DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO PROMOSSO DALLA
"ORGANIZACIÓN DE UNIVERSIDADES CATÓLICAS DE AMÉRICA LATINA Y EL CARIBE"
Sala Clementina
Giovedì, 4 maggio 2023
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Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Saluto il Cardinale José Tolentino de Mendonça, Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione, e lo ringrazio per le parole cortesi. Saluto il Presidente di ODUCAL, Ing. Rodolfo Gallo Cornejo, i Vicepresidenti delle Sub Regioni Andina, Messico, Centro America e Caraibi e il Cono Sud.
E saluto voi membri dell’Organizzazione che vi trovate a Roma per commemorare il 70° anniversario della sua creazione. Siete venuti uniti dallo spirito collaborativo e fraterno che caratterizza l’organizzazione e vi riunite, in questa particolare occasione, per arricchire i vincoli e rafforzare la rete a partire dal lavoro in comunione.
La ODUCAL, fondata in Cile da Mons. Alfredo Silva Santiago, Arcivescovo della Diocesi di Concepción, con il sostegno di altre università, è formata da 115 università, il che rappresenta attualmente 1.500.000 studenti, più di 110.00 docenti e più di 5000 programmi accademici di diversi livelli. È l’organizzazione più numerosa all’interno della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (la FIUC). Questo fa sì che l’Organizzazione goda di solidità nel lavoro accademico e, al tempo stesso, abbia nelle proprie mani una grande responsabilità, sia per il presente sia per il futuro dell’America Latina. Uno degli obiettivi di ODUCAL è giustamente quello di «contribuire alla formulazione di politiche pubbliche relative all’educazione, sia negli ambiti nazionali sia soprattutto in quelle sovranazionali».
In tal senso, e guardando la realtà della nostra America Latina, «la povertà e la disuguaglianza sono una piaga che si sta approfondendo invece di ridursi. La pandemia e le sue conseguenze, il contesto mondiale aggravato in ambito politico, economico e militare, come pure la polarizzazione ideologica, sembrano chiudere le porte agli sforzi di sviluppo e agli aneliti di liberazione. L’attuale crisi non è soltanto un’opportunità per constatare l’esaurimento di sistemi e modelli economici, ma spinge anche a superare soluzioni pregiudizievoli come quelle che alimentano gli schemi di polarizzazione ideologica, emotiva, politica, di genere e di esclusione culturale» [1]. In ogni caso, non spaventiamoci di fronte al “caos”, poiché è proprio da lì che Dio trae le sue opere più belle e creative.
Se la parola “università” deriva da “universo”, vale a dire l’“insieme di tutte le cose”, l’aggettivo “cattolica” la rafforza e la ispira. Infatti, “cattolico” significa “secondo il tutto”, “a partire dal tutto”. E qui c’è come un riferimento all’armonia, no? Vostro compito è contribuire a formare menti cattoliche, capaci di osservare non solo l’oggetto del loro interesse. Uno sguardo estremamente preciso e focalizzato può diventare fisso, fissato ed escludente. Ha la precisione di un radar, ma perde il panorama. Invece essere “cattolico” significa avere una visione panoramica sul mistero di Cristo e del mondo, sul mistero dell’uomo e della donna. Abbiamo bisogno di menti, cuori, mani all’altezza del panorama della realtà, non della ristrettezza delle ideologie. Faccio un esempio di sguardo cattolico, riferendomi all’inizio della Gaudium et spes, la Costituzione dedicata dal Concilio Vaticano ii alla Chiesa nel mondo contemporaneo. Affermando che «le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo» (n. 1), Gaudium et spes ci parla della vita umana “cattolicamente”, non selettivamente. S’interessa di tutta la condizione esistenziale e non solo di una parte — quella felice o quella dolorosa —, perché in tutte abita la gloria di Dio. Se la gioia attrae a tal punto da far ammutolire la voce del dolore di vicini e lontani (e persino a volte la propria, la gioia che anestetizza), è solo euforia dal fiato corto. Non cura le ferite, questa gioia non cura, ma le copre e le ferite coperte si infettano. Al contrario, se l’attenzione al dolore proprio e altrui esaurisce le energie della speranza, diventa la scusa per esimersi dal rischio, dal coraggio di investire nuovamente nella vita, anche se ci ha deluso. Il dolore si trasforma in pretesto per disprezzare il pane quotidiano della consolazione, che il Signore non fa mancare nemmeno nella giornata più dura. Voi siete universitari, uomini e donne con ampiezza di vedute, perciò siate “cattolici”! In questo senso del termine, non “cattolici” settari. Siete cattolici e per questo, perché siete cattolici, siate universitari!
