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MESSAGGIO DEL SANTO PADRE PER LA QUARESIMA 2000, 27.01.2000


"Io sarò con voi sino alla fine dei tempi": questo è il titolo del Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II per la Quaresima 2000.

Pubblichiamo di seguito il testo in lingua originale italiana e la traduzione in varie lingue del Messaggio del Papa:

Testo originale in lingua italiana

Io sarò con voi fino alla fine dei tempi (cfr Mt 28,20)

Fratelli e Sorelle!

1. La celebrazione della Quaresima, tempo di conversione e di riconciliazione, assume in questo anno un carattere del tutto particolare, perché si iscrive nel Grande Giubileo del 2000. Il tempo quaresimale rappresenta infatti il punto culminante di quel cammino di conversione e di riconciliazione che il Giubileo, anno di grazia del Signore, propone a tutti i credenti per rinnovare la propria adesione a Cristo ed annunciare con rinnovato ardore il suo mistero di salvezza nel nuovo millennio. La Quaresima aiuta i cristiani a penetrare più profondamente questo "mistero nascosto da secoli" (Ef 3, 9): li porta a confrontarsi con la Parola del Dio vivente e chiede loro di rinunciare al proprio egoismo per accogliere l'azione salvifica dello Spirito Santo.

2. Eravamo morti per il peccato (cfr Ef 2, 5): così san Paolo descrive la situazione dell'uomo senza Cristo. Ecco perché il Figlio di Dio ha voluto unirsi alla natura umana riscattandola dalla schiavitù del peccato e della morte.

E’ una schiavitù che l’uomo sperimenta quotidianamente, avvertendone le radici profonde nel suo stesso cuore (cfr Mt 7,11). Talora essa si manifesta in forme drammatiche ed inusitate, come è avvenuto nel corso delle grandi tragedie del secolo XX, che hanno profondamente inciso nella vita di tante comunità e persone, vittime di crudele violenza. Deportazioni forzate, eliminazione sistematica di popoli, disprezzo dei diritti fondamentali della persona sono le tragedie che ancora oggi purtroppo umiliano l'umanità. Anche nella vita quotidiana, si manifestano svariate forme di prevaricazione, di odio, di annichilamento dell'altro, di menzogna di cui l'uomo è vittima ed autore. L'umanità è segnata dal peccato. La sua drammatica condizione richiama alla mente il grido allarmato dell’Apostolo delle genti: "Non c'è nessun giusto, nemmeno uno" (Rm 3, 10; cfr Sal 13,3).

3. Di fronte all'oscurità del peccato ed all'impossibilità per l'uomo di liberarsi da solo, appare in tutto il suo splendore l'opera salvifica di Cristo: "Dio lo ha prestabilito a servire come strumento di espiazione per mezzo della fede, nel suo sangue, al fine di manifestare la sua giustizia" (Rm 3, 25). Cristo è l'Agnello che ha preso su di sé il peccato del mondo (cfr Gv 1, 29). Egli ha condiviso l'umana esistenza "fino alla morte e alla morte di croce" (Fil 2,8), per riscattare l'uomo dalla schiavitù del male e reintegrarlo nella sua originaria dignità di figlio di Dio. Ecco il mistero pasquale nel quale siamo rinati! Qui, come ricorda la Sequenza pasquale, "Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello". I Padri della Chiesa affermano che, in Gesù Cristo, il demonio attacca tutta l'umanità e la insidia con la morte, dalla quale però essa viene liberata grazie alla forza vittoriosa della risurrezione. Nel Signore risorto si spezza il potere della morte e all'uomo è offerta la possibilità, mediante la fede, di accedere alla comunione con Dio. A chi crede viene data la vita stessa di Dio, mediante l’azione dello Spirito Santo, "primo dono ai credenti" (Preghiera Eucaristica IV). La redenzione realizzata sulla croce rinnova così l'universo ed attua la riconciliazione tra Dio e l'uomo e degli uomini tra loro.

4. Il Giubileo è il tempo di grazia in cui siamo invitati ad aprirci in maniera particolare alla misericordia del Padre, che nel Figlio si è chinato sull'uomo, ed alla riconciliazione, grande dono di Cristo. Quest’anno, pertanto, deve diventare per i cristiani, ma anche per ogni uomo di buona volontà, un momento prezioso per sperimentare la forza rinnovatrice dell'amore di Dio che perdona e riconcilia. Dio offre la sua misericordia a chiunque la voglia accogliere, anche se lontano e dubbioso. All'uomo di oggi, stanco di mediocrità e di false illusioni, è offerta così la possibilità di intraprendere la via di una vita in pienezza. In tale contesto, la Quaresima dell'Anno Santo 2000 costituisce per eccellenza "il momento favorevole, il giorno della salvezza" (2 Cor 6, 2), l'occasione particolarmente propizia per "lasciarsi riconciliare con Dio" (2 Cor 5, 20).

Durante l'Anno Santo la Chiesa offre varie opportunità di riconciliazione personale e comunitaria. Ogni Diocesi ha indicato dei luoghi speciali, ove i credenti possono recarsi per sperimentare una particolare presenza di Dio riconoscendo alla sua luce il proprio peccato e per intraprendere, grazie al sacramento della Riconciliazione, un nuovo cammino di vita. Un significato particolare riveste il pellegrinaggio in Terra Santa e a Roma, luoghi privilegiati dell'incontro con Dio, per il loro singolare ruolo nella storia della salvezza. Come non incamminarsi, almeno spiritualmente, verso la Terra che, duemila anni or sono, ha visto il passaggio del Signore? Là "il Verbo si è fatto carne" (Gv 1, 14) ed è "cresciuto" in "sapienza, età e grazia" (Lc 2, 52); là "percorreva tutte le città e i villaggi,… predicando il vangelo del Regno e curando ogni malattia e infermità" (Mt 9, 35); là ha portato a compimento la missione affidatagli dal Padre (cfr Gv 19,30) ed ha effuso lo Spirito Santo sulla Chiesa nascente (cfr Gv 20, 22).

Anch'io mi riprometto, proprio nella Quaresima del 2000, di farmi pellegrino nella terra del Signore, alle sorgenti della nostra fede, per celebrarvi il Giubileo bimillenario dell’Incarnazione. Invito ogni cristiano ad accompagnarmi con la preghiera mentre, nelle varie tappe del pellegrinaggio, invocherò il perdono e la riconciliazione per i figli della Chiesa e per l'umanità intera.

5. L'itinerario della conversione conduce a riconciliarsi con Dio e a vivere in pienezza la vita nuova in Cristo. Vita di fede, di speranza e di carità. Queste tre virtù, dette "teologali" perché si riferiscono direttamente a Dio nel suo mistero, sono state oggetto di speciale approfondimento nel triennio di preparazione al Grande Giubileo. La celebrazione dell’Anno Santo richiede ora ad ogni cristiano di vivere e di testimoniare tali virtù in maniera più piena e consapevole.

La grazia del Giubileo spinge innanzitutto a rinnovare la fede personale. Essa consiste nell'adesione all'annuncio del mistero pasquale, attraverso cui il credente riconosce che in Cristo morto e risorto gli è data la salvezza; rimette a lui quotidianamente la propria vita; accoglie quanto il Signore dispone per lui, nella certezza che Dio lo ama. La fede è il "sì" dell'uomo a Dio, il suo "Amen".

Figura esemplare del credente per Ebrei, Cristiani e Musulmani è Abramo: fiducioso nella promessa, egli segue la voce di Dio che lo chiama per sentieri sconosciuti. La fede aiuta a scoprire i segni della presenza amorosa di Dio nella creazione, nelle persone, negli eventi della storia e, soprattutto, nell'opera e nel messaggio di Cristo, spingendo l'uomo a guardare oltre se stesso, oltre le apparenze verso quella trascendenza dove si dischiude il mistero dell'amore di Dio per ogni creatura.

Con la grazia del Giubileo il Signore ci invita, altresì, a ridestare la nostra speranza. In Cristo, infatti, il tempo stesso è redento e si apre ad una prospettiva di gioia senza fine e di comunione piena con Dio. Il tempo del cristiano è segnato dall'attesa delle nozze eterne, anticipate quotidianamente nel banchetto eucaristico. Con lo sguardo rivolto ad esse, "lo Spirito e la sposa dicono: Vieni!" (Ap 22, 17), alimentando la speranza che sottrae il tempo alla pura ripetitività e gli conferisce il suo senso autentico. Con la virtù della speranza, il cristiano testimonia che, al di là di ogni male e di ogni limite, la storia reca in sé un germe di bene che il Signore farà germogliare in pienezza. Egli guarda, pertanto, al nuovo millennio senza paura, ma affronta le sfide e le attese del futuro con la fiduciosa certezza che nasce dalla fede nella promessa del Signore.

