santo Padre il giorno di Pasqua in piazza S. Pietro riveste quest'anno una importanza tutta particolare, non solo per il gran numero di pellegrini che in occasione del grande Giubileo del 2000 giungono a Roma da tutti i continenti per celebrare con il successore di Pietro la Pasqua che apre al nuovo Millennio, ma anche per la presenza dell'icona del SS.mo Salvatore (Acheropíta). Si tratta di un'antica tradizione di origine medioevale fatta rivivere in quest'anno giubilare nello spirito della riforma liturgica del Concilio Vaticano II.
All'inizio della Eucaristia, in mezzo ai fiori multicolori che adornano il luogo della celebrazione quasi ad evocare il giardino della risurrezione e la tomba vuota, il diacono, davanti alla icona del SS.mo Salvatore, annuncia la risurrezione rivolto all'assemblea e, successivamente, rivolto verso il Papa annuncia l'apparizione del Signore risorto a Pietro.
Il rito, nella sua sobrietà, riveste un profondo significato teologico.
L'icona del SS.mo Salvatore nella liturgia romana
Nel secolo dodicesimo, secondo una antica tradizione, il Vescovo di Roma faceva precedere la processione, che da San Giovanni al Laterano l'avrebbe portato a S. Maria Maggiore per cantare la Messa solenne del mattino di Pasqua, da una sosta nell'Oratorio di S. Lorenzo al Laterano (oggi Santuario della Scala Santa). L'Oratorio, chiamato ancora oggi comunemente Sancta Sanctorum, era considerato uno dei luoghi più sacri della città di Roma: in esso era venerata una insigne reliquia della S. Croce e si custodiva, come al presente, l'icona acheropíta (non dipinta da mano d'uomo) del SS.mo Salvatore.
L'icona, probabilmente portata a Roma dall'oriente, e già ricordata nel Liber Pontificalis nelle note biografiche di Papa Stefano III (752-757), riproduce l'immagine completa del Salvatore seduto in trono, dipinta su tela applicata sopra una tavola di legno delle dimensioni di m. 1,52 per 70 cm. circa. L'icona è stata restaurata più volte, l'ultimo restauro è del 1995-96. L'unica parte del Cristo che oggi si vede è il Volto del Signore dipinto su un velo serico aggiunto sopra l’originale. Tutto il resto è coperto da una lamina d'argento.
II culto dell'icona del SS.mo Salvatore, a differenza di quello del velo della Veronica, conservato nella Basilica Vaticana, o di altre antiche icone romane, è l'unico entrato nelle celebrazioni ufficiali della liturgia romana: lo attestano il Liber Politicus (Ordo Romanus XI) cerimoniale scritto nel 1143-1144 e il Liber Censuum Romanca Ecclesiae (Ordo Romanus XII) redatto intorno al 1192 da Cencio Camerario, il futuro Papa Onorio III.
Questi cerimoniali non solo attestano la processione dell'acheropíta che si svolgeva nella notte dell'Assunta, ma anche il culto riservato all'icona durante la Settimana Santa.
Il rituale del XIII secolo
La mattina di Pasqua, il Papa, vestito con abiti pontificali, entrato nel Sancta Sanctorum, venerava e baciava per tre volte i piedi della icona aprendo i piccoli sportelli d'argento che li coprivano (gli sportelli sono oggi sigillati), quindi cantava il versetto: "Surrexit Dominus de sepulcro, alleluia" e l’assemblea rispondeva: "Qui pro nobis pependit in ligno, alleluia". Veniva portata sull'altare anche la Croce, riposta il Venerdì Santo, che il Papa ugualmente venerava.
Dopo il Papa tutti i membri del seguito papale veneravano l'icona e la Croce e s'accostavano quindi al Sommo Pontefice per il bacio di pace. Il Papa augurava la pace dicendo il versetto: Surrexit Dominus vere a cui ciascuno rispondeva: Et apparuit Simoni. Nel frattempo la schola cantava alcune antifone. Terminate queste sequenze rituali si formava il corteo papale lungo via Merulana mentre il Papa veniva informato da un notaio sui battesimi celebrati la notte precedente.
Con il trasporto della sede apostolica in Avignone, il rito del Resurrexit decadde. Al ritorno dei papi a Roma, la statio di Pasqua fu trasferita alla Basilica di San Pietro.
Significato biblico-teologico del rito
Le sequenze rituali ora descritte trovano il loro fondamento e il loro autentico significato nel testo del Vangelo di Luca che descrive lo stupore di Pietro nel vedere il sepolcro vuoto e la attestazione degli Undici che il Signore era davvero risorto ed era apparso a Simone (Lc 24, 12. 34; cf. Gv 20, 3-10). L'apparizione del Risorto a Pietro e agli altri testimoni è il fondamento teologico della fede pasquale (cf At 1, 21-22; 1Cor 15, 3-6).
Anche il Vescovo di Roma, successore di Pietro, incontra il Signore risorto nell'icona del SS.mo Salvatore e, dopo il solenne annuncio della Pasqua nella notte, diventa, nel giorno di Pasqua, il "primo" testimone davanti a tutta la Chiesa dell'evangelo della risurrezione del Signore.
Nella celebrazione della Pasqua del Grande Giubileo del 2000, la Chiesa, mentre ringrazia ed esulta per il bimillenario della Incarnazione del Verbo e per la Redenzione operata da Cristo mediante la sua morte e risurrezione (cf Incarnationis Mysterium, 6), è confermata dal successore di Pietro nella sua fede nel Signore Risorto. Il Vescovo di Roma, dopo aver proclamato la risurrezione del Signore Gesù nella Veglia Pasquale, la attesta e testimonia di fronte all'urbe e all'orbe.
Nello spirito della Riforma liturgica conciliare, è sembrato bene che l'antico rito della testimonianza papale di fronte alla icona del SS.mo Salvatore, opportunamente valorizzato e adattato, potesse rivivere e caratterizzare i riti di introduzione della liturgia festiva del giorno di Pasqua.
- Surrexit Dominus vere, alleluia
- Et apparuit Simoni, alleluia.
[00889-01.01] [Testo originale:italiano]