Sono convinto che la cattolicità della mente, del cuore e delle mani, promossa dalle vostre Università e dalla vostra Associazione, può contribuire in maniera decisiva alla guarigione delle ferite tanto dolorose che offendono oggi la nostra amata America Latina, dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Alimentate il fuoco acceso da Dio in America Latina, alimentatelo così. E in questo vi aiuterà anche il Patto Educativo Globale, che ho affidato all’allora Congregazione per l’Educazione Cattolica e ora al nuovo Dicastero per la Cultura e l’Educazione. Ho appreso con gioia che molte Università coordinate dalla vostra Associazione e l’Associazione stessa promuovono con energia idee e progetti ispirati al Patto Educativo Globale. Per favore, continuate. Ritengo che il Patto — non solo educativo, ma anche culturale — contribuisca in modo significativo a quanto è chiamato la “terza missione” dell’università. È bello che le università abbiano missioni. Un’università cattolica deve essere missionaria, ossia con le porte aperte verso fuori, dato che la missione è l’ispirazione, la spinta, la fatica e il premio di tutta la Chiesa. Forse la missione dell’università è quella di formare poeti sociali, uomini e donne che, imparando bene la grammatica e il vocabolario dell’umanità, hanno il guizzo, hanno la scintilla che consente di immaginare l’inedito. Non dimenticate questa espressione: formare poeti sociali. Studiando la lingua, che ha una storia lunghissima, la loro anima panoramica li rende esploratori del futuro. Forse la missione dell’università è di preparare coreografi sociali, uomini e donne che scorgono nel popolo una danza, un ballo dove ciascuno contribuisce alla grazia del movimento totale e nessuno è escluso. Coreografi sociali, è audace dire ciò, ma questo è il senso. E se dovessi ora tradurre la parola “missione” in ambito accademico, userei il vocabolo “ricerca”. Il ricercatore ha mente e cuore missionari. Non si accontenta di quello che ha, va a cercare. Il missionario conosce la gioia del Vangelo e non vede l’ora che altri la gustino. Perciò, esce dalla patria delle sue convinzioni e delle sue abitudini, andando verso luoghi inesplorati. Conosce il Vangelo, ma non sa che frutti porterà in quel terreno straniero. È proprio la tensione tra sapere e non sapere a spingerlo in avanti e a proteggerlo dalla presunzione di conoscere tutto. Sa, e si lascia sorprendere da quanto conoscerà. Perciò il missionario ama la reciprocità: insegna e impara, convinto che tutti hanno qualcosa da insegnare. Così il ricercatore, se non sarà disposto a uscire e imparare, rinuncerà a chissà quale meraviglioso sapere, mutilando la sua stessa intelligenza. È molto triste incontrare intellettuali, uomini e donne dalla grande intelligenza, ma con l’intelligenza mutilata. Possano i vostri Atenei, come singole istituzioni accademiche e come rete di università cattoliche, diventare centri di ricerca apprezzati in tutto il mondo. Anche così formeranno menti missionarie.
Fratelli e sorelle, vi ringrazio per quello che fate. Andate avanti! Andate avanti! La Madonna vi accompagni. Vi benedico di cuore e vi chiedo per favore, di pregare per me. Grazie.
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[1] CISAV, América Latina: Diagnósticos y desafíos, Dossier Estudios Latinoamericanos, febrero 2023, p. 23.
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L'Osservatore Romano, Anno CLXIII n. 103, giovedì 4 maggio 2023, p. 8.
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