Con il Giubileo il Signore ci chiede, infine, di riaccendere la nostra carità. Il Regno, che Cristo manifesterà nel suo pieno splendore alla fine dei tempi, è già presente là dove gli uomini vivono secondo la volontà di Dio. La Chiesa è chiamata a testimoniare la comunione, la pace e la carità che lo contraddistinguono. In questa missione, la comunità cristiana sa che la fede senza le opere è morta (cfr Gc 2, 17). Così, mediante la carità, il cristiano rende visibile l'amore di Dio per gli uomini rivelato in Cristo e rende manifesta la sua presenza nel mondo "fino alla fine dei tempi". La carità per il cristiano non è soltanto un gesto, o un ideale, ma è, per così dire, il prolungamento della presenza di Cristo che dona se stesso.

In occasione della Quaresima, tutti - ricchi o poveri - sono invitati a rendere presente l'amore di Cristo con generose opere di carità. In quest'anno giubilare la nostra carità è chiamata, in modo particolare, a manifestare l'amore di Cristo ai fratelli che mancano del necessario per vivere, a quanti sono vittime della fame, della violenza e dell'ingiustizia. E' questo il modo per attualizzare le istanze di liberazione e di fraternità già presenti nella Sacra Scrittura, che la celebrazione dell'Anno Santo ripropone. L'antico giubileo ebraico, infatti, esigeva di liberare gli schiavi, di rimettere i debiti, di soccorrere i poveri. Oggi nuove schiavitù e più drammatiche povertà colpiscono moltitudini di persone, specie in Paesi del cosiddetto Terzo Mondo. E' un grido di dolore e di disperazione che deve trovare attenti e disponibili quanti intraprendono il cammino giubilare. Come possiamo chiedere la grazia del Giubileo se siamo insensibili alle necessità dei poveri, se non ci impegniamo a garantire a tutti i mezzi necessari per vivere dignitosamente?

Possa il millennio che inizia essere un'epoca nella quale finalmente l’appello di tanti uomini, nostri fratelli, che non possiedono il minimo per vivere, trovi ascolto e fraterna accoglienza. Auspico che i cristiani, ai diversi livelli, si facciano promotori di iniziative concrete per assicurare un’equa distribuzione dei beni e la promozione umana integrale per ciascun individuo.

6. "Io sarò con voi fino alla fine dei tempi". Queste parole di Gesù ci assicurano che nell'annunciare e vivere il vangelo della carità non siamo soli. Anche in questa Quaresima dell'Anno 2000 Egli ci invita a tornare al Padre, che ci aspetta con le braccia aperte, per trasformarci in segni viventi ed efficaci del suo amore misericordioso.

A Maria, Madre di ogni sofferente e Madre della divina Misericordia, affidiamo le nostre intenzioni ed i nostri propositi. Sia Lei la stella luminosa del nostro cammino nel nuovo millennio.

Con tali auspici, invoco su tutti la benedizione di Dio, Uno e Trino, principio e fine di tutte le cose, al quale "fino alla fine dei tempi" si eleva l'inno di benedizione e di lode: "Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a Te, Dio Padre onnipotente, nell'unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Amen".

Da Castel Gandolfo, 21 settembre 1999.

IOANNES PAULUS II

[00241-01.] [Testo originale:italiano]

Traduzione in lingua francese

"Et moi, je suis avec vous tous les jours jusqu’à la fin du monde" (Mt 28, 20)

Frères et Sœurs ,

1. La célébration du Carême, temps de conversion et de réconciliation, prend cette année un caractère tout à fait particulier, parce qu’elle s’inscrit dans le grand Jubilé de l’An 2000. Le temps du Carême représente en effet le point culminant de ce chemin de conversion et de réconciliation que le Jubilé, année de grâce du Seigneur, propose à tous les croyants pour renouveler leur adhésion au Christ et pour annoncer avec une ardeur renouvelée son mystère de salut au cours du nouveau millénaire. Le Carême aide les chrétiens à pénétrer plus profondément ce "mystère tenu caché depuis toujours" (Ep 3, 9) : il les conduit à s’examiner à la lumière de la Parole du Dieu vivant et il leur demande de renoncer à leur égoïsme pour accueillir l’action salvifique du Saint Esprit.

2. "Nous étions morts par suite de nos fautes" (Ep 2, 5) : c’est ainsi que saint Paul décrit la situation de l’homme sans le Christ. Voilà pourquoi le Fils de Dieu a voulu s’unir à notre nature humaine, la rachetant de l’esclavage du péché et de la mort.

C’est un esclavage dont l’homme fait l’expérience quotidiennement, en en ressentant profondément les racines dans son cœur même (cf. Mt 7, 11). Parfois, il se manifeste de façon dramatique et inédite, comme ce fut le cas au cours des grandes tragédies du XXe siècle qui ont profondément marqué la vie de tant de communautés et de personnes, victimes de violences cruelles. Les déportations forcées, l’élimination systématique de peuples, le mépris des droits fondamentaux de la personne, sont des tragédies qui, aujourd’hui encore, humilient malheureusement l’humanité. Même dans la vie quotidienne, se manifestent diverses formes d’injustice, de haine, d’anéantissement de l’autre, de mensonge, dont l’homme est victime et auteur. L’humanité est marquée par le péché. Sa condition dramatique rappelle le cri alarmant de l’Apôtre des Nations : "Il n’y a pas un juste, pas même un seul" (Rm 3, 10; cf. Ps 13, 3).

3. Face à l’obscurité du péché et à l’impossibilité pour l’homme de se libérer par lui-même, l’œuvre de salut du Christ apparaît dans toute sa splendeur : "Dieu a exposé le Christ sur la croix afin que, par l’offrande de son sang, il soit le pardon pour ceux qui croient en lui. Ainsi Dieu voulait manifester sa justice" (Rm 3, 25). Le Christ est l’Agneau qui a pris sur lui le péché du monde (cf. Jn 1, 29). Il a partagé l’existence humaine "jusqu’à mourir et à mourir sur une croix" (Ph 2, 8) pour racheter l’homme de l’esclavage du mal et le réintégrer dans sa dignité originelle de fils de Dieu. Tel est le mystère pascal dans lequel nous sommes renés ! En lui, comme le rappelle la Séquence de Pâques, "la mort et la vie s’affrontèrent en un duel prodigieux". Les Pères de l’Église affirment que, en Jésus Christ, le démon attaque toute l’humanité et brandit contre elle la menace de la mort dont elle est libérée par la force victorieuse de la Résurrection. Dans le Seigneur ressuscité, le pouvoir de la mort a été brisé et la possibilité est offerte à l’homme, à travers la foi, d’accéder à la communion avec Dieu. À celui qui croit, la vie même de Dieu est donnée, par l’action de l’Esprit Saint, "premier don fait aux croyants" (Prière eucharistique IV). La rédemption accomplie sur la croix renouvelle ainsi l’univers et réalise la réconciliation entre Dieu et l’homme, et des hommes entre eux.

4. Le Jubilé est le temps de grâce où nous sommes invités à nous ouvrir de manière particulière à la miséricorde du Père qui, dans le Fils, s’est penché sur l’homme, et à la réconciliation, don immense du Christ. Cette année doit donc devenir pour les chrétiens, et aussi pour les hommes de bonne volonté, un moment favorable pour faire l’expérience de la force régénérante de l’amour de Dieu, qui pardonne et qui réconcilie. Dieu offre sa miséricorde à quiconque veut l’accueillir, même s’il en est éloigné et s’il doute. À l’homme d’aujourd’hui, las de tant de médiocrité et de fausses illusions, est ainsi offerte la possibilité de s’engager sur la voie d’une vie en plénitude. Dans ce contexte, le Carême de l’Année Sainte 2000 constitue par excellence "le moment favorable, le jour du salut" (2 Co 6, 2), l’occasion particulièrement propice pour "se laisser réconcilier avec Dieu" (2 Co 5, 20).

Pendant l’Année Sainte, l’Église offre différentes occasions de réconciliation personnelle et communautaire. Chaque diocèse a désigné des lieux spéciaux où les croyants peuvent se rendre pour faire l’expérience d’une présence particulière de Dieu, en reconnaissant à sa lumière son propre péché, et pour s’engager, grâce au sacrement de la Réconciliation, sur un nouveau chemin de vie. Le pèlerinage en Terre Sainte et à Rome, lieux privilégiés de rencontre avec Dieu, prend un relief particulier, en raison du rôle singulier que ces lieux ont eu dans l’histoire du salut. Comment ne pas se mettre en route, au moins spirituellement, vers la Terre qui, il y a deux mille ans, a vu le passage du Seigneur ? Là, "le Verbe s’est fait chair" (1 Jn 1, 14) et "il a grandi en sagesse, en taille et en grâce" (Lc 2, 52) ; là, "il parcourrait toutes les villes et les villages, ... proclamant la Bonne Nouvelle du Royaume et guérissant toute maladie et toute infirmité" (Mt 9, 35); là, il a porté à son accomplissement la mission confiée par le Père (cf. Jn 19, 30) et il a répandu l’Esprit Saint sur l’Église naissante (cf. Jn 20, 22).

