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DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI FUNZIONARI DELLA CORTE DEI CONTI

Aula Paolo VI
Lunedì, 18 marzo 2019

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Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di accogliere tutti voi, che rappresentate la grande famiglia della Corte dei Conti: giudici, personale amministrativo, familiari e amici. A ciascuno rivolgo il mio saluto, ad iniziare dal Presidente, Dott. Angelo Buscema, che ringrazio per le parole con cui ha introdotto il nostro incontro.

Questo istituto della Repubblica Italiana incarna una eticità, che è la stessa che soggiace al funzionamento dello Stato, al quale «compete la cura e la promozione del bene comune della società» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 240). La Corte dei Conti, infatti, svolge un indispensabile servizio orientato secondo giustizia verso il bene comune. E questo non è un concetto ideologico o solo teorico, ma è legato alle condizioni di pieno sviluppo per tutti i cittadini e può essere realizzato tenendo conto della dignità della persona nella sua integralità. Per questa ragione, lo Stato, in tutte le sue articolazioni, è chiamato ad essere il difensore dei diritti naturali dell’uomo, il cui riconoscimento è una condizione per l’esistenza dello Stato di diritto. Pertanto, il bene della persona umana, intesa sempre nella sua dimensione relazionale e comunitaria, deve costituire il criterio essenziale di tutti gli organi e i programmi di una Nazione.

Questo principio è essenziale anche per svolgere con saggezza la delicata funzione di magistrato contabile. Essa richiede non solo una elevata professionalità e specializzazione, ma anzitutto una coscienza personale rettamente formata, uno spiccato senso della giustizia, un generoso impegno verso le istituzioni e la comunità. Nello svolgimento di questo compito, il magistrato credente può trovare aiuto nel riferimento a Dio; il magistrato non credente sostituirà il riferimento al trascendente con quello al corpo sociale, con un diverso significato, ma con uguale impegno morale.

Il controllo rigoroso delle spese frena la tentazione, ricorrente in coloro che occupano cariche politiche o amministrative, a gestire le risorse non in modo oculato, ma a fini clientelari e di mero consenso elettorale. «Occorre dare maggior spazio a una sana politica, capace di riformare le istituzioni, coordinarle e dotarle di buone pratiche, che permettano di superare pressioni e inerzie viziose. Tuttavia, bisogna aggiungere che i migliori dispositivi finiscono per soccombere quando mancano le grandi mete, i valori, una comprensione umanistica e ricca di significato, capaci di conferire ad ogni società un orientamento nobile e generoso» (Lett. enc. Laudato si’, 181).

In tale prospettiva si colloca anche l’importante ruolo che la Magistratura contabile riveste per la collettività, in particolare nella lotta incessante alla corruzione. Questa è una delle piaghe più laceranti del tessuto sociale, perché lo danneggia pesantemente sia sul piano etico che su quello economico: con l’illusione di guadagni rapidi e facili, in realtà impoverisce tutti, togliendo fiducia, trasparenza e affidabilità all’intero sistema. La corruzione avvilisce la dignità dell’individuo e frantuma tutti gli ideali buoni e belli. La società nel suo insieme è chiamata a impegnarsi concretamente per contrastare il cancro della corruzione nelle sue varie forme. La Corte dei Conti, nell’esercizio dei controlli sulla gestione e sulle attività delle pubbliche amministrazioni, rappresenta un valido strumento per prevenire e colpire l’illegalità e gli abusi. Al tempo stesso, può indicare gli strumenti per superare inefficienze e storture.

Da parte loro, i singoli amministratori pubblici devono avvertire sempre più la responsabilità di operare con trasparenza e onestà, favorendo così il rapporto di fiducia tra il cittadino e le istituzioni, il cui scollamento è una delle manifestazioni più gravi della crisi della democrazia. Il controllo rigoroso delle spese da parte della magistratura contabile da un lato, e l’atteggiamento corretto e limpido dei responsabili della cosa pubblica dall’altro, possono frenare la tentazione di gestire le risorse in modo non oculato e a fini clientelari. I beni comuni costituiscono risorse che vanno tutelate a vantaggio di tutti, specialmente dei più poveri, e di fronte a un loro utilizzo irresponsabile lo Stato è chiamato a svolgere una indispensabile funzione di vigilanza, debitamente sanzionando i comportamenti illeciti.

Cari magistrati della Corte dei Conti Italiana, vi incoraggio a proseguire con serenità e serietà nel vostro ruolo, che è centrale nella definizione di importanti momenti di coordinamento della finanza pubblica. Possiate sempre essere animati dalla consapevolezza di rendere un servizio, volto a far crescere nella società la cultura della legalità.

A tutti voi, qui presenti, rivolgo anche l’invito a vivere questo tempo di Quaresima come occasione per fissare in profondità lo sguardo su Cristo, Maestro e Testimone di verità e di giustizia. La sua parola è sorgente inesauribile di ispirazione per tutti coloro che si dedicano al servizio del bene comune. Il periodo quaresimale è per eccellenza quello del combattimento spirituale, dell’“agonismo”, e questo ci stimola a vivere la nostra vita personale e il nostro servizio alla cosa pubblica non in maniera inerte, rassegnata ai mali che riscontriamo in noi e intorno a noi. Gesù Cristo ci sprona ad affrontare il male apertamente e ad andare alla radice dei problemi. Ci insegna a pagare di persona in questa lotta, non per la ricerca di un eroismo velleitario e per un malcelato protagonismo, ma con l’umile tenacia di chi porta avanti il proprio lavoro, spesso nascosto, resistendo alle pressioni che il mondo non manca di esercitare.

Nell’affidarvi alla protezione di San Giuseppe, “uomo giusto”, benedico tutti voi e il vostro lavoro. E vi chiedo per favore di pregare anche per me. Grazie.



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