Moi aussi, je me promets, précisément en ce temps de Carême de l’an 2000, d’accomplir le pèlerinage sur la terre du Seigneur, aux sources de notre foi, pour célébrer le Jubilé bimillénaire de l’Incarnation. J’invite tout chrétien à m’accompagner par la prière tandis que, dans les diverses étapes du pèlerinage, j’invoquerai le pardon et la réconciliation pour les fils de l’Église et pour l’humanité tout entière.

5. L’itinéraire de la conversion conduit à se réconcilier avec Dieu et à vivre en plénitude la vie nouvelle dans le Christ : vie de foi, d’espérance et de charité. Ces trois vertus, appelées "théologales" parce qu’elles se réfèrent directement à Dieu dans son mystère, ont été l’objet d’un approfondissement spécial dans les trois années de préparation au grand Jubilé. La célébration de l’Année Sainte demande maintenant à tout chrétien de vivre et de manifester ces vertus plus pleinement et plus consciemment.

La grâce du Jubilé pousse avant tout à renouveler la foi personnelle. Elle consiste à adhérer à l’annonce du mystère pascal, à travers lequel le croyant reconnaît que, dans le Christ mort et ressuscité, le salut lui est donné ; il lui fait quotidiennement don de sa propre vie ; il accueille ce que le Seigneur dispose pour lui, dans la certitude que Dieu l’aime. La foi est le "oui" de l’homme à Dieu, son "Amen".

Abraham est une figure exemplaire du croyant pour les juifs, les chrétiens et les musulmans : confiant dans la promesse, il écoute la voix de Dieu qui l’appelle sur des chemins inconnus. La foi aide a découvrir les signes de la présence amoureuse de Dieu dans la création, chez les personnes, dans les événements de l’histoire et surtout dans l’œuvre et le message du Christ, poussant l’homme à regarder au-delà de lui-même, au-delà des apparences vers la transcendance où s’entrouvre le mystère de l’amour de Dieu pour toute créature.

Par la grâce du Jubilé, le Seigneur nous invite aussi à raviver notre espérance. Dans le Christ en effet, le temps lui-même est racheté et il s’ouvre sur une perspective de joie sans fin et de pleine communion avec Dieu. Le temps du chrétien est caractérisé par l’attente des noces éternelles, anticipées chaque jour dans le banquet eucharistique. Le regard tourné vers elles, "l’Esprit et l’Épouse disent : ‘Viens !’" (Ap 22, 17), nourrissant l’espérance qui soustrait le temps à la simple répétition et lui attribue un sens authentique. Par la vertu d’espérance, le chrétien témoigne que, au-delà de tout mal et de toute limite, l’histoire porte en elle un germe de bien que le Seigneur développera en plénitude. Il regarde donc le nouveau millénaire sans crainte et il fait face aux défis et aux attentes de l’avenir, avec la certitude confiante qui naît de la foi en la promesse du Seigneur.

Enfin, par le Jubilé, le Seigneur nous demande de raviver notre charité. Le Royaume que le Christ manifestera dans sa plénitude à la fin des temps est déjà présent là où les hommes vivent selon la volonté de Dieu. L’Église est appelée à manifester la communion, la paix et la charité qui la caractérisent. Dans cette mission, la communauté chrétienne sait que la foi sans les œuvres est morte (cf. Jc 2, 17). Ainsi, par la charité, le chrétien rend visible l’amour de Dieu pour les hommes, révélé dans le Christ, et il manifeste sa présence dans le monde "jusqu’à la fin des temps". Pour le chrétien, la charité n’est pas seulement un geste ou un idéal; elle est, pour ainsi dire, le prolongement de la présence du Christ qui se donne lui-même.

À l’occasion du Carême, tous - riches ou pauvres - sont invités à rendre présent l’amour du Christ par des actions généreuses de charité. En cette année jubilaire, notre charité est appelée, de façon particulière, à manifester l’amour du Christ à nos frères qui manquent du nécessaire pour vivre, à ceux qui sont victimes de la faim, de la violence et de l’injustice. Tel est le moyen de mettre en pratique les exigences de libération et de fraternité déjà présentes dans l’Écriture Sainte que la célébration de l’Année Sainte propose à nouveau. En effet, l’antique jubilé juif exigeait de libérer les esclaves, de remettre les dettes et de secourir les pauvres. Aujourd’hui, de nouveaux esclavages et des pauvretés plus dramatiques frappent des multitudes de personnes, particulièrement dans les pays du Tiers Monde. C’est un cri de douleur et de désespoir qui doit trouver attention et disponibilité chez ceux qui entreprennent le chemin jubilaire. Comment pouvons-nous demander la grâce du Jubilé si nous sommes insensibles aux nécessités des pauvres, si nous ne nous engageons pas à garantir à tous les moyens nécessaires pour vivre dignement ?

Puisse ce millénaire qui va commencer être une époque dans laquelle finalement l’appel de tant d’hommes, nos frères, qui ne possèdent pas le minimum pour vivre, soit entendu et accueilli fraternellement ! Je souhaite que les chrétiens, à tous les niveaux, se fassent les promoteurs d’initiatives concrètes pour assurer une distribution égale des biens et la promotion humaine intégrale pour chaque individu.

6. "Je suis avec vous jusqu’à la fin des temps". Ces paroles de Jésus nous assurent que, lorsque nous annonçons et vivons l’évangile de la charité, nous ne sommes pas seuls. Dans ce Carême de l’an 2000, également, il nous invite à revenir vers le Père qui nous attend les bras ouverts, pour que nous soyons des signes vivants et efficaces de son amour miséricordieux.

À Marie, Mère de toute souffrance et Mère de la divine Miséricorde, nous confions nos intentions et nos projets. Qu’elle soit l’étoile lumineuse de notre marche dans le nouveau millénaire !

C’est avec ces souhaits que j’invoque sur tous la Bénédiction de Dieu, Un et Trine, principe et fin de toutes choses, vers lequel "jusqu’à la fin des temps" s’élève l’hymne de bénédiction et de louange : "Par Lui, avec Lui et en Lui, à Toi, Dieu le Père tout puissant, dans l’unité du Saint Esprit, tout honneur et toute gloire, pour les siècles des siècles. Amen".

De Castelgandolfo, le 21 septembre 1999.

IOANNES PAULUS II

[00242-03.04] [Texte original:italien]

Traduzione in lingua inglese

I am with you always, to the close of the age (Mt 28:20)

Dear Brothers and Sisters,

1. This year, the celebration of Lent, a time of conversion and reconciliation, takes on a particular character, occurring as it does during the Great Jubilee of the Year 2000. The time of Lent is in fact the culminating point of the journey of conversion and reconciliation which the Jubilee, the year of the Lord’s favour, offers to all the faithful, so that they can renew their fidelity to Christ and proclaim his mystery of salvation with renewed ardour in the new millennium. Lent helps Christians to enter more deeply into this "mystery hidden for ages" (Eph 3:9): it leads them to come face to face with the word of the living God and urges them to give up their own selfishness in order to receive the saving activity of the Holy Spirit.

2. We were dead through sin (cf. Eph 2:5): this is how Saint Paul describes the situation of man without Christ. This is why the Son of God wished to unite himself to human nature, ransoming it from the slavery of sin and death.

This is a slavery which man experiences every day, as he perceives its deep roots in his own heart (cf. Mt 7:11). Sometimes it shows itself in dramatic and unusual ways, as happened in the course of the great tragedies of the twentieth century, which deeply marked the lives of countless communities and individuals, the victims of cruel violence. Forced deportations, the systematic elimination of peoples, contempt for the fundamental rights of the person: these are the tragedies which even today humiliate humanity. In daily life too we see all sorts of forms of fraud, hatred, the destruction of others, and lies of which man is both the victim and source. Humanity is marked by sin. Its tragic condition reminds us of the cry of alarm uttered by the Apostle to the nations: "None is righteous, no, not one" (Rom 3:10; cf. Ps 14:3).

3. In the face of the darkness of sin and man’s incapacity to free himself on his own, there appears in all its splendour the saving work of Christ: "God appointed him as a sacrifice for reconciliation, through faith, by the shedding of his blood, and so showed his justness" (Rom 3:25). Christ is the Lamb who has taken upon himself the sin of the world (cf. Jn 1:29). He shared in human life "unto death, even death on a cross" (Phil 2:8), to ransom mankind from the slavery of evil and restore humanity to its original dignity as children of God. This is the paschal mystery in which we are reborn. Here, as the Easter Sequence says, "Death with life contended, combat strangely ended". The Fathers of the Church affirm that in Christ Jesus, the devil attacks the whole of humanity and ensnares it in death, from which however it is freed through the victorious power of the Resurrection. In the Risen Lord death’s power is broken and mankind is enabled, through faith, to enter into communion with God. To those who believe, God’s very life is given, through the action of the Holy Spirit, the "first gift to those who believe" (Eucharistic Prayer IV). Thus the redemption accomplished on the Cross renews the universe and brings about the reconciliation of God and man, and of people with one another.

4. The Jubilee is the time of grace in which we are invited to open ourselves in a particular way to the mercy of the Father, who in the Son has stooped down to man, and to reconciliation, the great gift of Christ. This year therefore should become, not only for Christians but also for all people of good will, a precious moment for experiencing the renewing power of God’s forgiving and reconciling love. God offers his mercy to whoever is willing to accept it, even to the distant and doubtful. The people of our time, tired of mediocrity and false hopes, are thus given an opportunity to set out on the path that leads to fullness of life. In this context, Lent of the Holy Year 2000 is par excellence "the acceptable time . . . the day of salvation" (2 Cor 6:2), the particularly favourable opportunity "to be reconciled to God" (2 Cor 5:20).

During the Holy Year the Church offers various opportunities for personal and community reconciliation. Each Diocese has designated special places where the faithful can go in order to experience a particular presence of God, by recognizing in his light their own sinfulness, and though the Sacrament of Reconciliation to set out on a new path of life. Particular significance attaches to pilgrimage to the Holy Land and to Rome, which are special places of encounter with God, because of their unique role in the history of salvation. How could we fail to set out, at least spiritually, to the Land which two thousand years ago witnessed the passage of the Lord? There "the Word became flesh" (Jn 1:14) and "increased in wisdom and in stature, and in favour with God and man" (Lk 2:52); there he "went about all the cities and villages . . . preaching the gospel of the Kingdom and healing every disease and every infirmity" (Mt 9:35); there he accomplished the mission entrusted to him by the Father (cf. Jn 19:30) and poured out the Holy Spirit upon the infant Church (cf. Jn 20:22).

I too hope, precisely during Lent of the year 2000, to be a pilgrim in the Holy Land, to the places where our faith began, in order to celebrate the two-thousandth Jubilee of the Incarnation. I invite all Christians to accompany me with their prayers, while I myself, on the various stages of the pilgrimage, shall ask for forgiveness and reconciliation for the sons and daughters of the Church and for all humanity.

5. The path of conversion leads to reconciliation with God and to fullness of new life in Christ. A life of faith, hope and love. These three virtues, known as the "theological" virtues because they refer directly to God in his mystery, have been the subject of special study during the three years of preparation for the Great Jubilee. The celebration of the Holy Year now calls every Christian to live and bear witness to these virtues in a fuller and more conscious way.

The grace of the Jubilee above all impels us to renew our personal faith. This consists in holding fast to the proclamation of the Paschal Mystery, through which believers recognize that in Christ crucified and risen from the dead they have been given salvation. Day by day they offer him their lives; they accept everything that the Lord wills for them, in the certainty that God loves them. Faith is the "yes" of individuals to God, it is their "Amen".

For Jews, Christians and Muslims alike, Abraham is the exemplar of the believer: trusting in the promise, he follows the voice of God calling him to set out on unknown paths. Faith helps us to discover the signs of God’s loving presence in creation, in people, in the events of history and above all in the work and message of Christ, as he inspires people to look beyond themselves, beyond appearances, towards that transcendence where the mystery of God’s love for every creature is revealed.

Through the grace of the Jubilee, the Lord likewise invites us to renew our hope. In fact, time itself is redeemed in Christ and opens up to a prospect of unending joy and full communion with God. For Christians, time is marked by an expectation of the eternal wedding feast, anticipated daily at the Eucharistic table. Looking forward to the eternal banquet "the Spirit and Bride say ‘Come’" (Rev 22:17), nurturing the hope that frees time from mere repetition and gives it its real meaning. Through the virtue of hope, Christians bear witness to the fact that, beyond all evil and beyond every limit, history bears within itself a seed of good which the Lord will cause to germinate in its fullness. They therefore look to the new millennium without fear, and face the challenges and expectations of the future in the confident certainty which is born of faith in the Lord’s promise.

Through the Jubilee, finally, the Lord asks us to rekindle our charity. The Kingdom which Christ will reveal in its full splendour at the end of time is already present where people live in accordance with God’s will. The Church is called to bear witness to the communion, peace and charity which are the Kingdom’s distinguishing marks. In this mission, the Christian community knows that faith without works is dead (cf. Jas 2:17). Thus, through charity, Christians make visible God’s love for man revealed in Christ, and make manifest Christ’s presence in the world "to the close of the age". For Christians, charity is not just a gesture or an ideal but is, so to speak, the prolongation of the presence of Christ who gives himself.

During Lent, everyone — rich and poor — is invited to make Christ’s love present through generous works of charity. During this Jubilee Year our charity is called in a particular way to manifest Christ’s love to our brothers and sisters who lack the necessities of life, who suffer hunger, violence or injustice. This is the way to make the ideals of liberation and fraternity found in the Sacred Scripture a reality, ideals which the Holy Year puts before us once more. The ancient Jewish jubilee, in fact, called for the freeing of slaves, the cancellation of debts, the giving of assistance to the poor. Today, new forms of slavery and more tragic forms of poverty afflict vast numbers of people, especially in the so-called Third World countries. This is a cry of suffering and despair which must be heard and responded to by all those walking the path of the Jubilee. How can we ask for the grace of the Jubilee if we are insensitive to the needs of the poor, if we do not work to ensure that all have what is necessary to lead a decent life?

May the millennium which is beginning be a time when, finally, the cry of countless men and women — our brothers and sisters who do not have even the minimum necessary to live — is heard and finds a benevolent response. It is my hope that Christians at every level will become promoters of practical initiatives to ensure an equitable distribution of resources and the promotion of the complete human development of every individual.

6. "I am with you always, to the close of the age." These words of Jesus assure us that in proclaiming and living the Gospel of charity we are not alone. Once again, during this Lent of the year 2000, he invites us to return to the Father, who is waiting for us with open arms to transform us into living and effective signs of his merciful love.

To Mary, Mother of all who suffer and Mother of Divine Mercy, we entrust our intentions and our resolutions. May she be the bright star on our journey in the new millennium.

With these sentiments I invoke upon everyone the blessings of God, One and Triune, the beginning and the end of all things, to whom we raise "to the close of the age" the hymn of blessing and praise in Christ: "Through him, with him, in him, in the unity of the Holy Spirit, all glory and honour is yours, Almighty Father, for ever and ever. Amen."

From Castel Gandolfo, 21 September 1999

IOANNES PAULUS II

[00246-02.02] [Original text:Italian]

Traduzione in lingua tedesca

Ich werde bei euch sein bis ans Ende der Zeiten (vgl. Mt 28,20)

Liebe Brüder und Schwestern!

1. Die Feier der Fastenzeit als Zeit der Umkehr und Versöhnung erhält in diesem Jahr einen ganz besonderen Charakter, weil sie in das Große Jubiläum des Jahres 2000 fällt. Denn die Fastenzeit stellt den Höhepunkt jenes Weges der Umkehr und Versöhnung dar, den das Jubiläum als Gnadenjahr des Herrn allen Gläubigen anbietet, auf daß sie ihre Zugehörigkeit zu Christus erneuern und sein Heilsmysterium im neuen Jahrtausend mit neuem Eifer verkünden. Die Fastenzeit hilft den Christen, dieses »von Ewigkeit her verborgene Geheimnis« (Eph 3,9) tiefer zu ergründen: sie hält die Christen dazu an, sich mit dem Wort des lebendigen Gottes auseinanderzusetzen, und fordert sie auf, von ihrem Egoismus abzulassen, um das Heilswirken des Heiligen Geistes zu empfangen.

2. Infolge unserer Sünden waren wir tot (vgl. Eph 2,5): So beschreibt der hl. Paulus die Situation des Menschen ohne Christus. Das ist der Grund, warum der Sohn Gottes die menschliche Natur angenommen und sie von der Knechtschaft der Sünde und des Todes erlöst hat.

Der Mensch erlebt tagtäglich diese Knechtschaft, deren tiefste Wurzeln er in seinem eigenen Herzen wahrnimmt (vgl. Mt 7,11). Mitunter erscheint sie in dramatischer, ja befremdender Gestalt, wie dies im Laufe der großen Tragödien des zwanzigsten Jahrhunderts geschehen ist. Diese haben sich tief in das Leben vieler Gemeinschaften und Personen eingegraben, die Opfer grausamer Gewalt geworden sind. Zwangsdeportationen, systematische Vernichtung ganzer Völker, Mißachtung der Grundrechte der menschlichen Person - das sind die Tragödien, die leider auch heute noch die Menschheit erniedrigen. Auch im täglichen Leben treten verschiedene Formen des Machtmißbrauches, des Hasses, der Vernichtung des anderen und der Lüge auf, deren Opfer und Urheber der Mensch ist. Die Menschheit ist von der Sünde gezeichnet. Ihre dramatische Situation läßt uns an den Hilferuf des Völkerapostels denken: »Es gibt keinen, der gerecht ist, auch nicht einen« (Röm 3,10; vgl. Ps 14,3).

3. Gegenüber der Finsternis der Sünde, von der sich der Mensch unmöglich von allein zu befreien vermag, erscheint das Heilswerk Christi in seinem ganzen Glanz: »Ihn hat Gott dazu bestimmt, Sühne zu leisten mit seinem Blut, Sühne, wirksam durch Glauben. So erweist Gott seine Gerechtigkeit« (Röm 3,25). Christus ist das Lamm, das die Sünde der Welt auf sich genommen hat (vgl. Joh 1,29). Er hat die menschliche Existenz geteilt »bis zum Tod, bis zum Tod am Kreuz« (Phil 2,8), um den Menschen von der Knechtschaft des Bösen zu befreien und ihn wieder in seine ursprüngliche Würde als Kind Gottes einzusetzen. Das ist das Ostergeheimnis, in dem wir wiedergeboren werden! »Tod und Leben, die kämpften einen unbegreiflichen Zweikampf«, heißt es in der Ostersequenz. Die Kirchenväter stellen fest, in Jesus Christus greife der Satan die ganze Menschheit an und bedrohe sie mit dem Tod, von dem sie allerdings durch die siegreiche Kraft der Auferstehung befreit werde. Im auferstandenen Herrn zerbricht die Macht des Todes, und dem Menschen wird durch den Glauben die Möglichkeit geboten, zur Gemeinschaft mit Gott zu gelangen. Dem Glaubenden wird durch das Wirken des Heiligen Geistes, der »ersten Gabe für alle, die glauben« (Viertes Eucharistisches Hochgebet), das Leben Gottes selbst geschenkt. Die am Kreuz vollbrachte Erlösung erneuert so die Welt und verwirklicht die Versöhnung zwischen Gott und dem Menschen und der Menschen untereinander.

4. Das Jubiläumsjahr ist die Gnadenzeit, in der wir eingeladen sind, uns in besonderer Weise dem Erbarmen des Vaters, der sich im Sohn zum Menschen hinabgebeugt hat, und der Versöhnung, dem großen Geschenk Christi, zu öffnen. Dieses Jahr soll daher für die Christen, aber auch für jeden Menschen guten Willens zu einer wertvollen Zeit werden, in der sie die erneuernde Kraft der Liebe Gottes erfahren, die verzeiht und versöhnt. Gott bietet seine Barmherzigkeit jedem an, der sie anzunehmen bereit ist, auch dem Fernstehenden und Zweifelnden. Dem heutigen Menschen, der Mittelmäßigkeit und falsche Illusionen satt hat, wird so die Möglichkeit geboten, den Weg eines erfüllten Lebens einzuschlagen. In diesem Zusammenhang stellt die Fastenzeit des Heiligen Jahres 2000 »die Zeit der Gnade, den Tag der Rettung« (2 Kor 6,2) dar, die besonders günstige Gelegenheit, um »sich mit Gott versöhnen zu lassen« (2 Kor 5,20).

Während des Heiligen Jahres bietet die Kirche verschiedene Möglichkeiten zu persönlicher und gemeinschaftlicher Versöhnung an. Jede Diözese hat spezielle Orte ausgewiesen, wohin die Gläubigen sich begeben können. Dort sollen sie in besonderer Weise die Gegenwart Gottes erleben, indem sie in seinem Licht ihre eigene Schuld erkennen, und durch das Sakrament der Versöhnung einen neuen Lebensweg einschlagen. Eine besondere Bedeutung kommt der Pilgerfahrt ins Heilige Land und nach Rom zu: sie sind durch ihre einzigartige Rolle in der Heilsgeschichte bevorzugte Orte der Gottesbegegnung. Sollte man sich nicht wenigstens geistig auf den Weg in das Land machen, das vor zweitausend Jahren den Herrn vorübergehen sah? Dort »ist das Wort Fleisch geworden« (Joh 1,14) und »wuchs heran« und »seine Weisheit nahm zu« (Lk 2,52); dort »zog er durch alle Städte und Dörfer..., verkündete das Evangelium vom Reich und heilte alle Krankheiten und Leiden« (Mt 9,35); dort hat er die ihm vom Vater übertragene Sendung vollendet (vgl. Joh 19,30) und über die entstehende Kirche den Heiligen Geist ausgegossen (vgl. Joh 20,22).

Auch ich nehme mir vor, mich in der Fastenzeit des Jahres 2000 als Pilger in das Land des Herrn, zu den Quellen unseres Glaubens zu begeben, um dort das zweitausendjährige Jubiläum der Menschwerdung Gottes zu feiern. Ich lade jeden Christen ein, mich mit seinem Gebet zu begleiten, während ich auf den verschiedenen Etappen der Pilgerfahrt für die Söhne und Töchter der Kirche und für die ganze Menschheit Vergebung und Versöhnung erflehen werde.

5. Der Weg der Umkehr führt zur Versöhnung mit Gott und gewährt uns, das neue Leben in Christus in Fülle zu leben: ein Leben des Glaubens, der Hoffnung und der Liebe. Diese drei »theologal« oder »göttlich« genannten Tugenden (weil sie sich direkt auf Gott in seinem Geheimnis beziehen) waren in der dreijährigen Vorbereitungszeit auf das Große Jubiläum Gegenstand besonderer Vertiefung. Die Feier des Heiligen Jahres verlangt nun von jedem Christen, diese Tugenden noch intensiver und bewußter zu leben und zu bezeugen.

Die Gnade des Jubiläums ist vor allem Ansporn dazu, den persönlichen Glauben zu erneuern. Dieser besteht darin, der Verkündigung des Ostergeheimnisses anzuhangen. Dadurch anerkennt der Glaubende, daß ihm in Christus, der gestorben und auferstanden ist, die Rettung zuteil wird: Der Glaube gibt ihm täglich das Leben zurück; er nimmt an, was der Herr für den Menschen verfügt, in der Gewißheit, von Gott geliebt zu sein. Der Glaube ist das »Ja« des Menschen zu Gott, sein »Amen«.

Die beispielhafte Gestalt des Glaubenden ist für Juden, Christen und Muslime Abraham: voller Vertrauen in die Verheißung folgt er der Stimme Gottes, der ihn auf unbekannte Wege ruft. Der Glaube hilft, die Zeichen der liebevollen Gegenwart Gottes in der Schöpfung, in den Menschen, in den Ereignissen der Geschichte und vor allem im Werk und in der Botschaft Jesu Christi zu entdecken, indem er den Menschen dazu anspornt, über sich selbst und die äußeren Erscheinungen hinauszublicken, auf jene Transzendenz, wo sich das Geheimnis der Liebe Gottes zu jedem Geschöpf erschließt.

Durch die Gnade des Jubiläums lädt uns der Herr zudem ein, unsere Hoffnung wiederzuerwecken. Denn in Christus ist die Zeit selbst erlöst und öffnet sich einer Aussicht auf unendliche Freude und volle Gemeinschaft mit Gott. Die Zeit des Christen ist geprägt von der Erwartung des himmlischen Hochzeitsmahles, das täglich im eucharistischen Mahl vorweggenommen wird. Mit dem Blick auf diese Hochzeit »sagen der Geist und die Braut: Komm!« (Offb 22,17), und nähren so sie die Hoffnung, welche die Zeit der Eintönigkeit entreißt und ihr den wahren Sinn verleiht. Durch die Tugend der Hoffnung bezeugt der Christ, daß jenseits alles Bösen und aller Grenzen die Geschichte einen Keim des Guten in sich trägt, den der Herr voll aufgehen und wachsen lassen wird. Er blickt daher dem neuen Jahrtausend ohne Angst entgegen, stellt sich indes mit der zuversichtlichen Gewißheit, die aus dem Glauben in die Verheißung des Herrn erwächst, den Herausforderungen und Erwartungen der Zukunft.

Durch das Jubiläum fordert uns der Herr schließlich auf, unsere Liebe neu zu entfachen. Das Reich, das Christus am Ende der Zeiten in seiner ganzen Herrlichkeit offenbar machen wird, ist bereits überall dort gegenwärtig, wo die Menschen nach dem Willen Gottes leben. Die Kirche ist aufgerufen, Zeugnis zu geben von der Gemeinschaft, dem Frieden und der Liebe, die dieses Reich kennzeichnen. Bei dieser ihrer Sendung weiß die christliche Gemeinschaft, daß der Glaube ohne die Werke tot ist (vgl. Jak 2,17). So macht der Christ durch die Nächstenliebe die in Christus offenbar gewordene Liebe Gottes zu den Menschen und seine Gegenwart in der Welt »bis ans Ende der Zeiten« deutlich sichtbar. Die Liebe ist für den Christen nicht nur eine Geste oder ein Ideal, sondern sozusagen die verlängerte Gegenwart Christi, der sich selbst hingibt.

Aus Anlaß der Fastenzeit sind alle - Reiche wie Arme - aufgefordert, durch hochherzige Werke der Nächstenliebe die Liebe Christi gegenwärtig zu machen. In diesem Jubiläumsjahr ist unsere Liebe in besonderer Weise aufgerufen, den Brüdern und Schwestern, denen es am Lebensnotwendigen fehlt, allen Opfern von Hunger, Gewalt und Ungerechtigkeit die Liebe Christi zu bekunden. Auf diese Weise lassen sich die schon in der Heiligen Schrift enthaltenen Forderungen nach Befreiung und Brüderlichkeit im Zusammenhang mit der Feier des Heiligen Jahres in die Tat umsetzen. Das altjüdische Jubeljahr schrieb die Freilassung der Sklaven, den Nachlaß der Schulden und die Hilfe für die Armen vor. Heute sind Massen von Menschen, besonders in Ländern der sogenannten Dritten Welt, von neuen Formen der Versklavung und dramatischer Armut betroffen: ein Aufschrei des Schmerzes und der Verzweiflung, der bei allen, die sich auf den Weg des Jubiläumsjahres begeben, Aufmerksamkeit und Bereitschaft finden muß. Wie können wir um die Gnade des Jubiläums bitten, wenn wir für die Nöte der Armen unempfänglich sind, wenn wir uns nicht einsetzen, um allen die Mittel zu gewährleisten, die sie für ein Leben in Würde brauchen?

Möge das beginnende Jahrtausend eine Zeit sein, in der endlich der Hilferuf so vieler Menschen, unserer Brüder und Schwestern, die nicht einmal das Minimum zum Leben haben, Gehör und brüderliche Aufnahme findet. Ich wünsche, daß die Christen auf den verschiedenen Ebenen konkrete Initiativen fördern, um eine gerechte Verteilung der Güter und die ganzheitliche menschliche Förderung für jeden einzelnen sicherzustellen.

6. »Ich werde bei euch sein bis ans Ende der Zeiten«. Diese Worte Jesu versichern uns, daß wir, wenn wir das Evangelium der Liebe verkündigen und leben, nicht allein sind. Auch in dieser Fastenzeit des Jahres 2000 lädt er uns ein, zum Vater zurückzukehren, der uns mit offenen Armen erwartet, um uns in lebendige und wirksame Zeichen seiner barmherzigen Liebe zu verwandeln.

Maria, der Mutter jedes Leidenden und Mutter der göttlichen Barmherzigkeit, vertrauen wir unsere Absichten und Pläne an. Sie sei der leuchtende Stern auf unserem Weg ins neue Jahrtausend.

Mit diesen Wünschen rufe ich auf alle den Segen des dreieinigen Gottes herab, dem Anfang und Ende aller Dinge. »Bis ans Ende der Zeiten« steigt zu ihm der Lob- und Dankgesang empor: »Durch Christus, mit Christus und in Christus, ist dir, Gott allmächtiger Vater, in der Einheit des Heiligen Geistes alle Herrlichkeit und Ehre in Ewigkeit. Amen«.

Castel Gandolfo, am 21 September 1999.

IOANNES PAULUS II

[00244-05.03] [Originalsprache:Italienisch]

Traduzione in lingua castigliana

Yo estaré con vosotros hasta el fin del mundo (cf. Mt 28,20)

Hermanos y hermanas:

1. La celebración de la Cuaresma, tiempo de conversión y reconciliación, reviste en este año un carácter muy especial, ya que tiene lugar dentro del Gran Jubileo del 2000. En efecto, el tiempo cuaresmal representa el punto culminante del camino de conversión y reconciliación que el Jubileo, año de gracia del Señor, propone a todos los creyentes para renovar la propia adhesión a Cristo y anunciar, con renovado ardor, su misterio de salvación en el nuevo milenio. La Cuaresma ayuda a los cristianos a penetrar con mayor profundidad en este "Misterio escondido desde siglos" (Ef 3,9); los lleva a confrontarse con la Palabra del Dios vivo y les pide renunciar al propio egoísmo para acoger la acción salvífica del Espíritu Santo.

2. Estábamos muertos por el pecado (cf. Ef 2,5); así es como San Pablo describe la situación del hombre sin Cristo. Por eso, el Hijo de Dios quiso unirse a la naturaleza humana y, de este modo, rescatarla de la esclavitud del pecado y de la muerte.

Es una esclavitud que el hombre experimenta cotidianamente, descubriendo las raíces profundas en su mismo corazón (cf. Mt 7,11). Se manifiesta en formas dramáticas e inusitadas, como ha sucedido en el transcurso de las grandes tragedias del siglo XX, que han incidido profundamente en la vida de tantas comunidades y personas, víctimas de una violencia cruel. Las deportaciones forzadas, la eliminación sistemática de pueblos y el desprecio de los derechos fundamentales de la persona son las tragedias que, desgraciadamente, aún hoy humillan a la humanidad. También en la vida cotidiana se manifiestan diversos modos de engaño, odio, aniquilamiento del otro y mentira, de los que el hombre es víctima y autor. La humanidad está marcada por el pecado. Esta condición dramática nos recuerda el grito alarmado del Apóstol de los gentiles: "No hay quien sea justo, ni siquiera uno solo" (Rm 3,10; cf. Sal 13,3).

3. Ante la oscuridad del pecado y ante la imposibilidad de que el hombre se libere por sí solo de él, aparece en todo su esplendor la obra salvífica de Cristo: "Todos son justificados gratuitamente por su gracia, mediante la redención de Cristo Jesús, a quien constituyó sacrificio de propiciación mediante la fe en su sangre" (Rm 3,25). Cristo es el Cordero que ha tomado consigo el pecado del mundo (cf. Jn 1,29). Ha compartido la existencia humana "hasta la muerte y muerte de cruz" (Flp 2,8), para rescatar al hombre de la esclavitud del mal y volverlo a integrar en su originaria dignidad de hijo de Dios. Éste es el Misterio Pascual en el que hemos renacido; en él, como recuerda la Secuencia pascual, "lucharon vida y muerte en singular batalla". Los Padres de la Iglesia afirman que en Jesucristo el diablo ataca a toda la humanidad y la acecha con la muerte; pero que es liberada de ésta gracias a la fuerza victoriosa de la resurrección. En el Señor resucitado es destruido el poder de la muerte y se le ofrece al hombre la posibilidad, por medio de la fe, de acceder a la comunión con Dios. El creyente recibe la vida misma de Dios por medio de la acción del Espíritu Santo, "primicia para los creyentes" (Plegaria Eucarística IV). Así, la redención realizada en la cruz renueva el universo y opera la reconciliación entre Dios y el hombre y entre los hombres entre sí.

4. El Jubileo es el tiempo de gracia en el que se nos invita a abrirnos de un modo especial a la misericordia del Padre, que en el Hijo se ha acercado humildemente al hombre, y a la reconciliación, gran don de Cristo. Este año debe ser, por tanto, para los cristianos y para todo hombre de buena voluntad, un momento privilegiado en el que se experimente la fuerza renovadora del amor de Dios, que perdona y reconcilia. Dios ofrece su misericordia a todo el que la quiera acoger, aunque esté lejano o sea receloso a ella. Al hombre de hoy, cansado de la mediocridad y de las falsas ilusiones, se le ofrece así la posibilidad de emprender el camino de una vida en plenitud. En este contexto, la Cuaresma del Año Santo del 2000 constituye por excelencia "el tiempo favorable, el día de salvación" (2 Co 6,2), la ocasión particularmente propicia para reconciliarnos con Dios (cf. 2 Co 5,20).

Durante el Año Santo, la Iglesia ofrece varias oportunidades de reconciliación, tanto personal como comunitaria. En todas las diócesis hay señalado algún lugar especial donde los creyentes pueden acudir para experimentar, de un modo particular, la presencia divina; de manera que, reconociendo el propio pecado a la luz de Dios, puedan emprender un nuevo camino de vida con la gracia del sacramento de la Reconciliación. Especial significado reviste la peregrinación a Tierra Santa y a Roma, lugares privilegiados de encuentro con Dios por su singular papel en la historia de la salvación. ¿Cómo no encaminarse, al menos espiritualmente, hacia la Tierra que ha visto el paso del Señor hace ahora dos mil años? Allí "la Palabra se hizo carne" (Jn 1,14) y creció "en sabiduría, en estatura y en gracia" (Lc 2,52); por allí "recorría todas las ciudades y aldeas...proclamando la Buena Nueva del Reino y sanando toda enfermedad y toda dolencia" (Mt 9,35); en esas tierras llevó a cumplimiento la misión que el Padre le había confiado (cf. Jn 19,30) y derramó el Espíritu Santo sobre la Iglesia naciente (cf. Jn 20,22).

También yo tengo la intención de peregrinar a la tierra del Señor, a las fuentes de nuestra fe, para celebrar allí, precisamente durante la Cuaresma del 2000, el Jubileo del segundo milenio de la Encarnación. Cuando llame al perdón y a la reconciliación a los hijos de la Iglesia y a toda la humanidad, durante las distintas etapas de mi peregrinación, os invito a todos los cristianos a acompañarme con vuestra oración.

5. El itinerario de la conversión lleva a la reconciliación con Dios y a vivir en plenitud la vida nueva en Cristo: vida de fe, de esperanza y de caridad. Estas tres virtudes, llamadas "teologales" porque se refieren directamente al Misterio de Dios, han sido objeto de profundización durante el trienio de preparación al Gran Jubileo. Ahora la celebración del Año Santo requiere que todo cristiano testimonie y viva esas virtudes de un modo más consciente y pleno.

La gracia del Jubileo nos empuja sobre todo a renovar nuestra fe personal. Ésta consiste en la adhesión al anuncio del Misterio Pascual, mediante el cual el creyente reconoce que en Cristo muerto y resucitado le ha sido concedida la salvación, a Él le entrega cotidianamente la propia vida y, con la certeza de que Dios lo ama, acoge lo que el Señor quiere de él. Por tanto, la fe es el "sí" del hombre a Dios, su "Amén".

Modelo ejemplar de creyente, tanto para los hebreos, como para los cristianos y musulmanes, es Abraham, el cual, confiado en la promesa, sigue la voz de Dios que lo llama por senderos desconocidos. La fe ayuda a descubrir los signos de la presencia amorosa de Dios: en la creación, en las personas, en los acontecimientos históricos y, sobre todo, en la obra y mensaje de Cristo; empuja al hombre a mirar más allá de sí mismo, superando las apariencias para llegar a esa transcendencia que abre a toda criatura al Misterio del amor de Dios.

Con la gracia del Jubileo el Señor nos invita también a reavivar nuestra esperanza. En efecto, en Cristo el tiempo mismo ha sido redimido y se abre a una perspectiva de felicidad inextinguible y de plena comunión con Dios. El tiempo del cristiano está marcado por la espera de las bodas eternas, anticipadas diariamente en el banquete eucarístico. Con la mirada dirigida a ese momento final "el Espíritu y la Novia dicen: Ven" (Ap 22,17), alimentando así esa esperanza que elimina del tiempo un sentido de mera repetitividad y le confiere su auténtico significado. En efecto, con la virtud de la esperanza el cristiano da testimonio de que, más allá de todo mal y límite, la historia contiene en sí misma un germen de bien que el Señor hará germinar en plenitud. Por tanto, el creyente mira al nuevo milenio sin miedo, afronta los desafíos y las esperanzas del futuro con la certeza confiada que nace de la fe en la promesa del Señor.

En definitiva, con el Jubileo el Señor nos pide que revitalicemos nuestra caridad. El Reino, que Cristo manifestará en su pleno esplendor al fin de los tiempos, ya está presente ahí donde los hombres viven conforme a la voluntad de Dios. La Iglesia está llamada a ser testimonio de esa comunión, paz y caridad que la distinguen. En esta misión la comunidad cristiana sabe que la fe sin obras es fe muerta (cf. St 2,17). De manera que, por medio de la caridad, el cristiano hace visible el amor de Dios a los hombres revelado en Cristo y manifiesta su presencia en el mundo "hasta el fin de los tiempos". Así pues, para el cristiano la caridad no es sólo un gesto o un ideal, sino que es, por decirlo así, la prolongación de la presencia de Cristo que se da a sí mismo.

Con ocasión de la Cuaresma se invita a todos – ricos o pobres – a hacer presente el amor de Cristo con obras generosas de caridad. En este año jubilar estamos llamados a una caridad que, de un modo especial, manifieste el amor de Cristo a aquellos hermanos que carecen de lo necesario para vivir, a los que son víctimas del hambre, de la violencia y de la injusticia. Éste es el modo con el que se actualizan las instancias de liberación y de fraternidad ya presentes en la Sagrada Escritura y que la celebración del Año Santo vuelve a proponer. El antiguo jubileo hebreo exigía liberar a los esclavos, perdonar las deudas y socorrer a los pobres. Todas las nuevas formas de esclavitud y pobreza afectan dramáticamente a multitud de personas, especialmente en los países del llamado Tercer Mundo. Es un grito de dolor y desesperación que han de escuchar con atención y disponibilidad todos los que emprendan el camino jubilar. ¿Cómo podemos pedir la gracia del Jubileo si somos insensibles a las necesidades de los pobres, si no nos comprometemos a garantizar a todos los medios necesarios para que vivan dignamente?

Ojalá el milenio que ahora inicia sea una época en la que finalmente la llamada de tantos hombres, hermanos nuestros, que no poseen lo mínimo para vivir, encuentre escucha y acogida fraterna. Espero que los cristianos se hagan promotores de iniciativas concretas que aseguren una equitativa distribución de los bienes y la promoción humana integral para cada individuo.

6. "Yo estaré con vosotros hasta el fin del mundo". Estas palabras de Jesús nos aseguran que no estamos solos cuando anunciamos y vivimos el evangelio de la caridad. En esta Cuaresma del Año 2000 Él nos invita a volver al Padre, que nos espera con los brazos abiertos para transformarnos en signos vivos y eficaces de su amor misericordioso.

A María, Madre de todos los que sufren y Madre de la divina misericordia, confiamos nuestros propósitos e intenciones; que Ella sea la estrella que nos ilumine en el camino del nuevo milenio.

Con estos deseos, invoco sobre todos la bendición de Dios, Uno y Trino, principio y fin de todas las cosas, a Él "hasta el fin del mundo" se eleva el himno de bendición y alabanza: "Por Cristo, con Él y en él, a Ti, Dios Padre Omnipotente, en la unidad del Espíritu Santo, todo honor y toda gloria por los siglos de los siglos. Amén".

A Castel Gandolfo, el 21 de septiembre de 1999

IOANNES PAULUS II

[00243-04.02] [Texto original:italiano]

Traduzione in lingua portoghese

Eu estarei convosco até ao fim do mundo (cf. Mt 28,20).

Irmãos e Irmãs!

1. A celebração da Quaresma, tempo de conversão e de reconciliação, reveste-se dum carácter muito particular neste ano, porque decorre no Grande Jubileu do ano 2000. De facto, o tempo quaresmal constitui o ponto culminante daquele caminho de conversão e reconciliação que o Jubileu - ano de graça do Senhor - propõe a todos os crentes, para renovarem a sua adesão a Cristo e anunciarem com maior ardor o seu mistério de salvação no novo milénio. A Quaresma ajuda os cristãos a penetrarem mais profundamente neste «mistério escondido desde tempos antigos» (Ef 3,9): leva-os a confrontarem-se com a Palavra de Deus vivo e pede-lhes que renunciem ao egoísmo a fim de acolherem a acção salvífica do Espírito Santo.

2. Estávamos mortos pelo pecado (cf. Ef 2,5): com estas palavras, S. Paulo descreve a situação do homem sem Cristo. Por isso mesmo, o Filho de Deus quis unir-Se à natureza humana, resgatando-a da escravidão do pecado e da morte.

Trata-se de uma escravidão que o homem experimenta diariamente, sentindo as suas raízes profundas no próprio coração (cf. Mt 7,11). Por vezes, assume formas dramáticas e espantosas, como sucedeu nas grandes tragédias do século XX que se abateram profundamente sobre a vida de tantas comunidades e pessoas, vítimas de inumana violência. Deportações forçadas, eliminação sistemática de povos, desprezo pelos direitos fundamentais da pessoa são as tragédias que ainda hoje, infelizmente, humilham a humanidade. Mas também na vida quotidiana, se manifestam as mais variadas formas de prevaricação, de ódio, de aniquilamento do outro, de mentira... formas essas que têm o homem por vítima e autor. A humanidade está marcada pelo pecado. A sua dramática condição traz à mente este clamor do Apóstolo dos gentios: «Não há nenhum justo, nem um sequer» (Rom 3,10; cf. Sal 14/13,3).

3. Perante as trevas do pecado e a impossibilidade do homem se libertar sozinho, aparece em todo o seu esplendor a obra salvífica de Cristo, «que Deus apresentou como vítima de propiciação, pelo seu próprio sangue, mediante a fé, a fim de manifestar a sua justiça» (Rom 3,25). Cristo é o Cordeiro que tomou sobre Si o pecado do mundo (cf. Jo 1,29). Partilhou a existência humana «até à morte e morte de cruz» (Fil 2,8), para resgatar o homem da escravidão do mal e reintegrá-lo na sua dignidade original de filho de Deus. Eis o mistério pascal, onde renascemos! Nele, como recorda a Sequência Pascal, «morte e vida travaram um prodigioso combate». Dizem os Padres da Igreja que, em Jesus Cristo, o demónio ataca toda a humanidade e arma-lhe uma cilada com a morte, da qual, porém, se libertou pela força vitoriosa da ressurreição. No Senhor ressuscitado, quebra-se o poder da morte e, mediante a fé, é oferecida ao homem a possibilidade de acesso à comunhão com Deus. Àquele que acredita é concedida a própria vida de Deus, através da acção do Espírito Santo, enviado «aos que n'Ele crêem (...) como primícias dos seus dons» (IV Oração Eucarística). Assim, a redenção operada na cruz renova o universo e realiza a reconciliação entre Deus e o homem e dos homens entre si.

4. O Jubileu é um tempo de graça que nos convida de forma particular a abrirmo-nos à misericórdia do Pai - que, em seu Filho, Se inclinou sobre o homem - e à reconciliação, grande dom de Cristo. Por conseguinte, este ano deve tornar-se, para os cristãos e para todo o homem de boa vontade, um tempo precioso para experimentar a força renovadora do amor de Deus que perdoa e reconcilia. Deus oferece a sua misericórdia a todo aquele que a quiser acolher, ainda que distante e duvidoso. Assim, ao homem actual, cansado de mediocridade e de falsas ilusões, é-lhe dada a possibilidade de iniciar o caminho duma vida em plenitude. Neste contexto, a Quaresma do Ano Santo 2000 é, por excelência, «o tempo favorável, o dia da salvação» (2 Cor 6,2), uma ocasião particularmente propícia para «deixar-se reconciliar com Deus» (cf. 2 Cor 5,20).

Durante o Ano Santo, a Igreja oferece várias oportunidades de reconciliação pessoal e comunitária. Cada diocese indicou lugares especiais, onde os crentes se podem dirigir, para sentirem uma presença particular de Deus e à sua luz reconhecerem o próprio pecado, e para iniciarem, através do sacramento da Reconciliação, um novo caminho de vida. De particular significado se reveste a peregrinação à Terra Santa e a Roma, lugares privilegiados de encontro com Deus pelo seu papel singular na história da salvação. Como não se encaminhar, pelo menos espiritualmente, para a Terra que, há dois mil anos, viu a passagem do Senhor? Lá, «o Verbo encarnou» (Jo 1,14) e «cresceu em sabedoria, em estatura e em graça» (Lc 2,52); lá, percorreu «as cidades e as aldeias (...), proclamando a Boa Nova do Reino e curando todas as enfermidades e moléstias» (Mt 9,35); lá, consumou a missão que o Pai Lhe tinha confiado (cf. Jo 19,30) e derramou o Espírito Santo sobre a Igreja nascente (cf. Jo 20,22).

Também eu tenho em mente, precisamente na Quaresma do ano 2000, ir como peregrino à terra do Senhor, às fontes da nossa fé, a fim de celebrar lá o Jubileu bimilenário da Encarnação. Convido todo o cristão para que me acompanhe com a oração quando, nas sucessivas etapas da peregrinação, invocar o perdão e a reconciliação para os filhos da Igreja e para a humanidade inteira.

5. O itinerário de conversão leva a reconciliar-se com Deus e a viver plenamente a vida nova em Cristo: vida de fé, de esperança e de caridade. Estas três virtudes, chamadas «teologais» porque se referem directamente a Deus no seu mistério, foram objecto de aprofundamento especial durante o triénio de preparação para o Grande Jubileu. Agora, a celebração do Ano Santo exige de cada cristão que viva e dê testemunho, de forma mais plena e consciente, de tais virtudes.

A graça do Jubileu impele, antes de mais nada, a renovar a fé pessoal. Esta consiste na adesão ao anúncio do mistério pascal, pelo qual o crente reconhece que lhe é concedida a salvação em Cristo morto e ressuscitado; consagra-Lhe diariamente a própria vida; aceita tudo quanto o Senhor decidir a seu respeito, na certeza de que Deus o ama. A fé é o «sim» do homem a Deus, o seu «amen».

A figura exemplar de crente, para judeus, cristãos e muçulmanos, é Abraão: confiado na promessa recebida, ele segue a voz de Deus que o chama por sendas desconhecidas. A fé ajuda a descobrir os sinais da presença amorosa de Deus na criação, nas pessoas, nos acontecimentos da história e, sobretudo, na obra e na mensagem de Cristo, impelindo o homem a olhar para além de si mesmo, para além das aparências, buscando aquela transcendência onde se manifesta o mistério do amor de Deus por cada criatura.

Com a graça do Jubileu, o Senhor convida-nos, igualmente, a reavivar a nossa esperança. De facto, em Cristo, o próprio tempo é redimido e abre-se para um horizonte de alegria sem fim e de plena comunhão com Deus. O tempo do cristão está marcado pela expectativa das núpcias eternas, antecipadas diariamente no Banquete Eucarístico. Com o olhar voltado para elas, «o Espírito e a Esposa dizem: Vem!» (Ap 22,17), alimentando a esperança que salva o tempo da pura repetição, conferindo-lhe o seu autêntico sentido. Pela virtude da esperança, o cristão atesta que, para além de qualquer mal e limitação que seja, a história traz dentro dela uma semente de bem que o Senhor fará germinar em plenitude. Por isso, ele olha para o novo milénio sem medo, enfrentando os desafios e anseios do futuro com a certeza e a confiança que nasce da fé na promessa divina.

Através do Jubileu, o Senhor pede-nos, enfim, para reacendermos a nossa caridade. O Reino, que Cristo há-de manifestar em todo o seu esplendor no fim dos tempos, está já presente nas situações onde os homens vivem segundo a vontade de Deus. A Igreja é chamada a dar testemunho da comunhão, da paz e da caridade que o caracterizam. Nesta missão, a comunidade cristã sabe que a fé sem obras está morta (cf. Tgo 2,17). Assim, por meio da caridade, o cristão torna visível o amor de Deus pelos homens, revelado em Cristo, e manifesta a sua presença na terra «até ao fim do mundo». Para o cristão, a caridade não é apenas um gesto ou um ideal, mas constitui, de algum modo, o prolongamento da presença de Cristo que Se dá a Si mesmo.

Por ocasião da Quaresma, todos - ricos ou pobres - são convidados a tornar presente o amor de Cristo, através de generosas obras de caridade. Neste ano jubilar, a nossa caridade é chamada de modo especial a manifestar o amor de Cristo aos irmãos carecidos do necessário para viver, a quantos são vítimas da fome, da violência e da injustiça. Esta é a forma de actualizar as exigências de libertação e fraternidade, já indicadas na Sagrada Escritura, e que a celebração do Ano Santo impõe. De facto, o antigo jubileu exigia libertar os escravos, perdoar as dívidas, socorrer os pobres. Hoje novas escravidões e pobrezas ainda mais dramáticas lesam multidões de pessoas, sobretudo em países do chamado Terceiro Mundo. É um grito de dor e de desespero que deve ser acolhido com atenção e disponibilidade por quantos percorrem o caminho jubilar. Como podemos pedir a graça do Jubileu, se permanecemos insensíveis às necessidades dos pobres, se não nos comprometemos a garantir, a todos, os meios necessários para viverem dignamente?

Possa este milénio que se inicia constituir um período em que finalmente seja ouvido e acolhido fraternalmente o apelo de tantos homens, nossos irmãos, que não possuem o mínimo para viver! Espero que os cristãos se tornem promotores, aos mais diversos níveis, de iniciativas concretas para assegurar uma distribuição equitativa dos bens e a promoção humana integral de cada indivíduo.

6. «Eu estarei convosco até ao fim do mundo». Estas palavras de Jesus asseguram-nos que não estamos sozinhos ao anunciar e viver o evangelho da caridade. Também nesta Quaresma do ano 2000, Ele convida-nos a voltar para o Pai, que nos espera de braços abertos, para nos transformar em sinais vivos e eficazes do seu amor misericordioso.

A Maria, Mãe de quantos sofrem e Mãe da divina Misericórdia, confiemos-Lhe as nossas intenções e propósitos. Seja Ela a estrela luminosa do nosso caminho no novo milénio.

Com tais votos, sobre todos invoco a bênção de Deus, Uno e Trino, princípio e fim de todas as coisas, para Quem se eleva, «até ao fim do mundo», este hino de bênção e de louvor: «Por Cristo, com Cristo, e em Cristo, a Vós, Deus Pai todo-poderoso na unidade do Espírito Santo, toda a honra e toda a glória, agora e para sempre. Amen».

Castelgandolfo, 21 de Setembro de 1999.

IOANNES PAULUS II

[00245-06.03] [Testo originale:italiano]